Un progetto di Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Supervisione Antonio Gherdovich
Con il contributo di Regione Toscana
Coordinamento Marcella Antonini
Con il Patrocinio di Provincia di Firenze Ministero per i Beni e le Attività Culturali Ministero della Gioventù MIUR - Ufficio Scolastico Regionale della Toscana
Ideazione Chiara Mannoni
Partner del progetto Comune di Calenzano Comune di Campi Bisenzio Comune di Fiesole Comune di Lastra a Signa Comune di Scandicci Comune di Sesto Fiorentino Comune di Signa Comitato scientifico Michele Gremigni, Leonardo Rombai, Renato Stopani, Paolo De Simonis
Organizzazione Silvia Zonnedda Coordinamento didattico e amministrativo Agenzia Formativa Sesto Idee – Comune di Sesto Fiorentino Comunicazione e promozione Susanna Holm Sigma CSC Ufficio stampa Catola & Partners Progetto grafico Media Studio Advertising & Design
il volume Gita fuori porta, oltre le mura di Firenze Calenzano, Fiesole, Lastra a Signa, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa è a cura di Scuola primaria Concetto Marchesi di Calenzano Scuola Primaria Don Milani di Calenzano Scuola Primaria Teodoro Stori di Borgunto, Fiesole Scuola Primaria Pazzino De’ Pazzi di Compiobbi, Fiesole Scuola Primaria Gualtiero Gualtierotti di Girone, Fiesole Scuola Primaria Luigi Casini di Pian di Mugnone, Fiesole Scuola Primaria Santa Maria a Castagnolo di Lastra a Signa Scuola Primaria Guglielmo Marconi di Scandicci Scuola Primaria Edmondo De Amicis di Sesto Fiorentino Scuola Primaria Vittorino da Feltre di Sesto Fiorentino Scuola Primaria Villa La Fonte di Sesto Fiorentino Scuola Primaria Leonardo da Vinci di Signa Scuola secondario di primo grado Arrigo da Settimello di Calenzano Scuola secondaria di primo grado Compiobbi di Fiesole Scuola secondaria di primo grado Mino da Fiesole di Fiesole Scuola secondaria di primo grado Leonardo da Vinci di Lastra a Signa Scuola secondaria di primo grado Enrico Fermi di Scandicci Scuola secondaria di primo grado Gianni Rodari di Scandicci Scuola secondaria di primo grado Guido Cavalcanti di Sesto Fiorentino Scuola secondaria di primo grado Alessandro Paoli di Signa consulenza scientifica Paolo De Simonis coordinamento redazionale Chiara Mannoni con Silvia Zonnedda, Eleonora Antonelli, Elisabetta Caiani, Andrea Dini, Francesca Lauretano si ringraziano i dirigenti scolastici Alfonso Bajo, Valerio Bandini, Anna Bergamo, Eda Bruni, Laura Chirici, Luciano Cianti, Giovanni Condorelli, Adelina Franci, Arnolfo Gengaroli, Enio Lucherini, Federico Marucelli. e gli insegnanti Daiana Bacci, Maria Grazia Biagiotti, Rosaria Cesiro, Michele Chini, Anna Corti, Anna Rita Giardiello, Raffaella Diciocia, Carmela Liuzzo, Selenia Maoggi, Patrizia Padovani, Emilia Pasquale, Elisabetta Petracchi, Mariangela Punzi, Cristina Vignozzi, Giovanna Moccia, Francesca Panzica, Gianna Pucci, Elisabetta Pieraccini, Rossana Mecatti, Claudia Ciani, Giulia Lucchesi, Roberta Bandinelli, Moira Di Candia, Andreina Floro, Marcella Mannelli, Maria Teresa Martini, Anna Silva Sivieri, Miriam Becocci, Daniela Beltrami, Ardea Benni, Annamaria Cacioli, Concetta Colapietro, Caterina De Fine, Anna Di Nardo, Donatella Di Nardo, Michelina Ferrara, Gloria Gigli, Fulvia Giagnoni, Maria Magnano, Paola Marchionni, Cristina Miniati, Annalisa Nardini, Sonia Savelli, Elena Scubla, Marzia Tronci Giannelli, Lucia Vantaggiato, Sonia Acito, Antonella Astorri, Maddalena Bertoni, Emanuela Bonucci, Claudia Carloni, Laura Cavigli, Paola Coccioli, Silvia Costantini, Francesca Costanzo, Miriam Domini, Manuela D’Angelo, Antonia De Felice, Marisa Di Giovanni, Lucia Fantini, Stefania Ferrini, Gina Giusti, Gianna Guazzini, Daniela Lia, Alessio Martini, Eleonora Mammini, Stefania Milani, Francesca Oggianu, Manuela Sirianni, Daniela Scuffi, Rossella Testi, Ivonne Tucci, Manila Vanchetti. Un particolare ringraziamento a tutti quelli che hanno collaborato a vario titolo con i ragazzi per il concorso
Sommario Prefazione....................................................................................................... 7 CALENZANO Scuola Primaria Concetto Marchesi..........................................................................................9 Don Milani......................................................................................................14 Scuola Secondaria Arrigo da Settimello..................................................................................... 20 FIESOLE Scuola Primaria Ist. Comprensivo Balducci Pazzino De’ Pazzi (loc. Compiobbi)............................................................29 Gualtiero Gualtierotti (loc. Girone).............................................................29 Teodoro Stori (loc. Borgunto).....................................................................29 Luigi Casini (loc. Pian di Mugnone)............................................................29 Scuola Secondaria Ist. Comprensivo Balducci Mino da Fiesole............................................................................................36 Compiobbi ................................................................................................... 42 LASTRA A SIGNA Scuola Primaria Santa Maria a Castagnolo.............................................................................51 Scuola Secondaria Leonardo da Vinci.........................................................................................58
SCANDICCI Scuola Primaria Guglielmo Marconi ......................................................................................65 Scuola Secondaria Enrico Fermi ................................................................................................65 Gianni Rodari................................................................................................ 73 SESTO FIORENTINO Scuola Primaria Edmondo De Amicis......................................................................................81 Vittorino da Feltre........................................................................................ 87 Villa La Fonte................................................................................................94 Scuola Secondaria Guido Cavalcanti..........................................................................................100 SIGNA Scuola Primaria Leonardo da Vinci........................................................................................ 107 Scuola Secondaria Alessandro Paoli...........................................................................................114
L’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, attraverso il progetto Cento Itinerari più Uno, si propone di stimolare il legame tra giovani e territorio. Riappropriarsi del valore delle proprie origini e ritrovare l’attenzione per quelli che possono diventare aspetti di crescita e opportunità di sviluppo, rappresentano l’obiettivo principale del progetto che quest’anno si è svolto nei comuni della piana e colline di Firenze: Calenzano, Campi Bisenzio, Fiesole, Lastra a Signa, Sesto Fiorentino, Scandicci e Signa. Abbiamo chiesto ai ragazzi delle scuole elementari e medie di proporre itinerari da percorrere nel proprio comune. La semplice domanda “Cosa voglio fare io da turista? Cosa c’è di bello da fare nel mio comune?” ha prodotto risultati sorprendenti. Da qui nasce l’idea di rendere tangibile e duraturo il lavoro fatto dai ragazzi pubblicandone gli esiti: nasce con questa premessa la ‘piccola guida turistica’ dei dintorni di Firenze. Descrizioni e immagini, proposte per il tempo libero, approfondimenti sui beni storico artistici e paesaggistici del proprio territorio, divengono non solo i contenuti di un testo utile e piacevole da consultare, ma anche i mezzi per la costruzione di un dialogo con gli adulti attraverso nuove idee e suggerimenti. Ci piacerebbe dunque che la guida diventasse per i ragazzi un’utile fonte di notizie, una divertente lettura e, soprattutto, il piacevole ricordo del lavoro svolto con i compagni di scuola e gli insegnanti. La ‘piccola guida’ rappresenta il segno di un cammino in cui sono gli adulti, questa volta, ad essere condotti per mano dai bambini.
Michele Gremigni Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Prefazione
PICCOLE GUIDE PER GRANDI VIAGGIATORI…
Calenzano
Scuola Primaria Concetto Marchesi Classi 3° A, 4° A Don Milani Classi 5° A, 5° C Scuola Secondaria Arrigo da Settimello Classi 3° A, 3° B, 3° C, 3° D, 3° E
Primaria Concetto Marchesi Classi 3° A, 4° A
ALLA SCOPERTA… DELLA VALMARINA
Il borgo di Legri sorse lungo la strada che da la Chiusa portava nel Mugello correndo lungo la Marinella. Il suo nome deriva da Ligari, una nobile famiglia, che deriva da ilex, leccio, la pianta maggiormente presente nel territorio. La Pieve di San Severo è il monumento più antico; la cripta risale al VI secolo. La pieve, tra il 1200 e il 1300 coordinava sei chiese più piccole. è affrescata e presenta un fonte battesimale. Calenzano
Il castello è caratterizzato da un’alta torre ed è unito al borgo da un ponte di pietra. Da Legri torniamo a La Chiusa, dove i Romani sbarrarono il corso del fiume per costruire l’acquedotto che portava l’acqua a Firenze. Risalendo la Marina, lungo l’antica strada che portava a Bologna, troviamo Carraia. Il nome deriva dalle antiche strade carrarecce scavate nel terreno,era detta “la buia” perché c’erano tanti boschi. Il taglio del bosco della Donicata o Bosco della Fanciulla forniva la dote alla ragazza più povera che si sposava nell’anno. A Carraia troviamo la Pieve di Santa Maria, che
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ha origine prima del mille e la nostra scuola che raccoglie i bambini di tutta la Valmarina. Se vuoi fare sport, puoi trovare il maneggio e il campo sportivo. Proseguendo verso nord, troviamo Le Croci, incrocio di vie. Anticamente qui sorgeva il castello di Combiate, che controllava il passo e che fu distrutto dai Fiorentini, stufi di pagare il pedaggio, nel 1202.
lungo un sentiero nei pressi di Carraia, ho visto alcune piantine strane: rovi ricoperti di piccole spine con intorno ramoscelli e in mezzo fiori che sembravano i fili di una ragnatela. Da quel giorno le ho chiamate piante spettrali.
AVVENTURE NELLA NATURA Piante spettrali Un pomeriggio d’autunno, passeggiando
Un incontro speciale Io vivo a Legri, un paesino circondato da boschi e colline. Un giorno, tornando a casa con il babbo, ho visto tre caprioli che brucavano l’erba nel prato vicino a La Chiusa; più in su c’erano dei cinghiali in fila dal più grande al più piccolo: sembravano una famigliola felice! Una sera ho visto un cervo: le sue corna splendevano, erano altissime e bellissime, sembrava il re dei cervi. 10
Calenzano
Alla fattoria di Collina Ho fatto una passeggiata nel bosco con un mio amico e il babbo. Siamo partiti dalla Fattoria di Collina seguendo un sentiero circolare intorno al bosco. Un bellissimo viale alberato ci ha
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condotto fino alla trattoria della Fattoria. Seguendo il percorso, abbiamo trovato un torrione con intorno delle piante giganti. Da qui abbiamo attraversato un varco tra due montagne e sul sentiero abbiamo camminato sul quarzo invece che sulla ghiaia. Abbiamo raccolto le pietre di quarzo e ci siamo accorti che c’erano anche delle conchiglie: questo significa che, tanto tempo fa, lì c’era il mare. Dalla parte opposta del torrione c’era un giardinetto con antiche rovine medievali. Nel corso dell’avventura abbiamo fotografato un tabernacolo dedicato alla Madonna. Per dare un po’ di “sale” a questa avventura, ci siamo inventati una storia che parla di tre cavalieri francesi che si erano fermati da queste
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parti al ritorno dalle Crociate: qui avevano costruito la Fattoria di Collina e, siccome producevano tanto olio, costruirono il tabernacolo per ringraziare la Madonna. IL NONNO RACCONTA I giochi I’ cibbè - Si giocava con due legnetti, uno appoggiato a un muretto o un tavolo e l’altro serviva a farlo schizzare via lontano. La giuria segnava con il carbone le varie distanze e vinceva chi lo mandava più lontano. La muriella - Con un sasso piatto e liscio si cercava di colpire dei mucchietti formati da tanti sassolini. Nei lanci, chi abbatteva più mucchietti, aveva vinto. 10 lire - Un gioco che appassionava i maschietti consisteva nell’avvicinare, nel più breve tempo, una monetina da 10 lire ad una parete. Fuori verde - Le ragazzine, durante l’Avvento, giocavano a “fuori verde”; si mettevano in tasca un rametto di bossolo e, quando si incontravano, dicevano «Fuori verde!» chi ne era sprovvisto, doveva fare una penitenza. I mestieri Lo sapete chi erano le trecciaiole? Le donne che intrecciavano la paglia sedute su una tovaglia. E gli stradini? Eran cittadini che sistemavano 12
nelle strade i sassolini. E i battisassi? Spezzavan i sassi presi in Marina per rendere Carraia ancor più carina! I proverbi Pane e coltello non riempie il budello. Quando scema la luna, non seminar cosa alcuna. Pane di sudore ha gran sapore. Chi semina vento, raccoglie tempesta. Quando si ha fame, il pane sa di carne. Pane e guai non mancan mai. Parole resistenti. I modi di dire Panzanella: pane sbriciolato, bagnato, condito con olio, aceto, cipolla, basilico e pomodoro. LEGGENDE Una leggenda si ricollega al saccheggio subito da Calenzano nel XIV secolo per opera di Castruccio Castracani e dei Visconti, allora signori di Bologna. In quell’anno in tutta la Valmarina c’era una terribile epidemia di peste. Dopo tanti scongiuri e preghiere si ricorse all’immagine del Santissimo Crocifisso delle Grazie che da Empoli fu portato in processione nella Valmarina per far cessare il terribile morbo. Quando la processione giunse sul colle di Calenzano, il Crocifisso fu appoggiato casualmente ad un vecchio tronco di mandorlo secco. Improvvisamente la pianta si rivestì di fiori e foglie e così il popolo vide nel prodigio la grazia ricevuta.
Calenzano
Bruciate: castagne arrostite. Castagnaccio: torta di farina di castagne. Mezzo: bagnato fradicio. Uscio: porta. Uggioso: noioso. Cenci: dolci fritti tipici del carnevale. Garbare: piacere. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Il territorio di Calenzano è molto ricco di ristoranti: Oreste Campagna a Legri; Il Ristoro al Lago di Legri; Gli Alberi a Carraia; Da Germano in località Pontenuovo; Carmagnini del ’500 in località Pontenuovo; Campagna alle Croci di Calenzano; Da Gianni alle Croci di Calenzano; Monari alle Croci di Calenzano; L’Antica Sosta a Cambiate sempre alle Croci. C’è veramente da mangiare a crepapelle! Vi piacciono i dolci? Ecco una ricetta: Schiacciata con l’uva Con la pasta che ci si faceva il pane, ci si aggiungeva un pochino di ramerino e olio e tanta uva nera e zucchero. Si cuo-
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ceva nel forno a legna e… che bontà! Un altro dolce? Ecco la Mantovana Con dodici uova, dodici cucchiaiate di acqua, mezzo chilo di zucchero, mischia tutto e mettila nel forno; dopo un po’ di tempo ti leccherai i baffi! Che dire poi dei primi piatti: tagliatelle, lasagne, tortellini, tortelli di patate. Qui da noi, che abbiamo l’olio buono, verso novembre si gusta la Fettunta: una bella fetta di pane abbrustolita, passaci sopra una leggera strusciatina di aglio, versaci sopra abbondante OLIO NUOVO e… leccati le dita, semplicissima ma buonissima. Se non siete schizzinosi vi consiglio le Chioccioline alla calenzanese: raccogliete tante marinelle, che sono piccole, bianche e si trovano sulla Calvana. Far purgare le chiocciole per 3 giorni in erbe aromatiche: salvia, rosmarino, alloro, nipitella; poi per 2 giorni metterle su un letto di crusca o farina; poi lavarle bene con acqua, aceto e sale; le nostre chioccioline dovrebbero buttare fuori tutta la schiuma e la sporcizia e uscire dal guscio. Sbollentarle qualche minuto in acqua e aceto, scolarle, poi buttarle in una salsa fatta con olio, aglio, ginepro, polpa di pomodoro e pepe. Far cuocere per 2 ore circa aggiungendo, se necessario, un po’ di acqua.
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Primaria Don Milani Classi 5° A, 5° C
ALLA SCOPERTA DI… CALENZANO ‘CITTÁ’ DELL’OLIO’ Calenzano offre diverse attrattive di interesse culturale. Sul suo territorio sono presenti ville molto belle, nonché castelli e chiese di interesse storico-artistico. La principale attrazione è “Calenzano Alto”, il borgo medievale con il castello, ancora oggi racchiuso dalle sue mura. CASTELLO ANCORA LUSSUOSO E NUMEROSE ZONE NON OMBROSE CALENZANO ALTANA SOLDATINO TABERNACOLI E LE LUMINOSE ORIGINI
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La torre Porta con sé una storia che racconta la sua gloria; è una torre difensiva con tante mura, ma attiva. Serviva per difesa e avvistava una lunga distesa; per comunicare dava segnali con fumo e fuoco nei tanti natali. Costruita in pietra alberese dalla Calvana fino al nostro paese. C’è un museo da visitare reperti, anfore e piatti da osservare Le case-torri da famiglie abitate da Firenze furon mandate. L’altana con i suoi finestroni ha una vista da leoni.
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punto di riferimento per gli appassionati di modellismo e soldatini.
Ora c’è una gran sala per cerimonie di gala. Una fornace di ceramica nascerà dove ogni gnomo lavorerà. Un osservatorio astronomico sorgerà che fama e ricchezza porterà d’importanza salirà fino a quanto potrà, ma alla fine ci sarà ciò che il sindaco vorrà.
Le pievi hanno sostituito nell’alto Medio Evo le antiche “villae” romane. Le più importanti sono: Santa Maria a Carraia, San Donato e San Niccolò. La Pieve di Santa Maria a Carraia è stata fondata prima del Mille nei pressi della Chiusa, in una zona ricca di ricordi romani.
Il castello è anche sede del “Museo del Figurino Storico” unico in Europa e La chiesa di San Niccolò, situata nel borgo del Castello di Calenzano Alto, esisteva già in età romanica, come attesta l’arco del portale. All’interno si possono ammirare gli affreschi di Jacopo e Nardo Di Cione, tra i quali il martirio di san Sebastiano, la natività, l’annunciazione. La pieve di San Donato sorge su una piccola altura lungo il percorso di una via romana. All’interno è conservato un interessante e originale fonte rotondo in pietra della seconda metà del cinquecento. A destra della chiesa una porta conduce ad un piccolo chiostro quattrocenCalenzano
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del territorio, ha un’imponente torre campanaria, al suo interno tre navate che si concludono con tre absidi e una cripta. Le ville - fattoria Numerose nel nostro comune sono le ville-fattoria che sorgono su alture e collinette in posizione aperta e panoramica, circondate da ulivi e da vigne che testimoniano la vocazione agricola del territorio. Fra queste Sommaia - Travalle - Collina Macia - San Donato - Volmiano. In particolare Sommaia è rinomata per la filiera dell’olio.
tesco, con colonne e capitelli ionici, archi ribassati ed un grazioso pozzo. Fu in questa chiesa che don Lorenzo Milani organizzò la sua scuola ed operò al servizio degli ultimi. Nella valle del torrente Marinella, sull’antica strada che univa Calenzano al Mugello, si trova il piccolo borgo di Legri che racchiude due gioielli dell’architettura medievale: il castello e la Pieve di San Severo. La Pieve, che è la più antica
AVVENTURE NELLA NATURA …per fare percorsi naturalistici La Calvana è un’area naturale protetta i cui boschi sono ricchi di carpino, 16
Calenzano
è riconoscibile perché ai suoi piedi vi sono delle radici respiratorie. Supera i 50 m di altezza ed è longevo: supera infatti i 1000 anni. …per divertirsi Calenzano è collinare e tu puoi camminare. cerro e roverella. I cespugli di prugnoli e biancospini ospitano rare specie di uccelli. Sulle cime brulle della montagna, lungo i prati sommitali, si possono individuare le caratteristiche doline che convogliano l’acqua verso le cavità sotterranee. Il sottosuolo, infatti, è interessato da estesi fenomeni carsici con la presenza di numerose grotte. Per la conoscenza del paesaggio è possibile fare passeggiate a dorso degli asini. Tra le zone di pianura di particolare interesse ambientale troviamo il Parco del Neto, dove sono presenti numerose specie arboree. La presenza vegetale più spettacolare e caratteristica è senza dubbio il taxodium noto come cipresso delle paludi. D’inverno oltre a perdere le foglie, perde anche i rametti, inoltre
C’è una piazza comunale ed è tutta floreale, con negozi attorno dove un bel contorno nei bar potrai gustare. Ci sono piazze molto belle dove puoi ballare tarantelle. Alla Concordia ti puoi allenare se a tennis vuoi giocare. Campi da calcio noi abbiamo dove correre possiamo. Giocosi giardini per divertirsi ma anche per stordirsi degli schiamazzi dei bambini. Sai andare in bicicletta veloce come una saetta??? Ciclabili piste percorriamo dove il paesaggio ammiriamo. Se ti piace cavalcare a Travalle devi andare sui cavalli monteremo e insieme galopperemo. Un tuffo vuoi fare???
Calenzano
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Dal trampolino ti devi buttare. Vuoi raggiungere il castello??? Prendi un bel cestello lungo le stradine more e lamponi potrai cercare e una bella marmellata potrai mettere a macerare. DOVE ANDIAMO A DIVERTIRCI? …In inverno al Mercatino di Natale con bancarelle nella piazza del Comune, al Concerto di Capodanno presso il teatro Manzoni e al Carnevale Medievale; l’ultima domenica di Carnevale lungo le stradine del castello di Calenzano, cortei di figuranti in costume (tamburini, sbandieratori, dame, streghe…) e maschere impazzano con balli, giochi e spettacoli…. …in primavera alla Festa di Primavera nella frazione del Nome di Gesù con bancarelle e spettacoli di animazione . …in estate ai venerdì del Centro con mercatini straordinari lungo le vie principali del Centro e l’apertura serale di negozi. Fiera dei Cavalli in località Carraia nel primo fine settimana di settembre con fiera del bestiame e gare. …in autunno alla mostra mercato dell’olio extravergine d’oliva chiamata
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L’Olio con degustazione dei prodotti delle fattorie presenti sul territorio e visite guidate ai frantoi, alle ville, convegni e dibattiti. Vendita di cosmetici biologici a base di olio dalle proprietà emollienti e rassodanti. …tutto l’anno ai mercati rionali il Mercoledì al Mercato centrale di Calenzano in Via Don Minzoni, il Lunedì Carraia in Via Bellini Donnini in Piazza della Resistenza il Sabato Settimello in Via Cioni il Venerdì
PANCIA MIA FATTI CAPANNA Tre ricette per mangiare le chiocciolone Ingredienti per 4 persone 80 chiocciolone 500 gr. di pomodoro passato 3 spicchi di aglio 2 bacche di ginepro olio, sale, pepe Preparazione: pulire le chiocciole e prepararle per la cottura. Metterle in un tegame di terracotta con olio, aglio schiacciato e ginepro. Fare imbiondire, unire la polpa di pomodoro, salare e impepare, unire un po’ d’acqua o brodo e cuocerlo a calore moderato Calenzano
sale, pepe. Preparazione: pulire le chiocciole e prepararle per la cottura. Disporle su una gratella e cuocerle a fuoco moderato su carbonella di legna dopo averle pepate e salate. Le frittelle con la nepitella ingredienti: latte, uova, nepitella (erba odorosa)
per mezz’ora circa. Tuffare nella salsa le chiocciole sgusciate e farle cuocere per 2 ore circa. Ingredienti per 4 persone: 160 chioccioline (marinelle) 500 gr. di pomodoro passato 3 spicchi di aglio 1 cipolla prezzemolo e peperoncino olio, sale, pepe Preparazione: in un tegame fate rosolare in olio un trito di aglio, cipolla, peperoncino e prezzemolo. Quando la cipolla è appassita, unire le chiocciole ben purgate e coprirle a filo di acqua calda. Fare rigirare a fuoco lento e a tegame scoperto, infine unire al pomodoro. Salare e cuocere lentamente per 2 ora circa; se necessario aggiungere un po’ d’acqua.
preparazione: mescola tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto piuttosto liquido. Fai riposare per 15 minuti. Metti l’olio a friggere poi versa tante cucchiaiate di composto lasciando 4 - 5 centimetri di spazio tra una frittella e l’ altra. Riscalda ogni frittella fino ad ottenere un colore dorato. Se vedi dei pezzettini di colore verde è la nepitella. Dopo aver fritto le frittelle, posale su carta da cucina in modo da far assorbire l’olio. E poi servi in tavola ben calde!! Cenci fini 500 g di farina 40 g di burro 1 uovo più un tuorlo 1 bicchiere di vino bianco Preparazione: Impastare tutto insieme, tagliare fine, fare le strisce e poi friggerle.
Ingredienti per 4 persone: 80 chiocciolone Calenzano
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Secondaria Arrigo da Settimello Classi 3° A, 3° B, 3° C, 3° D, 3° E
ALLA CONQUISTA DELLA… CALENZANO STORICO ARTISTICA Il territorio di Calenzano, confina con i comuni di Sesto, Campi, Prato e Barberino. Il nostro percorso parte da Settimello e attraversa tutte le altre frazioni, fino ad arrivare alle Croci. S. Lucia è la chiesa di Settimello: qui una lapide ricorda Arrigo da Settimello, scrittore, dal quale prende il nome la nostra scuola. Nei pressi si trovava un cippo che indicava il VII miglio da Firenze ora conservato a Villa Corsini. Ai piedi di Monte Morello si incontrano la Torre di Baroncoli, appartenuta ai Ginori, e Sommaia con la chiesa di S. Ruffignano, dove sono conservate le reliquie del vescovo omonimo. In via V . E m anuele troviamo il M u seo del Design Industriale, il primo museo del design italiano. Davanti all’ingresso autostradale si incontra la
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Ruota di Dani Karavan; si prosegue per Prato e si gira a destra verso Travalle. Lungo la Marinella si trova il mulino, poi la Villa di Travalle, costruita per la famiglia Strozzi, raro esempio di azienda agricola seicentesca. La chiesa di S. Maria a Travalle ha origini antiche, ma è stata completamente ricostruita alla fine del ‘700. Attraversata la Marina si rientra a Calenzano. Il Teatro Manzoni si trova davanti a scuola. Fu costruito nel 1894 e fu il primo edificio del paese ad avere la luce elettrica. Accanto
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c’è Villa Peragallo, fatta costruire nel XIX secolo dai Frittelli. Salendo dal Molino, attraverso la Portaccia si entra nel Castello di Calenzano, fondato nel 1134 dai Conti Guidi. Qui troviamo la pieve di S. Niccolò (XII sec.) arricchita da decorazioni barocche, e l’Oratorio della Compagnia del SS. Sacramento. Sotto la Porta al Serraglio si trova il Museo del Figurino storico, nato nel 1981, oggi dotato di una sezione didattica. Sulla collina di fronte sorge la Pieve di S. Donato, fondata nel IX sec. Nel 1460 fu acquisita dai Medici che costruirono il chiostro e la villa; qui fu pievano Giovanni de’ Medici, poi papa Leone X, e nel 1950 fu cappellano Don Milani. Proseguendo verso Barberino si svolta per Legri. La Pieve di S. Severo, romanica, è nota fin dal 983; l’ingresso si trova dalla parte opposta della strada, dove passava l’antica via per il Mugello dominata dal Castello di Legri (XII sec.). Tornando a Carraia, si nota in posizione panoramica la Villa Ginori di Collina, oggi fattoria. La Pieve di S. Maria a Carraia, fondata nel X sec., fu restaurata nel 1949 e ne fu capovolto l’orientamento. Sul versante della Calvana si trova la
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Pieve di S. Pietro a Casaglia anch’essa del X sec, restaurata alla metà del XV. Il percorso termina alle Croci di Calenzano (448 m.): la frazione segna il confine con Barberino. AVVENTURE NELLA NATURA Travalle: Tempi di percorrenza: h. 2,30 Dalla scuola elementare Don Milani si svolta a destra e si attraversa il ponte sul Torrente Marina; imboccare la strada che costeggia il fiume per la fattoria di Travalle, proseguendo per i campi. Giunti a Travalle, alla grande villa-fattoria, un vasto complesso costeggia-
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to da giardini e da un fitto bosco, si snodano numerosi sentieri, delimitati da muri a secco. Dalla fattoria si può osservare lo splendido scorcio del Mulino sulla riva di un piccolo corso d’acqua. Sulle colline circostanti si possono vedere boschi di querce, cipressi e macchia mediterranea: di qui si può salire anche in Calvana. Lungo la strada principale, su un esteso prato, sorge un’immensa quercia. Sulla piana color smeraldo, all’ombra degli alberi, potrai gustare il panorama che ti circonda. Percorrendo la provinciale che porta alle Croci di Calenzano, in località La Chiusa si svolta a destra e in pochi km si giunge al Lago di Legri, dove si pratica la pesca sportiva. Proseguendo per l’omonima Via di Legri, vicino al ristorante, potrete visitare la piccola chiesa del borgo, S. Severo, dalla struttura medievale: all’interno si possono ammirare, quando il sole è alto, i giochi di luce che si propagano dal mosaico del rosone. Percorrendo la Via di Legri, superato alla vostra destra un piccolo giardinetto, potrete osservare dal ponte sopra la Marinella di Legri, una salita che porta ad un panorama bellissimo. Dopo la stradina sterrata, si giunge al Castello, di epoca altomedioevale. La leggenda narra che il Castello sia infestato dal fantasma dell’ultimo principe orfano: tormentato dal senso di solitudine, chiama incessantemente i genitori persi oramai da tempo. Vi consigliamo di salire quindi per Volmiano, da dove si ammirano meravigliosi scorci, tra cui 22
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ponti che varcano il torrente. Giunti in fondo a via delle Cantine, dalla fattoria di Sommaia, si giunge al primo ponte, ricostruito sulle macerie della II guerra mondiale. Seguendo la strada che sale verso Baroncoli, incontreremo gli altri due ponti, affiancati da antichi mulini. Sommaia è caratterizzata da una fitta boscaglia dove si possono trovare piante autoctone come querce, noccioli, carpini, e ulivi.
la piccola vallata di Legri, barricata dai versanti di Monte Morello e della Calvana. Alla fine della strada sterrata, si ergerà davanti a voi La Fattoria di Volmiano, appartenente al comprensorio. Curiosità: a Legri si festeggia “Legri a Cavallo”, una rassegna equestre in cui si può assistere a concorsi ippici e a gare a cavallo. Sommaia e le sue bellezze naturali Attraversata dal torrente Chiosina, Sommaia si caratterizza per la presenza di mulini, frantoi e per i tre
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DOVE ANDIAMO A DIVERTIRCI? I giardini del Despar sono uno dei luoghi di ritrovo per i più piccoli dove sono presenti molte attrattive di svago. D’estate vi viene allestito il Luna Park dove si registrano molte presenze giovanili. Il circolo “La Concordia” è un luogo di ritrovo per persone di tutte le età. Il centro è particolarmente frequentato durante la stagione esti-
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va perché sono presenti due campi da tennis, un campo da calcio e d’estate, con i campi estivi, viene aperta una piscina. In una sala, accanto al bar, i fans viola seguono le partite della loro squadra.
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I giardini al Nome di Gesù, meglio conosciuti come “il Tubo” sono il luogo più frequentato dagli adolescenti calenzanesi. Si trovano sulle rive della Marina, il torrente di Calenzano, e oltre ai campi da calcio, pallavolo e tennis ci sono anche attrezzature per lo svago di grandi e piccoli. Travalle è una località attraversata anch’essa dalla Marina e dalla Marinella. Vi si vanno a fare passeggiate e giri in bici. È anche una riserva naturale dove si stanno svolgendo scavi archeologici e per il momento si sono trovati reperti che risalgono alla Seconda Guerra Mondiale. Il Parco del Neto è un grande ambiente naturale situato al confine con Sesto Fiorentino. Vi si possono trovare numerosissime piante e alberi
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rari; ci sono varie specie di animali. Soprattutto in estate, si tengono manifestazioni sportive e didattiche. Il Centro Giovani è un luogo di aggregazione per ragazzi qui si cerca di dare loro varie opportunità culturali e di divertimento. Nella struttura sono presenti numerose sale: Internet Point, Informagiovani, Sala di Lettura, Laboratorio Video e Informatica, Laboratorio Artistico, Sale Prove e Registrazione, Auditorium e Bar. L’AC Calenzano, l’Atletica, e la Piscina Comunale, sono una meta importante per gli sportivi. Si ricorda inoltre la presenza di un bar-ristorante per cene e compleanni. Il giardino di Carraia è anche detto “Giardino al Sole”, visto che non ci sono alberi ad alto fusto. Vi si trova una grande pista dove spesso i bambini pattinano o fanno acrobazie con le bici. D’inverno è poco frequentato, ma d’estate è un punto di ritrovo per i giovani di Carraia. Il parco di cui trattiamo adesso è stato soprannominato “Campone”, dagli abitanti del posto, perché è molto esteso. Questi giardini sono molto frequentati soprattutto perché si trovano vicini alla scuola materna e al nido comunale nella zona
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del Donnini. I giardini di Legri si trovano sulla strada principale che porta al belvedere in collina e sono situati sulle rive della Marina. Sul lato opposto, attraversando una stretta passerella, troviamo il Parco della Rimembranza, dedicato ai caduti della Prima Guerra Mondiale. IL NONNO RACCONTA L’aspetto del paese è molto cambiato. Un tempo Calenzano era dominato da prati, campi coltivati, zone acquitrinose, le case non erano tante, le strade erano sterrate. Si coltivavano grano, viti, olivi. I mestieri erano agricoltore, pastore, mugnaio, fabbro, maniscalco. I bambini, con gli steli del grano, facevano trecce che, vendute alle cappellaie, servivano per farne cappelli di paglia. Quando era il tempo della mietitura, i contadini invitavano altre famiglie per farsi aiutare nella raccolta del grano, alla fine si facevano grandi banchetti: si mangiava minestra in brodo, pollo lesso e dolci fatti in casa. L’acqua nelle case non c’era: la mattina presto le donne si alzavano e andavano a prenderla alle fontane con
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i secchi; per lavorare i panni si ritrovavano ai lavatoi. Il fulcro del paese era costituito dal gruppo dei negozi, alcuni sono ancora in attività: “Finocchi” che inizialmente vendeva sigari, sigarette e sale e poi passò ai capi d’abbigliamento; il civaiolo Lumini; la farmacia che incaricava i bambini di andare a caccia di cicale che, seccate, venivano ridotte in polvere e usate come diuretico. Oggi sono “famosi” anche il ferramenta “Da Nardino” gestito da due anziani fratelli e l’officina “Dal Giusti” il cui proprietario è un personaggio e da una vita ripara auto, moto e scooter. Le feste tradizionali erano religiose, tra le più sentite quella di S. Dionisia: venivano addobbate le fonti con luci e ghirlande, c’era una processione per le vie di Calenzano che arrivava alla chiesa di S. Donato dove si celebrava una messa in onore della Santa. Altre feste erano legate alle attività agricole come la Festa dell’Uva. C’era una sfilata di carri, riccamente decorati, sopra i quali stavano le ragazze più belle del paese mentre i bambini, vestiti da contadini e contadinelle, sfilavano con panieri pieni di grappoli d’uva che lanciavano alla gente e alla fine il carro migliore veniva premiato. Nelle piazze c’erano grandi tini dove i grappoli venivano pigiati con i piedi. Sul colle di S. Donato si svolgeva una festa particolare: una volta all’anno il signor Carmine, nobile svizzero, apriva la sua villa agli abitanti di Calenzano, offrendo un rin26
fresco e spettacoli di intrattenimento per i quali faceva venire addirittura della ballerine di cancan, scatenata danza di origine francese. Memorie: nonna Anna F., nonni Alvaro e Iva, sig.na Anna S., nonna Maria B., nonni Pierluigi e Lucia, sig.na Bruna P., nonno Luciano, nonni Giovanni e Graziella. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Il settore alimentare di un paese costituisce un’importante fonte d’informazione; esso infatti ti permette di capire gli aspetti sociali di un paese perché è legato all’agricoltura, al lavoro e alle tradizioni. È per questo che abbiamo deciso di presentarvi la cucina tradizionale del territorio di Calenzano; è una cucina povera che nasce dal cibo che è presente nelle famiglie e dalla disponibilità dei prodotti locali. Gli ingredienti sono semplici e abbondanti: i principali sono il pane da cui si possono ricavare alcuni piatti tipici e zuppe, le verdure, che venivano utilizzate in tutti i piatti, e i legumi. C’era una scarsa presenza di dolci perché lo zucchero costava troppo: i più diffusi
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erano il Castagnaccio, la Schiacciata alla Fiorentina, il Pan di Ramerino, i Cenci e le frittelle di riso. La cucina varia a seconda delle stagioni in base ai prodotti disponibili. I tipi di carne che si potevano trovare frequentemente erano: carne di coniglio, frattaglie, fegatini e cacciagione. I piatti che trovavamo nelle case dei contadini sono generalmente la panzanella o la ribollita e il peposo. I ristoranti di Calenzano dove possiamo mangiare piatti tradizionali sono localizzati nella parte alta e collinare del territorio che va da Calenzano fino al Mugello: alcuni sono in locali storici. A Carraia troviamo un ristorante, “Gli Alberi”, dove già nel 1570 era presente un’osteria. A La Chiusa dove attualmente si trova il ristorante “I’ Cantuccio”, in passato c’era una fabbrica di paglia. Quelli con una cucina più moderna sono quelli che si trovano da via Vittorio Emanuele fino a Campi. Per concludere, vogliamo riprendere
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l’uso della poesia per descrivere i piatti come anticamente facevano i poeti fiorentini tra cui Luigi Pulci. In cucina, era utile perchè, anticamente non esisteva l’orologio e per sapere la durata della cottura la gente utilizzava filastrocche e poesie e quando esse finivano si sapeva che la cottura era ultimata. Era anche un modo per divertirsi ed era più facile da ricordare. Se bene vuoi mangiare, a Calenzano devi andare, mille posti di qualità per mangiare a volontà. Se un pasto vorrai fare, non ti devi preoccupare; Troverai tutte cose speciali per soddisfare le tue esigenze personali. Se vuoi farti una deliziosa merenda vai “A Tutta Pizza” lì troverai pizza squisita e qui non è finita! Se è caldo e ti vuoi rinfrescare al Brivido devi andare troverai gelati artigianali dai gusti eccezionali.
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Scuola Primaria Ist. Comprensivo Balducci Pazzino De’ Pazzi (loc. Compiobbi) Classi 3°, 4° A Gualtiero Gualtierotti (loc. Girone) Classi 1°, 2°, 3°, 4°, 5° Teodoro Stori (loc. Borgunto) Classe 5° Luigi Casini (loc. Pian di mugnone) Classe 3° B Scuola Secondaria Ist. Comprensivo Balducci Mino da Fiesole classe 3° A, B e 2° B Compiobbi Classi 1° F, 1° G, 3° G
Primaria Pazzino De’ Pazzi Classi 3°, 4° A Gualtiero Gualtierotti Classi 1°, 2°, 3°, 4°, 5° Teodoro Stori Classe 5° Luigi Casini Classe 3° B ALLA CONQUISTA DI FIESOLE
Il comune di Fiesole conta 15.000 abitanti, distribuiti per circa un terzo nell’antica cittadina, un altro terzo nella Valle del Mugnone e i restanti nelle frazioni, nuclei abitati e case sparse della Valle dell’Arno. Fiesole, città etrusca. (Gli Etruschi hanno lasciato il segno!) Gli Etruschi fondarono Fiesole in collina ma il terreno era irregolare, quindi gli ingegneri dovettero pensare ad un modo per collegare i diversi livelli del terreno. Fiesole era privilegiata perché era situata in alto e, da un lato, dominava la valle del torrente Mugnone e, dall’altro, la valle del fiume Arno. Perciò, grazie alla sua posizione, era Fiesole
possibile avvistare l’arrivo dei nemici. Seguendo i resti delle mura etrusche, partendo da via Adriano Mari, arriviamo in via Sant’Apollinare. Attraversando la via, troviamo l’attuale scuola materna di Fiesole dove, un tempo, durante gli scavi, hanno ritrovato resti di oggetti di ceramica. Da queste osservazioni possiamo dedurre che la nostra città è situata su resti etruschi. Questi, essendo un popolo di bravi architetti, per rendere le strade meno ripide, le costruirono con le curve, così anche i cavalli con i carri potevano percorrerle con più facilità. Arriviamo così alla piazza Mino, centro politico e commerciale, dove un tempo sorgeva il foro. Essa è stata costruita tenendo conto dei quattro punti cardinali. La Cattedrale in piazza Mino, è costruita su fondamenta di una basilica romana. Proseguendo per la strada di S. Francesco, costruita sui resti di una strada etrusca, si arriva alla terrazza panoramica da cui si domina tutta la valle dell’Arno da dove possiamo avere una bellissima vista di Firenze. Nel punto più alto della collina, cioè nella “rocca” o “arce”, è situato il convento di
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San Francesco, costruito nel 1360 d.C. Vi invitiamo dunque a condividere con noi ciò che gli Etruschi hanno lasciato a Fiesole! Vi aspettiamo! GIRONE - A Spasso per il paese Piazza Sandro Pertini si trova al centro del paese: c’è l’edicola, il capolinea dell’autobus n. 14 che porta a Firenze e, il venerdì, c’è anche il mercato con le bancarelle. Vicino alla piazza c’è un giardino pubblico con i giochi per i bambini piccoli; qui, noi bambini della scuola Primaria, veniamo a raccogliere le olive per fare l’olio e venderlo per Telethon. Passeggiando tra le vie, verso il fiume, entriamo nella parte nuova del paese, infatti ci sono tante case e villette intervallate da piccoli prati, lì
dove fino a cinquant’anni fa c’erano tanti campi e orti. La vecchia chiesa di San Jacopo, si trova oltre la ferrovia che scorre parallela alla via Aretina. La chiesetta risale al 1400, di fronte ci sono abitazioni private, una volta antico monastero di suore. Proseguendo per la strada in salita, per la via di Montegirone, arriviamo alla nostra scuola elementare “Gualtiero Gualtierotti”, una volta edificio più piccolo, perché la classe prima si frequentava in un locale dove oggi c’è la farmacia. Sulla via Aretina, quasi alla fine del paese, c’è il cimitero militare inglese dove si trovano 1637 soldati morti nel 1944 durante i combattimenti vicino a Firenze. AVVENTURE NELLA NATURA Fiesole tra Storia e Ambiente: all’area archeologica di Fiesole per osservare un ambiente autunnale molto particolare. La visita che vi consigliamo di fare, vi consentirà di vedere un teatro romano costruito in età imperiale perfettamente conservato, le terme con grandi
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vasche ed ambienti un tempo coperti (come il frigidario, il tepidario e il calidario) e i resti di un tempio costruito sopra quello etrusco. Insieme alle nostre maestre e a Vittorio, la guida, siamo venuti qua per cercare di capire come queste meraviglie siano riuscite a conservarsi fino ad ora. Vittorio, dopo una breve descrizione dell’area archeologica ci ha fatto notare che tutto ciò che ora vediamo è stato ricoperto, con il passare del tempo, da terra e vegetazione che tuttavia non ne hanno scalfito la bellezza. Giunti nella zona del teatro più fredda e più umida, perché esposta a nord, abbiamo potuto vedere da vicino i muschi e i licheni che sono state le prime forme di vita a popolare il suolo terrestre. Quasi nascosti in mezzo ai muschi c’erano dei funghi che con le loro invisibili spore riescono a riprodursi spargendosi sul terreno. Camminando ancora un po’ ci siamo imbattuti in una siepe d’alloro Fiesole
dalla quale abbiamo staccato delle foglie per annusare la loro fragranza e lì, attorcigliata ai rametti, c’era la rubia pellegrina che con i suoi peli viscosi si appiccica a tutto ciò che la sfiora. Proseguendo la nostra escursione, siamo giunti vicino ai resti delle antiche terme e siamo rimasti affascinati oltre che dalla tecnologia utilizzata per costruire questo luogo di divertimento, anche dal bellissimo albero di bago-
laro ormai quasi nudo delle sue foglie d’oro. Come l’ulivo e il cipresso, anche il bagolaro è un albero proveniente dall’Asia minore che si è ben adattato al clima e all’ambiente del nostro paese. Su un bel prato, tra una piscina e l’altra, abbiamo visto delle piante con foglie a raggiera, il verbasco, che è una pianta ruderale che, anche se calpestata riesce comunque a sopravvivere. Per finire abbiamo camminato su un manto di foglie di acero secche, che ci hanno regalato il suono del loro fruscio che noi abbiamo conservato come ricordo di questo posto.
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dell’Anchetta” perché una barca traghettava i passeggeri da una sponda all’altra dell’Arno. Il ponte sospeso, costruito da un privato fu completamente distrutto dall’alluvione del 1966. Il Centro Sportivo Anchetta, costruito intorno agli anni ’80, è luogo di attività sportive come il tennis, calcetto oltre che di ginnastica per persone di tutte Grazie a tutte le persone che ci hanno permesso di trascorrere questa giornata in questo bellissimo luogo dalle grandi pietre piene di storia da raccontare! DOVE ANDIAMO A GIOCARE? La valle dell’Arno. Il fiume Arno, che nasce dal Monte Falterona, scorre vicino a Girone, Anchetta, Quintole, Compiobbi, Ellera e Le Falle, i paesi che fanno parte del comune di Fiesole e si trovano sulla via Aretina. In estate l’Arno è lì, con i pescatori che cercano di prendere qualche pesce e le persone che fanno belle passeggiate. Noi bambini possiamo andare a giocare vicino alle sue sponde, cercando conchiglie di fiume e altri tesori. Anchetta- Il piccolo borgo si trova sulla via Aretina, tra Girone e Quintale; un tempo veniva chiamata “la nave
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le età. I ragazzi della scuola media di Compiobbi, grazie al Comune di Fiesole, utilizzano il Centro per le attività di Educazione Fisica; nel mese di Giugno, i bambini delle scuole elementari di Girone e Compiobbi, si trovano lì per una giornata di giochi e sport di fine scuola, la tradizionale festa chiamata “gioco-sport”. Intorno al Centro ci sono bei giardini per passeggiare o Fiesole
correre, ammirando le acque dell’Arno che sono piacevolmente visitate dai cormorani e germani reali; con un po’ di pazienza si possono fotografare le anatrelle in fila indiana vicino alla riva, qualche nutria che si gratta al sole e un airone cenerino o una garzetta che, di profilo, eleganti, osservano il fiume d’argento. IL NONNO RACCONTA Girone è una frazione del comune di Fiesole situato sulla riva destra del fiume Arno e si trova a circa 61 metri sul livello del mare. Il paese si estende da Sant’Andrea a Rovezzano fino all’Anchetta e deve il suo nome alla grande ansa che il fiume fa proprio qui. Le attività svolte dagli abitanti, un tempo erano quelle dell’agricoltura e quella
dei renaioli; questi ultimi prendevano la rena dal letto del fiume che, unita al cemento, veniva utilizzata per la costruzione delle case. Solo all’Anchetta c’era un ponte sospeso, che però è stato distrutto dall’ alluvione del 1966. Il Girone è famoso per le gualchiere. Esse venivano utilizzate per rendere compatta la lana. Nelle gualchiere, i tessuti venivano imbevuti di sostanze speciali e sistemati in recipienti di
pietra chiamati “pila”, dove venivano lavorate ulteriormente e poi, ancora umide, venivano portate a Firenze e rifinite ancora meglio. Altri mestieri che si svolgevano sulle rive del fiume MISTERI E LEGGENDE Si racconta che, chi voleva raggiungere Compiobbi doveva oltrepassare gli Archi della quercia, dagli archi in pietra del terrapieno della ferrovia e le querce vicine. Era una zona ad alto rischio di rapine, specialmente la notte a causa della mancanza di illuminazione, tanto che i viandanti avevano paura di attraversarla da soli. Oggi non c’è più traccia degli archi, perché il muro lungo la ferrovia è stato ricostruito.
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erano i navalestri, i navicellai e le lavandaie. I navalestri erano i moderni traghettatori che con dei barconi traghettavano merci e persone da una sponda all’altra del fiume; i navicellai portavano le merci con delle specie di chiatte da Firenze a Livorno. Il Carnevale Gironese: quando erano piccoli i nostri genitori, sfilavano i Carri allegorici realizzati da volontari che lavoravano tutto l’anno con grande passione e impegno; di tutto ciò è ri-
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masto un trenino che, ogni anno, per tre domeniche di Febbraio, gira per il paese. Noi bambini di Girone lo conosciamo bene: è trainato da un trattorelocomotiva, con vagoni aperti e panche per sedersi, mentre il trenino gira per le vie del paese. Possiamo vedere tante mascherine che camminano per la mano delle mamme e babbi e, per i più grandi, ci sono delle bancarelle che vendono coriandoli, stelle filanti e …frittelle!
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PANCIA MIA FATTI CAPANNA Sagra del tartufo: nata nel 1985, si svolge nel mese di settembre per circa tre settimane. Ogni anno arrivano centinaia di persone per degustare le ottime specialità a base di tartufo, come le bruschette, i crostini, la bresaola con la crema tartufata…, i taglierini al tartufo, le lasagne, le uova al tegamino con scaglie di tartufo, tante altre prelibatezze per concludere con la pizza, al tartufo, naturalmente! Sagra del fritto: nel periodo del mese di Giugno, in apposita struttura al coperto che raccoglie tante persone; ci sono specialità di carne, pesce e verdure fritte, cucinate molto bene Il tutto richiede una grande organizzazione ed impegno da parte dei volontari, ma alla fine tutto il ricavato in denaro, con la soddisfazione di tutti, viene dato ad Associazioni impegnate per la ricerca di malattie gravi e rare. Fiesole
Mercato rionale in piazza: ogni venerdì mattina LEGGENDE Insegna della città di Fiesole Consistente in una mezza Luna azzurra in Scudo di Argento a Stella d’Oro retto da Atlante creduto Fondatore della Città medesima, e sormontato da Corona a Sprone antica sostenuta da Fede o Feola Figlia di Lui. Sulla via del Girone, oggi c’è un moderno ristorante ma, intorno al 1930, c’era una trattoria chiamata Celli, con un pallaio per giocare. Questo locale era frequentato da poeti che improvvisavano le loro poesie cantate.
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Secondaria Compiobbi Classi 1° F, 1° G, 3° G
“Sulla riva destra dell’ Arno, parallele la via Aretina e la ferrovia. Le case dalle due parti avevano le facciate sulla strada ed egualmente si incipriavano di polvere i volti; ma mentre la fila di destra si anneriva il didietro con il fumo delle locomotive, la fila di sinistra se lo inumidiva con le acque del fiume”. Così il giornalista Virgilio Martini, nativo di Compiobbi, 50 anni fa presentava il suo paese. In effetti Compiobbi, località del comune di Fiesole, si trova ai piedi delle colline e lungo il fiume Arno. Il nome
Disegno di Berlinghiero Buonarroti
deriva dalla parola latina compluvium, incontro di fiumi: Sambre, Falle, la Femmina Morta e il borro della Vallina. Le origini sono etrusche, come testimoniano vari reperti lungo il corso del fiume Sambre, utilizzato anche per la sepoltura dei morti. Sin dal 1300 si sfruttava l’acqua dell’Arno attraverso il mulino dell’Ellera. Nel rinascimento i nobili venivano a Compiobbi passare i mesi più caldi. ALLA CONQUISTA DI... COMPIOBBI Proprio nei pressi della nostra scuola ci sono ancora i resti di un approdo. Si tratta del cosiddetto canapo. Il nome significa grossa fune di canapa che permetteva di tenere in riga un barcone largo e piatto che, sin dalla fine del ‘500 traghettava persone, animali, e persino bande musicali da una parte all’altra del fiume. Se si percorre la sponda in direzione di Pontassieve ben presto si troverà il mulino dell’Ellera. Si tratta di un edificio medievale
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Cartolina collezione Carlo Benvenuti
che era in piena attività fino a quando la disastrosa alluvione del 4 novembre 1966 lo rovinò. Da allora è uno straordinario museo contenente ancora macchinari funzionanti e vecchie attrezzature. AVVENTURE NELLA NATURA In un bel giorno d’estate; dopo una lunga camminata da Piazza Etrusca, siamo andati a fare un pic-nic al lago di Romena; è un bellissimo lago in cui si può pescare e passare una giornata molto divertente, nel mezzo al verde. C’è anche una pizzeria. Augustina A Compiobbi ci sono molti boschi dove ogni anno si pratica la caccia. Se si vuole camminare ci sono dei lunghi Fiesole
“camminatoi” lungo l’Arno, dove ci sono anatre, nutrie e tartarughe. Un giorno io e una mia amica abbiamo tirato un sasso colpendo per sbaglio un’anatra. Per andare a Torri ci sono molte strade, ma il problema è che sono tutte in salita. Giorgia & Mihrije La natura per me non è che sia molto importante, perché non c’è nulla da fare tranne che buttare petardi o fare foto a qualcosa. In estate in mezzo al bosco io ci andavo sempre, perché c’è un albero dove si può mangiare le ciliegie ed è anche un posto tranquillo dove stare. Alkeo Io abito in campagna in un podere sopra Compiobbi chiamato il Guazzatolo. Il podere è circondato dal bosco 37
ed in primavera andiamo a cercare gli asparagi. I sentieri che percorriamo sono stati dei contadini che passavano da un podere a un altro e quindi sono molto vecchi. In questo periodo oltre agli asparagi troviamo diversi tipi di orchidee come le anacamptis pyramidalis, himantoglossum adriaticum e l’orchis purpurea. Questi boschi sono composti maggiormente da frassini, querce, carpini, ciliegi selvatici, pini, aceri, alloro e piccoli arbusti come il pungitopo, che d’inverno produce dei piccoli frutti rossi (che si usano per ornare il presepe), asparagi, ginestre, biancospini e ginepri che sembrano dei cipressi e producono dei frutti di colore blu. Quando camminiamo, talvolta, troviamo degli alberi scorticati, a causa dei caprioli che marcano il proprio territorio, e alcuni che hanno le radici esposte perché i cinghiali si strofinano contro per togliere i parassiti. Spesso troviamo aculei di istrici e piume di uccelli come la ghiandaia, il colombaccio, il fagiano e la poiana. Stefano Un giorno andai insieme a Alessio e suo padre Maurizio a fare una passeggiata sul fiume Sambre. Arrivammo ad un punto con la macchina, ma poi proseguimmo piedi. Io ci cascai una decina di volte con le scarpe e le inzuppai moltissimo. Passando per il fiume Sambre abbiamo visto dei girini e delle rane. Poi proseguendo siamo arrivati a una cascata; non sapendo come sorpassarla, Maurizio ha preso 38
un tronco di albero e lo ha sistemato in modo da fare un ponte. Leonardo Un giorno quando ero ancora piccolo, il sig. Castaldi faceva salire le persone sulle sue barchette e faceva fare un giretto in barca da Ellera alle Sieci. Quindi, io e la mia famiglia siamo andati. Non avevo molta paura, anche se era una semplice barchetta e non era tanta sicura, però pensavo che se ci sbilanciavamo cadevamo in Arno. Ricordo che i pesci non si vedevano e mi ha fatto notare il sig. Castaldi che in alcuni punti dell’ Arno, l’acqua è profonda, mentre in altri no. Guido Un giorno sono stato a fare una passeggiata presso le vicinanze di Villa Rosa con altre persone che conosciamo. Il percorso era: si partiva da Villa Rosa, poi si scendeva giù in Piazza Etrusca, da lì verso il cimitero e a un incrocio passavamo alla strada che porta ai Paiatici. Arrivati ai Paiatici abbiamo attraversato tutto il bosco, fino a quando siamo arrivati a dei campi. Perciò abbiamo camminato per tanto tempo, finché ad un certo punto si vedeva Villa Rosa. Quando siamo arrivati ad essa ci siamo salutati e siamo andati tutti via. John DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Dal nostro inviato Leonardo, le notizie sugli spazi sportivi di Compiobbi - Qui ci sono molti campini di calcio: è uno Fiesole
sport molto amato; vicino alla scuola c’è un parco giochi con campino, altalena e scivolo. Sopra la via Romena c’è un altro campino, più grande! Leonardo Per giocare a tennis si deve andare all’Anchetta. Con la bici puoi girovagare per Compiobbi, però attenti ai motociclisti. La piazza Etrusca è un posto di ritrovo in cui puoi parlare amichevolmente. Alessandro & Edoardo Io gioco in tanti posti: uno di quelli è la società di Molino, dove ho imparato a calciare per bene il pallone, le regole del calcio e a fare nuove amicizie. Un altro posto è la Torretta, dove fisso con i miei amici le partitine, il tifo lo fanno sempre le femmine. Poi c’è il campo da tennis e quando non so cosa fare pago 3 H e gioco con mio fratello. Alkeo Compiobbi: terra di grandi divertimenti e luogo di incontri romantici. Compiobbi è un piccolo paese,ma se conosci i luoghi giusti il divertimento è assicurato. Per un pomeriggio spassoso con gli amici ci sono vari posti dove andare: il circolo “La Pace” e la Misericordia sono ideali per uno spuntino pomeridiano, per una partita a biliardino o per una chiacchierata al caldo con gli amici. Il Circolo è il posto più “in” di Compiobbi: ci sono il bar la sala giochi e, per clienti più attempati, la sala da ballo; inoltre, ma solo la domenica, Fiesole
c’è anche il ristorante. Molto popolare tra i giovani compiobbesi è il Centro Incontri che si trova in Piazza Etrusca, è un luogo accogliente, arredato con poltrone e divani; frequentato per lo più dai ragazzi grandi attratti dal pingpong, dal calcetto, dalla play station, dai computer o, nel caso degli intellettuali, dalla biblioteca da cui si possono prendere i libri in prestito. Dal Centro Incontri possiamo salire al “Pazzodromo” (un campo in discesa così definito nel gergo giovanile compiobbese perché teatro di coraggiose evoluzioni dei motociclisti locali). Qui i ragazzi che hanno la fortuna di possedere un motorino si divertono a sfidarsi in gare di velocità, ma solo quando non ci sono i bambini piccoli sui giochi. Se invece l’idea è un pomeriggio romantico allora sì, che Compiobbi offre il meglio di sé. Il tour romantico ha inizio ai giardini del Chimichi, dove oltretutto d’estate si svolge la festa del partito democratico che con varie attrazioni diventa la meta delle uscite dei giovani. Il tour prosegue per una strada in salita che conduce ad alcune panchine immerse nella natura, da qui, avvolti nel profumo dell’erba fresca si può godere di una vista magnifica dell’antico paesino di Torri e del tramonto che illumina le colline oltre l’Arno. Il tour termina con una passeggiata tra i fitti boschi. Insomma avrete capito che, anche se Compiobbi non è il paese perfetto, con un po’ di spirito e di iniziativa, noi ragazzi sappiamo comunque divertirci. I ragazzi della 3° G 39
IL NONNO RACCONTA
A Compiobbi c’è una piazzetta intitolata Vinicio Del Soldato. Vinicio era un ragazzo che abitava qui in paese. Fece un viaggio in India dove incontrò una ragazza che aveva deciso di vivere con i lebbrosi. Dopo un breve soggiorno al suo paese, anche Vinicio prese la stessa risoluzione e restò in India fino alla morte, avvenuta nel 1992. Sopra gli sporti della trattoria Raimondi si vede ancora una lapide dedicata al dottor Giuseppe Pucci, generoso medico condotto del paese che ai primi del ‘900 visitava gratuitamente le famiglie più povere. A Villa Rosa veniva in villeggiatura Eugenio Barsanti (1821-1864), inventore del motore a scoppio.
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Compiobbi ebbe presto una stazione, che risultò indispensabile al suo sviluppo industriale. Nasce la fabbrica di concimi chimici Etruria nel 1930 (blocchi di rame da un quintale venivano scaricati a spalla dagli operai, proprio qui dove ora sorge la scuola). A partire dal 1932 si costruiscono una trentina di case popolari. Per la calcina si utilizzava la rena dell’Arno che i renaioli prendevano dal fondale del fiume e caricavano su un cavallo (la prima auto fu un taxi del 1922). Dove adesso c’è la Coop si macinavano i
sassi per fare il gesso mentre poco oltre c’era la fabbrica del Chelazzi che lavorava i residui dell’olio per fare la sansa e il sansino. Presso il Girone si trovavano le Gualchiere dove si lavorava la lana per conferirle compattezza, spessore e resistenza. I tessuti venivano imbevuti di speciali sostanze e inviati a Firenze ancora umidi. Nei pressi dell’Ellera alla fine dell’800 si trovava la fabbrica degli stracci Calamai, la fabbrica dei rocchetti e il sapoFiesole
Caldaia dell’Oleificio Chelazzi (foto di F. Colvagi)
nificio Petrelli. Dante, il babbo del nostro custode ci racconta che a Compiobbi c’erano tanti falegnami, si prendeva una lira alla settimana, e un litografo che metteva le etichette al vino. Dante a 14 anni attaccava i manifesti per 10 lire alla settimana, ma la colla la faceva da sè con la farina e l’acqua. Per risparmiare si mettevano i pantaloni corti pure d’inverno anche se nel 1929 venne così tanta neve che l’Arno straripò. Cosa si mangiava? Se andava bene pane e fichi secchi e un po’di polenta gialla.
di quelle della nostra nonna. In piazza Mazzini si vende il lampredotto. Uno dei posti migliori dove noi ragazzi, ogni mattina prendiamo la merenda per la scuola, è il forno “Antonio Sieni”; fornito di fragranti schiacciate, treccine, pizze e dolcetti. Nel “Bar Andrea”, in piazza Mazzini si celebra ogni mattina, il rito del caffè e in qualsiasi occasione ci si può ordinare torte e dolci veramente molto buoni. Dall’altra parte della piazza si trova la pizzeria “Crazy Train” dove, a basso prezzo, si possono organizzare feste di compleanno o cene con gli amici. Altrimenti un altro posto dove ritrovarsi con gli amici per una pizza è il “Circolo la Pace”, una pizzeria gestita da volontari, dall’atmosfera familiare dove è anche possibile organizzare feste. Uno degli ultimi luoghi che proponiamo è una romantica pizzeria in riva a un lago, situata poco fuori il paese; sinceramente il prezzo è un po’ caro, ma ne vale la pena per un ristorante così raffinato. In estate dagli ultimi di Luglio fino alla fine del mese si svolge nei giardini del “Chimichi” la “Festa dell’Unità” dove ogni giorno dalle sette fino a tardi si può cenare molto bene. Accanto c’è una gelateria e un bar. Insomma se verrete a Compiobbi, non morirete di fame.
PANCIA MIA FATTI CAPANNA Accanto alla scuola un fornaio prepara un delizioso pan di ramerino. La pasticceria “Andrea” fa delle torte migliori
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Secondaria Mino da Fiesole classe 3°A, B e 2°B
ALLA CONQUISTA DI … FIESOLE Italia, visibile con il pagamento di un biglietto. Quello di Fiesole in fatti fu il primo teatro romano adesso usato in epoca e moderna e già agli inizi del 1900 vi ebbero luogo i primi spettacoli dei quali si conservano, sempre all’archivio comunale, locandine e biglietti.
Teatro romano Nell’aerea archeologica di Fiesole si possono visitare i resti di uno tra i più importanti teatri di epoca romana scoperti in Toscana e in Italia. Si pensa che il teatro sia stato fondato all’epoca di Augusto (30 a.C. - 14 d.C.) e terminato all’epoca di Claudio (4154 d.C.) L’attuale piazza Mino da Fiesole era il foro della città, nel quale convergono le 2 strade principali, il cardo e il decumano. Nel 1809 un barone riuscì ad ottenere l’autorizzazione allo scavo del teatro. L’area archeologica di Fiesole divenne, da quel momento, una delle prime in
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Terme - Dietro al teatro vi sono i ruderi delle terme, costruite ai tempi di Silla (I secolo a.C.), restaurate ed ingrandite al tempo di Adriano. Nel calidarium caratterizzato dal pavimento in cocciopesto, veniva raccolta l’acqua
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bollente, nel tepidarium (costituito da 3 vasche) era raccolta l’acqua tiepida e infine nel frigidarium veniva immessa l’acqua fredda. Il museo archeologico - All’interno del museo, una parte della III sala è dedicata ai materiali trovati nel sito archeologico del teatro romano, dove sono esposti frammenti di lastre marmoree, decorate a bassorilievo, recuperate alla fine del 1800. Lastra di Dioniso - Al centro di questa lastra vediamo la figura di Dioniso, in un atteggiamento rilassato, mentre si appoggiava con il gomito alla testa di un ragazzo o alla statua di un bambino, del quale si vedono solo i piedi. Maschera in terracotta - Negli
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scavi del teatro è stata rinvenuta una maschera che veniva realmente usata durante le rappresentazioni delle tragedie. Quest’ultima era contornata di metallo, il cui scopo era quello di amplificare la voce. Lastra di Licurgo - In un’altra lastra, sempre legata a Dioniso, appare chiara, al centro, la figura di un uomo privo della testa, circondato dalle viti con grappoli d’uva. L’uomo può forse essere identificato con Licurgo. AVVENTURE NELLA NATURA Il Magno Cecero All’epoca di Leonardo da Vinci, possiamo supporre che la collina fiesolana fosse molto più alta di come lo è adesso. La riduzione del suo volume è causata dal suo continuo lavoro di scavo, eseguito per estrarre la pietra serena. Geologicamente l’aerea appartiene alla formazione del “macigno”, una roccia sedimentaria, che prosegue sulla sponda destra del Mugnone. Questa pietra è arenaria e, a causa delle particelle di mica contenute in essa, brilla al sole. Essa veniva usata 43
fin dall’epoca degli etruschi e nel 400, la maggior richiesta di questo materiale portò all’aperture di nuove cave. Una pietra di alto pregio si trova anche nei pressi di Maiano. Gli assoluti protagonisti di questi luoghi rimangono per sempre gli scalpellini: essi lavorano i blocchi di pietra secondo una vera e propria arte, assumendo allo stesso tempo il ruolo di tagliatori, incisori e decoratori. All’interno del parco di Monte Ceceri esistono due tipi di cave: la cava ficcata e tagliata, dove il procedimento di estrazione è a “cielo aperto”. Oggi possiamo ricostruire il lavoro complesso dell’estrazione, grazie alle tracce degli arnesi e dalle testimonianze viventi. Dopo aver individuato “banchi” di pietra adatti, gli scalpellini ripulivano le rocce affioranti, e definivano il fronte 44
ricava da attaccare per primo. Il taglio del blocco corrispondeva al tipo di manufatto da realizzare e dal costo del processo, in modo da ottenere più materia grezza possibile. L’avvio della lavorazione verso la sua destinazione finale inizia con operazioni come la normalizzazione delle superfici, la squadratura, il ritocco, etc. L’Amministrazione comunale di Fiesole, ha provveduto ad oggi, alla messa in sicurezza di 2 percorsi: il primo si trova alla sommità del Monte Ceceri, ed è compreso tra Via del Pelagaccio e Prato Ai Pini; l’altro collega la Via del Pelagaccio con la cava del Braschi. La cava del Braschi è del tipo latomia, ovvero vi si lavora verso l’interno del banco di pietra seguendo le faglie, risparmiando dei blocchi e delle colonne a sostegno del “soffitto” della cava.
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DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Fiesole è un piccolo paesino di provincia, ma nasconde tante bellezze che aspettano di essere visitate, se avete un po’ di tempo libero, eccovi dei consigli per come usarlo al meglio. Volete trascorrere un pomeriggio all’aria aperta? Vi consigliamo il campone di Borgunto, dove vi aspetterà un magnifico panorama della città, e tanto divertimento! Per ammirare il magnifico tramonto di Firenze, una sana passeggiata di San Francesco è la scelta migliore. Se desiderate trascorrere una giornata all’insegna del divertimento, mettere a dura prova la vostra resistenza e le vostre abilità di impagabili scalatori, il parco divertimenti di
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Vincigliata è il luogo più appropriato per voi e i vostri figli. Immerso nella natura lussureggiante, potrete addirittura imbattervi in caprioli e numerosi animali, se volete una tregua da studio e videogiochi o festeggiare il vostro compleanno questo è il luogo perfetto dove vi aspetterà tanto divertimento!!! Potrete arrampicarvi su sicure strutture appositamente pensate per arrampicarsi tra alberi ed alberi. Che aspettare?!... Buon divertimento!!! Un altro modo per divertirsi in campagna è frequentare le varie sagre e manifestazioni che tutto il comune di Fiesole vengono svolte durante tutto l’anno. Queste manifestazioni sono spesso accompagnate da musica e balli, forme di divertimento che possono interessare persone di tutte l’età.
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Per i più golosi consigliamo la fiera del cioccolato che si svolge nel mese di febbraio. è un appuntamento da non perdere ed è tutto delizioso. Per chi ama invece i sapori più forti, più rustici e per non indicare la tradizione gastronomica fiesolana ma soprattutto toscana, bistecca, polenta e cinghiale nelle sagre organizzate nel periodo di marzo-aprile. A Marzo vi aspetta la sagra delle frittelle. Per chi cerca sapori unici e raffinati segnaliamo la sagra del tartufo tra ottobre e novembre. E per finire con i dovuti festeggiamenti, la sera di San Romolo vi consigliamo di recarvi alla festa dell’Unità per gustare la speciale frittura di pesce per poi andare in piazza Mino ad ammirare lo spettacolo dei fuochi d’artificio, con la fantastica cascata dal campanile.
Fiesole
LA NONNA RACCONTA Fin da piccola, mia nonna, grande appassionata di storia e di storia dell’arte, mi raccontava spesso della sua amata Fiesole. Lei amava il suo paese e non lo avrebbe lasciato per nessun motivo. Quando io ero bambina, tutti i suoi racconti mi sembravano una novella semplice e fiabesca. Poi crescendo le notizie della nonna si sono fatte sempre più articolate e complesse fino a diventare
una vera e propria lezione di storia. E adesso anch’io vorrei raccontare... Nelle campagne toscane fin dalla fine dell’800 il corso della vita popolare durante l’anno era “regolato” da un insieme di tradizioni piene di superstizioni e pregiudizi. Si iniziava il primo dell’anno per pronosticarsi se buono o cattivo il nuovo anno, bisognava osservare le prime persone che si incontrava per la strada: era di buono
BRICIOLE – Curiosità e Detti Un’ usanza curiosa che veniva praticata anche nelle campagne del Fiesolano era quella di andare a illuminare il grano la sera di carnevale. l’ultimo martedì di carnevale, i contadini prendevano dal pagliaio questi frastellini per fare le torce con le quali andavano a illuminare il grano, cantando: Grano grano non carbonchiare * è la sera di carnevale io ti vengo a illuminare; tanto a i’ piano quando a’i poggio ogni spiga ne faccia un moggio un moggio un moggiolino ogni spiga un panellino. *Il carbonchio è una malattia del grano che lo rende non commestibile; mediante il fuoco si usava scongiurare il pericolo. Antichi mestieri a Fiesole Risale al 1879 la prima fabbrica costruita a Fiesole per la lavorazione della paglia. Questo fatto, inconsueto per l’epoca, testimonia l’importanza che quell’attività rappresentava per il borgo fiesolano. Lo stabilimento apparteneva a Cesare Marchini che già da alcuni anni occupava a domicilio decine di donne nella realizzazione di manufatti in paglia. Le stesse donne, dette bigherinaie, dopo la costruzione della fabbrica, diventavano vere e proprie operaie, ospitate in un ambiente confortevole con luce, caldo, igiene, non più costrette a strappare al sonno e ai lavori domestici quei bellissimi manufatti. Il bigherino era una striscia di paglia (intrecciata talvolta anche con fili di canapa o cotone) larga dai 6 ai 12 centimetri e lunga una decina di metri, detta MISURA FIESOLE. I lavori svolti dalle bigherinaie di Fiesole erano apprezzatissimi anche all’estero e la Regina Margherita, moglie del re d’Italia Umberto, fu una cliente assidua della ditta Marchini.
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augurio incontrare un vecchio o un gobbo, era disgrazia imbattersi in un bambino o in un prete. Una tradizione che sussiste ancora oggi anche nella nostra campagna fiesolana e che risaliva niente meno che ai tempi del paganesimo, era quello di “Cantar Maggio”. La prima sera di maggio una schiera di giovani si riuniva e andava poi di porta in porta alle case contadine a cantar tradizionali strofette di salute e di augurio. Sempre nel Fiesolano troviamo una serie di pregiudizi e usanze in particolare per la ricorrenza di San Giovanni Battista a fine giugno. Alla vigilia della festa, prima di andare a letto le giovani per
conoscere la condizione sociale di chi avrebbero sposato, mettevano sotto il proprio guanciale 3 fagioli: uno tutto sbucciato, uno sbucciato per metà e uno con la buccia. La mattina seguente le ragazze appena sveglie mettevano la mano sotto il cuscino e ne estraevano uno caso: se capitava il fagiolo con la buccia, l’augurio era buono, perché significava che avrebbero sposato un signore; se capitava quello mezzo sbucciato le cose sarebbero andate un po’ meno bene, ossia né ricco né povero; guai a pescare il fagiolo senza buccia perché il marito sarebbe stato molto povero. Ai nostri giorni purtroppo sono arri-
MISTERI E LEGGENDE: Il romanzo di Michelangelo Salve a tutti, io sono Michelangelo Buonarroti, spero che il mio nome non vi sia nuovo perché, modestie a parte, sono uno dei più grandi scultori italiani. Da piccolo attraversavo la lunga via per le cave due o tre volte a settimana, io adoravo quel posto, le cave erano gigantesche e tutto mi sembrava minuscolo a confronto. Sentivo di riuscire a scolpire qualunque pietra di qualunque misura e dimensione. Una delle mie prime esperienze fu il giorno in cui decisi di prendere un pezzo di pietra serena dalle cave per riparare il camino. Cercai il pezzo di pietra che volevo e lo trovai: era perfetto ed era rotondo proprio come la testa del cane del camino. A casa lo scolpii di nascosto, mia madre se ne accorse poco dopo, ma mi consentì di riattaccarlo e io ne fui molto felice. Vivere a Fiesole è stato fondamentale e importantissimo per me e per la mia passione.
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vate poche di queste tradizioni, molte altre non si usano più o sono andate disperse. Le uniche che ancora abbiamo ci sono state tramandate grazie alle voci di antichi abitanti fiesolani e speriamo che anch’esse non vadano perdute. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Mangia la pasta lecca il cucchiaio questa è la bibbia del buongustaio s’impara mangiando mangiando s’impara questa morale non è affatto rara Vi presentiamo le seguenti ricette con l’augurio di un buon... grande... appetito! Una ricetta… etrusca: la minestra di Castagne Prendere castagne fresche sbucciate e cuocerle in abbondante acqua con sale e finocchio selvatico. Dopo la bollitura prolungata, si tolga la seconda pellicina e si pestino bene nel mortai. Si rimetta la purea di castagne in un brodo di carne, aggiungendo ancora finocchio e portare il tutto ad ebollizione. Versare il composto ottenuto sopra a fette di pane arrostito salando a dovere. Una ricetta… medievale: la limonia Tutti i ricettari italiani medievali presentano diversi piatti chiamati limonia, lumonia, lamonia o limonea, più o meno semplici. La loro origine risale alla dominazione araba nell’Italia Fiesole
medievale. La salsa veniva servita per accompagnare sia carne che pesce. Ingredienti per 4 persone: Petti di pollo 6 etti, Lardo 1 etto, 1 Cipolla grande, 1 etto di Mandorle, Spezie, Succo di limone (2), eventualmente rossi d’uovo sodi. Soffriggere nel lardo la cipolla e il pollo. Tritare tutte le mandorle già sbucciate e mescolale con il lardo, con il pollo e con le spezie. Per ispessire il composto puoi unire rossi d’uovo sodi. Per ultimo unisci il succo di limone. Una ricetta… rinascimentale: il pastello di capretto Cenni storici: Il pastello, cioè torta, crostata, era una torta salata molto diffusa. Conteneva molti alimenti. Si poteva comprare già fatta o prepararla in casa e poi portala a cuocere nei forni del paese. Ingredienti: Carne di capretto, Lardo, Olive, Zafferano, Formaggio fresco, Uova. Prendere un capretto e ridurre la carne in pezzi minuti, soffriggere a fuoco forte il lardo e quindi soffriggere leggermente la carne. Tritare e pestare bene una buona quantità di erbe odorose, zafferano e formaggio fresco e stemperare con delle uova a formare un composto morbido. Unire la carne a questo e mettere il tutto in un tegame al fuoco per addensarla un poco. Fare una pasta sottile nel testo unto di lardo. Foderare inferiormente il testo con la pasta e riempire con il composto. Coprire il tutto con altra pasta.
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laSTra a SiGna
Scuola Primaria Santa Maria a Castagnolo Classe 3째 D Scuola Secondaria Leonardo da Vinci Classi 1째D, 2째C
Primaria Santa Maria a Castagnolo Classe 3° D
ALLA CONQUISTA DI… LASTRA A SIGNA Lastra a Signa si estende su un magnifico territorio collinare lungo la riva sinistra dell’Arno. Il nome Lastra deriva dalle lastre di pietra arenaria che fin dai tempi antichi venivano lavorate dagli scalpellini nelle cave dei poggi. Lo stemma di Lastra infatti è una lastra di pietra arenaria con due squadre, strumento usato dagli scalpellini e cavatori per tagliare la pietra. Nella parte bassa sono inseriti un ramo di quercia e un ramo di olivo, piante tipiche del paesaggio lastrigiano. Il centro storico del paese è circondato dai resti delle antiche mura, volute nel 1380 dalla Repubblica Fiorentina per difendere il borgo di Lastra dai saccheggi dei Pisani. Ora le mura sono in parte coperte da costruzioni più recenti ed hanno perso la merlatura, ma in alcune parti è ancora possibile vedere il ballatoio sostenuto da robuste mensole. Si entra nel centro storico da tre Lastra a Signa
porte: Porta Pisana, Porta Fiorentina (distrutta durante l’ultima guerra) e il Portone di Baccio. All’interno del centro storico ci sono antichi edifici: il Palazzo Pretorio del 1500, la Chiesa della Misericordia del XV secolo, l’Arciconfraternita della Misericordia, che pare risalga alla seconda metà del 1300, il Palazzo Comunale, che abbiamo visitato insieme al Sindaco. Un edificio importante di Lastra a Signa è lo Spedale di Sant’Antonio, fondato nel 1441 dai Consoli dell’Arte della Seta di Firenze. Si dice che la sua bella loggia sia stata progettata dal Brunelleschi. Un aspetto particolare di
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Lastra a Signa sono i tabernacoli che si incontrano agli incroci delle strade, ai confini dei campi, a fianco dei portoni delle fattorie. I tabernacoli venivano costruiti per proteggere la terra, i raccolti, i viandanti, erano un punto di riferimento per le comunità contadine che presso di essi in primavera invocavano la protezione sui raccolti. Nel mese di maggio, presso i tabernacoli dedicati alla Madonna si recitava il rosario e si celebravano le messe vespertine. Le piccole cappelle o le edicole rappresentavano un momento di sosta e di preghiera per i pellegrini affaticati dal lungo viaggio a piedi. Nel territorio di Lastra a Signa ci sono circa un centinaio tra tabernacoli, edicole e nicchie che fanno ormai parte del paesaggio uno dei più conosciuti 52
è quello del Podestà, nel centro storico, ma quello che ci ha più incuriosito è in via Madonna della Tosse. La via prende il nome dalla Madonna raffigurata nel tabernacolo insieme a Gesù e ai Santi. Alessandro De Gubernatis, un letterato torinese vissuto a Firenze che ha raccolto in un libro le novelle di Calcinaia raccontate per secoli dalle nonne, di questo tabernacolo dice che le mamme prendevano alcune gocce di olio della lampada votiva per ungere la gola dei bambini affetti da pertosse. Un altro tabernacolo collegato ad una leggenda è quello di Sant’Ambrogio, a Malmantile: si racconta che il santo, vissuto nel IV secolo, passando per questi luoghi fu colpito dalla ricchezza e, soprattutto, dalla mancanza di religiosità del signore che voleva ospitarlo nella sua villa. Il santo rifiutò l’invito e lanciò una maledizione, la terra si aprì e inghiottì la villa con tutti i suoi abitanti. Dal detto del santo “MALA MANTILIA” sarebbe derivato il nome del paese, Malmantile. Uno degli antichi tabernacoli di Lastra a Signa è vicino alla nostra scuola ed è chiamato “dei lecci” perché è stato costruito a fianco di due lecci secolari di cui oggi purtroppo rimangono soltanto i resti.
Lastra a Signa
AVVENTURE NELLA NATURA Lo scorso anno, una mattina di maggio siamo andati a fare una gita nel Bosco dei Cerreti con Marco Lolli, capo storico del gruppo Trekking di Lastra a Signa.
Lungo il percorso abbiamo trovato alcune impronte di cinghiale, notato la tana dello scoiattolo e della talpa, la tana e gli aculei del porcospino. Il sentiero era in salita, molto ripido, pieno di foglie e di ghiande. Successivamente abbiamo visto il pungitopo e Marco ci ha spiegato che funzione aveva nel passato: anticamente i contadini mettevano intorno al formaggio i rami di questa pianta per proteggerlo dai topi, animali ghiotti di formaggio. Dentro il bosco c’è un laghetto con i cigni: tutti bianchi tranne uno nero. Arrivati a S. Romolo, la più alta collina di Lastra, ci siamo ritrovati in un grande prato con il bosco intorno e abbiamo cominciato a correre e a giocare a pallone. La stanchezza della salita era finita! Lastra a Signa
DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Il Parco Fluviale ha un circuito lungo, dove si può correre, andare in bicicletta, camminare, fare il pic-nic perché c’è una zona attrezzata. Si può andare a cavallo e a passeggio con il cane. C’è uno stagno con le rane, si trovano cavallette, lucertole e insetti vari. C’è una scorciatoia per fare più presto ed è divertente perché c’è una lunga discesa e una salita che è bello fare di corsa. Il Parco si trova lungo l’argine dell’Arno. Appena si entra si trova un gazebo con una panchina molto grande dove ci si può riposare. Le sere d’estate, al tramonto, si possono vedere anche gli aironi bianchi e cinerini: scendono a bere nell’Arno e poi vanno a dormire sugli alberi lungo l’argine. É un parco aperto tutto l’anno dove ci sentiamo liberi di correre e di giocare senza pericoli. A Villa Bellosguardo vengono organizzati i centri comunali estivi: insieme agli animatori giochiamo e ci divertiamo in libertà
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zare accompagnati dalla voce di Enrico Caruso e di altri famosi tenori.
nel bellissimo parco della villa cinquecentesca che, un tempo, apparteneva al tenore Enrico Caruso. Si racconta che egli decise di acquistarla durante una passeggiata con la sua innamorata perché rimase colpito dalla bellezza del panorama e del parco che la circonda. Enrico Caruso amava la villa, chiamata “Bellosguardo” proprio per la sua posizione da cui si domina tutta la piana di Firenze, nella quale si ritirava per riposarsi, al ritorno dai suoi viaggi e dai concerti. La gente dice che, quando Caruso cantava su nella villa, la sua voce era talmente potente che la si poteva sentire fin giù a Ponte a Signa. In realtà, all’epoca non c’era il traffico che c’è oggi e c’era meno rumore! Oggi la Villa appartiene al Comune di Lastra a Signa ed è bello, d’estate, andarci a passeggiare. Nelle sue antiche cucine ora è stata aperta una piccola taverna dove si può pran-
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IL NONNO RACCONTA Tullio è un anziano maestro scalpellino di 84 anni di Lastra a Signa. È un “nonno” simpatico e sorridente e gli piace raccontare le cose che riguardano il suo lavoro. Un pomeriggio siamo andati a visitare la cava di pietra in località LISCA, una piccola frazione di Lastra a Signa. Questo luogo si chiama così perché sotto il tetto della prima casa è attaccata una grossa lisca di capodoglio. Tullio ci ha raccontato che nel 1850 lavoravano nel nostro territorio circa 500 scalpellini e funzionavano 45 cave; nel 1950 funzionavano 10 cave e 30 scalpellini. Dal 1970 è rimasto solo lui. Tullio è uno scalpellino di quarta generazione; il mestiere l’ha imparato dal bisnonno. Attualmente Tullio sta lavorando una pietra che diventerà il frontale di una vasca. Quando siamo andati a trovarlo ci ha fatto vedere gli attrezzi che usa: • la binda: serve per alzare i pezzi di pietra (Tullio è molto orgoglioso della sua binda e ha ragione: risale al 1866); • i punciotti: grossi chiodi scanalati, servono per spaccare la pietra; • la mazzetta: grosso martello da battere sulla SUBIA, una specie di scalLastra a Signa
Ranocchi fritti Questi gli ingredienti: 40 cosce di ranocchio Due uova Farina Poco latte Limone Sale Olio per friggere pello che serve per rifinire la pietra; • il mazzuolo: grosso martello riempito di rame; • lo scalpello: ha punta e capo temperato. Si usa con il mazzuolo. Certo, il lavoro di Tullio è faticoso: tagliare la pietra dalla cava, spostare le pietre, alzarle con la binda, usare scalpelli e mazzuoli; ma come è contento Tullio quando parla dei suoi capolavori! Peccato che nessuno vuol fare più lo scalpellino! PANCIA MIA FATTI CAPANNA Se alla Lastra tu verrai A mangiar con noi dovrai… Cibi sani e genuini per far crescer noi bambini, i prodotti della terra, gli animali da cortile, ciccia buona e saporita e non è ancora finita! L’Arno scorre qui in paese, pesce un tempo regalava, sacchi pieni di ranocchi e la fame si calmava. Pane, olio, sugo finto, polpettine, fagiolini, del mangiare qui è una manna, pancia mia, fatti capanna!!!! Lastra a Signa
Dopo aver acchiappato i ranocchi, parte più difficile della ricetta, lavate le cosce di rana, asciugatele e infarinatele. In una zuppiera sbattete le uova con un po’ di latte e un pizzico di sale, unite poi le cosce e lasciatele a bagno per circa due ore.
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Friggetele in olio caldo e, quando saranno croccanti, mettetele su un foglio di carta da cucina. Salatele e servitele accompagnate con uno spicchio di limone. Polpettine lastrigiane Questa è un’antica ricetta di Lastra a Signa recuperata grazie alle ricerche dell’amico Marco Lolli, guida trekking ed esperto di cucina tradizionale. Non sappiamo le quantità, ma solo gli ingredienti, tuttavia ci teniamo a presentarla perché è un pezzetto del nostro passato ormai dimenticato… Ingredienti: carne di pollo carne di tacchino uvetta, pinoli pane imbevuto di latte e poi strizzato uova pangrattato olio per friggere. Preparazione: una volta macinata, la carne veniva mescolata a tutti gli altri ingredienti, compreso il pane imbevuto di latte che serviva per rendere più morbide le polpette. Dopo aver diviso l’impasto in tante polpettine, bisognava passarle nel pangrattato e poi metterle a friggere nell’olio caldo. Non sappiamo com’erano, nessuno se le ricorda, ma perché non provare a farle?
una carota un gambo di sedano prezzemolo vino rosso olio d’oliva sale e pepe Preparazione: tritate tutti gli odori e mettetelo a rosolare in un tegame con un po’ d’olio. Quando la cipolla comincia a colorarsi, versate mezzo bicchiere di vino e poi, quando queBRICIOLE Masso delle Fate Nei pressi di Brucianesi, appena fuori Lastra a Signa, c’è un macigno che si spinge fin sulla Via Livornese e che la fantasia popolare ha chiamato “Masso delle Fate”, ne parla Leonardo da Vinci nel suo “Trattato delle acque“. Sotto questo masso si apriva una grotta. Il sibilo del vento che provocava dei “suoni” e la durezza della pietra che gli scalpellini non riuscivano a rompere, lo resero fatato nella credenza popolare. Per questo motivo al Masso della Gonfolina è legata una delle più belle novelle popolari di S. Stefano a Calcinaia.
Sugo finto Ingredienti: pomodori maturi una cipolla 56
Lastra a Signa
sto sarà evaporato, unite i pomodori senza buccia e senza semi. Aggiungere sale, pepe e cucinate per circa mezz’ora a tegame scoperto. Il sugo finto (o “scappato”) era il ragù dei poveri e serviva per condire la pasta. Quando era possibile, al sugo si aggiungeva un pezzo di carne che poi veniva mangiato come secondo. PILLOLE La novella del Masso delle Fate. Un giorno passò davanti al masso abitato dalle fate un povero gobbo. Attratto dal canto “E Sabato e Domenica” si fermò ad ascoltare ed aggiunse “E Lunedì”. Subito dopo sentì le fate cantare “E Sabato e Domenica e Lunedì, e Sabato e Domenica e Lunedì”. Dal masso uscì la serva delle fate che invitò l’uomo ad entrare. Il gobbo entrò in una bellissima stanza e le fate, per premiarlo, gli tolsero la gobba. L’uomo ne fu contento e, salutando le fate, non finiva di ringraziarle. Strada facendo incontrò il suo amico Giacco, anch’egli con la gobba. Dopo aver ascoltato ciò che era successo, Giacco si recò presso il masso e, con la pretesa di essere liberato dalla gobba, cominciò a cantare “E Sabato, Domenica, Lunedì e Martedì”. Le fate si misero a cantare, ma la cantilena non aveva il suo verso. Dopo un po’ Giacco fu invitato ad entrare nella stanza e trovò le fate arrabbiate perché aveva sciupato il loro canto aggiungendo “Martedì”. Una delle fate lo invitò ad avvicinarsi e, mentre cantava, prese la gobba tolta al primo gobbo e la mise sullo stomaco di Giacco. Così Giacco, che voleva liberarsi di una gobba, dovette vivere per sempre con due gobbe. Detti e proverbi lastrigiani “Meglio Palaia!! “- si dice riferendosi ad una cosa notevole, ben riuscita. Si pensa sia riferita a un fatto avvenuto durante l’assedio di Firenze del 1529. “Quando monte Morello mette il cappello, lastrigian prendi l’ombrello”. Il monte Morello si vede bene dalla Lastra e se è coperto dalle nuvole, pioggia in arrivo! Fiere e sagre Fiera di Santa Maria o di Mezzagosto - terza settimana d’agosto; Concorso di pittura “ Premio Città di Lastra” - prima settimana di giugno; Sagra degli Antichi Sapori - 8 Dicembre Porto di Mezzo:” Premio Caruso “, Villa Bellosguardo - terza domenica di luglio Malmantile: Festa Medievale - fine Maggio
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Secondaria Leonardo da Vinci classi 1° D, 2° C
ALLA CONQUISTA DI LASTRA A SIGNA
Le mura di Lastra a Signa - A metà del 1300 Lastra, piccolo borgo di cui si ha testimonianza già a partire dal 1200, passò sotto il potere di Firenze con la funzione di avamposto lungo la strada Pisana. Nel 1367, dopo il saccheggio operato dai Pisani, la Repubblica fiorentina decise di munire il borgo di una cinta di solide mura e di poderose
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torri. Inizialmente la cinta fu finanziata dal podestà dell’illustre famiglia dei Gangalandi. Nelle mura c’erano 10 torri, adesso ne rimangono solo 7. Esse sporgono all’esterno e servivano da rifugio durante gli assedi. Le mura erano anche circondate da un fosso, ma adesso è stato riempito. Questa cinta è tipicamente medievale, ma ogni cosa ha la sua fine, e la sua funzione svanì appena si diffusero le armi da fuoco, infatti per queste nuove armi le mura si dimostrarono sottili e fragili. Le tre porte. Per entrare o uscire dalle mura c’erano e ci sono ancora tre porte: la porta Pisana era usata per raggiungere Pisa e Livorno, in questa porta è ritratto lo stemma della famiglia dei Gangalandi e di Lastra a Signa. La porta Fiorentina era la più bella, ma è andata distrutta nell’ultima guerra. Poi c’è la porta di Baccio, la sua torre è alta 22 metri e 30 cm e in passato è stata usata anche come prigione. Sulla torre sono ben visibili Lastra a Signa
tre stemmi a rilievo: la croce del popolo, il giglio del Comune di Firenze e l’aquila sul drago della Parte Guelfa… e ora, se li hai scovati, prova a disegnarli in questi riquadri:
AVVENTURE NELLA NATURA Era caldo, a Giacomo facevano male i piedi da quanto aveva camminato prima di arrivare sulle rive dell’Arno,
L’interno del castello - L’ospedale S. Antonio. Posto in via Dante Alighieri l’ospedale S. Antonio, in tempi antichi veniva chiamato “spedale”, perché ospitava i viandanti e i mercanti, insomma era un vero e proprio albergo. Dietro lo Spedale c’era anche un orto il cui ricavato veniva offerto agli ospiti. Quest’opera fu finanziata dall’Arte della Seta di Firenze nel 1411 ed è realizzata in una tipica architettura rinascimentale, in essa eccelle l’artistica loggia di S. Antonio. Il palazzo del Podestà - Sulla facciata ci sono gli stemmi delle famiglie importanti, questi stemmi sono di pietra e di ceramica di Montelupo. Sullo spigolo di destra della costruzione c’è lo stemma dei Medici, che segnala il potere fiorentino su Lastra a Signa, mentre su quello di sinistra c’è quello della famiglia dei Gangalandi. Infine, all’interno sono stati ritrovati degli affreschi.
dove avrebbe pescato con suo nonno. La pesca lo appassionava, ma quel giorno non prese molto, solo una carpa che sembrava diversa dalle altre: era blu con scaglie verde smeraldo che al sole brillavano di una luce simile all’arcobaleno. Giacomo, deluso del risultato della pesca, stava tornando a casa seguendo il nonno. Lungo la strada sentì una voce che lo chiamava da dietro i cespugli e così si fermò a vedere chi fosse.
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-Ma tu sei…- disse Giacomo incredulo. - Sì, lo so, non te lo aspettavi vero?disse la persona misteriosa. -Ma non è possibile: quelli come te non possono parlare- ribatté Giacomo. -Beh, ecco, diciamo che io sono speciale perché ho un dono che gli altri non hanno: sono l’unico cane parlante al mondo- -Davvero?- -Certo! Ma sono stato mandato qui perché devo parlarti dell’Arno e della sua storiadisse il cane -Tanto tempo fa l’Arno era pulito, pieno di pesci, navigabile ed era molto importante. Solo in questa zona ospitava tre porti: uno a Ponte a Signa, uno a Porto di Mezzo (che si chiama così perché il suo porto era in mezzo tra gli altri due) e uno alla Lisca. Oggi è tutto cambiato: l’Arno non è più navigabile e i tre porti ormai non esistono più- Giacomo era frastornato da tutte quelle novità: -Tre porti sull’Arno! Ma sei sicuro?-Certo per molti anni il Ponte a Signa, qui vicino, è stata l’unico punto dove si poteva passare l’Arno da Firenze a Pisa, se non si voleva attraversarlo in barca. Anche il ponte militare costruito dagli americani durante la II guerra mondiale assunse un ruolo importante 60
nel Dopoguerra. Negli anni Cinquanta fu edificato il nuovo ponte, molto più robusto del precedente, l’inaugurazione avvenne nel 1952. Poco lontano, al posto del vecchio ponte, venne costruita la passerella che ancora viene usata. Bene adesso le cose più importanti sull’Arno le sai, ti saluto e spero di rivederti.- E così Giacomo tornò a casa contento perché aveva imparato nuove cose. DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Luca e Matteo sono in bici diretti a San Martino. Per Matteo è la prima volta che va al circolo. Preso dalla curiosità chiede all’amico informazioni sul luogo e Luca spiega: - La chiesa di San Martino sorge sul poggio di Gangalandi, la cui denominazione deriva dall’omonima famiglia, legata ai conti Cadolingi, che qui ebbero possedimenti e un castello. È molto antica, se ne parla già dal 1108, ma è stata modificata nel Trecento e nel Quattrocento: si dice, per esempio, che Leon Battista Alberti, un grande architetto fiorentino, abbia progettato l’abside. La chiesa è molto importante perché è ricca di opere d’arte, ma, in passato, anche per la sua posizione strategica sul territorio, che si trova all’incrocio fra l’antichissimo ponte sull’Arno (Ponte a Signa), che collegava la Toscana meridionale con il Nord tramite le vie che valicavano l’Appennino, e la via Pisana Lastra a Signa
che univa Firenze al mare. Molti ragazzi di Lastra a Signa vengono qua per ritrovarsi con gli amici a giocare al campino di calcio, andare in bicicletta, oppure andare a giocare sull’altalena o altro ancora «Wow!» dice Matteo sorpreso da quante cose sapeva Luca «e che cosa succedeva nella chiesa anticamente?» Nella chiesa si riuniva la Lega, costituita dai quattro popoli che godevano di speciali statuti e che poi divenne il Comune di Gangalandi e quindi di Lastra a Signa. «Sbaglio o a San Martino c’è anche un giardino?» chiese Matteo «Sí, c’è anche un giardino, si trova poco sopra il campino. Ci sono tre altalene, un totem e un castello. Di solito i ragazzi arrivano al campino verso le tre del pomeriggio e vanno via verso le sei di sera, dopo una lunga partita di calcio. Quando fa buio il campo non è illuminato e si vede poco, quindi non è molto frequentato. Bene adesso sai tutto, ti va di fare una partita?» «Certo! Sei pronto a perdere?!» E così al campino inizia una nuova emozionante partita di calcio.
Lastra a Signa
IL NONNO RACCONTA Ciao ragazzi, vi siete mai chiesti che lavori facevano i vostri nonni, bis-nonni, etc… fino ad arrivare ai lavori di Adamo ed Eva???!!! I lavori di Adamo ed Eva sono sconosciuti… Ma questo non ci importa… Passiamo ai lavori dei vostri antenati… allora… elencheremo alcuni dei lavori più comuni a Lastra a Signa: Scalpellino: era ed è ancora un lavoro comunissimo qui da noi, i lavoratori cavavano la pietra serena per costruire Arrotino: viaggiava in bicicletta per il paese ad affilare coltelli, forbici, ecc. Seggiolaio: siccome prima le sedie erano rivestite in fili di paglia, il seggiolaio riaggiustava le impagliature delle seggiole Ombrellaio: poiché costava meno riaggiustare gli oggetti che comprarne di nuovi, l’ombrellaio aggiustava gli ombrelli Ciabattino: erano i calzolai, che riaccomodavano le scarpe che venivano passate da un fratello all’altro… o le facevano nuove Trecciaiole: la maggior parte delle donne, mentre erano a veglia, intrecciavano con tredici fili la paglia, poi la passavano alle fabbriche di cappelli… I fattorini passavano dalle donne a ritirare le trecce Sarti: i sarti, oltre ad aggiustare vestiti, facevano i barbieri e levavano anche i denti!!!! Maniscalco: cambiava il ferro sotto gli zoccoli dei cavalli Navicellai o Barcaioli: trasportavano la 61
merce con le loro barchette nell’Arno Gelatai: venditori di Mentoni o fili spessi: verdi, alla menta; bianchi, al latte o al limone; rosa alla fragola… Oltre a vendere i Mentoni avevano in commercio anche i “Mangia e Bei” al rosolio… Ovviamente il gelataio vendeva anche il gelato!!! Lattaio: andava a casa della gente a vendere il latte appena munto, sfuso, trasportandolo in bidoni di latte Modiste (solo per le donne): facevano i cappelli… famoso in tutto il mondo il tipico canotto: un genere di cappello che usano spesso nelle commedie ed anche i cantanti degli anni ’50… più o meno!!! Ricamatrici: ricamavano i corredi: lenzuoli, tele, vestiti, ecc. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Il giorno 30 Novembre 2009, in occasione della Festa della Toscana, noi, classe 2°C, siamo andati in visita all’Accademia del Coccio a Ponte a Signa. Appena entrati in questo luogo una vampata di profumi e di antichi sapori, ci ha avvolti facendoci entrare in un mondo a cui la nostra bocca e il nostro naso non avevano ancora messo piede. Era un odore semplice, ma particolarmente casalingo, come entrare in casa della propria nonna e trovare tutto apparecchiato e fumante 62
MISTERI E LEGGENDE
Il masso della Golfolina Tra Brucianesi e la Lisca, lungo la via Livornese, si trova il grande “Masso della Gonfolina“. È conosciuto anche come “Masso delle Fate”. Infatti, si narra che il Masso fosse abitato dalle fate. Se qualcuno aveva bisogno d’aiuto esse passavano attraverso un percorso incantato e arrivavano a una barca sul fiume. Bastava dire “Voga per uno, voga per due” ed la barca partiva. Una volta, si racconta che però la barca non partiva, allora una di loro disse: “Allora voga per tre“. La barca si mosse. Le fate si misero a ridere e capirono che una di loro era incinta.
Lastra a Signa
sul tavolo. Delizioso. In questo antico edificio sono stati raccolti oggetti provenienti dalla cultura contadina del Novecento. Alcuni giorni della settimana diventa un ristorante, dove si possono gustare piatti tipici toscani, cucinati in stoviglie di rame e di coccio, con ingredienti originali, dei quali abbiamo perso l’uso nel tempo. Ricevuta un’accoglienza inaspettata (patatine, schiacciata e bibite) e visitato l’edificio, non abbiamo potuto fare a meno di conoscere alcune ricette CASTAGNACCIO Ingredienti: (per 6 persone) farina dolce di castagne: gr. 400 zibibbo o uvetta: gr. 100 pinoli: gr. 50 (sgusciati) 6 noci rosmarino2 cucchiai di zucchero poca scorza d’arancia olio d’oliva poco sale Preparazione: Setacciate la farina dolce e mettetela in una zuppiera. Aggiungete lo zucchero, un pizzico di sale, un cucchiaino di scorza tritata e mezzo litro abbondante d’acqua. Rimestate bene in modo da ottenere una pastella liquida e senza grumi. Aggiungete un paio di cucchiai d’olio e lasciate riposare per circa un’ora. Ungete una teglia e versateci la pastella (deve risultare alta poco meno di un dito, non di più). Cospargete la superficie con foglioline di Lastra a Signa
rosmarino, l’uvetta ammollata, i pinoli e le noci sgusciate e spezzettate. Irrorate con 2 cucchiai d’olio e cuocete in forno caldo per circa 40 minuti. BRICIOLE Tra Porto Di Mezzo e il masso della Gonfolina ci si può imbattere in un paesino chiamato La Lisca. Che cos’è quella cosa attaccata sotto la tettoia di quella casa? Molte persone si troveranno a chiedere. Eccovi accontentati: si tratta di un osso di pesce che fu ritrovato vicino al Masso della Gonfolina due secoli fa e che risale a quando la piana di Firenze era bagnata da acque popolate da cetacei. L’osso venne mostrato al naturalista Giovanni Targioni Tozzetti, che dopo averlo studiato attentamente, dichiarò che doveva trattarsi di un osso di capidoglio. Gli abitanti del luogo, però, continuarono ad attribuirne la provenienza ad una balena e orgogliosi del ritrovamento, decisero di tenerlo e di esporlo sulla facciata di quella che anticamente era un’osteria. Da allora questo luogo è stato ironicamente ribattezzato “La Lisca”.
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SCanDiCCi
Scuola Primaria Guglielmo Marconi Classe 4째 C Scuola Secondaria Enrico Fermi Classi 2째 F, 2째 D Gianni Rodari Classe 2째 C
Primaria Guglielmo Marconi Classe 4° C Secondaria Enrico Fermi Classi 2° F, 2° D
Scandicci è un grande comune vicinissimo a Firenze; è città per i numerosi palazzi e le fabbriche, è campagna per le sue splendide colline. Noi ci stiamo bene e per questo vi invitiamo. È facile raggiungerci: se siete in macchina, percorrete l’autostrada A1 ed uscite al casello di Scandicci; se venite in treno, scendete alla stazione di Santa Maria Novella, a Firenze, salite sulla Tramvia e in un lampo arrivate proprio davanti al nostro Palazzo Comunale.
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ALLA CONQUISTA DI SCANDICCI (4° C) Scandicci è una cittadina “giovane” è vero, ma ha anche alcuni antichi tesori artistici di cui andiamo fieri e, adesso, seguiteci: ci “tufferemo” nel passato. Il castello dell’Acciaiolo La Badia a Settimo Il museo di mineralogia e paleontologia La chiesa di Giogoli La Chiesa di San Martino Il Castello dell’Acciaiolo Le prime notizie di questo edificio risalgono al XIV secolo, cioè dal 1300 al 1400, quando il castello apparteneva alla potente famiglia Rucellai. Nel 1500 il castello andò nelle mani dei Davizzi (lo stemma è sulla torre nord). Nel 1546 il castello fu comprato da Roberto Acciaioli. Da allora il castello fu chiamato Acciaiolo. Dopo gli Acciaioli, il castello passò in mano alla famiglia Gentile Farinola che lo abitò nel 1800. In seguito appartenne alla famiglia Caini, che lo ha 65
lingi; era un convento che fu affidato a vari ordini di monaci. Il suo campanile non è quello originale, è stato ricostruito perché fu distrutto nella II guerra mondiale.
venduto al nostro comune. Il castello ora è stato restaurato ed il parco è diventato pubblico.
La Badia a Settimo La Badia a Settimo fu chiamata così perché al tempo degli antichi Romani doveva trovarsi al settimo miglio dal centro urbano di Florentia (Firenze). Fu costruita in mezzo a stagni e paludi (l’Arno straripava spesso), intorno al 1000, da un conte della famiglia Cado-
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Museo paleontologico di Badia Il museo è diretto da un gruppo di volontari del gruppo AVIS MINERALOGIA E PALEONTOLOGIA, si trova a Badia a Settimo, vicino alla bellissima Badia. Nelle vetrine sono esposti minerali e fossili ed una zanna preistorica. In una sala si trova l’eccezionale scheletro della balenottera scoperta a Castelfiorentino nel 1999 ed è la più completa al mondo. Se vuoi visitarlo telefona a questo numero: 055 7224141. San Martino alla Palma La chiesa di San Martino si trova su una collina non molto alta, coltivata a viti ed olivi e la sua storia è legata alla Badia a Settimo. È stata costruita nel X secolo d.C. (900-1000) dai conti Cadolingi. È abbastanza ampia e di aspetto elegante. Ha un portico da cui si vede anche Casellina, il quartiere dove abitiamo.
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La chiesa di Sant’Alessandro a Giogoli La chiesa probabilmente fu costruita nel X secolo d.C. (9001000) e con solide mura e finestre strette, come se fosse una piccola fortezza. Sopravvisse alle carestie e alla peste che colpirono la zona in cui si trova nel XIV secolo (1300-1400). Si trova in collina in mezzo agli olivi; dal sagrato puoi ammirare la pianura fiorentina e le colline. IL TEATRO STUDIO DI SCANDICCI (2° F) Il Teatro Studio è stato inaugurato nel 1991 dietro sollecitazioni della Compagnia “I Magazzini” che aveva lavorato a Scandicci negli anni precedenti. Alla direzione artistica la Compagnia Krypton che, insieme al Comune, cura una programmazione fortemente orientata ai linguaggi della contemporaneità. Il Teatro Studio si afferma come uno degli spazi più interessanti nel panorama italiano della ricerca. La direzione artistica passa, nel 1998, direttamente nelle mani del Consiglio di Amministrazione dell’Istituzione Servizi Culturali Il Teatro ospita frequentemente i ragazzi della Scuola Media “E. Fermi” di Scandicci per la rappresentazione di spettacoli.
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AVVENTURE NELLA NATURA (4° C) Ti piacciono il silenzio e il contatto con la natura? Allora andiamo a passeggiare nel parco di Poggio Valicaia sulle colline. Tra pini, querce eriche, corbezzoli olivi e viti, ti sarà facile trovare funghi e tracce di cinghiali, scoiattoli, lupi e caprioli.
Se ci visiterai in primavera, potrai sentire il gracidare delle rane nel laghetto ed il cinguettio degli uccellini. Se verrai in estate, sentirai l’aria che profuma d’arrosto, perché nel parco c’è lo spazio pic-nic, frequentato da noi scandiccesi soprattutto la domenica. E per finire, dai uno sguardo al panorama e vedrai Scandicci e la cupola del duomo di Firenze che brilla sotto il sole.
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Ti piace pescare? Eccoci sull’argine del fiume Greve. Gli argini sono puliti, l’erba è tagliata, si passeggia con tranquillità ed è facile incontrare, oltre ai pescatori, anatre, oche, aironi e nutrie. Lungo gli argini si possono ammirare ben tre mulini, che adesso non funzionano più: sono stati restaurati e sono diventati abitazioni. Se ti sei annoiato, puoi fare una capatina agli impianti sportivi di San Giusto e del Bartolozzi. Basta scendere dall’argine e puoi giocare a calcio, a tennis, a bocce e magari provare la tua macchinina telecomandata, se ce l’hai. E per concludere la tua giornata, seguici sul lungo Vingone, che è un piccolo torrente che divide la zona pianeggiante di Scandicci dalle sue colline. Verso le colline ci sono orti, un laghetto e una bellissima villa antica;
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verso la pianura si vede la zona industriale, ma non ti disturba tantissimo. In estate il Vingone di solito è senz’acqua e ci puoi camminare sul letto. Se camminare non ti piace, pescare neanche, allora vai alla nostra nuovissima e attrezzatissima biblioteca, prendi un libro, vai al parco del Castello dell’Acciaiolo, scegli una panchina e… BUONA LETTURA!
DOVE ANDIAMO A GIOCARE (4° C) Sei uno sportivo? Allora sei arrivato nel luogo giusto! Vuoi giocare a pallone? Il campo Turri, il Bartolozzi, il San Giusto e lo Sporting Arno, ti aspettano per partitone. Se sai nuotare come un asso, alla piscina delle Bagnese sarà uno spasso!
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Se a basket sai giocare alla scuola Rodari ti puoi allenare. Se un ninja vuoi diventare alla palestra Athena ti consiglio di andare! Se ti piacciono i cavalli, a San Colombano e a Vingone ce ne sono tanti e son pure belli. Se a fare capriole, verticali e spaccate paura non hai, al palazzetto a provare vai. Il canto e la musica ti divertono? Se un musicante vuoi diventare, alla banda Bellini, uno strumento puoi suonare. Se sei un cantante e allenare vuoi la tua voce, c’è la scuola di Musica che tanto ci piace. Vedrai che ti divertirai e a Scandicci tornerai. Biblioteca di Scandicci È un nuovissimo centro culturale con spazi per la lettura, lo studio, la ricerca la visione di film, l’ascolto della musica, il gioco. I servizi sono gratuiti. C’è una sezione dedicata interamente ai ragazzi e noi ci andiamo con la maestra ed i nostri genitori.
IL MERCATINO DEI RAGAZZI (2° D) La prima o la seconda domenica di maggio, in piazza di Vittorio a Casellina, si svolge, ormai da vent’anni, “Il mercatino dei ragazzi per la solidarietà”. I ragazzi devono allestire il proprio banco, stabilire i prezzi della merce che hanno raccolto nei giorni precedenti andando a chiederla di negozio in negozio ai commercianti della città. Grazie all’impegno dei ragazzi, alla generosità dei commercianti e della popolazione di Scandicci, sono state realizzate negli anni delle cifre importanti che sono servite per l’acquisto di strumentazioni, per la prevenzione delle malattie più diffuse. Questa iniziativa fa capire molto bene come ci si possa divertire facendo cose utili per tutti. IL MERCATO (2° D) Ogni sabato mattina si svolge nella centralissima Piazza Togliatti il mercato. La grande piazza si colora di
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bancarelle di ogni tipo che vendono di tutto e di più: vestiti, borse, scarpe, biancheria, cosmetici, profumi, giocattoli, fiori, frutta e verdura. LA FESTA DEL PATRONO (2° D) Il 10 Maggio, a Scandicci, si festeggia dal 1983, il suo patrono che è San Zanobi. […] Qui, ogni anno, in occasione della festa a lui dedicata, si svolge una processione che, partendo da Piazza Matteotti sfila per le vie cittadine, e raggiunge la chiesa che si trova appena fuori città verso le colline circostanti.
ca strada che permetteva di arrivare a Firenze a piedi o con il tram. Solo pochi signori possedevano la macchina. Chi possedeva una bicicletta era già fortunato. Le principali botteghe erano: a Vingone, l’emporio e la macelleria Piccini e la trattoria di Borgioli; sulla Greve il fornaio del Moro (mulino bianco), in via Roma l’alimentari Giovannoni, in Piazza Matteotti il bar Fancelli, il giornalaio e la farmacia del Dottor Mangani. I bambini andavano a scuola a piedi. La signora Leda, da Badia dove lei viveva, impiegava un’ora per arrivarci. Le cartelle erano fatte di fibra. A merenda si mangiava un pezzo di pane. MISTERI E LEGGENDE Un po’ di brivido non guasta Nel castello dell’Acciaiolo (4° C) Chissà se nelle stanze del castello circola il fantasma della leggenda che racconteremo! Tanto tempo fa nel castello dell’Acciaiolo viveva la famiglia Davizzi. Il marito tentò di avvelenare la moglie e la rinchiuse in una cella: il veleno non fece effetto e l’uomo fu scoperto, condannato a vita e privato dei suoi beni.
LA NONNA RACCONTA (2° F) La nonna di un alunno della Scuola Media “E. Fermi” ci ha raccontato come era Scandicci una volta. Prima della seconda Guerra Mondiale Scandicci era un centro agricolo. C’erano poche case e poche strade non asfaltate che venivano chiamate “stradini”. Intorno c’erano i campi. Via Pisana era l’uni-
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Durante la settimana i bambini andavano a scuola e lavoravano, mentre la domenica andavano tutti in Chiesa, prima alla Messa, poi a catechismo. Di solito si mangiava quel che si produceva e lo spreco era raro perché qualsiasi cosa veniva riutilizzata. La domenica si preparava la minestra, il lesso o il pollo, la schiacciata alla fiorentina o la torta di mele. Durante la seconda Guerra Mondiale molte case vennero distrutte a causa dei bombardamenti. C’era molta povertà. Dopo la guerra, le attività ripresero. Nel 1966 l’alluvione arrivò fino a Badia a Settimo e per poco non toccò Scandicci. Tutto intorno era allagato. Negli anni ’60 - ’70 molte famiglie immigrarono dal sud determinando così un’impennata della popolazione. Scandicci si classificò al secondo posto in Italia per il velocissimo aumento dei suoi cittadini che passarono da 25.000 a 50.000. LA FIERA DI SCANDICCI (4° C e 2° D) Mi ricordo che la fiera di Scandicci nacque tradizionalmente come fiera del bestiame e si svolgeva nella piazza principale, piazza Matteotti. A quei tempi, all’inizio degli anni ’50, la popolazione era principalmente contadina, per lavorare la terra veniva usato l’aratro trainato dai buoi o vacche. Gli abitanti attendevano questo evento per comperare o scamScandicci
biare gli animali. Tutti si radunavano nella piazza: contadini, macellai, sensali (cioè i mediatori fra venditori e compratori) e ognuno faceva i propri affari. I contadini facevano a gara a infiocchettare gli animali e la piazza si animava di folclore. La gente era incuriosita e specialmente noi ragazzi ci divertivamo a visitare la fiera. Nella piazza c’era soltanto il vecchio edificio del comune circondato da campi e noi lo raggiungevamo a piedi o in bicicletta. Oggi Luna Park, giostre e giochi vari attirano bambini e ragazzi; richiami gastronomici e iniziative culturali e folcloristiche fanno giungere aiutanti da tutte le zone limitrofe, Firenze, Lastra, Signa, Sesto e anche quelli delle colline vicine. PANCIA MIA FATTI CAPANNA (2° F) Trippa alla fiorentina La trippa si acquista lessata, si lava, si taglia a striscioline e si mette a scolare. In un tegame fai rosolare un trito di cipolla, carota e sedano; aggiungi la trippa, pomodori maturi a pezzet-
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ti, sale e pepe, e lascia cuocere per mezz’ora, bagnando eventualmente con dell’acqua. Cospargi con parmigiano e burro, rimestala e falla riposare qualche minuto. Minestra di pane Soffriggere una cipolla tagliata a fette;
aggiungere 2 patate, sedano e di cavolo verza tagliati a pezzi, concentrato di pomodoro e pepolino; aggiungere 300 g. di fagioli cannellini col loro brodo e far cuocere 1 ora; aggiungere del pane raffermo tagliato a fette sottili; cuocere per 15 minuti.
BRICIOLE Arriva la Tramvia (4° C) Con l’arrivo della linea “T1” della TRAMVIA cambia lo spazio e il tempo della città. Si viaggia meglio, si arriva prima, si arriva puntuali. È un modo diverso di vivere le strade. Dalla Tramvia non escono gas inquinanti nell’aria, consuma meno energia e riduce l’inquinamento sonoro. Curiosità: La “T1” è chiamata anche la linea di San Valentino, perché è stata inaugurata il 14 febbraio. Lessico scandiccese (2° F) Bischero, Seggiola, Muricciolo, I’ tocco, Ganzo, Gingillone, Volerci le binde, Diacere, A’ bollore, Chiorba, Brindellone, S’ha d’andà?, I’ ndo’?, I’ che c’è?, L’hanno preso pei fondelli, Ti par mill’anni, Un tu n’hai core, Stadera, Tramme, Barre, Camignolo, Conigliolo, Pummodoro, Formicola, Cignale, Arbero, Patate mascé, Un’ intendo, Uscio Proverbi popolari (2° F e 4° C) È meglio avé paura che buscanne In corpo c’è buio Porterebbero via il fumo alle candele Tu c’hai più corna di un cesto di lumache Con il tempo e con la paglia matura la sorba e la canaglia Crescere qualcuno a mollichella T’ha fatto i’ guadagno di’ Lica Icchè ci ha ci ‘ole Porco pulito non fu ma’ grasso Donne e oche tienine poche È come da’ le perle a’ maiali Meglio palaia! Andare a Castelpulci (ex manicomio di Scandicci) Tu sei un cicciamestole Lo stufato del Pelliccia: di molte patate e poco ciccia Essere sudicio come un bastone da pollaio
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Secondaria Gianni Rodari Classe 2° C
Scandicci… Non la riconosco più… Non è più la stessa… Queste sono le parole della mia nonna Mentre racconta nei suoi occhi si accendono le fiamme del ricordo Dalle sue guance vissute scorrono lacrime Ma non sono lacrime di dolore … Sono lacrime di nostalgia!
ALLA CONQUISTA… DI SCANDICCI San Zanobi è il patrono di Scandicci la cui festa ricorre ogni anno il 10 maggio. Con la classe siamo andati a visitare la chiesa e la Grotta del Santo Protettore a Casignano, un luogo che sorge proprio sopra le colline di Scandicci. La chiesa è piccola, semplice, ma molto accogliente. È stata ricoScandicci
struita sulle fondamenta di un vecchio tempio pagano nel 300 d.C. da Zanobi e i suoi diaconi in soli 25 giorni. Sono rimaste le fondamenta dell’abside e della piccola navata centrale, visibili attraverso una lastra di vetro. Camminarci sopra è bellissimo e sembra quasi di sprofondare. Al suo interno la vetrata intarsiata della finestra centrale raffigura il volto, una bella statua in terracotta posta sopra all’altare, un quadro vicino all’acquasantiera raffigurano San Zanobi; ci sono anche dei dipinti, uno in particolare mi piace: è di Filippo Lippi e raffigura una Vergine col Bambino. Dopo avere visitato la chiesa si può andare alla Grotta di San Zanobi, il percorso è nel bosco e ci si arriva a piedi dopo una buona ora di cammino. La salita a tratti è faticosa
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per questo abbiamo fatto una sosta durante il tragitto per fare merenda. Il paesaggio da conquistare è stupendo, proprio sulla porta della grotta insieme a tutti i miei compagni di classe ci siamo scattati una foto ricordo; ti consiglio quest’esperienza meravigliosa a contatto con la natura, lontano dai ritmi frenetici della città. La maschera è una scultura, chiamata popolarmente così, collocata vicino al Comune Nuovo, dove sorgerà il nuovo ingresso della città di Scandicci. Il suo vero nome è il Sole credo per via della grande stella che si trova sopra la sua testa. Nella sua imponente grandezza vedo la bellezza e noto qualcosa che non appartiene alla nostra cultura. Infatti è stata progettata da Aziz Fuad, un famoso artista proveniente dalla città di Abril in Kurdistan. Questo per me significa che la mia città è aperta verso gli stranieri, accoglie etnie diverse e non le discrimina. Osservandola trasmette una forte emozione perché è un simbolo del cambiamento di Scandicci negli anni. La scultura è realizzata in bronzo: passandole vicino hai la sensazione di essere guardata, come se ti dovesse dire qualcosa e
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ti trasmettesse calore, con la sua alta statura e l’aspetto regale di una meravigliosa regina del passato. è un’opera d’arte molto importante per Scandicci perché la rende una città del futuro nominata in tutta Italia per le sue bellezze. AVVENTURE NELLA NATURA Il bosco dei ricordi Sono un bambino che ama la natura, adora gli alberi, la vegetazione e il verde. Per fortuna abito in un luogo dove ve ne sono in abbondanza, altrimenti morirei di noia! Infatti nulla è comparabile ai divertenti giochi all’aria aperta che organizzo con i miei amici. Quando posso vado a Carbognano, sulle colline di Scandicci dove sorge la vecchia casa di mio nonno ed io vengo spesso qui perché è immersa in un bosco bellissimo e mi permette di dare sfogo alla mia fantasia. I miei cugini mi hanno soprannominato “il maniaco delle capanne” e devo dire che questo soprannome mi calza a pennello perché appena vedo della Scandicci
legna e dello spago, o del fil di ferro non riesco a trattenermi dal costruirne una. Ne abbiamo edificate tantissime e quel bosco ne è pieno, le costruivamo ovunque e di ogni tipo: sugli alberi, per terra perfino in discesa… A volte ci credevamo dei grandi inventori e in una ci volevamo far passare addirittura l’acqua corrente. Ma le capanne non sono certo l’unica cosa che si può fare lì: il gioco del Nascondino infatti, riesce in modo perfetto! Altre volte ci immedesimavamo in vari personaggi come antichi e nobili guerrieri, spaventosi mostri alieni, coraggiosi soldati, spavaldi e impavidi esploratori ed il gioco nasceva sempre in questo meraviglioso bosco. Una cosa è certa: non dimenticherò mai questi momenti felici e spensierati nemmeno fra cento anni!
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Il Lago di Polvani a San Michele a Torri è il lago dove sono andato con il mio babbo a pescare. Stavo lì a guardar la mia triste e sola canna da pesca, seduto in una scomoda sedia pieghevole, sotto il sole rovente. I pesci abboccavano attirati dalla mia succulenta esca e poi sparivano all’istante, rubandomi però il cibo. L’unica cosa positiva è che ho visto dei bei pesci grossi, presi però dagli altri pescatori: erano così belli che sembravano finti! DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Il giardino di via Caboto è il più grande giardino pubblico di Scandicci, è un ritrovo per tutte le famiglie con bambini di tutte le età, ragazzi e perfino
anziani che si riposano nelle panchine accompagnati dalle fedeli badanti. I figli possono giocare, le mamme chiacchierare e i padri riposarsi nel prato e se ci fosse anche un cane in famiglia c’è un prato pensato proprio per loro; gli anziani vanno a prendere il fresco, rallegrati dalle vocine dei bimbi che fanno loro tanta compagnia. Nel mezzo del giardino si trova un’enorme fontana che sorge all’inter75
no di una vasca recintata, che spruzza tre alti getti d’acqua verticali, sempre funzionanti. Tra i numerosi cespugli i più piccoli giocano a nascondino, specialmente nella zona della centrale motore della fontana, chiamata la Fortezza. Grazie ai numerosi lampioni il giardino è frequentato anche nelle ore notturne specialmente in primavera e in estate, quando è troppo caldo per rimanere in casa. è il ritrovo degli abitanti del quartiere per le sfilate dei carri di Carnevale con tutti i bambini mascherati, stelle filanti e coriandoli sparsi da tutte le parti, e noi più grandi che ci divertiamo a schiumarci. Per la festa della Rificolona il giardino diventa un vero e proprio campo di battaglia con noi ragazzi che spengiamo le rificolone con i pallini di stucco
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lanciati dalle nostre potenti cerbottane, oppure ci bombardiamo a vicenda con dolorose stuccate. Mi ricordo una volta d’inverno che la fontana si era completamente ghiacciata e tutti i ragazzi si divertivano a prendere dei pezzi di ghiaccio da portare a casa. Se invece ci vai il giorno che finisce la scuola puoi vedere i ragazzi delle superiori che si buttano vestiti nella fontana! A me questo giardino piace molto perché oltre ad essere particolarmente bello è anche una parte di me: ci vado dall’età di due anni e lì ho imparato ad andare in bicicletta e sui pattini! IL NONNO RACCONTA Per scoprire la Scandicci del passato mi è bastato fare una domanda a mia
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nonna che lei subito ha cominciato a raccontare, con un velo di malinconia, la sua giovinezza e una città completamente diversa “Devi sapere che Scandicci non era così estesa e anche il numero dei suoi abitanti era minore”. Nel dopoguerra il paesino era pieno di campi, erano stati interrotti anche i pochi mezzi pubblici che circolavano, le strade erano sterrate, tranne una, la strada maestra, che era asfaltata. Poche persone potevano permettersi il motorino, la maggioranza si spostava in bicicletta. Piazza Matteotti, la piazza del Comune vecchio, era tutta pavimentata con sassi e al centro sorgeva la statua dedicata ai caduti nella Prima Guerra Mondiale. Andando per via Roma, la strada che porta verso le colline, a destra si trovava la chiesa di Santa Maria e accanto c’era la scuola elementare Duca degli Abruzzi, che dall’anno scorso è la nuova biblioteca. Proseguendo si incontrava il tram elettrico che era la stessa cosa di quella ora noi chiamiamo tramvia che verrà inaugurata qui fra pochi giorni: essa arrivava fino a Vingone. Il sabato tutti i contadini portavano al mercato i pro-
Scandicci
dotti dei propri campi e il bestiame. Il pane lo facevano in casa e rimaneva buono per cinque o sei giorni. Per scaldarsi avevano il braciere: lo usavano il giorno per la casa e la sera per scaldare il letto; non avevano il frigorifero e facevano la spesa giorno per giorno. Avevano la radio e per quei tempi era come una televisione a schermo piatto a cinquantadue pollici! I vestiti non venivano comprati ma si acquistava la stoffa che si portava alla sarta che cuciva su misura i vari capi di abbigliamento. Mi fa riflettere, mentre parlo con lei, sull’importanza che avevano gli individui: ognuno aveva il suo soprannome e ogni persona mi viene descritta come “un personaggio” grazie al suo lavoro e al suo modo di muoversi all’interno della società. “Cosa ti manca di più della vecchia Scandicci?” - le ho chiesto - “Le chiavi sull’uscio - perché nessuno osava rubare nulla - la vita quando tutti si conoscevano e si aiutavano”. Per mia nonna questo era tanto, anche se a
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noi può sembrare poco, e aver fatto un passo indietro con i suoi racconti è stato come aver visto un vecchio film in bianco e nero. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Vi consigliamo di stare molto attenti mentre leggete a non sporcare il foglio BRICIOLE E CURIOSITÀ Proprio accanto alla nostra scuola, c’è la scuola Nazionale cani guida per persone non vedenti. Siamo andati a vedere come vengono addestrati e abbiamo anche visto una cucciolata fantastica!!! Ogni cucciolo ha il nome che inizia per M, Mac, Mira, Menta, Mino… ma la mia preferita è Mirtilla. È stata la prima a venirmi incontro e mi sono subito innamorata di lei! Un addestratore specializzato, Corrado, ci ha fatto vedere come viene allenato un cane ad evitare gli ostacoli in un percorso simulato. Un comando “difficile” per Zara che doveva prendere la pallina mettendo una zampa su un pezzo di legno che sollevava il coperchio della scatola dove si trovava all’interno la pallina. è bello pensare all’utile percorso di vita di questi teneri cuccioli visto che diventeranno un aiuto indispensabile per i non vedenti.
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di saliva perché vi verrà sicuramente l’acquolina in bocca solo al nominare i gustosi cibi di cui vi parleremo! Dunque iniziamo con una sola parola di augurio: Buon Appetito! Il Ristorante Fiore è uno dei locali storici di Scandicci: immerso nelle dolci colline della Roveta, l’altura che circonda e abbraccia il nostro paese. La sua prima origine è quella di bottega di campagna dove si vendeva un po’ di tutto, prima della seconda guerra mondiale. Le sue specialità i primi con sugo di selvaggina, le “Crespelle alla fiorentina”, crepes ripiene con ricotta e spinaci, gratinate al forno con besciamella, e la regina dei secondi: la bistecca alla fiorentina! Il Far West è un pizzeria storica di Scandicci, la consiglia Sean perché ci lavorava sua nonna e conoscendo la sua cucina bisogna per forza andarci! Qui la pizza è così croccante e friabile che sembra di mangiare una nuvola! Se vogliamo gustare qualcosa di speciale bisogna assaggiare un gustoso maritozzo alla panna alla Pasticceria Monatti e provare la loro buonissima schiacciata alla fiorentina, riempita con crema chantilly. Ma la vera fine
Scandicci
del mondo, per Virginia, è il Bongo al cioccolato. Se dovete fare i compiti e non avete più le forze Marta consiglia di andare qui: come per magia, farete tutto in un attimo! Il gelato migliore si trova da Gelatando, la miglior gelateria di tutta la Toscana per Sofia, soprattutto d’estate quando si soffoca dal caldo i suoi cremosi gelati sono una vera benedizione! Qui c’è davvero l’imbarazzo della scelta nei gusti, assolutamente da provare è quello alla nocciola. Bisogna però armarsi di pazienza perché la coda è molto
lunga, ma di sicuro troverete qualcuno con cui scambiare due chiacchiere, perché ci vanno tutti i ragazzi della nostra età. A casa di Edoardo invece si mangia ancora un piatto antico che i contadini facevano in inverno e autunno, ci mettevano del pane vecchio o raffermo, alcune verdure di campo in prevalenza il cavolo nero, e condivano il tutto con l’olio nuovo. Questa ricetta si chiama ribollita ed anche se molto semplice, fa sognare Edoardo ogni volta che la assaggia!
MISTERI E LEGGENDE Il Lago stregato A Badia a Settimo, davanti alla magnifica Abbazia di San Lorenzo e San Salvatore a Settimo, c’è un luogo ricco di sterpaglia in cui io e un mio amico un giorno avevamo individuato delle impronte di cinghiale. Superato il primo impatto di terrore e grazie all’insistenza di Totti, il cane del mio amico, decidemmo di avventurarci nella radura che sorgeva lì davanti. Arrivati al limitare del bosco con una bella dose di coraggio riuscimmo finalmente ad entrare! C’erano arbusti e spine di ogni genere: era quasi impossibile raggiungere il cuore della foresta. Dopo un po’ di cammino, quando ormai eravamo al centro della radura, scorgemmo un laghetto su cui, secondo una leggenda metropolitana, era affogata una bambina e adesso il suo spirito volteggiava nell’aria circostante. Al solo pensiero di questa macabra storia, io tremavo di paura: brividi di freddo correvano lungo la mia schiena. Ad un certo punto, mentre ero immerso in questi pensieri, una volpe uscì improvvisamente da un cespuglio e Totti cercò di afferrarla, peccato però che il mio amico avesse il cane al guinzaglio: il cane dette uno strattone fortissimo trascinandosi dietro il padrone nell’acqua melmosa. Io, sghignazzando fra me e me, cercai di andare a riprenderli ma inciampai in una radice e mi aggrappai a quella che apparentemente sembrava una corda ma … quando l’afferrai la sentii scivolosa al contatto con la mia mano e solo allora scoprii che era una viscida biscia!!! Emisi un potentissimo urlo che riecheggiò, credo, per tutta Badia a Settimo, ma poi quando la vidi morta sotto le zampe di Totti, finalmente mi calmai. Sconvolto e impaurito riuscii a recuperare anche il mio povero amico che però sghignazzava per quel che mi era accaduto con quella schifosissima biscia. La maledizione del lago si era abbattuta su di noi e … sulle nostre mamme quando ci videro tornare a casa coperti fino al collo di melma puzzolente!!! Scandicci
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SeSTo fiorenTino
Scuola Primaria Edmondo De Amicis Classe 4° C Vittorino da Feltre Classi 2° A, 2° B, 3° A, 3° B, 4°A, 4° B, 5° A, 5° B Villa La Fonte classi 3° A, 4° A, 4° B Scuola Secondaria Guido Cavalcanti Classi 1° G, 1° i
Primaria Edmondo De Amicis Classe 4° C
ALLA CONQUISTA DI SESTO FIORENTINO Dove siamo? Sesto Fiorentino è una cittadina alla periferia di Firenze. Il nome moderno è nato nel 1869, ma la sua origine è molto più antica. Furono i Romani a coniare il nome “sextus ab urbe lapis” che significa luogo che si trova a circa 6 miglia dal centro di Firenze.
via degli Scardassieri, sono presenti ben cinque torri e una chiesetta, con abside di stile romanico molto semplice e mura in pietra, che testimoniano l’esistenza di un borgo medioevale. Porcellana e Pievi. In tutta l’area di Sesto la porcellana (Museo delle porcellane di Doccia in via Pratese) fu utilizzata per oggetti sacri, addobbi e stoviglie. Tutti posseggono qualche pezzo della Ginori, la fabbrica più famosa, e guai a romperlo! Nella pieve di San Romolo a Colonnata è da non perdere l’altare che fu il primo fatto in porcellana. Le pievi sono chiesette di campagna costruite nel medioevo e noi consigliamo: Sant’Andrea a Cercina; San Romolo a Colonnata, San Martino vicino a piazza Vittorio Veneto e Sant’Andrea a Quinto. Porcellana e Tabernacoli. Per le vie di Sesto potrete scoprire sui muri delle
Il nostro stemma Il simbolo di sesto Fiorentino è un compasso, anticamente chiamato “Seste” che già gli alunni di Giotto avevano disegnato nel XIV secolo nella pieve di Cercina. Cenni di storia. I sestesi si vantano di discendere dagli Etruschi. Un antico insediamento doveva essere nella zona a nord del paese ed il fiume Zambra, separava la “città dei vivi“, cioè la zona abitata di Colonnata, dalla “città dei morti“, cioè il cimitero della zona di Quinto alto. Lungo la via del Rimaggio, nella piana di Sesto Fiorentino, in Sesto Fiorentino
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case ad angolo molti tabernacoli in porcellana con immagini o statuette di santi protettori e madonnine. Un tempo ce n’erano tantissimi e oltre che per pregare, con i loro lumini ad olio, servivano ad illuminare le vie a chi tornava a casa dopo il tramonto. Cercateli! Tombe etrusche Se volete restare senza fiato entrate nella tomba etrusca della Montagnola (via Fratelli Rosselli 65 parco privato) con la volta realizzata con pietre e argilla tenute insieme senza calcina. La stanza sepolcrale ha come tetto una finta cupola decorata ad affreschi. La tomba della Mula (via della Mula all’interno di una villa privata) è un altro capolavoro degli Etruschi, peccato che gli incolpevoli proprietari usandola come cantina ne abbiano rovinato il pavimento. AVVENTURA NELLA NATURA Se avete voglia di fare un tuffo nella natura, a pochi minuti dal centro di Sesto c’è Monte Morello: un ambiente di bassa montagna con tantissimi alberi come querce e pini, cipressi e abeti bianchi. È perfetto per fare escursioni, infatti ci sono tanti sentieri ben segnalati. Da Monte Morel82
lo nasce il torrente Rimaggio, il maggiore fra quelli che attraversano Sesto. Noi abbiamo risalito una parte del suo corso, seguiteci! Partenza dalla nostra scuola in piazza E. De Amicis. 1ª tappa: Via Matteotti. Il torrente scende dalla montagna e scorre nel suo letto: è piccolo, gli argini sono artificiali e piuttosto alti 2ª tappa: Via Vittorino da Feltre. Il fiume scompare sotto la strada e riappare dalla parte opposta; ci sono alcuni orti, coltivati dai “nonni”, perché il terreno è fertile. Il Rimaggio passa sotto un ponte chiamato “Ponte all’ Amore”, perché qui tanto tempo fa si incontravano i giovani innamorati di Colonnata. Poco più avanti c’è un altro piccolo ponte che si chiama “Ponte del
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Buco”. In questo tratto il percorso è abbastanza pianeggiante con dislivelli artificiali. 3ª tappa: Ponte della Palancola. è un ponte in muratura (a tre archi) con scalini e ringhiera di ferro che attraversa il torrente. Il letto del fiume è sassoso. Le sponde sono basse. Ci sono argini artificiali. 4ª tappa: Via Murata. è una via stretta, diritta e molto ripida con muri abbastanza alti. Da questo punto in poi non vediamo più il torrente per un bel tratto di percorso, perché il sentiero è troppo lontano dal fiume. Qui però c’è un grande prato con tanti ulivi, dove ci fermiamo a fare merenda.
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5ª tappa: Percorriamo una strada sterrata fino a Via delle Catese poi torniamo indietro. 6ª tappa: sulla via del ritorno camminiamo di nuovo lungo il Rimaggio, qui il fiume ha sponde basse coperte da vegetazione fra cui le canne. In questo tratto il fiume ci sono molte anse e cascate. Lungo le sponde ci sono tante piante, fra cui riconosciamo le canne. DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Dipende… In primavera e in estate possiamo andare nei bellissimi parchi pubblici del nostro paese. PARCO DEL NETO Questo parco si trova al confine fra i comuni di Calenzano e Sesto Fiorentino. Tanto tempo fa questa zona era una palude, che è stata trasformata in un giardino romantico di una villa di nobili, poi recentemente i sindaci dei due comuni hanno deciso di farlo diventare un giardino pubblico. è
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molto grande, ci sono molti alberi, i bambini ci vanno a giocare, i grandi a passeggiare oppure a correre. Nel parco del Neto c’è un albero speciale: il taxodium distichum. è un nome molto difficile e infatti viene chiamato con nomi diversi: “cipresso di palude” perché vive nelle paludi, “cipresso calvo” perché d’inverno non solo perde le foglie ma anche i rametti e rimane completamente spoglio, “albero della Virginia” perché in questo stato americano ce ne sono anche foreste intere, “albero delle meraviglie” perché la sua altezza supera i 50 metri e può vivere più di 1000 anni. VILLA SOLARIA Anche questo parco è nato come giardino di una villa che apparteneva a una ricca famiglia fiorentina. Ci sono grandi prati separati da boschetti ed è molto pulito, infatti ci sono molti cesti-
GIARDINO DELL’OLIVETA È il giardino più nuovo di Sesto ed è stato creato all’interno di un campo di ulivi. Ci sono sentieri per andare in bicicletta, un grande prato dove giocare, fare sport o riposare. Ci sono anche dei sentieri che corrono in mezzo agli ulivi e piante tipiche della macchia mediterranea come il rosmarino. Alla fine di agosto arriva la “fiera”! Un tempo era una fiera del bestiame, adesso è un luna park che si ferma nella piazza del mercato per una decina di giorni e si conclude con i “fochi”, uno spettacolo di fuochi artificiali a cui assiste tutto il paese! In inverno, quando fa freddo e piove Sesto diventa la “città dello sport“ perché è possibile praticarne moltissimi: basket, pallavolo, calcio, rugby, pallanuoto, nuoto sincronizzato, baseball e softLEGGENDE
ni per buttare i propri rifiuti. Durante la primavera molti ragazzi trascorrono qui i loro pomeriggi con gli amici per giocare e (forse) studiare. Nelle sere estive vengono organizzati molti concerti di artisti importanti! 84
Vi sembrerà strano ma Pinocchio è nato e vissuto a Sesto e precisamente nel quartiere di Colonnata. Provate a passeggiare per il quartiere e cercare i cartelli che ne ricordano i luoghi: sarà divertente come fare una caccia al tesoro! Sesto Fiorentino
ball... se ti piace lo sport di squadra, invece se preferisci gareggiare da solo puoi fare ginnastica artistica, bocce,
nuoto, tennis, karatè, judo e atletica. A giugno tutte le società sportive organizzano al Parco del Neto una grande festa che si chiama proprio “Sesto città dello sport“, con dimostrazioni di tutti gli sport. Nel nostro paese c’è anche un importante Scuola di Musica dove puoi trascorrere il tempo immerso nelle note musicali. A Sesto la neve cade raramente, ma se hai voglia di pattinare sul ghiaccio ogni inverno nel periodo di Natale viene montata nella piazza principale una pista del ghiaccio, che rimane fino alla fine di Carnevale! IL NONNO RACCONTA La vita a Sesto è molto cambiata, per scoprire come si viveva un tempo bisogna rivolgerci ai nonni ed andare con loro a visitare Casa del Guidi, museo della Cultura contadina. Il museo si trova in via 1° Maggio nel quartiere di Camporella. Nel 1972 rovistando per Sesto Fiorentino
caso in una casa colonica abbandonata furono trovati tanti oggetti del mondo contadino ormai quasi scomparso. Gli oggetti furono portati alla scuola media Pescetti, che allora era nella villa Gerini a Colonnata, e gli alunni della III A hanno diviso, classificato e sistemato tutto il materiale raccolto. Nel 1995 tutti gli oggetti furono portati dove sono adesso. Il museo è situato al primo piano ed occupa 6 stanze ognuna delle quali è dedicata ad una attività contadina e ad un ambiente particolare: 1° nel campo, 2°nella stalla, 3° al telaio, 4° in cucina, 5°in cantina e 6°in bottega. È facile anche per noi bambini capire l’uso degli oggetti esposti. E la nonna? Nel piccolo museo in molte stanze si può immaginare di vedere la nonna al lavoro tra telai, paioli e scaldaletti. Lei potrebbe raccontarci che ai suoi tempi le attività di ogni giorno si svolgevano in modo diverso: il bagno si faceva nella tinozza, i panni si lavaBRICIOLE A sesto ci sono ancora alcuni modi di dire che hanno un senso solo per chi li conosce. Volete sapere cosa vuol dire “essere ai piolini dì’ Corsi “? che siete sulla strada per andare al…cimitero che appunto si trova presso la villa Corsi. E “si discute del prosciutto di Maino“? Vuol dire litigare per delle sciocchezze come appunto se mangiare o no il prosciutto a casa del signor Maino.
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vano nei lavatoi lungo il fiume Rimaggio e che segreti sapevano quei panni! Molti maglioni li facevano a mano e le coperte le tessevano con telai di legno, inoltre si stirava con grossi ferri riscaldati sulla stufa e legna. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Noi sestesi siamo dei buongustai: i nostri piatti preferiti sono un po’ insoliti e a voi potrebbero non piacere. Il piatto più famoso sono le budella alla sestese: il nome è tutto un programma! Sono le budella (cioè l’intestino) del maiale! Naturalmente prima di cuocerle devono essere pulitissime, infatti bisogna lavarle dentro e fuori prima in acqua fredda e poi in acqua calda almeno venti volte. Una volta che sono state rigirate come un calzino, dobbiamo lessarle insieme agli odori, sale e pepe; in passato si usava cucinarle con un miscuglio di erbe aromatiche. Le budella sono più buone mangiate calde e nel brodo possiamo cuocere il riso. Un altro piatto tipico di Sesto è il roventino: una frittella fatta con il sangue di maiale a cui si unisce un po’di farina e spezie. è obbligatorio mangiarlo caldo, condito con formaggio o zucchero. Buonissimi sono anche i ciccioli, che si ottengono dal grasso del maiale. Una volta i contadini li mangiavano insieme alla polenta perché sono molto nutrienti. Ora si usano soprattutto per rendere più gustose focacce, pane e polenta. Se passa86
te da Sesto i primi di settembre potrete gustare la schiacciata con l’uva. Si tratta di una torta fatta con l’uva rossa con i chicchi piccoli. è deliziosa ma un po’ aspra perché in bocca si sente il sapore del succo d’uva. E ricordate: le schiacciate più buone vengono fatte dai fornai e non dai pasticcieri! Questi piatti sono una tradizione antica, a noi invece piace tanto mangiare la pizza. Nella nostra città ci sono parecchie pizzerie molto buone, per tutti i gusti: a taglio, alla napoletana oppure con la pasta sottilissima. Questo per cena, invece a merenda ci piace tantissimo mangiare gelati giganteschi e di tanti gusti come possiamo trovare nelle numerosissime gelaterie in centro e alla periferia. Golosissimo anche lo yogurt gelato guarnito da chicchini colorati, cioccolata fusa, panna e tutto quello che la vostra fantasia suggerisce.
Sesto Fiorentino
Primaria Vittorino da Feltre Classi 2° A, 2° B, 3° A, 3° B, 4° A, 4° B, 5° A, 5°B
ALLA CONQUISTA DI SESTO FIORENTINO!!! Le sette meraviglie di Sesto Fiorentino. Era una notte del 1890. Ero quasi giunto al cosiddetto “Paese dei Ba-
no un bicchiere di vino e mi raccontarono che quel poggetto nascondeva una tomba etrusca. Gli abitanti della zona la immaginavano simile a tante altre tombe etrusche: un dròmos con una falsa vòlta e qualche cella sui lati; di certo una grande tholos centrale, contenente, secondo loro, chissà quali tesori! Mi dissero che la fiera si svolgeva presso la pieve di S. Martino. Un tabernacolo con una Madonna dei Sette dolori, in ceramica multi colore mi illuminò le ciminiere della fabbrica di ceramica di Doccia. Esse continuavano a fumare fin dal 1737, anno in cui il Conte Carlo Ginori scoprì una formula segreta che era conosciuta, allora, solo in Germania. In quelle stanze si sono conservati vasi, brocche, piatti finemente decorati, statuine in porcel-
locchi”. Il lumino di un tabernacolo, una Madonna con Bambino e angeli, di porcellana invetriata bianca su fondo azzurro, proprio all’incrocio con la via detta di Fontemezzina, mi condusse ad una casa colonica, vicina ad una montagnola, dove mi offriroSesto Fiorentino
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lana bianca e policroma. Costeggiando il torrente Rimaggio scesi fino alla pieve. Entrai e mi inginocchiai dinanzi al Crocifisso. La chiesa costruita nel XII secolo aveva un bel loggiato, tre navate e due cappelle affrescate. Un mosaico raffigurava il volto di Cristo Venne il giorno e visitai la fiera. Poi, carico di balocchi, mi avviai verso Firenze.
che fosse sepolta una villa romana. Qualcuno aveva raccontato di aver intravisto, scendendo in cantina, i resti di muri, orci di terracotta e mosaici. Al punto che mi avevano indicato svoltai a sinistra verso la via principale. Vidi quattro persone che scavavano con forza e domandai che cosa volessero piantare. Essi cercavano i resti di un focolare del VI millennio a. C. che si diceva fosse a poca profondità , 30-35 cm, riempito di pietre e residui di combustibile. Forse era stato usato come forno per la cottura dell’argilla. Proseguii il mio viaggio pregando loro di fare in modo che i reperti venissero protetti e conservati. Mi apparve, una volta che arrivai sulla strada maestra, il giardino di una villa, con cascate, fontane e finte grotte, affrescate. La facciata era maestosa. Stupito dalla
Alla vista della chiesetta della Madonna del Piano pensai che mi ero allontanato dalla via maestra. Chiesi ad un passante di indicarmi un punto di riferimento. Egli mi raccomandò di seguire il percorso del torrente Zambra, fino ad un incrocio dove si diceva
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vista di quelle meraviglie mi incamminai verso Firenze con i doni per il mio nipotino. AVVENTURE NELLA NATURA A nord di Sesto sorge monte Morello con le sue tre punte: poggio all’Aia (934 m), poggio Cornacchiaccia e poggio Casaccia. La forma conica del monte, per molto tempo ha “ingannato” gli abitanti della zona che pensavano si trattasse di un antico vulcano. Ma non è così. La roccia più visibile, perché più affiorante, è l’alberese servita per lungo tempo come materiale da costruzione (abitazioni, chiese, muri a secco). Sul versante di monte Morello che guarda Sesto ci sono molte fonti (sorgenti), conosciute bene da tutti gli escursionisti che ne percorrono i numerosi sentieri. Le acque di alcune fonti, fonte di Vecciolino, di S. Vico e dei Seppi, si riuniscono a formare il torrente Rimaggio che attraversa Sesto. Prima di arrivare in pianura il Rimaggio forma il “Bacino”, un lago artificiale usato per rifornire di acqua potabile Colonnata. Tanti anni fa, l’acqua del Rimaggio
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serviva ad alimentare i numerosi mulini che si trovavano lungo il suo corso. Il primo si trovava poco dopo la fonte di S.Vico (mulino di Gualdo) e uno degli ultimi nel centro di Sesto, in via Dante Alighieri, in un luogo conosciuto fino a poco tempo fa come “pe i’ mulino”. Sembra che Monte Morello debba il suo nome alla folta vegetazione che lo caratterizzava sin dai tempi più antichi. C’è stato poi un tempo in cui furono tagliati molti
alberi, ma nel 1950 furono piantati numerosi pini e abeti, il territorio è ricoperto nuovamente da bosco. Monte Morello è abitato da tanti animali; alcuni di loro come lo scoiattolo, il capriolo, il fagiano o il ramarro si possono facilmente incontrare, specialmente se si cammina in silenzio. Ce ne sono altri, più difficili da incontrare, alcuni dei quali tipici di questo territorio. Lungo il corso del Rimaggio, vive il gambero di fiume, un piccolo crostaceo difficile da vedere per via del colore grigio verde che lo mimetizza sul fondo del fiume, soprattutto se sta fermo. Nei luoghi più umidi, sotto un sasso o uno strato di foglie, è possibile trovare la salaman89
di cibo. I cinghiali come i loro “parenti” maiali, mangiano di tutto, anche le piante coltivate dall’uomo.
drina dagli occhiali, un piccolo anfibio chiamato così per via del colore giallo della pelle intorno agli occhi. Poi c’è il biacco, un rettile molto veloce, che può anche nuotare. Mentre si percorrono i sentieri che attraversano monte Morello, specialmente nelle zone più alte, può capitare di sentire lo stridio della poiana, un bellissimo rapace, di colore marrone, riconoscibile per una macchia più chiara a forma di U sul petto. Nel bosco si trovano i segni inconfondibili lasciati dai numerosi cinghiali che rimuovono terreno in cerca
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DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Nella nostra città ci sono tanti posti in cui i bambini possono giocare, soprattutto all’aperto: in ogni zona ci sono giardini, quasi tutti ben attrezzati con giochi e spazio per correre, per arrampicarsi e giocare a nascondino. Sulle panchine ci si può riposare o stare a chiacchierare. Il nome dei luoghi qualche volta ci fa capire che cosa c’è ora o c’era prima (Anello, Oliveta, Campone…), ma qualche volta è un po’ misterioso (il Tondo ora è una piazza quadrata, piazza De Amicis, ma tanto tempo fa era uno spazio dove correvano i cavalli; la Ragnaia erano file di alberi per catturare gli uccelli con le reti). In piazza San Francesco, oltre alle altalene, abbiamo una barca con le scalette e lo scivolo: ci piace moltissimo arrampicarci e fare finta di essere pirati. Al centro di Piazza De Amicis c’è un monumento che rappresenta un partigiano con il fucile, insieme a una donna che ha un bambino in braccio; su un lato della piazza c’è la scuola De Amicis, che è molto grande: agli alberi ci sono cartelli che indicano il punto in cui i genitori di ogni classe devono aspettare i propri bambini. In inverno, quando il terreno è bagnato, si gioca meglio dove c’è la ghiaia (al Tondo o in Piazza San Francesco); in primavera si sta bene nel giardino della Ragnaia, dove gli alberi sono tutti da un lato; Sesto Fiorentino
in estate si cerca l’ombra e si possono fare picnic all’Anello, dove ci sono anche i tavoli; in autunno gli alberi che circondano il Campone sono tutti colorati e ci mettono allegria. IL NONNO RACCONTA Nonno Renzo, che ora ha ottantacinque anni, dice che quando era bambino Sesto era molto diversa: molto più piccola e meno popolata di come è oggi. Le persone lavoravano principalmente nei campi e le donne passavano molto tempo in casa per occuparsi delle famiglie che erano numerose perché vivevano insieme cugini, zii e nonni. Le fabbriche più importanti erano la Manifattura di Doccia che produceva porcellane e l’Arrigoni che confezionava scatolette e marmellate. Si spostavano in carrozza o con carri trainati dalle mucche; non c’erano autobus che portavano a Firenze ma il tram chiamato tranvai; le uniche due macchine erano quelle di un dottore e del Sesto Fiorentino
direttore della Fabbrica Ginori. Tutti si muovevano col cavallo di San Francesco, cioè, a piedi. Nel territorio di Sesto c’erano molti mulini dove veniva macinato il grano: erano più di dieci e il primo a partire dalla sorgente del Rimaggio era quello di Gualdo. A quei tempi si mangiava poco e solo quando si aveva fame, non come adesso che si mangia per gola. Si mangiava quello che c’era, che offriva l’orto e raramente ci si poteva permettere la carne. Il pane veniva fatto in casa e durava moltissimi giorni. Fortunatamente la famiglia di nonno Renzo aveva anche degli animali e così riusciva sempre a sfamarsi e non patire la fame. Per merenda c’era a volte pane vino e zucchero e altre pane e olio: mettevano “un C” di olio, nel senso che veniva passato velocemente sulla fetta di pane. Non c’era Babbo Natale ma aspettavano con ansia la Befana
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perché quel giorno le mamme facevano trovare le calze con dentro frittellone, mandarini, noci e fichi secchi. Non avevano tanti giochi, giocavano con quello che trovavano: sassi e bastoni; ad acchiappino e a nascondino. […] Per disinfettare le ferite usavano l’“olio del pino”: chiudevano dentro una bottiglia di olio una processionaria e quando qualcuno si faceva male, intingevano una penna e mettevano quel liquido sulla ferita. Nonno Renzo ricorda che allora le persone, i negozi e i luoghi erano chiamati per soprannome. Lui lo chiamavano Pippolo perché portava un basco con un pippolo cioè un pezzettino di stoffa a punta; Panzino, Budino e i’ Gattino erano macellai; Balestri, Perellino, Canto e Salimbosco erano zone “sotto il treno” cioè a sud della ferrovia. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Se volete mangiare a Sesto Fiorentino vi consigliamo un bel roventino! Vuoi mangiare un secondo mondiale? Vieni e assaggia le budella di maiale A Sesto Fiorentino ci sono diversi forni storici che hanno cambiato nome nel
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tempo. Prima si chiamavano con i soprannomi dei fornai: Masino, Moschino, Sciogliero, Cattarino. Erano tanti i forni perché la cucina sestese, come quella fiorentina, ha sempre fatto BRICIOLE C’era il Pini, che aveva avuto la poliomelite, camminava lentamente battendo forte il piede a terra e, siccome sui marciapiedi talvolta spuntavano dalle fogne delle talpe, una volta ne uccise una pestandola con forza. Da qui il detto: “TU SEI PIÙ SFORTUNATO DELLA TALPA DEL PINI!” Lo chiamavano MELE e faceva il gelataio. Un giorno passò vicino a dove lavorava un ortolano che vendeva le mele more gridando: “Mele more, mele more!”. E lui si affacciava e arrabbiato urlava:” Non è vero: sono qui ancora vivo!” Gigi di’ Pallai, che vendeva budella e roventini in cima al Mulino (attuale via Dante Alighieri), accolse il fidanzato della figlia che era venuto a conoscere la famiglia per la prima volta con queste parole: “SEGGIOLATE, SEGGIOLATE! Ora ci si sbudella!”
Sesto Fiorentino
grande uso del pane, anche raffermo, per preparare la pappa al pomodoro, la ribollita, la panzanella, la fettunta e i crostini. In cucina si utilizzava tutto e anche del maiale non si buttava via nulla: a Sesto si usava e si usa ancora oggi cucinare i roventini, frittelle di sangue di maiale spolverate con formaggio grattugiato da mangiarsi calde, i siccioli, pezzetti del grasso sotto la cotenna fritti in olio bollente e strizzati in un canovaccio e... solo qui le mitiche budella! A gennaio, in pieno inverno, hanno luogo nei vari circoli del paese le sbudellate, una specie di sagre definite dai golosi IL GRAN GALÀ DEI SESTESI Se capitate a merenda da una nonna sestese vi offrirà quello che mangiava lei da piccola: pane, vino e zucchero o pane e olio o un pezzo di covaccino, cioè la moderna schiaccia-
ta. A Carnevale, oltre che maschere e coriandoli, troverete i cenci, le frittelle di riso e la schiacciata alla fiorentina e il Giovedì Santo è tradizione mangiare il pandiramerino. In autunno potete gustare nei forni e nelle pasticcerie la schiacciata con l’uva e il castagnaccio. A novembre arriva dalle colline di Morello e di Cercina l’olio novo da gustare su tutti i piatti della cucina sestese.
LEGGENDE Pinocchio, il libro per ragazzi più letto nel mondo, sembra sia stato ambientato proprio da queste parti. L’autore Carlo Lorenzini era il fratello del Direttore della Manifattura di Doccia e spesso suo ospite a Colonnata. Proprio Colonnata è nel libro il paese dei barbagianni: Collodi lo chiamò così perché vi erano numerosi barbagianni ed anche perché gli operai della Ginori, quando uscivano dalla fabbrica avevano gli abiti impolverati e sudici di caolino dal colore grigiastro come quello dei barbagianni. Il Campo dei miracoli è l’attuale parco di Villa Gerini: fu detto così perché il giardiniere della villa vi aveva trovato due corbelli di monete d’oro. L’Osteria del Gambero Rosso in realtà si chiamava Osteria Mangia e bei ed è situata in via delle Porcellane. Le carceri si trovavano nel Palazzo Pretorio di Sesto e sempre in piazza Ginori, dove ora c’è una banca, c’era il teatro di Mangiafuoco. Il paese dei balocchi era la fiera di Sesto che si teneva e si tiene ancora oggi l’ultima settimana di agosto e che si snodava da via delle Fornaci alla piazza dell’attuale comune, a piazza della Chiesa. Il gatto e la volpe erano realmente due ladruncoli della zona, così soprannominati dalla gente, che rubavano sempre insieme e nascondevano la refurtiva nella bucaccia cioè nella collinetta della Montagnola. Sesto Fiorentino
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Primaria Villa La Fonte Classi 3° A, 4° A, 4° B
ALLA CONQUISTA DI SESTO FIORENTINO
Il nostro itinerario inizia partendo dalla nostra scuola Villa La Fonte, un’antica villa padronale. La scuola, guardando M. Morello, si trova a est rispetto al centro del paese, vicino al fiume Termine che segna il confine con Firenze. Si affaccia su via Gramsci, la vecchia via Cassia degli antichi Romani, chiamata poi, Strada Maestra, come ci raccontano i vecchi Sestesi, per il grande via-vai di persone che passavano di là. Andando verso Sesto centro si può notare Villa La Mula, la villa nasconde una bellissima tomba etrusca. Lungo via Gramsci si vedono le case che i vecchi Sestesi chiamavano “alla rovescia”: la fila di case vicine a via Puccini. Si racconta che venivano chiamate così perché costruite con la
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facciata rivolta verso M. Morello cioè verso NORD, pronte a ricevere tutto il vento di tramontana, anziché rivolte a sud, ma forse, un po’ di sole in più avrebbe tolto loro la vista della vita che scorreva sulla STRADA MAESTRA. Al tempo dei nostri bisnonni, agli inizi del 1900, c’era un gran movimento di barrocci trainati da asini che trasportavano legna, carbonella, o che vendevano castagne, farina dolce, marroni e baccalà secco; ed era proprio sotto queste case che fermava il tram n.18, da cui ogni mattina scendevano le tre maestrine che si dirigevano, passando da via degli Strozzi, alla scuolina di Quinto alto. Andando avanti si vede
lo ”STRADONE” via XX settembre, percorso a suo tempo, da una grande fiumana di operai che, a piedi o in bicicletta, andavano a lavorare alla vecchia fabbrica Ginori, famosa ancora oggi per le sue ceramiche. Adesso al posto della fabbrica hanno costruito belle case che guardano il “Lavacchio” un piccolo abitato chiamato così per i vecchi lavatoi dove le donne lavavano i panni quando ancora non c’era l’acqua nelle case. Proseguendo per entrare nel “PAESONE “si vede la bella villa Guicciardini con un grande Sesto Fiorentino
giardino all’italiana e davanti un largo marciapiedi” punteggiato di pioli “e più in là si intravede la struttura del vecchio deposito del tranvai. Si entra poi nell’abitato di Sesto; oltre il ponte del torrente Rimaggio c’era un tempo il teatro Niccolini, proprio davanti alla strettoia chiamata SDRUCCIOLO, adesso c’è una banca. Ed ecco piazza Ginori, piccola ma carina ,dove si può ammirare il vecchio palazzo Pretorio. Da qui partono tre possibili itinerari: uno in salita verso il poggio che porta a Colonnata, uno verso “Panicaglia”, il terzo che, attraverso la “STRADA NOVA”, ci porta in piazza del Comune e poi, poco più in là, in piazza della chiesa di S. Martino, vicino alla quale furono costruite le prime case di Sesto nella zona del Casato. AVVENTURE NELLE NATURA ACROSTICO di Monte Morello Montano e collinare è il tuo complesso! Situato a Nord-Ovest da Firenze, ad Ovest dalla Val di Marina, ai piedi del monte della Caldana e ad Est dalla valle del Mugnone, ai piedi del colle del Fiesole. A Sud degradi verso la Piana di Sesto, a Nord verso il Mugello. Oggi come ieri, sei la “nostra” monta-
Sesto Fiorentino
gna carico di una misteriosa vita; ma il tuo silenzio poco a poco si riempie di rumori sottili. Numerose sono le sorgenti: l’acqua gelida d’inverno e cristallina, zampilla, luccica come un rigagnolo di argento liquido e scorre prima lente e delicata, poi rapida e sonora. Ticchettìo di insetti si odono nell’aria: farfalle eleganti e raffinate con il cuore colmo di gioia che volano e cantano con tutti i loro amici del prato fiorito, belle e incantevoli coccinelle danzano con il loro vestitino rosso e nero a pois, il bruco che striscia e le caval-
lette che saltano tra un filo d’erba e l’altro del prato. Escursioni, passeggiate, pic-nic, fanno di te una delle mete più frequentate, in ogni stagione dell’ anno. I tuoi sentieri sono percorsi da camminatori e appassionati di mountain-bike. Macchie folte arboree di quercia, pino nero, cipresso, abete bianco, leccio, cerro e il carpino nero si alternano a grande distese di pascolo. Il manto erboso è a primavera un tripudio di colori e profumi di fiori veramente speciali: il biancospino, la rosa canina, il ginepro, le numerose orchidee, il gi95
glio e il narciso. Oggi sulle tue colline, è praticata l’olivicoltura, perché omogeneo sei per altitudine! Pendenze lievi, forme addolcite sono queste le tue caratteristiche morfologiche! Rumori e suoni infiniti s’odono: scoiattoli, caprioli talpe ricci, e ghiri che attraversano il bosco. E l’aria vibra per il canto dei grilli:Che gioiosi cri-cri san fare!- Si addormentano sul prato e sui rami, cullati dal dolce e melodioso canto notturno della luna. Il loro canto risuona nelle più infinite sfumature, magicamente alla fine si fonde tutto in un’unica melodiosa orchestra di suoni.
La fauna è ricca di cinghiali, volpi, cervi, caprioli, fagiani, donnole e faine che strisciano tra i fili d’erba del prato agili e snelle con aria bramosa. Le lepri dallo sguardo attento, scrutano i cespugli e velocemente come un baleno scappano via lontano lontano. Ora, sole con i raggi d’or sveglia tutto il monte e i suoi abitanti, sole caldo brilla nel cielo. Volate farfalle, andate verso il sole, volate nel cielo e sparite nel blu. La nostra storia finisce qua come farfalle possiamo danzar. 96
DOVE ANDIAMO A GIOCARE? Il Cannocchiale e Villa Solaria Al Cannocchiale se ci vuoi arrivare, a Quinto ti devi fermare cammina dritto oltre la scuola e ad aspettarti troverai un aiuola. Al Cannocchiale ci ritroviamo E tutti insieme noi bambini giochiamo. Cannocchiale è così chiamato perché ha La forma di un anfiteatro. Ma un altro luogo per giocare troverai, a Villa Solaria ti sbizzarrirai! Noi il gioco-sport là faremo, tante gare disputeremo. Vi si può andare a passeggiare e aria buona respirare. Tra Quinto basso e Quinto alto la troverai e là molto ti divertirai.
Sesto Fiorentino
Parco del Neto Ora che a Sesto siete anche il parco del Neto visiterete. Ci sono alcuni animali da osservare tartarughe lente, lontre curiose, vispe anatrine grandi o piccoline. Vedrete tanti uccellini tra le fronde volare per terra i ricci spinosi potrai incontrare… attento… ti puoi bucare! Piante meravigliose, là puoi trovare perchè il parco del Neto te le può mostrare: maestose querce, platani ombrosi, Buona passeggiata a te, visitatore, là trascorrerai tante belle ore. Tanto tempo fa… Un nonno ci ha raccontato Che tanto tempo fa Non esisteva alcuna comodità. Persino i giochi erano inventati Non esistevano aggeggi telecomandati… E l’estate? Il tempo libero? Come lo trascorrevano? Loro nel fiume Rimaggio andavano a nuotare, noi invece ora la “piscina sestese” possiamo frequentare. IL NONNO RACCONTA Il nonno di Anna, nato a Sesto 83 anni fa, ci ha raccontato della vita in paese al tempo in cui era piccolo. Le case erano molto fredde e si gelava, ma un giorno arrivò la cucina economica che era una specie di forno con delle finestrelle in basso dove ci mettevano il carbone, la legna. In mezzo a quelle Sesto Fiorentino
finestrelle c’era una finestra più grande dove si accendeva il fuoco. Nella parte superiore della cucina, c’erano dei fornelli dove mettevano le padelle, il fuoco riscaldava il cibo, il tubo della cucina economica andava anche nelle altre stanze e riscaldava pochissimo, ma per loro era già qualcosa. I fili della luce erano
esterni e anche quelli, andavano dappertutto, o almeno dove c’era la luce!! I giochi dei maschi erano pochi, uno di questi era il calcio, giocavano con palloni di gomma, di stoffa, carta. Un altro gioco era la fionda: recuperavano l’elastico della bici e tiravano sassi. Le femmine giocavano al “piruletto”, prendevano un bastoncino con la punta, lo battevano per terra e saltava in aria. Le maestre erano più severe, i banchi
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erano attaccati alle sedie, le femmine dovevano indossare il grembiule bianco i maschi invece quello nero. Le cartelle erano di cartone e gli astucci erano piccoli contenitori di legno. Sui banchi c’era un piccolo buco dove veniva inserito il contenitore dell’inchio-
sero uccisi 23 bambini, che vivevano nel collegino di villa Gerini; solo uno si salvò perché era rimasto indietro ad allacciarsi una scarpa. Ci ha detto poi che avevano tanta paura della tubercolosi, una malattia che colpiva i polmoni. PANCIA MIA FATTI CAPANNA Tra le specialità sestesi c’è il roventino, una frittella di sangue di maiale senza uova ma solo con un po’ di farina, con l’aggiunta di spezie, da man-
stro e tutte le mattine il custode lo riempiva; non esistevano i quadernoni ma piccoli quaderni e uno o due libri. L’ambiente era diverso: monte Morello era infatti brullo Querceto, Colonnata e Quinto erano tutti paesi a sé intorno al centro di Sesto. Per andare da Quinto a Colonnata bisognava attraversare campi e paludi. In estate i ragazzi si divertivano a fare il bagno nel fiume Rimaggio e questo preoccupava le mamme perché dentro al fiume c’erano delle buche profonde ed una bellissima cascata. Ci ha raccontato che durante la guerra i Sestesi, per paura dei bombardamenti, si rifugiavano nelle cantine o scappavano nei campi lontani dalle case, un giorno un aereo americano lanciò alcune bombe rima98
giarsi caldo. Un piatto della cucina toscana, tipico della zona di Firenze. A piacere viene condito con formagCURIOSITÀ Secondo Nicola Rilli, studioso di Carlo Lorenzini, detto Collodi, Sesto ha ispirato molti luoghi ed alcuni personaggi delle avventure di Pinocchio. Il paese dei Balocchi era pieno di ragazzini come lo era Sesto nel periodo della Fiera. Infatti per la fiera si vendevano dolciumi e giocattoli e c’erano le giostre e spettacoli di strada. Sesto Fiorentino
gio grattugiato (in genere Parmigiano Reggiano ma anche Pecorino Toscano) o anche con zucchero. La sua massima diffusione era nella zona di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio ma oggi, a causa delle sempre più drastiche leggi e disposizioni in materia sanitaria ed alimentare, solo pochissimi esercenti riescono a cucinare questa specialità in ambito commerciale. In alcune parti della Toscana viene chiamato anche “migliaccio” E i roventini lo sai icchè sono? I pinoli, pistacchio… Boone! E i roventini? L’è sangue di maiale, messo in una tegliettina, è viene tipo frittatina. Poi lo girano, i’ sale …i’ sale, i’ formaggioo… I’ formaggio parmigiano. Grattato. Un pizzichino. Un bel panino fresco, messo dentro e mangiato. Boono! Le Budella di maiale alla sestese sono il piatto tipico di Sesto Fiorentino. Nonostante le sempre maggiori difficoltà di reperimento dell’ingrediente principale, ormai acquistabile in poche macellerie della cittadina, su prenotazione ed a prezzo relativamente caro, la ricetta è ancora molto popolare tra i sestesi. Le budella,
dopo un’opportuna ed accurata pulitura, vengono cucinate come un normale bollito con i cosiddetti “odori”, sale e pepe, e devono essere mangiate calde. Un altro piatto tipico di Sesto Fiorentino è il riso sulle budella, che si ottiene cuocendo il riso nel brodo di cottura delle frattaglie. Puoi gustare queste ricette e altre specialità tipiche sestesi al ristorante “Il paiolo” dove cucinano ad es. budella di maiale e roventini, all’Ulivo rosso” e al ristorante “Ricchi” a Cercina dove fanno il fritto con le ragnatele, cioè con la pastella d’uovo.
BRICIOLE QUANDO MONTE MORELLO HA IL CAPPELLO E LA CALVANA LA SOTTANA DOMANI L’E’ BURIANA, DOMANI L’E’ BURIANA. Significa che quando la cima di Monte Morello è nascosta dalle nuvole, presto pioverà. SESTO, PERETOLA E CAMPI, DIO LI FECE E BUTTÒ VIA GLI STAMPI. Pare che i sestesi non abbiano una buona reputazione, ma non sappiamo perché.
SCOGLILINGUA LOCALE
Monte Morello, quando ti smontemorellerai? Quando sarà il tempo della smontemorellatura mi smontemorellerò. Sesto Fiorentino
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Secondaria Guido Cavalcanti Classi 1°G, 1° I
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ALLA CONQUISTA… DI SESTO FIORENTINO
condo una tradizione questo simbolo era raffigurato su una campana del palazzo della podesteria, ma anche in un affresco conservato nella Pieve di Cercina. Proviamo a scoprirla insieme. Osservate i numeri presenti sulla carta: vi indicheranno dove vi trovate. Io frequento la scuola secondaria di 1° grado “Guido Cavalcanti” (2), situata
Cari amici, voglio raccontarvi qualcosa della mia città. Sesto Fiorentino sorse lungo l’antica via Cassia, “sextus ab urbe lapis” ossia “presso la sesta pietra miliare” dalla Florentia romana. L’aggettivo “Fiorentino” fu aggiunto solo nel1867. Lo stemma é rosso e azzurro e raffigura un compasso (la sesta, appunto) con le punte rivolte verso il basso. Se-
vicino alla stazione, alla Manifattura Richard-Ginori, al Museo di Doccia e allo stadio. Durante le lezioni, alle 8 e a mezzogiorno, udiamo la sirena della Manifattura Richard-Ginori (1). Questa fabbrica, famosa in tutto il mondo, produce manufatti in porcellana. Tutto iniziò con la Manifattura di Doccia, fondata nel 1735 dal marchese Carlo Ginori nei pressi di Colonnata, mentre Sesto Fiorentino
la Richard-Ginori nacque nel 1896. È stato creato un museo per raccoglierne i manufatti più pregiati:”Il Museo della porcellana di Doccia” proprio vicino alla fabbrica. Proseguendo verso il centro, ecco Piazza del Comune col Palazzo Comunale (3a) che fu inaugurato nel 1871. Lì vicino ha sede la Biblioteca Comunale “Ernesto Ragionieri” (3b), nata nel 1973. Io ci vado spesso perché contiene una sezione per ragazzi ben fornita e poi c’è il Bibliobus: una vera e propria biblioteca viaggiante che porta i libri vicino a casa tua! Questo è Palazzo Pretorio Sesto Fiorentino
(7), con la facciata decorata dagli stemmi dei vari podestà inviati da Firenze ad amministrare la giustizia. La chiesa più antica ed importante è la Pieve di San Martino (6), risalente al IX secolo e contenente pregevoli opere d’arte. Un altro importante edificio medievale è la Villa di San Lorenzo al Prato (5) che si trova, come diremmo noi sestesi, “sotto il treno” cioè al di là della ferrovia ma non lontana dalla Pieve. Essa comprende anche una torre e la cappella. La Piazza De Amicis (4) è det-
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ta “Piazza del Tondo”, perché una volta era usata come pista per le corse dei cavalli. Oggi la piazza è circondata dagli alberi e noi li usiamo per delimitare la porta quando giochiamo a calcio. Guardate come antico e moderno si mescolano: ci credereste che dove sorge il parcheggio del modernissimo centro commerciale dell’Ipercoop (11), gli archeologi hanno rinvenuto i resti di una villa romana del I sec. a.C.? Comprendeva la residenza del proprietario e la parte dove si svolgevano le attività agricole. Famosissime sono anche le Tombe etrusche della Montagnola (9) e della Mula (13), risalenti al VII sec. A. C. AVVENTURE NELLA NATURA Monte Morello è noto a chiunque abbia vissuto a Sesto Fiorentino. Dice un detto popolare: “Se Monte Morello ha il cappello, sestesi prendete l’ombrello”. Può dirsi “il polmone verde” della zona, perché é ricco di vegetazione ed é meta di passeggiate ed escursioni. Nell’ Ottocento divenne privo di vegetazione: gran parte degli alberi erano stati abbattuti per costruire edifici, ma in seguito furono effettuati numerosi rimboschimenti. La montagna ha sempre rappresentato un ricco serbatoio d’acqua per Firenze, grazie a torrenti come il Rimaggio, la Zambra (forse in etrusco significava “il fiume dei morti”), il Gavine, la Gora 102
di Quinto ed il fosso del Termine. I Romani effettuarono interventi di bonifica e costruirono l’acquedotto (2), che dalla Chiusa di Calenzano attraversava Sesto per alimentare di acqua le terme (3). Alcune frazioni come Colonnata e Doccia devono il nome proprio ad esso. Realizzarono poi la centuriazione (1) del territorio per assegnare le terre ai veterani che vi costruirono anche ville (4). Nei boschi vivono daini, caprioli, lepri, cinghiali, volpi, istrici, ricci, rapaci come la poiana, il gufo e uccelli come il picchio, il fagiano e il tordo. Nella fascia agricola si trovano molti uliveti; nei boschi cresce il pino nero, il cipresso, il larice e l’abete bianco. Il sottobosco é ricco di frutti e erbe selvatiche: mora di rovo, asparagi, radicchio e funghi. A sud del Polo Scientifico sorge, invece, l’Oasi di Val di Rose un’area umida realizzata e gestita da WWF Toscana per salvaguardare le specie di rettili e anfibi che popolano la zona. Potrete ammirare stagni e paludi abbelliti da gigli di palude, ranuncoli d’acqua, cannuccia di palude e tifa. Qui vivono la raganella, il tritone crestato e il rospo smeraldino, oltre a rettili come il ramarro, la natrice e il biacco. Nidificano e si fermano durante la migrazione la gallinella d’acSesto Fiorentino
Il Parco di Villa Solaria: il nome mantiene ciò che dice! È una superficie di circa 60.000 metri quadrati caratterizzata da grandi prati separati da fitte aree boschive, con tanto spazio verde e vialetti per passeggiare. In passato costituiva il giardino di una villa e attualmente ospita una Residenza Sanitaria Assistita per anziani. In estate, la sera dopo cena, il Comune vi organizza dei concerti musicali.
qua, il cavaliere d’Italia, il martin pescatore e il beccaccino. DOVE ANDIAMO A GIOCARE? A Sesto non mancano gli spazi per andare a giocare o a passeggiare, anche se di spazi verdi ce ne vorrebbero sempre di più… Ve ne suggerisco qualcuno, se voleste rilassarvi un po’ e godervi il fresco durante il vostro soggiorno. Il Campone di Colonnata: tutti chiamiamo così un grande giardino attrezzato, dove ci ritroviamo per giocare, andare in bicicletta, chiacchierare ed ascoltare musica. C’é anche Ia fontana dell’acqua potabile cosi, quando abbiamo sete, non dobbiamo per forza avere con noi la bottiglietta.
Sesto Fiorentino
I giardini di Piazza della Costituzione: qui, oltre a vari spazi per giocare a pallone o ad altri giochi, troviamo un bel percorso per le biciclette che è stato usato anche per fare educazione stradale ai bambini. Il Parco del Neto: per me è il più bello della città e si trova al confine con il comune di Calenzano. Questo parco è grande e ha persino dei laghetti con le papere e le tartarughe. Si possono incontrare anche conigli, ricci e tanti uccelli. In estate e piacere stare lì al fresco a giocare e a rilassarsi! I giardini di Ragnaia: sono attrezzati con altalene, scivoli, panchine e c’e uno spazio anche per giocare a pallone. Siccome si trovano vicino alla scuola elementare e all’Istituto statale d’Arte, molti bambini e ragazzi si recano lì dopo la scuola per giocare e rilassarsi; lì vicino troverete anche uno spazio attrezzato per i cani! Comunque se passeggerete in collina, un po’ fuori città, troverete tanti altri 103
“angolini” tranquilli in cui potervi rilassare in mezzo alla natura… IL NONNO RACCONTA SESTO-CERAMICA: un’accoppiata vincente!!! Un legame che si perde nella notte dei tempi! Vicino a me abita un signore anziano che ha lavorato tanti anni come ceramista. Spesso mi racconta che acquistava pani di creta o di maiolica, chiusi in sacchi di plastica e li manteneva in un clima umido per impedir loro di seccare. Mi spiega come fosse affascinante mettere un po’ di creta nella forma di gesso: si doveva stenderla negli incavi di gesso con maestria per dare uno spessore giusto ed uniforme. I due pezzi dello stampo venivano uniti, usando come colla una creta più morbida. Quando tutto si era asciugato, dividendo nuovamente le due parti della forma, ne usciva la statuetta intera. A quel punto la si lasciava seccare: la creta lentamente da grigia diventava bianca e, quando era pronta, veniva messa a cuocere nella fornace. Cuocendo la ceramica diventava “biscotto”. Uscita dal forno, iniziava la MAGIA della decorazione: questa poteva avvenire anche pri104
ma che la statuina venisse smaltata e allora si parlava di “decorazione sottosmalto”, altrimenti l’intervento del pittore si aveva dopo la smaltatura ed una successiva cottura. Ogni decorazione, fatta a mano, rendeva la statuina un pezzo unico! Lo stesso avveniva per i vasi: di diversa foggia e dimensione, tutti creati dalla velocità del tornio e da mani sapienti. Comunque, un lavoro da ARTISTA! Mi sembrava quasi una fiaba, ma poi ho scoperto che è quasi una leggenda. Infatti la ceramica a Sesto non nasce nel XVIII secolo con la Manifattura Ginori. Nel Medio Evo i tabernacoli in ceramica indicavano gli incroci delle vie e proteggevano il cammino dei viandanti! Durante alcuni scavi archeologici, ecco LA SORPRESA: oltre a numerosi vasi di epoca preistorica, etrusca e romana, nella zona di Mileto, hanno rinvenuto tre fosse, probabilmente i resti di una fornace usata dall’uomo del Neolitico per cuocere i vasi di terracotta. Non è straordinario? PANCIA MIA FATTI CAPANNA La cucina sestese vanta alcuni piatti tipici tradizionali: Le budella di maiale Ingredienti per 4 persone: budella di maiale gr 800 Sesto Fiorentino
mezzo cavolo verza una cipolla una carota un gambo di sedano 4 pomodorini da brodo prezzemolo 4 spicchi d’aglio rosmarino cannella 2 chiodi di garofano pepe in grani sale Lavate bene le budella più volte, prima in acqua fredda e poi in acqua calda (la tradizione vuole 20 lavaggi ma oggi si trovano in vendita già pulite). Nella pentola mettete le budellina, copritele con abbondante acqua e poi unite i pomodori, gli odori a fette e tutti gli aromi e le spezie. Salate e fate cuocere lentamente per 3 ore. Quindi aggiungete il cavolo tagliato a listerelle e cuocete un’altra ora. Vanno servite calde insieme a dei sottaceti. A piacere il brodo viene usato per fare il risotto. I granchi di fiume fritti La cattura e l’allevamento dei granchi di fiume era una della maggiori attività dei sestesi; nel 1774 erano 21 i capifamiglia di professione grancai. In cucina costituivano una vera leccornia. Per
Sesto Fiorentino
farli fritti, venivano tenuti nell’uovo sbattuto e poi buttati in padella con l’olio bollente quando erano ancora vivi (che crudeltà…)! Un altro piatto tradizionale sarebbero i roventini di sangue di maiale, ma certi ingredienti mi fanno un po’… ribrezzo! Mi viene il mal di pancia solo a pensarci!!! Gli adulti pare, invece, che ne vadano matti! Molto meglio Le ficattole Ingredienti: farina, lievito, acqua, sale, olio. La pasta è simile a quella che si usa per fare il pane, ma non è proprio uguale...! Quando è pronta, viene modellata a forma di filone e poi tagliata a strisce. Queste vengono prese e tirate (rigorosamente a mano) fino ad avere una forma rettangolare irregolare. A questo punto vengono buttate nell’olio bollente e fritte, finché non hanno un colorino dorato. Appena tolte dall’olio vengono salate e poi servite per essere gustate ben calde, anche farcite...! Qualunque siano i vostri gusti, vi auguro BUON APPETITO...
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SiGna
Scuola Primaria Leonardo da Vinci Classe 2째 D Scuola Secondaria Alessandro Paoli Classi 3째 D, 3째 E
Primaria Leonardo da Vinci Classe 2° D
ALLA CONQUISTA DI SIGNA Signa è un paese posto nella piana tra Firenze e Pistoia. Il suo territorio, in prevalenza pianeggiante, con una superficie di 19 Kmq, è il più piccolo della provincia di Firenze. Il paese si trova alla confluenza di tre fiumi: Ombrone, Bisenzio, Arno ed ha una popolazione di circa 18.000 abitanti. “…1 milione, 2 milioni, 3 milioni di anni fa… Ora viene la parte più bella e interessante da raccontare… Tanto, tanto tempo fa, alla fine dell’era quaternaria, all’incirca quando è comparso l’uomo sulla terra, i monti intorno alla pianura di Firenze e Pistoia si sollevarono, formando una grande conca piena d’acqua. L’acqua trovò l’uscita verso il mare attraverso lo “stretto della Gonfolina”, lasciando al suo posto una palude, circondata da collinette. Su una di queste giunSigna
sero prima gli Etruschi, poi i Romani che fondarono il primo insediamento di Signa. Nella zona dei Renai sono state, infatti, ritrovate delle monete etrusche. “Oh che bel castello marcondiro ndiro ndello, …” E sì, doveva essere proprio un bel castello a giudicare da quello che è rimasto! Fin dall’inizio del medioevo, Signa aveva un importante scalo merci, un castello fortificato per la difesa del guado sull’Arno e un ponte, l’unico tra Firenze e Pisa. Signa ebbe un ruolo di rilievo nell’economia territoriale, diventando il centro di una fitta rete di scambi commerciali con l’entroterra e il principale porto fra le due città. Questo le attirò addosso l’invidia dei signori delle altre città e infatti il lucchese Castrucccio Castracani, non ebbe pace finchè non la occupò nel 1325, vi battè moneta (i castruccini) e poi distrusse il ponte e dette alle fiamme il castello. Più volte ricostruito, delle antiche mura oggi restano pochi frammenti: la porta di ponente e 4 torri. In una casa-torre ancora esistente abita la nostra compagna Ilenia, mentre nella torre della porta di S.Miniato ha abitato fino a pochi anni fa il nostro amico pittore Enzo Borgini, che l’ha anche usata come soggetto in un suo quadro intitolato “La migrazione dalla torre”. All’esterno della cinta dell’anti107
co castello, lungo le strade di accesso si possono vedere 5 tabernacoli. Tra questi, uno in v. Garibaldi contenente in origine un affresco del Maestro di Signa (oggi visibile nella Chiesa di S. Lorenzo) ed uno in via Berti, vicino al Torrino che serviva ad avvistare i nemici, ora vuoto ma in origine contenente un dipinto della Bottega del Verrocchio. AVVENTURE NELLA NATURA …3 oche andavano a ber andavano a bere alla fonte del re… A poca distanza dalla nostra scuola in v. Roma c’è “Lo Stato Libero dei Renai”, un parco grande circa 300 ettari, racchiuso tra i fiumi Arno e Bisenzio: per questo viene definito anche “isola”. In questo luogo sono venuti a compiere studi, famosi scienziati come Leonardo da Vinci e Galileo Galilei. Per molto tempo la zona è stata usata come terreno agricolo, poi, più recentemente, sono iniziate attività di escavazione per estrarre la rena. Scavando, scavando si sono formate tante buche dando origine a piccoli laghetti artificiali e il posto ha subito un notevole degrado. Il piano di recupero iniziato nel 1997 ha consentito di ridare vita ad un’area naturalistica dove trovano rifugio numerose specie di animali acquatici: garzetta, airone cinerino, cormorano, cavaliere d’ Italia, martin pe108
scatore, gallinella d’acqua e poi rettili e anfibi come il biacco, la raganella, il rospo smeraldino, il tritone crestato. Se durante un’escursione si fa proprio silenzio e si sta immobili si può sentire il verso dell’usignolo, del pettirosso e dell’upupa e il fruscio d’ali del falco di palude. Camminare nel padule è davvero emozionante, ci sono le canne fitte fitte e diritte come soldatini, le cannucce con gli spennacchi che spolverano il cielo, il pioppo bianco e nero con le foglie delicate e l’equiseto con i capelli ritti. Sopra gli stagni e i laghetti galleggia la lenticchia d’acqua, una golosità per le anatre germane. Le occasioni per visitare l’oasi naturale ce la dà soprattutto la scuola, perché tramite essa è possibile organizzare escursioni con gli operatori del WWF, che sanno tutto di piante e animali.
DOVE ANDIAMO A GIOCARE “giro giro tondo casca il mondo casca la terra ” I nostri nonni raccontano che negli anni ’50, ’60, nei Renai di Signa c’erano molte case di contadino e campi coltivati e il fiume Bisenzio che li coSigna
steggiava non serviva solo per irrigarli e lavare i panni, ma era un vero e proprio divertimento per i bambini, che d’estate ci facevano il bagno. Raccontano anche che a Signa alta, lungo le stradine di Castello, si giocava al “cirulì” con i manici di scopa appuntiti, oppure alla “strombola” (fionda) e spesso si finiva per mandare in frantumi i vetri delle case. Sia d’estate che d’inverno, i ragazzi si lanciavano a rompicollo giù per le discese con la “carrettella”. Al tempo della rificolona era tutto un brulicare di ragazzotti con la cerbottana sotto braccio. Nella zona chiamata Crocifisso, dal nome di una piccola cappella viaria, dove al posto degli antichi affreschi che ne ornavano la parte interna, è stato collocato un grande crocifisso, gli adulti giocavano al “pallaio”, una specie di golf in stile rurale. Le femmine si divertivano giocando alle “belle statuine” alla “gongola”, alla “betta”. Oggi i Renai sono un ampio spazio verde che da aprile alla fine
di dicembre offre a grandi e piccini molti svaghi: laghi per la pesca e gite in barca, campi da calcio, da tennis, mini golf, piscina, ponti da scalare, concerti e possibilità di fare lunghe passeggiate in bicicletta e a piedi fino al Parco delle Cascine di Firenze, che distano solo 5-6 km. Intorno alla zona del Crocifisso, col tempo, è sorta gran parte della periferia signese e sono andati crescendo spazi e giardini attrezzati, che richiamano un gran numero di bambini. C’è poi il Campo Sportivo del Bisenzio con piste per la corsa e campi da calcio, frequentatissimo in tutte le stagioni e da ogni età, dal passeggino al bastone. A Pasqua, dietro la nostra scuola di via Roma arrivano le giostre che qui si chiamano “carrozzine” ed è un vero spasso per un mese. Durante tutto l’anno poi, anche “se piove o tira vento”, possiamo andare alla ludoteca comunale “La gallina d’oro” in via Dante Alighieri, che è aperta il lunedì, mercoledì, venerdì dalle ore 16,30 alle 19,30. IL NONNO RACCONTA “E verrà quel dì di festa io vo’al mercà’ a comprar la vesta…” I nostri nonni raccontano che negli anni 40- 50, a Signa, molti facevano
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il contadino e lavoravano a “mezzadria”, dividendo col proprietario i prodotti dei campi e gli animali in cambio dell’alloggio. I bambini, al mattino andavano a scuola a piedi, nel pomeriggio aiutavano i grandi nei campi. I vestiti, cuciti per il bambino più grande, passavano via via ai più piccoli. Stessa cosa succedeva per le scarpe, finchè c’era suola riparabile. Attesissima da grandi e piccini era la Fiera di settembre, un mercato dove si vendevano o si compravano animali. Oggi invece vi si rappresentano gli antichi mestieri, si possono assaggiare piatti della cucina medievale e si può assistere al “Palio degli arcieri”: i quattro popoli di Signa, che fanno capo alle quattro chiese del centro storico, Chiesa di San Lorenzo, di San Giovanni Battista, di San Miniato e di Santa Maria in Castello, competono tra loro in una gara di tiro con l’arco, che dà diritto al vincitore, durante le successiva “Festa della Beata Giovanna” di portare su un ciuchino il primo nato del proprio popolo. Sia durante la fiera di settembre che durante la Festa della Beata Giovanna, nei cortei in costume, ieri come oggi,
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non mancano mai i “musici”, che suonano le “chiarine”, un tipo particolare di tromba e i tamburi. La musica è sempre stata importante nella vita di Signa, non per nulla la “Filarmonica Giuseppe Verdi”, ovvero la banda, annovera membri volontari che si succedono di generazione in generazione. “…C’era una volta un piccolo naviglio …” Prima della grande guerra i trasporti a Signa non si facevano solo con i carri e i muli, ma anche via fiume, tramite i navicelli, piccole imbarcazioni a due alberi ed una vela. Sui navicelli si trasportavano rena, embrici, mattoni, terrecotte, masserizie, proprio come sui carri trainati dai muli, ma nessun navicellaio è diventato famoso come l’ultimo barrocciaio di Signa, Pirro Vivarelli, col suo carro tinto di minio e le stanghe lustre. C’era poi il mestiere di renaiolo, colui che con la pala dal
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manico lungo, raschiava la rena dal letto del Bisenzio e dell’Arno. I fratelli Mangani avevano costruito il loro imbarcadero vicino alla confluenza dei due fiumi e vi lavorarono per 40 anni fino all’arrivo della draga. Fin dai 5, 6 anni le bambine cominciavano ad apprendere il lavoro della trecciaiola. Veniva intrecciato a mano il grano “marzolo” i cui culmi erano più sottili e uniformi, dando ai cappelli di paglia la pregiatezza che li rese famosi in tutto il mondo. Parallelamente a questa attività iniziò la produzione di terrecotte artistiche, prevalentemente ispirate alle opere dei Della Robbia. Anche la Manifattura di Signa, esportò con successo i propri prodotti all’estero e rimase in attività fino agli anni ’50. PANCIA MIA FATTI CAPANNA “...Viva la pappa pappa col popopomodoro…” Nella Signa contadina del dopoguerra si producevano grandi quantità di fieno e cipolle. Cipolle cotte e crude facevano parte del menù giornaliero dei signesi. Si apriva la giornata con cipolle crude, pane e sale e si chiudeva con una bella frittata di cipolle. Il pane si faceva in casa ogni due settimane e solo nei giorni di festa si poteva mangiare un po’ di carne, ad esempio una gallina troppo vecchia per fare le uova, oppure i cenci preparati dalla nonna, a carnevale. Signa
Col pane duro avanzato era d’obbligo la pappa. Qui c’erano addirittura due possibilità: col pomodoro d’estate e autunno e con i porri d’inverno. Una volta l’anno veniva ucciso il maiale e spartito col padrone: momento al quale ai bambini era proibito assistere. Col sangue del maiale si preparavano i migliacci conditi col formaggio o con lo zucchero, a seconda dei gusti. Per Natale ci si procurava un ramo di ginepro e lo si guarniva con mandarini, noci, fichi secchi, qualche caramella ed è superfluo aggiungere che una volta disfatto l’albero si mangiavano tutte le decorazioni. Intorno agli anni ’60 tutte le mattine passava con la bicicletta a tre ruote il semellaio portando i “semelli”, panini croccanti un po’ salati e la buonissima “coreana”, una torta di pan di spagna, bagnata nell’alchermes, con strati di crema e cioccolato. Tagliata a tranci era la merenda che i bambini portavano a scuola. Oggi, gustare sostanziosi primi piatti e profumati secondi non è un problema qui a Signa. Vai dal “Rospo” e c’è l’imbarazzo della scelta: lasagne, polenta, ribollita, panzanella, …cacciagione, trippa alla fiorentina, fagioli all’uccelletto, …Que111
sta trattoria è sorta nel 1944 e si trova in Castello, vicino alla torre di guardia detta il “torrino”. Per i dolci, c’è la pa-
sticceria “Oliviero”, che sforna senza posa mantovane, bomboloni, schiacciata alla fiorentina. Se poi ti capita
BRICIOLE (Detti e modi di dire) Se ‘un son grulli, ‘un si vogliono! Signa maligna, ‘un ci prendere moglie, ‘un ci mettere figlia, ma se una cosa tu l’hai da fare, metticela, ma ‘un ce la leare! Signa maligna, coll’Arno puzzolente fa scappar tutta la gente. Quando la pecora l’ha passato il poggiolo ‘un si ricorda più dì figliolo! Cotto il cavolo, spento il foco! In do va la nave, va il navicello. Unnà uno pè fanne due Di due ‘un se ne fa uno Meglio avè roba che quattrini E fa come i’ Bonardi, che da presto fece tardi Oè, tira la martinicca! I sordi son come l’ugne, ricrescono! Senza lilleri ‘un si lallera “M’impresti 1000 lire?” “T’hai sbagliato uscio!” Dopo un guaio: ”Ora tu’ sta’ lustro!” Tu’ se’ duro come le pine verdi! Uh, che impiastro! Disse il fidanzato alla fidanzata: ”Ai Poggio alla Malva e ci ritorno quando coll’acqua s’accende i’ forno!”
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di passare da Signa durante la prima settimana di settembre, in occasione della fiera, potrai assaggiare piatti ti-
pici della cucina medievale locale, tra cui un vino fruttato che è un vero e proprio elisir.
MISTERI E LEGGENDE “E son trecento cavalieri con la spada rugginosa…” Si racconta che Castruccio Castracani con tutta la sua “oste” venne ad abitare nel Castello di Signa. In lotta contro Firenze, fece bruciare il Castello e abbandonò Signa lasciando un tesoro nascosto nei sotterranei. Si trattava di una statua a forma di gallina con 9 uova, tutta d’oro massiccio. I nonni raccontano che quando erano bambini, andavano in Castello a cercare un cunicolo per entrare nei sotterranei, chi sotto le mura, chi sotto la torre, ma lo facevano con il batticuore perché la mano tagliata di Porrino “viaggiava” nei sotterranei per proteggere il tesoro di Castruccio. Sembra che anche la spada di Castruccio, tempestata di pietre preziose, sia nei sotterranei del Castello. “Io son contadinella, alla campagna bella…” È sconosciuto l’anno della sua nascita e incerto quello della sua morte che si presume sia avvenuta intorno al 1300, ma la tradizione popolare attribuisce alla Beata Giovanna, patrona di Signa, numerosi eventi miracolosi. Uno di questi racconta che, mentre pascolava il suo gregge nei pressi della Luna, piccolo borgo tra Marliano e Ginestra Fiorentina, fu investita da un violento temporale. Giovanna si riparò sotto una quercia, chiamando a raccolta gli altri pastorelli che si aggiravano impauriti lì vicino. Il temporale provocò enormi danni dappertutto tranne nel punto dove si era riparata Giovanna e né lei né gli altri piccoli pastori furono bagnati dalla pioggia. Si dice che chiunque tentasse di abbattere la quercia fosse investito da enormi disgrazie. Nel 1761 un fulmine incendiò l’albero ed al suo posto fu eretta una cappellina votiva. Ormai da sei secoli a Signa, ogni lunedì di Pasqua avviene la commemorazione di Giovanna, che consiste nell’esporre il suo corpo incontaminato, conservato nella Chiesa di San Giovanni Battista, alla devozione del popolo. Sull’abside della chiesa di San Giovanni Battista si possono vedere, inoltre, preziosi affreschi con altri episodi sulla vita della Beata, opera della bottega di Bicci di Lorenzo.
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Secondaria Alessandro Paoli Classi 3° D, 3° E
ALLA CONQUISTA DI SIGNA IL CASTELLO DI SIGNA Il Castello è situato nella parte più alta del paese. Consisteva in una cerchia di mura abbastanza schematica e ovoidale, costruita circa nel IX secolo per difendersi dai saccheggi dei predoni barbari, ed in particolare, di quello avvenuto nell’825 quando alcuni vascelli vichinghi risalirono l’Arno per depredare il palazzo del vescovo di Fiesole. Le mura sono in parte distrutte mentre sono rimaste intatte le quattro torri (tra cui il Torrino e la Torre di Settentrione). Il Castello di Signa disponeva di tre porte situate in punti strategici e ben definiti per la sicurezza del paese. SAN LORENZO Fu la prima pieve di Signa e pare sia stata fondata nel VI secolo. Una scalinata in pietra conduce al portico che da accesso alla chiesa ed è dominato dall’immagine di San Cristoforo. La collocazione del santo all’esterno di edifici religiosi allude alla protezione che questi esercitava nei confronti dei 114
viandanti. La facciata è in stile romantico e il campanile, a pianta quadrata, è alto 25 metri . LA PIEVE DI SAN GIOVANNI BATTISTA I signesi la chiamano comunemente “della Beata”, in omaggio alla Beata Giovanna da Signa, di cui si conservano le spoglie. La chiesa sorta nel IX
secolo subì numerosi ampliamenti, fino ad assumere l’attuale struttura romanica a tre navate. L’interno di questa chiesa è impreziosito dagli affreschi che rappresentano la vita della Beata Giovanna del XV secolo attribuiti a un Maestro di Signa, una terracotta robbiana, il Fonte Battesimale e il ciborio (1480) realizzati secondo lo stile di Benedetto da Maiano. SANTA MARIA IN CASTELLO Si erge nel centro storico. Le sue origi-
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ni sono antiche, anche se difficilmente databili: tuttavia, il ritrovamento di resti di mura rinvenuti al di sotto del pavimento della chiesa farebbe pensare a un insediamento di origine etrusca o romana. All’interno si possono osservare due capolavori: l’affresco della “Crocifissione” e una tavola attribuita a Lorenzo Monaco, che raffigura la “Madonna dell’umiltà” (1405). ORATORIO DI SAN ROCCO Si trova nella zona della Nobel. Secondo la tradizione San Rocco vi aveva fatto sosta nel corso di un suo viaggio alla volta di Roma. Stando alla lapide posta sulla semplice facciata in pietra, l’edificio risulta fondato nel 1287 dalla famiglia Frescobaldi. All’altare maggiore tela seicentesca raffigurante San Rocco.
AVVENTURE NELLA NATURA Un gioiello signese: la Nobel Nell’area delimitata dai boschi delle colline signesi e dall’Ombrone, nasco-
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sta dalla folta vegetazione, si trova l’ ex fabbrica di armi e di esplosivi. Durante la Seconda Guerra Mondiale la fabbrica fu occupata dai tedeschi che sfruttarono le armi qui prodotte per organizzare bombardamenti sulle città. Per evitare questo, la popolazione in più occasioni reagì, come nel caso di alcuni ragazzi pratesi che attentarono ad un treno carico di esplosivi destinati a distruggere la loro città. Da molti anni gli edifici che si trovano in questo territorio sono stati abbandonati, la fabbrica è stata chiusa e comprata da privati . Camminare nei sentieri della Nobel, sotto querce e pini secolari, nel fitto sottobosco dal quale ogni tanto spunta un edificio completamente ricoperto di vegetazione ti fa sentire tutta la drammaticità di quei momenti, riesci a sentire la paura, il terrore delle persone che lì hanno lavorato. Lontano dal centro abitato, nel silenzio della natura che ti circonda puoi provare emozioni forti, ma proprio per questo vere. Se poi hai la fortuna di visitare la zona in primavera, gli anemoni e le violette che tappezzano i prati, i
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rumori della natura, così selvaggia, i suoi odori e profumi, riescono a cancellare i pensieri tristi e ti riportano alla vita e a tutto quello che di bello ti può dare. La superficie rappresenta 1/7 di tutto il territorio signese e quindi un polmone verde per tutto il comune di Signa. È auspicabile che nelle decisioni dell’amministrazione comunale sia data particolare importanza alla conservazione del patrimonio naturale, nonché storico in modo che, pur tenendo conto degli interessi privati, anche la popolazione possa finalmente godere di questo gioiello. DOVE ANDIAMO A GIOCARE E SE TI VUOI DIVERTIRE IL PARCO LIBERO DEI RENAI: libero da smog, libero da caos, libero da stress. Cosa c’è di meglio dei Renai per divertirsi?! Una zona di 270 ettari con calcio, beach volley, minigolf, arrampicata, una vera spiaggia, piscina, corsi di deriva, di windsurf, jogging, pista ciclabile e molto altro. Beh, avete capito, se venite a Signa non potete non visitare i Renai. Qua si soddisfano esigenze di grandi e di piccoli, di sportivi e fannulloni, c’è veramente di tutto. Ma qual è l’origine dei Renai? Quando negli anni 50 c’è stato il boom edilizio anche a Signa, come nel resto d’Italia, si è sentito bisogno di costruire nuove case, per le quali occorreva cemento (= rena, ghiaia e calce). Per circa vent’anni quindi si decise di 116
estrarvi la rena, motivo per il quale questa zona ha assunto questo nome, ma negli anni 70 l’area è stata abbandonata perché non vi si poteva più scavare. Questo da un lato fu negativo perché l’area non usata è stata sfruttata come discarica, dall’altro positivo in quanto la zona si è naturalizzata. Non volendo lasciare inutilizzato quel territorio, i proprietari pensarono di costruirvi delle case, ma il comune di Signa preferì fare un accordo: i privati avrebbero potuto scavare fino ad esaurimento del materiale, ma in seguito l’area sarebbe diventata una parte a parco pubblico e un’altra naturale, seguita dal WWF come è attualmente. Cosa puoi trovare al Parco dei Renai: -Ettari di laghi, isolette, piste ciclabili, attrezzature sportive e strutture per il bird-watching e l’osservazione del mondo naturale. Solarium di circa 500 metri, realizzato accanto alla piscina, su un bel prato all’inglese e con vista panoramica sulla riserva integrale WWF. Spogliatoi con acqua calda, docce ed infermeria. Collegamento con pista ciclabile al Parco delle Cascine.
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IL NONNO RACCONTA Un tempo a Signa c’erano questi personaggi che svolgevano lavori oggi scomparsi: IL MUGNAIO - Per il mugnaio era difficile mimetizzarsi tra gli altri lavoratori in quanto era sempre pieno di polvere bianca: la farina. L’acqua metteva in moto le pale del mulino che mandavano in funzione anche la macina, che procedeva alla molinatura. Sopra vi era una grande bocca a forma d’imbuto dove si versava il frumento e in questo modo usciva la farina davanti alla macina. Per ricompensa del suo lavoro il mugnaio si faceva dare 3 o 4 chili di frumento. IL RENAIOLO - Era un lavoro molto faticoso e duro; i renaioli a dorso nudo e con i pantaloni corti (o semplicemente erano dei pantaloni lunghi ormai smessi per la troppa usura tagliati sopra il ginocchio), immersi nell’ac-
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qua fino all’inguine scavavano sabbia. Li vedevi, le schiene ricurve, nere che sembravano di cioccolata, cotte dal sole che picchiava, vagliavano e selezionavano la sabbia dalla ghiaia.. LA TRECCIAIOLA - Per molti anni la trecciaiola è stata la figura caratteristica del nostro territorio. Oggi restano pochi testimoni di un lavoro così faticoso e impegnativo, che richiedeva
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tempo, precisione e abilità. Le bambine, già all’età di cinque anni venivano avviate all’arte della treccia ed erano istruite dalle mamme o dalle nonne. Le trecciaiole lavoravano in gruppo: si ritrovavano in casa di una di loro, oppure, quando il tempo era bello andavano in una piazzetta vicina. Parlavano molto, si confidavano i loro pensieri, le loro preoccupazioni; la sera rientravano in casa quando suonava l’Avemaria. IL FUNAIO: Le funi venivano fabbricate con canapa, cotone e altri materiali a seconda del loro uso. Si intrecciavano i fili fra loro a due o più capi che poi a loro volta si intrecciavano fra loro in diversi capi secondo lo spessore della fune. La lavorazione era fatta camminando all’indietro e con appositi strumenti torcevano i vari capi in un unico filo. 118
PANCIA MIA FATTI CAPANNA La cucina signese è inevitabilmente legata a quella toscana ed ad alcune ricette tipiche locali come la famosa ribollita, minestrone composto da pane e ortaggi vari. Villa Castelletti, posta al di sopra BRICIOLE Detti e motti di Signa Tipica del linguaggio sono una serie di detti, che risalgono alla cultura contadina e che in Signa sono stai usati spesso e da tutti fino al secondo dopoguerra; essi sono: - I’ ma e i sé l’è patrimonio de’ bischeri. - Se un son’ grulli, un si vogliono. - Signa maligna, un ci prendere moglie, un ci mettere figlia; se una cosa tulla de’ i fare, metticela, ma un la le’are. - Signa maligna, coll’Arno puzzolente fa scappar tutta la gente (motto, purtroppo, recente e contemporaneo).
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dell’altura che si trova nei pressi del bivio di Comeana, è una delle ville più importanti di Signa. La villa è circondata da un magnifico parco con giardini e piante ad alto fusto; vi consigliamo una bella passeggiata fra prati, vialetti ed alberi che si specchiano nel lago, per stare a contatto con se stessi nel bel mezzo della natura. Ai piedi della Villa c’è un ristorante, “Le tre Corone”. La cucina propone piatti raffinati improntati alla tradizione toscana, è disponibile una fornita cantina di vini pregiati del Consorzio di Carmignano. La gelateria Ballerini è frequentata da molti ragazzi signesi. D’estate, quale migliore tappa per un turista che ha appena compiuto un lungo e stancante viaggio? Troverai ogni genere di gusto per soddisfare anche i palati più fini. Non ti piace il gelato??? No problem, Alla Pasticceria Oliviero troverai pasticcini e salatini per tutti, grandi e MISTERI E LEGGENDE La leggenda della Beata Giovanna Giovanna nasce a Signa nel 1266 circa. I miracoli da lei compiuti furono tanti e anche dopo la morte continuò a farne. Dopo la sua morte, il popolo di Signa e quello di San Martino a Gangalandi se ne contesero le spoglie. Il capitolo Fiorentino decise che le spoglie dovevano essere custodite nella chiesa di San Martino a Gangalandi. Arrivati sul ponte dell’Arno i buoi, che trainavano il carro contenente le sacre spoglie, si fermarono inginocchiandosi e non vollero più rialzarsi. Il corpo di Giovanna fu portato nella Pieve di Signa. Signa
piccini!!!...E poi ci sono le Sagre di paese La cena medievale che si svolge il Primo sabato di settembre, si basa su un menù che richiama alle tradizioni medievali ed è accompagnato da giochi e spettacoli dell’epoca in un’ambientazione suggestiva all’interno del Castello Medievale di Signa. Alla fine della cena medievale, per ricordare l’assalto alla torre di castello, viene riproposto l’incendio con i fuochi d’artificio. La sagra del ranocchio Ogni anno, verso luglio, viene organizzata a Lecore (una frazione di Signa), la sagra del ranocchio. Questa viene preparata grazie alla volontà dei suoi abitanti che catturano i ranocchi nei fossati. I ranocchi prima di essere fritti vengono messi nell’acqua con l’ortica per farli gonfiare. Oltre ai ranocchi possiamo trovare molte altre pietanze, dalla pasta ai dolci, tutto fatto in casa e a un prezzo bassissimo.
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