volume 2
CIAOPRAGA
arte, cultura e lifestyle
Ciao Praga Magazine
Rivista bimestrale di arte, cultura e lifestyle
REDMONT C O N S U L T I N G
Volume 2 /// novembre - dicembre 2016 Redazione
Direttore Responsabile Stefania Del Monte Art Director Francesco Caponera Marketing e Comunicazione Federica Parretta Coordinamento Redazione Sabrina Perrucci Collaboratori
Maria Grazia Balbiano Mariapia Bruno Marco Ciabatti Danilo De Rossi Laura Di Nitto Ilaria Pacini Andrea Rampini Shendra Stucki Silvia Succi Roberto Vinci
Contatti ciaopraga.magazine@gmail.com Crediti fotografici
Immagini per gentile concessione di: Nicola Pani copertina, 29, 31, 33 Danilo De Rossi 3, 27, 95, 115 Ambasciata d’Italia 7, 9, 11, 13, 15, 16, 17 Laura Di Nitto 23 Andrea Arcidiacona 35 Roberto Vinci 39, 41, 45, 47, 49, 51, 53 Bohemia Paper 67, 69 Emanuele Ruggiero 77, 79, 81, 83, 85 Victor Sodano 87 Paola Caronni 93, 97 Riccardo Evola 103, 104-105 Comune di Torino 07 sup. Maria Grazia Balbiano 107 inf. Gam Torino 109, 110-111, 113 Marco Ciabatti 118 Mariapia Bruno 112 Magnetic Festival/Lukas Klusac 131, 132-133, 135 Andrea Rampini 134 Dal Web 19, 21, 25, 37, 43, 55, 57, 59, 60-61, 63, 65, 71, 73, 75, 89, 91, 99, 100-101, 117, 119, 123, 125,126-127, 129
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LETTERA DEL DIRETTORE
Gentili Lettori, un caloroso benvenuto a chi ci legge per la prima volta e bentornati a tutti voi (e siete davvero tantissimi) che avete accolto la pubblicazione del volume 1 di CIAOPRAGA Magazine con grande entusiasmo, manifestandoci il vostro apprezzamento ed affetto. In particolare voglio ringraziare, anche su questo spazio, l’Istituto Italiano di Cultura a Praga per aver ospitato, il 19 ottobre scorso, il lancio ufficiale della rivista e per il continuo sostegno al nostro progetto. Grazie di cuore anche a tutti coloro che hanno partecipato a quel momento per noi davvero speciale. Durante quell’incontro abbiamo parlato dell’importanza che CIAOPRAGA riserva alla condivisione della cultura, allo scambio di valori e di idee, alla promozione dell’italianità e di come, per fare questo, sia necessario coinvolgere sempre più persone. Il nostro motto è: “La cultura è l’unico bene dell’umanità che, se condiviso, anziché diminuire, aumenta”. Ecco perché vi rinnoviamo l’invito a contattarci, proponendoci le vostre idee o semplicemente facendoci conoscere le vostre impressioni. Prima di lasciarvi ad un secondo volume ricco di magia, mistero, e della magnifica atmosfera natalizia praghese ne approfitto per porgervi, a nome di tutta la redazione di CIAOPRAGA, i migliori auguri di Buon Natale e di un felice anno nuovo. Buona lettura! Stefania Del Monte
CONTEN UTI Aldo Amati
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Ambasciatore d’Italia in Repubblica Ceca
La cappella italiana a Praga torna a risplendere
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L’Ambasciata celebra la fine della prima fase di restauro
La Praga magica di Ripellino
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A spasso, con l’autore palermitano, nella città dell’eterno presente
Miti e leggende di Ponte Carlo
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Statue viventi, croci miracolose e spade magiche
Andrea Arcidiacona
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Direttore Artistico di Mysterium Tours
L’incontro armonico tra cibo e vino
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Suggerimenti per le festività natalizie
Le tradizioni natalizie in Cechia
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Festa grande con piatti tipici, scaramanzia e favole
A passeggio tra i mercatini di Natale Il modo migliore per assaporare la magia praghese
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Bohemia Paper Eleganza e tradizione nella produzione artigianale della carta
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Il Maestro della Luce Le fotografie di Vittorio Storaro in mostra al Clam-Gallas Palace di Praga
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Emanuele Ruggiero Il 9 novembre approda a Praga il suo documentario CZizincII
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Victor Sodano Il maestro di make-up ed effetti speciali apre uno studio a Praga
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Paola Caronni Una stella d’Italia a Hong Kong
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Torino: La città magica Alchimie e leggende del capoluogo piemontese
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La passione secondo Carol Rama Le opere dell’artista piemontese in mostra alla GAM di Torino
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Kutná Hora e Sedlec Quando il macabro diventa un’opera d’arte
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Il17 novembre si commemora la Rivoluzione di Velluto 1939-1989: quando Praga disse no a Nazismo e Comunismo
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Il Magnetic Festival Il 16 dicembre torna l’appuntamento di Praga con la musica dance
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L’INTERVISTA
Aldo Amati Ambasciatore d’Italia in Repubblica Ceca
A cura di Stefania Del Monte
Aldo Amati è Ambasciatore d’Italia in Repubblica Ceca dal 16 ottobre 2014. La sua carriera diplomatica lo aveva portato, in precedenza, a ricoprire incarichi a Mosca, Londra, Washington e Tokyo, oltre che diverse funzioni ministeriali a Roma.
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S.E., è giunto a Praga, due anni fa, dopo una serie di esperienze diplomatiche che l’hanno portata a compiere un vero e proprio giro intorno al mondo. Ritiene che l’entrare in contatto con realtà politiche, economiche e culturali così differenti tra loro l’abbia aiutata nel suo ruolo attuale? Assolutamente sì, la flessibilità nel nostro mestiere – così come nella vita - è essenziale. Se si rimane in un ruolo per troppo tempo si rischia di “ingessarsi” e non comprendere più la società, che cambia molto velocemente. Purtroppo ho l’impressione che la politica non riesca a mantenere il passo con la globalizzazione, soprattutto nei suoi aspetti più crudeli. Le esperienze nei posti che ha menzionato mi hanno insegnato a evitare pregiudizi prima di giudicare. A livello personale, quali sono le sue impressioni su questa città? C’è un aspetto che più di altri l’ha colpita? Il numero di chiese così poco frequentate, il numero di bar e ristoranti così diversi e così accattivanti, il numero di turisti che la rendono così rumorosa, la qualità di vita così alta. E poi Kafka, dappertutto. La sua reputazione di uomo sportivo ed amante della musica la precede. Trova il panorama praghese abbastanza stimolante, oppure preferiva realtà più cosmopolite come quelle vissute in precedenza? I suoi riferimenti alla musica e allo sport mi portano subito a pensare all’ultimo concerto cui ho assistito e che ha chiuso la “Dvorakova Praha”. Il maestro Pappano ha diretto una serata memorabile con musiche di Puccini e Tchaikovsky. Ma Praga offre anche tanto jazz, che apprezzo molto, e musica barocca, grazie anche ai grandi maestri italiani. Quanto allo sport, ho scoperto i boschi praghesi e con essi la corsa. Praga forse offre un po’ meno di Londra o Tokyo, ma qui è tutto più facile, a parte la lingua. Siamo al giro di boa della sua missione diplomatica a Praga. È soddisfatto di quanto fatto finora? Direi proprio di sì, anche grazie al sostegno della comunità italiana e all’ottima accoglienza che ho avuto dagli amici cechi. Italia e Cechia insieme devono difendere quanto raggiunto dall’Unione Europea dagli attacchi dei populisti e dei nazionalisti; esiste il mio impegno personale in proposito per strategie comuni. Per il resto, naturalmente, ci sono sempre stimoli e iniziative da intraprendere ma l’ambiente qui è ricettivo, l’economia va bene e la birra aiuta i rapporti umani.
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Quale pensa che sia la maggiore sfida, da qui al termine del suo incarico? La visita del Presidente del Consiglio italiano qui a Praga, nel 2017; allargare i rapporti parlamentari e stimolare le collaborazioni economiche e industriali, magari aprendo la strada alle imprese italiane che vogliono partecipare alle gare per i lavori infrastrutturali in questo Paese. Infine, aprire nuovi orizzonti di collaborazione nella sfera della meccatronica e dell’economia 4.0. Quali sono i rapporti con il governo locale e con le altre rappresentanze diplomatiche presenti a Praga? Le autorità locali mi stanno dando una grande mano per la ricostruzione della Cappella degli Italiani al centro di Praga. Ci sono poi gemellaggi ed eventi che coinvolgono città come Firenze e Spoleto, regioni come la Sicilia e molte altre realtà locali italiane e ceche. Si aprono nuovi orizzonti nel settore dei collegamenti aerei tra i due Paesi. La comunità diplomatica qui presente è quantomai piacevole; con alcuni colleghi esiste un rapporto di amicizia. Capita di fare cose insieme. Dopo il “Brexit”, a più riprese si è sentito parlare, anche a livello presidenziale, di “Czexit”. Esiste davvero questa possibilità? Lo escludo, almeno con questo governo, ma anche in futuro non vedo i presupposti per un’uscita improvvisa da un “club” che ha dato molto a queste autorità e che rappresenta il futuro anche per questo Paese, vista la posizione strategica che ha sul Continente. Anche qui, come altrove, non mancano pulsioni nazionalistiche ma non credo che saranno in grado di spingere troppo oltre la loro azione politica. Il 2016 sta per chiudersi. Quale messaggio desidera dare, alla comunità italiana residente a Praga, in vista del nuovo anno? Non vorrei dare troppi messaggi, ma ringraziare per il sostegno continuo e la simpatia nei miei confronti. Uno slogan: facciamoci sentire di più non soltanto a Praga ma in tutta la Repubblica Ceca. Chiuderei con un augurio: “avanti con fiducia” perché qui le prospettive rimangono quantomai buone. Buon Natale e felice anno nuovo a tutti!
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Nato a Bergamo il 2 gennaio 1958, S.E. l’Ambasciatore Aldo Amati ha conseguito, nel novembre 1981, una laurea in lingue e letterature straniere presso l’Istituto Universitario di Bergamo e successivamente, nel marzo 1985, una laurea in scienze politiche presso l’Università di Milano. In seguito ad esame di concorso è stato nominato Volontario nella carriera diplomatica il 14 febbraio 1987. La carriera diplomatica • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
All’Istituto Diplomatico, corso di formazione professionale, 16 febbraio-14 novembre 1987. Al Servizio Stampa e Informazione, Uff. I, 14 novembre 1987. Segretario di legazione, 15 novembre 1987. Secondo segretario a Mosca, 14 luglio 1990. Primo segretario di legazione, 14 agosto 1991. Confermato nella stessa sede con funzioni di Primo segretario, 1° aprile1992. Primo segretario commerciale a Londra, 26 settembre 1994. Consigliere di legazione, 1° maggio 1997. Confermato nella stessa sede con funzioni di Consigliere commerciale, 1° dicembre 1997. Al Gabinetto dell’On. Ministro, 13luglio 1998. All’Istituto Diplomatico, corso di superiore informazione professionale, 3 luglio 2000. Al Gabinetto dell’On. Ministro, 4 luglio 2000. Consigliere a Washington, 28 agosto 2001. Consigliere di ambasciata, 2 luglio 2003. Confermato nella stessa sede con funzioni di Primo consigliere, 7 agosto 2003. Primo consigliere a Tokyo, 5 settembre 2005. Ministro plenipotenziario, 2 gennaio 2009. Vice Capo del Servizio Stampa e Informazione, 23 febbraio 2009. Vice Capo del Servizio per la Stampa e la Comunicazione istituzionale, 16 dicembre 2010. Fuori ruolo per prestare servizio presso il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, Ufficio Affari Diplomatici, quale Consigliere Diplomatico Aggiunto del Presidente della Repubblica, 15 settembre 2011. • Capo del Servizio per la Stampa e la Comunicazione istituzionale, con il connesso incarico di portavoce del Ministro, 2 luglio 2013. • Ambasciatore d’Italia in Repubblica Ceca dal 16 ottobre 2014 • Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica, 2013.
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ARCHITETTURA
La cappella italiana a Praga torna a risplendere L’Ambasciata celebra la fine della prima fase di restauro
Il 31 ottobre 2016, nei saloni del palazzo Thun-Hohenštejnského, presso la sede dell’Ambasciata italiana a Praga, si è tenuto l’incontro per celebrare la conclusione della prima fase di ricostruzione della Cappella dell’Assunzione della Vergine Maria: la storica “Cappella degli italiani”.
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Si tratta di una delle più belle iniziative intraprese di recente dalla nostra rappresentanza a Praga, fortemente voluta dall’Ambasciatore Aldo Amati il quale, durante la conferenza stampa, ha ricordato che la ricostruzione ha avuto luogo (dopo una serie di inutili tentativi, avvenuti in precedenza), grazie alla cooperazione tra istituzioni ceche e italiane, oltre che per merito di sponsor privati. Ha quindi ringraziato personalmente il Ministero della Cultura, il Municipio di Praga, il Distretto di Praga 1, il Ministero degli Affari Esteri italiano, la Chiesa apostolica greco-cattolica e i soggetti privati coinvolti: SIAD, Ahrcos, PSN, Univerzálni Stavební, Generali e Brembo. La cappella è una delle più importanti testimonianze della presenza italiana nella Repubblica Ceca, nonché un caso unico per importanza e qualità artistica non solo della Praga rudolfina, ma anche dell’intera architettura sacrale a nord delle Alpi. Durante la seconda metà del 1500, molti italiani emigrarono verso il nord Europa e molti di loro si fermarono proprio a Praga, formando una numerosa colonia composta soprattutto da architetti, artigiani e mercanti, che vi si stabilirono con le loro famiglie. Praga era, all’epoca, la città dell’imperatore Rodolfo II, destinata a diventare la capitale del Sacro Romano Impero e le maestranze italiane, nonché i beni di lusso provenienti dall’Italia, erano molto apprezzati alla corte imperiale. La maggior parte degli immigrati giunti in città si stabilì nel quartiere di Malá Strana, a poche centinaia di metri dal castello, tanto che la piazza principale fu rinominata, dai praghesi, “piazza italiana”. A quei tempi la Boemia era prevalentemente protestante e, in quel contesto, la comunità italiana rappresentava una minoranza cattolica sul territorio. Questo le consentì di ottenere i favori di Papa Gregorio XIII, trasformandosi in una congregazione che, nel 1590, raggiunse un numero tale da aver bisogno di costruire un nuovo oratorio. L’edificio, che fa parte del complesso del Klementinum, occupa tuttora un posto di rilievo nella storia dell’architettura ceca ed europea, essendo il primo esempio di cappella italiana a pianta ovale del nord Europa disegnato e realizzato, a partire dalla fine del 16° secolo, da architetti e artigiani italiani. Pur essendo dedicata alla Beata Vergine Maria, la cappella è ancora oggi denominata “Cappella Italiana”. Per secoli ha rappresentato il punto di incontro centrale degli italiani presenti a Praga, che hanno fortemente contribuito alla bellezza artistica della città boema. A questo scopo, l’Ambasciata aveva avviato, nei mesi scorsi, una campagna di sponsorizzazione
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della ristrutturazione e del restauro della struttura. All’iniziativa, tenutasi nell’ambito del piano di valorizzazione del patrimonio immobiliare e artistico dello Stato italiano all’estero, hanno preso parte istituzioni e privati cechi, nonché donatori italiani e la locale chiesa greco-cattolica. Proprio a quest’ultima, mediante un atto di concessione, è stata affidata la gestione della cappella che, pertanto, verrà resa disponibile anche per la comunità italiana di Praga. Il finanziamento della Farnesina, congiuntamente a quello degli altri donatori, ha reso possibile la conclusione della prima fase dei lavori di ristrutturazione, che ha riguardato l’originale e caratteristico tetto ovale, i muri esterni, le finestre ed il portale d’ingresso in stile barocco. La seconda fase inizierà, invece, nel novembre di quest’anno, con il restauro degli straordinari affreschi interni, ora poco visibili e rimasti intoccati per decenni. La Cappella tornerà ad aprire le porte nel 2017, al termine dei lavori di ristrutturazione.
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CULTURA
La Praga magica di Ripellino
A spasso, con l’autore palermitano, nella città dell’eterno presente
A cura di Laura Di Nitto
“Se cerco un’altra parola per dire arcano, trovo soltanto la parola Praga. E’ torbida e malinconiosa come una cometa, come un’impressione di fuoco la sua bellezza, e serpentina ed obliqua come nelle anamorfosi dei manieristi, con un alone di lugubrità e di sfacelo, con una smorfia di eterna disillusione” - A.M. Ripellino
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Nato nel 1923 il poeta, giornalista e letterato palermitano Ripellino, s’innamorò della città di Kafka sin dal suo primo viaggio, compiuto nel ’46; ci tornò diverse volte, raccontandone oltre alla letteratura anche i più importanti momenti storici: uno fra tutti, in occasione della Primavera di Praga, come inviato del settimanale L’Espresso, nel 1968. Fu nel 1973 che, condividendo in modo coinvolto e appassionato la profondità dell’esperienza boema, pubblicò con la casa editrice Einaudi la sua Praga Magica in cui, come sostiene Felice Arborea nel saggio “Ritornare a Praga e Berlino”: “la città boema è descritta minuziosamente da Ripellino, che, innamorato di essa, ne coglie l’essenza. La descrive come una città “aggrottescata di umori stravaganti”, dove le strade sono invase da qualcosa di irrazionale, fortuito e circense. Lo scrittore è particolarmente legato al tema del circo e alla figura del clown vista come antitesi della morte. Il clown, centrale anche nella produzione lirica di Ripellino, vive in completa similitudine con il carattere umano del personaggio. Anche se uomo, il clown resta buffone per assolvere la sua missione, far ridere. Man mano che sfoglio le pagine, la scrittura si fa sconnessa, sbandata. La frenesia del racconto è dovuta all’amore che l’autore nutre nei confronti di Praga, vista come dannata, sfuggente, complicata (come ogni storia d’amore che si rispetti)”. Nelle parole e nei racconti di Ripellino, Praga diventa la città dell’eterno presente, luogo in cui si accavallano, in un susseguirsi di apparizioni senza tempo, i personaggi che l’hanno abitata e arricchita con la loro arte e la loro esistenza. Nell’immaginario favoleggiato e storicamente documentato dall’autore, la contemporaneità dei protagonisti della narrazione si intreccia rocambolescamente con la sua esperienza personale: “Ancor oggi, ogni notte, alle cinque, Franz Kafka ritorna a via Celetná a casa sua, con bombetta, vestito di nero. Ancor oggi, ogni notte, Jaroslav Hasek, in qualche taverna, proclama ai compagni di gozzoviglia che il radicalismo è dannoso e che il sano progresso si può raggiungere solo nell’obbedienza. Praga vive ancora nel segno di questi due scrittori, che meglio di altri hanno espresso la sua condanna senza rimedio, e perciò il suo malessere, il suo malumore, i ripieghi della sua astuzia, la sua finzione, la sua ironia carceraria. Ancor oggi, ogni notte, alle cinque, Vítézslav Nezval ritorna dall’afa dei bar delle bettole alla propria mansarda nel quartiere di Troja, attraversando la Vltava con una zattera. Ancor oggi, ogni notte, alle cinque, i massicci cavalli dei birrai escono dalle rimesse di Smíchov. Ogni notte, alle cinque, si destano i gotici busti della galleria di sovrani, architetti, arcivescovi nel triforio di San Vito. Ancor oggi due zoppicanti soldati con le baionette ina-
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state, al mattino, conducono Josef Svejk giú da Hradcany per il Ponte Carlo verso la Città Vecchia, e in senso contrario, ancor oggi, la notte, a lume di luna, due guitti lucidi e grassi, due manichini da panoptikum, due automi in finanziera e cilindro accompagnano per lo stesso ponte Josef K. verso la cava di Strahov al supplizio. Ancor oggi il Fuoco effigiato dall’Arcimboldo con svolazzanti capelli di fiamme si precipita giù dal Castello, e il ghetto si incendia con le sue scrignute catapecchie di legno, e gli svedesi di Königsmark trascinano cannoni per Malá Strana, e Stalin ammicca malefico dal madornale monumento, e soldatesche in continue manovre percorrono il paese, come dopo la sconfitta della Montagna Bianca. Ripellino racconta una Praga affascinante, un luogo incantato che esprime creatività straordinaria e alimenta talenti letterari, artistici e politici rari. Un ponte fra Oriente e Occidente, luogo di ispirazione culturale e di nuove possibilità di raffinata sperimentazione in tutti i campi dell’esistenza individuale e collettiva. L’autore palermitano dona un quadro splendido e completo della città: da Rodolfo II con gli alchimisti, i maghi e gli scienziati che arrivarono alla sua corte; il ghetto ebraico, dove nasce la mitica figura del Golem; le affascinanti taverne con i loro avventori e avventurieri e l’ammaliante e sempre presente figura del pellegrino, del viandante, raccontando la letteratura che in questi luoghi originò gli splendidi testi di Jaroslav Hašek (anarchico boemo e scrittore satirico), di Franz Kafka (uno degli esponenti più importanti della letteratura del XX secolo), di Vladimír Holan (poeta ceco, membro del Partito Comunista cecoslovacco), di Gustav Meyrink (autore del leggendario romanzo esoterico “Il Golem”). Nella sua completezza e passionalità, Praga Magica non è solo il racconto di una città ma anche l’autoritratto del suo insigne autore: un letterato palermitano entusiasta e avventuriero che amava persino autodefinirsi “semi-boemo”. Ripellino porta il lettore per mano in un viaggio attraverso la sua amata città boema, stilando un percorso pieno e articolato nonché sorprendentemente completo sia se considerato come riferimento giornalistico che letterario. L’autore interpreta e vive in profondità la città e i suoi luoghi, narrandone l’unicità delle tinte e delle sfumature. Attaccato in modo totalmente appassionato a Praga, Ripellino fa innamorare il lettore creando in esso il bisogno, l’urgenza di andare a sperimentare in prima persona l’eccezionalità dei luoghi e degli avvenimenti storici ed artistici ad essi legati, a sentire quegli odori, a perdersi in quelle strade e in quei rocamboleschi
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incontri che lo hanno fatto sedurre dalla città magica tanto da sostenere “Anch’io ho la certezza di avervi abitato in altre epoche… da secoli cammino per la città vltavina, mi mescolo alla moltitudine, arranco, gironzolo, annuso tanfo di birra, di fumo, di treni, di melma fluviale” e , ancora più appassionato nell’eternità di questo suo amore, a spiegare il libro ad essa dedicato: “questo mio dittamondo praghese è un libro sconnesso, sbandato, a frastagli, scritto nell’insicurezza e nei mali, con disperaggine e con pentimenti continui, con l’infinito rimorso di non conoscere tutto, di non stringere tutto, perché una città, anche se assunta a scenario di una flânerie innamorata, è una dannata, sfuggente, complicatissima cosa”. Tra gli altri, Claudio Magris, in un articolo pubblicato nel 1973 dal Corriere della Sera, sostiene la straordinarietà dell’opera di Ripellino che, con Praga Magica, Ripellino ha scritto non tanto un libro sulla cultura praghese […] quanto un nuovo e ulteriore libro della ricchissima letteratura praghese, una mappa della città vissuta quale trama di secolari incontri-scontri e quale cristallizzazione di un ininterrotto diluvio storico. Con un gusto ardimentoso ed enciclopedico, passa in rassegna una folla di persone, luoghi, libri, ombre, edifici, relitti, echi e bagliori della civiltà praghese. Praga è una città piena di fascino e di segreti, che ama lasciarsi scoprire quanto sedurre. Una guida come Praga Magica non fa che amplificarne il fascino ed esaltare la curiosità per le figure e le opere, per il quotidiano e il leggendario, per l’arte e per l’afflato esplorativo, al tempo stesso giornalistico e poetico nel linguaggio di questo eccezionale autore.
Laura Di Nitto: Scrittrice, produttrice e regista di documentari, con una lunga esperienza in Rai, vive tra Nuova Delhi, Praga e Roma, realizzando video e laboratori di media educativi e collaborando alla produzione e distribuzione di film. https://www.linkedin.com/in/lauradinitto
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LEGGENDE
Miti e leggende di Ponte Carlo
Statue viventi, croci miracolose e spade magiche
Praga è uno di quegli angoli di mondo che va assolutamente esplorato a piedi. Solo così ci si può immergere nel cocktail di mistero, sogno e magia creato dalle tantissime storie che, nel corso dei secoli, hanno contribuito a colorare l’atmosfera singolare di questa città. Ogni strada, palazzo, monumento, cela un segreto; ma c’è un luogo dove, forse più di altri, si concentrano i miti e le leggende praghesi: il Ponte Carlo (Karlův most). Iniziato a costruire nel 1357 ad opera di Re Carlo IV e su disegno dell’architetto Petr Parléř, il ponte è lungo 515 metri e collega la città vecchia al quartiere di Malá Strana. Da qui si gode di una magnifica vista sul trafficato fiume Moldava e sul Castello.
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Vi si respira, inoltre, un’aria davvero particolare, grazie ai tanti artisti di strada, musicisti e venditori che lo animano in ogni stagione. Nato per sostituire il Ponte di Giuditta, crollato nel 1342 a causa di una piena del fiume, una leggenda racconta che per rafforzarne la struttura, all’impasto di malta usato per costruirlo vennero aggiunti dei tuorli d’uovo. Il re chiese, infatti, a tutti i villaggi circostanti di contribuire alla costruzione del ponte inviando un carro pieno di uova. Gli abitanti del piccolo villaggio di Velvary, temendone la rottura durante il trasporto, inviarono delle uova sode, suscitando l’ilarità dell’intero regno. A partire dal XVII secolo ai lati del ponte vennero collocate 30 statue in stile barocco, raffiguranti dei santi. Oggi molte di esse sono delle copie, mentre gli originali si possono ammirare presso il Lapidarium del Museo Nazionale, a Vyšehrad. Il momento migliore per visitare il ponte è sicuramente al tramonto, mentre un’altra leggenda narra che, di notte, tutte le statue si animano per proteggere i bambini della vicina isola di Kampa. Sarà certamente la suggestione ma, passeggiando sul ponte durante la notte, si ha davvero l’impressione che le installazioni si muovano. Un terzo mito interessa la statua più famosa, nonché la prima ad essere posta sul ponte: quella di San Giovanni Nepumoceno. Meno pregiata delle altre da un punto di vista artistico, quest’opera ha assunto nel tempo un forte significato simbolico. Si ritiene, infatti, che essa sia collocata nel punto dove il Santo venne gettato nel fiume per non aver voluto dire a Re Venceslao cosa gli avesse rivelato la regina, sua moglie, durante una confessione. Sempre secondo la leggenda, qualche secolo dopo la sua uccisione la lingua del Santo fu ritrovata nel fiume, ancora rossa e con la carne viva. Da allora, il 16 maggio di ogni anno la statua accoglie moltissimi fedeli in pellegrinaggio. Nello stesso punto del ponte si trova una croce d’oro: secondo la tradizione, toccandola possiamo far avverare tutti i nostri desideri. Un’ultima leggenda riguarda la spada di San Venceslao che, si narra, rimase per molto tempo infissa nelle mura del ponte a protezione della città: in caso di invasione, il Santo l’avrebbe brandita per decapitare tutti i nemici. Tuttavia, nel corso dei secoli la spada sarebbe stata rubata da alcuni bambini e mai più ritrovata. Da qui il detto secondo il quale il futuro della Boemia sarebbe custodito nelle mani dei bambini. Per maggiori informazioni: http://www.prague-bridge.com/it/
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ITALIANI A PRAGA
Andrea Arcidiacona Direttore Artistico di Mysterium Tours
Andrea Arcidiacona è ideatore ed organizzatore di tour tematici e spettacoli in taverne e caffè letterari, in diverse lingue e in diverse città, nonché ideatore, direttore artistico e storyteller per Mysterium Tours. Nato a Praga nel marzo 2014, proprio da un’idea di Andrea, Mysterium Tours si è affermato, nel giro di pochi mesi, come il miglior ghost tour della città, ottenendo recensioni eccellenti su Tripadvisor e sui principali siti di viaggi. Da allora si è diffuso anche in altre città, quali Budapest o Madrid, ed è in continua espansione, avvalendosi di un team internazionale di narratori e artisti, nonché viaggiatori, musicisti, scrittori, cantastorie, appassionati e amanti di storia medievale e folclore. Andrea Arcidiacona, originario di Siracusa, coordina questo team straordinario, organizzando nuovi progetti in tutte le città.
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<<È la prima volta, in Europa, in cui un team internazionale di artisti e narratori, residenti in paesi diversi, racconta e presenta misteri, leggende e storia, intrattenendo con tecniche teatrali e musica dal vivo. Siamo mossi da anni di studi, ricerche e approfondimenti sulla storia di Praga e dell’Europa e amiamo condurre i visitatori tra le antiche vie della vecchia Praga, presentando l’oscura storia della “città delle cento torri” e raccontando dei suoi fantasmi, dei suoi mostri, dei suoi miracoli e della sua magia. Il progetto include, inoltre, presentazioni pubbliche e spettacoli basati sia sulle leggende della vecchia Praga che su scritti realizzati direttamente dal nostro team. Da sempre Praga mi ha affascinato più di tutte le altre città. Da amante di storia antica e architettura, in particolare medievale e rinascimentale, ho visto in Praga una completa immagine artistica, espressa in diversi stili dal Romanico al Rococò, dal Liberty all’Art Nouveau. I suoi edifici si tingono d’oro al tramonto; i suoi campanili, le sue torri, le sue mille guglie, creano una città che molti hanno solo visto nei loro sogni o nei racconti. Praga è vera, ed esiste grazie ai suoi precedenti abitanti e architetti, che hanno avuto la straordinaria capacità di trasformare in arte le loro mistiche visioni. Quando arrivai, nel 2011, iniziai con impieghi d’ufficio prima di poter realizzare il mio progetto artistico. Oggi mi dedico solo a questo, nonché alla mia più grande passione (insieme alla collezione di storie noir a fumetti), che è quella di indossare abiti d’epoca e partecipare ad eventi tematici, come balli vampireschi. Sono amante della cultura gotica; amo bere assenzio e guardare il mondo da un’ottica emblematica, fatta di visioni notturne, sensuali, seducenti. Praga ha decisamente cambiato la mia vita: qui mi sento realizzato; vivo dove voglio; ho l’opportunità di dedicare tutto il tempo al mio progetto e di poter trovare la mia pace interiore quando mi esprimo nella cultura Flaneur, trasformando le mie passeggiate notturne nei vecchi borghi medievali – con le loro stradine, taverne e chiese gotiche – in esperienze davvero suggestive. Al mio arrivo qui non ho avuto, per fortuna, grandi difficoltà, se non quelle di tutti coloro che si spostano in una nuova città e debbono arrangiarsi, fare le scelte giuste per migliorarsi, cercare una posizione adatta a loro.
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Ho avuto davvero tantissime soddisfazioni nella vita. Ringrazio principalmente la mia persona per l’energia, la forza e l’entusiasmo nel cercare nuove avventure, conoscere nuove persone, nuovi luoghi, e nell’affrontare nuove sfide. In città ci sono tanti luoghi ai quali mi sento legato: Staré Město, Vyšehrad, Malá Strana, Hradčany ma, più di tutti, direi la collina di Petřin, di notte, con la sua magnifica vista sulla città vecchia. Qualche volta l’Italia mi manca, in genere al termine di una vacanza trascorsa lì, ma fortunatamente sono un tipo che si ambienta facilmente nel luogo dove vive. Ad un italiano che desidera trasferirsi qui consiglierei di vivere il lato spirituale, energetico e magico di Praga; di viverla di notte, quando si svuota dal chiasso dei turisti; di conoscere i suoi segreti e le sue curiosità; di esplorarla a piedi, tutta. Credo proprio che in futuro rimarrò a Praga. Questa è la sede del mio progetto, e dove tutto è iniziato, ma di tanto in tanto viaggio per condurre di persona tour e spettacoli, ed espandere il mio progetto: cerco altre persone come me, che abbiano voglia di far parte del mio team di artisti e portare in scena il Mysterium Tour, laddove essi vivono>>.
Per informazioni: http://www.mysteriumtours.com/
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SPECIALE FOOD & WINE
Lâ&#x20AC;&#x2122;incontro armonico tra cibo e vino
Suggerimenti per le festivitĂ natalizie
A cura di Roberto Vinci
Recentemente, nel corso di un mio viaggio in Austria alla ricerca di vini e territori interessanti, ho preso parte ad una cena-degustazione nella quale, a piatti sapientemente preparati da uno chef, venivano abbinati alcuni vini scelti appositamente da un sommelier, ben noto nellâ&#x20AC;&#x2122;area nord europea, del quale preferisco non fare il nome. Purtroppo, devo amaramente confessare che le mie aspettative sono state profondamente deluse. Per ogni portata era previsto un abbinamento con due diversi vini. Essendo le portate quattro, i conti sono presto fatti. Degli otto abbinamenti, sette presentavano errori grossolani che un dilettante non avrebbe dovuto commettere e, quindi, ancor meno, un professionista o sedicente tale.
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Tali errori nascono dalla mancata conoscenza, o consapevole inosservanza, di alcune regole che devono essere rispettate nell’abbinamento cibo-vino, non per mera e cieca “obbedienza” a determinate norme astratte ma nel rispetto di un equilibrio gusto-olfattivo che è alla base dell’abbinamento cibo-vino. In particolare, ciò che si ricerca nell’abbinamento di un vino al cibo è l’armonia, l’equilibrio fra le sensazioni che caratterizzano il cibo e le diverse componenti del vino. Se in bocca non c’è armonia gustativa significa che l’abbinamento non è corretto ed il risultato più immediato sarà una serie di sensazioni disarmoniche, scoordinate e spesso sgradevoli a livello gusto-olfattivo. L’abbinamento, in sostanza, non sarà piacevole, finendo per essere marcato da numerosi “acuti e bassi” dissonanti ed in forte contrasto fra loro. Voglio subito precisare che è il vino che si abbina al cibo e non il contrario anche se esistono, fortunatamente, alcuni pazzi (come il sottoscritto) che, sulla base di vini scelti appositamente per la serata, costruiscono cene ed abbinamenti ad hoc, per meglio metterne in risalto il “ matrimonio ideale” con ciò che viene proposto nel piatto. È quindi l’equilibrio che, già determinante nella valutazione delle diverse componenti di un vino - morbidezze e durezze -, torna ora ad essere l’obiettivo primario da ricercare in un ideale abbinamento cibo-vino. Il metodo scientifico di abbinamento, proposto da Pietro Mercadini e dall’Associazione Italiana Sommelier, si basa su due regole fondamentali: contrapposizione e concordanza. Contrapposizione perché, se esistono degli squilibri del cibo, questi devono essere necessariamente equilibrati dal vino. Concordanza perché esistono casi nei quali il cibo ed il vino devono camminare mano nella mano, seguendo una strada nella quale le sensazioni gusto-olfattive dell’uno, il cibo, e dell’altro, il vino, non si contrastano nella ricerca di un equilibrio mediano ma devono invece percorrere una via comune ed armonica, appunto “in concordanza” combinandosi alla perfezione. È il caso della dolcezza, della aromaticità, della speziatura e della persistenza gusto-olfattiva, tutte sensazioni del cibo che richiedono appunto un abbinamento per concordanza. In questo compito, e cioè in ciò che didatticamente significa abbinare un vino ad un cibo, la scuola italiana è leader a livello mondiale; Francia, Gran Bretagna, USA sono distanti milioni e milioni di leghe. Quando c’è da abbinare un vino ad una pasta cacio e pepe, ad un cacciucco alla livornese, ad una pecora “au cotturu”, ad una wiener schnitzel, ad un gazpacho o ad una torta Sacher, i professionisti italiani (purtroppo in via di estinzione, come i panda) non hanno rivali. Ma da dove si inizia? Si inizia da una attenta analisi del cibo, in tre diverse fasi: visiva, olfattiva e gustativa. In questo approfondito e scientifico esame, saranno presi in considerazione e valutati l’aspetto del cibo (ad esempio la freschezza), la presentazione nel piatto, la sua
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armonia cromatica, e successivamente l’intensità dei profumi, la loro gradevolezza, la qualità, la complessità, la persistenza. Importantissima sarà l’armonia olfattiva, dimensione nella quale il bouquet di un piatto è perfettamente in equilibrio, status nel quale non c’è dominanza o prevaricazione di un profumo sull’altro ma fusione armonica tra le varie essenze odorose in una perfetta linearità di proporzioni. In una pasta cacio e pepe, l’utilizzo di un formaggio troppo stagionato potrebbe essere olfattivamente e gustativamente troppo invasivo e coprire o parzialmente nascondere la speziatura e la persistenza gusto-olfattiva del pepe stesso, che invece gioca un ruolo determinante non solo nella caratterizzazione del piatto ma anche nella scelta del vino da abbinare. Ecco perché è necessaria, non solo una profonda conoscenza dei vini, ma anche una corrispondente preparazione ed abilità nello scomporre ed interpretare i piatti, conoscendone alla perfezione i singoli elementi, i modi di cottura, di stagionatura e conservazione. Bisogna tradurre il piatto in singole sensazioni, individuando il vino che proprio quelle sensazioni sappia esaltare al meglio e che dalle stesse sia sapientemente e meravigliosamente valorizzato. Come diceva Veronelli in Matrimoni d’amore: “Il sapore di un cibo, quasi sempre, scopre le qualità di un vino e le esalta; a loro volta le qualità di un cibo completano il piacere di un vino e lo spiritualizzano”. Terminata la fase visiva ed olfattiva dell’esame del cibo, si passa all’assaggio che ci permette di individuare le diverse sensazioni del cibo stesso. Tali sensazioni sinteticamente sono: - sapidità, tendenza amarognola, tendenza acida, dolcezza e tendenza dolce (sensazioni saporifere); - grassezza, untuosità, succulenza (sensazioni tattili); - speziatura, aromaticità, persistenza (sensazioni gusto-olfattive). Le sensazioni saporifere e tattili però, ed è ciò che è più ci interessa in funzione dell’abbinamento cibo-vino, possono essere divise in due macro gruppi: da una parte le sensazioni morbide (grassezza, dolcezza, tendenza dolce, succulenza ed untuosità), dall’altra le sensazioni dure (sapidità, tendenza amarognola, tendenza acida). Queste sensazioni, eccezion fatta per la dolcezza, in fase di abbinamento, seguiranno il principio della contrapposizione. Quindi, in presenza di un cibo che presenti sapidità o sia tendenzialmente acido o amarognolo, si dovrà abbinare un vino morbido per non esaltare ancor più certe note aggressive ma per “smorzarne” l’incidenza, le spigolosità. Nel caso, invece, in cui siano presenti sensazioni quali succulenza (presenza cioè di liquidi) o untuosità (presenza di olio o grassi fusi), dovremo scegliere un vino con tannino e con un certo contenuto alcolico. Sono, infatti, proprio i tannini e l’alcol ad avere un effetto astringente, disidratante, in gra-
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do di asciugare e pulire la bocca. La scelta tra un vino molto tannico o con una elevata gradazione alcolica, o che abbia entrambe le caratteristiche, dipenderà dalla tipologia del piatto. Le combinazioni possono essere infinite e solo la preparazione tecnica, la conoscenza dei singoli elementi del cibo e delle peculiarità dei vini abbinabili ed, infine, l’esperienza ci aiuteranno a scegliere l’abbinamento migliore. Lo stesso principio della contrapposizione sarà seguito nel caso di tendenza dolce (presente in ortaggi, pasta, riso, cereali, crostacei, pesce, carne di cavallo, prosciutto cotto, ecc.) o di grassezza, percepita solitamente come pastosità in bocca e dovuta alla presenza di grassi solidi, specie di origine animale ma anche presente nel tuorlo delle uova o nei formaggi. Qui, sarà necessario abbinare un vino dotato di buona acidità, fresco, sapido, che induca salivazione disperdendo i grassi ed in grado di riportare l’ago dell’equilibrio gustativo al centro della nostra bilancia ideale. In questi due ultimi casi, inoltre (tendenza dolce e grassezza), spesso sarà interessante abbinare anche un vino con effervescenza, perché l’anidride carbonica ha un effetto rafforzativo dell’acidità e della sapidità. In sostanza, nell’abbinamento per contrapposizione o contrasto non si fa altro che bilanciare le morbidezze del cibo con le durezze del vino e viceversa. Quando allora utilizzare l’abbinamento per concordanza? Nel caso di dolcezza, aromaticità, speziatura, persistenza gusto-olfattiva e struttura del cibo. Parlando di dolcezza, ad esempio, si possono prendere in considerazione i matrimoni. I più si ostinano, durante questo tipo di eventi, ad accompagnare, in maniera “sacrilega”, la torta nuziale con un Brut. Errore grossolano! La sapidità e l’acidità del vino sono devastanti se abbinati ad un piatto dolce, generando una sgradevolissima sensazione metallica ed amarognola. Quindi l’unico abbinamento corretto è con un vino dolce. Speziatura ed aromaticità sono sensazioni che pretendono chiaramente un vino che abbia una decisa persistenza gusto-olfattiva proprio per non essere sovrastato ed annullato dal cibo stesso. Ecco perché l’abbinamento, in questo caso, deve rispettare la regola della concordanza. Stesso dicasi per la persistenza gusto-olfattiva che richiede un vino che sia egualmente persistente nel cavo orale, che sia lungo, che accompagni l’assaggio per tutta la sua durata senza cedere mai, creando invece con il cibo una lunga ed armonica strada gustativa comune in assonanza totale. Idem infine per la struttura. È fin troppo facile essere consapevoli del fatto che un piatto dalla complessa struttura debba essere abbinato ad un vino di corpo, di buon contenuto alcolico, di grande complessità; tutte caratteristiche che lo rendano in grado di giocare allo stesso livello del cibo presentato. Sarebbe impensabile, ad esempio, abbinare un Barbaresco ad un piatto struttu-
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ralmente semplice come un pollo al forno. Il Barbaresco richiama abbinamenti più importanti come selvaggina, brasati, tartufi, funghi porcini, ecc. Il pollo al forno può invece trovare il suo abbinamento ideale in un vino meno strutturato e complesso che lo accompagni in maniera adeguata, come un Pinot Nero anche in versione rosato, un Cerasuolo d’Abruzzo oppure uno Zweigelt austriaco. Le possibili “combinazioni” di successo sono infinite. Quali sono invece le caratteristiche del vino che dobbiamo considerare per individuare il miglior abbinamento? Ebbene, da considerare sono le morbidezze (zuccheri, alcoli, polialcoli) e le durezze (acidità, sapidità e tannini). La dolcezza indica la presenza di zuccheri ed abbiamo già detto che l’abbinamento si effettua, in questo caso, per concordanza con i cibi dolci. L’alcol, dall’effetto pseudocalorico e disidratante, ed i polialcoli (glicerina) regalano al vino una piacevole sensazione di morbidezza molto utile negli abbinamenti con cibi che presentino una rilevanza di sensazioni dure. Per quanto riguarda le durezze del vino, l’acidità è significativa della presenza di acidi nel vino (tartarico, malico, ecc.) ed è percepita, gustativamente, come sensazione di freschezza che genera una decisa ed intensa salivazione nel cavo orale. La tannicità provoca invece una sensazione astringente e asciugante simile a quella che si prova quando si assaggia un kaki acerbo. Chiaramente, l’intensità di tale sensazione dipende dalla tipologia, dall’età, dalla maturazione ed affinamento del vino. Le variabili sono molteplici. Un vino rosso giovane tendenzialmente sarà più tannico, ad esempio, di un vino più maturo e che ha vissuto un lungo passaggio in legno e poi un certo affinamento in bottiglia. La sapidità infine, sulla presenza scientifica della quale si discute molto negli ultimi tempi, denota la presenza di sali minerali nel vino dando vita ad una piacevole sensazione rinfrescante di pulizia, segnata da note minerali a volte molto accese. Provate ad assaggiare un Nerello Mascalese dell’Etna: vivissime saranno le note minerali, vulcaniche, di lapillo, quasi ematiche e ferrose. Fantastico! Per terminare questi piccoli lampi relativi alle caratteristiche del vino, da non dimenticare è la effervescenza, cioè la presenza di anidride carbonica, che ha un effetto (come accennato) di esaltazione delle durezze del cibo e di attenuazione delle sue morbidezze. È chiaro che fondamentale nell’ambito dell’abbinamento cibo-vino saranno l’intensità e la persistenza gusto-olfattiva che dovranno trovare sensazioni corrispondenti nel cibo col fine sempre unico di creare con esso un equilibrio armonico e bilanciato. Non bisogna dimenticare però che, oltre al citato metodo scientifico di abbina-
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mento cibo-vino, esistono altri metodi di abbinamento che prendono in esame diversi parametri: fra tutti, l’abbinamento regionale, quello stagionale e l’abbinamento psicologico. L’abbinamento regionale o di tradizione è una metodologia utilissima e di comprovata validità. Da sempre i contadini hanno utilizzato prodotti provenienti dalle loro terre e lo stesso si può dire delle classi più agiate. Il famoso “chilometro zero” è nato così. Fatalmente il prodotto locale si sposava quindi con il vitigno o vino locale per una familiarità di genia e di legame proprio con il territorio. È superfluo sottolineare, infatti, come una fonduta valdostana trovi la completezza della sua espressione abbinandosi ad un Petit Rouge o ad un Pinot Nero ed un piatto di pizzoccheri crei spontaneamente un matrimonio d’amore con un Valtellina Superiore. Come si può per esempio pensare ad un cotechino senza Lambrusco o un piatto di trenette al pesto senza un abbinamento con un Pigato? Impossibile! Se poi vi capiterà di trascorrere il pranzo di Ferragosto sugli splendidi altopiani di Campo Imperatore, guardando con ammirazione le cime del mio amato Gran Sasso, potreste mai deliziare il vostro palato gustando dei succulenti arrosticini di pecora senza accompagnarli con un corposo e strutturato Montepulciano d’Abruzzo? Mai e poi mai! La pecora in Abruzzo, in ogni sua manifestazione, chiama il Montepulciano. Persistenza gusto-olfattiva del cibo richiede vino altrettanto presente, alcolico, importate e lungo in bocca. Questo è il bello della vita, della tradizione secolare in Italia. Tradizione fatta di usi, genti, volti, piatti e vini. Per ciò che concerne l’abbinamento stagionale è fin troppo facile indicare che le temperature ed il variare delle stagioni influenzano la scelta dei vini. Potrò facilmente abbinare un rosso strutturato ad un gulasch di cinghiale durante i mesi invernali. Certamente sarà impossibile un abbinamento del genere durante i mesi estivi in cui saranno da preferirsi vini meno alcolici, magari bianchi, più freschi, agili e meno strutturati. Per quanto invece riguarda l’abbinamento psicologico, questo fa riferimento alla particolare situazione nella quale deve essere servito il vino in correlazione con la sensibilità del sommelier che è deputato alla scelta dello stesso. È chiaro, ad esempio, che esiste una grande differenza tra scegliere un vino per un “addio al celibato” o per una cena di affari. Sarà proprio in queste circostanze che la persona incaricata della scelta del vino dovrà prendere in considerazione non solo l’abbinamento ideale ma modularlo secondo la situazione presentatasi. Ad un astice bollito o al forno, ad esempio, posso senza dubbio abbinare un vino
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bianco secco di media struttura e complessità ma se la situazione è “propizia” (anniversario, cena romantica, ecc.) sono legittimato a tentare di proporre magari un vino bianco più importante, con più anni sulle spalle, come un Riesling Kremstal DAC Reserve od un Franciacorta Millesimato di grande qualità. Detto ciò, proviamo ad applicare concretamente le sintetiche regole dettate sull’abbinamento cibo-vino parlando delle ormai prossime festività natalizie. Quali vini saranno da abbinare ai piatti della cena della Vigilia o del pranzo del giorno di Natale per far bella figura senza incorrere in errori grossolani? Dobbiamo necessariamente spendere delle fortune in vino per creare abbinamenti di successo? Innanzitutto, indichiamo in modo sintetico - ricordando che esistono eccezioni che la sequenza classica di servizio del vino prevede: bollicina Metodo Charmat, Metodo Classico, Bianco secco giovane, Bianco aromatico giovane, Bianco secco maturo, Rosato leggero, Rosato strutturato, Rosso giovane, Rosso di corpo, Spumante dolce, Vino dolce, Vino Passito, Vino Liquoroso. È chiaramente impensabile, in ambito domestico e familiare, proporre tanti vini quante saranno le portate. L’abilità sarà quindi nell’individuare vini che possano combinarsi felicemente con più di una portata rendendo la nostre feste pienamente riuscite almeno dal punto di vista dell’abbinamento cibo-vino. Iniziando dagli antipasti, con il classico antipasto all’italiana (insaccati, prosciutti, coppe, lardo, pancette) l’abbinamento consigliato è con una Bonarda dell’Oltrepò Pavese vivace, con un Lambrusco Reggiano sempre vivace o con un Cerasuolo d’Abruzzo. L’abbinamento dovrà tenere in considerazione la presenza di grasso e la tendenza dolce, la stagionatura e la sapidità del cibo. Bresaola e mortadella sono prodotti totalmente diversi e conseguentemente richiedono vini diversi. Potremmo scegliere anche un vino bianco come un Friulano Friuli Colli Orientali perfetto in abbinamento ad un prosciutto San Daniele. Con i crostacei, ideale è l’abbinamento con una Ribolla Gialla, con un Fiano oppure con uno Spumante metodo classico (Franciacorta, Trento Doc, ecc.). I frutti di mare, caratterizzati già da una percepibile sapidità, richiedono vini più morbidi che provengano da terreni non così minerali per non sommare in bocca troppe sensazioni “saline”. Si potrebbe sicuramente abbinare un Pinot Bianco dell’Alto Adige od una Falanghina del Beneventano. Insalata di mare, insalata russa o con verdure, vanno abbinate a vini freschi e profumati come il Sauvignon del Collio o il Sylvaner dell’Alto Adige. Per il finger food una bollicina è perfetta e può essere individuata in un Prosecco Conegliano Valdobbiadene Superiore, in una Ribolla Gialla spumantizzata con metodo Charmat o anche in un Verdicchio dei Castelli di Jesi Spumante. Per quanto riguarda la pasta, ciò che dovremo prendere in considerazione per
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l’abbinamento è la salsa, il condimento. Stesso dicasi per il riso che però nella versione più complessa, il risotto, è caratterizzato, soprattutto se mantecato a dovere, da una grassezza superiore che va “corretta” scegliendo un vino con un patrimonio acido più spiccato. Per cappelletti o tortellini in brodo consiglio un Trebbiano oppure, seguendo i dettami dell’abbinamento regionale, un Lambrusco. Diversa sarà la questione se i tortellini saranno al ragù. In questo caso un Sangiovese di Romagna sarà il vino ideale da abbinare. Un piatto di linguine al pesto richiede necessariamente un Pigato, gli spaghetti con la bottarga, una Vernaccia di Oristano. Con gli spaghetti alle vongole possiamo abbinare un Sauvignon dell’Alto Adige mentre con un piatto di spaghetti allo scoglio un Vermentino sardo. I tortelli di zucca vanno invece abbinati a vini secchi, profumati, freschi come potrebbe essere un Gewürztraminer dell’Alto Adige, un Sauvignon dei Colli Mantovani o un Moscato di Chambave valdostano. Con un risotto alla pescatora va benissimo un Sauvignon, un Vermentino ligure o sardo oppure una Falanghina dotata di buona alcolicità, profumi e patrimonio acido. Se passiamo ad esaminare i primi di “terra”, la polenta con sugo di maiale si abbina alla perfezione ad un Refosco dal Peduncolo Rosso Friuli Colli Orientali ma anche ad un Teroldego trentino; un piatto di spaghetti alla chitarra con sugo di agnello chiama l’abbinamento con un Montepulciano d’Abruzzo, vino di corpo, di buon tannino e di lunga persistenza. I tagliolini al tartufo vedono nel Barbaresco il loro abbinamento ideale, vino dalla grande complessità ed intensità aromatica e lunga persistenza gusto-olfattiva; i bigoli al ragù d’anatra trovano il loro compagno ideale in un Valpolicella Superiore. Per i secondi piatti a base di pesce, bisogna sempre tenere a mente la delicatezza gustativa della carne di pesci quali il branzino, l’orata, il rombo. Questi ultimi richiedono abbinamenti con vini bianchi eleganti non aromatici, freschi, di buon tenore alcolico che li accompagnino senza sovrastarne profumi e gusto. Andranno benissimo Ribolla Gialla e Tocai friulano (permettetemi di chiamarlo ancora così). In caso di pesci con carni di maggior consistenza, come nel caso di una cernia, dentice o pesce serra, sarà utile abbinare vini di maggior complessità e struttura come un Pinot Bianco od un Verdicchio. Il baccalà alla vicentina potrà essere abbinato con successo ad un Rossese di Dolceacqua, ad un Verdicchio di Matelica o, per gli amanti delle bollicine e soprattutto del piacere di sperimentare, ad un Lessini Durello Metodo Classico. Le zuppe di pesce, vista la loro complessità, richiedono vini di buona persistenza ed alcolicità, che riescano a giocare sapientemente con il piatto equilibrandone
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sapori e profumi. È il caso di un Falerio dei Colli Ascolani, di una Schiava dell’Alto Adige, di un Cerasuolo d’Abruzzo o di un Rosso Conero. Un filetto di pesce persico fritto trova un abbinamento molto interessante in un Riesling Federspiel di Wachau. L’anguilla, che ha carni grasse dal tipico sapore salmastro, si abbina piacevolmente ad un Bardolino, ad un Lagrein Kretzer, ad un Bosco Eliceo Fortana. Tonno e pesce spada possono agevolmente essere abbinati ad un Nero d’Avola che ne interpreti sapientemente le carni. Attenzione poi a tutte le preparazioni di pesce “in carpione”: la presenza dell’aceto richiede un vino molto morbido, poco tannico, rotondo, con nessuna spigolosità. In molti casi, soprattutto quelli nei quali la presenza dell’aceto è particolarmente intensa, è da preferire l’acqua. Parlando poi di secondi di carne, un arrosto di maiale con le prugne si sposa alla perfezione con uno Schioppettino di Prepotto, un brasato al Barolo chiama lo stesso vino, un coniglio alla cacciatora si abbina facilmente ad un Dolcetto di Dogliani. Come non abbinare, poi, un piatto di saltimbocca alla romana ad un Frascati Superiore o ad un Grechetto Rosso, un cappone ripieno al forno ad una Barbera ed un’oca arrosto ad un Cabernet friulano o ad un grande Piedirosso del Beneventano? La carne di agnello vuole, tra gli abbinamenti ideali, quelli con il Montepulciano d’Abruzzo o con un Carignano del Sulcis mentre un pollo arrosto va benissimo con un Chianti Colli Senesi. Con un grande bollito misto saranno perfetti una Barbera od un Ghemme ma abbinare un Barbaresco sarà magnifico. E per finire, i dolci. Dimenticate assolutamente di abbinare, in questo caso, come ho già precisato, vini secchi. Il dolce fa l’occhiolino al vino dolce e l’abbinamento unico, assoluto, imperativo sarà per concordanza. Con un panettone o un pandoro veronese potremo felicemente abbinare un Moscato d’Asti, un Asti Spumante od un Prosecco Superiore Dry. Dipenderà chiaramente dalla quantità di zuccheri e dalla complessità della pasta (presenza di creme, frutta secca, ecc.) che il vino dovrà accompagnare. Per una crostata di ciliegie o amarene ottimo è l’abbinamento con un Aleatico del Lazio o dell’Isola dell’Elba. I cannoli siciliani trovano la loro dimensione naturale nell’abbinamento ad una Malvasia delle Lipari, ad un Moscato di Noto ma anche ad un Moscato di Pantelleria. Gli struffoli napoletani si abbinano felicemente ad un Moscato Passito di Baselice, ad un Fiano Passito o ad un Recioto di Soave.
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La gubana friulana non può che essere accompagnata da un bicchiere di Verduzzo, il torrone sardo di Tonara trova un felice matrimonio se abbinato ad un Greco di Bianco o ad un Passito da uve Nasco. Da ricordare che il cioccolato per la sua persistenza gusto-olfattiva è difficilmente abbinabile ai vini “normali”. Prendendo in considerazione la complessità e la struttura del dolce e la presenza in esso dell’elemento “cioccolato”, ci si rivolgerà, sempre alla ricerca dell’equilibrio gusto-olfattivo, a vini come l’Aleatico Passito, il Recioto della Valpolicella, il Sagrantino di Montefalco Passito ma anche il Porto Ruby o il Marsala rubino e, per finire ai distillati, come il Rhum. Concludo con la speranza che queste mie brevi e sommarie indicazioni possano facilitare il compito di chi si troverà a cimentarsi in abbinamenti mai tentati prima e che, teoricamente, possono essere visti come possibili “trappole” o fonti di problemi e disagio. La cosa più sorprendente e gratificante nell’abbinamento cibo-vino è sperimentare, mettendo alla prova i propri sensi, tentando nuove vie gustative pur tenendo sempre bene a mente che esistono regole da rispettare che, talvolta, è ancor più stimolante superare. È la gioia di assaggiare cibo e vino, di catturarne i profumi e tradurli in vita, di combinarne le anime, con passione e rispetto, equilibrandone morbidezze e durezze, coniugandone dolcezze o asperità, creando legami fra territori, paesi, tradizioni, culture. È questo ciò che ci deve spingere e sostenere sempre, con allegria, curiosità, con occhi sorridenti, in questo mondo fatto di profumi, sensi, colori, sapori. Perciò, rilassatevi e buon abbinamento a tutti!
Roberto Vinci è sommelier professionista e fotografo. Nato a Roma e residente a Praga, nel 2015 ha curato “Dalla vigna al bicchiere”, un corso introduttivo alla degustazione del vino, in 10 lezioni, tenutosi presso l’Istituto Italiano di Cultura di Praga. http://www.robertovinci.viewbook.com
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CURIOSITÀ
Le tradizioni natalizie in Cechia
Festa grande con piatti tipici, scaramanzia e favole
A cura di Marco Ciabatti
Sono molte, a Praga e nel resto del territorio ceco, le usanze che riguardano il periodo natalizio ma è il giorno della vigilia di Natale, il 24 dicembre, quello in cui maggiormente si respira l’atmosfera della tradizione. Malgrado la maggior parte della popolazione ceca si professi laica e le chiese siano ormai poco frequentate, il Natale a Praga e nel resto del Paese è da sempre fortemente legato alla spiritualità ed alla famiglia. Un esempio di questa ricerca della spiritualità si può ritrovare, proprio il giorno 24, nelle principali piazze di tutto il Paese, dove gli abitanti si radunano per cantare insieme le canzoni natalizie e per portare a casa, come da tradizione, la cosiddetta “fiaccola di Betlemme”.
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Un gruppo di scout avrà, infatti, il delicato e importante compito di portare nelle principali chiese ceche una fiammella accesa – che la tradizione vuole provenga proprio da Betlemme – a cui tutti i partecipanti potranno “attingere” liberamente, per accendere una candela custodita all’interno di una lanterna che si saranno appositamente portati da casa. In questo giorno, contrariamente alle norme di sicurezza applicate durante l’anno, è possibile tra l’altro salire sui mezzi pubblici con la lanterna accesa: ciò in modo che ognuno, anche se sprovvisto di automobile, possa avere la possibilità di portarla a casa e accendervi le candele da usare durante la cena assicurando, così, protezione a tutta la famiglia. E proprio la cena natalizia del 24 dicembre è il momento più importante per ogni famiglia ceca. Sono moltissime le tradizioni legate a questa “magica” serata. La cena perfetta dovrebbe seguire talmente tante regole che la maggior parte (specialmente quelle più legate alle antiche superstizioni), con il trascorrere del tempo sono state abbandonate o, addirittura, dimenticate. Tuttavia, vale la pena ricordarle, perché ce ne sono alcune davvero molto curiose. Innanzitutto, nessuna luce dovrebbe essere accesa, in casa, fino all’apparizione in cielo della prima stella. Inoltre, la tavola dovrebbe essere sempre preparata per un numero pari di commensali: i numeri dispari sono infatti considerati portatori di sfortuna e di morte e, in caso gli ospiti siano dispari, si dovrebbe apparecchiare la tavola con un posto in più. Un’altra curiosa tradizione riguarda le zampe del tavolo, che dovrebbero essere legate tra di loro con una corda: usanza, questa, che proteggerebbe la famiglia dai ladri per l’intero anno successivo. Una volta conclusa la cena, tutti si dovrebbero alzare contemporaneamente, in quanto la prima persona a farlo sarebbe, secondo la tradizione, anche la prima a morire nell’anno successivo. A tavola, nessuno degli ospiti dovrebbe sedere con la schiena rivolta contro il muro e nessuno dovrebbe alzarsi prima della fine della cena perché, in tal caso, si porterebbe grande sfortuna a tutta la famiglia; per lo stesso motivo, tutti dovrebbero consumare quello che hanno nel piatto, mangiando fino all’ultimo boccone. La cena deve essere composta di nove portate, che includono alimenti come l’aglio, le lenticchie, il miele e la carpa, un pesce che non manca mai in nessuna tavola natalizia ceca. In ogni cena che si rispetti non deve ovviamente mancare il dolce, e soprattutto i tipici pasticcini natalizi (Vánoční cukroví). Nella tradizione ceca si ritiene che molti alimenti – e non a caso proprio
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quelli che a Natale non dovrebbero mai mancare sulla tavola – possiedano proprietà magiche: l’aglio dona forza e protezione; il miele ha il potere di proteggere dal male; i funghi danno salute e forza; il grano (preventivamente immerso nell’acqua santa) viene tradizionalmente utilizzato per aspergere la casa e impedire così che possa prendere fuoco in futuro; semi di papavero, piselli, grano o orzo vanno dati in pasto alle galline per ottenere più uova durante l’anno successivo; la mela data alle capre, invece, assicurerà che il loro futuro latte sia più dolce. Molteplici poteri sono infine attribuiti al cosiddetto “pane di Natale” (in ceco Vánočka): dandone un pezzo alle mucche durante la vigilia di Natale, ci si assicurerà abbondanza di latte per tutto l’anno successivo; spargerne alcune briciole davanti ad un alveare, assicurerà più miele, mentre gettarne un pezzo nel pozzo garantirà una maggiore qualità dell’acqua. Interessanti anche le usanze relative alle bevande: ad esempio, nessun tipo di alcolico dovrebbe essere servito e consumato per tutta la vigilia di Natale. A fine cena, tutti gli avanzi dovrebbero essere interrati vicino ad alberi da frutto, affinché il futuro raccolto possa essere più abbondante. Inoltre, anche gli animali domestici, se ce ne sono, devono essere generosamente nutriti: nessuno infatti deve soffrire la fame durante la vigilia di Natale. Molte usanze ancestrali legate alla cena natalizia avrebbero anche il potere di predire il futuro: ce ne sono molteplici, di alcune cadute in disuso; altre, invece, resistono alla sfida del tempo, come la tradizione, per le ragazze ancora nubili, di gettare una scarpa alle loro spalle: se la scarpa cade a terra con la punta rivolta verso l’interno della casa, la ragazza è destinata a restare ancora nubile, mentre se la scarpa cade a terra con la punta rivolta verso la porta, la ragazza si sposerà nel nuovo anno. Tuttavia, una vigilia di Natale a Praga e in Cechia non può fare a meno delle favole natalizie – le stesse ormai da generazioni – che ogni anno vengono trasmesse regolarmente in televisione. Tutti i cechi conoscono a memoria e attendono impazienti queste favole che narrano, in genere, storie di principi e principesse costretti a lottare contro personaggi malvagi e che continuano ad affascinare, da sempre, adulti e bambini. La cosa più importante, per i cechi, è guardarle insieme a tutta la famiglia, con la certezza che alla fine il bene trionferà sempre sul male. (versione integrale disponibile sul blog Bighellonando in Cechia)
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Carpa Fritta con Insalata di Patate Considerata il piatto natalizio per antonomasia, la carpa fritta con insalata di patate gode, in Cechia, di una tradizione secolare. La prima ricetta fu pubblicata, nel 1826, ad opera di Magdalena Dobromila Rettigová. Ingredienti per 4 persone Per la carpa 4 porzioni di carpa di 150 g fior di farina 2 uova 2 cucchiai di latte pane grattugiato grasso da friggere 1 limone sale Per l’insalata 1 kg di patate da insalata (tipo A) 4 carote 250 grammi di coste di sedano 4 uova 200 g di piselli surgelati 200 g di prosciutto cotto intero 150 g di cetrioli sottaceto 150–200 g maionese aceto, sale e pepe Preparazione Cuocere le patate nella buccia per 15–20 minuti, a seconda della grandezza. Sbucciarle e farle raffreddare, poi tagliarle a cubetti di circa 1 cm. Cuocere le carote ed il sedano mondati, nell’acqua salata, per 10–15 minuti. Le verdure dovranno essere morbide ma non troppo cotte. Estrarle dall’acqua, lasciarle raffreddare e tagliarle a pezzetti. Far bollire le uova per 10 minuti. Una volta rassodate, sbucciarle e tagliarle a cubetti. Far bollire i piselli per 10 minuti, scolare e far sgocciolare. Tagliare a cubetti anche il prosciutto cotto ed i cetrioli. In una ciotola, mescolare attentamente tutti gli ingredienti tagliati. Aggiungere lentamente la maionese, un po’ di aceto, sale e pepe. Salare le porzioni della carpa; passarle nella farina, nelle uova frullate con latte e sale e, per finire, nel pane grattugiato. Friggere nel grasso su tutti i lati, finché non saranno completamente dorate. Prima di servire, guarnire con degli spicchi di limone e una porzione di insalata. 60
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LIFESTYLE
A passeggio tra i mercatini di Natale Il modo migliore per assaporare la magia praghese
Se il freddo non vi spaventa, una delle esperienze più belle da vivere a Praga è quella dei suoi magnifici mercatini natalizi. Considerati da molti come i più belli del mondo (a rafforzare questa opinione, anche un sondaggio della testata americana USA Today), i mercatini rimangono aperti per tutto il mese di dicembre, regalando a praghesi e milioni di turisti l’atmosfera unica di questa città magica, da assaporare passeggiando tra le bancarelle e nutrendo spirito e corpo con canti natalizi, cibo caldo e vino.
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Alcune delizie tradizionali vengono preparate direttamente sul posto, davanti agli sguardi curiosi dei visitatori. I mercatini di Natale, detti “Vánoční”, sono composti da capanne di legno dai colori vivaci, nei quali vengono venduti prodotti dell’artigianato tipico ceco, cibo (pannocchie di granturco, salsicce e specialità locali), birre ceche e bevande calde, tra le quali i tipici “svařené víno” e “svařák. Le loro luci illuminano Piazza della Città Vecchia e Piazza Venceslao, mentre altre bancarelle si posso trovare anche nelle aree di Havelské Trziste e Namesti Republiky. Nella Piazza della Città Vecchia, tra i palazzi gotici, rinascimentali e barocchi, in un’atmosfera intima e fiabesca, le 150 casette di legno dei mercanti vengono disposte a forma di stella intorno alla statua di Jan Hus, mentre nella piazza San Venceslao, chiamata “piccola Champs-élysées” per la sua somiglianza con la famosa strada parigina, le casette sono a ridosso dell’edificio neorinascimentale del Museo Nazionale. Tra i prodotti artigianali tipici si possono trovare cristalli di Boemia, giocattoli di legno, marionette tradizionali ceche, candele profumate, tazze di ceramica, gioielli fatti a mano, nonché cappelli, sciarpe e tantissime decorazioni per l’albero di Natale. I più piccoli possono ammirare animali da fattoria come pecore e capre, e persino dei lama. Tra gli spettacoli offerti, anche l’esibizione in costume dei bambini locali in balli e canti tradizionali praghesi. Il presepe è realizzato con personaggi di grandi dimensioni, mentre un enorme albero di Natale la fa da padrone in Piazza della Città Vecchia: da non perdere l’accensione delle luci, che avviene tutti i giorni alle 17. Accanto alla stalla di Betlemme, in uno stand di legno, i bambini possono intrattenersi con laboratori a loro dedicati. Oltre alla realizzazione di decorazioni natalizie, sono previsti intrattenimenti e spettacoli di burattini. In Piazza della Città Vecchia, durante i mercatini, gruppi canori si esibiscono in canti natalizi tradizionali e internazionali. Nei giorni antecedenti la Vigilia di Natale, nelle vie della città, si possono inoltre vedere delle grandi vasche di plastica provenienti dagli allevamenti situati nei pressi dei laghi boemi. Le vasche contengono carpe vive, che verranno utilizzate per preparare il piatto forte del pranzo natalizio.
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SHOPPING
Bohemia Paper
Eleganza e tradizione nella produzione artigianale della carta
A cura di Stefania Del Monte
In un’epoca fortemente dinamica, in cui si assiste sempre più all’abbandono di arti e mestieri tradizionali, trovare un luogo dove operosità e creatività la fanno da padroni è davvero raro. Le tecniche e i processi lavorativi delle antiche botteghe artigiane sono monumenti da restaurare e preservare e chiunque decida di farlo va considerato un eroe. Se poi a farlo è un artista del calibro di Jan Petr Obr, maestro stampatore che, nel 1991, decise di rilanciare una delle tradizioni più affascinanti della Repubblica Ceca – quella della produzione artigianale della carta – il risultato è un vero e proprio tempio dedicato a quest’arte, situato nel cuore della vecchia Praga: il Bohemia Paper.
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Nascosto in un angolo del Palazzo Kinsky, sul lato est di Piazza della Città Vecchia, questo delizioso negozietto gode di uno straordinario successo. Ad esempio, qui l’ex presidente ceco Václav Klaus ordinava tutta la sua cancelleria personale, inclusi gli inviti ed i biglietti di auguri e, quando si entra, se ne comprende immediatamente il motivo: Bohemia Paper incarna, infatti, la lunga storia ceca di fabbricazione della carta, incisione e legatoria. Per secoli la Cechia è stata sede di una fiorente comunità di produttori di carta di talento, rilegatori e incisori. Ispirato da questa tradizione straordinaria, Obr ha stabilito il suo mulino e laboratorio di stampa alle porte di Praga, in un edificio padronale del 1600, progettato e realizzato secondo la tradizione classica europea e con processi risalenti al XVI secolo. Produrre artigianalmente la carta è tutt’altro che obsoleto: innesca processi cognitivi che offrono occasioni eccezionali di relazione con la storia e il quanto mai attuale problema etico del riciclo dei materiali. In questo laboratorio il tempo assume la forma di qualità e la qualità di gratificazione: carte perfette, filigranate, di luce e spera unica per grafia, acquerello, stampa originale e che superano il tempo come nessuna carta industriale potrebbe mai fare. Basandosi su una vasta collezione di incisioni storiche, mappe antiche, disegni botanici e art nouveau, Obr ha realizzato una bellissima linea di cancelleria, biglietti di auguri e altri prodotti di carta specializzati. Molte delle carte sono colorate a mano, e le tecniche di stampa di incisione, goffratura e tipografica sono davvero squisite. Il risultato, è una straordinaria collezione di prodotti disponibili presso la graziosa bottega di Piazza della Città Vecchia: un luogo imperdibile, soprattutto in questo periodo dell’anno, per chiunque desideri acquistare dei biglietti d’auguri natalizi che siano delle vere e proprie opere d’arte!
Per maggiori informazioni, visitare il sito: http://bohemiapaper.cz
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FOTOGRAFIA
Il Maestro della Luce
Le fotografie di Vittorio Storaro in mostra al Clam-Gallas Palace di Praga
A cura di Stefania Del Monte
Il 25 ottobre è stata inaugurata presso il Clam-Gallas Palace di Via Husova 20, a Praga 1, una mostra fotografica dal titolo “Il Maestro della Luce”, interamente dedicata alle opere di Vittorio Storaro, che si protrarrà fino al 2 dicembre. Tre volte vincitore del Premio Oscar per i film Apocalypse Now, Reds e L’ultimo Imperatore, una nomination all’Oscar per il film Dick Tracy, un Premio BAFTA ed un Gran Prix Tecnico alla fotografia al Festival di Cannes, Storaro è una delle figure più prestigiose del cinema contemporaneo.
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Autore della fotografia, nato a Roma il 24 giugno 1940, è il maggior rappresentante di una scuola di pensiero che reclama dignità autoriale per il direttore della fotografia. Una definizione che egli considera inadatta a descrivere il proprio ruolo artistico e che ha, quindi, sostituito dapprima con quella di ‘autore della fotografia’ e successivamente con quella di ‘cinematografo’ (in opposizione semantica a ‘fotografo’). Avvezzo a impostare il suo lavoro sulla base di dicotomie ‘filosofiche’ quali luce-ombra, giorno-notte, maschile-femminile, ha saputo esportare nel mondo il suo modello fotografico, ottenendo un grande successo grazie all’uso drammatico della luce. La mostra praghese, organizzata dalla Fondazione Eleutheria con il patrocinio dell’Ambasciata e dell’Istituto Italiano di Cultura a Praga, è una “prima assoluta” mondiale e sarà la prima tappa di un lungo tour, che porterà le opere dell’artista in giro per tutto il mondo. L’esibizione è costituita da 30 fotografie formato 80×120 centimetri, disposte su cavalletti in alluminio dotati di un proprio sistema di illuminazione direzionale. Le strutture, progettate dallo stesso Storaro, sono state realizzate dalla prestigiosa azienda FontanaArte, vincitrice nel 1998 del più importante premio di design italiano: il Compasso d’Oro. Completano l’allestimento una serie di gigantografie stampate su Forex, un materiale plastico espanso. Tutte le didascalie sono, inoltre, in doppia lingua, ceco e inglese. “La fotografia, per me, significa ‘scrivere con la luce’ – affermava Storaro in un documentario del 1992, a lui dedicato – nel senso che cerco di esprimere qualcosa che è dentro di me. Con la mia sensibilità, la mia struttura, il mio background culturale, cerco di esprimere ciò che sono veramente. Cerco di descrivere la storia del film attraverso la luce. Cerco di realizzare una storia parallela alla storia stessa, in modo che attraverso la luce e il colore si possa sentire e capire, consciamente e inconsciamente, molto più chiaramente ciò di cui la storia parla”. E, per il maestro della luce, questo è l’elemento fondamentale: “Per diversi anni ho pensato che la luce, e solo la luce, fosse la cosa principale. Ero davvero preoccupato per il fatto di usare elementi che si ponessero tra me, il mio uso della luce, ed il pubblico. Sto parlando di lenti, macchine fotografiche, pellicole, materiale di sviluppo, stampa e proiezione. Queste cose erano una sorta di ostacolo, che non mi permetteva di esprimere veramente me stesso ed interferivano nel modo in cui cercavo di raccontare una storia al pubblico”.
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Per Storaro, il momento più memorabile della sua carriera rimane il suo primo film: “La mia prima fotografia, nel 1968, è stata un momento incredibile della mia vita. È stato come il mio primo amore. Era la prima volta che avevo la possibilità di esprimere la mia ‘opera’ in modo completo. Avevo già realizzato alcuni cortometraggi, ma un film ti permette di essere più solido. Cercavo di essere presente in ogni singolo momento di ogni singolo giorno. Mi dissi, ‘Vittorio, attenzione, perché questo momento non potrà mai ritornare. Farai un sacco di fotografie che saranno più grandi, più piccole, meglio o peggio, ma questo particolare momento nella tua vita non ritornerà mai più’. Dopo il primo film, è possibile aggiungere e sviluppare alcune cose, ma non sarà mai più come la prima volta. Ricordo che, due giorni prima della fine del film, piangevo come un bambino. Un mio amico non capiva e voleva sapere cosa stava succedendo. Gli dissi quello che pensavo: ‘Questo è stato un bel momento della mia vita’. Stavo per perdere qualcosa di molto, molto importante; cioè, l’innocenza di fare qualcosa per la prima volta. Tutto ciò che ho fatto da allora, come La Strategia del Ragno, Il Conformista, Ultimo Tango a Parigi, 1900, Apocalypse Now, è una sorta di ramo di idee che sono nate durante il mio primo film. In seguito, ho semplicemente continuato a svilupparle”. Venerdì 2 dicembre, il maestro presenzierà personalmente la chiusura ufficiale della rassegna, spiegando i motivi che lo hanno portato a dar vita a questo ambizioso progetto. In seguito, presso la sala cinematografica della Biblioteca della Città di Praga, Storaro terrà una “lectio magistralis” sulla cinematografia digitale, in cui illustrerà il nuovo sistema di acquisizione delle immagini in movimento come flusso di dati digitali, che ha rivoluzionato l’intero mondo della produzione cinematografica. In particolare saranno numerosi i riferimenti all’ultimo film girato insieme a Woody Allen – Cafè Society – realizzato proprio grazie a questa nuova tecnologia. Alla fine dell’incontro verrà proiettata la pellicola, che è il primo film di Woody Allen girato in digitale e che ha riscosso un grosso consenso da parte della critica internazionale. Per informazioni: www.eleutheria.cz
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CINEMA
Emanuele Ruggiero
Il 9 novembre approda a Praga il suo documentario CZizincII
Emanuele Ruggiero è regista freelance, produttore, direttore della fotografia e giornalista, dal 2001. Ha lavorato per oltre 25 anni nel mondo dello spettacolo, inclusi dieci anni come assistente di regia al Piccolo Teatro di Milano (con Strehler, Ronconi, Puggelli, Battistoni) e in film e produzioni cinematografiche (con Albanese e Soldini, per citarne alcuni). Come documentarista, ha lavorato per due anni per la “Shoah Visual History Foundation” di Steven Spielberg, che si è occupata di intervistare i sopravvissuti dell’Olocausto. Dal 2000 al 2012 ha fatto parte del gruppo di regia della soap opera italiana 100Vetrine, conclusasi nel 2014. Residente a Brno da tre anni, ha fondato e dirige la società di produzione Kinovision. Nel 2015 ha realizzato, in collaborazione con Antònio Pedro Nobre, il documentario “Czizincii”, che Il 9 novembre verrà proiettato presso Kino 35, a Praga.
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<<Nel 2010 ho girato il mio primo cortometraggio, “Mai cosi vicini”, una commedia grottesca che ha partecipato a più di un centinaio di Festival cinematografici, in Italia e nel mondo, vincendone un quarto. Ho messo piede per la prima volta a Brno nel 1996. Conobbi la mia futura moglie a Milano quell’estate, studiava italiano, e da quel dì non ci siamo più lasciati. Ricordo come fosse ora la prima volta: scesi dal treno, Hlavní Nádraží, uscii dalla stazione e vidi un mondo a me totalmente sconosciuto, esotico. Fu un’emozione enorme. Per i successivi 17 anni ho frequentato la Repubblica Ceca, venendo almeno tre volte all’anno. Poi 100Vetrine ha chiuso i battenti e, approfittando di quell’occasione, ho deciso di trasferirmi a Brno con mia moglie e mio figlio (oggi quasi tredicenne) per cambiare totalmente vita, oltre che per motivi finanziari, culturali, personali. Vivo qui da agosto 2013. Come dicevo, mi sono trasferito per varie ragioni. La prima è semplice: L’Italia oggi è un Paese in decadenza e non ci sono opportunità, non c’è lavoro. È un luogo dove la crisi si è sentita e si sente ancora moltissimo, e dove la gente ha perso ogni speranza. Finito con la soap, mi son ritrovato per strada, senza alcun sostegno, né paracadute economico. E quando lavoravo, nessuno pagava. Non viene mai valorizzata la meritocrazia, le risorse umane, dove si tende sempre a schiacciare il prossimo, ad annullare le persone, per mantenere un certo status quo, dove vanno avanti i figli di qualcuno, per conoscenza, dove il “terrorismo” e la paura dei lavoratori, nelle grandi aziende, la fanno da padrone. E non è che qualcosa cambi nel campo dello spettacolo; anche 100Vetrine ha generato (e crea ancora oggi, con altre produzioni) dei mostri. La Repubblica Ceca, invece, è il posto (quasi) ideale per ripartire da zero. L’aspetto che più mi ha colpito è il livello di educazione civica ed il rispetto per le regole. Regole, appunto, che vengono e vanno rispettate, altrimenti il rischio è di perdere tutto, inclusa la propria libertà individuale, in tempi brevissimi. La Repubblica Ceca è una nazione di giovani, la crescita del Pil è al 4%, così come la percentuale di disoccupazione; c‘è maggiore spazio per i bambini, il trasporto pubblico è fenomenale, la sanità è per certi versi gratuita, gli studi sono gratuiti (Università compresa), con un buon livello di istruzione e moltissime possibilità, non solo di lavoro ma anche di un futuro migliore, cosa che credo gli italiani abbiano perduto. Se in Italia ci fosse tutto questo, avremmo risolto la maggior parte dei nostri problemi. In Repubblica Ceca c’è più libertà nell’essere, nel mostrarsi per quello che si è, senza condizionamenti esterni. È Un Paese in cui si vive più tranquilli. In particolare Brno, poi, è una città multiculturale, a misura d’uomo, che con i suoi 420.000
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abitanti (ed un quarto di studenti) ha fatto progressi inimmaginabili. La cosiddetta “Silicon Valley d’Europa” ha fatto arrivare qui moltissimi stranieri: credo che, in percentuale, ci siano più stranieri a Brno che a Praga (tolti i turisti); ovunque cammini l’inglese è la seconda lingua più sentita (30%). Le società informatiche continuano ad assumere personale. A Brno arrivano almeno 2 italiani alla settimana, figurarsi altri stranieri. Ma la vita qui prosegue nei bar, nei moltissimi caffè, con diversi eventi al giorno, oppure con lo sport al parco, dove puoi trovare di tutto: acrobati sul filo, esercizi di cappa e spada (vere), yoga, thai ci chuan, giocatori di bocce, frisbee, tiro con l’arco, o famiglie intente a consumare il picnic, tra giovani che fumano erba e studenti che studiano alacremente, mentre i bimbi giocano. Il tutto nel rispetto del prossimo, senza disturbare. Una città in cui si pratica parecchio sport e si ama la natura. Al mio arrivo non ho incontrato, sinceramente, alcuna difficoltà. Fortunatamente ho da vent’anni una serie di amici (spesso coppie miste, stranieri e cechi); conosco la lingua e, da italiano, trovo molta facilità nel conoscere gente nuova. Dopo tre anni conosco veramente tante persone: Brno è un grande paesone; ogni giorno, incontri più volte qualche amico per strada. La mia più grande soddisfazione, invece, riguarda il mio lavoro. Oltre ad essere un regista di fiction, infatti, sono anche documentarista e quest’anno, alla fine di giugno, ho presentato al cinema “CZizincII”, un documentario che racconta gli stranieri nella Repubblica Ceca, realizzato in collaborazione con Antònio Pedro Nobre, co-regista portoghese. Il film è stato finanziato, oltre che dalla mia casa di produzione, anche con il supporto economico del sindaco di Brno Petr Vokřál (che ha contribuito in prima persona) e del Brno Expat Center, oltre che di altri sponsor. Abbiamo, infine, avuto il Patrocinio della Ambasciata d’Italia a Praga, degli Istituti di Cultura Italiano e Portoghese a Praga e di Alliance Française. Con CZizincII (parola ispirata al ceco “Cizinci”, che vuol dire “stranieri”) abbiamo cercato di dare ai cechi una visione diversa del loro Paese e della società attraverso gli occhi degli stranieri che vivono qui, offrendo un ritratto cinematografico dell’immigrazione nella Repubblica Ceca, dai primi giorni dopo l’invasione sovietica fino alla recente crisi migratoria. Il film è in sei lingue – ceco, inglese, francese, spagnolo, slovacco ed italiano – e dura 90 minuti. Tutti i protagonisti sono persone reali, provenienti da molte nazioni, gruppi etnici, professioni e ambienti sociali di tutti i continenti. Il nostro obiettivo è quello di promuovere il multiculturalismo in Repubblica Ceca, un Paese che ha secoli di condivisione di esperienze, tradizioni e culture. Il promo del film è stato virale: abbiamo, infatti, superato le 100mila visualizzazioni su Facebook.
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La première al cinema è stata straordinaria: registrato il tutto esaurito per due sere; eventi in cui i cechi, in primis, sono rimasti emozionati ed entusiasti per quello che si racconta. Molti ci hanno chiesto di portarlo nelle scuole, cosa che stiamo cercando di fare, e diverse aziende lo propongono come evento culturale per i loro dipendenti. Il film è in concorso presso diversi Festival e, allo stesso tempo, stiamo organizzando le prime visioni presso le maggiori sale cinematografiche del Paese. Il 9 novembre approderemo, infatti, anche a Praga, con la collaborazione di tre diversi Istituti di cultura: quello italiano, quello portoghese e quello francese, oltre che con l’Ambasciata d’Italia. Aggiungo che il Jihomoravský kraj (la Moravia meridionale) sta organizzando delle proiezioni a Bruxelles destinate ai lavoratori cechi presso l’Unione Europea e agli studenti universitari. Ad un certo punto della produzione, il documentario ha preso da solo una svolta diversa, concentrandosi sulla questione dell’immigrazione. In esso abbiamo dei protagonisti stranieri oltre che cechi che sono stati migranti, sia in passato che oggi, ed il focus si è spostato su questo argomento. Dal film (e non solo) ne esce un approccio dei cechi nei confronti degli stranieri bivalente. Da una parte quelli che si aprono al mondo, interessati ed entusiasti; dall’altra quelli che fanno muro indiscriminatamente, e qui l’età non conta. Generalmente i cechi non sono razzisti. Però è vero che certi atteggiamenti stanno cambiando in negativo. Recentemente abbiamo anche assistito a manifestazioni anti-islam e anti migranti ma i numeri mi sembrano insignificanti. Ne risente anche un certo tipo di approccio con le persone. Spesso e volentieri i cechi hanno un atteggiamento burbero e scontroso, che con gli stranieri si evidenzia. Sono sicuramente freddi di natura ma questo è dovuto al fatto di essere stati assoggettati, per quasi mezzo secolo, al regime comunista, che ha quasi azzerato i rapporti interpersonali sotto un velo di paura. Ci sono barriere che non riescono ancora ad essere infrante. Ogni paese ha metodi e tradizioni diverse. Bisogna saperli comprendere e imparare a riconoscere, col tempo, certi atteggiamenti e modi di fare: nelle istituzioni, nel sociale, nella vita comune, che i cechi si portano dietro e che spesso non sono molto comprensibili (il retaggio austroungarico è forte). Certo, manca l‘affezione tipicamente mediterranea nei rapporti umani che hanno gli italiani ma è vero che i cechi, anche se più freddi, col tempo si scaldano. Per un italiano che arriva qui con l’idea di vivere similmente al proprio contesto sociale passato, cose come la mancanza di uno stile definito nel vestire, o le differenze gastronomiche, possono pesare parecchio; per cui umiltà, ma anche decisione, creatività, italianità, questi sono gli aspetti che i cechi adorano di noi. Non ho nostalgia dell’Italia. Certo, mi mancano un po’ gli affetti familiari, ma per
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il resto ho qui tanti amici. E soprattutto, è importante il posto in cui vivi e ti senti bene, a tuo agio, felice: quello è esattamente il posto dove vivere. Ed oggi è qui. Domani vedremo. Le cose che mi mancano di più sono: il mare, il caldo, il cibo mediterraneo, il pesce fresco. E soprattutto il profumo ed i colori dei mercati rionali, che qui non esistono. Al momento sto sviluppando diversi progetti, sempre con il sostegno di sponsor privati, della città di Brno e della Moravia. Il primo è un nuovo documentario in produzione, “Nome in codice, Ballerina”, che tratta la storia di Ivanka Lefeuvre, una signora oggi sessantasettenne che vive in Francia. Ho incontrato Ivanka durante la presentazione del suo libro, Migrace ‘82. Nel 1971 Ivanka, studente del quinto anno di psicologia, trascorre sei mesi di carcere per la distribuzione di volantini. Per guadagnarsi da vivere diventa ballerina in un cabaret. Il 28 dicembre 1976 firma la Charta 77 con il drammaturgo Vaclav Havel. Alla fine del 1981 viene “cortesemente” espulsa e non ha altra scelta che l’esilio in Francia. Il suo documento di viaggio è segnato come “nazionalità non dimostrata.” Nel 2004 Ivanka scopre di essere stata seguita dalla polizia segreta per molti anni e riesce ad ottenere il “suo” dossier, redatto dalla polizia segreta: 400 pagine in cui si descrive, nei dettagli, la sua vita giornaliera, spiata ogni giorno da 12 persone (auto, appartamento, a piedi). Da queste pagine partiamo con un documentario stile “La vita degli altri”, Film che ha vinto l’Oscar, ma che in questo caso è storia vera. Il secondo progetto, non meno importante, è la nascita di una Film Commission in città, vale a dire un ufficio indipendente, predisposto all’attrazione di produzioni cinematografiche in un determinato territorio da parte di enti locali territoriali (regioni, province, comuni), offrendo alle produzioni una serie di incentivi circa la lavorazione sul luogo prestabilito, che volgono al risparmio sul bilancio di produzione del film. In Rep. ceca esiste solo la Czech Film Commission di Praga. Antonio ed io, insieme ad altri amici registi, autorità ed enti vari, facciamo parte del gruppo di lavoro che sta progettando la Brno/Sud-Moravia Film Commission, che dovrebbe iniziare ad operare all’inizio del 2017: di ciò vado, ovviamente, fiero ma sono anche consapevole sia delle nuove possibilità economiche che questo progetto porterà alla città, sia delle opportunità di espansione che creerà nei confronti del mercato cinematografico in Moravia. A tale scopo sto anche per aprire un service cinetelevisivo ed una società di casting, che consentano alle produzioni di avere tutto il necessario per organizzare il loro lavoro. Infine, mi sto occupando della distribuzione di CZizincII sui canali tv e VoD e sto finendo di scrivere il mio primo lungometraggio di genere fiction, ovviamente da girare qui in Moravia!>>.
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CINEMA
Victor Sodano Il maestro di make-up ed effetti speciali apre uno studio a Praga
A cura di Stefania Del Monte
Victor Sodano è Make-up and Special Effects Designer in campo cinematografico, nonché titolare della Victor Sodano Studios Academy e docente presso diverse Accademie di Belle Arti. Inizia la sua attività di truccatore a Londra, all’età di 16 anni, come scultore e protesista in un laboratorio di effetti speciali cinematografici. Nel 1996 debutta nel Cinema con il film Prima del tramonto di Stefano Incerti, per il quale ottiene un riconoscimento per il Trucco e gli Effetti speciali al Festival di Locarno. Si afferma successivamente nel cinema italiano ed europeo, divenendo truccatore personale di Margherita Buy, Laura Morante, Mariangela Melato e Valeria Golino. Nel 2007 ottiene la sua prima nomination all’Oscar per Apocalypto, di Mel Gibson, e nel 2010 una per Il Divo, di Paolo Sorrentino.
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<<La scelta di questa professione è avvenuta in maniera molto naturale ed è stata dettata dall’amore che, fin da quando ero bambino, nutro nei confronti degli effetti speciali. Devo dire che, per fortuna, non ho dovuto affrontare molte difficoltà e, fin dall’inizio, la mia strada è stata lastricata di successi: a 32 anni ho ottenuto la mia prima nomination agli Oscar con il film Apocalypto e tre anni dopo la seconda, con il film Il Divo. Inoltre, ho vinto due David di Donatello, tre Chiome di Berenice ed un Italian Movie Award. La mia più grande soddisfazione è stata, indubbiamente, la prima nomination all’Oscar, per Apocalypto. Ho amato tantissimo lavorare con Mel Gibson, ma a dire la verità mi sono trovato bene un po’ con tutti i registi con cui ho collaborato. Entro fine anno inaugurerò il mio nuovo studio a Praga. Il motivo per cui ho scelto questa città è perché, a mio avviso, si tratta di un luogo magico, oltre che del nuovo orizzonte di Hollywood in Europa. La sede della mia agenzia è in Galles ma, in realtà, opero laddove la mia opera è richiesta: sono un jolly! Progetti ed aspirazioni? Mi auguro di avere un futuro roseo e pieno di soddisfazioni, continuando a lavorare nel mondo del cinema e insegnando ai più giovani il mio sapere, in modo onesto e con la grande passione che da sempre mi contraddistingue>>. http://victorvittoriosodano.jimdo.com
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Riconoscimenti ricevuti 2007 - nomination Oscar al miglior trucco per Apocalypto di Mel Gibson 2007 - Premio Cinearti La chioma di Berenice per Apocalypto di Mel Gibson 2008 - Premio Cinearti La chioma di Berenice per Il divo di Paolo Sorrentino 2009 - David di Donatello per Il divo di Paolo Sorrentino 2011 - David di Donatello per Noi credevamo di Mario Martone 2010 - nomination Oscar al miglior trucco per Il Divo di Paolo Sorrentino 2012 - Premio Cinearti La chioma di Berenice per Walter Chiari - Fino all’ultima risata di Enzo Monteleone Filmografia 1996 - Il fratello minore di Stefano Gigli 1999 - Prima del tramonto di Stefano Incerti 1999 - Le madri di Angelo Longoni (TV) 2000 - Controvento di Peter del Monte 2001 - Tre mogli di Marco Risi 2001 - Le fate ignoranti di Ferzan Özpetek. 2002 - Incompreso di Enrico Oldoini (TV) 2002 - Il più bel giorno della mia vita di Cristina Comencini 2003 - Ma che colpa abbiamo noi di Carlo Verdone 2003 - Il papa buono - Giovanni XXIII di Ricky Tognazzi (TV) 2003 - Ricordati di me di Gabriele Muccino 2004 - Part time di Angelo Longoni 2004 - L’amore ritorna di Sergio Rubini 2004 - Il siero della vanità di Alex Infascelli 2004 - Nerone di Paul Marcus (TV) 2005 - L’Impero dei lupi di Chris Nahon 2005 - Casanova di Lasse Hallstrom 2006 - Fade to Black di Oliver Parker 2006 - Liscio di Claudio Antonini 2006 - Tre donne morali di Marcello Garofalo 2006 - Apocalypto di Mel Gibson 2006 - The Black Dahlia di Brian de Palma 2007 - Il capo dei capi di Alexis Cahill ed Enzo Monteleone (TV) 2007 - Il nascondiglio di Pupi Avati 2008 - Il divo di Paolo Sorrentino 2008 - La polvere del tempo (Trilogia II: I skoni tou hronou) di Theodoros Angelopoulos 2009 - Io, Don Giovanni di Carlos Saura 2010 - Noi credevamo di Mario Martone
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ITALIANI NEL MONDO
Paola Caronni
Una stella d’Italia a Hong Kong
A cura di Stefania Del Monte
Paola Caronni è un portento italiano a 360 gradi: insegnante, interprete, traduttrice, poetessa e scrittrice ma, soprattutto, preziosa ambasciatrice della solidarietà italiana nel mondo. Originaria di Milano, si è trasferita a Hong Kong nel 1995. Nella capitale asiatica, si è distinta per l’intensa attività filantropica svolta nell’ambito dell’Associazione Donne Italiane, di cui è stata Presidente dal 2008 al 2011: ruolo per il quale le è stata anche conferita, il 16 gennaio 2013, l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia. I suoi lavori sono apparsi su Cha, una rivista letteraria asiatica, e su diverse antologie.
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Da quanti anni vive a Hong Kong? Sono in Asia dal 1995. Ho vissuto prima due anni e mezzo a Hong Kong, poi circa sette a Singapore e ora sono di nuovo a Hong Kong dal 2005. Che cosa l’ha spinta a trasferirsi? Il motivo primario del mio primo passaggio a Hong Kong è stato la mia tesi universitaria, che trattava di Hong Kong come ultimo avamposto britannico (non c’era ancora stato il passaggio di Hong Kong alla Cina) e la sua immagine nella letteratura inglese. Sono quindi approdata a Hong Kong per tre mesi, per ricerche concernenti la tesi. In quel periodo ho anche lavorato a tempo pieno e la città mi ha subito conquistata per il suo dinamismo. Dopo la laurea ho trascorso quattro anni in Italia e poi sono stata presa dalla nostalgia, quindi sono tornata. A Hong Kong ho anche conosciuto mio marito, ma questa è un’altra storia. Quali sono le maggiori differenze culturali che ha potuto riscontrare, tra l’Italia ed Hong Kong? Le maggiori differenze riguardano l’estremo senso del dovere della popolazione di Hong Kong, derivante dall’etica confuciana, il loro pragmatismo, e la loro riservatezza, che a volte è un ostacolo per noi italiani abituati a conversare con tutti senza problemi. Ma ci sono anche molte somiglianze con la cultura italiana: i cinesi hanno uno spiccato senso della famiglia, grande rispetto per gli anziani e una incredibile passione per il cibo. Oltre ad esercitare attivamente la sua professione di interprete e traduttrice si dedica, con successo, a scrivere poesie e novelle: com’è nata questa passione? Ho sempre amato scrivere ma questa passione è stata messa da parte per molto tempo. Con il mio lavoro freelance di traduttrice, interprete e tutor di italiano, intrapreso ormai sedici anni fa, ho scoperto di avere più tempo per coltivare la scrittura. Qui a Hong Kong, nel 2014, ho approcciato un amico, Ciriaco Offeddu, fondatore di un blog culturale che vuole essere un ponte tra l’oriente e l’occidente, e gli ho sottoposto alcuni miei scritti. Così, da allora è iniziata la collaborazione con la piattaforma www.beyondthirtynine.com, dove pubblico articoli di varia natura ma sempre legati a temi culturali. Per affinare l’arte dello scrivere mi sono iscritta poi, nel settembre 2015, a un ‘Master of Fine Arts in Creative Writing’ presso l’Università di Hong Kong. Ho imparato e sto imparando moltissime cose, soprattutto tecniche. È una sfida costante, scrivere in una lingua che non è la propria, ma l’ho accettata da sempre molto volentieri. Alcune mie poesie sono state pubblicate e ora sto lavorando a un romanzo.
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A Hong Kong si è saputa costruire un’ottima reputazione grazie, soprattutto, al suo volontariato nell’ambito dell’Associazione Donne Italiane. Di cosa si occupa, esattamente, l’ADI? L’ADI è stata per me, come per molte, un punto di riferimento importantissimo quando sono rientrata a Hong Kong dopo la mia permanenza a Singapore. È tramite l’ADI che si sono forgiate le mie amicizie più importanti ed è l’ADI che mi ha fatto apprezzare il lavoro di volontariato, teso a migliorare la vita di chi è meno fortunato di noi. L’ADI è un’associazione non-profit, che si occupa di raccogliere fondi per vari progetti di vitale importanza per le NGO più bisognose di Hong Kong. Negli ultimi anni, l’ADI ha anche sostenuto progetti a Macao, in Cina e in Cambogia. Allo stesso tempo, l’associazione organizza eventi culturali, conviviali, ed è di grande supporto alle nuove arrivate. Famosissimo è l‘Italian Day at Sandy Bay, un mercatino tutto italiano dove trovare cibi e fantastici prodotti di vario tipo. Il mercatino, attivo da più di trent’anni il primo sabato di dicembre, ha sostenuto tantissimi progetti legati all’Ospedale Pediatrico ‘Duchess of Kent’, nei cui giardini si tiene la manifestazione, e ad altre associazioni. Quest’anno si terrà sabato 3 dicembre e i preparativi sono già in corso. Considero l’ADI come l’orgoglio delle donne italiane di Hong Kong. Proprio recentemente abbiamo festeggiato il ventesimo compleanno dell’Associazione con una serata di gala che ha avuto grande successo, e durante la quale abbiamo raccolto altri preziosi fondi da devolvere in beneficenza. Qual è stato, in questi anni, il suo ruolo all’interno dell’associazione? Sin dal mio rientro da Singapore mi sono proposta per avere un ruolo attivo, reduce dal mio impegno preso anche con l’IWG (Italian Women’s Group) di Singapore. Ho quindi ricoperto il ruolo di Vice-Presidente per diversi anni, sia prima che dopo la mia Presidenza durata tre anni, dal 2008 al 2011. Da quest’anno, per impegni di studio, sono uscita dal Comitato Esecutivo ma continuo a offrire il mio contributo per l’organizzazione di eventi o incontri culturali. A quale progetto sta lavorando, ora? Al mio progetto più impegnativo al momento, ovvero la mia tesi del Master, che dovrò consegnare entro aprile 2017. Sogni nel cassetto? Riuscire a completare il mio romanzo in tempi non troppo lontani, innanzitutto, e poi possibilmente vederne la pubblicazione. https://paolacaronni.wordpress.com
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IL BEL PAESE
Torino: La città magica Alchimie e leggende del capoluogo piemontese
A cura di Maria Grazia Balbiano
Torino ha tanti volti: prima capitale d’Italia, polo industriale, salotto culturale, fucina di nuovi progetti e di start-up. Una città che si reinventa con la spinta di energie nascoste. Ma quali energie? La risposta di un economista, di un sociologo o di illustri torinesi, come Piero Angela, potrebbe essere assai diversa ma sottotraccia, o meglio nei sotterranei, c’è una ragione suggestiva e intangibile: Torino è il punto in cui i triangoli della magia nera e della magia bianca si sovrappongono. Un immaginario filo con Londra e San Francisco la lega al lato dark, mentre con Praga e Lione forma il triangolo bianco. Luoghi, edifici, aneddoti si rincorrono tra dubbi, incognite e presunte certezze. Forse si dovrebbe chiedere un’opinione all’Angelo della scienza in Piazza Solferino che, dall’alto della sua posizione e autorevolezza angelica, avrebbe qualcosa da raccontare.
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A meno che non si creda sia la rappresentazione di Lucifero. Questo è il cuore nero, il punto d’accesso nel sottosuolo, il punto da cui si dipana la rete fognaria sabauda, lo spazio in cui un tempo si giustiziavano i balordi e si seppellivano i morti. E la magia bianca? La nascita di questo legame con il mondo dell’esoterismo non è certa e varie sono le interpretazioni. Si dice, ad esempio, che sia un “boule d’assas” divulgato dai Savoia con l’Unità d’Italia, per dar maggior autorevolezza a Torino. Qualcuno, invece, trova radici nell’orientamento della città tracciata nel terzo secolo avanti Cristo (quando galli e liguri si unirono per creare un centro strategico tra Mediterraneo ed Europa), e nei fattori magici e religiosi della pianta romana, con le quattro porte e una via principale, che coincideva con l’asse in corrispondenza del quale sorgeva il sole. Altro elemento non casuale, l’incrocio di due fiumi – scelta letta non in modo funzionale – porta l’orologio ancora più indietro nel tempo. La Dora e il Po sarebbero una personificazione di Iside e Sole. Si parla di una leggenda che riconduce infatti, la prima origine agli egizi: il principe egizio Eridano, semi-dio scappato nel 15° secolo a.C. dal suo paese, approdato prima in Liguria (che prese il nome da suo figlio Ligurio), poi risalito nell’entroterra sino alla pianura del Po, trovando questo fiume simile al grande Nilo, decise di insediarsi sulle sue rive. Ipotesi suggestiva, se si pensa al fatto che il più grande museo egizio dopo il Cairo trova la sua collocazione proprio a Torino, a poche centinaia di metri da una delle antiche porte della città. L’elegante cuore cittadino sarebbe in realtà un concentrato di simboli e messaggi non sempre facili da decriptare, disegnato dagli architetti che nel corso dei secoli hanno progettato la città seguendo codici segreti dettati dalla massoneria. Per un tour magico il luogo da visitare, magari con l’aiuto di guide specializzate sul tema è, in primis, la fontana Angelica in piazza Solferino, considerata la porta verso l’infinito, con due statue maschili di giganti e una cascata che rappresenta le colonne d’Ercole. L’acqua è l’esoterico simbolo della conoscenza; alle spalle dei due personaggi sono scolpiti due infanti, simbolo del cattolicesimo e di Gesù: se si dovesse sintetizzarne il significato, la lettura potrebbe indicare la ricerca della conoscenza piena e perfetta dell’infinito. Un programma intellettualmente impegnativo ma, per la magia, nulla è impossibile. Il cuore “bianco” di Torino gravita nella zona centralissima di Piazzetta Reale e degli attigui giardini, dove è protagonista un’altra fontana: quella dei Tritoni. Una piccola area ad alta intensità di simboli. Nello stesso complesso il Duomo, con la regina delle reliquie: la discussa Santa Sindone; poco più in là, in profondità, nelle cantine reali di Palazzo Madama, le Grotte Al-
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Foto: Riccardo Evola
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Foto: Riccardo Evola
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chemiche. A pochi passi e a qualche metro più in alto, ovvero in superfice, un paletto che sorregge una catena in prossimità delle statue equestri di Castore e Polluce segna il punto magico assoluto. Partendo da qui e muovendosi verso il fiume Po, sotto i portici dell’omonima strada, si arriva in pochi minuti di passeggiata esoterica alla Gran Madre, luogo di sepoltura dei reali sabaudi e, si dice, anche del Santo Graal. Aspetti storici e aspetti intangibili s’incrociano e rafforzano la leggenda. Personaggi legati all’esoterico hanno soggiornato in città: basti citare Cagliostro e Nostradamus e, per venire ad anni recenti, il sensitivo di fama internazionale Gustavo Rol. C’è da domandarsi che cosa significhi però magia, oggi, a Torino. Arturo Brachetti, artista e illusionista famoso in tutto il mondo, ha un’opinione precisa: “La tradizione di tolleranza della famiglia Savoia, per migliaia di anni ha dato la possibilità a molte religioni, sette o amanti del mistero di poter liberamente seguire le loro ricerche e i loro percorsi spirituali anche diversi da quelli canonici e ortodossi. Sono orgoglioso e affascinato da quest’aspetto di Torino, città che è come una donna velata piena di misteri da scoprire. A Torino c’è stato il primo circolo mesmerico d’Italia e il primo circolo di illusionisti, nonché culti di religioni o superstizioni legate al metafisico. Oggi è rimasta la capitale italiana della magia e soprattutto dei misteri nascosti che il visitatore ignaro non può scoprire di primo acchito, al di là dei muri, dei salotti e delle facciate austere”. Brachetti è anche il fondatore di una scuola per maghi, il Circolo Amici della Magia; già, perché per qualcuno è anche un mestiere. E poi c’è una magia vera e semplice, alla portata di tutti: è quella che si replica con lo spettacolo di Luci d’Artista, installazioni firmate dai maestri d’arte contemporanea, che veste la città da novembre a gennaio. Alzando la testa, ecco la prospettiva di via Po, con le costellazioni di Palomar. “…e quindi uscimmo a riveder le stelle”, per dirla alla Dante. Siti: www.amicidellamagia.it www.brachetti.com www.comune.torino.it www.guidatorino.com www.museireali.beniculturali.it www.museotorino.it www.sindone.it
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CIAOPRAGA Foto: Comune di Torino
Maria Grazia Balbiano è una giornalista e addetta stampa, specializzata in Media Relations e Integrated Communication. http://www.mariagraziabalbiano.com/
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IL BEL PAESE
La passione secondo Carol Rama
Le opere dell’artista piemontese in mostra alla GAM di Torino
A cura di Mariapia Bruno
Le Guerrilla Girls, un gruppo di artiste femministe nato negli anni ’80, dicevano che la donna artista deve aspettarsi di far carriera ad ottant’anni, tenendo ben a mente che qualsiasi tipo di arte faccia, verrà sempre definita “femminile”. Questa definizione non intimorì Carol Rama (19182015) che, fedele a se stessa e a quello che sentiva dentro, ha tessuto settant’anni di intensa attività creativa senza alcun timore. E adesso la sua Torino la celebra con una grande mostra presso la GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea) intitolata La passione secondo Carol Rama, e aperta fino al 5 febbraio 2017.
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La retrospettiva invita il pubblico ad entrare in contatto con ben 200 opere firmate da questa artista tentatrice che, come Alda Merini e Frida Kahlo, ne ha viste tante nella sua vita. «Ho un solo maestro, il peccato» affermava; ma anche le emozioni forti e drammatiche hanno giocato un ruolo chiave nella sua esistenza. La risposta che le ha suggerito il cuore, guidato dalla sua mente creativa, è stata quella di esorcizzare il dolore dipingendo senza mezzi termini la crudezza di viscere contorte e membri minacciosi, la vuotezza di sguardi disorientati, la drammaticità di un erotismo portato all’estremo e accompagnato da una serie di oggetti quotidiani che assumono tinte cupe e feticiste. «Scelgo queste cose, dentiere, pennelli da barba, rasoi, pisciatoi, perché sono quelle che mi piacciono di più, sono quelle che soffrono di essere così, per le quali non ci sono rimedi, possibilità di cambiare», ha affermato l’artista nel 2008 durante un’intervista per la rivista Temporale. Una descrizione che probabilmente sentiva calzante per se stessa: i suoi ultimi lavori sono infatti caratterizzati da una anatomia distorta e vengono da lei stessa definiti autoritratti. La retrospettiva torinese prevede quattro sezioni tematiche: La mucca pazza sono io, Astrazione organica, Anatomia politica e Organismi ancora ben definiti e vulnerabili: tra queste sezioni si snoda l’intera produzione dell’artista, dagli acquerelli degli anni ’30 e ’40 fino ai lavori degli anni ’90 e 2000, dalla serie Appassionata e Dorina, attraverso cui Rama si ribella alle norme dei codici etici imposti dall’Italia fascista subendo la censura per “oscenità”, alle provocazioni non figurative della fine della sua carriera.
Mariapia Bruno: giornalista professionista ed amante dell’arte, è redattrice di Tempi e Il Messaggero, autrice di Let’s Bake ART e YouTuber. http://letsbakeart.wordpress.com/
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BIGHELLONANDO FUORI PRAGA
Kutná Hora e Sedlec
Quando il macabro diventa un’opera d’arte
A cura di Marco Ciabatti
Kutná Hora (anche chiamata Kuttemberg in tedesco e anticamente soprannominata “České Athény” – Atene ceca), si trova a circa 80 chilometri ad est di Praga e nasce da numerosi piccoli insediamenti che si formarono, a partire dal X secolo, nei pressi di un importante sito minerario, dal quale si estraeva l’argento. Fu solo nel XIII secolo però, sotto il regno di Venceslao II, che il sito divenne una regione produttiva di primaria importanza: il sovrano, infatti, a seguito della sua importante riforma monetaria, che sanciva l’introduzione di un’unica moneta comune per tutto il regno, decise di fondare proprio in questo luogo la zecca necessaria a coniare le nuove monete d’argento del regno di Boemia.
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A tale scopo, fece costruire una fortezza di pietra, che prese poi il nome di “Corte italiana”, in onore dell’esperto finanziario e di conio che il re aveva fatto convocare appositamente da Firenze. Da semplice insediamento minerario, Kutná Hora venne quindi immediatamente promossa a città reale, divenendo in brevissimo tempo seconda per importanza solamente alla capitale: la stessa Porta delle Polveri di Praga, che anticamente si chiamava semplicemente “Porta Nuova”, venne costruita al posto della precedente “Porta Cenciosa” per sottolineare l’importanza acquisita dalla strada che vi arrivava di fronte, proveniente proprio da Kutná Hora e dalla quale, quindi, arrivavano in città i carri carichi di monete fresche di conio. Venceslao II fece inoltre costruire, nell’allora vicinissima frazione di Sedlec (oggi divenuta uno dei quartieri cittadini), un’importante abbazia cistercense dominata “Chiesa di Nostra Signora di Sedlec”. Tale edificio è entrato a far parte, nel 1995, dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO insieme al vicino centro storico cittadino, dove si trova la chiesa di Santa Barbara, costruita proprio in risposta all’importanza assunta da Sedlec dopo la realizzazione del monastero e che è oggi uno dei simboli della città. Parlando della Chiesa di Nostra Signora di Sedlec, è impossibile non fare riferimento al celebre architetto di origini italiane Jan Blažej Santini (Praga, 3 febbraio 1677 – Praga, 7 dicembre 1723), che nel XVIII secolo curò il rifacimento della struttura religiosa (divenuta nel frattempo un convento gesuita), trasformandola nel primo esempio del suo caratteristico stile progettuale, che mescola in modo sorprendentemente armonico neogotico e barocco. Il quartiere di Sedlec è però reso celebre anche e soprattutto dal suo cimitero, al centro del quale si erge la piccola chiesa gotica di tutti i Santi, con la sua macabra cripta ornata dai resti di circa 40.000 scheletri scomposti e disposti in maniera da formare, all’interno di questo luogo spaventoso e al tempo stesso affascinante, arredi e decorazioni composti unicamente di ossa umane. Il piccolo cimitero divenne un ambito luogo di sepoltura a partire dal XIII secolo, quando l’abate del monastero, di ritorno da un suo viaggio in Terra Santa per conto del re Ottocaro II di Boemia, vi cosparse una giara di terra che, secondo il suo racconto, aveva raccolto direttamente dal suolo
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del Golgota. Nel corso degli anni a venire, le epidemie di peste e le guerre Hussite contribuirono ad accumulare centinaia e centinaia di nuovi cadaveri in questo luogo sacro, che si credeva fosse dotato del potere di assicurare l’eterna salvezza a chiunque vi fosse stato sepolto. Già nel 1400 i monaci si trovarono quindi costretti a far posto ai nuovi corpi, realizzando un ossario all’interno della cripta della chiesa, da poco tempo edificata. Con il passare dei secoli furono decine di migliaia gli scheletri che si accumularono all’interno dei locali sotterranei della chiesa, finché, nel 1870, un intagliatore al servizio del duca di Schwarzenberg, di nome František Rint, ebbe l’idea di riutilizzare questa enorme quantità di ossa per creare la macabra decorazione della cripta, divenuta con il tempo famosa in tutta Europa. Non a caso, proprio lo stemma nobiliare degli Schwarzenberg, insieme ad un imponente candeliere appeso al soffitto, è una delle sculture composte unicamente di ossa umane che spicca di più nel complesso delle angoscianti decorazioni color avorio di questo ambiente, tetro e dall’atmosfera ancestrale, che ha ispirato anche lo scrittore irlandese John Connolly, per il suo romanzo “L’angelo delle ossa”.
Marco Ciabatti: Guida turistica, fondatore e curatore del Blog “Bighellonando in Cechia”, è un grande esperto del suo paese adottivo e ce ne svela i segreti. http://www.bighellonando.eu
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PROGRAMMA EVENTI NOVEMBRE-DICEMBRE 2016 Dal 3 al 5 novembre
Le giornate internazionali della fisarmonica a Praga Festival internazionale di musica Conservatorio di Praga 5 novembre
Commemorazione dei Caduti Evento speciale Cimitero militare di Milovice 7 novembre
L’erede di Salisburgo e il creatore dell’opera italiana Lezione su Mozart, in lingua ceca, del professor Tomislav Volek Sala conferenze dell’Istituto Italiano di Cultura 9 novembre
Proiezione del film documentario “Czizincii” Cinema Istituto Francese di Praga Dal 9 all’11 novembre
Corso di degustazione vino del sommelier Pietro Canopoli Evento Speciale “Settimana della cucina italiana” Sala conferenze dell’Istituto Italiano di Cultura Dal 7 al 18 novembre
La commedia non è finita Mostra di grafica, design e giocattolo artigianale Loggiato dell’Istituto Italiano di Cultura Dall’11 novembre al 4 dicembre
Guido Guidi, Guardando ad Est Mostra Fotografica Cappella Barocca
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Dal Barocco ad oggi, maestri italiani ed europei Concerto del Duo Brikcius Cappella Barocca 16 novembre
Proiezione del film “Latin Lover” di Cristina Comencini Cinema Sala Proiezioni dell’Istituto Italiano di Cultura 17 novembre
La poetica di Guido Guidi Lezione della scrittrice Laura Leonelli e vernissage della mostra Cappella Barocca 22 novembre
Mitridate di Milano 1770 – non solo da Mozart Lezione in lingua ceca del professor Tomislav Volek Sala conferenze dell’Istituto Italiano di Cultura 23 novembre
Proiezione del film “L’abbuffata” di Mimmo Calopresti Evento Speciale “Settimana della cucina italiana” Sala Proiezioni dell’Istituto Italiano di Cultura 25 novembre
Concerto di musica italiana Musica sinfonica, orchestra diretta dal Mastro Stefano Severini Sala dei Marmi della Casa Municipale Casinò 27 novembre
Concerto dell’ensemble terzetto classico italiano Musica classica Sala principale del Palazzo Wallenstein Fino al 2 dicembre
Vittorio Storaro “Maestro di Luce” Mostra Fotografica “Civiltà Romana” Palazzo Clam-Gallas Dal 1 al 5 dicembre
Festival del Cinema di Praga Cinema Cinema Lucerna 6 dicembre
Concerto di musiche da film diretto dal Maestro Attanasi Musica Cinema Lucerna Il programma può essere soggetto a variazioni e integrazioni Per informazioni e programma completo: Istituto Italiano di Cultura a Praga Šporkova 14, 118 00 Praga 1 CZ Tel.+420 257 090 681 - Fax +420 257 531 284 www.iicpraga.esteri.it – iicpraga@esteri.it
EVENTI
Il 17 novembre si commemora la Rivoluzione di Velluto 1939-1989: quando Praga disse no a Nazismo e Comunismo
A cura di Stefania Del Monte
Il 17 novembre, con una festa nazionale istituita nell’anno 2000, Praga e la Repubblica Ceca ricordano due episodi importantissimi della storia del Paese, avvenuti a mezzo secolo di distanza l’uno dall’altro: la chiusura delle università da parte di Adolf Hitler, nel 1939, e l’inizio della Rivoluzione di Velluto, nel 1989.
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La data del 1939 si riferisce agli avvenimenti occorsi durante il Protettorato di Boemia e Moravia. A quell’epoca la Cecoslovacchia non esisteva più e lo Stato era sotto il controllo della Germania nazista. L’11 novembre di quell’anno lo studente Jan Opletal era deceduto in seguito ad una ferita di arma da fuoco, subita durante la violenta repressione di una pacifica dimostrazione studentesca, in occasione del ventunesimo anniversario della nascita della Cecoslovacchia. Il 15 novembre, in occasione del funerale dello studente, una dimostrazione pacifica si era trasformata in una protesta contro l’occupazione che aveva portato, due giorni dopo, all’ordine da parte di Hitler di chiudere tutte le università ceche. Più di un migliaio di studenti erano stati arrestati e portati nel campo di concentramento di Sachsenhausen, dal quale alcuni non erano più tornati. Nell’ex caserma di Ruzyňe i tedeschi avevano poi giustiziato nove studenti, che secondo loro erano a capo di tutte le organizzazioni studentesche. Anche nel 1989 i cittadini avevano commemorato gli avvenimenti accaduti mezzo secolo prima e la riunione commemorativa degli studenti – autorizzata – era sfociata in una dimostrazione contro il regime sovietico, che era stata spietatamente repressa. L’avvenimento aveva dato il via alla “Rivoluzione di Velluto”, che aveva portato al rovesciamento del regime totalitario comunista in Cecoslovacchia. Per il 17 novembre era stato concordato un raduno di studenti a Praga ma l’atto commemorativo originariamente previsto, si era ben presto trasformato in una dimostrazione contro il regime. Prima delle cinque il corteo si era diretto a Vyšehrad, dove la gente aveva riempito il cimitero e gli spazi circostanti. Alle sei e un quarto la dimostrazione si era ufficialmente conclusa e alcuni se n’erano andati a casa; tuttavia, la maggioranza voleva continuare e dirigersi verso il centro di Praga. Una folla di alcune migliaia di persone si era messa in moto ma la polizia aveva l’ordine di non far entrare il corteo a Piazza San Venceslao. I manifestanti si erano perciò diretti sul lungofiume, da dove avevano raggiunto il Teatro Nazionale. Là l’intero corteo aveva svoltato verso Národní Třída ma la marcia era stata fermata e la folla accerchiata dalla polizia. I manifestanti si erano seduti per terra e avevano posato delle candele accese nello spazio rimasto libero tra loro e la polizia. Alcune ragazze avevano infilato dei fiori dietro gli scudi dei poliziotti armati in segno di non-violenza. Le forze di sicurezza avevano serrato ulteriormente l’accerchiamento e contempo-
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raneamente invitavano la folla ad abbandonare la zona. Ma non c’era dove andare e così la polizia aveva cominciato a picchiare brutalmente i partecipanti alla protesta. Durante questo attacco centinaia di persone avevano riportato ferite e molte di loro erano state portate via in manette con degli autobus preparati per questo scopo. Alcuni erano riusciti a nascondersi negli androni delle case circostanti e negli appartamenti di chi li aveva lasciati entrare. Dopo le nove la folla era stata dispersa. Più tardi, quella stessa sera, alcuni erano ritornati per accendere sul luogo delle candele. Nel corso della settimana successiva, in tutta la repubblica la gente aveva cominciato a riunirsi spontaneamente nei luoghi pubblici per dimostrare. Si discuteva dei recenti sviluppi e di che cosa fare nei giorni successivi. Gli studenti e i membri del movimento di protesta, che si presentava come Forum Civico, organizzavano scioperi e trattavano con i funzionari delle strutture di governo esistenti. I posti principali in cui la gente si riuniva erano Piazza San Venceslao e la spianata di Letná, dove personalità della sfera politica, culturale e sportiva prendevano la parola e parlavano alla gente. Il 25 novembre aveva avuto luogo la manifestazione più grossa nell’ambito della Rivoluzione di Velluto, quando sulla spianata di Letná si erano riunite circa 800.000 persone. Il 28 novembre il partito comunista aveva comunicato di essere disposto a rinunciare al suo ruolo di dirigenza dello stato e il 7 dicembre il governo aveva infine rassegnato le dimissioni. Quello nuovo era stato nominato tre giorni più tardi. In quel periodo si andavano progressivamente aprendo le frontiere della Cecoslovacchia e gli emigrati cominciavano a tornare in patria. Alla fine, il 29 dicembre 1989, Václav Havel fu eletto presidente della Cecoslovacchia.
Fonti www.czechtourism.com www.prague.eu www.raistoria.rai.it www.treccani.it
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EVENTI
Il Magnetic Festival Il 16 dicembre torna l’appuntamento di Praga con la musica dance
A cura di Andrea Rampini
Il Magnetic festival è uno dei più importanti eventi di musica dance che si svolgono a Praga. Dal 2012, per due volte all’anno a maggio e a dicembre, è tappa obbligatoria per gli amanti del genere. Nell’ultima edizione di maggio si è registrato il tutto esaurito e si prevede lo stesso anche per l’appuntamento del 16 dicembre.
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Lo spettacolo avrà inizio alle 19, presso il PVA Expo Praha di Letňany, a Praga 9. L’area si trova a 150 metri dalla stazione della metropolitana di Letňany, la stazione finale sul percorso C. Vi sono inoltre diverse linee di bus che offrono collegamenti regolari con il centro e con i principali quartieri della città. Se invece preferite arrivare in auto, troverete a vostra disposizione un grande parcheggio con una capacità di oltre 2500 posti auto. Ulteriori informazioni sono reperibili direttamente sul suto ufficiale dei trasporti di Praga, http://jizdnirady.idnes.cz/pid/spojeni/ Il parco si trasformerà in un gigantesco club, dove oltre diecimila persone potranno godersi l’esibizione dei loro artisti preferiti. Tra i partecipanti alle edizioni passate grandi nomi come Avicii, Hardwell, Steve Aoki, Afrojack, Nervo, Dimitri Vegas & Like Mike, Showtek, Sander Van Doorn, Laidback Luke e Dada Life, solo per citarne alcuni. Artisti che, per oltre dieci ore, faranno ballare senza sosta il popolo della notte, fino alle prime luci del mattino. Una curiosità che rende questo festival tra i più belli ed importanti d’Europa è che, nelle passate edizioni, diversi artisti hanno deciso di cancellare o spostare il loro volo di rientro per non abbandonare il festival – ed i suoi partecipanti – nel pieno del suo svolgimento. Ciò a dimostrare quanto anch’essi fossero totalmente immersi nella magnifica atmosfera di festa e musica. Per chi volesse acquistare i biglietti, si consiglia di affrettarsi perché, come sempre nelle edizioni passate, a ridosso dell’evento sarà impossibile reperirli. Per maggiori informazioni, vi consigliamo di visitare il sito ufficiale del festival: www.magneticfestival.com
Andrea Rampini: Guida turistica e fondatore di “Andrea Tour Praga”, cerca di coniugare lavoro e divertimento organizzando tour nella città che ha conquistato il suo cuore. http://perpragatour.com/
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