Seguendo l’Arno Antichi ponti e storici opifici a forza idraulica lungo il corso del fiume
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iste ciclabili e pedonali sono in progetto – per iniziativa della Regione Toscana, della Provincia di Firenze e dell’Associazione per l’Arno – lungo tutto il corso del fiume, dalla sorgente alla foce. Già ora, risalendo da Firenze l’Arno, dalle due sponde – sia in destra idrografica, da Pontassieve per la nuova Aretina fino alla periferia di Incisa, con imbocco poi della strada per I Renacci e Terranuova e proseguimento per l’Acqua Borra, e per strade diverse per Laterina, Rondine e Ponte a Buriano, e sia in sinistra idrografica, da Rosano per Volognano, Bombone, Rignano e Incisa, con imbocco dell’Aretina per Figline-San Giovanni-Montevarchi-Levane-Ponticino e Indicatore – è comunque possibile godere dell’ambiente e del paesaggio fluviale; pur con qualche difficoltà, dovuta al frequente allontanamento della viabilità dal fiume e all’esigenza quindi di doversi più volte immettere in brevi viuzze che da tali assi longitudinali conducono trasversalmente al corso d’acqua. Grazie a tali diverticoli tuttora liberi da recinzioni, e per tali ragioni liberamente percorribili a piedi e in bicicletta o con mezzi a motore (non sempre tutte le automobili), è agevole osservare e ammirare da vicino le caratteristiche e le criticità del fiume più importante della Toscana, con le potenzialità di fruizione per finalità turistico-escursionistiche o didattico-scientifiche. Al di là del fiume che di norma scorre pigro e infossato, serpeggiando tra frequenti depositi di rena e ghiaie talvolta ricoperte dalla tipica vegetazione
Il cosiddetto ponte di Annibale presso il mulino di Bruscheto tra Rignano e Incisa 102
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erbacea o arborea d’alveo, stretto fra rigide arginature che sono il frutto dell’opera di raddrizzamento e canalizzazione effettuata a più riprese, tra il XVI e il XIX secolo, sarà quasi ovunque facile mettere a fuoco le componenti d’insieme e particolari del corso d’acqua. Oltre alle due già descritte ampie riserve naturali presenti nella parte più orientale – quelle con carattere lacustre della Valle dell’Inferno e Bandella e di Ponte a Buriano e Penna – e ai tre più piccoli ambienti umidi “relitti” di rilevante interesse regionale e provinciale ubicati nella parte centrale – la Garzaia di Figline, di particolare importanza faunistico-ambientale come stazione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna, il raro bosco a dominanza di farnia dell’antica fattoria dei Renacci e l’area di recupero ambientale ENEL di Cetinale-Forestello tra i confini comunali di Figline e Cavriglia – tanti altri ambienti meritano attenta considerazione, da parte delle istituzioni e dei cittadini, per la loro salvaguardia e valorizzazione sostenibile. Basti pensare alle diffuse e regolari alberete (pioppete) impiantate lungo le sponde, e soprattutto agli altri boschetti ripariali in forma di saliceti a dominanza di salice bianco, spesso in associazione con il pioppo nero, che localmente può prevalere, e che, frequentemente coltivato lungo il corso dell’Arno, può formare anche aggruppamenti spontanei. Non è poi un caso se è proprio lungo l’Arno, pure nella nostra regione valdarnese, che si presenta larga parte del patrimonio storico-architettonico o archeologico di ordine idraulico della Toscana:
Veduta di Incisa, 1910 circa. Fotografia colorata di autore non identificato, da G. Fanelli, L’anima dei luoghi. La Toscana nella fotografia stereoscopica, Firenze 2001
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Il rudere del ponte al Romito: della imponente struttura resta una monumetale arcata
• da quello legato alla bonifica e alla colonizzazione agraria – mediante l’appoderamento mezzadrile – del fondovalle e dei circostanti terrazzi fluvio-lacustri, come ben dimostrano i tanti fabbricati rurali che costellano la fattoria de I Renacci, dotata di villa, chiesa, casa d’agenzia e tabaccaia (poderi Casa Nuova I-II-III, Burrone, Murice, Modella, Poggio Urbini I-II, Le Fornaci, Casa Sotto la Villa, ecc.) che i fiorentini Rinuccini costruirono in posizione particolarmente panoramica, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Attenendosi in ciò, rigorosamente, al modello della bella e razionale casa voluta dal granduca Pietro Leopoldo, che si fa apprezzare per la presenza del portico e della loggia ad una o più luci sovrapposti, che sono tagliati nel corpo della facciata principale, per la presenza della colombaia al centro della facciata o su un lato, oltre che della capanna (fienile e carraia), che è quasi sempre separata dal fabbricato principale; • a quello legato alle strutture di scavalcamento fluviale a servizio della viabilità, per il quale eccelle lo storico ponte di Annibale (dalle singolari caratteristiche architettoniche), posto in prossimità del mulino di Bruscheto tra Rignano e Incisa, per il cui recupero si sta ultimamente lavorando da parte delle amministrazioni locali, essendo oggi mancante della campata centrale, che varie testimonianze degli anni in cui il ponte era ancora integro (fino almeno al 1956) ci mostrano, nella parte centrale, volutamente costruito con materiali precari (tavole in legno) in forma di palancola: vale a dire di attraversamento a quote prossime al livello di magra, destinato con ciò ad essere sommerso durante le piene senza gravi conseguenze (Menduni, 2006). Strutture di passaggio monumentali sono i resti del ponte al Romito e il ponte a Buriano, passando per gli altri ponti storici, per quanto modernamente riedificati dopo la distruzione avvenuta durante l’ultima guerra mondiale, di Rignano e Incisa, che nel XVI secolo furono restaurati dal celebre architetto Bernardo Buontalenti: Rignano ha perduto la volta in mattoni e il leggero profilo a schiena d’asino che lo contraddistingueva e Incisa è stato ricostruito in cemento; • a quella legata all’industria. Questa categoria di patrimonio storico e archeologico abbraccia, oltre a manifatture dismesse di recente (tra i mulini,
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Il ponte a Buriano in uno spettacolare scorcio che fa risaltare l’imponenza della struttura medievale ben conservatasi sino ad oggi
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quello antico di Bruscheto, abbandonato tra gli anni ’60 e ’70, quelli di Orlando e di Incisa, i resti del mulino camaldolese di Agnano visibili soprattutto quando il livello delle acque dell’Arno è particolarmente basso nell’invaso Valle dell’Inferno-Bandella, i resti del mulino dell’Imbuto a valle di Ponte a Buriano, ecc.), svariate fornaci da calce e laterizio, fabbriche per la lavorazione di ceramiche e porcellane e un’ampia gamma di piccoli opifici in gran parte andanti ad acqua che utilizzavano le risorse fluviali, anche tramite ingegnose deviazioni: tra tutti, spicca il lungo e grandioso canale Berignolo o Battagli – tuttora ben conservato – che fu costruito nei tempi medievali nei pressi del ponte dell’Acqua Borra per alimentare i grandi mulini di Montevarchi e San Giovanni, e intorno al quale fu edificata, nella seconda metà del XIX secolo, la Ferriera di San Giovanni. Tali strutture industriali sono riferibili ora ai tempi contemporanei dell’industrializzazione e ora a quelli medievali e moderni, e per tali motivi talora fatte oggetto di idee e progetti di recupero strutturale o di conservazione e valorizzazione. Le tracce topografiche di queste attività si allargano alle opere realizzate per loro servizio, quali vie di comunicazione e sistemazioni idriche, ambienti per deposito o trasformazione dei prodotti e residenza dei lavoranti. Oggi, tuttavia, il sistema di cave e impianti meccanici attivati mediante la forza del vento (molini del castello di Volognano e della villa di Torre a Cona), e specialmente le acque cadenti (molini e altri opifici) rivela ovunque condizioni di incipiente abbandono. Sostiene il Segretario dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno Giovanni Menduni che è possibile realizzare piccoli impianti distribuiti lungo l’Arno e i suoi affluenti, che potrebbero essere creati col semplice restauro delle tante pescaie presenti, che in verità versano in condizioni precarie. E di recente tale sollecitazione è stata fatta propria dalla Provincia di Firenze che – insieme al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze – sta provvedendo ad elaborare un progetto per il restauro delle traverse e per ricavarvi “l’energia pulita” mediante la costruzione di piccole centrali idro-elettriche. Se questo piano potrà essere attuato, sarà posto fine ad un vero e proprio spreco, per cui “l’energia dell’Arno è sfruttata per una frazione modesta rispetto a quanto lo fosse soltanto cento anni fa quando i salti motore utilizzati, nel territorio del bacino, erano molte centinaia”. Soltanto tra Incisa Val d’Arno e Firenze, potrebbe essere ricavata “una produzione dell’ordine di 30 milioni di kilowattore all’anno. Quanto basta per i consumi di diverse migliaia di persone e con costi ambientali praticamente nulli” (Menduni, 2006). L’importanza non solo patrimoniale delle strutture idrauliche infatti non può non allargarsi al sistema delle pescaie o manufatti trasversali che hanno lo scopo di mantenere fissa la quota della soglia da cui si prelevava. Questa situazione non è modificabile in quanto tali opere hanno vincolato il fondo del fiume e tutto il tratto a monte di esse, che ha assunto una stabilità basata sulla loro presenza: se venissero eliminate o crollassero si verificherebbero alterazioni, come franamenti ed erosioni (concentrate e diffuse) delle sponde, con rischio di cedimento delle difese più vulnerabili quali le arginature.
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Il ponte a Buriano, essenziale cerniera storica nella viabilità valdarnese
Un po’ tutti gli sbarramenti fluviali valdarnesi – collegati ad antichi opifici – si presentano attualmente in stato di degrado e richiedono interventi di recupero, come sopra detto per il complesso della pescaia e del mulino di Bruscheto (Incisa-Rignano) o per quello dell’Imbuto: è il caso della pescaia del mulino d’Orlando (ridotto a rudere dall’alluvione del 1966), e di quelle del Ponte a Rignano, di Incisa e di Laterina, mentre la pescaia dell’Acqua Borra (con derivazione del canale Berignolo) è oggi sostituita dalla diga di Levane. Tra l’altro, il Berignolo potrebbe costituire un itinerario escursionistico pedonale a se stante per tutti i suoi 15 chilometri di percorso, tra l’Acqua Borra e la sua confluenza nel borro di Vacchereccia in prossimità dell’Arno, ad ovest di San Giovanni Valdarno: il canale che ha dato ricchezza ad industrie e imprese agrarie intensive e che ha alimentato non pochi lavatoi cittadini scorre tuttora a cielo aperto (salvo che in corrispondenza dei sottopassi fluviali e in Montevarchi tra l’antico e monumentale mulino e via Monte Moschetta) ed è corredato di svariati manufatti storici, come cateratte e prese d’acqua, come alcuni ponticelli e abbeveratoi e come i lavatoi di Levanella e quelli di Montevarchi e San Giovanni ubicati nel vicolo del Berignolo e in via Mannozzi (Valentini, 1997).
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