Terzo itinerario
Val di Chiana Toscana. Territorio, storia e viaggi
Dai “baptisteria” del VII secolo al sistema plebano
iuseppe Gioacchino Belli, nel suo sonetto Er viaggio de l’Apo- Renato Stopani stoli, descrivendo la diffusione del Cristianesimo nel mondo, fa percorrere agli Apostoli che si dipartono da Roma il tratto iniziale della via Cassia:
G
“Morto er Signor’Iddio da bon cristiano, ogni apostolo vivo, a piede a piede, se mésse in giro a predicà la fede cor sacco in collo e cor bastone in mano. Uno agnede a la Storta, uno a Baccano, un antro a Monterosi, e un antro agnede a Nepi; e ner viaggià, come succede, veddono tutto er monno sano sano”
Al di là della trasfigurazione poetica, il Belli afferma un fatto incontrovertibile: la Buona Novella si diffuse da Roma in tutto il territorio dell’Impero utilizzando l’efficiente rete di vie consolari che consentì di raggiungere anche i centri più periferici, e ovviamente la via Cassia, con il suo percorso che puntava diretto verso l’Oltrappennino, dovette al riguardo svolgere un ruolo di primissimo piano. Ciò spiega la precocità della penetrazione del Cristianesimo in Val di Chiana: sembra infatti che già nel II secolo iniziasse la cristianizzazione della vallata, che si attuò pienamente nel secolo successivo per poi portare, intorno alla metà del IV secolo, alla costituzione della vasta diocesi di Arezzo, modellatasi sulla circoscrizione del municipium romano. Una analoga scansione temporale deve essersi verificata a Chiusi, la cui diocesi nacque non molto più tardi, se un’iscrizione in un pulvino della cattedrale riferisce la realizzazione della stessa al vescovo Fiorentino (465 d.C.). Come avvenne a Roma, dove i sepolcri dei martiri sorsero ai margini delle grandi arterie che si irradiavano dall’Urbe, lungo il primo tratto toscano della Cassia, in corrispondenza delle civitates toccate dalla via, si ubicarono le
Pieve di Bagnoro
Fonte Battesimale a immersione della pieve di Bagnoro
tombe dei martiri della Fede: la loro presenza presuppone l’esistenza in loco di comunità cristiane. Fu così per la martire Mustiola di Chiusi e molto probabilmente per San Donato e per i Santi Lorentino e Pergentino ad Arezzo. La più recente critica, sulla base di un’attenta lettura dei martirologi e dei documenti più antichi che ne attestano il culto, ha portato validi argomenti a dimostrazione della storicità di quelli che potrebbero essere definiti i “martiri della via Cassia”. Ad esempio il martirio di Santa Mustiola di Chiusi sembra probabile sia avvenuto nel corso della persecuzione di Valeriano (258 d.C.), epoca alla quale può essere fatta risalire anche la catacomba di Chiusi a lei intitolata e nella quale se ne conserva il sepolcro. Può darsi risalga a una delle persecuzioni del III secolo anche il martirio dei Santi aretini Lorentino e Pergentino, mentre dovrebbe essere riferito all’epoca di Giuliano l’Apostata il martirio di San Donato, secondo vescovo di Arezzo, morto nel 362 d.C. Significativamente la tradizione riporta che i resti mortali di Lorentino e Pergentino trovarono sepoltura “non longe a civitate Aretina fere mille passus prope fluvium qui dicitur Castrum”, dove poi sorse una chiesa, rinnovata in età romanica, come indicano le sue residue strutture. Ed egualmente le spoglie di Donato furono raccolte “iuxta civitatem Arretium”, sul colle di Pionta, dove pochi anni dopo venne eretto in memoria un “parvum oratorium” e dove poi sorgerà la prima cattedrale aretina. Testimonia di questa pratica di erigere i monumenti funebri fuori della città una lucerna fittile con inciso il segno costantiniano del Christus, chiaramente derivata da una sepoltura, rinvenuta alla fine dell’Ottocento sul percorso della via Cassia, a Rigutino, tra le pievi di Quarto e Ottavo, che avevano derivato le rispettive denominazioni dalla distanza in miglia da Arezzo. Lentamente dalle civitates che si affacciavano sulla Val di Chiana il Cristianesimo si diffuse nei villaggi rurali (le villae), dove le comunità cristiane si aggregarono attorno alle prime chiese battesimali. Notizie riguardo ai più antichi edifici di culto della campagna chianina e all’organizzazione ecclesiastica della stessa risalgono soltanto VII-VIII secolo e si desumono dai documenti della lunga controversia tra i vescovi di Siena e Arezzo per la disputa delle chiese al confine tra le due diocesi, alcune delle quali erano situate appunto in Val di Chiana. Veniamo così a conoscere l’esistenza di baptisteria, cioè di chiese battesimali, a Sinalunga (Santa Madre Chiesa in Misulas) e a Montepulciano (Santa Madre Chiesa in castello Pulliciano). Non è da credere, tuttavia, che i due edifici si trovassero negli stessi siti dove poi si svilupparono gli odierni abitati di Sinalunga e Montepulciano, poiché in entrambi i casi essi dovettero nascere in corrispondenza dei villaggi rurali antenati dei due castelli. Infatti il baptisterium di Misulas, attuale pieve di San Pietro Val di Chiana Toscana. Territorio, storia e viaggi
ad Mensulas, il cui interno a tre navate ha conservato i caratteri romanici, si trova negli immediati dintorni di Sinalunga, mentre il baptisterium di Santa Maria di Montepulciano sembra sorgesse ove adesso è il Tempio di San Biagio. Alle dipendenze dei baptisteria erano altre chiese minori, che non avevano diritto a impartire il sacramento del battesimo, di volta in volta chiamate oratorium, basilica, monasterium, officiate da un proprio sacerdote soggetto al presbiter del baptisterium. Più tardi cambierà la terminologia e al vocabolo baptisterium, riferito alle chiese battesimali, si sostituirà la voce plebs (pieve), termine che andrà a connotare sia il “popolo” dei villaggi, sia il tempio ove esso si riuniva. Si andrà così formando, sulla base dell’insediamento-tipo dell’ambiente rurale (il villaggio), quello che sarà definito il sistema plebano: le pievi, eredi dei baptisteria, costituiranno le cellule-base dell’organizzazione ecclesiastica diocesana della campagna, con compiti di governo religioso delle popolazioni di precise circoscrizioni territoriali (i plebati), all’interno dei quali, con la crescita demografica, si moltiplicheranno in seguito le chiese suffraganee della pieve stessa. Dopo il Mille, con il rifiorire della vita economica e sociale, iniziò un diffuso e capillare rinnovamento architettonico delle chiese rurali. Alcune delle pievi della Val di Chiana hanno conservato, almeno in parte, i caratteri “romanici” conferiti loro dalle ricostruzioni avvenute tra l’XI e il XIII secolo: vedi ad esempio la pieve di Bagnoro (Sant’Eugenia di Albagnoro) oppure la pieve di Sant’Albino a Parcia (Montepulciano), o quella dei Santi Ippolito e Cassiano a Riètina (Castiglion Fiorentino). Presenta invece pressoché integre le strutture originali la pieve di Sant’Angelo a Metelliano (Cortona), che costituisce l’architettura romanica stilisticamente più compiuta della Val di Chiana. È un edificio a tre navate conPieve di Metalliano
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Pieve di Metalliano particolare Il portale della pieve di Torrita, ancora di tradizione romanica
cluse da altrettante absidi che si arricchiscono di una decorazione a lesene che impostano arcatelle pensili in cotto nelle absidiole e una semplice cornice nell’abside maggiore. All’interno la spartizione a tre navate è attuata da archeggiature nascenti da grossi pilastri quadrangolari alternati a esili colonnette scantonate dai capitelli a forma di pulvino che, come gli ornati dei portali, sembrano rifarsi alla cultura artistica ravennate, che qui però s’incontra e si fonde con la tradizione architettonica lombarda, presente nella decorazione absidale, nella foggia delle finestrelle e, soprattutto, nell’alternanza di pilastri e colonne all’interno che determina una “barbarica interruzione dei ritmi” nel classico schema basilicale. Altre pievi, rinnovate più tardi, furono riedificate in siti diversi e spesso inserite all’interno di borghi o castelli: vedi la pieve di Lucignano, che originariamente si trovava in località Pieve Vecchia, ai piedi della collina su cui sorge il castello, oppure la pieve di San Pietro a Ficareto, trasferita nel vicino, più popolato, paese di Marciano. Le ricostruzioni non di rado avvennero nel solco della tradizione architettonica romanica locale: vedi la tardoduecentesca pieve di Chianciano o la pieve di Torrita, una costruzione in cotto il cui bel portale, nonostante una iscrizione lo riferisca al XV secolo, si rifà ancora a modelli romanici. La ragguardevole crescita degli insediamenti per i quali le pievi erano nate portò talvolta a ricostruzioni che tennero conto delle nuove dimensioni raggiunte dagli abitati: casi limite quelli dei centri che raggiunsero dignità cittadina per essere divenuti sedi di nuove diocesi. Fu così per Cortona e Montepulciano, che videro le rispettive pievi, assurte al ruolo di chiese cattedrali, riedificate in forme grandiose. Il rinnovamento riguardò anche il Duomo di Chiusi, l’altro centro vescovile che, almeno sino al 1325, anno dell’istituzione della diocesi di Cortona, si divise con Arezzo la Val di Chiana. La Val di Chiana Toscana. Territorio, storia e viaggi
La cattedrale di Chiusi nella versione paleocristiana e dopo il parziale rinnovamento di età romanica
cattedrale chiusina conservò però la primitiva organizzazione spaziale “paleocristiana” a colonnati, poiché venne soltanto rialzata e rinnovata nel portale e nelle navate laterali. La chiesa è quindi solo parzialmente ascrivibile alle espressioni architettoniche del periodo romanico, ma per la sua antichità rappresenta una delle principali testimonianze dell’arte cristiana in Val di Chiana.
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