“Torri, o alte magioni di pietre, molto forte” Le medievali ‘case da padrone’ della campagna fiorentina
oltre a ciò non v’era cittadino popolano o grande che non avesse edificato o che non edificasse in contado grande e ricca possessione, e abitura molto ricca, e con begli edifici, e molto meglio che in città…”. Così Giovanni Villani (Cronica, XI, 94) al principio del Trecento accenna alla diffusione nella campagna intorno a Firenze di quelle che le fonti dell’epoca chiamano “case da padrone”, cioè le abitazioni che i proprietari (cittadini) avevano fatto erigere nelle proprie “possessioni”. A partire almeno dal XIII secolo, infatti, con la formidabile crescita economica della città, si era verificata una progressiva penetrazione del capitale cittadino nelle campagne, e le prime a essere interessate dal fenomeno furono, ovviamente, le aere più prossime a Firenze. Nello stesso tempo, per un processo di riorganizzazione fondiaria e di accorpamento delle proprietà, si era venuta af-
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Le Nutrici casa padronale duecentesca declassata a casa colonica sulle pendici di Villamagna
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Turrita casa da padrone del XIII secolo nei pressi di Lobaco
Torri, o alte magioni di pietre, molto forte
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Una turrita casa da padrone a Centanni nel Comune di Bagno a Ripoli
fermando una nuova organizzazione dell’agricoltura, che aveva portato alla formazione di nuove e autonome unità di produzione (i poderi) e alla diffusione di contratti agrari di tipo mezzadrile e, in genere, di reparti parziari. Ogni podere ebbe alcune componenti essenziali: una certa estensione di terra coltivata, che doveva produrre una quantità di derrate almeno doppia a quanto era necessario al sostentamento della famiglia mezzadrile, data la divisione a metà dei prodotti, e una serie di costruzioni, ubicate nel podere, che servivano per il funzionamento dell’attività produttiva, oltre che per le necessità abitative del mezzadro. Non di rado si aggiungeva anche una casa che il proprietario della terra teneva a sua disposizione per quando si recava in campagna a controllare l’operato del contadino, o più semplicemente per “villeggiare”. “L’abitazioni de le ville, alcune che servono per i padroni ed alcune per i lavoratori”, dirà Leon Battista Alberti nel suo “De Archi-
tectura” (Libro V, Capo XV). Specie durante il periodo in cui maggiore fu l’accaparramento delle terre ad opera della ricca borghesia cittadina, intensa fu l’attività edilizia che portò alla costruzione di tante case padronali. Così tra la seconda metà del XIII secolo ed i primi decenni del Trecento la campagna attorno a Firenze si costellò di edifici turriti, espressione architettonica dell’avvenuta penetrazione del capitale cittadino. I mercanti e in genere gli uomini d’affari fiorentini non potevano non avere una proprietà terriera in contado, che rappresentava per essi una sorta di “status-symbol”. Ancora Leon Battista Alberti ne “Il governo della famiglia” tratteggia l’aspirazione del borghese fiorentino “arrivato” quando fa dire ad Agnolo: “… darei modo a avere possessione la quale con minor spesa, che comperando in piazza, fusse atta a tenere la casa fornita di grano, vino, biade, legne, strame e simili cose, e ove facessi allevare pecugli, polli, colombi, e ancora pesci, e vi ricordo che nel contado fiorentino vi sono molti luoghi posti in aere cristallina, in paese lieto, bello isguardo, rare nebbie, non venti nocivi, buone acque, sane, pure e buone tutte le cose; e molti casamenti, i quali sono come Palagi di Signori, e molti hanno forma di fortezze, di castella, edificj superbi, e sontuosi. Cercherei la possessione tale, che portandovi uno staio di sale, io vi potessi tutto l’anno pascere la famiglia, e darci tutto l’anno quello, che bisognasse se non tutte, almanco le cose più necessarie, cioè pane, vino, olio, legne e biade; e riducerei la via a andare alla possessione che andando e tornando, potessi vedere se nulla vi mancasse; e per quella andrei sempre ragguardando tutti i campi, tutta la possessione, e vorrei tutto assieme, o ciascuna parte vicina, per potere spesso tutti trascorrergli, o passeggiarli a cavallo, o a piè”.
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Gli esempi più cospicui delle medievali “case da padrone” appartennero ai maggiori esponenti del capitalismo fiorentino del Due-Trecento (Bardi, Peruzzi, Acciaioli, Strozzi, Salviati, Mozzi, Vecchietti, ecc,). Una delle più interessanti (e anche delle più antiche) testimonianze documentarie che fanno riferimento a questo significativo fenomeno della società fiorentina dell’epoca, è rappresentato dal contenuto del cosiddetto “Libro segreto” di Giotto e Arnoldo Peruzzi. Nel 1283 la famiglia Peruzzi costituì due fondi comuni allo scopo di investire i proventi della mercatura e dell’attività finanziaria nell’acquisto di terreni in contado e di proprietà immobiliari in Firenze. Significativamente, tra le spese e le altre annotazioni contabili relative ai possessi in contado, non di rado compare l’acquisto di “case da signore” poste a corredo di proprietà terriere situate negli immediati dintorni della città. Le tante costruzioni superstiti si addensano con l’avvicinarsi a Firenze: in alcuni casi sono state addirittura fagocitate dal recente sviluppo urbano della città e si trovano attualmente circondate da moderni edifici condominiali, ma il più delle volte punteggiano ancora la campagna periurbana con i loro profili turriti. La loro presenza caratterizzava indifferentemente le aree collinari e le zone pianeggianti: begli esempi si trovano, ormai mescolati al moderno tessuto urbano, nel “pian di Ripoli, oppure nelle piane di Sesto e di Scandicci. Tra l’altro una delle costruzioni più grandiose è a Campi, appena fuori delle mura della “terra”: si tratta della sontuosa e munitissima dimora realizzata dagli Strozzi nel Trecento, una costruzione che con la sua mole doveva esprimere la grandezza e il prestigio della famiglia. La conformazione tipica della maggior parte delle case padronali, specie di quelle duecentesche, ripete i caratteri della dimora signorile degli anni centrali del medioevo, la cosiddetta “casa-torre”. A sviluppo prevalentemente verticale, con un impianto plano-volumetrico di estrema semplicità, le costruzioni si distinguono per l’accuratezza dei loro rivestimenti murari, realizzati con bozze di pietra ben scalpellinate e disposte a filaretti. Alla base dei parallelepipedi si aprono uno o due portali appaiati, per lo più dotati di archivolti semicircolari, oppure di foggia “fiorentina”, cioè con il solo estradosso leggermente sestiacuto.
Casa da padrone sulla strada per Bagno a Ripoli
Casa da padrone in località ‘La luna’, Lastra a Signa
Torri, o alte magioni di pietre, molto forte
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Le Tavernucole, villa costruita riutilizzando una casa torre
Scarse risultano essere le aperture in corrispondenza dei vari ambienti, disposti verticalmente e comunicanti di norma per mezzo di scale di legno. A partire dagli anni a cavallo fra XIII e XIV secolo, nel massimo fervore dell’espansione edilizia nei dintorni della città, le costruzioni cominciano ad articolarsi e a distendersi nei volumi, con una conseguente maggior complessità della loro impostazione a livello planimetrico. A lato dell’elemento turrito, che viene talvolta raddoppiato, si aggiungono altri ambienti distribuiti prevalentemente in senso orizzontale, con cortili interni e loggiati. La trasformazione fu il frutto di un modo nuovo, meno schematico e più libero, di organizzare lo spazio, che tenne sempre più conto delle esigenze dell’attività produttiva e della vita associata, in relazione alle mutate e più sicure condizioni di vita. Comunque le strutture di carattere difensivo non scomparvero del tutto poiché le case-torri della campagna costituivano, si è detto, i simboli della potenza economica della borghesia cittadina, ma all’occorrenza potevano anche trasformarsi in vere e proprie fabbriche militari. Ce lo ricorda Brunetto Latini, quando nel Libro III nel suo “Tesoro” scrive: “… quelli d’Italia, che spesso guerreggiano tra di loro, si dilettano di fare torri, o alte magioni di pietre, molto forte, se ciò è fuori delle cittadi, e’ fannovi fossi e palancati, o mura e merli, e ponti levatoi, e porte con cateratte”. Di qui la presenza, anche nelle costruzioni più tarde, delle torri, un elemento che permetteva di esaltare il principio, mai disatteso dall’architettura militare del medioevo, del dominio dall’alto. Le necessità di difesa spiegano altresì l’esistenza dei merli a coronamento dei muri e la frequenza con cui appaiono i “gattoni”, com’erano chiamati i mensoloni aggettanti per il sostegno di ballatoi lignei. Riguardo alla successiva utilizzazione delle medievali dimore signorili, è anzitutto da rilevare che non di rado l’antica residenza padronale continuò a
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svolgere la sua funzione, e divenne una villa-fattoria, centro direzionale dell’attività di un gruppo di poderi. In tali casi la primitiva casa-torre andò a costituire il nucleo centrale del complesso di edifici costituenti la fattoria, emergente sui vari corpi di fabbrica via via aggiuntisi. È così abbastanza frequente imbattersi nei dintorni di Firenze in ville di foggia rinascimentale che denunziano di aver inglobato strutture murarie di edifici due-trecenteschi. Caso paradigmatico la villa “la Petraia”, frutto del riadattamento di una costruzione preesistente, come testimonia la massiccia casa-torre inserita nel nuovo edificio. Ma il maggior numero delle medievali “case da padrone” fu in seguito adibito a dimora per mezzadri, divenne in altri termini la casa colonica di un podere. La concentrazione della proprietà terriera che si accompagnò all’evoluzione della struttura poderile in sistema di fattoria, rese infatti disponibili molte delle case padronali erette tra il XIII e il XIV secolo, peraltro non più rispondenti alle mutate esigenze dei proprietari. Il declassamento ha consentito agli edifici di conservare gli originari caratteri architettonici, poiché il più delle volte la nuova utilizzazione si è limitata all’aggiunta di qualche modesto corpo di fabbrica, in ordine alle necessità dell’attività produttiva. Pertanto, sino a qualche decennio fa, non erano poche le case coloniche dei poderi della campagna periurbana che a un attento esame delle loro strutture murarie erano riconducibili a una originaria casa-torre due-trecentesca. Corsi e ricorsi storici. Ai nostri giorni le antiche “case da padrone”, che già furono espressione dell’utilizzazione dello spazio extraurbano ad opera di chi viveva nella città, sono tornate a essere dimore dei fiorentini, che proiettano come nel medioevo una parte della loro vita in aree lontane dal centro urbano, alla ricerca di spazi incontaminati, o almeno ritenuti tali.
La torre di Baracca, uno dei più antichi esempi di casa padronale
La trecentesca casa da padrone degli Strozzi a Campi Bisenzio
Torri, o alte magioni di pietre, molto forte
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