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La crisi del libro è irreversibile?
ALESSANDRO CABIANCA
La crisi del libro è irreversibile?
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Mi è stato richiesto dall’amico Giuseppe Bearzi, tra i promotori del convegno, di guardare al futuro del libro e di avanzare delle proposte in questo senso perché sa che sono esattamente cinquant’anni che combatto per la diffusione del libro e in particolare del libro di poesia (la cenerentola tra le categorie librarie e non serve che stia a dirvi in quale stato è la poesia in Italia), ma, vi assicuro che non ho ancora capito cosa si dovrebbe fare e come per avere dei risultati.
Ho organizzato presentazioni, che servono molto all’ego del poeta o dello scrittore, meno alla diffusione del libro che si vuol far conoscere (non conta la piccola cerchia di amici che acquista il libro per compiacenza); ho scritto prefazioni e recensioni per conto di alcune case editrici, che però sono piccole e non hanno una organizzazione per la comunicazione e la promozione del libro; tutto rimane affidato all’autore e al passaparola; ho organizzato con associazioni culturali (come il Gruppo90-ArtePoesia di cui ancora fa parte Giuseppe Bearzi che cura anche la minirivista Carta giunta al 76° numero) siti, blog e streaming, centinaia di performance, quasi forma di spettacolo alternativo che piace, ma, come per gli spettacoli teatrali, non porta lo spettatore ad acquistare i testi.
Non mi avventuro in analisi sulle cause della crisi del libro che trovo ampiamente esaminate in Fogli di carta da Bearzi e Cardaioli, sottolineo soltanto che il libro, ovviamente, non è una saponetta, ma sempre più spesso viene presentato come un qualunque oggetto da vendere, o da comprare, con gli stessi criteri con cui si vende un qualsiasi oggetto, senza approfondimenti e con i tempi di facebook: tre parole, titolo, autore e immagine della copertina.
Proviamo a uscire da queste generalizzazioni provocatorie: mi piacerebbe che si avesse maggiore consapevolezza delle forme alternative al libro (non sembri una negazione del libro ma un suo rafforzativo) cioè delle varie esperienze che poi portano ad avvicinarsi al libro, magari a cercarlo e ad acquistarlo, sia in libreria che in internet, sia in cartaceo che in ebook: riviste, siti, presentazioni, prefazioni, biblioteche.
Si dovrebbero quindi moltiplicare le possibilità di promozione: • se chi è abituato a scegliere (siamo sicuri che si tratti di scelta?) un libro per la fama dello scrittore o per le classifiche di vendita (a volte taroccate) non lo si conquista, ci si deve rivolgere al lettore curioso, che voglia trovare spunti nuovi, nuovi temi o nuovi autori;
• si dovrebbe perciò ripristinare la credibilità del libro, che di credibilità ne ha persa molta negli ultimi decenni per l’attenzione alla quantità piuttosto che alla qualità, attraverso una dicitura, un occhiello, che confermi che un libro non è frutto di una operazione commerciale o di una scrittura in batteria (con writers vari) ma di autentica ricerca personale; • ci vorrebbe un incaricato in ogni assessorato alla cultura di città di grandi dimensioni per la promozione del libro, ma non in senso generico, bensì specifico; ogni nostra città ha una fisionomia culturale sua propria che andrebbe salvaguardata e non confusa nel mare magnum: con eventi ad hoc, oltre quelli affidati ai privati: fiere, promozioni degli autori autoctoni (e non per localismo, ma per differenziazione e specificità).
Per fare un esempio concreto: Padova è da pochi giorni Patrimonio Unesco per i cicli di affreschi di Giotto e dei giotteschi nel Trecento; i siti sono otto, non solo i due più noti (Cappella degli Scrovegni e Basilica di Sant’Antonio) e andrebbero approntate otto monografie, una per sito, con documentazione fotografica in alta definizione e pubblicazione del dossier che ha permesso di ottenere il risultato; sono convinto che sarebbe un successo anche di vendite oltre che una formidabile promozione sia delle monografie che del turismo.
Gli assessorati potrebbero commissionare delle opere agli autori di comprovata e specifica competenza, non per clientela, per ogni ramo dello scrivere (scienza, arte, letteratura etc.) con un vero programma di lungo termine; e farlo in collaborazione con gli editori che dovrebbero cercare accordi con le librerie del territorio per il posizionamento di questi libri in evidenza a fianco alla voluminosa e spesso inutile promozione fatta dalle grandi case editrici dei loro “prodotti”, sempre meno libri, sempre più oggetti.
Infine andrebbero moltiplicate piccole bacheche in luoghi pubblici o molto frequentati dove si possano attuare scambi di libri, riviste, fumetti etc., cosa peraltro già in atto in alcuni bar, ambulatori, ospedali, uffici postali…
Essenziale poi per la diffusione del libro resta la scuola, ma questo richiederebbe un discorso specifico che sicuramente altri relatori affronteranno, perché si dovrebbe prescindere dai programmi ministeriali e creare dei gruppi di scoperta della letteratura, intesi sia come gruppi di lettura che come gruppi di scrittura, divisi nei vari generi dal classico al contemporaneo: narrativa, saggistica, poesia. Ad esempio portare autori noti nelle scuole e editori e attori aiuterebbe i giovani a passare dalla conoscenza astratta e libresca al concreto contatto con una persona che si occupa o che produce un libro o uno spettacolo; così per uno studente la prospettiva cambierebbe totalmente. Si dovrebbe però discutere su come superare certa burocrazia scolastica.
Un’altra proposta concreta potrebbe riguardare la diffusione degli Atti del Convegno nelle scuole previo accordi con insegnanti sensibili al tema, con la presenza e presentazione delle conclusioni del Convegno da parte di uno dei relatori per averne un feedback dai ragazzi che potrebbero essere coinvolti sia in una discussione sia con un questionario con le loro idee e proposte.
Mi fermo a questo, sperando di aver contribuito al tema generale del convegno.