La “strata per quam itur versus Bononiam”
el corso del XIII secolo Firenze “catturò” l’asse principale delle comunicazioni con la Padania, imponendo un nuovo percorso transappenninico. Si trattava di una via che originariamente serviva per raggiungere l’alta valle del Santerno attraverso il Mugello, e che solo in seguito venne prolungata sino a Bologna. Da Firenze la strada raggiungeva San Piero a Sieve e transitava poi per le pievi (e i villaggi) di Sant’Agata e di Cornacchiaia, utilizzando il valico mugellano dell’Osteria Bruciata, in seguito sostituito dal passo del Giogo. Il susseguirsi dei provvedimenti della Repubblica gigliata volti ad accrescere l’efficienza del percorso (costruzione di ponti, riattamento di tratti di strada), non poterono non creare contrasti con la potente casata feudale degli Ubaldini, i cui possessi si distribuivano su entrambi i versanti dell’Appennino toscoemiliano. La fondazione delle due “terrenuove” di Scarperia e Firenzuola va inserita nel quadro della secolare lotta contro quei feudatari mugellani, che saranno debellati definitivamente intorno alla metà del Trecento, negli stessi anni in cui venne aperta la nuova strada maestra che utilizzerà il passo del Giogo. Significativamente, in occasione della fondazione di Firenzuola, verrà affermato:
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Villa Spedaluzzo
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Villa Salviati
“in qua et per quam terram Firenzuole sit et esse debeat una via que vadat versus Florentiam et recte versus Bononiam” (A.S.F., Capitoli, reg. 32, c. 71r). Il nuovo collegamento viario diventerà il principale collettore dei transiti fra l’Italia settentrionale e quella centrale, e sarà sempre più usato dai mercanti, dai viaggiatori e dai pellegrini che si recavano a Roma. Questi ultimi infatti, raggiunta la città sull’Arno, usando la “via sanese” o in alternativa la “via romana”, si ri-
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Villa La Pietra
collegavano, rispettivamente a Siena e a Poggibonsi, alla via Francigena che li conduceva alla meta del loro pellegrinaggio. La via “bolognese” iniziava dalla porta urbica detta di San Gallo, dal nome dell’importante spedale fiorentino che ivi sorgeva, andato distrutto all’epoca dell’assedio di Firenze del 1529. Nel suo primo tratto transitava per un borgo esterno alle mura che ancora a metà dell’Ottocento costituiva una Comunità autonoma dalla significativa denominazione: il Pellegrino. Si trattava infatti di un piccolo agglomerato nel quale si addensavano le strutture ricettive e assistenziali per i pellegrini in transito per Roma. La chiesa di Santa Maria del Suffragio che si affaccia sulla via con il suo prospetto barocco, ad esempio, era legata alla magione dei frati ospitalieri di San Jacopo di Altopascio, e spedali erano dove oggi sorgono le ville “Spalletti” e “Spedaluzzo”, come in quest’ultimo caso testimonia lo stesso toponimo. A “La Pietra”, località che aveva assunto la sua denominazione per la presenza di un cippo stradale che stava a indicare il primo miglio dalla Porta San Gallo, troviamo un grande tabernacolo con un affresco quattrocentesco raffigurante La Madonna in trono fra Santi. Lungo la via è tutto un succedersi di ingressi di edifici prestigiosi: dalla settecentesca villa La Pietra, che conserva elementi architettonici rinascimentali, alla villa La Loggia, che appartenne a Brunetto Latini e poi ai Pazzi, alla villa Salviati, il cui impianto originario, di gusto michelozziano, risale alla metà del Quattrocento. Poco più avanti, s’incontra la chiesa di Santa Croce al Pino, costruita da Bernardo Fallani nel 1783-1784, sul luogo di un antico romitorio. Poi, a “La Lastra”, il tracciato della via si biforca: l’antico itinerario prosegue con andamento rettilineo e con forte pendenza. Tutto intorno il paesaggio è punteggiato di ville e dominato dalla presenza dell’olivo, mentre alle spalle, sullo sfondo, comincia ad apparire il profilo della città. Lungo il percorso si trovavano altri due spedali per pellegrini, rispettivamente dedicati a San Niccolò e a San Girolamo, oltre al cosiddetto “Spedaluzzo della Ruota”, la cui piccola costruzione tardo-romanica ad una navatella rettangolare ancora si affaccia sulla strada.
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La settecentesca chiesa di Santa Maria del Suffragio
La Pieve di Cercina
Il nuovo tracciato disegna invece un’ampia curva aggirando l’altura del monte Rinaldi, il che consente di godere di una bella vista sulla pittoresca valle del Mugnone e sulla collina fiesolana, oltre che naturalmente su Firenze. Notevoli, sulle pendici del rilievo che sovrastano la strada, le ville realizzate a metà del secolo scorso dall’architetto Leonardo Ricci, rifacendosi all’architettura organica di Frank Lloyd Wright. Poco dopo il ricongiungimento delle due strade si giunge al piccolo abitato di Trespiano, il cui nome è legato al cimitero comunale di Firenze, che si distende per buona parte della collina, sulla sinistra. Si prosegue poi per il Pian di San Bartolo e si continua quindi a salire in direzione di Montorsoli, dopo aver lasciato sulla sinistra una diramazione che conduce alla pieve di Sant’Andrea a Cercina, che in passato fu meta di pellegrinaggi a motivo della venerazione popolare per un antico e prezioso simulacro ligneo della Madonna in essa conservato. La chiesa costituisce un tipico esempio di pieve romanica della campagna fiorentina: ha un impianto basilicale, con le tre navate divise da una successione di archeggiature su semplici pilastri in pietra. Modificata è la parte presbiteriale, dove delle tre absidi rimangono solo quelle laterali; perfettamente integro è il campanile, che presenta la cella cella campanaria curiosamente aggettante rispetto alla restante torre. Oltre Montorsoli si comincia a rasentare il parco della villa Demidoff, già facente parte di una grandiosa villa medicea, famosa per le “meraviglie” di cui era circondata (fontane, grotte, statue, giochi d’acqua), secondo una scenografia parto del genio di Bernardo Buontalenti, che nel 1568 ebbe il compito da Francesco I de’ Medici di realizzare la villa e di organizzare il parco con il suo complesso programma iconografico che si distendeva sui diversi livelli della collina. Nel 1824 fu deciso dai Lorena di demolire la villa, divenuta fatiscente, mentre il parco venne ridisegnato dal paesista boemo Joseph Frietsch, che lo trasformò in un grande giardino romantico, salvandone alcuni elementi, tra cui l’imponente “Fontana dell’Appennino”, costruita come un edificio a tre piani, con vani allestiti a grotte, e suggestivamente rivestita con pietre spugnose. Si conservarono inoltre, dell’originario arredo: la “Fontana del Mugnone”, la “Peschiera della Maschera”, la “Grotta di Cupido” e la “Fontana di Giove”. Nel 1872 i Demidoff, che acquistarono il complesso, ricavarono dall’antica “Paggeria” una nuova villa e
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ITINERARI STRADALI
restaurarono gli altri edifici superstiti (Cappella buontalentana, Scuderie), sistemando definitivamente anche il parco. La strada giunge all’abitato di Pratolino, che confina con il parco, proseguendo poi in direzione di Vaglia. Una deviazione sulla destra, che conclude il nostro itinerario, consente di raggiungere una serie di località di grande interesse storico e artistico disposte sulle alture che delimitano la conca fiorentina, dividendola dal Mugello. Anzitutto la pieve di San Cresci a Macioli, di antiche origini, ma ricostruita in forme rinascimentali intorno alla metà del Quattrocento, con le tre navate divise da colonne con capitelli jonici. La chiesa è ricordata anche per la figura del pievano Arlotto Mainardi, celebre per le sue burle, che ne fu rettore dal 1426 al 1468. Procedendo oltre si giunge al piccolo centro di Bivigliano, con la sua parrocchiale romanica intitolata a San Romolo. Ad aula rettangolare coperta a capriate, la chiesa conserva sull’altar maggiore un dossale di terracotta invetriata della bottega di Andrea della Robbia, che raffigura la Madonna e Santi, oltre ad un fonte battesimale ornato con una statua lignea policroma rappresentante San Giovanni Battista, attribuita a Michelozzo. Notevoli, anche, ai due altari laterali due dipinti di Pietro Annigoni (Sant’Antonio da Padova e la Madonna del Rosario). Non lontana è poi la Badia del Buonsollazzo, che si vuole edificata dal marchese Ugo di Toscana intorno al Mille. Dai benedettini il cenobio passò nel 1320 ai cistercensi, quindi (all’inizio del XVIII secolo) ai frati trappisti, ed infine ai camaldolesi. Il complesso monastico ha i caratteri di un misurato barocco, presentandosi con la veste frutto della sistemazione ricevuta nel 1706, quando il granduca Cosimo III, che lo concesse ai trappisti, incaricò Giovan Battista Foggini di progettarne il rinnovamento architettonico. Risalendo infine le pendici del Monte Senario si giunge all’omonimo Convento dell’ordine dei Servi di Maria, che si trova alla sommità del rilievo, dove nel 1233, per iniziativa di sette nobili fiorentini (i “Sette frati fondatori”) ebbe origine la congregazione servita. Il primitivo Convento, accresciutosi nel corso degli anni, e completamente rifatto sul finire del Cinquecento, per l’intervento del granduca Ferdinando I, fu in seguito ulteriormente modificato sino ad assumere l’attuale conformazione. Sparse nel folto bosco di conifere che circonda il Convento e ammanta la sommità del Monte Senario, sono numerose testimonianze della storia religiosa dell’ordine: celle, grotte e cappelle, raggiungibili a piedi percorrendo sentieri silenziosi, dedicati ai vari santi e beati espressi dai serviti. Dalla terrazza panoramica che circonda il complesso della chiesa e dei locali monastici la vista spazia Il Casino neoclassico di Cambray-Digny della Villa di Pratolino da Firenze, al Mugello, alla valle dell’Arno.
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