Il Valdarno dei “perdoni” I conventi francescani del Valdarno e la nascita di una tipica festività religiosa valdarnese
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el suo diffondersi l’ordine francescano, oltre che nelle principali città, fondò propri conventi in tutte le più cospicue “terre” della Toscana, cioè in quei grossi centri ai quali lo sviluppo economico e demografico del XIII secolo aveva talvolta fatto assumere dimensioni quasi urbane. In Valdarno le fondazioni francescane furono particolarmente numerose, a causa del popolamento della regione che non contemplava alcun centro che vantasse il titolo di città, in quanto sede di cattedra vescovile, ma possedeva tutta una serie di grossi abitati. Nella loro ubicazione, infatti, come gli altri ordini mendicanti, i francescani privilegiarono gli insediamenti demograficamente più ricchi, il loro apostolato rivolgendosi soprattutto alle popola-
Il convento del Vivaio a Incisa, casa dei francescani osservanti 170
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zioni degli ambienti urbani. Di qui i caratteri architettonici delle loro costruzioni, che oltre ad esprimere i caratteri di semplicità e di povertà propri dell’ordine, dovevano rispondere alle esigenze cultuali dello stesso, che imponevano la disponibilità di ambienti che potessero costituire sale da predicazione ampie e ben illuminate, al fine di accogliere la massa dei fedeli da ammaestrare con la parola e con le immagini raffigurate nei cicli di affreschi che ricoprivano le pareti. Sin dal 1229 si ha notizia dell’esistenza a Figline di una comunità monastica francescana, dotata di una piccola chiesa dedicata alla Santa Croce. Dal suo ampliamento, alla fine del XIII secolo, nacque l’attuale edificio intitolato a San Francesco che, con la sua ampia navata dal transetto sporgente, rappresenterà un tipico prodotto di quel fare semplice e spazioso dell’architettura francescana del Due-Trecento.
La facciata del convento di San Francesco a Figline
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Si vuole fondato da San Bernardino nel 1324 il convento di San Francesco a Montecarlo, che sorge su una collina immediatamente a sud di San Giovanni Valdarno. Il grande complesso, d’impianto rinascimentale, è famoso perché conserva al suo interno uno dei maggiori capolavori dell’Angelico, un’Annunciazione dipinta forse nel 1440. Il Convento del Vivaio di Incisa fu invece costruito dalla comunità dei francescani cosiddetti “Osservanti”, che nella seconda metà del Trecento si contrappose alla più antica famiglia dei “Conventuali” predicando un ritorno alla primitiva regola di semplicità e povertà voluta da San Francesco. Intitolato ai Santi Cosma e Damiano, il Convento fu fondato intorno al 1516-17 sul luogo ove già esisteva una chiesetta, dedicata a Santa Maria del Vivaio. Il complesso ha conservato l’impianto originario con la chiesa ad un’unica navata (successivamente arricchita di cappelle e altari laterali) e il lungo loggiato che si
L’ampio porticato del convento del Vivaio a Incisa
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Il Chiostro del convento di San Lodovico a Montevarchi
sviluppa dinanzi alla facciata, proseguendo per tutto il lato sud del Convento. Anche a Montevarchi i francescani ebbero un loro Convento, dedicato a San Lodovico, che si sviluppò a lato della chiesa di Sant’Andrea a Cennano, poi annettendola. Del Convento rimane un bel chiostro quattrocentesco, ed in quelli che già furono i suoi locali ha oggi sede l’Accademia Valdarnese intitolata all’umanista Poggio Bracciolini. È da ricondurre alla presenza e all’attività pastorale dei francescani la nascita e la diffusione nel Valdarno superiore di una festività che è divenuta tipica di tutti i centri valdarnesi di una qualche consistenza demografica: la “Festa del Perdono”, chiaramente da rapportare al cosiddetto “Perdono” di Assisi, istituito dallo stesso San Francesco. Con il passare degli anni, la festività alla sua dimensione religiosa ha aggiunto tutta una serie di aspetti più propriamente profani, che contemplano, oltre alla indispensabile fiera e ai finali fuochi di artificio, spettacoli ed eventi di varia natura, quali: il Palio di San Rocco (Figline), il Palio sull’Arno (Terranuova Bracciolini), le corse di cavalli con
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Una fiera paesana in occasione di un “Perdono” valdarnese
fantino “alla romana” (Pian di Scò e Faella), la Fiera Nazionale degli Uccelli (Terranuova Bracciolini). Le diverse località del Valdarno, a evitare antipatiche sovrapposizioni, o per lo meno onde limitarne i danni, col tempo hanno dato vita ad un calendario che distribuisce i giorni dedicati alla festività tra i vari centri, iniziando dalla fine del mese di luglio e proseguendo sino alla fine del mese di settembre. Iniziano, in luglio, le località minori (ad esempio, Levane, Meleto, Montegonzi), poi a partire dalla fine di agosto entrano in campo i centri maggiori: Castelfranco di sopra (quarto fine settimana di agosto), Montevarchi (prima settimana di settembre), San Giovanni Valdarno e Laterina (terza settimana di settembre), Terranuova (quarta settimana di settembre), e così via. E questo perché la festività non si esaurisce in un solo giorno di baldoria ma, come nel medioevo, si protrae per più giorni, perché di solito dura dal sabato al martedì della settimana successiva. Ne sorte così una coloratissima e sentitissima “tre giorni”, festa a un tempo sacra e profana.
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