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Un progetto di Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Comitato scientifico Michele Gremigni, Leonardo Rombai, Renato Stopani
Con il contributo di Regione Toscana Provincia di Firenze
Supervisione Antonio Gherdovich
Con il Patrocinio di Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Coordinamento Marcella Antonini
Partner del progetto Comune di Barberino del Mugello Comune di Borgo San Lorenzo Comune di Dicomano Comune di Fiorenzuola Comune di Londa Comune di Marradi Comune di Palazzuolo sul Senio Comune di Pelago Comune di Pontassieve Comune di Rufina Comune di San Godenzo Comune di San Piero a Sieve Comune di Scarperia Comune di Vaglia Comune di Vicchio Comunità Montana del Mugello Comunità Montana della Montagna Fiorentina
Ideazione Chiara Mannoni
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Organizzazione Silvia Zonnedda Coordinamento didattico e amministrativo IPSIA Chino Chini, Borgo San Lorenzo Comunicazione e promozione Susanna Holm Sigma CSC Ufficio stampa Letter@Comunicazione Integrata Progetto grafico Media Studio
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il volume Il Mugello e la Val di Sieve da esplorare Piccole guide per grandi viaggiatori è a cura di Scuola secondaria di primo grado ‘Giovanni della Casa’ di Borgo San Lorenzo Scuola secondaria di primo grado ‘Desiderio da Settignano’ di Dicomano Scuola secondaria di primo grado ‘Don Lorenzo Milani’ di Firenzuola Scuola secondaria di primo grado di Londa Scuola secondaria di primo grado ‘Dino Campana’ di Marradi Scuola secondaria di primo grado ‘Dino Campana’ di Palazzuolo sul Senio Scuola secondaria di primo grado ‘Lorenzo Ghiberti’ di Pelago Scuola secondaria di primo grado ‘Maria Maltoni’ di Pontassieve Scuola secondaria di primo grado ‘Leonardo da Vinci’ di Rufina Scuola secondaria di primo grado ‘Galileo Chini’ di Scarperia Scuola secondaria di primo grado ‘Giotto’ di Vicchio consulenza scientifica Lidia Calzolai coordinamento redazionale Francesco Biron si ringraziano Lucilla Adamo, Irene Guidotti e Silvia Ghinassi i dirigenti Calamai Maria Cristina, Ciarrocchi Giovanna, Gabellini Annamaria, Gelormino Filippo, Giglio Adelina, Giovannini Fiorenza, Gragnoli Fernando, Lucchesi Maria Giovanna, Marrani Cesare, Mordini Annamaria, Quadalti Laura, Torri Tiziana, Verdini Edoardo e gli insegnanti Abbarchi Andrea, Ancaroni Marco, Bacocci Guendalina, Bargelli Elsa, Barletti Lorenzo, Bartolozzi Alessandro, Becattini Roberto, Becchi Bruno, Biagioli Claudia, Bongi Marina, Cantini Marilisa, Capecchi Barbara, Capitelli Maria Laura, Casini Giulia, Cavicchi Marina, Cavina Enrica, Chillari Wilma, Conti Lisa, Cosi Cinzia, D’Ambrosio Ferdinando, De Angelis Leonardo, De Bartolomeo Claudia, De Lucia Lorenzo, Disslin Gabriele, Donati Virginia, Faini Enrico, Ferraro Emilia, Fredducci Gianna, Gentilini Mirna, Giannelli Claudia, Giovannini Rita, Grossi Costanza, Guarino Giuseppina, Hervatin Lucia, Lanzara Maria Francesca, Lastrucci Lucia, Libone Domenica, Lo Cascio Marco, Magliocca Maria Giuseppa, Malenotti Isabella, Mammini Eleonora, Marchi Rita, Martelli Licia, Mazzuoli Manuela, Merico Cinzia, Migliorini Serena, Moggi Vivina, Montani Cristiana, Naldi Lorenza, Nucera Domenica, Obielli Stefania, Passerini Laura, Peroni Chiara, Petrocchi Samuele, Pinti Lucia, Pinzani Tosca, Pulicanò Ilaria, Rebezzi Patrizia, Ricci Maria Letizia, Rosito Alfredo, Scotti Paola, Serritella Lucia, Sgobba Pietro, Taddei Sara, Virzì Marco, Visani Stefania, Zoppis Iolanda un ringraziamento particolare va all’APT di Firenze
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Sommario Prefazione
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SCARPERIA
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Arte e storia All’aria aperta Per divertirsi Merende e dintorni Info & curiosità
BORGO SAN LORENZO Arte e storia Merende e dintorni All’aria aperta
VICCHIO Arte e storia All’aria aperta Per divertirsi Merende e dintorni Info & curiosità
FIRENZUOLA Arte e storia All’aria aperta Info & curiosità Merende e dintorni
PALAZZUOLO SUL SENIO On the road SP477
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MARRADI Arte e storia All’aria aperta Per divertirsi Info & curiosità
DICOMANO Arte e storia All’aria aperta Per divertirsi Info & curiosità
PELAGO Arte e storia Per divertirsi All’aria aperta Merende e dintorni Info & curiosità
LONDA All’aria aperta
RUFINA Arte e storia All’aria aperta Per divertirsi Merende e dintorni
PONTASSIEVE Arte e storia All’aria aperta Per divertirsi Merende e dintorni Info & curiosità
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L’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, attraverso il progetto Cento Itinerari più Uno, si propone di stimolare il legame tra giovani e territorio. Riappropriarsi del valore delle proprie origini e ritrovare l’attenzione per quelli che possono diventare aspetti di crescita e opportunità di sviluppo, rappresentano l’obiettivo principale del progetto che quest’anno si è svolto nel Mugello e nella Val di Sieve. Abbiamo chiesto ai ragazzi delle scuole elementari e medie di proporre itinerari da percorrere nel proprio comune. La semplice domanda “Cosa voglio fare io da turista? Cosa c’è di bello da fare nel mio comune?” ha prodotto risultati sorprendenti. Da qui nasce l’idea di rendere tangibile e duraturo il lavoro fatto dai ragazzi pubblicandone gli esiti: nascono con questa premessa le due ‘piccole guide turistiche del Mugello e Val di Sieve. Descrizioni e immagini, proposte per il tempo libero, approfondimenti sui beni storico artistici e paesaggistici del proprio territorio, divengono non solo i contenuti di un testo utile e piacevole da consultare, ma anche i mezzi per la costruzione di un dialogo con gli adulti attraverso nuove idee e suggerimenti. Ci piacerebbe dunque che diventassero per i ragazzi un’utile fonte di notizie, una divertente lettura e, soprattutto, il piacevole ricordo del lavoro svolto con i compagni di scuola e gli insegnanti. Le due ‘piccole guide’ rappresentano il segno di un cammino in cui sono gli adulti, questa volta, ad essere condotti per mano dai bambini.
Prefazione
Piccole guide per grandi viaggiatori…
Michele Gremigni Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze 7
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Scuola Secondaria di Primo Grado Galileo Chini
SCARPERIA
Classi: 3°B - 3°D
Scarperia è una cittadina posta nel cuore del Mugello che ha una lunga tradizione nella lavorazione dei ferri taglienti. La sua fondazione risale al 7 settembre 1306, voluta dalla Repubblica di Firenze. L’importanza storica di Scarperia si rafforzò con l’apertura della strada del Passo del Giogo, che conduce fino a Bologna.
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ARTE E STORIA La piazza di Scarperia La piazza è il luogo dove maggiormente si riflette l’immagine della potenza fiorentina ed è la sede specifica dove si svolge l’attività pubblica, quasi la proiezione all’esterno di quello che avveniva all’interno del Palazzo dei Vicari, l’edificio più significativo che la domina. Il Palazzo dei Vicari Il paese di Scarperia fu fondato nel 1306 dalla Repubblica di Firenze, che decise di creare un avamposto militare per garantire i collegamenti da Firenze verso il nord. Il progetto di questa nuova fortezza fu affidato all’architetto Andrea Pisano, ma egli probabilmente prese parte solo alla costruzione del palazzo-fortezza sede dei vicari. Il castello divenne il più importante della Toscana nord-orientale. Nel 1415, Scarperia divenne sede del vicariato e degli uffici amministrativi che controllavano un vasto territorio che si estendeva in tutto il Mugello. Il Palazzo dei Vicari è l’edificio che caratterizza tutta Scarperia: sulla facciata, quella che guarda verso la piazza principale del paese, ha l’aspetto di una classica ed austera residenza, mentre ha la forma di una fortezza sul retro. Il complesso del palazzo è formato alla base da
mura inclinate e da un’alta torre che esce dall’angolo destro della facciata. Essa è anche adornata da un incredibile numero di stemmi dei vicari fiorentini, in pietra e in maiolica. La corte interna è caratterizzata da affreschi del XIV e XV secolo, che contrastano con il severo aspetto della facciata esterna. Si accede al palazzo da una scala che al pianerottolo presenta un bell’affresco del XV secolo raffigurante San Cristoforo. Nella scala al primo piano si trovano altri affreschi. Nel Palazzo dei Vicari è custodito un patrimonio artistico che comprende stemmi eseguiti dal laboratorio fiorentino dei Della Robbia, e numerosi affreschi di scuola fiorentina.
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Il Palazzo dei Vicari ospita anche il Museo dei Ferri Taglienti e la biblioteca comunale. Nella stessa piazza dov’è il Palazzo dei Vicari, si trovano la chiesa prepositurale con chiostro del XV secolo e l’oratorio della Madonna di Piazza con affreschi e una Madonna con Bambino (XIV secolo) di Iacopo di Casentino. Prepositura dei Santi Iacopo e Filippo La Prepositura si trova di fronte al Palazzo dei Vicari. La chiesa era originariamente un convento di monaci agostiniani, fondato nel 1326 da Frate Napoleone della famiglia bolognese dei Galluzzi; la Prepositura rimase convento fino al 1812. Nel 1870-71 venne restaurata e ampliata. Al suo interno è notevole un crocifisso ligneo attribuito al Sansovino ed un tondo marmoreo raffigurante la “Madonna col Bambino” opera del XV secolo di Benedetto Da Maiano.
ALL’ARIA APERTA Golf Il campo da golf situato nel comune di Scarperia, aperto nel 1995, è stato immediatamente riconosciuto dalle riviste di settore come il miglior nuovo campo, e si è costruito un’ottima reputazione nel tempo, fino ad essere considerato uno dei più prestigiosi in Italia. Il campo ha 18 buche, ulteriori 9 buche verranno costruite nel prossimo futuro. Golf carts e sacche sono disponibili a noleggio. Il campo è aperto tutto l’anno, tutti i giorni. Le Isole Il territorio circostante al residence “Le Isole” permette diverse escursioni di trekking. Intorno alla struttura, sono segnalati alcuni percorsi medio-facili e anche più impegnativi, che vi conducono sia agli antichi poderi e borghi della vallata, sia sulle cime delle varie montagne. Si fa trekking attraversando infiniti boschi, ruscelli e anche tratti rocciosi, si raggiungono i prati, si arriva ai rifugi del CAI, al punto tappa della Comunità Montana, si assaporano e si respirano gli
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antichi e unici profumi del Mugello. Intorno a voi ammirerete marroneti, castagneti, faggete, cerrete, abetaie, pinete in un tripudio di colori e di atmosfere magiche e arriverete ad un’antica sorgente, ad un antico valico o ad un famoso luogo di battaglia dell’ultima guerra. Ci si può dedicare anche all’osservazione
e all’avvistamento degli animali che tuttora popolano la nostra zona; non è difficile imbattersi in una famiglia di caprioli, di daini o di cinghiali, trovare tracce del lupo, della volpe e del tasso, le poiane in cielo, i barbagianni notturni, una fauna ancora viva che in questo habitat si riproduce annualmente.
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Il trekking della valle del Mugello è la soluzione per riconquistare un equilibrio forse un pò perso, è un modo per ricordare una vacanza, anche breve, che fa bene. Nei pressi delle struttura c’è un lago di 3500 metri quadrati per la pesca sportiva; la particolare posizione favorisce la pesca di salmerini, trote, fario, trote iridee, storioni. L’acqua specialmente nei mesi di aprile, maggio, giugno e settembre è particolarmente fredda e ciò permette appunto di poter praticare un’ottima pesca: tradizionale, spinning, mosca. In riva al lago c’è la possibilità di usufruire di aree pic-nic, parcheggio auto e anche di potersi attrezzare dell’occorrente per pescare. Il lago gode tutt’intorno di uno scenario verde, montuoso-collinare che crea un’atmosfera ideale. A circa 200 metri dal borghetto de “Le Isole” si trova un campo di calcetto inte-
ramente in erba molto ben curato, che permette a gruppi sportivi di allenarsi.
PER DIVERTIRSI L’infiorata Ogni ultima domenica del mese di maggio, Scarperia si riveste di fiori inaugurando una primavera tutta speciale. Le strade e le piazze del centro storico del paese vengono ricoperte di quadri floreali che rappresentano un tema comune. I disegni sono realizzati con i petali dei fiori, principalmente garofani, che cittadini, alunni e commercianti pazientemente spetalano la sera precedente. La realizzazione della festa vede la partecipazione di tanti cittadini, delle scuole e dei negozianti. La preparazione dell’infiorata ha inizio qualche tempo prima. Scelto il tema ed eseguito il disegno su carta, il soggetto viene riprodotto a gesso sulle pietre, nelle strade e nelle piazze. La preparazione dei fiori precede la stesura di uno strato di colla sul piano del disegno: in ultimo, la paziente e accurata disposizione dei petali, che offre per un giorno la visione di questo
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lavoro. Le strade e le piazze del centro storico di Scarperia vengono ricoperte di opere dipinte utilizzando i colori disponibili in natura: le colorazioni dei garofani, le sfumature dei verdi e dei marroni delle foglie... e come per magia il paese improvvisamente diventa come un libro di fiabe illustrate! Il Diotto La festa del Diotto celebra la fondazione del paese avvenuta l’otto settembre 1306. Coincide con la festa della Madonna, ma è sempre stata una festa civica più che religiosa con radici molto antiche. Il
Diotto ha inizio con il corteo storico di Scarperia che, insieme al corteo storico di Firenze, attraversano il centro cittadino fino a convergere nella Piazza dei Vicari, dove di fronte al meraviglioso palazzo hanno inizio i festeggiamenti per il vicario entrante. Rulli di tamburo e suoni di tromba accompagnano il grandioso spettacolo dei bandierai di Castel San Barnaba e degli Uffizi, terminato il quale, il maestro dei giochi dà finalmente inizio alle 5 gare in programma che consistono nel “lancio dei coltelli”, nella “corsa sui mattoni”, nel “tiro alla fune”, nella “corsa nelle bigonce” e nel “palo della cuccagna”, al termine delle quali il vicario entrante assegnerà il palio del Diotto alla squadra che avrà totalizzato il maggior punteggio. Le squadre che partecipano alle gare vengono sostenute da un tifo sfegatato, rinforzato da mortaretti
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La Giornata rinascimentale Da qualche anno, la prima domenica di settembre, Scarperia si prepara al Diotto trasformandosi in quel “borgo rinascimentale”, sede di vicariato di tanto tempo fa. Dall’alba sin dopo il calar del sole lungo le vie del “borgo” si possono incontrare dame e cavalieri che passeggiano con fare altezzoso, accompagnati dai musici del vicariato, mentre le guardie di palazzo fanno la ronda, controllando che in mezzo al popolo non si nascondano agitatori di folla che potrebbero attentare la nobile figura del Vicario. Dalle strade laterali giunge il suono del martello del “maestro coltellinaio” che, battendo sull’incudine, forgia la lama che diverrà “ferro tagliente”, un’arte che ancora oggi rende famosa Scarperia.
e fumogeni colorati. I giochi hanno origine agreste e sono la genuina espressione delle forti genti scarperiesi, che nel lavoro artigianale ed in quello dei campi si sono sempre distinte per il loro talento. Il Diotto non si riduce solo nella festa di un giorno, ma ogni anno i giorni che precedono e che seguono tale data sono segnati da appuntamenti culturali, musicali e folcloristici che fanno di Scarperia un polo di attrazione turistica di notevole importanza.
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MERENDE E DINTORNI Anna Trend Il ristorante pizzeria Anna Trend offre una cucina casalinga all’interno di un’atmosfera rilassata, accogliente e familiare, ed inoltre è pizzeria e anche pizza da asporto, bar e caffetteria. Il Palagio Il ristorante è ubicato nel verde del Mugello, proprio vicino all’autodromo internazionale, in una posizione tranquilla e suggestiva, adatta a fare da cornice ai momenti più piacevoli da trascorrere insieme alla famiglia e alle persone più care. Villa Lo Sprocco Questa splendida villa nelle colline di Firenze, voluta e costruita da Cosimo e Lorenzo Dei Medici, immersa in un vasto e curato parco, si apre in uno splendido panorama, cui fanno sfondo a ponente l’enorme e brulla montagna della Calvana e Monte Morello, Monte Senario e più oltre, quasi ad oriente, il Falterona. Nel parco si trova anche una piccola ma deliziosa cappella, per eventi veramente speciali. Hotel/ristorante “Il Palagio” La fattoria “Il Palagio” è una storica villa settecentesca immersa nel
cuore del Mugello. Infatti è interessante sapere che nel corso dei secoli, vi hanno alloggiato molti personaggi importanti come: Ferdinando Dei Medici, Cardinale Borromeo, Paolina Bonaparte, Benito Mussolini, Re Umberto I. Il ristorante è tra i più conosciuti del posto e offre i piatti tipici di questa terra: dai tortelli all’anatra alle pappardelle al cinghiale, dalla bistecca alla fiorentina al maialino di latte in forno. Anche il pesce è molto richiesto come i vini classici della zona. Tra le sale che accolgono fino a 300 coperti, figura un’incantevole cantina adibita a sala aperitivi e un ampio parco secolare. La villa dispone inoltre di camere da letto singole, matrimoniali e triple, per chi ama svegliarsi nel silenzio dei boschi... 15
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INFO & CURIOSITÀ LE COLTELLERIE Berti La famiglia Berti produce coltelli da oltre 100 anni, da quando David Berti aprì la sua bottega in via Dell’Oche, a Scarperia. E lo fa senza interruzioni: dopo David sono stati Severino e poi Alvaro, ed adesso Andrea a far vivere questa tradizione di famiglia. Perché non basta produrre coltelli a Scarperia per essere eredi della sua tradizione: occorre farlo da un pò di tempo, magari da un secolo...
Saladini La coltelleria Saladini nasce in via Solferino, una via storica dove in passato vi erano numerose botteghe di coltellinai. Il desiderio da parte di Leonardo Saladini di aprire una bottega d’arte proprio nel centro storico, dove da anni non esistono più coltellerie attive, ma soltanto negozi, si concretizza nel 1997 con la nascita del marchio Saladini. La voglia di rinnovare la tradizione con nuove linee, nuove forme e nuovi accorgimenti tecnici ha caratterizzato da subito i prodotti marchiati Saladini.
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Scuola Secondaria di Primo Grado Giovanni della Casa
BORGO SAN LORENZO
Classi: 1°A - 1°B - 1°C - 1°D - 1°E - 1°F -1°G
Borgo San Lorenzo è al centro del Mugello, la verde vallata che separa Firenze dal crinale appenninico, e ne è, per così dire, la capitale. Sorto attorno alla pieve di San Lorenzo, fu teatro delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, mentre oggi è famoso soprattutto per la celebre Manifattura fondata da Galileo e Chino Chini nel 1906.
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ARTE E STORIA Il nostro itinerario prende avvio dal capoluogo mugellano, Borgo San Lorenzo, e percorre la strada diretta verso Marradi e Faenza, appunto chiamata Faentina. A 3 km circa da Borgo San Lorenzo, ecco la Pieve di San Giovanni Maggiore, che esisteva già nel 950 d.C. È una chiesa romanica, a forma di “capanna”, divisa all’interno in tre navate. All’esterno presenta un portico a cinque archi, costruito successivamente. Sul lato sinistro della pieve si trova il campanile ottagonale risalente all’anno 1000 circa. La Pieve è stata costruita in pietra mentre i restauri effettuati sul campanile dopo il terremoto del 1919 sono stati eseguiti con mattoni. A 1 km circa da San Giovanni Maggiore si trova poi la frazione di Panicaglia che conta circa 600 abitanti. Al centro del paese, in piazza Campobello, in un grazioso giardinetto con aiuole e panchine, è stata costruita recentemente (2001) una meridiana, cioè un orologio solare con il quale si può leggere l’ora a seconda della posizione del sole. La meridiana veniva usata dagli uomini del passato per comprendere lo scorrere del tempo e delle stagioni. La parte centrale della meridiana, quella che determina l’ombra, si chiama gnomone. Il lavoro è stato
eseguito con la consulenza e le ricerche del cartografo Simone Bartolini ed è una delle poche, di questo tipo, costruite in Italia. Ancora, nelle vicinanze di Panicaglia si trova la località di Mucciano, dove ci sono poche case sparse e una grande e antica villa: villa Della Casa. Qui è nato Giovanni Della
Casa, il personaggio a cui è intitolata la scuola media di Borgo San Lorenzo. Giovanni Della Casa è nato più di cinquecento anni fa, nel 1503, proprio a Mucciano. Era figlio di un ricco mercante e fu ecclesiastico, diplomatico e scrittore. Lavorò a Venezia e a Roma, dove morì nel 1556. Scrisse molti libri, il più famoso dei quali è il “Galateo”, che parla di
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dalla Fonte dell’Alpe. L’Ensa sfocia nella Sieve tra Borgo San Lorenzo e Vicchio. Ai giorni nostri il torrente è frequentato solo d’estate, soprattutto dai ragazzi. Ai tempi dei nonni invece era molto più utilizzato: per abbeverare il bestiame, per giocare, per lavare i panni. Il bucato era un’operazione abbastanza lunga e complessa: i panni bianchi venivano bolliti in acqua calda con la cenere, trasportati al torrente con le carriole e risciacquati in acqua. Era un lavoro molto faticoso che poteva durare anche alcuni giorni, a seconda della quantità di panni da lavare. Poco prima di Ronta, sulla sinistra si nota la collina di Pulicciano. Secondo gli studiosi fu un insediamento etrusco che poi passò ai Romani. Il nome Pulicciano deriva dal latino come una persona “educata” debba comportarsi nelle varie situazioni e nei diversi ambienti. Il libro, ha avuto molto successo fino ai giorni nostri, anche se è scritto in una lingua che oggi ci sembra più difficile da leggere e capire. Continuando verso nord, verso l’Appennino, la strada Faentina che va verso il passo della Colla costeggia il torrente Ensa che dalle parti di Panicaglia scorre in piano, scendendo dal passo della Colla, dove nasce
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“publicianus”. Nel Medioevo, per volere degli Ubaldini, fu per molti anni la “sentinella” della valle contro le invasioni dal nord. Agli inizi del XIV secolo fu distrutta e in seguito ricostruita con una chiesa dedicata alla Madonna: Santa Maria a Pulicciano. Restaurata più volte, contiene opere della scuola di Andrea del Sarto, di Filippo Lippi e le più recenti ceramiche opera dei Chini.
MERENDE E DINTORNI Nel Mugello però, non soltanto le opere artistiche e architettoniche e neppure solo l’ambiente naturale meritano di essere ben conosciute. Anche la gastronomia, pur semplice e basata su pochi ingredienti genuini, sono da conoscere. E visto che siamo nella zona di Ronta, conviene metterci davanti a un bel piatto di tortelli di patate, la pietanza più tipica della zona, per poi finire con dolci tipici fatti con la farina di marroni, uno dei frutti più importanti e rinomati dell’autunno mugellano. Una specialità dei nostri paesi,
dicevamo, sono dunque i tortelli: “quadratoni” di pasta ripiena bollita e condita con sughi di vario tipo; è considerato un piatto unico, ma è anche “povero” perché fatto con ingredienti semplici e naturali, tipici delle zone montuose del Mugello. Sono saporiti e genuini, possiamo trovarli nelle numerose sagre durante l’anno, nei ristoranti e fatti in casa da tante massaie mugellane.
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Quanto ai dolci di castagne, il marrone del Mugello è da oltre un decennio riconosciuto dall’Unione Europea come IGP, ovvero è un prodotto con l’indicazione geografica protetta. La zona è ricca di castagneti che producono in autunno una gran quantità di marroni (più grosso, lucido e saporito) e castagne. Con la farina di castagne si possono realizzare tanti piatti, soprattutto dolci, come il castagnaccio (impasto di farina di castagne, acqua, olio, pinoli, uvetta cotto in forno in una teglia), il monte bianco –marroni lessati, macinati insieme al cacao e serviti insieme alla panna montata-, la marmellata di castagne, i tartufini al cioccolato, la polenta dolce. La
tradizione mugellana, però, vuole che marroni e castagne vengano arrostiti (le “bruciate”) oppure vengano bolliti (le “ballotte”). I marroni e le castagne della zona vengono macinati e ridotti in farina nell’antico mulino Margheri, costruito nel 1847, un mulino ad acqua tuttora funzionante in località Madonna dei Tre Fiumi. Ma da dove deriva questo nome? Dal fatto che la località che si trova a circa un chilometro da Ronta in direzione nord è posta alla confluenza di tre torrenti. Sono il torrente Ensa che scende dalla Colla (primo fiume), il torrente Farfereta che si getta nell’Ensa (secondo fiume) e il fiume che si forma dalla loro confluenza (terzo fiume).
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Su queste rive, tra le case, sorge una piccola chiesa (oratorio) costruita nel 1578 a ricordo dell’apparizione della Madonna ad una popolana di Ronta di nome Maria Dianora Buini. L’edificio fu, nel corso dei secoli, ampliato e fornito di un portico a tre archi. All’interno è venerata un’immagine della Madonna del XV secolo posta su un altare in pietra serena scolpita. Quando fu costruita la piccola chiesa, nelle immediate vicinanze sorse anche un “ospizio”, cioè un posto dove i viaggiatori si ristoravano e passavano la notte prima di mettersi in cammino per la Romagna (a nord) o per Firenze (a sud).
ALL’ARIA APERTA Proseguendo sulla stessa strada, ora in decisa salita - percorso obbligato per tutti gli appassionati di ciclismo, che in Mugello sono moltissimi - si arriva fino al passo della Colla di Casaglia (911 metri), ancora nel comune di Borgo San Lorenzo; salendo l’Appennino da Ronta la via Faentina infatti si fa più ripida e tortuosa, e dopo qualche chilometro dalla frazione di Razzuolo si arriva
al passo. Qui la strada si dirama: a destra scende verso Marradi, a sinistra risale verso il passo della Sambuca (1061 m), poi scende nella valle del fiume Senio verso Palazzuolo sul Senio. L’ambiente è ricco di boschi di faggi e di sorgenti, come la cosiddetta Fonte dell’Alpe dalla quale trae origine il torrente Ensa. Sui crinali passano diversi sentieri dove è possibile fare trekking e passeggiate in mountain-bike. Specialmente d’estate la zona è molta affollata, con fiorentini, mugellani e romagnoli che cercano ombra e aria buona negli ampi boschi. 25
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Scuola Secondaria di Primo Grado Giotto
VICCHIO
Classi: 2°A - 2°B - 2°C
La storia del paese parte dai tempi antichi, passando per Giotto, Beato Angelico e Cellini fino alle pagine della Resistenza. Oggi sono tante le attività sportive e le manifestazioni a cui dedicarsi: il lago, il Maze etnico, la Fiera Calda e la banda jazz Funk-Off. Fondamentale un passaggio a Barbiana dove visse ed insegnò Don Milani.
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ARTE E STORIA Le origini di Vicchio Vicchio ha un’origine molto antica, come testimoniano i resti etruschi sparsi su tutto il territorio, fra cui quello di Poggio Colla, alle pendici di Monte Giovi. La sua fondazione risale al 1245, quando fu costruito il Ponte di Montesassi (odierno Ponte a Vicchio), che permise alla popolazione di San Giusto di attraversare la Sieve ed edificare il primo nucleo urbano, chiamato Vico, che fu ampliato, per volontà della Repubblica di Firenze, con la costruzione delle mura di cinta nel 1324. Da questo momento, Vicchio ebbe un fiorente sviluppo: la popolazione aumentò con l’arrivo degli abitanti di Ampinana e delle Rocche di Belforte e Gattaia, riscattate dai fiorentini. Da allora il borgo divenne una sede di podesteria, con stemma che ritrae un pino e tre pigne coronate da due stelle. Eventi storici importanti Un importante episodio della storia di Vicchio si ha quando, nel 1529, le truppe spagnole e quelle di Clemente VII invasero il Mugello per assediare Firenze. Vicchio rimase sempre fedele alla Repubblica Fiorentina, resistendo alle forze papali
e imperiali fino alla capitolazione di Firenze nel 1530, anno in cui Filippo d’Orange inviò 6000 soldati spagnoli per espugnare Vicchio. Dall’agosto del 2008, viene inscenata una rievocazione in costume dell’assedio. La tenacia degli abitanti di Vicchio è emersa anche durante la Seconda
Guerra Mondiale, nella quale i cittadini hanno preso parte attiva alla Resistenza contro il fascismo: per questo motivo, nel 2003, al Comune di Vicchio è stata conferita la medaglia d’Argento al merito civile. Merita, infine, di essere menzionato fra gli eventi storici importanti, il terremoto del 1919 durante il quale furono avvertite scosse dell’11° e 12° grado della scala Mercalli che distrussero le due porte medievali. Altre distruzioni si ebbero alla ritirata dell’esercito tedesco nel 1944.
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Sulla piazza Giotto, al centro del paese, si affaccia la chiesa di San Giovanni Battista, costruita nel 1830 e affrescata nel 1909 dal famoso pittore Chini. Questi affreschi sono però andati perduti nel terremoto del 1919. All’interno, la pieve conserva alcuni dipinti del 1500. Al centro della piazza si trova il monumento a Giotto, inaugurato nel 1901 per interessamento di Giosué Carducci e, in questa occasione, fu costruito anche il bel teatro intitolato al pittore. Se dalla piazza, ci spostiamo nel Corso del Popolo, troviamo due monumenti interessanti: l’oratorio della Misericordia e la casa di Benvenuto Cellini. Nell’oratorio, è conservato un Cristo in cera, fatto da Clemente Susini nel 1798 (lo stesso delle cere della Specola). È certo che il Cellini è vissuto saltuariamente a Vicchio dal 1559 al 1571, in una casa che
faceva parte del castello costruito nel 1324. Oggi l’edificio, in cui si tengono mostre, fa parte dell’associazione “Case della Memoria”. Dal giugno del 2000, possiamo visitare il Museo di Arte Sacra e Religiosità Popolare Beato Angelico (artista nato nel 1387 nel “popolo di S. Michele a Rupecanina”, nei dintorni di Vicchio), nel quale troviamo oggetti provenienti dalle chiese di tutto il Mugello. Questo museo si inserisce nel progetto di “Museo diffuso” e nel 2008 è stato una delle sedi della mostra “Mugello, culla del Rinascimento”. Nella campagna di Vicchio ci sono luoghi di interesse storico ed artistico. Non lontano da Vicchio, sul torrente Ensa, troviamo il Ponte di Cimabue dove, secondo la leggenda, sarebbe avvenuto il famoso incontro tra Cimabue e Giotto. A Vespignano si trova la “Casa natale di Giotto”,
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edificio medievale che ha subito nel tempo varie modifiche. L’edificio è oggi sede di una mostra permanente sull’artista. Al colle di Vespignano, e precisamente a Romagnano, troviamo una casa -torre, appartenuta al grande pittore vicchiese.
ALL’ARIA APERTA Visitando alcune frazioni di Vicchio, sulla facciata di una vecchia casa colonica, davanti ad una chiesa o in un punto panoramico, può capitare di vedere quadri, murales, sculture. Si tratta di opere d’arte che alcuni artisti,a partire dal 2003, hanno donato al nostro territorio. Per creare queste opere gli artisti si sono ispirati alle forme ed ai colori del paesaggio vicchiese, alla sua storia ed alle sue tradizioni. Pertanto si possono ammirare opere che raffigurano ambienti tipici come le marronete, luoghi simbolici come il ponte di Cimabue, fasi della vita agricola come la raccolta delle castagne, scorci paesaggistici su piccole frazioni come Barbiana o Villore. I “percorsi d’arte” dunque sono degli itinerari lungo i quali è possibile ammirare la creatività degli artisti e allo stesso apprezzare la bellezza del paesaggio. Ultimamente i percorsi d’arte si sono arricchiti di opere alquanto
originali: alcuni artisti, infatti, sono intervenuti su impianti elettrici e aziende locali allo scopo di renderli più belli e in armonia con il territorio. Primo percorso: il lago di Montelleri Uno degli ambienti più verdi di Vicchio è il lago di Montelleri, costeggiato da un percorso pedonale di 1200 metri. Percorrendo il sentiero, puoi ammirare varie specie arboree: una grossa quercia, dei salici piangenti, dei pini e un abete. Continuando incontrerai un chiosco, dove fare merenda; se, invece, hai ancora energia, ti puoi divertire in un percorso sugli alberi 29
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o fare canottaggio. Per i più piccoli ci sono delle altalene e uno scivolo. Dopo circa 150 metri, ti imbatterai in un canneto popolato da rane e, poco più avanti, in un pontile che consente di affacciarsi sul lago. Nel mezzo al lago spicca un isolotto dove vive una grande varietà di animali: pesci come boccaloni, carpe; anfibi come rane, rettili, tartarughe; uccelli come germani, oche, anatre; mammiferi come nutrie e ratti.
stanza facile incontrare caprioli che fanno merenda nei campi di grano. Si continua la camminata proseguendo per una strada che arriva fino al Bosco di Mezzo dove ci sono querce, qualche pino e arbusti vari. In primavera si possono raccogliere violette, primule, piscialletto e qualche dente di leone. Questa è una passeggiata facile perché siamo nel bosco ma allo stesso tempo non ci allontaniamo troppo dal paese.
Secondo percorso: una giratina... Noi a Vicchio, quando abbiamo voglia di andare a fare due passi, diciamo: “si va a fare una giratina!” Una delle tante giratine che si possono fare è quella verso la località “Il Monte”. Da lì si vede già un bel panorama che abbraccia il lago e buona parte del paese. Dopo poche centinaia di metri, siamo già immersi nella natura ed è abba-
Terzo percorso: Parco culturale della Memoria di Monte Giovi Questo percorso è dedicato alla guerra di liberazione dal nazifascismo. I sentieri del CAI portano in varie località: alcune sono importanti per motivi storici, come Padulivo (eccidio nazista), altre, per motivi culturali, come Barbiana, dove si può visitare la scuola di don Milani.
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PER DIVERTIRSI A Vicchio si possono praticare pattinaggio, ciclismo, pallavolo e calcio. La pista per pattinare è in Piazza Don Milani: i pattini sono forniti dall’associazione sportiva. Per chi ama la bicicletta c’è la Vicchio bike, per chi preferisce il calcio c’è l’associazione “U.S. Vicchio”, la cui sede è accanto alla pista di pattinaggio, infine c’è l’associazione “G. S. Pallavolo”. Nel periodo estivo si può usufruire della piscina e dei campi da tennis, che si trovano accanto al camping. Feste ed eventi Ogni anno, nel mese di agosto viene allestita la “MAZE”, dove puoi trovare oggetti antichi, artigianato locale e dipinti di artisti del Mugello. La mostra ha sede alla scuola elemen-
tare G. Carducci. Un’altra festa molto famosa è quella dei fichi, che si svolge la Domenica delle Palme in piazza della Vittoria. Esiste una Festa Etnica, in concomitanza con quella del patrono, che ospita cantanti e gruppi musicali, venditori ambulanti e artigiani. Questa festa si svolge nel centro di Vicchio, ha una durata di tre o quattro giorni e si conclude con i fuochi d’artificio in piazza Giotto. Tra gli eventi più significativi, infine, ricordiamo il festival di musica jazz, che si svolge ogni anno, a marzo, al teatro Giotto e, nel mese di maggio, la marcia a Barbiana nell’anniversario della morte di don Milani. La Fiera Calda Ogni anno, tra la fine d’agosto e gli inizi di settembre si svolge la Fiera Calda. Si chiama “Calda” perché, secondo un’antica tradizione, inizia sempre l’ultimo mercoledì di agosto per concludersi la domenica successiva. La Fiera Calda è una delle tradizioni più antiche di Vicchio. Era conosciuta in tutto il contado fiorentino per l’abbondanza di merci e di animali esposti e per la grande quantità di persone che vi partecipavano. Poiché l’agricoltura era la principale risorsa economica del Mugello e la vita delle persone era scandita dai ritmi del lavoro agricolo, la Fiera Calda si collocava tra due impor-
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tanti scadenze: la battitura e la vendemmia. In un periodo in cui i momenti di svago erano pochi, la Fiera costituiva non solo un’occasione di scambio commerciale ma anche di divertimento: le vie del paese si riempivano di bancarelle che vendevano dolci e giocattoli e nelle piazze vi erano saltimbanchi, mangiafuoco ed altri artisti che intrattenevano la gente incuriosita dai loro numeri. Nel corso del tempo la manifestazione è cambiata, tuttavia continua ad essere un’occasione di incontro ed uno strumento per far conoscere l’artigianato le produzioni agricole del Mugello.
delora non perdete l’occasione di assaggiare le “scole”, un dolce di antiche origini, semplice ma gustoso!
INFO & CURIOSITÀ I Funkoff I Funkoff sono un gruppo composto da 15 musicisti quasi tutti di Vicchio; hanno inciso 3 dischi e hanno suonato un po’ in tutto il mondo. Il gruppo è nato nel 1998 quando Dario Cecchini, fondatore e compositore di tutte le musiche, ebbe
MERENDE E DINTORNI Se siete golosi, vi consigliamo di fermarvi in una delle ottime pasticcerie. Tra monumenti e chiese, l’ora di pranzo si avvicina e, per gustare dei buonissimi tortelli, andate dalla “Rosina” o al “Ponte a Vicchio.” All’ora di merenda, se passate da piazza della Vittoria, vi capiterà di sentire un profumino…seguitelo e arriverete al forno, dove potrete gustare bomboloni e ciambelle. Se invece il vostro girovagare vi ha spinto verso Vespignano, allora, vi consigliamo di far merenda al Forno della distilleria. Se vi trovate a Vicchio per la Can33
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l’idea di provare a mescolare i ritmi del funk e del Jazz con il suono dei fiati e delle percussioni tipico delle bande. L’idea, alquanto originale, di far suonare una banda di paese come un gruppo funky ebbe successo. Il debutto avvenne nel 1998 a Vicchio, in occasione della festa del patrono del paese: il giorno di San Giovanni. Da allora la Funkoff è cresciuta e si è affermata in Italia e all’estero: ha portato la sua musica in tutto il mondo partecipando ad importanti festivals e concerti. I componenti della band si conoscono bene e sono legati da un profondo rapporto di amicizia, questo fa di loro un gruppo veramente unito: a questo si deve gran parte del loro successo!
terza in un concorso che si tenne a Roma. Tra le due guerre la banda attraversò momenti difficili, ma nel 1945 riprese il suo cammino. Negli anni ‘70 si trasformò in folcloristica: vennero inserite le majorettes e si passò dalla musica classica alle canzonette. Ormai il vecchio nome non le si addiceva più, così nel 1979, in occasione di Santa Cecilia, i musicisti scelsero il nome, che ancora oggi porta, di Vicchio folk band.
La Banda di Vicchio Il primo documento scritto che testimonia l’esistenza della Banda di Vicchio risale ai primi dell’Ottocento. A quel tempo era già molto apprezzata non solo nel Mugello, ma anche a livello nazionale. Lo dimostra il fatto che nel 1895 arrivò
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Scuola Secondaria di Primo Grado Don Lorenzo Milani
FIRENZUOLA
Classi: 2°A - 2°B
Firenzuola è stata fondata per volontà della Repubblica Fiorentina nel 1332 e ha contribuito alla sua difesa e al mantenimento del suo prestigio per i secoli successivi. Una delle cose che ci fa capire l’importanza di Firenzuola a partire dal Medioevo è proprio il suo nome: Firenzuola significa “piccola Firenze”.
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ARTE E STORIA La fondazione di Firenzuola Se chiedi a uno studente fiorentino dove si trova Firenzuola, difficilmente ti saprà rispondere, perchè oggi questo paesino di montagna è al di fuori della grande viabilità nazionale, ma nel passato non sarebbe stato così! Firenzuola è stata fondata per volontà della Repubblica Fiorentina nel 1332 e ha contribuito alla sua difesa e al mantenimento del suo prestigio per i secoli successivi. Firenzuola, insieme a Scarperia, fu una delle “Terre Nuove” edificate per permettere un transito sicuro di merci e viandanti attraverso gli Appennini, che rappresentavano l’unico collegamento via terra tra l’Italia centromeridionale, l’Italia settentrionale e il Nord dell’Europa. Le valli appenniniche a nord di Firenze erano a quel tempo governate dalla potente famiglia degli Ubaldini, che faceva di tutto per dominare i territori del Mugello e dell’Alto Mugello e per danneggiare gli scambi dei mercanti fiorentini, interessati ai commerci con la ricca
pianura Padana e con le città delle Fiandre. Una delle cose che ci fa capire l’importanza di Firenzuola nel XIV secolo, è l’attribuzione del nome: Firenzuola significa “piccola Firenze” e fu attribuito dalla Repubblica fiorentina su proposta del cronista Giovanni Villani, al quale è ancora oggi dedicata la via principale. Anche lo stemma ha in sé una parte simbolica di Firenze, infatti è costituito da metà giglio e da metà croce, il primo rappresenta la Repubblica fiorentina e il secondo sta a rappresentare l’arma del popolo. La costruzione fu ultimata nel 1371 ed era costituita da una cinta muraria e da un castello. L’abitato aveva una pianta rettangolare a croce, con le due vie principali che si intersecavano come nel castrum romano (cardo e decumano), alle cui estremità si trovavano quattro porte, due delle quali ancora esistenti: Porta Bolognese a nord e Porta Fiorentina a sud. In questo lontano avamposto, all’inizio fu lasciata una piccola guarnigione; a causa del disagio
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climatico e della lontananza fu difficile favorire il popolamento di questa Nuova Terra e la Repubblica Fiorentina invitò i galeotti fiorentini a prendervi la residenza con le rispettive famiglie, in cambio della libertà. Oggi, infatti, ci sono ancora molte famiglie con questo cognome nel nostro comune. Il Museo della Pietra Serena Il museo della Pietra serena di Firenzuola si sviluppa sotto la Rocca, dove ha sede il municipio, e sotto la piazza antistante il Comune. Ai tempi della costruzione del nostro paese, al posto dell’attuale museo si trovava il fossato a difesa del castello. In caso di attacco, il fossato veniva riempito dalle acque del fiume Santerno. Nel 2002 è stato costruito il nostro museo, che raccoglie opere antiche e moderne, realizzate prevalentemente in pietra serena, la materia pregiata della nostra zona appenninica. Nella prima sala del museo si trova una parte delle antiche mura, che sono state conservate bene nel tempo, perchè per molti secoli sono rimaste sepolte.
I due bastioni presenti risultano tozzi e robusti e sono stati costruiti in obliquo, per resistere alle armi da fuoco. Uno di questi bastioni conteneva il gabinetto e il pozzo da butto, mentre l’altro possedeva all’interno un pozzo d’acqua potabile che, in caso d’assedio, era indispensabile per resistere a lungo. Sempre in questa parte del museo possiamo osservare gli strumenti usati dagli scalpellini per lavorare la pietra: la bocciarda, gli scalpelli, le martelline, lo schiantino, i panciotti ecc... Tramite gigantografie, sagome e proiezioni a muro, vengono illustrate le varie fasi della lavorazione della pietra, dalla cava al manufatto. Al centro della sala, circondati da una panchina moderna fatta in plexiglass, si trovano i resti di un antico battiponte, sul quale si appoggiava il ponte levatoio, che permetteva di entrare e uscire dal castello. Fra gli utensili del museo ce ne sono molti che ricordano la vita rurale degli abitanti di Firenzuola: il trogolo per i maiali, il fornello a brace, l’acquaio in pietra. In un piano rialzato, a fianco del piano terra, sono conservati dentro
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delle teche degli antichi frammenti di ceramica sia dell’area fiorentina (Montelupo) che dell’area romagnola (Faenza). La maggior parte di questi resti proviene dal “pozzo da butto” del castello. All’interno del museo si possono anche osservare sculture moderne, per far capire ai visitatori la differenza tra le tecniche di lavorazione della pietra serena, oggi e ieri. Alcune sculture sono per esempio la panchina a forma di seno di madre, che riesce a trasmettere l’emozione del calore delle braccia materne.
ALL’ARIA APERTA Le mura Alla fine del XIV secolo, con l’invenzione delle armi da fuoco, fu necessario rinforzare le mura che difendevano Firenzuola. I lavori furono condotti da Antonio da Sangallo il Vecchio e sembra che lo stesso Lorenzo Il Magnifico ne avesse proposto la ristrutturazione. Le mura furono abbassate e rinforzate, con una pendenza obliqua che favoriva la resistenza alle nuove artiglierie. I materiali utilizzati vennero reperiti in loco: la pietra arenaria nelle cave, la sabbia e il pietrame nel fiume Santerno, i mattoni nella fornace adiacente all’abitato. Ai quattro angoli delle mura
si innalzarono i bastioni, provvisti di cannoniere capaci di difendere il perimetro murario con gittate calibrate. Le mura furono progettate in un periodo di transito fra le armi da getto e le armi da fuoco, perciò i tecnici addetti ai lavori furono allo stesso tempo inventori e sperimentatori, crearono un modello di difesa che sarebbe stato ulteriormente sviluppato in altre città. I lavori terminarono nel 1502, ma le mura rimasero praticamente inutilizzate, perchè le condizioni politiche erano cambiate. Nei secoli successivi furono utilizzate come appoggio per altre costruzioni o cedute ai privati che confinavano con orti e giardini. Oggi nel nostro paese sono ancora presenti resti delle antiche mura nel vecchio perimetro cittadino e prosegue una
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sfiatatoio circolare per la fuoriuscita dei fumi dell’artiglieria.
consistente opera di salvaguardia. Per immaginare come erano costruite le mura all’interno, consigliamo di visitare i camminamenti che collegavano i bastioni. All’interno del museo della Pietra serena è stata inoltre restaurata l’antica cannoniera, con il soffitto a volta realizzato con mattoni rossi, disposti a spina di pesce, che presenta al centro uno
Porta bolognese e Porta fiorentina Firenzuola, fin dalla fondazione, ha avuto due punti di riferimento che permangono tuttora: Porta Fiorentina verso sud, in direzione di Firenze, e Porta Bolognese verso nord, in direzione di Bologna. Entrambe le porte facevano parte della cinta muraria, venivano chiuse al tramonto e riaperte al mattino per garantire la sicurezza a tutti i cittadini, erano robuste, dotate di saracinesche, presentavano grossi battenti di legno chiodato ad erano difese da cancelli di ferro. Si ritiene che le due porte abbiano un basamento particolare: sono infatti interrate per circa due metri per evitare che i nemici potessero utilizzare la tecnica di cava per far crollare le strutture sovrastanti. Era consuetudine, infatti, effettuare uno scavo in galleria fin sotto le porte di accesso, la galleria era armata con pali di legno che al momento opportuno venivano incendiati per provocare il crollo di ciò che c’era sopra. Verso la fine del 1800, le due porte furono ingrandite e sistemate ad arco, come si presentano oggi. Sopra la Porta Fiorentina esiste ancora oggi il “campanone”, che suonava per radunare il popolo in piazza in caso di necessità e, in
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tempi recenti, quando si riuniva il Consiglio Comunale. Sotto Porta Bolognese, in antichità, si trovava una locanda detta anche “ospedale di San Jacopo”, che rappresentava un luogo di riposo per i viandanti e di sosta per i cavalli. Da una porta all’altra, troviamo “Corso Villani”, o via Villani, fiancheggiata su entrambi i lati dai portici, che servivano per rendere possibile il mercato settimanale per l’intera giornata di lunedì, tradizione che rimane attualmente e che ha origini medioevali. Per un firenzuolino Porta Bolognese e Porta Fiorentina sono due importanti punti di riferimento; è consuetudine darsi appuntamento “in cima Porta” o “in fondo Porta”, riferimenti compresi solo dalle persone del luogo.
quale simbolo di forza e indipendenza, il “Marzocco”, cioè il tipico leone fiorentino seduto con una zampa poggiata su uno scudo gigliato. Quanto al nome di “Marzocco” esso forse deriva da “Martocus”, cioè piccolo Marte, dio della guerra, di cui una statua si trovava all’imbocco del Ponte Vecchio.
INFO & CURIOSITÀ Il Marzocco Sugli scalini della Rocca di Firenzuola si trova una statua in pietra del “Marzocco” o leone di Firenze, donato dal sindaco Bargellini in occasione di una sua visita a Firenzuola. Nel consegnarlo alla popolazione rimò così: “Firenzuola, Firenzuola, di Firenze la figliola”. L’origine di questo simbolo sembra risalire alla metà del 1200, quando la città di Firenze aveva adottato, 41
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MERENDE E DINTORNI Al termine del percorso storico artistico da noi consigliato, vogliamo informarvi della possibilità di assaggiare specialità gastronomiche, che potrete trovare nei ristoranti locali del capoluogo e negli agriturismi del territorio circostante. I piatti tipici della tradizione del nostro Paese sono legati all’antico mondo contadino e alle ricchezze offerte dalla natura. Si possono gustare: crostini di fegatelli; crostini al tartufo bianco e nero; tortelli di patate; tortelli dolci (di castagne); cinghiale in umido; bistecca fiorentina; polenta al ragù o con funghi porcini; ficattole (pasta fritta); castagnaccio.
Dopo il pranzo proponiamo di svolgere qualche attività sportiva o ricreativa: una passeggiata lungo il Corso, da ripetere anche più volte (le famose vasche firenzuoline); la pesca sportiva nei laghetti artificiali o lungo il fiume Santerno; una partita a tennis o a calcetto presso i campetti polivalenti di via dello Sport; una passeggiata nel bosco o in uno dei tanti castagneti che circondano il nostro paese. Firenzuola è bella anche vista dall’alto, prima di andarvene soffermatevi un attimo ad ammirare il panorama e le bellezze naturali, ricordando l’antico detto: Firenzuola è il bel paese che il Santerno bagna, parla tosco in terra di Romagna!
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Scuola Secondaria di Primo Grado Dino Campana
PALAZZUOLO SUL SENIO
Classi: 1° - 2° - 3°C
Le prime tracce della presenza dell’uomo a Palazzuolo sul Senio risalgono al Paleolitico superiore. Nel Medioevo fu la famiglia dei Pagani a governare il territorio con i suoi castelli. Oggi è il turismo che, valorizzando la storia, le attrattive naturalistiche e una celebre tradizione gastronomica, svolge un ruolo sempre più importante nell’economia del paese.
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ON THE ROAD SP477 Sono le 9:00 e siamo al passo della Sambuca … Ieri è arrivato Edward, fresco fresco dall’America. Gli abbiamo proposto un itinerario “On the road” per raggiungere Palazzuolo, lungo la provinciale 477. Le tappe sono: 1-Sambuca; 2-Piedimonte; 3-Presia; 4-Quadalto; 5-Palazzuolo sul Senio Passo della Sambuca (punto di partenza) 1080 s.l.m. Da qui parte un percorso trekking, ma noi non abbiamo le scarpe adatte e quindi ci rinunciamo. Ci fermiamo per un attimo sul passo a vedere il paesaggio: c’è una punta di roccia che si affaccia come la prua di una nave sulla valle; sopra, una imponente croce di legno che mette un po’ soggezione; sotto, una stele a ricordo dei caduti della trentaseiesima Brigata Garibaldi. Fauna e vegetazione non mancano: si può trovare in inverno il pungitopo, il merlo in estate, e addirittura in autunno (nelle notti di luna piena specialmente) anche dei lupi. Camy e Giuly propongono di proseguire e,
dato che c’è la neve alta vorrebbero usare il bob, ma noi glielo impediamo… sono mezze matte! Piedimonte Arriviamo a Piedimonte. Imbocchiamo una stradina e andiamo a fare una passeggiata: un pic-nic sul prato innevato non fa mica male! Edward tira fuori dallo zaino un hamburger e burro di arachidi, mentre Luky, dalla cestina, estrae una forma di formaggio canestrato e quattro salamini di cinghiale, Giuly tira fuori un pacchetto di 45
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caldarroste. Dopo mangiato giochiamo a palle di neve. Proseguiamo fino ad arrivare ad alcune case di legno: il Green Energy Camp. In estate ci vengono ragazzi, alla scoperta della natura, per passeggiare e affrontare inesplorati tragitti. In questo modo si impara a sopravvivere nella natura, superando ostacoli e vincendo paure. Andando indietro per tornare alla strada principale, vediamo alcuni animali: un capriolo salta, rincorso da una volpe; un tasso li segue incerto a debita distanza.
cascata alta tre metri. Intanto noi ci sediamo su un grande sasso sulla riva, chiudiamo gli occhi e ci ricordiamo degli anni passati insieme in quel luogo meraviglioso, dei nostri giochi con l’acqua, dei nostri spericolati tuffi, delle nostre scottatine sulle spalle e dell’aria fresca che ci accarezzava. Ad un tratto ci svegliamo per il muggito delle mucche dello zio di Roby e Bea. Lucky e Franci propongono di tornare indietro. Tobi e Niko si fermano a salutare i cavedani e i lucci.
Presìa Dopo una breve camminata, arriviamo di fianco al Santuario di Acquadalto dove sbuca una strada sterrata che porta alla Presìa: un paradiso di acque, ruscelli e cascate nascoste da una folta vegetazione di piante e alberi. In estate, anche se l’acqua è molto fredda, si può fare il bagno nel fiume e ci si può anche tuffare da una
Quadalto Siamo arrivati di fronte al santuario di Santa Maria delle nevi di Quadalto. Qui vivono le “ancelle di Maria”, custodi di un’immagine della Vergine (considerato miracolosa) che una mano ignota dipinse su una roccia. Si narra che qui vivesse un bambino di otto anni muto. Tirando dei sassi nel fiume per giocare, colpì un masso dove vi era raffigurata la Ma-
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donna. Da quel giorno il bambino parlò e il ritratto della Madonnina fu collocato sull’altare della Chiesa di Quadalto. Dato che Vicky prende lezioni di pianoforte da suor Gianna, entriamo a visitare il convento: spazi vasti, su tre piani, stanze e celle. Ci fermiamo a fare due chiacchiere con Suor Gianna, Suor Agnese e Suor Elisa: “Ma la conoscete la leggenda della Madonna delle nevi?”. E noi rispondiamo: “No, ce la raccontate?”. “Verso gli anni venti, in un caldo Agosto una suora del convento di Palazzuolo sul Senio uscì in strada dopo aver visto uno strano fenomeno… Non credeva ai suoi occhi… Nevicava! Nevicava in Agosto!” Questo fenomeno da allora venne ricordato come la leggenda della Madonna delle nevi … Non a caso a Palazzuolo tanti proverbi riguardano la neve: Quant è trabossa a la Seivarèla, quant stè so’, la nev l’è per tèra. (Quando tuona alla Salvarella, quando ti alzi al mattino, la neve è per terra) Quanche la név la fa e capèl, vénd la piégra e tet l’agnèl (Quando la neve fa il cappello, vendi la pecora e tieniti l’agnello)
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Quanch’e néva a trovl, s’te de grà portle ai mul (Quando nevica a mulinello, se hai del grano portalo al mulino) Ci fermiamo lungo la strada al bar di Quadalto, il più fortunato della zona per le vincite al Lotto. Dopo una tazza di cioccolata calda, due pasticcini e due risate, ci avviamo in bicicletta verso Palazzuolo, che è tutta discesa! WOW! Palazzuolo sul Senio Sfrecciando in centro, passiamo davanti alla scuola dove salutiamo Mery. Parcheggiamo le bici e andiamo a fare un giro per il paese con i rollerblade. Partiamo dal bar Gentilini (la meridiana segna le undici) e saliamo fino alla chiesa di Santo Stefano. All’interno Edward, appassionato d’arte, ammira “Lo sposalizio di Santa Caterina”. Scendiamo le scale… siamo affamati! Lasciamo a Edward la scelta di uno dei tanti luoghi del paese, in cui si possono gustare prodotti genuini. C’è la “Locanda Senio”: un locale accogliente e curato, dove si mangia, si dorme e si fa il bagno! “Europa”: albergo, ristorante (si mangia da Dio!) con ampi saloni. “La bottega dei Portici”: una raffinata enoteca con prelibatezze del luogo. Il ristorante “Malavolti”: qui si pos-
sono degustare piatti tipici romagnoli e palazzuolesi. Da non perdere il Ristorante Pizzeria “Il Cinghiale Bianco”: qui ti senti subito a tuo agio, con eccellenti pizze, dai più bizzarri condimenti, piatti toscani e assaggi romagnoli. E per una semplice merenda? Io andrei al Bar Europa, per una merenda al fresco in compagnia. Alla Gelateria Gentilini o al “Centrale”, per un super gelato artigianale. E al Bar Quadalto fanno certi pasticcini…! Da non perdere in estate le piadine fritte al chiosco “ La Maestà”. Edward ci chiede: “Ma quali sono i buoni food di Palazzuolo?!” Anna: “Non c’è che l’imbarazzo della scelta!” Spiedini e salami di cacciagione (cervo, capriolo, cinghiale, uccelli). Funghi e tartufi dei nostri boschi nelle stagioni più umide.
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Raveggiolo del Mugello, un formaggio fresco nostrale. Salumi e formaggi artigianali dell’Azienda agricola Lecca di Lozzole (potresti incontrare Hannibal, il più grosso maiale di cinta senese!). Torta di marroni: dolce di crema ai marroni, avvolta da pasta sfoglia. Ma dal Bar Europa si affaccia la mamma di Marco: “Vi va un cappuccino?” Accettiamo con entusiasmo! Nell’ampio salone del bar ci divertiamo ad elencare ad Edward tutte le sagre e gli eventi dell’anno a Palazzuolo: Da giugno a luglio i ragazzini per guadagnare un po’ di soldi vendono oggetti usati, mentre i commercian-
ti espongono i loro prodotti. Questi mercatini animano il paese, e si svolgono ogni anno, tutti i martedì. A luglio, le Feste Medievali, che si svolgono ogni anno per le vie del paese. Palazzuolo torna al tempo dei Guelfi e dei Ghibellini. Giocolieri, spettacoli, tornei e tanta musica, cene medievali tutte le sere con acrobati e danzatori sui trampoli. A mezzanotte scoppiettanti fuochi d’artificio. Sfilano per le strade del paese, in costume medievale, artigiani, contadini, gente del luogo, al rullio di tamburi. A ottobre trionfa la sagra del marrone: dolci tipici, frittelle, marmellate, ma soprattutto il mitico marrone di Palazzuolo, da sempre considerato il migliore del Mugello. A dicembre, invece, ogni anno, le prime tre domeniche del mese, si possono trovare, al centro del paese, i mercatini di Natale che vendono: presepi, decorazioni per l’albero di Natale, biglietti d’auguri e dolci. A primavera su ogni balcone sbocciano fiori profumati e ghirlande: è il momento de “L’arte dei fiori”. Fiorai dei paesi vicini in gara per il Bouquet migliore. Edward rimane stupito a sentire quante manifestazioni ci sono in un paese così piccolo. La giornata è stata davvero divertente: quando si arriva a Palazzuolo
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è difficile decidere di ripartire. Ale propone ad Edward di rimanere anche per la notte, per esempio all’agriturismo “I Monti”. La strada è panoramica, in parte sterrata, fra castagneti e querce secolari. In cima si vedono due case: una è l’agriturismo e l’altro un piccolo laboratorio di ceramica. La signora Sabrina ci fa subito accomodare nella sala da pranzo. All’esterno visitiamo un piccolo museo dove si trovano oggetti interessanti: soldi, lenti, culle, un piccolo telaio, dei bicchieri, un calice e tanti piatti. Qui si possono fare giri a piedi o in mountain bike, persino a cavallo! I piatti che si consigliano: tortelli di castagne, tagliatelle di farro, dessert
di frutta (corniole, pere volpine e altro), degustazione di confetture e dolci casalinghi. Oltre a “I Monti” ci sono altri agriturismi: “Il Fantino”, che si trova verso Quadalto. Un altro è la “Ca’Nova”. Si trova a 3 Km dal paese, andando verso la strada per il paretaio della Faggiola, per la strada di Firenzuola. Ci alziamo allegramente e… via di corsa in Piazza Strigelli! Ci sediamo in questo piccolo “anfiteatro” in discesa, dove Edward suona alla chitarra “Un amico è…”, accompagnato dalle voci di Ale, Cecco, Emo e Anna e di tutti gli altri. Palazzuolo T.V.B.
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Scuola Secondaria di Primo Grado Dino Campana
MARRADI
Classi: 1° - 2° - 3°A
Questo paese, che ha dato i natali al poeta Dino Campana, è immerso in una natura incontaminata, fra boschi di faggi e castagni, torrenti e specchi d’acqua. Passeggiando, troverai palazzi cinquecenteschi, il teatro degli Animosi e forni con prodotti tipici.
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ARTE E STORIA Palazzo Fabroni I Fabroni, di origini francesi, all’inizio del XII secolo si stabilirono a Marradi e godettero di notevole prestigio e potere. Marradi entrò a far parte del dominio fiorentino quando i Medici diventarono signori di Firenze e i Fabroni , loro grandi amici, seguirono le fortune del casato mediceo. Il palazzo, nella cui facciata è presente lo stemma scolpito in pietra serena, è decorato con motivi di cannoni, tamburi, bandiere e due aquile. È un edificio seicentesco, a tre ordini di grandi finestre elegantemente finite in pietra; sopra il portale a bugne al centro della facciata è situato il balcone sormontato dallo stemma prima descritto. Palazzo Torriani Il Palazzo Torriani è senza dubbio tra i più pregevoli palazzi cittadini di Marradi. Risulta esser stato edificato tra la
fine del XV e l’inizio del XVI secolo e, dagli stili adottati, si ritiene progettato da architetti toscani. Il palazzo, compreso il giardino e le aree scoperte, copre un’area di quasi 1700 mq. Sopra il portale campeggia lo stemma con i simboli araldici dell’antica e nobile famiglia Torriani. Lo stemma, risalente al XVII secolo, con mascherone nella parte superiore,
presenta al centro un castello con una torre ai cui lati si appoggiano due leoni rampanti ed è il simbolo del comune di Marradi. L’interno del palazzo, da poco aperto al pubblico, presenta sale riccamente decorate, alcune delle quali da Galileo Chini di Borgo San Lorenzo. L’illustre famiglia Torriani, di origine lombarda, a causa
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delle continue lotte con la famiglia dei Visconti fu esiliata e un ramo di essa si insediò a Marradi.
tica esistente in quel periodo a Firenze.
Palazzo Cannone Al termine della Piazza Scalelle si trova Palazzo Cannone (XV - XVI secolo). Esso ha tre ordini di finestre, contornate da bugne in pietra ai due piani superiori. L’edificio poteva contenere l’intero corteo reale di Cosimo de’ Medici il quale venne a Marradi quando era ancora un bambino per rifugiarsi ed evitare la pericolosa situazione poli-
Il Teatro degli Animosi Il teatro, sorge in prossimità del fiume Lamone, ha forme tardo settecentesche ed è un segno della vivacità culturale della Marradi del XVIII secolo. Commissionato dall’Accademia degli Animosi (costituita dai rappresentanti delle famiglie aristocratiche del luogo), fu costruito nel 1792.
ALL’ARIA APERTA Lungo le sponde del fosso Campigno Una meta affascinante anche d’inverno è la frazione di Campigno, distante 7 Km da Marradi. La strada asfaltata termina a Farfareta e costeggia il torrente o lo attraversa, ripercorrendo in molti punti il vecchio tracciato della mulattiera e della più antica strada romana che portava a Firenze. La vallata, coperta da boschi di faggio o carpini e più in basso da castagni, si presenta intatta e in54
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contaminata. L’elemento che domina è l’acqua del fosso che aumenta la sua portata lungo il percorso per i numerosi affluenti e scende tra dirupi e salti sino a mescolarsi dolcemente al fiume Lamone. In questa biforcazione inizia l’itinerario che proponiamo. La prima sosta è la diga di Ravale: uno sbarramento che ha originato un piccolo lago artificiale dove avviene la presa delle acque utilizzate per uso potabile. A questo specchio, dove nuotano anatre e oche, il torrente giunge dall’alto di una cascata dopo aver scavalcato grossi blocchi di pietra, traccia di un’enorme frana che si staccò dalla montagna alla fine dell’ottocento sommergendo case e persone. Ora nella piana di Gamberara, ricca di verdi prati, si elevano pini e abeti che rendono piacevole la permanenza. Sul poggio de le
Scalelle svetta una colonna di pietra a ricordo di un’eroica impresa dei marradesi che sconfissero la compagnia di ventura del temutissimo conte Lando (1358), che aveva fatto razzie sul suo passaggio nel territorio. La frase di
Machiavelli è riportata nella base: “Gente di Val di Lamone sono armigeri e son fedeli”. Annunciano l’arrivo a Campigno gruppi di case e il campanile a vela della chiesa di S. Croce. Il nome ricorda una croce che fu regalata dalla contessa Matilde di Canossa per la morte di un figlio avvenuta in quel luogo. Nei versi del poeta Dino Campana, riportati in un leggio, troverai le parole per descrivere il paesaggio
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nio è raggiungibile a piedi in tempi brevi. Nei mesi estivi organizza per i ragazzi dai 9 ai 14 anni “Avventura verde”. Nella palestra del coraggio, sperimenterai l’attraversamento su ponte a una corda, farai esperienze di orientamento e riceverai insegnamenti per costruire rifugi, imparare a sopravvivere e a vincere la paura del buio in un bosco di notte.
che ti circonda e scoprirai che “la riva bianca “ è la nicchia prodotta da un antico distacco della roccia che anche nei giorni di intemperie rimane di colore bianco perché non viene mai raggiunta dalla pioggia.
PER DIVERTIRSI Nei prati un verde di velluto Una vacanza nel verde di velluto dei prati, i tremiti freschi dell’acqua e l’ombra dei castagni caratterizza queste quattro proposte.
Sulpiano è un antico podere sulla strada per San Benedetto al quale puoi arrivare con l’auto in pochi minuti. Ad un passo dal castagneto troverai una casa ristrutturata con tutti i comfort che si affaccia sulla valle. Ti consigliamo di andare in ottobre così, in accordo con i proprietari, proverai la piacevole fatica di raccogliere i marroni e la soddisfazione di tenerne la metà per te. Rifugio Escursionistico Campigno. Puoi raggiungere facilmente Campigno, a 7 km dall’abitato di Marradi, in auto o a piedi. Troverai un rifugio semplice ma gradevole dove dormire. Potrai spostarti verso il monte Lavane, percorrere un’antica strada romana, transitare sul sentiero “00”
La Casa Ferie Collecchio sulla statale che porta a Palazzuolo sul Se56
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che attraversa l’Appennino Tosco Romagnolo, spingerti fino all’eremo di Gamogna o partire per la Verna. Agriturismo Badia Della Valle. Per arrivare a Lutirano e da lì a Badia della Valle, puoi utilizzare gli autobus che fanno varie corse nella giornata. L’agriturismo è situato accanto ad un’antica abbazia, una guida gentile ti guiderà nel museo sulla vita contadina e ti insegnerà a creare giochi semplici di una volta, come il fucilino in legno di sambuco, la trottola e la cerbottana. Potrai macinare castagne, granturco e cereali nel mulino ad acqua e poi impastare il macinato e cuocere pane e piadine. Tornerai a casa con l’impressione di avere fatto un tuffo nel passato.
INFO & CURIOSITÀ Sulle orme di Dino Campana Per intraprendere il cammino sulle orme di Dino Campana, illustre poeta marradese (1885 -1932), potrai prendere il treno e scendere alla stazione di Marradi. Percorso un viale alberato, troverai l’edificio dove visse serenamente la sua infanzia, dopo aver lasciato la casa natale, oggi non più visibile perché distrutta dalla guerra. I primi disturbi nervosi iniziarono nell’adolescenza con i contrasti in famiglia e aumentarono la sua voglia di solitudine e il suo bisogno di fuggire alla ricerca di un contatto diretto con la natura. Prosegui il tuo cammino e sosta al Centro Studi Campaniani; troverai una bella mostra di 57
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documenti e libri, conoscerai la sua famiglia, il suo percorso scolastico sino all’Università, i suoi viaggi avventurosi e le tappe tristi della sua vita: fu considerato “e matt” (il matto) perché perseguitato dalla nevrastenia, che non gli impedì tuttavia di essere un grande poeta. Vedrai la copia del manoscritto “Il più lungo giorno”, perduto da Papini e Soffici ai quali Campana lo aveva dato in lettura per averne un giudizio. Capirai la tenacia con cui, da indomito leone, suo segno zodiacale, riscrisse il testo. In via Fabroni individuerai la sede della tipografia Ravagli dove nel 1914 fu stampato uno dei capolavori letterari del ‘900, i “Canti Orfici”, con l’aiuto di 44 marradesi che
anticiparono i soldi allo squattrinato poeta. La pubblicazione gli dette poche soddisfazioni, però gli fece trovare l’amore della poetessa Sibilla Aleramo che lo volle conoscere, affascinata dai suoi versi. Insieme trascorsero la notte di Natale del 1916 nella locanda il “Lamone”, in piazza le Scalelle. Riprendi il cammino e troverai Via Dino Campana. Sulla destra attraverserai una passerella pedonale sul fiume Lamone e camminerai nella poesia: “... La valle canora dove si snoda l’azzurro fiume/ Che rotto e muggente a tratti canta epopea/ E sereno riposa in larghi specchi d’azzurro.”
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Scuola Secondaria di Primo Grado Desiderio da Settignano
DICOMANO
Classi: 2° A – C
Dicomano ha origini molto antiche ed era già abitata al tempo dei Romani. Passeggiando per il paese è ancora possibile riscoprire non solo luoghi affascinanti, come l’antichissima Pieve di Santa Maria, ma anche sapori tipici, tradizioni, chiese, conventi, profumi e atmosfere di festa.
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ARTE E STORIA Da San Godenzo all’Acquacheta guidati da Dante Alighieri È una limpida mattina di giugno e siamo davanti all’abbazia benedettina di San Godenzo… Oggi è la festa del Dante ghibellino: stasera ci sarà la sfilata storica, ma intanto stamani andiamo a visitare la cascata dell’Acquacheta. Prima di tutto ci spostiamo nel paese di San Benedetto in Alpe da cui inizia il sentiero natura che ci porterà alla cascata. Il sentiero ci conduce vicino al fiume; se alziamo lo sguardo possiamo ammirare un gruppo d’ontani neri: il nome scientifico “alnus” significa proprio “vicino all’acqua”. La valle dell’Acquacheta è dominata dal bosco. Possiamo osservare una delle poche radure derivate da pascoli, ormai poco utilizzati e oggi colonizzati da arbusti. Passo dopo passo ci troviamo a circa 700 metri di quota, in un bosco che appare subito diverso dalla faggeta. Era il 1302 quando Dante, esule da Firenze e diretto a Forli, sostò ai Romiti presso i monaci benedettini. Il poeta ammirò la cascata e la utilizzò come termine di paragone per l’orrido salto del Flegetonte nell’ottavo girone dell’Inferno. Come quel fiume c’ha proprio cammino prima da monte Veso in ver levante, dalla sinistra costa d’appenino,
che si chiama Acquacheta suso, avante che si divalli giù nel basso letto, e a Forlì di quel nome è vacante, rimbomba là sovra San Benedetto dell’Alpe, per cadere ad una scesa dove dovria per mille esser recetto[…]
(Inferno, canto XVI, 94-102)
Perché il nome Acquacheta? Forse è dovuto al silenzio dei monaci che pregavano in questo luogo. Infatti, chi arriva qui rimane colpito dai suoni della natura: il rumore dell’acqua che scorre e che scroscia, il fruscio delle fronde e il silenzio intorno. In estate si può rimanere delusi dalla “caduta” per la scarsa portata del torrente. Difficile però non rimanere meravigliati, in qualsiasi periodo dell’anno, dalla magia dei luoghi. Ci fermiamo a riposare in un grandissimo prato. Dopo tanti paesaggi verticali fatti di cascate e pareti di roccia, siamo alla “piana dei Romiti”, una prateria punteggiata da alberi e arbusti con il torrente dell’Acquacheta che scorre in lentissimi 61
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meandri. Torniamo verso la cascata, ci facciamo un bel bagno e ci prepariamo alla festa medievale di stasera a San Godenzo.
ALL’ARIA APERTA Da Castagno d’Andrea al Sentiero-Natura nella marroneta Siamo a Castagno d’Andrea nel giorno della festa della Ballottata: la campana della chiesa batte nove rintocchi. Tra le bancarelle per la vendita di marroni e di altre prelibatezze fatte dalle signore del posto facciamo colazione con una fetta di castagnaccio, una colazione energetica per affrontare il sentiero natura tra i castagni. Dalla Chiesa ci dirigiamo verso il fornaio del rione “Le Prata”: lì compriamo della schiacciata all’olio per il pranzo a sacco nel bosco. Sono le dieci ed è l’ora di partire per il sentiero. Ripercorriamo la vecchia strada principale fino al gruppo di case detto “La Fonte”. Da lì andiamo al centro visita del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi da dove parte il nostro sentiero.
Entriamo nella marroneta vera e propria. Qui si produce il marrone, precisamente il “Marrone fiorentino” I.G.P. Continuando, giungiamo ai resti circolari di un muro a secco che erano la base del recinto di un piccolo stazzo, luogo di ricovero per le pecore. Scorgiamo poi un gruppo di grandi castagni che ci danno un’idea della pianta adulta: un albero maestoso e longevo, che può superare i 500 anni. Di lì a breve, ci troviamo di fronte ad una struttura tipica dell’antica coltura del marrone: il seccatoio. Si tratta di una piccola costruzione in pietra che sulla facciata ha una porticina e un graticciato che separa uno spazio ampio inferiore da uno più ristretto superiore. Nello spazio sottostante, durante la raccolta dei marroni, si fa
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un fuoco con grossi ceppi di marrone che devono essere fatti bruciare lentamente, in modo da tener caldo l’ambiente senza però arrostire i marroni, che vengono posti sul graticciato passando dalla finestrella. L’aria calda piano piano dissecca i marroni che, essiccati, possono venir consumati oppure macinati (come farina dolce). Arriviamo, quindi, a un punto da cui si gode un’ampia visuale verso il Passo del Muraglione e il Mugello. Procedendo il sentiero ci appare limitato da due file evidenti di pietre: questo indica che il sentiero era usato un tempo per la transumanza delle greggi. Ormai sono le sei di sera: torniamo in paese e ci scaldiamo con delle gustose “bruciate briache”: marroni arrostiti con rum e zucchero.
PER DIVERTIRSI Da Contea al convento di Sandetole nel dì di festa Benvenuti a Contea! Nell’ultimo fine settimana di giugno si svolge la festa paesana della contea. Il paese di Contea, o per meglio dire la Contea di Turicchi, fin dal ‘300 era divisa in tre rioni: Pizzicotto (abitato da furfanti e avventurieri), Sandetole e Pozzo (abitati da contadini e commercianti). La festa giunge al suo apice di sera, con il corteo storico che sfila per il paese e con la gara per i migliori addobbi. Partiamo da Pizzicotto. Qui è stato ricreato il castello medievale e il drago che la leggenda vuole tenesse in scacco tutto il rione. Dominano rosso e bordeaux, i colori di Pizzicotto. Nel centro del paese troviamo l’osteria medievale della contea (la Casa del Popolo, “travestita” per l’occasione) dove un bicchiere di vino e un assaggio di ribollita non si negano a nessuno. Possiamo incontrare anche ricostruzioni di botteghe artigiane. Attraversando il ponte sul torrente Moscia arriviamo a Sandetole. Qui sventolano bandiere gialle e verdi e sulla strada ci sono filatrici di lana e venditrici di tessuti. Più avanti troviamo la banca, che per l’occasione è stata trasformata nell’ufficio dell’esattore delle tasse con tanto di registro e penna d’oca. Non 63
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manca un menestrello seguito da una coppia di dame e una balia con una bambina. Seguendo la strada, troviamo il mercato dei semi e delle terrecotte. Poco più avanti le merciaie che vendono pizzi e merletti fatti dalle monache di clausura. Infine, il Pozzo. I suoi colori sono blu e grigio. Anche qui possiamo ammirare i festoni e bandiere. Arriva la sera. Alla luce delle fiaccole, il corteo si apre con sbandieratori seguiti dai partecipanti ai giochi. Dietro di loro arrivano i signori, le donne e le alte cariche dei rioni, insieme al boia che trascina le streghe. Percorriamo la strada in salita che
arriva di fianco al convento. Il convento di Sandetole fu eretto dai frati francescani alla fine del Settecento in luogo di un’antica pieve romanica. Entriamo nella cantina del convento dove sono serviti piatti medievali: una specie di piadina spalmata di lardo, pasta al ragù di cinghiale e dolci gustosi. Dopo cena tutti al campo sportivo per i giochi e le premiazioni… Che vinca il migliore!
INFO & CURIOSITÀ Dicomano alla luce delle Rificolone Il 7 settembre a Dicomano è la festa della Rificolona. Il paese trae origine da una colonia romana e deve il suo nome alla parola latina decumanus o dal fiume Comano. Passeggiando dal ponte vecchio, il cuore antico del paese, bombardato nella II Guerra mondiale e poi ricostruito, si arriva a un rione (detto di Valfonda) che era lo scenario della festa del
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Forese: gli anziani del luogo ricordano sempre quei giorni festosi tra corse coi ciuchi, cenci e frittelle… Ma basta con i ricordi, torniamo alla festa di oggi...! Dal ponte vecchio arriviamo in Piazza della Repubblica. Qui troviamo il municipio e davanti due vasche con pesci e diverse panchine, luogo di ritrovo e di chiacchiere tra paesani. Ci viene voglia di un gelato e un dicomanese ci consiglia di andare al Corellino, la gelateria storica del paese. Da Piazza della Repubblica ci incamminiamo verso via Dante Alighieri, caratterizzata dai suoi portici. Dopo aver gustato un ottimo gelato proseguiamo verso Piazza Buonamici. Da lì vediamo l’oratorio di Sant’Onofrio sulla strada che porta a San Godenzo: si tratta di una chiesa in stile neoclassico come si vede dai capitelli corinzi e dalle quattro grosse colonne in facciata. All’interno c’è una “Madonna dell’Ospedale” attribuita ad Andrea del Castagno. Mentre passeggiamo, suonano sette rintocchi di campana. Sono le sette di sera e dobbiamo andare a prepararci per la cena e la festa della Rificolona. Dopo cena ci dirigiamo in Piazza della Repubblica per attendere l’arrivo delle rificolone che vengono dalla Pieve, una chiesa in stile romanico situata nel punto più alto di Dicomano. Terminiamo la giornata
con la premiazione della rificolona più bella e nell’attesa ci gustiamo i dolci tipici: cenci, frittelle, bomboloni. Guidati dalla luce delle candele delle rificolone ripercorriamo tutto il paese di sera: questa luce fa vedere angoli nuovi e particolari. L’angolo che ci piace di più sono le colline illuminate dalla luce delle rificolone.
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Scuola Secondaria di Primo Grado Lorenzo Ghiberti
PELAGO
Classi: 1°D - 2°A - 2°B - 2°D - 3°B
Castelli, antichi conventi, chiese divenute musei di arte sacra. Qui i natali del famoso scultore Lorenzo Ghiberti. Teatro di Feste di antica origine e di Festival più moderni e… set cinematografico per film di registi toscani!! E non dimenticate di assaggiare la famosa schiacciata ai funghi al valico della Consuma!
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ARTE E STORIA Itinerari nel territorio di Pelago Pelago ha un territorio costellato di castelli, chiese e ville, facilmente raggiungibile in auto (da sud A1 uscita Incisa, SS. 69; da nord A1 uscita FI sud, SS. 67), in pullman (SITA, linea 341 Firenze -Consuma; linea 343 Pontassieve – Pelago Tosi; linea 338 Firenze - San Francesco di Pelago) e in treno (stazioni di Pontassieve o S. Ellero). Imboccata la SS. 70 verso la Consuma, dopo circa 4 km si svolta a sinistra per Nipozzano, antico e suggestivo borgo di proprietà dei Frescobaldi, nel cui fulcro si trova il castello con la chiesa di San Niccolò; più in basso la villa Albizzi con la sua famosa enoteca. Il castello, costruito nel Trecento, è stato restaurato con cura dopo i bombardamenti dell’ultima Guerra che hanno interessato anche la chiesa. Tornati sulla SS. 70 si riprende il bivio per Pelago, sorto anch’esso attorno ad un castello medievale (XI secolo), che ospita la chiesa di San Clemente, ora Museo d’arte sacra e il palazzo Cattani da Diacceto, oggi sede del Comune. La piazza principale, antica sede del mercato, è piazza Lorenzo Ghiberti, dedicata al grande scultore nativo di Pelago (1378-1455) e caratterizzata da loggiati e a est dal bel palazzo Stu-
pan. All’ingresso del borgo si trova l’oratorio del SS. Crocifisso. Proseguendo lungo la SP. 85 verso Vallombrosa si oltrepassa Paterno e si imbocca via di Magnale, fino a un poggio da cui si gode uno splendido panorama. Qui sorgeva l’omonimo castello che ospitò nel 1200 i Guelfi in fuga da Firenze e di cui oggi si
conserva la chiesa di San Niccolò (XIII secolo), restaurata nel ‘600. Ritornati sulla SP. 85 si incontra la Grangia Vallombrosana: la villa, ora di proprietà privata, era fattoria e succursale dell’abbazia di Vallombrosa (Reggello). Tornati a Pelago,
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semicircolare. Tornati sulla SS. 70 si raggiunge Borselli e, presa la SP. 91 di Pomino, la chiesa di Santa Margherita a Tosina. L’edificio, costruito in pietra, appartenne al patronato dell’Eremo di Camaldoli ed è documentato dall’XI secolo. Affiancato da un antico convento con chiostro quattrocentesco, conserva un importante trittico (1388) raffigurante la Madonna con il Bambino e Santi attribuito a Mariotto di Nardo.
PER DIVERTIRSI per via di Diacceto si riprende la SS. 70 verso est fino al bivio per Ferrano, caratterizzato da un suggestivo castello ottocentesco; più in alto, la chiesa di Santa Maria conserva l’assetto medievale originario, con abside
Eventi a Pelago La Festa Grossa ha origini molto antiche e si svolge ogni sette anni: fulcro è la croce lignea (XV sec.) conservata nell’oratorio del SS. Crocifisso, attorno alla quale si svolgono cerimonie sacre come la Comunione dei bambini. Una processione dal centro del paese raggiunge un’altura vicina, passando per un sentiero fatto di petali di fiori preparato dalle donne. Sono allestiti giochi ed una fiera con esposizione di lavori artigianali e prodotti tipici. Nel borgo medievale di Pelago ogni anno, il 24 e 25 aprile, ritorna la Biofioricola, mostra mercato dei prodotti biologici e artigianali del territorio e
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dimostrazioni pratiche di antichi mestieri: la tosatura delle pecore, la ferratura dei cavalli, la forgiatura di attrezzi agricoli, l’impagliatura dei fiaschi. Sono esposti e venduti anche i manufatti in ceramica realizzati dagli alunni delle scuole di Pelago che riscuotono sempre molto successo. Dal 1989, Pelago ospita a luglio il festival internazionale On the Road, dedicato agli artisti di strada. Per quattro giorni, si alternano le esibizioni di buskers in concorso e concerti serali di importanti artisti.
ALL’ARIA APERTA Per chi ama la natura sono molti gli itinerari a piedi come l’anello che tra ville, castelli e torri porta da Pelago a Ferrano, prosegue per Ristonchi, scende a Paterno, ad Altomena e risale a Nipozzano. Nel 2009 è stato inaugurato anche il Sentiero della Memoria, un percorso escursionistico tra i luoghi che nei comuni di Pontassieve, Rufina e Pelago (Podernovo, Lagacciolo)
sono stati teatro degli eccidi del ‘44. Un suggestivo itinerario in bici si snoda tra gli edifici religiosi più interessanti: dalla Pieve di Pomino alla chiesa di Tosina, attraverso Borselli fino a Diacceto e poi al piccolo borgo di Falgano con la romanica chiesetta di Santa Maria. Da Ferrano si dipartono numerosi sentieri, percorribili anche a cavallo, tra boschi di carpini, cerri, castagni e querce nei quali è facile imbattersi in famiglie di cinghiali, daini e caprioli. Tra le manifestazioni sportive va segnalata la storica Coppa della Consuma che fu disputata per la prima volta nel 1902: vi partecipano macchine d’epoca che attirano molte persone lungo il percorso da Pontassieve alla Consuma. Per i ragazzi non mancano strutture sportive, mitici campini da calcio e parchi gioco. Molte le attività estive per i ragazzi organizzate dal Comune e dalla Parrocchia con gite, giochi, attività sportive e laboratori. Gli appassionati di ceramica d’estate possono partecipare a corsi o assistere alle fasi di lavorazione presso lo Studio ceramico Giusti.
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Il territorio di Pelago è distribuito su vari livelli di altitudine, dalla pianura, lungo i fiumi Sieve e Arno, ai 1050 metri della Consuma. Presenta perciò una varietà preziosa di paesaggi, animali e piante. Alcune di esse sono fonte di ricchezza come
l’olivo e la vite che, presenti nella fascia collinare, producono oli e vini eccellenti. Altre formano boschi e macchie di vegetazione come l’acero, l’olmo, l’abete, il faggio, il pino, il cipresso, la roverella, il carpino e il salice. Il castagno vive nella parte orientale del territorio tra Ristonchi e Borselli: questa pianta era anticamente chiamata “albero del pane”
perché costituiva per la popolazione delle montagne un’importante risorsa. Una vera rarità presente a Pelago è la tasseta di Nipozzano, un bosco di piante di tasso (Taxus baccata) che copre ben tre ettari di terreno a nord dell’omonimo castello. É uno dei pochi casi in Italia in cui la pianta si è riprodotta in modo omogeneo su un’area abbastanza vasta, anche grazie al particolare clima della zona: per questo il bosco è sottoposto a leggi di tutela ambientale. Il tasso è una pianta conosciuta fin dall’antichità per la sua alta velenosità: se ne ricavava un estratto venefico per le frecce mentre il legno era utilizzato per la produzione di archi; nel medioevo si credeva che le streghe amassero riunirsi di notte ai piedi di questa pianta e che nelle pozioni ne utilizzassero rametti raccolti in notti di luna piena. Tra Consuma e Ferrano, è situata la zona protetta di Fonte ai Massi istituita nel ‘94 e affidata a Legambiente Toscana che cura il censimento delle specie animali (tra di essi lupo, capriolo, cervo,daino, istrice, volpe, faina; tra gli uccelli più interessanti picchio rosso, ciuffolotto, crociere, gheppio) il mantenimento e l’apertura di percorsi naturalistici (tre gli itinerari praticabili: Borselli - Spedaletto e ritorno; Borselli - Ferrano; Borselli - cima Fontemassi e ritorno). Uno dei periodi migliori per le visite è
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primavera per il transito di uccelli migratori. Sono programmate attività educative con particolare attenzione ai ragazzi: escursioni a piedi e in carrozza con attività di studio dell’ambiente.
MERENDE E DINTORNI La località della Consuma è da sempre famosa per la produzione di un’ottima schiacciata salata in vendita nei negozi, aperti anche la domenica, presenti nel piccolo centro abitato (La Botteghina) e all’altezza del passo come nel caso dello Chalet Il Valico. In questo locale, si possono trovare specialità apprezzate e conosciute anche fuori regione: pizze e schiacciate, semplici e ripiene, con salumi e formaggi e soprattutto con i richiestissimi
funghi porcini. Se non vi è possibile gustare la speciale schiacciata della Consuma, provate a farla a casa seguendo la ricetta rivelataci da uno dei fornai della zona. Ingredienti per 1 schiacciata: 125 grammi di farina, 1 litro e ½ di acqua tiepida, 37 grammi di sale, olio quanto basta, 50 grammi di lievito di birra. Si impastano insieme tutti gli ingredienti per 20 minuti circa; poi si fa lievitare quanto basta e infine si inforna a 280° per 20 minuti. Anche il Panificio Alterini produce un’ottima schiacciata (farcita, con rosmarino o allo yogurt e condita con l’olio nuovo a novembre) e pane di vario tipo (pane toscano cioé senza sale, integrale, a lievitazione naturale, con farina mista e con l’aggiunta di cereali) e di vario formato. Da sottolineare la gentilezza verso i bambini che ricevono sempre una strisciolina di schiacciata. A San Francesco si trova anche la famosa Gelateria yogurteria Sottani, conosciuta e apprezzata anche all’estero come dimostrano i numerosi premi vinti e la citazione su molte guide gastronomiche sia italiane che straniere. Il segreto di tanto successo sta nell’uso di alimenti genuini e freschi. Oltre ai gusti classici si possono provare molte novità, frutto della fantasia del gelataio, Giancarlo Sottani: Cacio con le pere, Caterina de’ Medici, Semifreddo al millefoglie,
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Panna e nutella, Melograno, Tuffato nel Vinsanto, Nespole di montagna, Sorbetto alla mela verde, Fantasia all’integrale, Ballotte (periodo delle castagne), Zucca (per Halloween). La gelateria produce anche gelati alla soia per celiaci e diabetici, ottimi yogurt, frappé e granite. Il Castello di Ristonchi, posto su un’altura che domina la valle dell’Arno, fu costruito nel Medioevo. Il suo nome deriva dall’etrusco “ristona” cioè cresta. Oggi questo borgo, con la torre e la chiesa di S.Egidio, è immerso nei boschi ed è un punto di partenza per escursioni a cavallo o in mountain bike. L’agriturismo è il posto ideale per
chi cerca una vacanza rilassante nel verde. C’è anche una piscina. Aperto da marzo a novembre. Villa Grassina, situata vicino a Vallombrosa fu costruita nel medioevo e ampliata e ristrutturata in forme barocche. Adesso vi si trovano appartamenti per gli ospiti che possono usufruire della sala TV, del ristorante,del giardino, della piscina, del ping-pong e del tennis. Aperto da marzo a novembre. La fattoria di Castiglionchio è un antico insediamento del XII secolo in tipico stile toscano. Nella villa si trovano una sala meeting e una sala TV, mentre all’esterno si trovano una
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piscina e un campo da tennis. Aperto tutto l’anno offre a bambini e ragazzi molte attività fra cui un giro su un tipico carro contadino o a cavallo per la campagna, oppure preparare pane e pasta, o prendersi cura dell’orto. L’agriturismo Castellare è situato nella campagna toscana a metà strada tra Ferrano e Diacceto. È dotato di una piscina e un campo da tennis. Lo splendido panorama delle colline toscane e dei boschi verdeggianti fanno sì che vi si trascorrano vacanze in totale relax e armonia con se stessi e con la natura. La Locanda Tinti si trova a Diacceto. È situata in un’antica casa colonica su tre piani: al primo piano si trova un bar, che serve gelato artigianale di produzione propria; al terzo, invece, i clienti possono usufruire dei libri contenuti nella piccola biblioteca. Sul tetto si trova un’originale terrazza, dalla quale è possibile ammirare il bellissimo panorama della campagna toscana che circonda il paese di Diacceto.
INFO & CURIOSITÀ Pelago e il cinema Pelago, nonostante sia un piccolo comune sconosciuto anche a molti fiorentini, ha dimostrato una vera vocazione per il cinema: oltre ad aver dato i natali all’attore Alessandro Benvenuti, è stato scelto per le sceneggiature di numerosi film già a partire dagli anni Cinquanta. La commedia “La bella mugnaia” (1955) di Mario Camerini, è in parte girata lungo le sponde dell’Arno, in prossimità della località Massolina: qui due giovanissimi Loren e Mastroianni interpretano le figure di un mugnaio e della bella moglie che tentano di avere i favori del governatore (Vittorio De Sica) nella Campania del 1680. Per l’occasione venne costruita una passerella in 73
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legno nelle prossimità di un vecchio mulino (Mulino d’Orlando a Rignano) andato in rovina nell’alluvione del ‘66. Anche Mario Monicelli gira alcune scene del film “Amici miei” (1975) in una zona vicina: il gruppo di amici burloni (tra gli altri Tognazzi, Moschin, Noiret e Celi), si ferma a osservare l’uscita delle operaie di una fabbrica (ditta Brandigi-Fante-
Partito Democratico della Sinistra. Nel 1992, Paolo e Vittorio Taviani ambientano nella tenuta Frescobaldi, sullo sfondo di antichi casali, il film “Fiorile” che nel ‘93 vince il David di Donatello per la sceneggiatura. Anche il fiorentino Pieraccioni nel suo “Paradiso all’improvviso” (2003) rievoca, anche se in modo marginale, il paesaggio di Pelago,
chi) in prossimità della stazione di S. Ellero. Nel 1991 Benvenuti presenta il film “Zitti e Mosca”, ambientato in parte nel comune di Pelago: la pellicola, che segna l’esordio cinematografico di Leonardo Pieraccioni, racconta con amara ironia tipicamente toscana la trasformazione del Partito Comunista Italiano in
luogo dove l’attore trascorreva da ragazzo le vacanze estive. La storia, incentrata sulla figura di un single convinto, prende avvio dal racconto di alcune scommesse giocate tra generazioni d’amici. Una, la classica corsa in automobile, è ambientata sulla strada di Nipozzano.
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Istituto Compresivo Desiderio da Settignano
LONDA
Classe: 1°B
Un paese dalle mille feste. La vigilia di Natale, dopo la Mezzanotte, in piazza della Repubblica si celebra il Fusigno: vino, pane e del buon bardiccio al sapore di finocchio, da cuocere sopra il falò.
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ALL’ARIA APERTA Il nostro paese Londa è un paese di 18 mila abitanti. Il territorio londese è prevalentemente collinare e c’è molta vegetazione. È un paese antico, come testimoniano diversi monumenti storici. La prima epoca importante per il territorio di Londa ha inizio con gli Etruschi nel VI secolo a.C. e infatti, a Londa, sono stati ritrovati numerosi reperti etruschi. Il fusigno Tra il 24 e il 25 dicembre, dopo la messa di mezzanotte, in Piazza della
Repubblica si celebra il Fusigno: vengono allestiti dei tavoli con sopra vino, pane e bardiccio (una salsiccia tipica e molto saporita) da cuocere sopra un falò. Festa di settembre Si tratta della più conosciuta manifestazione di Londa, nata nei “mitici anni 60” con lo scopo di promuovere economicamente e turisticamente il territorio di un comune che a quell’epoca stava subendo una forte emigrazione verso la città. Nel corso degli anni la manifestazione, pur mantenendo alcuni aspetti tradizionali, ha cercato di rinnovarsi:
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non può comunque mancare in una festa di settembre che si rispetti l’assegnazione del premio “Pesca d’argento” al produttore che presenta la migliore cassetta di questi frutti. Tradizionalmente la domenica vengono offerte ai visitatori numerose manifestazioni che si svolgono nel parco del lago: buona musica, una gara gastronomica fra le varie frazioni del paese, e tante altre attività collaterali, che si concludono con lo spettacolo di fuochi d’artificio che si rispecchiano sulle acque del lago.
giochi si dividono in diversi scontri da cui emerge la squadra vincitrice. I partecipanti si vestono con vestiti medievali per ricordare le ormai lontanissime guerre tra frazioni che avvenivano nel XIII secolo. Gli scontri consistono in prove di forza e di agilità tipo l’arrampicamento sul palo - ma anche di velocità e equilibrio come la corsa sui trampoli e la corsa con i sacchi. La frazione vincitrice ottiene una brocca in ceramica realizzata da artisti locali, piena di buon vino.
Il palio della brocca A Londa si svolge la festa del palio della brocca. La festa ha luogo le prime due domeniche di luglio. Le squadre che partecipano rappresentano le frazioni di Londa, cioè: Caiano, Fornace, Petrolio, Rata, Vincine e Vierle. Durante la festa i
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Scuola Secondaria di Primo Grado Leonardo Da Vinci
RUFINA
Classi: 1°A - 1°B - 1°C - 1°D - 2°A - 3°B - 3°C
Villa Poggio Reale è il simbolo del comune di Rufina. Attraverso un viale di cipressi si arriva davanti alla facciata della villa che richiama, nella struttura, la grande tradizione fiorentina del Cinquecento. Attualmente ospita il Museo della Vite e del Vino, testimonianza preziosa della nostra cultura.
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ARTE E STORIA “La notte del 25 settembre 1829 fu di somma onoranza a questa villa dipoi al padrone Costantino Liccioli carissima perché vi dormì e la pregò come sua Leopoldo II dei toscani men signore che padre” Villa Poggio Reale tra storia… Villa Poggio Reale, chiamata così perché nel 1829 vi soggiornò Leopoldo II e nota anche come Villa Pantellini, è il simbolo del comune di Rufina. Attraverso un viale di cipressi si arriva davanti alla facciata della villa che richiama, nella struttura, la grande tradizione fiorentina del
‘500 delle ville suburbane. É composta da un corpo centrale, una cappella gentilizia, una foresteria, una limonaia, grandi cantine e dalla “Ragnaia”, il bosco di piante sempreverdi che circonda la villa. Fu edificata nella prima metà del ‘500 su committenza dei nobili fiorentini Mormorai di Majano, il cui stemma è ancora visibile su un portale del salone principale al pian terreno. Era quasi certamente più piccola di come la vediamo oggi e fu costruita sulla sommità di un poggio in posizione dominante rispetto ai loro possedimenti terrieri. L’aspetto attuale è dovuto agli ampliamenti che risalgono al settecento ed al novecento: la villa fu ristrutturata dalla famiglia dei Berardi ed in maniera più consistente dai Liccioli, che ne cambiarono la destinazione: da residenza signorile di campagna a luogo di feste e ricevimenti. Nel 1891, la famiglia Liccioli cedette la proprietà alla signora Giusep-
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pina Viglini, vedova del commendatore Giuseppe Valsè Pantellini, per poi passare alla famiglia dei Conti Spalletti Trivelli. Entrata nel patrimonio immobiliare dell’azienda vinicola Chianti Spalletti, a seguito di un esproprio concordato, dal 1988 Villa Poggio Reale appartiene al Comune di Rufina, che ne ha curato il recupero ed il restauro. Attualmente ospita il “Museo della vite e del vino”: sono esposti oggetti di fabbricazione artigianale che permettono di “seguire” tutte le fasi della produzione viti-vinicola e vanta una raccolta di oltre 1500 tra volumi e documenti inerenti gli aspetti storici della viti-
vinicoltura. Nel Museo sono raccolti documenti riguardanti la produzione del Chianti nella zona di Rufina e la storia della Villa, insieme ad oggetti antichi e moderni che spiegano le fasi di produzione del vino dalla coltivazione della vite fino alla vinificazione. Nel Museo è inoltre allestito il “Carro matto”, legato alla tradizionale festività del “Bacco artigiano” che si svolge alla fine di settembre. Durante questa ricorrenza, il Carro viene condotto a Firenze e, trainato da buoi, trasporta fino a Palazzo Vecchio una piramide composta da più di mille fiaschi di Chianti Rufina, offerti alla Signoria di Firenze. ... e leggenda! Villa Pantellini ha sempre avuto un ruolo particolare nell’immaginario degli abitanti di Rufina, che da essa si sentivano quasi protetti. Non era
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raro sentir dire: “Siamo al sicuro, tanto i fulmini si scaricano sulla villa!” Al tempo stesso guardavano a questa con un senso di mistero, perché le “chiacchiere di paese” riportavano di presunti “balli angelici” che anticamente si sarebbero svolti nel salone della villa. Si racconta che durante una di queste feste, verso mezzanotte, si sia presentato un giovane bellissimo, capace di ammaliare tutte le signore presenti con la propria eleganza. Il giovane non smise di ballare fino al mattino, quando, allo spuntar del sole, scomparve lasciando un pungente odore di zolfo e l’impronta di una zampa di gallo sul pavimento. Quell’impronta (con un po’ di imma-
ginazione!) la si può vedere ancora oggi vicino alla seconda porta laterale destra nel salone d’ingresso... Questa storia, fino a poco tempo fa, esercitava una particolare suggestione nei ragazzi che, al calar del buio, guardavano con sospetto la villa, convinti che Lucifero in persona vi si fosse recato
ALL’ARIA APERTA Una passeggiata a Villa Poggio Reale Appena si entra dentro il cancello di Villa Poggio Reale ci si immette in un viale delimitato da due file laterali di cipressi che ombreggiano la strada e la ricoprono di “coccole”. Incamminandosi per il viale si trova un sentiero che reca all’arboreto della villa, dove è possibile trovare varie specie di piante, come il gigaro che in estate produce fiori bianchi e bacche rosse, il viburnum tini con le sue bacche bluastre e velenose e tante altre, i cui nomi troviamo scritti su cartelli posti vicino a ciascuna pianta. Per chi avanza lentamente e predisposto all’ascolto, è possibile udire il verso del merlo e del fringuello, un uccello dal petto e la gola rossiccia. Se poi si ha fortuna, si può vedere l’airone bianco maggiore “che nuota
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nell’aria”, con le lunghe zampe sottili e il collo flessuoso. É molto difficile trovare esemplari di questa specie a Villa Poggio Reale, più facile lungo gli argini della Sieve. Proseguendo la passeggiata tra i corbezzoli dalle rosse bacche, i pioppi neri con le loro foglie triangolari e i sorbi domestici con i loro frutti di colore giallo-arancione, si giunge ad un grande cartello che illustra i vari settori dell’arboreto (bosco collinare, paesaggio agrario, vegetazione ripariale, castagneto e bosco submontano). Se nel corso della passeggiata si aguzzano la vista e l’udito, è possibile scorgere il codibugnolo dalla lunga coda ed udire il suo cinguettio “spiritoso”; infine si può godere del canto vivace della cinciallegra,
spesso posata sui rami. Uscendo dall’orto, verso destra, si trova un bosco di lecci, andando verso il quale incontriamo vari tipi di piante come l’edera, la rosa canina, l’agrifoglio e l’ippocastano; lungo il percorso è possibile avvistare lo scoiattolo rosso. Inoltrandosi nel bosco più fitto e buio, si trova la parte più interessante della Villa, la Ragnaia, chiamata così perché un tempo i cacciatori vi ponevano le reti per catturare gli uccelli: di notte, questi, attirati dai rumori che gli uomini producevano appositamente, si muovevano rimanendo intrappolati nelle reti. Nel cuore della Ragnaia si può udire d’inverno il canto del regolo e si possono trovare varie specie di piante, tra cui il pungitopo e l’orniello. Percorrendo il bosco sino in fondo
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e seguendo la traccia di un piccolo sentiero, è possibile tornare sul viale principale e di qui uscire dal cancello.
PER DIVERTIRSI Un meraviglioso parco giochi immerso nel verde Villa Poggio Reale si trova in una zona molto bella di Rufina, poco più avanti della stazione ferroviaria. L’entrata principale è la più scenografica perché si vede in fondo alla strada sterrata la villa con le sue due scalinate che si incontrano davanti all’entrata principale. All’interno della villa potete trovare dei grandi tavoli in pietra con delle panchine dove è piacevole trovarsi con gli amici dopo la scuola; da lì si osserva un bellissimo vigneto e tante piante di corbezzolo. Per noi questo posto è molto bello e rilassante. Dal retro della villa, si vedono tutte le colline circostanti: quando ti affacci, lo sguardo abbraccia tutta lo splendido territorio della Valdisieve. Poi c’è la limonaia dove d’estate
è piacevole venire a leggere un libro e odorare il dolce profumo delle piante officinali. Sembra proprio un piccolo Eden! La parte che però noi ragazzi amiamo di più della villa è il giardino intitolato all’ex sindaco di Rufina, Anna Maria Bigozzi. Per noi questo parco è spettacolare perché ci sono dei giochi molto innovativi: tra i più gettonati e frequentati da noi ragazzi c’è lo skilift, proprio come quello che c’è nelle piste da sci! Per divertirsi bisogna portare il piattello su un’altura e spingersi giù a tutta velocità attaccati ad un cavo d’acciaio. I piedi si staccano, la carrucola scorre e ti sembra di volare dandoti una senzazione di libertà mista ad un brivido di paura. È divertentissi-
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mo, soprattutto quando a fine corsa la carrucola inchioda e ti sembra di essere catapultato fuori… ma tranquilli, è molto sicuro!!! Sempre nel giardino accanto ai giochi è stato costruito un mini anfiteatro, dove d’estate è consigliabile ripararsi, perché è circondato da alberi frondosi che fanno molta ombra, mentre d’inverno, quando gli
alberi sono spogli, le foglie in terra creano una varietà di colori stupenda. Invece, per i più avventurosi, c’è una piccola scorciatoia che gli adulti non conoscono e che noi adoriamo: è una stradina in salita corta e ripida dove bisogna reggersi a delle corde per non scivolare dandoti la sensazione di essere un vero esploratore e qui possiamo trovare degli alberi secolari meravigliosi dove con un po’ di fantasia il divertimento è assicurato. A settembre, in occasione della nostra festa paesana, il Bacco, c’è un trenino bianco che parte dalla piazza del Comune e arriva alla Villa percorrendo sia la strada statale che quella sterrata. È divertente stare nei vagoni con gli amici e prendere in giro coloro che non hanno trovato posto a bordo. Inoltre in occasione della festa si possono ammirare dei bellissimi fuochi d’artificio dalla terrazza della Villa.
MERENDE E DINTORNI Rufina: un luogo dove puoi mangiare prodotti gastronomici unici Per finire, non poteva mancare un pranzo accompagnato da un buon bicchiere di vino Chianti rosso della Rufina, che possiamo gustare presso l’enoteca sotto le due scalinate 86
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principali; è un luogo bellissimo con tavoli che si insinuano tra enormi botti e tanti vecchi fiaschi impagliati che decorano e tappezzano le vecchie volte in pietra. Se però volete assaggiare un prodotto tipico locale, dovrete chiedere, nelle macellerie, nelle gastronomie o nei ristoranti, il bardiccio; questo è un tipico insaccato della tradizione “povera” che utilizza le parti meno pregiate della carne del maiale, macinata e impastata con degli aromi e spezie intense. Il Bardiccio di Rufina è un insaccato aromatizzato al finocchio, prodotto con carne di suino, bovino e cuore. Ha la caratteristica forma della salsiccia, ma è più
lungo. Il colore è rosso scuro e varia dalla quantità di cuore adoperato; il gusto è deciso e persistente anche nella cottura. Anche se la tradizione lo prevede cotto alla griglia, si può usare in molte ricette (per risotti, ripieni, crostoni e pizze). Non deve essere consumato crudo, né stagionato. Questo può essere accompagnato con il Pan di Rufina, ovvero un pane
rustico nel quale viene aggiunto del mosto che gli dà una colorazione scura e un sapore particolarissimo; c’è poi la variante dolciastra dove vengono aggiunti uvetta e zucchero. Per concludere il nostro pranzo, se vogliamo finire in dolcezza dobbiamo cercare, nelle più tradizionali gelaterie, il gelato al gusto Poggio Reale che è una deliziosa crema al Vin Santo e zibibbo.
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Scuola Secondaria di Primo Grado Maria Maltoni
PONTASSIEVE
Classi: 3°D - 1°B
Pontassieve dai mille volti: insediamenti umani remoti, pievi antiche, un paesaggio ameno… Molti gli angoli da scoprire. Basta avventurarsi sulle colline e ci si imbatte in un vecchio Palagio di proprietà dei Portinari, in una torre in pietra degli Alighieri … eh si, proprio le case di campagna di Dante e Beatrice!
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ARTE E STORIA Montefiesole nella storia Il territorio di Montefiesole ha visto sorgere insediamenti umani fin dall’antichità più remota. Infatti, recenti scavi archeologici sulla cima del colle, allo scopo di ritrovare resti di un castello medievale del quale restavano poche tracce, hanno individuato delle mura di origine etrusca. Sono stati ritrovati anche i resti di un edificio etrusco, pezzi di ceramiche, ossa umane e una punta di freccia in ferro. Montefiesole doveva essere abitata anche in epoca romana. Tracce riferibili a questo periodo, in particolare tegole, pezzi di ceramica e terracotta, sono state riportate alla luce persino dalle arature dei campi.
fiorentino, divenuto il più importante feudatario della zona intorno al XII secolo. Nel 1998, la Pieve è stata restaurata diventando “un gioiello sulla Setteponti”. Pieve e Castello di Monteloro Sulla collina di Monteloro, che domina la Val di Sieci, si trova la Pieve romanica di San Giovanni Battista, costruita nel X secolo. Ha copertura a capanna e un’unica aula che si conclude con l’abside. All’esterno, nel XVI secolo, fu costruita la loggia; sulla facciata sono murate alcune lapidi e lo stemma di Monteloro: un monte e rametti di alloro. Il nome Monteloro deriva, infatti, dal latino
La Pieve di Montefiesole Alla Pieve di Montefiesole si arriva da una strada costeggiata da bei cipressi. La Pieve fu una delle più importanti e antiche della zona, già menzionata in un documento del 1190. Essa era dominio del vescovo “mons laurus”, monte dell’alloro. Questo territorio, con il Castello, apparteneva all’imperatore Lotario I che lo cedette al vescovo di Fiesole, Alessandro. Qui, i vescovi conti trascorrevano l’estate, ricevevano i tributi e avevano le prigioni. Sotto il
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governo della Repubblica fiorentina, Monteloro fu a capo di una delle 76 Leghe in cui era suddiviso militarmente il contado fiorentino. Perse importanza quando Sant’Angelo a Sieve (attuale Pontassieve) emerse come caposaldo militare e come sede di mercato.
ALL’ARIA APERTA Il clima Il clima che caratterizza la zona è tipico della media montagna. La temperatura estiva non è mai troppo elevata; viceversa, in inverno, non sono rari i fiocchi di neve.
La fauna È abbastanza difficile vedere i mammiferi percorrendo il nostro sentiero perché si nascondono nei cespugli e sugli alberi; possiamo però individuarli attraverso le loro tracce (escrementi, impronte, tane, resti di cibo). Frequenti possono essere gli incontri con caprioli e scoiattoli, più rari invece quelli con cinghiali e volpi. La vita notturna dei ricci e tassi rende problematico il loro avvistamento, però possiamo comunque scorgere le loro tane. Gli istrici di giorno si nascondono nella vegetazione più folta, ma possiamo capire da dove sono passati, grazie ai loro aculei sul terreno. Lepri e fagiani sono alle prese con i loro principali predatori… i cacciatori!! Invece se abbiamo un po’ di pazienza e facciamo silenzio, riusciremo a vedere gli uccelli e a riconoscere le specie dai loro canti… Un grido! Delle poiane catturano il nostro sguardo con il loro volo
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lento e maestoso. Nuvole nere di storni cantano sugli alberi, esibendosi in partenze veloci, infastiditi dalla vicinanza delle cornacchie grigie. Nella buona stagione le upupe possono partire quasi dai nostri piedi. Un’improvvisa risata indica la presenza di un picchio verde in volo. Civette, gufi ed allocchi sono in attesa di partire per la caccia notturna…
La flora Il paesaggio vegetale è dominato alle quote inferiori da coltivazioni, oliveti e vigneti. Alle quote superiori prevalgono arbusteti e prati insieme alla vegetazione boschiva. Ampie superfici sono ricoperte da boschi misti, che vengono periodicamente tagliati, e principalmente costituiti da querce quali cerro, roverella, carpino bianco e nero, aceri, qualche nocciolo. Nel nostro percorso troviamo anche pini domestici, ampie e suggestive cipressaie e qualche esemplare di pino nero. Nel
sottobosco le fioriture più ricorrenti sono gli ellebori, le primule, i crochi, gli anemoni, le viole e le orchidee, mentre sui suoli arenacei sono presenti vari tipi di ginestre.
PER DIVERTIRSI Da Monterifrassine si può raggiungere velocemente l’agriturismo Vallebona, un antico podere che è stato ristrutturato recentemente, mantenendo le sue caratteristiche originarie. L’azienda dispone di 25 cavalli per i visitatori che vogliono svolgere attività come passeggiate o lezioni; in sella si visitano le antiche fattorie sulla strada del Chianti Rufina. Una vacanza a Vallebona permette di entrare in pieno contatto con la natura ed imparare a conoscere i cavalli e le loro necessità. Non distante si può trovare il lago di Vetrice, che offre la possibilità di praticare pesca sportiva e un ristorante
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che offre degustazioni di prodotti tipici; inoltre in estate ci sono serate dedicate al ballo liscio. Nella zona sono attivi molti sentieri CAI, percorribili a piedi e in parte in mountain bike. Inoltre lungo le stradine, tra viti e olivi, è possibile incontrare gli amanti del jogging, che si allenano respirando l’aria buona di queste colline, e si rilassano ammirando i bei panorami. A Molino del Piano fu fondata, nel 1860, la Filarmonica “Giacomo Puccini”. Questa società aveva scopo ricreativo, culturale e assistenziale. La Filarmonica ancora oggi è presente nel territorio e propone le attività quali: - Un coro per adulti il mercoledì; - Corsi di strumento: chitarra, pianoforte e percussioni per ragazzi ed adulti; - Corsi di ballo latino-americano, il martedì.
Da quest’anno, la Filarmonica collabora con la Scuola Primaria “G. Rodari” di Molino del Piano per la realizzazione di un Progetto chiamato SaràBanda, rivolto ai ragazzi delle classi IV e V, per offrire agli alunni la possibilità di sperimentare musica d’insieme e di diffondere l’interesse per la musica. A Luglio, c’è la grande Festa della Musica con l’esibizione di gruppi di vari generi musicali e la possibilità di cenare nella Pizzeria o nel Ristorante della Filarmonica.
MERENDE E DINTORNI Il ristorante Mulino a Vento è situato vicino al mulino ristrutturato e funzionante di Monterifrassine. Il mulino a vento di struttura ottocentesca, è utilizzato ancora oggi per la macinazione dei cereali. La visita al mulino è interessante per la sua posizione panoramica e per la sua rarità. Esso è stato proprietà dei marchesi Strozzi Sacrati fino agli anni Settanta, ma la sua attività era già cessata negli anni Venti. Il ristorante “Mulino a Vento” garantisce una scelta di piatti toscani e grigliate. Per scoprire interamente la cultura e la tradizione toscana, l’Agriturismo Mulino a Vento organizza
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tutte le settimane varie attività legate all’agricoltura, alla potatura e alla gastronomia. Si possono gustare l’ottimo vino e l’olio di produzione propria durante le visite guidate nella cantina e nel frantoio con macine di pietra. Non lontano c’è il lago di Vetrice dove si possono degustare, nella struttura attigua, buonissime pizze, primi e crostini tipici. Nel 1960, a Monteloro, fu aperta una bottega di alimentari e preparazione di panini, poi l’attività si estese alla cottura di polli arrosto e di alcuni primi. Quando la clientela divenne numerosa, il Ristorante La Riffa fu ampliato in due sale: una grande per i ricevimenti ed una per piccoli gruppi. D’inverno è possibile mangiare all’interno, riscaldati dal fuoco del camino, mentre in estate si gustano le pietanze in giardino. Il locale è aperto d’inverno, nei giorni dal giovedì alla domenica, mentre d’estate è aperto tutti i giorni. Sono
possibili le cene a tema, il venerdì; la pizza nel fine settimana; le merende pomeridiane con focacce ripiene di prosciutto, sbriciolona e salame. La gestione è familiare con un menù di ottima qualità: antipasti di crostini e affettati; tagliatelle, minestre, zuppa lombarda (pane abbrustolito con sopra fagioli cannellini lessi) come primi; bistecca, tagliata, fritti di coniglio e pollo e il “peposo”, uno spezzatino cosparso di pepe, sono i gustosi secondi. La Fattoria Lavacchio è un’antica fattoria toscana, si trova a Monterifrassine, tra Pontassieve e Sieci, e dista 18 km da Firenze. I fabbricati della fattoria sono stati restaurati con cura nel rispetto della tipicità toscana al fine di garantire il soggiorno più confortevole ai turisti. L’agriturismo, con le sue varie strutture, offre possibilità di fare vacanza: è possibile alloggiare in camere confortevoli dotate di bagno privato, o alloggiare in appartamenti indipendenti, oppure è possibile essere ospitati nella villa indipendente con giardino e piscina. Immerso nel verde si trova l’agriturismo Castello del Trebbio, ha tre camere e un ristorante dove la cucina è a conduzione familiare e i piatti tipici sono quelli della tradizione toscana, come la grigliata
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mista e la bistecca alla fiorentina. Nei sughi dei primi piatti è presente lo zafferano, poiché i proprietari producono questa spezia, già ricercata nel Medioevo quando a Firenze affluivano commercianti di tutta Europa per acquistarlo. All’agriturismo si coltivano altre piante officinali quali il timo, il dragoncello, la maggiorana, l’alloro, il basilico per aromatizzare i piatti. La struttura dispone di campi da tennis e da calcetto, una piscina e un parco giochi; durante l’estate, qui si svolgono i “Centri estivi” e i bambini possono fare attività sportive e ricreative e provare il brivido di attraversare il torrente Sieci con il “Ponte Tibetano”. Inoltre c’è un Centro Sportivo Ippico che organizza passeggiate a cavallo per rilassarsi e trascorrere il tempo libero.
INFO & CURIOSITÀ L’eccidio della Pievecchia Alla Pievecchia, troviamo una villa restaurata alla fine del ‘800 con annessi agricoli e la chiesa di Santa Lucia di origine romanica. La Pievecchia è legata ad un episodio tragico della Resistenza. L’8 giugno 1944, un gruppo di partigiani proveniente da Monte Giovi penetrò nella caserma della guardia nazio-
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nale repubblichina di Pontassieve, s’impossessò di armi e munizioni che caricò a bordo di un camion. Lungo la strada del ritorno, i partigiani si fermarono alla Pievecchia. In una delle case, vi trovarono due soldati tedeschi e ne seguì uno scontro in cui un soldato morì, mentre l’altro riuscì a fuggire. Nella rappresaglia che seguì, i Tedeschi rastrellarono tutti gli uomini che poterono trovare alla Pievecchia e li uccisero a colpi di mitra nel giardino della villa: 14 persone persero la vita. Una lapide ricorda i nomi dei caduti. Le Ceramiche Innocenti Il laboratorio di Romano Innocenti, “ceramista a Montefiesole”, conserva il fascino dell’antica bottega situata in un casale ristrutturato; è qui che possiamo apprezzare le sue creazioni, riletture attuali di antiche tradizioni. La ditta produce oggetti artistici d’arredo, come piatti murali, basi per lampade, mattonelle, animali decorativi, sculture, vasellame, vasi e orci. Beatrice e Dante in vacanza in Val di Sieci! Sul colle “Il Pratone”, in località Pagnolle, si trova una chiesetta del XVI secolo dal caratteristico campanile a merli, e lì vicino due case da signore costruite nella Val di Sieci tra il 1200 e il 1300. Qui i proprietari si recavano nella buona stagione
per sfuggire al caldo della città e per controllare la buona conduzione delle terre da parte dei coloni. “Montecchi” era il palagio dei Portinari, una possente costruzione dalla struttura semplice; “Radola” era una casa colonica “da lavoratore” addossata ad una casa Torre “da signore” in pietra, del XIII secolo. Ed apparteneva agli Alighieri. Sulla Torre, oggi, una lapide ricorda che: “Questo podere denominato Radola appartenne al Divino Poeta
e gli fu confiscato con gli altri beni di famiglia quando le fazioni dilanianti la Repubblica Fiorentina lo ridussero ramingo per l’Italia, ma al figlio suo Iacopo Alighieri venne restituito nel 1342”. Quindi, Dante e Beatrice, vicini di casa, nella Val di Sieci!
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