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Luca De Prà: ricami e crinoline. Non è nostalgia, è storia LO SPIRITO DELLA MODERNITÀ

di Fiorenza Bariatti foto di Giorgio Codazzi

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«L’UOMO APPARE sempre troppo rigido, io vorrei che diventasse più vulnerabile. Anche nell’aspetto».

LVentidue anni, originario di Valdobbiadene, Treviso, Luca De Prà è minuzioso, attento alle parole, le dosa parlando con delicatezza; longilineo, indossa una giacca corta stretta in vita e una gonna color panna su calze lunghe rosa, papillon e pochette importante: un look che ha disegnato e cucito per la sua tesi allo Ied di Milano. La narrazione del giovane designer parte dall’evidenziare il cor po maschile per poi contraffarlo fino a ottenere abiti che appaiono trasformati ma, comunque, con forme riconoscibili. Qualche mese dopo, infatti, eccolo, soddisfatto di quanto ha fatto, raccontare se stesso («sono scr upoloso, esposto, incontentabile») e la sua moda («un voto al risultato? Per i riscontri ricevuti un bell’otto, mentre io mi do sette»). Studia: «Mi piace l’approccio sartoriale di Cristóbal Balenciaga per il suo minimalismo di forme; Alexander McQueen per la sua storia e per come riesce a raccontare le emozioni; poi Tom Browne per come esprime il suo concetto di uomo. E altri designer, ad esempio Paul Poiret stilista del Novecento, il contemporaneo LùChen e chi si avvicina a quell’estetica queer che in qualche modo entra nel mio lavoro, o almeno io vorrei che entrasse». Intanto, inizia dalle divisioni: Dividit è il nome che ha dato alla sua prima collezione. «Sono partito da Il visconte dimezzato di Italo Calvino, un personaggio “ vivo e dimezzato” il cui cor po cambiava forma. Sento la stessa pluralità di stati d’animo e voglio permettermi di essere a volte forte e a volte no e trasmetterlo attraverso gli abiti». E spiega: «Così voglio raccontare la mia storia: trasmutare, sviscerare e scomporre quelli che prima erano i capisaldi del vestiario maschile, perdere l’interezza che li definiva, per poi dare loro una nuova unicità donandogli forme che differiscono dall’originale ma a cui sono riconducibili attraverso i dettagli che prima li rendeva unità a se stanti, partendo da ciò che li compone, cioè il tessuto, la materia di cui sono composti».

Nella sua moda contano le influenze letterarie e artistiche come anche la storia dell’abbigliamento: «La crinolina femminile? La riutilizzo per creare un abito maschile. Nel medioevo si usava il farsetto e io, curioso di scoprire come ancora potrebbe modellare il cor po, ne do una mia inter pretazione, approfondisco i concetti funzionali ed estetici: le maniche di queste specie di giubbotti erano estremamente ergonomiche e questa forma così comoda è moder na». Questione di particolari. D’altra parte, secondo De Prà se uno stilista riesce a trasmettere al cliente l’idea che dietro quel capo che sta scegliendo non c’è solo un concetto astratto ma anche un lavoro manuale cui è stato dedicato tanto tempo, allora si può dire che ha fatto centro.

Luca De Prà indossa un abito della sua collezione Dividit.

«Per ciascun capo ho cercato un elemento che mettesse in evidenza una parte del corpo maschile»

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