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La Porte de l’Enfer
La mattina del 31 dicembre 1989 Pierre Dubois, l’addetto alla sicurezza dell’antica Grande Roue di Place de la Concorde, giostra molto frequentata perché, essendo molto alta, si godeva di un magnifico panorama, all’arrivo per il turno di lavoro, si stupì vedendo una gran folla intorno ad essa e domandò: - Ma che succede? - C’è un manichino nella cabina più alta – gli rispose un signore col cappello e dei lunghi baffi.
Da giù intravedeva dentro la cabina una figura femminile in abiti da scena appoggiata al finestrino e che sembrava avesse compiuto un grazioso port de bras. - Un manichino! Come può essere successo, la ruota era chiusa e solo io ho le chiavi! – esclamò Dubois - E poi non credo sia un manichino - aggiunse - Accendiamo la ruota, facciamo scendere la cabina.
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Dopo aver azionato la ruota e portato la cabina a livello della pedana, si fece la macabra scoperta. - Oh mio dio! - gridò il signore con i baffi. - Che orrore! - gridò scioccata la signorina accanto a Dubois - Chi avrà mai fatto questa diavoleria?
Dubois aveva ragione, infatti, come lui pensava non si trattava di un manichino, ma di un cadavere di donna mancante di gambe. Questa era vestita con un tutù rosa che sembrava assomigliare a quello delle ballerine.
Tutti entrarono nel panico e si avvicinarono piano piano alla donna senza gambe, ma Pierre intervenne: - Calmi tutti! Non agitatevi, nessuno la tocchi! - disse spaventato - Dobbiamo chiedere aiuto!
Qualcuno chiami la polizia! - disse la signora con il cappellino.
Il commissario Jacques Moreau con la sua squadra composta dagli ispettori André Bernard e Philippe Dufoin, una delle migliori per indagare su questo caso, accorse subito. Moreau era un uomo molto attento a tutti i dettagli, sopra la cinquantina, calvo, faccia simpatica, un po' in sovrappeso, alto, occhi grigi e furbi, sorriso aperto. Fecero delimitare la scena del crimine dagli agenti ordinari per impedirne l'accesso, quindi controllarono la cabina. La vittima aveva degli occhi marroni e faccia e orecchie piccole, indossava un tutù rosa e al collo portava una collana con un ciondolo. Fattane una foto, Moreau ordinò ai suoi di diffondere un comunicato alle tv nazionali per cercare i familiari della donna e scoprirne l'identità. Il cadavere che ormai ho trovato da un po’ tu trasportato in un obitorio per essere analizzato Affinché si capisce come era stata uccisa e come erano successivamente trattati i resti. Fu trasmesso in comunicato stampa alle televisioni per rintracciare i parenti delle vittime con la foto della collana. Il signor Dubois uomo molto basso, di una cinquantina d'anni, capelli bianchi, occhi azzurri, venne portato in commissariato per essere interrogato.
La prima domanda che gli venne posta fu: - Lei conosceva la vittima?
Lui rispose: - No, l'unica volta che l'ho vista è stata ieri.
La seconda fu: - Cosa stava facendo intorno alla mezzanotte di ieri?
Rispose: - Ero nel mio letto a dormire. Ho finito il turno alle 20.00, ho chiuso la cabina a chiave come ogni giorno e sono tornato a casa da mia moglie che aveva preparato la cena. Già alle dieci dormivo… sono diventato mattiniero con l'età.
Venne anche convocata la signora Dubois donna bassa, capelli bianchi e occhi marroni, di carattere calmo, e le vennero poste le stesse domande di suo marito.
L'unica risposta diversa fu quella alla prima domanda: - Sì, la conosco, l'ho vista una volta in un supermercato, mi aveva aiutato a prendere un pacco di biscotti da uno scaffale.
La sera stessa una donna sulla cinquantina dal fisico asciutto, in evidente stato ansioso, si presentò alla polizia, avendo riconosciuto il ciondolo al telegiornale. Fu condotta alla morgue dove effettivamente riconobbe il cadavere della figlia, Delphine Tours.
Raccontò in lacrime: - Il ciondolo gliel'avevo regalato io, quando la mia Dél era andata alla sua prima lezione per diventare una ballerina. Era così talentuosa, sa, stava per diventare una ballerina famosa, proprio come sua mamma.
Nel frattempo proprio davanti a un ingresso maestoso dell'Opéra, uno dei teatri più rinomati della Francia l'obiettivo di tutte le ballerine francesi e non, sale molto ampie, ingresso maestoso, un gruppo di ragazze fece un orrido ritrovamento: due gambe femminili; un piede scalzo mostrava le fatiche di duri allenamenti di danza e l'altro calzava una scarpetta rosa. Dopo l'accaduto le ragazze, molto impaurite, avvertirono la polizia. La zona venne subito transennata in modo da impedire il passaggio di curiosi e poter lavorare senza alcun problema. Nelle ore successive vennero analizzati i due arti facendo un esame del DNA così da capire se appartenessero al corpo
ritrovato in passato. La questione venne affidata nuovamente al commissario Jacques Moreau.
Il giorno dopo la scientifica lo chiamò: - Commissario, finalmente l'abbiamo raggiunta! - disse l’anatomopatologo che non aspettava altro che parlare con Jacques. - Mi dica... - rispose il commissario. - Abbiamo fatto una grande scoperta. - Sono tutt'orecchi. - disse curioso il commissario. - Potrebbe non gradirla... - Insomma, mi dica!!! - disse furioso il commissario. - D’accordo... i due ritrovamenti non appartengono allo stesso corpo. Sono due diversi cadaveri. - Dunque potrebbe trattarsi di un serial killer. - disse Moreau quasi tra sé e sé trattenendo a stento la paura e chiuse la comunicazione bruscamente senza avvedersene.
L’indomani mattina i primi visitatori del museo Rodin entrarono e videro una statua, non presente nella guida, posta davanti all'ingresso, accanto alla scultura incompiuta La Porte de l’Enfer. Si presentava in una forma angelica, di danzatrice senza capo. La signora Rousseau fu colpita dal ciondolo della statua che era uguale a quello del cadavere della ruota panoramica. Essa era un’appassionata di fatti di cronaca.
Infatti pensò: - Io già questo ciondolo l’ho visto da qualche parte.
Quando La signora Rousseau lo raccontò alle guardie, loro allontanarono i visitatori, perché avevano capito che era un cadavere. Si scatenò il panico, ma fortunatamente riuscirono ad evacuare il museo senza altri incidenti.
Le analisi del corpo furono molto difficili perché il serial killer aveva usato sostanze chimiche e ricoperto il corpo con argilla. Tuttavia, fu chiaro anche stavolta che questo corpo apparteneva ad una terza vittima. Da quel momento in poi tutte
le ballerine ebbero paura per colpa di questo serial killer che vagava per la città.
Dopo aver condotto le ricerche in lungo e in largo in tutta la città di Parigi ed in periferia e aver interrogato diverse persone appartenenti ad ambienti collegati con le vittime, sembrava tutto fermo al punto di partenza. Quel pomeriggio il commissario Jacques Moreau, mentre leggeva e rileggeva le carte riguardanti le indagini attorno agli omicidi, era particolarmente pensieroso e aveva bisogno di qualcosa che lo tirasse su. Quanto aiutava in certi momenti una tazza di tè nero fumante e due macaron, belli e soprattutto buoni! Stava per chiamare il servizio del bar, ma il telefono squillò prima che lui arrivasse ad alzare la cornetta. Il centralino gli stava passando la telefonata di una ragazza che insisteva per parlare con lui, sostenendo di avere informazioni importanti sul caso. Il commissario accettò la chiamata e munito di carta e penna iniziò chiedendole le generalità e dopo di che la fece parlare liberamente. - Dopo aver letto sui giornali di questi orribili fatti mi è ritornato in mente un particolare che potrebbe esserle utile: durante un’audizione a cui partecipai qualche anno fa, prima di decidere che la carriera di ballerina non faceva per me, notai al collo di una delle mie esaminatrici una graziosa collana raffigurante una ballerina – dopo una breve pausa continuò - e potrei giurarci che fosse identica a quelle ritrovate sulle povere ragazze!
Allora Moreau esclamò speranzoso: - Grazie signora, ricorda il nome di questa esaminatrice? - No, mi dispiace. - Allora mi sa fornire la data esatta dell’audizione? - chiese lui. - Questo sì, dovrebbe essere stato il 12 settembre 1985.
Il commissario la ringraziò e la salutò, poi si affacciò alla porta ed urlò: - Ispettore! Ispettore Bernard, venga subito qui! - e dopo avergli raccontato della telefonata disse - Ora dobbiamo sapere tutto, ma proprio tutto, sui componenti della giuria di quell’esame. Mettiamoci al lavoro.
Nelle ore successive consultarono diversi archivi, trovando finalmente oltre ai nomi delle esaminatrici, diversi dettagli sulle loro vite private e lavorative.
L’ispettore si era soffermato su una in particolare: - Commissario, mi sembra di aver trovato qualcosa di molto interessante. Una giurata è la famosa coreografa Aurélie Mercier, la signora è costretta sulla sedia a rotelle e un articolo spiega come c’è finita quando era ancora ragazza, legga lei stesso.
Le Parisien, 01 Janvier 1963
DRAMMATICO INCIDENTE ALLA RUOTA PANORAMICA DI BELVES
Attimi di terrore nella graziosa cittadina francese per la rottura dei cavi che ancoravano una delle ceste alla ruota panoramica in movimento. Una ragazza è rimasta gravemente ferita nello schianto. Ieri, intorno alle 20:30, una delle giostre del luna park montato nel centro di Belvès in occasione delle festività natalizie, ha avuto un guasto. Una delle cabine della ruota panoramica si è improvvisamente sganciata da un’altezza di almeno otto metri ed è caduta al suolo. Fortunatamente sotto non passava nessuno, ma la cesta era occupata da una giovane coppia, Aurélie Mercier 17 anni, brillante promessa della danza classica francese, e Jean Bonnet anche lui appena diciottenne. Nell’impatto la ragazza ha riportato gravi ferite alle gambe e alla colonna vertebrale, tanto che si teme per la sua vita e certamente per il seguito della carriera artistica. Il giovane fidanzato
sembra invece essere uscito miracolosamente illeso dal tragico volo.
Il commissario e l’ispettore non ebbero bisogno di dirsi altro, perché avevano capito di aver finalmente trovato la chiave del mistero. Cercarono gli indirizzi di entrambi e scoprirono che vivevano nella stessa casa. Appena ottennero il mandato di perquisizione si prepararono a recarsi sul posto.
In Rue de la Roquette a due passi da Place de la Bastille, all’ultimo piano di un bel palazzo d’epoca al numero 37, Aurélie Mercier stava sulla sua sedia davanti ad una finestra immersa nei suoi pensieri. Era una donna molto attraente, capelli rossi lunghi e ondulati, occhi grigio ferro.
Il compagno, un uomo biondo sulla quarantina alto e muscoloso, invece camminava nervosamente avanti e indietro e ad un tratto disse come tra sé e sé: - Troppi indizi! Troppi indizi abbiamo lasciato! Presto arriveranno a noi!
Aurélie allora rispose tranquillamente: - Jean, è giusto che il destino si compia. - e tornò a scrutare lontano.
Proprio in quell’istante suonò il campanello: era la polizia che chiedeva di aprire immediatamente. Giunti al piano il commissario e l’ispettore mostrarono il mandato di perquisizione. Aurélie, come se li stesse aspettando, disse loro di accomodarsi. Al commissario l’ambiente sembrò accurato e accogliente e la padrona di casa così gentile tanto che per un attimo pensò di aver sbagliato indirizzo, ma poi notò la collana al collo della donna e tornò alle sue ipotesi. Moreau e Bernard ispezionarono tutta la casa, e nella soffitta trovarono una sega elettrica e sostanze chimiche e poi negli stanzini degli arti sotto spirito e una testa e altre parti di cadaveri nel congelatore. Parve chiaro che era il momento di tirare fuori le manette.
Aurélie con tono impassibile disse: - Se vuole seguirmi in terrazza le vorrei raccontare la mia storia… - si spostarono all’esterno, il panorama era magnifico e lei cominciò a raccontare - A sedici anni ero ancora una ragazza felice, piena di sogni e un futuro roseo sembrava aspettarmi. Ero stata ammessa all’Opéra de Paris ed ero pronta ad iniziare, nel lontano gennaio del 1963, una carriera da ballerina di danza classica, ma poco prima di partire il mio destino è cambiato. Lei avrà già letto dell’accaduto. - il commissario annuì. - Io non volevo neanche salire sulla ruota perché soffrivo di vertigini, ma Jean, il mio fidanzato, voleva guardare per l’ultima volta dall’alto la nostra città prima della mia partenza e allora io cedetti. Ora le devo dire la verità… - e dopo un sospiro riprese - Lui mi è rimasto sempre accanto e il suo senso di colpa è stata la mia arma per convincerlo a seguirmi in quest’ultimo atto. Con il lavoro di coreografa ho visto la vita, che avrei voluto io, vissuta da mille altre. La mia tragedia era passata inosservata, pensavano di poter ripagare la mia perdita con i soldi dell’assicurazione e mettermi a tacere, ma dopo tanto soffrire è arrivata l’idea. Lei e il detective non dovrete faticare a ricollegare tutti i fatti, con le ragazze non ho nessun legame, erano solo ottime ballerine che rispecchiavano me prima dell’incidente. Tutto è nuovamente iniziato sulla ruota e per simboleggiare la mia perdita lasciai lì solo un busto, poi con un paio di gambe appena fuori dall’Opéra per raffigurare il mancato ingresso ed infine la liberazione della mia anima a La Porte de l’Enfer. Purtroppo non tutti gli esperimenti sono riusciti ed i resti li ha trovati qua.
Nel frattempo Jean si torceva le mani e tremava dall’agitazione, continuava a sussurrare: - Doveva succedere a me… - sembrava uscito da un incubo e non opponeva alcuna resistenza.
Il commissario allora disse: - Signora Mercier, la dichiaro in arresto, sarà condotta in prigione e sarà sottoposta a processo.
Aurelié con la calma che l’aveva accompagnata durante tutto il colloquio rispose: - Caro commissario, ho già attraversato la porta dell’inferno una volta e mi sono ritrovata prigioniera su questa sedia a rotelle per più di vent’anni, adesso sono pronta ad attraversarla di nuovo, perché so che è questo ciò che mi attende, ma stavolta volerò libera. - e detto ciò spinse veloce la sedia verso il basso parapetto…