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ENERGY & SUSTAINABILITY

ENERGIA SOSTENIBILITÀ

Referee: Prof. Francesco Fantozzi

Recupero dei residui della molitura delle olive per la produzione di carbone vegetale

Le acque reflue prodotte dall’estrazione dell’olio di oliva sono un tipo di residuo con importante carico inquinante (220 g/L di COD e 100 g/L di BOD) [1]. Sono prodotte in quantità differente a seconda del sistema di estrazione (due fasi, tre fasi, percolamento con estrazione selettiva o pressione). In genere si può considerare una produzione di 0,5-1,5 m3 per 1000 kg di olive molite [1].

Per quanto riguarda i processi di smaltimento delle acque reflue, questi possono essere divisi nelle seguenti categorie: - trattamenti fisicochimici (tra i quali sono compresi processi semplici quali diluizione, evapo-

razione, sedimentazione, filtrazione e centrifugazione); - trattamenti biologici (tra cui digestione anaerobica o processi biologici aerobici); - ossidazione e processi avanzati di ossidazione (con ozono o acqua ossigenata); - processi combinati (derivanti dalla combinazione di processi chimico-fisici o ossidativi – utilizzati come pretrattamenti – e processi biologici).

Uno svantaggio dei processi fisicochimici è rappresentato dal fatto che questi non sono in grado da soli di ridurre il carico organico. Di solito si preferisce combinare processi fisici con coagulazione o flocculazione o adsorbimento per ottenere una riduzione del carico organico più efficiente. L’adsorbimento può essere praticato con argille attivate, come mostrato in [1] oppure usando anche carboni attivi, come mostrato in [2]. Per la filtrazione con carboni attivi si necessita di un quantitativo pari a 50 kg di carbone per m3 di effluente [3].

Si è potuto notare che un metodo combinato di decantazione, centrifugazione, filtrazione ed adsorbimento su carboni attivi ha potuto rimuovere il 94% dei fenoli e l’83% della sostanza organica [4]. Fra i trattamenti chimici si deve ricordare che l’impiego di agenti basi-

ci come la calce o di agenti flocculanti come i polielettroliti possono avere un ruolo importante nella diminuzione dei polifenoli [5]. Allo stesso modo può funzionare l’impiego di agenti coagulanti come l’allume o il cloruro di ferro [3, 5].

La digestione è il metodo più impiegato per il trattamento delle acque reflue di estrazione dell’olio di oliva. Tale metodo è il prevalente fra i trattamenti sia fisico-chimici che biologici. Le acque reflue sono state testate sia in reattori UASB (Upflow Anaerobic Sludge Bed) che in reattori CSTR (Continuously Stirred Tank). Il processo funziona meglio se le acque reflue sono co-digerite con altre matrici in cui il carico di polifenoli può essere diminuito. Infatti queste sostanze possono esercitare una azione inibente nello sviluppo della flora batterica. La digestione anaerobica può essere anche preceduta da aggiustamento del pH e filtrazione [6]. Il pH acido, infatti, può anch’esso inibire il processo di digestione anaerobica. Altra procedura può essere quella di far precedere decantazione, centrifugazione e filtrazione, come riportato in [7]. Anche la ozonazione è stata studiata come pretrattamento [8].

La ricerca sui trattamenti aerobici ha focalizzato l’attenzione sulla selezione dei microorganismi più adatti da impiegare per tale trattamento (per esempio Aspergillus niger [9, 10], Aspergillus terreus, Azotobacter chroococcum e Geotrichum candidum [1113].

In questo contesto è nato il progetto Surfoly (SUstainable Ruminants Feed with OLive pomace and polYphenols enriched charred olive stone), gestito da Università di Perugia e finanziato dal programma PRIMA dell’Unione Europea. Questo progetto è basato su un approccio di economia circolare che studia la produzione di due innovativi mangimi animali per piccoli ruminanti (pecore e capre) nell’area Mediterranea. I nuovi mangimi contengono sansa e sono arricchiti in polifenoli recuperati dalle acque di vegetazione. La sansa prodotta dai frantoi può essere pirolizzata per produrre vata da un sistema di estrazione per centrifugazione a tre fasi e quelle del nocciolino estratto dalla stessa sansa. Queste sono proposte in Tab. 1.

Dalle prove di pirolisi all’Università di Perugia sono derivati i seguenti bilanci di massa: - 44,17% in peso di gas avente un potere calorifico medio pari a 16 MJ/kg - 24,88% in peso di olio di pirolisi - 17,00% in peso di carbone vegetale.

Tabella 1 - Caratteristiche fisico-chimiche di sansa (tre fasi) e nocciolino.

Misura

Umidità [%wb*]

Ceneri [% db**]

Volatili [% db**]

Carbonio Fisso [%db]

Carbonio [%wb*]

Idrogeno [%wb*]

Azoto [%wb*]

Ossigeno [%wb*]

Calore Specifico Superiore [MJ/kg]

*wb significa tal quale (dall’inglese wet basis)

**db significa sul secco (dall’inglese dry basis)

Sansa

4,53

0,49

87,06

12,45

50,00

6,17

0,42

43,41

19,21

Nocciolino

49,02

0,84

42,35

7,79

55,54

7,98

1,98

34,5

5,7

carbone vegetale che può essere impiegato per ridurre il COD delle acque reflue di molitura e per assorbire i polifenoli. Il carbone vegetale arricchito di polifenoli può ridurre le emissioni di metano da parte dei ruminanti e facilitare la produzione di carne ricca di polifenoli in pecore e capre che vengono alimentate con i nuovi mangimi.

Al fine di ottimizzare il processo di pirolisi della sansa all’Università di Perugia si sono innanzitutto caratterizzate le proprietà fisico-chimiche della sansa rica-

La resa di carbone vegetale può essere aumentata diminuendo la temperatura finale di pirolisi da 600° a 400°C. La porosità di un carbone vegetale ottenuto da pirolisi a diverse temperature è proposta in Fig. 1.

I carboni mostrati in Fig. 1 sono stati ricavati in [2]. Utilizzando questo tipo di carbone vegetale la rimozione massima è stata del 26 % in peso del contenuto iniziale di polifenoli. Con l’attivazione del carbone vegetale questo contenuto può incrementare ulteriormente.

a b

c d

Fig. 1 - a) sansa, b) carbone vegetale ottenuto a 450°C, c) carbone vegetale ottenuto a 650°C, d) carbone vegetale ottenuto a 650°C dopo l’assorbimento dei polifenoli, [2].

RICONOSCIMENTI

Tale lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto Surfoly: SUstainable Ruminants Feed with OLive pomace and polYphenols enriched charred olive stone, funded by the PRIMA program of the European Union.

BIBLIOGRAFIA

1. Paraskeva, P. and E. Diamadopoulos,

Technologies for olive mill wastewater (OMW) treatment: a review. Journal of

Chemical Technology & Biotechnology, 2006. 81(9): p. 1475-1485. 2. Abid, N., et al., Biochar from olive mill solid waste as an eco-friendly adsorbent for the removal of polyphenols from olive mill wastewater. Chemical Engineering

Research and Design, 2022. 181: p. 384398.

3. Kestioğlu, K., T. Yonar, and N. Azbar,

Feasibility of physico-chemical treatment and advanced oxidation processes

(AOPs) as a means of pretreatment of olive mill effluent (OME). Process Biochemistry, 2005. 40(7): p. 2409-2416. 4. Azzam, M.O., K.I. Al-Malah, and N.I. Abu-

Lail, Dynamic post-treatment response of olive mill effluent wastewater using activated carbon. Journal of Environmental Science and Health, Part A, 2004. 39(1): p. 269-280. 5. Sarika, R., N. Kalogerakis, and D. Mantzavinos, Treatment of olive mill effluents: part II. Complete removal of solids by direct flocculation with poly-electrolytes.

Environment international, 2005. 31(2): p. 297-304. 6. Filidei, S., G. Masciandaro, and B. Ceccanti, Anaerobic digestion of olive oil mill effluents: evaluation of wastewater organic load and phytotoxicity reduction.

Water, Air, and Soil Pollution, 2003. 145(1): p. 79-94. 7. Beccari, M., et al., Integrated treatment of olive oil mill effluents: effect of chemical and physical pretreatment on anaerobic treatability. Water Science and Technology, 1999. 40(1): p. 347-355. 8. Andreozzi, R., et al., Integrated treatment of olive oil mill effluents (OME): study of ozonation coupled with anae-

robic digestion. Water Research, 1998. 32(8): p. 2357-2364. 9. Hamdi, M. and R. Ellouz, Use of Aspergillus niger to improve filtration of olive mill waste-waters. Journal of Chemical

Technology & Biotechnology, 1992. 53(2): p. 195-200. 10. Cereti, C.F., et al., Reuse of microbially treated olive mill wastewater as fertiliser for wheat (Triticum durum Desf.).

Bioresource Technology, 2004. 91(2): p. 135-140.

11. Borja, R., et al., Comparative study of anaerobic digestion of olive mill wastewater (OMW) and OMW previously fermented with Aspergillus terreus.

Bioprocess Engineering, 1995. 13(6): p. 317-322.

12. Borja, R., et al., Influence of different aerobic pretreatments on the kinetics of anaerobic digestion of olive mill wastewater. Water Research, 1995. 29(2): p. 489-495. 13. Borja, R., et al., Comparative effect of different aerobic pretreatments on the kinetics and macroenergetic parameters of anaerobic digestion of olive mill wastewater in continuous mode. Bioprocess

Engineering, 1998. 18(2): p. 127-134.

Icam sempre più sostenibile

Icam Cioccolato, azienda lecchese specializzata nella produzione e commercializzazione di cioccolato e semilavorati del cacao, annuncia il suo quarto bilancio di sostenibilità, dopo un anno di importanti cambiamenti interni legati proprio all’approccio alla sostenibilità dell’azienda. Nel 2021, in occasione del 75° anniversario dalla sua fondazione, l’azienda ha deciso di mettere nero su bianco alcune delle procedure già insite nel proprio modus operandi e sistematizzarle all’interno di una nuova corporate identity caratterizzata dal pay off “Chocolate by Nature”. Quattro aree all’interno delle quali si declina l’essere sostenibile dell’azienda, oltre al suo bilancio di sostenibilità. Organizzato infatti in 4 macroaree, il documento attesta anche quest’anno i progressi fatti dall’azienda in termini di responsabilità sociale e ambientale.

Responsabilità verso l’ambiente

In ultimo, ma non per importanza, arriva l’attenzione nei confronti dell’ambiente e l’impegno di Icam a operare mantenendo il più basso possibile il proprio impatto. Un impegno che si traduce nell’incremento anno su anno della quantità di energia che Icam autoproduce grazie al trigeneratore, da dove nel 2021 è arrivato l’85% dell’energia necessaria al fabbisogno produttivo dello stabilimento, della riduzione del 10% di emissioni di CO2 nell’atmosfera o agli incarti delle confezioni delle tavolette di cioccolato che nel 2021 sono state realizzate per il 96% in materiale rinnovabile.

Sottoprodotti e sostenibilità ambientale

A maggio si è tenuto presso il Parco Area delle Scienze del Campus di Parma il workshop “La sostenibilità delle filiere degli alimenti di origine animale: il tema dei sottoprodotti”, evento organizzato nell’ambito della Scuola di Studi Superiori in Alimenti e Nutrizione e realizzato con il finanziamento della Regione Emilia Romagna.

Partendo dalla definizione dei sottoprodotti nelle diverse filiere secondo la legislazione europea, Angel Ortiz Pelaez (EFSA) ha spiegato come vengano redatti e successivamente recepiti i pareri dell’EFSA in merito.

Considerando l’incremento della popolazione mondiale, per assicurare a chiunque i livelli nutrizionali previsti dall’OCSE occorrerebbe aumentare la produzione di proteine nobili dall’alto valore nutrizionale. Ma come non gravare sulla sostenibilità? Stefano Sforza, dell’Università di Parma, ha illustrato alcune nuove tecniche di recupero di sottoprodotti carnei che consentono di ottenere un concentrato proteico altamente digeribile. Il siero di latte, inoltre, può trasformarsi da problema ambientale a fonte di proteine ad alto valore biologico adatte a sportivi e alla nutrizione infantile, ma anche di lattosio e peptidi bioattivi. È il campo di ricerca di Ivano De Noni, dell’Università di Milano, che ha elencato i numerosi utilizzi dei componenti ottenuti dal siero. Attraverso la fermentazione, invece, si possono recuperare e valorizza-

re i sottoprodotti di origine vegetale, come ha spiegato Camilla Lazzi, dell’Università di Parma, che ha esposto i passaggi per trasformare gli scarti in un estratto ad attività antimicrobica in grado di aumentare la shelf-life dei prodotti alimentari.

Francesco Biguzzi (Gruppo Amadori) e Cristina Moretti (Gruppo Martini) hanno condiviso le esperienze di una filiera integrata avicola e suina, partendo da scelte eco-sostenibili per alimentare i processi energivori o per ridurre il consumo di acqua e arrivando al recupero dei prodotti di scarto in un’ottica di circolarità: ad esempio, visceri, zampe ed ossa possono essere reimpiegati nel pet-food, in acquacoltura e per uso zootecnico, oppure il grasso può essere utilizzato come biocombustibile.

Più semplicemente, è possibile ridurre lo spreco alimentare attraverso la donazione delle eccedenze. Antonio Lauriola (Regione Emilia Romagna) e Gianluca Benini (Banco Alimentare) hanno spiegato come la grande distribuzione o il singolo cittadino possano entrare a far parte di questa realtà che ha molte più sfaccettature di quanto si immagini.

Il tema del riciclo e valorizzazione dei sottoprodotti è un argomento di pressante attualità da molti punti di vista: la riduzione del quantitativo dei rifiuti che non trovano più posto in discarica, l’impiego razionale di risorse che cominciano a scarseggiare e la possibilità di combattere malnutrizione e denutrizione, soprattutto proteica, sono aspetti che non ci si può più permettere di trascurare.

Nidec Industrial Solutions investe nella produzione e stoccaggio di idrogeno verde

Nidec Industrial Solutions, parte della Divisione Energy & Infrastructure del Gruppo Nidec e, tra i Gruppi impegnati rispetto alla ripartenza economica in un’ottica di maggiore sostenibilità, si sta consolidando attore di riferimento nel mercato in forte crescita dell’idrogeno verde, anche grazie a un nuovo importante ordine.

Ricevuto da un leader mondiale nella produzione, stoccaggio e distribuzione di idrogeno verde, riguarda la produzione di green hydrogen attraverso la fornitura di un’unità di alimentazione da 5 MW (Power to supply), da installare come parte di un impianto di test di elettrolisi. L’alimentatore sarà fornito in un container da 40 piedi e utilizzerà 6 moduli di alimentazione Nidec AD7000 che lavorano in parallelo per generare 5,6 MW di potenza. L’unità di alimentazione ha diverse caratteristiche uniche, come un trasformatore dell’olio sigillato ermeticamente che utilizza olio vegetale, il quale riduce ulteriormente l’impatto ambientale dell’impianto.

Questo nuovo progetto evidenzia il consolidamento dell’offerta di Nidec Industrial Solutions rivolta a nuovi settori energetici, in particolare a quello dell’idrogeno verde, che si sta affermando come centrale nel futuro scenario energetico europeo e la cui evoluzione sarà promossa anche grazie ai crescenti investimenti annunciati dall’Unione Europea.

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