La “strata de Giogholis”
a medievale “strata de Giogholis que summitur a porta seu burgho Sancti Petri in Gattolino”, come la definisce il fiorentino “Statuto del Capitano del Popolo” del 1322-1325, costituisce con ogni probabilità la strada più antica dell’area fiorentina, ricalcando essa a grandi linee il percorso che in passato metteva in comunicazione Fiesole (e poi Firenze) con la lucumonia etrusca di Volterra. Corrisponde all’attuale via Volterrana, e si caratterizza per il suo tracciato intervallivo che, superata la conca fiorentina, le fa superare trasversalmente, val di Greve, val di Pesa e Valdelsa, dove raggiunge Castelfiorentino, per poi proseguire, attraverso la val d’Era, sino a Volterra. L’antichità e la continuità nel tempo del percorso sono testimoniate dalla frequenza dei ritrovamenti archeologici etruschi e romani, dalla toponomastica, ricca di nomi di luogo ascrivibili alla stratificazione latina, dalla presenza di pievi e castelli lungo l’itinerario. La strada nel medioevo rivestì
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Veduta a volo d’uccello della Certosa del Galluzzo
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ITINERARI STRADALI Particolare della sezione delle celle dei monaci della Certosa del Galluzzo
particolare importanza per Firenze, poiché consentiva i collegamenti con quella sorta di testa di ponte della repubblica fiorentina costituita da Castelfiorentino, località che assunse sempre maggiore importanza a partire dalla fine del XII secolo, con l’affermarsi del tracciato di fondo valle della via Francigena sulla destra dell’Elsa. La parte iniziale dell’itinerario collima con quello della strada usata nel medioevo per raggiungere Siena e Roma, che partiva anch’essa dalla Porta San Pier Gattolini (attuale Porta Romana), ma dopo il Galluzzo la via, attraversata la Greve, che qui riceve il suo affluente Ema, abbandona l’itinerario comune e prende a risalire, a ripidi tornanti, la “costam de Giogolo”, rasentando la collina su cui sorge la Certosa di Val d’Ema. Fondata nel 1342 per volontà di Niccolò Acciaioli, mercante fiorentino divenuto gran siniscalco del re di Napoli, la Certosa è un vasto complesso monastico, che consta di due chiese e di una serie di ambienti ad esse collegati, tra cui un grandioso edificio merlato, detto il “Palazzo degli Studi”, che doveva servire a ospitare un Collegio di giovani fiorentini da preparare alle arti liberali, oltre che per dimora privata dell’Acciaioli. Hanno conservato l’impianto trecentesco, anche se parzialmente modificato da posteriori interventi di abbellimento, sia le due chiese che molti dei locali sotterranei del monastero. Sono per lo più riferibili ad età rinascimentale gli altri ambienti della Certosa, e in particolare i chiostri: quello vastissimo centrale, ad arcate su esili colonne dai capitelli corinzi o compositi, e i due chiostri più piccoli, con capitelli jonici o di stile brunelleschiano. Guadagnato il crinale delle colline che fanno da spartiacque tra val di Greve e val di Pesa, si giunge alla pieve che nel medioevo dava nome alla strada: Sant’Alessandro a Giogoli. Nonostante le trasformazioni conseguenti ad un “ammodernamento” settecentesco (peraltro in buona parte annullate da un restauro di alcuni decenni fa), la chiesa presenta ancora gli originali caratteri architettonici che ne fanno uno dei più tipici esempi di pieve romanica della campagna fiorentina. Ha struttura basilicale, a tre navate divise da archeggiature su pilastri e concluse da un’abside, con una piccola cripta sotto il presbiterio. Ben conservato è il prezioso e accurato rivestimento delle pareti a filaretti di bianco alberese, Porta Romana, già San Pier Gattolini che caratterizza ogni parte della
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ITINERARI STRADALI
Strada di Giogoli, villa “I Tattoli”
chiesa, compreso il campanile, una torre a tre ordini di aperture bifore, che ebbe aggiunto nel XVIII secolo un ulteriore piano per la cella campanaria. All’interno della pieve sono alcune tele settecentesche e una serie di affreschi risalenti anch’essi all’epoca del rinnovamento architettonico della chiesa. Il paesaggio all’intorno è dominato dalla presenza dell’olivo, un tempo coltivato promiscuamente con i cereali e la vite, nel quadro di un’economia agraria imperniata sul sistema poderile a conduzione mezzadrile, del quale furono espressione le numerose case coloniche disseminate per i poggi, nonché le
Villa I Collazzi a Scandicci
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ITINERARI STRADALI
Abside della Pieve di Giogoli
Il cortile interno della villa di Montegufoni
grandi ville-fattorie, come quella cinquecentesca chiamata “La Sfacciata”, che fu già dei Vespucci e poi dei Capponi, la rinascimentale villa de “Il Melarancio”, il cui prospetto si affaccia proprio sulla strada, il grandioso ed elegante edificio cinquecentesco de “I Collazzi”. Di quest’ultima villa sappiamo che fu realizzata su disegno di Santi di Tito, al quale è da riferire anche la pala d’altare, datata 1593, che si trova nella cappella padronale all’interno. Oltre “I Collazzi” la via si biforca: l’itinerario più antico prosegue sul crinale delle colline sino a raggiungere il villaggio de “La Romola”, e a digradare poi verso il fondo valle della Pesa. Lungo il percorso un toponimo (“Poggio della Tavernaccia”) ha tramandato il ricordo dell’esistenza “in loco” di una struttura di ristoro per i viandanti. Il tracciato più recente transita invece per l’abitato di Chiesanuova, la cui parrocchiale conserva due preziose tavole: un Sant’Andrea di Jacopo di Cione e Giovanni Del Biondo, e una Madonna col Bambino e Santi del Maestro di Marradi. Oltre Chiesanuova anche questo secondo tracciato inizia a digradare in direzione del fondo valle, che raggiunge a Cerbaia, grosso borgo posto in prossimità della confluenza della Pesa con un suo affluente di sinistra, il torrente Sugana. A Cerbaia sin dal 1295 la Signoria fiorentina aveva provveduto a far costruire un ponte, il che prova l’intensità dei transiti per la “strata de Giogholis” e l’importanza della località, formatasi nel punto ove la via s’incrociava con un antico percorso trasversale di collegamento tra la val di Pesa e il Valdarno inferiore. Cerbaia era quindi un nodo viario di non trascurabile importanza e di conseguenza possedeva nel medioevo strutture ricettive e assistenziali, tra cui uno spedale intitolato a Santa Caterina d’Alessandria, documentato sin dal 1300.
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ITINERARI STRADALI
La seicentesca villa di Montegufoni che ha inglobato i resti dell’antico castello
Le colline che fanno corona all’abitato sono intensamente coltivate con estesi vigneti che si alternano a campi rivestiti di olivi. Ormai ognidove sono scomparse le colture promiscue: a testimonianza della struttura agraria tradizionale rimangono le case coloniche che punteggiano il paesaggio e le grandi ville-fattorie, come quella, superba, de “I Tattoli”, una elegante costruzione cinquecentesca, dotata di un bel giardino all’italiana, cui si arriva per un lungo viale di cipressi. Superata la Pesa la strada risale i dolci declivi delle colline che fungono da spartiacque con la vallata del torrente Virginio, un corso d’acqua che scorre parallelamente alla Pesa, nella quale poi confluisce. Superato il crinale, approssimandosi al fondo valle del Virginio, s’incontra la villa di Montegufoni, che fu già castello degli Acciaioli, come denunzia la caratteristica torre con ballatoio, eretta nel 1386 da Donato di Jacopo Acciaioli, in forme che richeggiano quelle di Palazzo Vecchio. La torre, che rappresenta il più consistente residuo dell’antico castello, si affaccia nell’elegante cortile che si apre all’interno della sontuosa villa eretta nel XVII secolo nell’area già occupata dal fortilizio. Poco discosto, ai piedi della villa, è la chiesa di San Lorenzo, anch’essa con caratteri architettonici seicenteschi di sobria e misurata eleganza. Già di patronato degli Acciaioli e da questi riccamente dotata di opere d’arte, la chiesa conserva tra l’altro una bella croce dipinta della scuola di Taddeo Gaddi e una Madonna col Bambino di Lippo di Benivieni. La strada prosegue il suo percorso risalendo sino a Montespertoli da dove, svolgendosi fra crinali di colline di natura argillosa, inizia a scendere dolcemente verso il fondo valle dell’Elsa dove raggiunge Castelfiorentino.
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