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Omicidio a Villa Graziani
Era una mattina, piena di sole, del 4 aprile 2001 a Biancavilla, paese situato valle pendici dell'Etna e appartenente al suo parco. La signora Pina Crisafulli, domestica di cinquant’anni si vestiva per andare a lavorare con un abito nero; era alta, magra, capelli corti marroni e occhi marroni, era simpatica, gentile e sempre pronta al sorriso. Arrivò puntuale come ogni giorno alla villa Graziani, presso cui lavorava. Entrò nel palazzotto di cinque piani, con le chiavi dato che era di casa. Si recò verso la sala da pranzo, giunta lì vide il corpo della signora Rosalba riverso a terra, in una pozza di sangue che partiva dal cuore. Terrorizzata emise un forte urlo e subito dopo chiamò la polizia.
Arrivò immediatamente la Scientifica e poco dopo anche il commissario Giuseppe Russo, un uomo alto, con i capelli castani e dagli occhiali da vista blu, che quando vide il corpo chiese alla Scientifica: - Tu che ne pensi di questo decesso?
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Il capo rispose: - Si tratta di arma a fuoco, ma qualcosa non mi convince. Per darti notizie più precise ci sentiremo nei prossimi giorni, dopo l’autopsia.
Russo interrogò innanzitutto la domestica, la quale disse che la sera prima aveva lasciato la signora Graziani a sorseggiare la
sua tisana alla melissa e a leggere un libro. Le aveva chiesto se avesse bisogno di qualcos’altro, ma la signora le aveva risposto che era a posto così. La domestica, perciò, si era preparata per tornare alla sua abitazione e tutta la serata era rimasta in casa con la famiglia. Russo allora prese la decisione di chiamare i figli della signora Graziani che vivevano a Catania. La figlia maggiore, Roberta, disse che non vedeva la madre da due giorni e che la sera prima era rimasta in casa perché non si sentiva bene. Aveva parlato al telefono con un’amica e poi era andata a dormire. Disse poi al commissario che suo fratello Giovanni non aveva mai avuto buoni rapporti con la madre perché da giovane le aveva sempre dato problemi in quanto aveva frequentato cattive compagnie, inoltre nel testamento la madre aveva riservato a lei una quota maggiore di eredità e per questo suo fratello era molto arrabbiato.
Il figlio fu convocato invece in commissariato. Quando fece entrare il figlio, Russo gli chiese subito dei suoi rapporti con la madre, ma lui molto tranquillamente disse che i loro problemi erano storia vecchia e che ormai andavano d’accordo; inoltre, sua madre, senza dir nulla alla figlia, aveva cambiato il testamento stabilendo nuovamente l’equità tra i due figli. La sera prima era andato in un bar del centro con degli amici che potevano confermare e poi era tornato a casa, dove era rimasto tutta la notte.
Il commissario raccolse tutte le testimonianze e poi tornò al comando insieme al suo fidato ispettore Alfio Capobianco. Dopo un’ampia riflessione, decisero che era necessario andare a parlare con il notaio di quel testamento e di tutte le sue modifiche.
Uomo alto e con la pancia leggermente gonfia a causa della birra bevuta negli anni, di nobile famiglia, vestito sempre bene anche in casa, capelli ormai bianchi per la vecchiaia Il suo
ufficio era molto ordinato e con mobili antichi e costosi, con i tetti alti e pieni di ornamenti e affreschi. Un po' eccessivo lo giudicò il commissario, uomo di origine umile, che in quel momento si sentiva in imbarazzo e che da bambino a malapena aveva i soldi per comprare una macchinina che avrebbe tanto voluto.
Il notaio confermò le dichiarazioni che avevano fatto i figli della signora Graziani alla polizia quando li avevano interrogati: - È vero ciò che dicono i figli, la signora aveva deciso di affidare la maggior parte del testamento alla figlia, che era sempre stata la preferita dati i disguidi con il figlio.
Russo e Capobianco che avevano ascoltato dai figli: - Sì, e poi la signora si è pentita ed è ritornata all'equità del testamento, come si dovrebbe fare normalmente.
Il notaio rispose: - Giusto, ma in questi ultimi tempi, in quanto amico di famiglia della signora Graziani, ho notato qualche suo dubbio, possibilmente avrebbe voluto cambiare qualcos'altro.
Russo e Capobianco decisero allora di ispezionare da cima a fondo la magnifica villa della signora Graziani per scovare qualche particolare indizio. Iniziarono a cercare partendo dalla sala da pranzo: c'erano ancora i piatti sul tavolo preparati dalla domestica la sera dell'omicidio, per la colazione seguente, le posate d'argento e piatti adornati di strisce d'oro con altri mille piattini, porta uova e cose di questo genere; poi salirono le scale a chiocciola al centro della casa e arrivarono in una stanza con qualcosa di strano. Dentro, infatti, trovarono solo una scrivania completamente vuota al di sopra, senza nemmeno un pezzo di carta e con un rialzamento sul legno di appoggio. Così con forza provarono ad aprirlo e dopo svariati tentativi trovarono un vecchio diario color porpora appartenente alla signora, e il commissario iniziò a leggerlo.
- Capobianco amico mio, mi sa proprio che abbiamo qualcosa di importante in mano, leggiamo, non so più che fare... i miei figli mi minacciano in continuazione... vogliono denaro... ok, questa è una vera e propria prova e comunque non capisco, ai miei tempi se solo avessi osato a fare una cosa del genere, i miei genitori mi avrebbero conciato per le feste.
L'ispettore confermò: - Oh, non lo dica a me!
Russo procedette: - Aspetti, continuiamo a leggere penso proprio che... il mio testamento... solo alla domestica... questo si chiama movente, anzi mi correggo un perfetto movente, stiamo arrivando sempre di più alla conclusione.
La mattina seguente il capo della Scientifica telefonò con grande ansia a Russo: - Pronto, buongiorno, è una cosa urgente.
Il commissario lo incalzò: - Dica! Ha scoperto qualcosa di importante?!
Il Capo della Scientifica subito spiegò: - Eh già! Ho appena scoperto che la signora Graziani non è morta con un colpo di pistola, ma bensì per avvelenamento, non sono sicuro del veleno, ma penso sia cianuro, e questo è accaduto circa tre ore prima che le si sparasse in testa.
A questo punto bisognò capire chi dei due fratelli avesse agito per primo, e per farlo dovette controllare i loro alibi. Il commissario chiamò la figlia, Roberta, e le chiese il nome dell’amica con cui aveva parlato al telefono la sera del delitto.
Quindi per telefono la contattò: - Salve signorina, io sono il commissario Russo. Sto indagando sull'omicidio Graziani e dovrei farle qualche domanda. - Ah sì, la mia amica Roberta mi ha detto… una vera tragedia…
Il commissario continuò: - Bene, vorrei andare subito al dunque e le ricordo che sta parlando con un pubblico ufficiale e che sto registrando la nostra conversazione telefonica.
Conferma di essere stata al telefono con la signorina Roberta Graziani la sera del delitto? Può essere certa che fosse in casa? - Sì, confermo tutto, ma non so dire con certezza se durante la telefonata lei fosse a casa… sentivo rumori di strada in effetti.
La ragazza sembrò stanca nel parlare ma grazie a questo dettaglio cadde l’alibi della signorina Graziani. Poi iniziò a lavorare con l’alibi del figlio: si fece dare con gentilezza il nome degli amici con cui aveva trascorso quella serata definita da lui “uno sballo” e li portò in centrale. Erano molto strani soprattutto uno che sembrava il più piccolo ma invece era il più grande; erano vestiti tutti e tre allo stesso modo: degli occhiali da sole vistosi, una camicetta bianca, dei pantaloncini blu e delle scarpe che sembravano di legno. Non erano così educati, perciò il commissario dovette aver pazienza e poco mancò che finissero in prigione per oltraggio a pubblico ufficiale. Al termine dell'interrogatorio ricavò la notizia che gli interessava.
Filippo Ingrassia dichiarò rendendolo rosso di rabbia: - Senti, noi non sappiamo nulla, nonnetto, possiamo dirti solo che lui è stato con noi solo fino alle 23:00.
Così anche l’alibi del signor Giovanni Graziani cadde. L’ispettore senza perder tempo decise di chiedere al reparto Telecomunicazioni della Polizia di fare una ricerca sulle celle agganciate dai cellulari dei ragazzi quella sera. Quello della signorina Roberta attaccò la chiamata vicino alla casa della madre alle 23:10 e quello di Giovanni alle 02:36. I colpevoli erano entrambi!