La via vecchia Aretina L’itinerario valdarnese dei pellegrini lauretani
A
partire dal Quattrocento ebbe un grande sviluppo il pellegrinaggio lauretano, la “Santa Casa” si aggiunse alle principali mete delle “peregrinationes” della Cristianità. Venne pertanto a formarsi un vero e proprio “Camino” di Loreto, articolato in una serie di percorsi a raggiera che facevano capo al
Ricostruzione dello Spedale del Bigallo, ampio ed articolato complesso assistenziale fra Bagno a Ripoli e la salita del San Donato 116
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Stemma medievale dello Spedale del Bigallo a Bagno a Ripoli. Lo Spedale fondato all’inizio del Duecento, è oggi adibito a sede museale con programmi divulgativi dedicati in particolare alle scolaresche
centro marchigiano. Si avrà così una “via Romana-Lauretana”, che in buona parte si identificava con la Flaminia, una “via Aprutina-Lauretana”, una strada maris che conduceva al porto di Recanati, e via dicendo. Anche i pellegrini toscani che intendevano recarsi a Loreto privilegiavano un percorso, che si dipartiva da Firenze, allora una delle maggiori metropoli dell’Occidente cristiano. L’itinerario nella sua parte iniziale corrispondeva a quello dell’attuale via vecchia aretina. Appena usciti dalla città ci si dirigeva quindi verso il Valdarno superiore, immettendosi in quella che lo Statuto fiorentino del 1325 definisce la “via et strata que summitur a porta seu Burgo Sancti Niccholai per quam itur in Vallem Arni ”. Molteplici testimonianze itinerarie, per lo più cinque-seicentesche, attestano l’uso di tale percorso, informandoci delle tappe e dei luoghi di sosta dello stesso. Così, dopo essere transitati per Bagno a Ripoli, i pellegrini affrontavano la salita del San Donato, transitando dinanzi allo Spedale del Bigallo, il grandioso complesso assistenziale sorto lungo la via, a breve distanza dalla città. Poi, superato il facile valico di San Donato in Collina, digradavano verso il fondo valle dell’Arno, raggiunto all’Incisa. Di norma, per coloro che si dipartivano da Firenze, la prima tappa era costituita dal villaggetto di Palazzolo, che con il suo toponimo aveva conservato il ricordo dell’esistenza in loco, già in età romana, di un punto di sosta lungo la consolare Cassia, di cui la via medievale era erede (il termime “palatium” veniva usato per le stazioni dislocate lungo gli itinerari del “cursus publicus”). Il cammino proseguiva poi sulla sinistra dell’Arno, seguendo il tracciato che collegava i grossi borghi del fondo valle (Incisa, Figline, San Giovanni Valdarno, Montevarchi), nei quali si addensavano le strutture ricettive e assistenziali: osterie, alberghi, spedali. I fratelli della Compagnia fiorentina del Santissimo Sacramento, ad esempio, nel loro pellegrinaggio a Loreto del 1577, dopo essersi fermati a Palazzolo, fecero sosta a Figline, pagando quarantuno scudi all’oste Domenico di Bartolomeo Biagiotti “per averci dato ciena a numero 30 della Compagnia e per sette di muli e per conto di sette vettori”. A San Giovanni Valdarno, invece, si fermò “a desinare” il pisano Giovanni Berti “servente di offizio” (cioè dipen-
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dente) del cavalier Francesco Paci, notabile pisano che effettuò il suo pellegrinaggio alla Santa Casa nel 1622. Ed egualmente a San Giovanni sostarono, all’ Osteria della Stella, tre pellegrini fiorentini: il canonico Giuseppe Antonio Scarlatti, suo fratello Giovanni Gualberto e l’abate Vincenzo Del Sera, che nel 1726 si recarono anch’essi a Loreto, lasciandoci una dettagliata memoria itineraria del loro viaggio. Un altro luogo di sosta lungo il tratto di fondo valle della via era costituito, oltre Montevarchi, dal villaggio di Levanella, dove ad esempio nel 1577 si fermarono per desinare, presso l’oste “Garante di Domenico Bazanti”, i ricordati fratelli della Compagnia fiorentina del Santissimo Sacramento. Attraversato poi l’Arno al Ponte al Romito, presso Laterina, i pellegrini proseguivano in direzione del Ponte a Buriano, tra Castiglion Fibocchi e Arezzo, località attorno alla quale si erano aggregate più strutture ricettive (come sempre avveniva in corrispondenza dell’attraversamento di un fiume), e dove non a caso cenarono e pernottarono i pellegrini della Compagnia del Santissimo Sacramento, che pagarono ventuno scudi a “Giovanni di Cangiolo, oste al Ponte a Buriano” e sei scudi a “Cristofano di Macario oste al medesimo ponte”. I pellegrini lauretani, oltre Ponte a Buriano, proseguivano il loro viaggio per la Val di Chiana, dirigendosi verso Cortona, talvolta facendo prima sosta ad Arezzo. Raggiungevano poi Perugia e, dopo essere transitati per Assisi e Foligno, si immettevano nella strada che conduceva al valico del Col
Il valico del San Donato, la chiesa e l’osteria in un disegno cinquecentesco (Archivio dell’Istituto degl’Innocenti). Dopo San Donato, l’antica via dei pellegrini discende verso la valle dell’Arno, raggiungendo Incisa, per seguire poi la sponda sinistra del fiume sino a Figline, San Giovanni e Montevarchi
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Il castello di Incisa con l’antica porta d’accesso, a guardia del fondovalle dell’Arno dopo il valico di San Donato
L’antico spedale di Sant’Antonio alle Staffe, in località Croce di Sant’Antonio (Incisa)
La via aretina a Figline, Piante di Popoli e Strade del 1580-90 (ASF, Capitani di Parte Guelfa)
Nell’antica mercatale ebbe i natali Marsilio Ficino, raffigurato a lato, alla sinistra di Cristoforo Landino (v. pag. 201)
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Fiorito, superato il quale giungevano in breve a Macerata, passavano per Recanati e arrivavano infine a Loreto. Il Valdarno, dove già transitavano i pellegrini che si recavano a Roma utilizzando la cosiddetta “via dell’Alpe di Serra”, che dal Casentino giungeva ad Arezzo per poi seguire a grandi linee il tracciato dell’attuale umbro-casentinese, acquistò così ancora maggiore importanza entro il sistema stradale delle vie di pellegrinaggio, in quanto percorso “Lauretano”. E un riflesso del passaggio di tanti pellegrini che andavano a Loreto è tutt’oggi rilevabile nelle molteplici attestazioni del culto mariano che punteggiano il territorio valdarnese.
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