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Cinema. Innocenza perduta

CINEMA di Valentina Ravizza Innocenza perduta

UN’AMICIZIA TRADITA SA SPEZZARE IL CUORE QUANTO LA FINE DI UN AMORE

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COMINCIA CON UNA PORTA SBATTUTA in faccia a un caro amico senza alcuna ragione apparente. Il resto della trama de Gli spiriti dell’isola si svela nei primi sei minuti del film: da un lato c’è Pádraic, «un tipo semplice e gentile, felice fintanto che gli animali vengono nutriti e in tasca trova qualche spicciolo per bere una pinta e farsi una chiacchierata al pub», come lo descrive il suo interprete Colin Farrell (a sinistra nella foto); dall’altro Colm (Brendan Gleeson, a destra) che si è messo in testa di avere solo altri 12 anni di vita e non vuole sprecarli con qualcosa che non sia la sua musica. Una decisione che spezza il cuore proprio come quando si viene abbandonati in una relazione amorosa. «Che senso ha l’arte se le persone vengono trattate come spazzatura?» si (e ci) chiede il regista e sceneggiatore Martin McDonagh (già candidato all’Oscar per Tre manifesti a Ebbing, Missouri) che conduce i suoi personaggi in una spirale di inquietudine, dolore, tristezza, rabbia e paura che li porteranno a compiere atti spregevoli. Con quale dei due uomini si identificherà il pubblico? Sarà in grado di capire la difficile decisione di Colm o si riconoscerà nella perdita dell’innocenza che vive Pádraic. Sullo sfondo, ruggisce da lontano la guerra civile irlandese (1922-23), dove altri amici sono schierati contro gli amici, i fratelli uccidono i fratelli. «Perché il dolore genera dolore. La rabbia genera rabbia. La violenza genera violenza».

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