Processo a Henry Ford (revised edition)

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PROCESSO A HENRY FORD ovvero perchè un operaio dovrebbe poter acquistare l’auto che produce?



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Avvertiamo i signori telespettatori che “Processo alla crisi”, il programma che sta per andare in onda, è una reality-fiction, un innovativo prodotto televisivo, che fa incontrare persone reali e personaggi immaginari in un contesto di finzione, per produrre nuovi e affascinanti frontiere dell’intrattenimento televisivo. Quello che tra poco vedrete sullo schermo, è la fedele ricostruzione degli atti di un processo mai tenutosi e che mai si sarebbe potuto tenere, essendo l’imputato già da lungo tempo serenamente defunto, al momento in cui la crisi economica, del cui prodursi egli è accusato, è stata accertata e resa nota alla collettività. Dopo infiniti talkshaw, servizi giornalistici e programmi di approfondimento, nel corso dei quali sono state analizzate le conseguenze di questa crisi, oggi la nostra rete, avvalendosi delle più avanzate tecnologie virtuali, è finalmente in grado di offrire ai propri telespettatori, la possibilità di sentire dalla viva voce dei protagonisti, i come e i perchè di questo drammatico evento di cui tutti subiamo le conseguenze, e soprattutto comprendere se di questa crisi è possibile individuare i responsabili. Se con il nostro lavoro potremo offrire un contributo di verità e permettere quindi alla Storia di correggere, nella sua narrazione, l’errore che il suo procedere crea, e quindi accertare i fatti, individuare le responsabilità, condannare i colpevoli, allora saremo orgogliosi di aver reso un utile servizio ai nostri telespettatori. Un ultimo pensiero va alle vittime di questa drammatica crisi, in particolare a quegli studiosi di economia, a quegli operosi uomini d’affari, a quei probi servitori dello stato, il cui lavoro è stato vilipeso e la cui reputazione è stata messa in discussione, da quanti nel corso di questi giorni difficili, hanno approfittato del grave momento, per seminare discordia, agitare gli animi, fomentare il disordine; a loro va la condanna nostra e quella degli sponsor, grazie ai quali questa fiction è stata realizzata. Ed ora sigla e buona visione a tutti. I PUNTATA TA-DA-TA-TA-TA-BUUM Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Amici telespettatori è il vostro Dick Brewster che vi parla in diretta, qui dallo studio di Wolf TV, da cui mi preparo ad assistere, insieme a tutti voi, al processo del secolo, forse del millennio, e già vi dico che sarà una lunga diretta, quindi preparatevi ad una grande serata di grande televi-


2 sione, in compagnia mia e di Alan Friedkin, il famoso notista politico ed esperto di economia, e aspettate, sta entrando proprio ora, della bellissima Deborah Windshaw, vincitrice del popolare reality “Watching in the hole”; insieme ci terranno compagnia e commenteranno con noi le fasi più salienti del processo; ciao Alan, ciao Deborah, grazie di essere qui con noi.-Grazie a te Dick per l’invito, è un grande piacere per me essere qui, questa crisi ci preoccupa tutti e anch’io voglio sapere di chi è la colpa e soprattutto come andrà a finire.-Ciao Dick, scusami per il ritardo ma qui fuori c’era della gente con dei cartelli e non è stato facile passare…-Ok Deborah, ok, non ti devi scusare, penso che ogni uomo d’America sarebbe felice di passare ore ad attenderti, ma dimmi piuttosto, tu come la stai vivendo questa crisi?-Ma Dick, sai non è che mi intenda molto di queste cose economiche, però mi sembra che le cose non vadano bene, c’è tanta gente arrabbiata in giro, e questo mi da un grande dispiacere.-E questo dispiace anche a noi Deborah, ma ora lasciamo la parola all’aula, che il processo ha inizio.-

Accompagnata dalle note del Dies Irae, sul grande schermo dello studio compare l’immagine in bianco e nero di una grande aula universitaria, un vuoto emiciclo dalle pareti bianche e nude, vuote le file di banchi, vuota la grande cattedra che sovrasta la sedia su cui siederanno i testi, vuoti i banchi a destra e sinistra della cattedra che accoglieranno le parti; poi, mentre la musica sale d’intensità, una delle due piccole porte poste in fondo alla sala si apre, e preceduti da un contractor dal volto inespressivo, sei uomini fanno la loro comparsa entrando in fila indiana e prendendo posto alla cattedra. Bianchi, anglosassoni, vestiti con sobria eleganza, tutti intorno alla sessantina, i sei uomini vengono passati in rassegna dalla telecamera, che ne mostra l’espressione attenta e compresa, di chi è abituato allo studio e alla riflessione profonda, mentre in sovrimpressione compaiono scritte che li presentano al pubblico: Richard Prescott, professore di delocalizzazione industriale alla Harward University, membro della Corte, Alvin McEwan, ordinario di elusione fiscale alla Yale University, membro della Corte, Jeremy Lee Stanton, professore emerito di interesse privato in atto pubblico alla California University, membro della Corte, Frederick Gaines, professore di aggiotaggio e insider trading alla Cambridge University, membro della Corte, William Folder dottore in tecnica della bancarotta fraudolenta alla Columbia University, membro


3 della Corte, Edward Bayle, premio Nobel per la speculazione finanziaria e il riciclaggio di capitali, Presidente della Corte. Ora la telecamera torna alla porta per accompagnare l’ingresso degli avvocati, la pubblica accusa e la difesa, che sempre preceduti dal contractor, prendono posto ai banchi a loro riservati, da dove si mostrano alla telecamera in primo piano: sui sessant’anni, piccolo, segaligno, slavato, con i capelli a spazzola e gli occhi grigi e freddi, Ike Bradstreet, procuratore distrettuale di Detroit, rappresentante dell’accusa; poco più che trentenne, occhi piccoli e scuri, dietro un grande naso evidentemente semitico, su un volto scarno, una barbetta nera a punta e i capelli rasati, Joseph Zimmerman, avvocato del foro di Cleveland, rappresentante della difesa, incaricato d’ufficio. Inquadratura dall’alto dell’intera scena, poi lenta zoommata fino alla sedia vuota al centro, la musica sfuma ed è silenzio. Musica da “Il terzo uomo”, mentre in piano americano la telecamera inquadra l’ingresso di un distinto e anziano signore, eleganza un po’ antiquata, lineamenti delicati e sguardo franco e benevolo, ma in cui traspare la forza di un’energia dinamica; a introdurlo nella grande aula, un giovane studente che lo affianca con evidente rispetto; all’atto di entrare, con uno sguardo abbraccia la grande sala vuota, soffermandosi infine sull’ampia cattedra, dietro la quale siede la Corte, dal cui giudizio dipende l’opera della sua intera vita: perché lui è l’imputato. Preso posto a fianco dell’avvocato Zimmerman, l’imputato si siede, non prima però di aver salutato tutti i presenti, chinando quasi impercettibilmente il capo; anche lo studente si siede ad un banco al di sotto della cattedra, pronto a verbalizzare. Stop della musica, fermo immagine sul primo piano dell’imputato e scritta a grandi caratteri in sovrimpressione: Henry Ford, magnate dell’industria dell’auto, imputato. Ancora vista dall’alto, poi sulle note dell’Inno Americano, lenta zoomata sul banco dello studente dove al posto della Bibbia su cui far giurare i testimoni, troneggia una lussuosa e antica edizione de “La ricchezza delle Nazioni”, di Adam Smith. L’inno sfuma sull’inquadratura del Presidente Bailey. -La Comunità Economica Nazionale, contro Henry Ford, uomo d’affari e magnate dell’industria dell’auto, accusato di disastro doloso, per aver provocato, con atti incoscienti e irresponsabili, l’abbattimento del saggio di profitto, e il conseguente collasso del capitalismo occidentale. L’imputato si dichiara colpevole o non colpevole?In piedi con voce ferma e alta, che sembra esaltare il sorriso appena accennato di curiosità divertita, l’imputato risponde sereno:


-Non colpevole.-

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Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Ok amici telespettatori, ci siamo, avete visto l’imputato e so che in molti sarete sorpresi, chi l’avrebbe mai detto che proprio lui, Henry Ford, un grande americano, possa aver la colpa di tutti i guai che stiamo passando, un vero colpo di scena, te l’aspettavi Deborah?-No, è spero che non sia vero, un signore così distinto, e poi la mia prima auto è stata una Ford e funzionava bene.-Vedremo Deborah, vedremo, ma dicci Alan, cos’è questo saggio di profitto che si sarebbe abbassato e avrebbe procurato tutti questi guai? Ne io, ne penso la maggior parte dei telespettatori ne sappiamo nulla.-Nulla di complicato Dick, sai come sono questi professori, usano un linguaggio da addetti ai lavori, ma le cose poi sono abbastanza semplici: il saggio di profitto è solo il rapporto tra il capitale investito e il profitto che te ne viene; quando il capitale è poco e il profitto tanto, il saggio di profitto è alto, quando il capitale è tanto e il profitto rimane uguale, il saggio si abbassa.-Penso di aver capito a cosa ti riferisci Allan, è proprio quello che è accaduto anche a me, sai quand’ero giovane e prestante per far colpo su una ragazza, mi bastava pagarle da bere, oggi che ho l’età e un po’ di pancia, debbo pagarle almeno un weekend a Malibù… , il profitto è sempre quello, ma il capitale cresce… saggio di profitto, ora ho capito.-Sei grande Dick…-Oh, Dick ma che dici…-No Deborah, no, con te il capitale investito è sempre troppo poco... ok amici, prima di tornare in aula, per vedere come si come si mettono le cose per il vecchio Henry, abbiamo da mostrarvi un documento eccezionale, una breve intervista all’imputato, solo poche battute prima del suo ingresso in aula, mandiamola subito e poi riprendiamo direttamente con il processo.Sullo schermo un corridoio male illuminato, sul fondo una porta intorno a cui si accalcano giornalisti con microfoni e videocamere, la porta si apre, due contractor si fanno largo rudemente tra i giornalisti, poi compare Henry Ford, e subito si leva la selva di microfoni, cellulari, videocamere che sgusciano via oltre le guardie, per fermarsi solo a pochi centimetri dal volto dell’imputato, che visibilmente sorpreso ma anche divertito, si rivolge al più vicino dei giornalisti, parlando però a voce alta perchè tutti possano ascoltarlo.


5 -Sono spiacente... non so cosa dire... non so nemmeno perchè sono qua... anzi, sono sicuro che non dovrei essere qua...-Signor Ford, come le sembra l’America del 2012?-Non lo so, non ho visto nulla... però l’auto con cui mi hanno portato qui, è veramente fantastica...-Signor Ford, come vanno le cose nell’al di là?-Mi dispiace ragazzi, ma non sono autorizzato a parlare di questo.-Signor Ford le hanno spiegato le ragioni per cui sarà processato?-Pare ci sia qualcosa che non funziona nell’economia... non riesco a spiegarmelo, sembrava che tutto andasse a gonfie vele...abbiamo vinto la guerra, non so cosa sia accaduto dopo... forse qualche problema con i sovietici, ma non vedo cosa posso entrarci io...-Signor Ford cosa può dirci della crisi?-La crisi era finita, così ricordo... il povero presidente Roosvelt ha fatto un gran lavoro... la produzione è ripresa, tutto andava per il meglio... dopo non so... è un problema vostro ragazzi, io non ne so nulla.-Signor Ford, tutti gli americani hanno diritto a un auto?-Certamente, buone auto per tutti... è questo che ha reso grande l’America. Ma adesso basta ragazzi, sono atteso.-Ancora un’ultima domanda signor Ford, che ne pensa del Fordismo?-Fordismo? Basta così ragazzi, devo andare.Scortato dai contractor l’imputato avanza nel corridoio...dissolvenza... l’inquadratura torna in aula sullo scranno della Presidenza, attorno a cui sono riuniti il procuratore Bradstreet e l’avvocato Zimmerman per un breve consulto, poi il rappresentante della difesa si avvicina al suo assistito, che adesso siede al suo posto, e gli bisbiglia poche parole, ricevendo in risposta un breve cenno di assenso; quindi ritorna dal Presidente che accolto l’assenso, congeda le parti e si rivolge all’aula vuota. -Dato il carattere peculiare di questa Corte, composta dai più insigni economisti mondiali, tecnici usi ad andare all’essenza dei problemi, piuttosto che indugiare in questioni di forma, le parti si sono accordate per una procedura semplificata, ridotta alla sostanza del contenzioso processuale, che prevederà l’esposizione delle tesi dell’accusa e della difesa, l’esame dei testi, le arringhe conclusive e la possibilità di una dichiarazione dell’imputato, quindi infine, la sentenza. Si proceda quindi con le tesi dell’accusa.Piano americano sull’accusa, il Procuratore si alza in piedi, e inizia a parlare rivolgendosi al Presidente; il tono è pacato con una punta di stanchezza, come chi parla di un argomento spiacevole. -Signor Presidente, signori della Corte, non abuserò della vostra pazienza


6 ricordando ciò che a voi tutti è noto, e che ogni cittadino d’America e dell’occidente sta sperimentando: la condizione drammatica dei mercati, il clima di sfiducia degli investitori, l’angoscia degli speculatori, la diffidenza degli operatori finanziari e soprattutto il discredito, si, scusatemi, il discredito, di quanti come voi, hanno dedicato la loro intera vita, al nobile compito di spiegare, “urbi et orbi”, che il libero e naturale intrecciarsi degli scambi economici e finanziari, era la sola garanzia per il raggiungimento dell’equilibrio necessario, al naturale riprodursi dei rapporti sociali, e quindi al realizzarsi della più giusta delle società, quella in cui ognuno ha il suo posto e l’ordine regna sovrano. Oggi che questo nobile ideale sembra infranto, a voi, si a voi, compete di capire, cosa sia accaduto, come ciò sia stato possibile e individuare e isolare il vizio, la tara, il male sotterraneo, che segretamente covava, minando i fondamenti del sistema, diffondendo vane illusioni, suscitando assurde pretese, nella negazione del principio fondamentale della civiltà, il “valore”, quel “valore” sulla base del quale si fonda ogni ordine e ogni gerarchia. Nell’impegno a contribuire umilmente a questo scopo, dimostrerò a questa Corte come l’imputato, facendo mostra di se come alfiere della diffusione, del nobile ideale della valorizzazione del capitale in ogni ambito della società, nella realtà, operava in direzione di una costante e progressiva tendenza alla svalorizzazione del capitale stesso, di cui la caduta tendenziale del saggio di profitto, è la manifestazione più rovinosa e drammatica. Per fare luce su tali avvenimenti, chiamerò a testimoniare le vittime, o forse gli ignari complici, perché attraverso le loro parole emerga chiaro il disegno, e ancor più chiara la responsabilità dell’imputato, perché soprattutto sia chiara e palese la connessione, tra i più sordidi e ingordi istinti allignanti nei livelli più bassi della società, e la malattia che come una peste si diffonde fino ai vertici della struttura economica, colpendo i profitti, impedendo la valorizzazione del capitale, affossando le basi dell’economia, destabilizzando la Nazione. - il tono sommesso è cresciuto nell’enfasi oratoria, trasmettendo forte lo sdegno profondo. Poi alla parola Nazione, una pausa, nel silenzio lo sguardo si abbassa e la conclusione ritorna pacata, addirittura sommessa - E’ con dolore profondo che rivolgo l’accusa all’imputato, conscio così facendo di colpire un simbolo stesso di ciò che l’America è stata, ma non mi sottraggo al dovere di guardare a ciò che l’America sarà, se le classi dirigenti del paese non avranno il coraggio di scelte difficili: spero di poter contribuire umilmente a questo sforzo, facendo quanto mi è possibile per offrire a questa Corte l’opportunità di fare giustizia. Grazie.-


7 Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Di nuovo in studio amici telespettatori, e devo dirvi che anche se non mi sono ancora fatto un’idea su come stanno le cose, mi sembra che il Procuratore conosca il suo mestiere, che te ne pare Deborah?-Beh, sicuramente parla molto bene, ma non mi sembra che abbia detto molto… dopotutto non ci ha ancora spiegato perché ce l’ha con il signor Ford… o almeno, io non l’ho capito.-Al cosa ci dici, ha ragione Deborah? Effettivamente anche a me è sembrato che si sia tenuto un po’ sul vago…-Conosco Ike da anni, abbiamo giocato al golf e fatto qualche partita di pesca al marlin, e so che è un osso duro, in qualsiasi campo, ma un processo è un po’ come una partita a poker, in cui ognuno tiene nascoste le sue carte e le scopre al momento giusto, e Ike è anche un gran giocatore di poker. Aspetto di vedere le sue carte.-Anche noi qui in studio, e soprattutto voi da casa, ma torniamo in aula per sentire come rilancia la difesa, questo avvocato Zimmerman, di cui però non sappiamo molto.-E’ ancora giovane in effetti, ma a Cleveland si è fatto già un nome con quella storia del sindaco Haines.-Ne parleremo Al, adesso torniamo in aula e sentiamo cosa ha da dirci il giovane Zimmerman.-

Sullo schermo in piano americano, compare l’avvocato Zimmerman in piedi, mentre seduto al suo fianco l’imputato lo guarda con un’espressione incuriosita, come fosse uno strano animale. -Signor Presidente, signori della Corte, permettetemi innanzi ogn’altra cosa di soffermarmi su una delle cose dette dall’esimio rappresentante dell’accusa: egli ha detto che la vostra categoria è sprofondata nel discredito - sull’ultima parola lentamente sillabata, la voce metallica rimbalza come il tintinnio di una monetina – discredito e vero, cos’altro meritare se non il discredito, nel caso aborrito in cui lo studioso, abbandonata la via della ragione, si affidi ai meandri del sospetto, per giungere infine vicolo cieco dell’errore, errore tanto più grave, in quanto mina i principi stessi, di cui lo studioso è garante. Ma io ho fiducia che ciò non accadrà, e non il discredito, ma la stima e la riconoscenza della Nazione, saranno tributate a questa Corte, quando essa saprà rasserenare il cielo della speranza, cacciando le nubi del timore, con la brezza fresca e pulita della verità. Voi tutti, che siete stati e spero ancora siate, i laici sacerdoti della fede nei mercati, i freddi e lucidi osservatori del libero dispiegarsi dei capitali e delle merci, potrete mai abdicare a questa fede razionale, fino al punto


8 di giungere ad affermare, che l’azione irresponsabile di un solo uomo, possa aver prodotto il collasso di ciò che noi tutti sappiamo essere l’unico, sovrano, possibile e caotico ordine: l’ordine del capitale! Signor Presidente, signori della Corte, nel presentare la mia tesi, non posso che rilevare la tristezza dei tempi, quando la sfiducia nell’unico faro che ha illuminato la civiltà moderna, il Mercato, ci induce a cercare facili capri espiatori, in singoli individui, la cui unica colpa, se colpa si può dire, è stata quella di portare alle conseguenze estreme la fede che tutti condividiamo, la fede nella potenzialità di un sistema, un sistema che tutti coinvolge, in ogni sfera dell’agire umano, un sistema che nella costante e infinita valorizzazione del capitale, porta la specie umana all’apice del progresso e al dominio sulla natura e sul cosmo intero. Per questo, con il contributo di testimonianze e perizie, mi adopererò affinché questa Corte non cada nell’errore, e riconoscendo la natura effettiva di quanto messo in atto dal mio assistito, inserisca tale azione nella viva realtà della storia, cogliendo gli eventuali errori, solo come conseguenza di un forte stato di stress, uno stress che visse un’intera società per un’intera epoca, e di cui il mio assistito fu solo l’ignaro interprete. Chiedo quindi che la Corte rigetti l’accusa di disastro doloso, per la semplice ragione che tale disastro non si è mai realizzato, e la crisi che tanto atterrisce il rappresentante dell’accusa, è solo un fisiologico adattamento del capitale alle nuove necessità dei mercati, adattamento che prevede la trasformazione radicale di tutti i comparti della società. Per questo concludo chiedendo l’assoluzione completa per Henry Ford, perché il fatto non sussiste, o in via subordinata, ma presento tale subordinata solo per rigore professionale, l’assoluzione parziale per acclarata seminfermità mentale. Grazie.L’inquadratura passa sull’imputato, che a denti stretti sembra mormorare qualcosa, poi di nuovo su Zimmerman che seduto sorride in macchina con aria soddisfatta.

Studio di Wolf TV, Dick Brewster. -A sentire questo Zimmerman la crisi non è esiste, strana linea difensiva. E poi seminfermità mentale! Colpo di scena, chi l’avrebbe mai detto? Non so come l’imputato la prenderà, ma mi sembra che la difesa voglia farlo passare per mezzo matto. Che te ne pare Al?-Beh Dick, come l’ha preso l’imputato mi sembra chiaro, basta leggere il labiale.-Ok Al, vediamo se la regia può rimandarci l’inquadratura.Sullo schermo, al rallenty, primo piano su Henry Ford, che mormora due parole.


9 -Sono un po’ imbarazzato, ma il dovere di cronaca è dovere di cronaca, e mi sembra proprio che le parole pronunciate da Ford siano “bastardo giudio”, è questa è una cosa di cui mi scuso con tutti i telespettatori di fede ebraica, ma i fatti sono fatti, correggimi se sbaglio Al.-No Dick, è proprio così, queste sono le parole e d’altra parte la cosa non mi stupisce, Ford ha finanziato per anni riviste antisemite e fu addirittura insignito di un’onorificenza dai nazisti, per il contributo che la Ford diede all’industria bellica tedesca… poi ovviamente quando scoppiò la guerra fece marcia indietro… ma sai come si dice, il lupo perde il pelo ma…-Scusa Dick, io non ho nulla contro gli ebrei, ma quell’avvocato non si sta comportando bene, non è questo il modo di difendere una persona, farlo passare per un mentecatto, ma chi l’ha scelto quest’avvocato?-Grazie Deborah, questa è la questione, chi è questo avvocato Zimmermam? Al ci stava raccontando che si è fatto un nome difendendo il sindaco di Cleveland, e forse sarà bene raccontare ai telespettatori come è andata quella storia.-Certo Dick è una storia che ha suscitato clamore qualche anno fa: sai a Cleveland quando fu eletto sindaco Joshua Haines, un afroamericano che prese voti nei ghetti, furono in molti a dire che la sua elezione era dovuta all’appoggio delle gang che controllano lo spaccio di droga, così i cittadini per bene, con l’appoggio dei giornali più influenti, hanno cominciato a stargli con il fiato sul collo, fin quando non l’hanno preso con le mani nel sacco mentre prendeva una mazzetta per una storia di affari immobiliari. Haines sembrava senza speranza, ma Zimmerman, a cui fu affidata la difesa, scelse una strategia difensiva apparentemente folle, ma che alla fine funzionò.-Spiegaci Al.-Tutto semplice, invece di negare il fatto, cosa impossibile data la flagranza, lui ammise tutto, anzi documentò anche altre mazzette, e poi riuscì a dimostrare che con quei soldi Haines aveva costruito due asili e una casa di riposo per anziani indigenti.-Ma è una storia pazzesca…-E’ la pura verità, e la giuria, composta per lo più da neri e da gente dei quartieri bassi, alla fine l’ha mandato assolto.-Ma sembra una vecchia commedia di Frank Capra!-E non ti ho detto ancora il finale. Sai qual è lo slogan della prossima campagna elettorale di Haines?-Diccelo.-“Se i ricchi non pagano le tasse, pagheranno le mazzette”. E lo danno tutti vincente.-


10 -Clamoroso, e con questa storia tipicamente americana, ci fermiamo un attimo per dare spazio ai nostri sponsor; rimanete con noi e tra due minuti saremo insieme in aula per ascoltare il primo dei testimoni.-

Riserva Lakota di Pine Ridge, South Dakota, baracca di John Alce Eretto. Un vecchissimo indiano, in una poltrona sfondata, guarda la televisione; dalla stanza vicina una voce giovanile. -Ehi vecchio, vado in città stasera.-Come ogni sera ragazzo.-Ok allora, e non ti addormentare con il televisore acceso.-No, penso che starò sveglio stasera.-Cos’è danno “Balla coi Lupi”? O qualche vecchio film di Custer e Toro Seduto?-No, quel tempo è finito, anche per il cinema, e noi indiani non facciamo più paura a nessuno, nemmeno in TV.-Bando alle malinconie vecchio, pensa al futuro.-Nel futuro c’è solo la follia dell’uomo bianco, i vecchi lo sapevano e io questa sera lo vedo.-Di’ vecchio, hai avuto un sogno, una visione?-Il tempo delle visioni è finito, l’uomo bianco ha preso tutte le visioni e le ha chiuse in quella scatola. Per questo io la guardo. Quando la follia dell’uomo bianco sarà alla fine, io la vedrò in quella scatola.-Beh, vecchio non credo sia per questa sera comunque. Ti conviene andare a dormire.-No, starò sveglio, guarderò e aspetterò, la follia è alla fine e io la sto vedendo… dopo potrò alzarmi e danzare.Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Rieccoci amici telespettatori, ancora insieme, con Alan Friedkin e Deborah Windshaw, per seguire, lo dico per chi si fosse sintonizzato solo ora, il processo del secolo, la Comunità Economica Nazionale contro Henry Ford, il grande magnate dell’auto, accusato di aver causato tutti i guai che stiamo passando per la crisi economica. Ed ora torniamo in aula per ascoltare la prima delle testimonianze. Inquadratura sul Presidente della Corte che si consulta con uno dei suoi colleghi, mentre insieme controllano alcune carte, poi solleva lo sguardo e prende la parola. -Bene, ringrazio i rappresentanti dell’accusa e della difesa per la sinteticità e la chiarezza con cui si sono espressi, e chiedo che venga introdotto il


11 primo dei testimoni dell’accusa, Wesley Hampton Junior.La porta in fondo alla sala si apre, e accompagnato da un robusto contractor con occhiali scuri e auricolare, un giovane di colore, poco più che ventenne, entra nell’aula guardandosi intorno con aria eccitata poi, spinto energicamente dal contractor, va a sedersi sulla sedia al centro della sala. Senza posare su di lui lo sguardo il Presidente rivolge la domande di rito. -Lei è Wesley Hampton Junior, di anni 21, residente a Detroit, Michigan?-Si, si, sono proprio io… non so perché…-Si limiti a rispondere alle domande, e per favore e prima di ogni altra cosa giuri di dire tutta la verità. Dica lo giuro.-Va bene, va bene, lo giuro…ma…-E adesso risponda alle domande che il rappresentante dell’accusa vorrà farle. Procuratore proceda.Senza alzarsi dal suo banco e con una palese espressione disgustata, il rappresentante dell’accusa inizia il suo interrogatorio. -Signor Hampton, prima di tutto vorrei chiederle se lei è cosciente di appartenere ad una minoranza razziale svantaggiata, con prospettive di occupazione e carriera significativamente inferiori alla media nazionale.-Hey che domande sono queste, io sono un americano, un afro-americano, l’America è piena di afro-americani, abbiamo un presidente afro-americano, nel mio quartiere siamo solo afro-americani, non siamo una fottutissima minoranza, non siamo una banda di fottuti portoricani o di musi gialli, questa è l’America e non…-Basta così signor Hampton, abbiamo capito. E mi dica qual’è la sua attuale occupazione?-Beh, occupazione… molte occupazioni. C’è tutto un giro di…-Intendo dire, se lei ha un’attività retribuita, se opera come libero professionista o ha altri cespiti di liquidità, rendite immobiliari, titoli o altro.-Cosa?-Signor Hampton, lei lavora?-Ah lavoro…no, no, nessun lavoro, come dicevo prima al momento c’è un giro di cose in ballo che…-Lei studia signor Hampton?-Beh ho studiato… il college… e quelle cose lì, no?-Lei si è diplomato al college?-No, no diplomato no, non è roba per me, il mio vecchio voleva, ma tutti quei fighetti palliducci e quei negri da “si badrone”, da vomito… veramente, noo.-Bene signor Hampton, lei non lavora, lei non studia, eppure lei consuma. Agli atti risulta che nel maggio 2009, lei ha acquistato un’auto nuova di


12 marca Chrysler, del valore di 18.000 dollari, è vero?-Che c’entra questa storia? Avevo quasi finito di pagarla, mancavano rate per meno di un anno, che colpa ne ho se quel fesso mi è venuto addosso e mi ha spinto giù per un burrone, che non so nemmeno io come ho fatto a buttarmi fuori, prima di volare di sotto, con tanto di cintura di sicurezza.-Agli atti risulta che lei dopo aver presentato garanzie da parte di sua madre, la quale ha anche versato un minimo anticipo, ha pagato solo le prime cinque rate, quindi di fronte al tentativo da parte dei creditori di rientrare in possesso dell’auto, ha messo in opera il falso incidente, tentando di truffare l’assicurazione. Può confermare?-Nooo, chi ha messo in giro questa storia…-Signor Hampton agli atti risulta una sua condanna a otto mesi, con i benefici della condizionale, per questa vicenda, mentre il danno economico da lei procurato non è stato risarcito che in minima parte: adesso vuole confermare?-Ok, ok, confermo tutto, ma si può sapere cosa volete da me?-Signor Hampton, lei è stato convocato qui in qualità di teste, e, al di là delle mie personali valutazioni sul suo conto, a suo carico non vi è alcuna imputazione, ne ve ne sarà alcuna, salvo quella di falsa testimonianza, qualora lei volesse continuare con questo atteggiamento. La prego quindi di rispondere con esattezza alle domande che le farò. Lei è cosciente di aver procurato un danno all’economia nazionale?-Noo, addirittura…-Risponda.-Si, va bene, lo ammetto-Signor Hapton, rifletta bene prima di rispondere a questa domanda; mi dica, cosa pensa dei consumatori?-Beh io, giuro che…-Parli liberamente signor Hampton.-Beh, non so se posso… non che ne capisca granchè… però mi sembra una cosa buona… cioè, la gente consuma, i soldi girano, l’economia tira… il PIL, quelle cose lì.-Ma per consumare si deve pagare, è d’accordo signor Hampton?-Beh si, giusto, si deve pagare.-E chi non paga signor Hampton, come lo definirebbe?-Cioè, non so… povero?-No signor Hampton, i poveri, i veri poveri, non consumano e quindi non devono pagare, no signor Hampton, io mi riferivo a chi consuma per 18.000 dollari e poi non paga.-


13 -Ma veramente, non so che dire…-E allora glielo dico io signor Hampton, e poi mi lei mi dirà se è d’accordo: “parassiti”, ecco come li definirei, parassiti, è d’accordo signor Hampton?-…-E’ d’accordo signor Hampton?-Si, si …-Bene signor Hampton, finalmente cominciamo ad andare d’accordo. E adesso ancora una domanda, l’ultima e mi raccomando, rifletta bene prima di rispondere: perché uno come lei, disoccupato, senza alcuna risorsa, senza una ricca famiglia alle spalle e me lo lasci dire, senza alcuna prospettiva nella vita, insomma un insolvente cronico, perché uno come lei pensa di poter comprare un’automobile?-Ma che diavolo, che significa questa domanda… tutti hanno un auto!-Grazie signor Hampton. Per me è tutto signor PresidenteNell’aula silenziosa ora tutto è immobile e il teste in primo piano si guarda per un attimo intorno, come a cercare qualcosa, forse una fuga o forse solo un po’ di comprensione; sul banco degli imputati Henry Ford guarda al giovane afroamericano e una punta d’inquietudine inizia farsi strada sul suo viso. La voce del Presidente rompe il silenzio. -La difesa intende porre domande al teste?-Si signor presidente, vorrei fare alcune domande a questo giovane americano.-Bene, il teste è a sua disposizione.L’avvocato Zimmerman lascia il suo banco e si avvicina al teste con un sorriso sicuro. -Signor Hampton, lei crede di essere un buon americano?-Beh, non meno di chiunque altro comunque.-Ok signor Hampton, le credo. E mi dica, cosa le piace dell’America?-E’ un paese libero, tutti lo sanno-Giusto signor Hampton, tutti lo sanno. E mi dica, cos’è per lei la libertà?-Beh la libertà è… come dire… ognuno ha la sua idea e fa quello che… cioè non proprio tutto, ma…per esempio…-Per esempio, signor Hampton, girare tutta la notte su una macchina sportiva passando da un bar all’altro in compagnia di qualche ragazza allegra, è libertà, possiamo dirlo.-Si, si, ecco quello che intendevo dire… nulla di male, solo divertirsi un po’.-Bene signor Hampton, e adesso mi dica: cosa sarebbe disposto a fare per difendere la sua libertà?-Io? Quello che c’è da fare, io non mi tiro indietro, io, ho fatto domanda


14 nei marines e se non era per quella storia dell’auto…-Un attimo signor Hampton, un attimo, mi faccia capire, lei ha fatto domanda nei marines?-Certamente, perché no? E un mio diritto!-Certo che è un suo diritto signor Hampton, come è dovere di ogni buon patriota difendere la Nazione. Grazie signor Hampton, la sua testimonianza ci è stata di grande aiuto. Per me è tutto signor Presidente.Mentre il signor Hampton esce dall’aula con l’orgoglio di chi ha fatto il suo dovere e il sollievo di chi sa di essersela cavata, inquadratura sull’imputato che guarda con attenzione e una punta di compiacimento l’avvocato Zimmerman.

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Allora amici telespettatori, l’avete visto il nostro primo teste, un ragazzo come tanti, potrebbe essere vostro figlio o magari il mio, certo se fosse mio figlio dovrei farmi chiarire qualcosa da mia moglie, ma a parte questo, un ragazzo normale, non è proprio un ragazzo modello, ma chi di noi lo è stato alla sua età? E quanti di questi giovani, a volte teste calde, sempre un po’ incoscienti, quanti di questi giovani hanno dato la vita in Europa e nel Pacifico, in Corea e in Vietnam, in Irak e in Afghanistan, contro i nazi, i rossi, o i talebani? Un ragazzo americano, uno come tanti, eppure forse già coinvolto nel meccanismo infernale che rischia di portarci alla catastrofe. Che te ne pare Deborah?-No no, non mi pare possibile, cos’ha fatto di male? Ha avuto un incidente e l’assicurazione si è accanita, è successo anche a me una volta, questi assicuratori possono comportarsi in modo orribile… poi non capisco, che colpa può avere il signor Ford, se un ragazzo non paga l’auto che ha comprato?-Diccelo tu Al, che colpa ne ha Henry Ford?-Beh Dick, prima di tutto fammi dire che Ike c’è andato un po’ giù duro con quel ragazzo, ma penso di capirne il motivo: quanti giovani credono che tutto sia a portata di mano, che tutto sia loro dovuto? Tanti, troppi, ma non penso sia loro la colpa, è tutto un sistema che forse non va, la vita facile, i soldi facili e tutto il resto. Ma tu mi chiedi che colpa ne ha Henry Ford, e io non so che risponderti Dick. Quello che so è che in questo paese, tutti pensano di aver diritto a un auto, e questo lo capisco, ma per avere un auto si deve pagare e anche questo lo devono capire tutti.-Troppo giusto Al, troppo giusto. Ed ora di nuovo in aula, vediamo chi sarà il prossimo testimone.-


15 Inquadratura sul Presidente che con una espressione infastidita, guarda verso l’uscita, quasi ad assicurarsi che il giovane Hampton sia definitivamente fuori; poi si rivolge di nuovo all’aula vuota. -Procediamo, sia introdotto il prossimo teste a carico, la signora Lynn Carter.Preceduta dal voluttuoso sommovimento di due protesi in silicone formato XL, sovrastata da un’imponente impalcatura di capelli, la signora Lynn Carter si fa avanti nella sala con passo deciso, seguita dallo sguardo attento del contractor, evidentemente concentrato nell’esame del potenziale sovversivo delle natiche sobbalzanti al movimento dei tacchi da 13 e ben evidenziate dalla gonna fasciante di raso nero. La macchina segue la signora Carter che seduta, accavalla le gambe con evidente compiacimento e rivolge ai presenti uno sguardo imbronciato e anche un po’ scocciato. Sequenza sull’espressione attenta dei membri della Corte, poi zummata sul triangolo di cosce mostrato dalla teste, quindi sul procuratore Bradstreet, che sembra ritrarsi sul suo banco, quasi temendo una contaminazione. Dall’alto della cattedra il Presidente si sporge per parlare, e mentre si sente la voce solenne e neutra, sempre dall’alto l’inquadratura vola a infilarsi sull’ampia scollatura della teste. -Lei è Lynn Carter, di anni 43, residente a Detroit, Michigan, coniugata a Wesley Hampton Senior, madre di Wesley Hamptom Junior?-Si sono io, ma sono separata da mio marito da…-La prego, si limiti a rispondere alle domande, e giuri di dire tutta la verità. Dica lo giuro.-Ok, ok, lo giuro.-Bene, Procuratore il teste è a sua disposizione, può procedere con le domande.A queste parole la signora Carter si volge verso il banco dell’accusa, primo piano sul suo volto, il mento un poco sollevato le labbra carnose invitanti e protese verso l’austero Procuratore, che impassibile rivolge la sua domanda ai banchi vuoti della grande sala. -Signora Carter, prima di tutto, può dirci qual è la sua attuale residenza?-Al momento sto trasferendomi in un villino nella zona di…-Signora Carter, a noi risulta che lei vive, insieme a suo figlio, in un residence sulla statale 47, dove peraltro riceve degli uomini, come accertato da funzionari dell’ufficio della buoncostume della polizia di stato.-Cosa c’entra questo, ho degli amici, non mi risulta che sia vietato, e per quanto riguarda il residence è solo una sistemazione del momento, in attesa di trasferirmi.-Una momentanea sistemazione che dura da oltre un anno, da quando


16 cioè lei ha perso la sua casa di proprietà per insolvenza, non avendo onorato il pagamento delle rate dell’ipoteca che sull’immobile aveva acceso.-Sono una donna che lavora, ho sempre lavorato e ho sempre pagato, non fosse stato per quell’imbroglione di Al, adesso sarei a godermi la mia piscina, invece che in quel buco sulla 47°-Quando dice Al, si riferisce ad Albert Hoover.-Si, Albert Hoover, è a lui che dovreste fare le domande non a me…-Verrà il suo turno signora Carter, verrà il suo turno. Ma adesso torniamo a noi. Può dirci qual è la sua abituale occupazione, quando non riceve i suoi amici?-Sono stilista dei capelli e consulente per cure estetiche, e nel passato ho lavorato nel cinema… magari qualcuno di voi mi ha anche visto in qualche film.L’ultima frase è ammiccante, imbarazzo dei presenti, salvo l’imputato, che si guardano intorno. -A noi risulta che a parte una breve e fallimentare avventura imprenditoriale, con un centro di cure estetiche, lei abbia lavorato come cameriera e donna delle pulizie, e quanto alla sue esperienze nel mondo del cinema, dubito che tra gli esimi professori presenti in quest’aula, qualcuno abbia avuto l’occasione di conoscere pellicole come “Lingue avide” e “A qualcuna piace grosso”, dove lei compare con il nome d’arte di Lola The Tongue. – flash sul professor Prescott, che sgrana gli occhi come colto da un’improvvisa illuminazione, poi assume un espressione sognante - Può quindi per favore darci un quadro esauriente della sua carriera professionale?La signora Lynn ha un moto d’insofferenza, poi abbassa lo sguardo. -Ok lo ammetto, ho fatto la cameriera e la donna delle pulizie, ma ora ho chiuso con quella roba, era quando stavo con Wes, mio marito, poi lui perse il posto e io ho capito che dovevo darmi da fare in proprio, e non ammuffire in quel ghetto di negri, ingrassando e guardando commedie in TV. C’era un tipo che conoscevo e mi disse che avevo il personale giusto per fare del cinema, ma mi mancava ancora qualcosa per sfondare, così mi consigliò una clinica e lì mi rifeci la carrozzeria in versione extralusso, solo il davanti che di dietro è tutto naturale, e a parte la fatica di portarle in giro, mi sembra di aver fatto un buon affare. Non pare anche a voi?- Primo piano sulle XL. -Mi scusi a quanto ho capito suo marito era disoccupato e lei viveva con il salario di cameriera, potrebbe dirci come fece a pagare le sue “cure estetiche”? La spesa deve essere stata rilevante.Adesso la signora Lynn assume un tono di sufficienza.


17 -Guarda le cose dal lato sbagliato, non era una spesa, ma un investimento. Mai sentito parlare di mezzi di produzione?-Va bene, va bene, noto con soddisfazione che lei ha una certa conoscenza della terminologia economica, e allora le rinnovo la domanda: da dove le venne il capitale da investire? Aveva dei risparmi?-Noo, niente risparmi, quelli li teneva sotto chiave Wes, avevo le mie carte di credito…-Mi scusi signora Carter, questo è un passaggio importante, lei, pur non avendo ne risparmi, ne rendite, con un lavoro a basso reddito e presumibilmente precario, senza alcuna proprietà, lei possedeva carte di credito, può spiegare alla corte come ne era entrata in possesso.-Ehi ma dove vivete, siete economisti o frati trappisti? Te le mandano a casa le carte di credito, è così che funziona, non devi nemmeno chiederle. C’è gente che vende soldi come fossero aspirapolvere, lo sapete? Anzi per gli aspirapolvere ti bussano alla porta, le carte di credito te le trovi nella cassetta della posta.-Quindi lei fece debiti, per, diciamo così, dare avvio alla sua carriera professionale.-Noo, continua a guardare le cose dal lato sbagliato; non feci debiti, pianificai un’impresa e feci un calcolo dei ricavi presunti.-Come? Scusi non capisco, le mie conoscenze economiche non giungono a comprendere come un debito possa trasformarsi in ricavo…-Ma è chiaro, è così che funziona, è l’economia; quando sei in affari l’interesse sul credito è solo una voce di spesa, come l’affitto dell’ufficio o la bolletta del telefono, quanto al capitale che hai preso, quello è investito in beni durevoli e si ammortizza con gli anni. Va tutto nel bilancio preventivo e si copre con i ricavi, qual è il problema?. E i ricavi c’erano, glielo garantisco; e anche i beni durevoli.- Ancora primo piano sulle XL. -Grazie signora Carter, abbiamo compreso. Quindi lei ottenuti i “mezzi di produzione”, diede l’avvio alla sua nuova carriera e…-Non fu una cosa semplice, Wes non la prese bene. Quando mi incontrò per strada nella nuova versione, mi fece un occhio nero e mancò poco che mandasse all’aria il lavoro del chirurgo; e poi c’era il ragazzo… non poteva stare con me.-Signora Carter, le spiacerebbe sorvolare sulle sue vicende famigliari e se possibile anche sui particolari della sua carriera artistica; ciò che a questa corte interessa sapere, sono le circostanze in cui lei ha perso la villa con piscina che aveva acquistato in un quartiere residenziale della città, come e perché si fosse indebitata al punto di non poter più onorare i suoi impegni.-


18 -La colpa non è mia, non fosse stato per quel porco di Al…-Ci dirà dopo dei suoi rapporti con Albert Hoover, adesso ci dica che cosa l’ha spinta ad acquistare un immobile il cui valore era evidentemente al di sopra delle sue possibilità. Vuole spiegare per favore?-No, io non devo spiegare proprio niente: che significa al di sopra delle mie possibilità? Solo le vostre troie slavate possono girare a fare shopping nella città alta? Avevo i soldi e l’ho comprata, anche se quelli intorno sbavavano dalla rabbia, anzi le donne sbavavano dalla rabbia, che i maschi sbavavano dalla voglia di essere invitati ai party in piscina che davo. Perché a questo mi serviva quella casa, a dare dei party e fare un po’ di public relation, che nel mondo dello spettacolo se non sai metterti in mostra, ci mettono poco a farti fuori; il mondo è pieno di puttanelle pronte a farti le scarpe alla prima occasione.-Bene signora Carter, abbiamo compreso che anche la casa era da conteggiarsi, diciamo così tra gli strumenti di lavoro, piscina e camere da letto comprese. Posso chiederle allora perché nell’aprile del 2007 decise di accendere un’ipoteca sull’immobile per un valore di 600.000 dollari?-Differenziazione, differenziazione degli investimenti è questo che mi ha fregato; tutti lì a dire che si deve saper differenziare, che non si può investire in un solo settore, che può capitare una crisi e rimetterci tutto… Beh, la crisi stava arrivando, dai paesi dell’est la concorrenza era spietata, fino a quando c’erano i comunisti almeno le puttane se le tenevano a casa loro, poi hanno cominciato a esportarle e anche a basso prezzo; e poi con questa storia del porno non si fanno più soldi, tra paesi dell’est, Thailandia e Sud America, che ti riempiono di roba a basso costo, mettici poi le studentesse che lavorano a casa con una webcam, aggiungici quelli che hanno scoperto che si arrapano di più con gli uomini e i trans, e alla fine scopri che le tue tette formato XL, non bastano più. E poi era un po’ che avevo passato i trentacinque, la carriera era agli sgoccioli. E fu a quel punto che cominciai a guardarmi in giro, e capii che nella vita c’è altro che lanciare gridolini e fingere orgasmi davanti a una troupe che mangia sandwich e parla della partita. Volevo un tocco di classe, qualcosa di chic, un posto giusto per gente raffinata, e fu a quel punto che incrociai Al.-Come aveva conosciuto Albert Hoover?-Niente di eccezionale, lui era un agente immobiliare, aveva fatto qualche affare con un regista con cui anch’io avevo lavorato spesso, e ci eravamo incontrati a qualche party, anche a casa mia; veniva per le ragazze, ma se non trovava il modo di infilarsi in una camera da letto, era sempre lì a cercare di piazzare qualche affare. Sapete come sono questi agenti immobiliari, chiacchierano, chiacchierano e alla fine ti trovi a prendere un ap-


19 puntamento per andare a vedere un appartamento di cui non ti frega proprio niente. Ma non era il caso mio, io non mi faccio portare in giro dalle chiacchiere, ma quando mi raccontò che aveva per le mani un vero affare, un centro benessere, palestra, sauna, centro estetico e tutto il resto, gli dissi di passare da me per un drink perché la cosa poteva interessarmi.-

-Signora Carter, immagino che questa volta le carte di credito non le siano bastate a fare l’investimento.-No ovviamente, avevo anche dei risparmi, ma non bastavano. Fu Al a spiegarmi come potevo fare.-Può spiegarlo anche a noi?-Beh era una cosa semplice, da quando l’avevo acquistata la casa era cresciuta di valore, potevo andare in banca, ottenere una nuova stima e chiedere soldi per il valore della nuova stima, circa 600.000 dollari, usare parte dei soldi, 250.000 dollari, per chiudere il vecchio mutuo e con la rimanenza fare l’investimento, che era di 500.000 dollari, di cui 150.000 erano di miei risparmi. E così ho fatto.-Quindi signora Carter lei si trovò ad essere esposta per ben 600.000 dollari.-Ero in affari, proprietaria di una villa in un quartiere residenziale e di un centro benessere, per un valore di oltre un milione di dollari.-Tutto andava a gonfie vele allora, cosa è accaduto a quel punto?-Beh, in realtà non andava per niente a gonfie vele, il centro benessere succhiava soldi in continuazione, spese per il personale, pubblicità, commercialisti, tasse, e io che passavo le giornate ad accogliere clienti e le notti a fare i conti. Poi gli interessi del prestito crescevano e quando chiedevo ad Al, lui mi raccontava non so quali storie di conseguenze del mercato azionario, di obbligazioni e non so che altro. Non era così che me la ero immaginata la storia, e alla fine del mese i conti non tornavano mai.-Fu per questo che decise di “differenziare” ancora, ed aprire ad altre attività?-A che si riferisce?-Risulta agli atti che il suo centro benessere è stato al centro di un inchiesta per sfruttamento della prostituzione.-Balle, ne sono uscita pulita, e quella puttanella irlandese che mi ha messo nei guai adesso batte sui marciapiedi di downtown. Comunque anche quella storia mi è costata soldi.-Va bene, tralasciamo questa storia, prosegua pure.-Non c’è molto da dire, mandare avanti l’attività era dura, ma io non sono una che si tira indietro, e a fine mese pagavo quello che c’era da pagare.


20 Ero negli affari, affari puliti, fuori dal quartiere in cui ero nata e cresciuta, e se le signore perbene non mi invitavano a prendere il tè, comunque passavano al mio centro per i massaggi e la manicure; fu a quel punto che si presentò Wes.-Suo figlio Wes?-Si mio figlio. Aveva lasciato il college e rotto con il padre. Non che prima non ci vedessimo, ma la vita che facevo non mi dava molto tempo da dedicargli, invece adesso…-Signora Carter, tralasci gli aspetti personali e rimanga ai fatti. Lei presentò garanzie per l’acquisto di una Crysler del valore di 18.000 dollari?-Si certo, qualunque madre l’avrebbe fatto.-Ma non si curò di verificare che le rate del finanziamento fossero effettivamente pagate.-La finanziaria prelevava i soldi direttamente dal conto, ma…-Ma?-Ma ci fu un problema, un mese ero a secco sul conto e in ritardo con la rata, e allora quando rimediai i contanti, li diedi a Wes perché passasse lui all’ufficio della finanziaria e saldasse la rata.-E lo fece?-Si, mi riportò la ricevuta.-E quindi?” -Beh, anche il mese dopo andò così e poi ancora, io davo i soldi a Wes e poi ci pensava lui; un mese ero a corto, ma lui mi disse di non preoccuparmi, che lì in ufficio aveva un amico che gli avrebbe fermato la pratica per qualche giorno.-Quindi lei non si curò di verificare se i pagamenti erano stati realmente effettuati?-Avevo il mio lavoro a cui badare, e poi la storia non durò tanto, avvenne l’incidente.-Signora Carter, quello che lei chiama incidente, fu una tentata truffa ai danni dell’assicurazione per cui suo figlio è stato condannato.-Il mio ragazzo è innocente, ha rischiato la pelle in quell’incidente, solo che con le assicurazioni c’è sempre da rimetterci, vogliono i tuoi soldi, ma quando è il momento di pagare, mandano i loro avvocati. E’ sempre così, una fottuta mafia. Lo volevano in galera quei bastardi, ma alla fine l’ho spuntata io.-E quanto le è costato?-Tanto, troppo. E’ stato a quel punto che mi sono rivolta a Al. Con la banca non ce la facevo più e avevo deciso di vendere la casa e prenderne una più piccola, tanto non ero più in vena di dare party. Contavo di fare un


21 po’ di soldi e levarmi un po’ di debiti, chiamai Al e gli dissi che ero intenzionata a vendere, volevo fare in fretta, ed ero pronta anche a rimetterci qualcosa, mi bastavano 500.000 dollari, tutto ciò che ne cavava in più, era per lui. Mi disse “ok, passo da te e ne parliamo” e poi non si e più fatto vedere; ho continuato a cercarlo ma non c’è stato verso, stavo pensando di rivolgermi a qualcun altro, poi un giorno lo incontro per caso in un bar e allora l’ho bloccato. E’ stato allora, che con la faccia tosta che si trova, mi disse, che “ok, sto lavorando per te e anzi c’è un tipo interessato, è pronto a pagare 250.000 dollari, posso concludere in fretta.” 250.000 dollari! Ero furibonda.-Signora Carter, lei conosce l’espressione “bolla immobiliare”?-Adesso si.-Può spiegare di cosa si tratta?-Dovreste saperlo voi, siete voi gli economisti.-Vorremmo avere il piacere di sentire la sua opinione.-Significa che il mercato tira, e i prezzi salgono, e nessuno si cura di sapere se chi compra ha o no i soldi per pagare. Non puoi vendere case a una torma di negri, messicani e bianchi sfigati, che poi non ti pagano; per loro non cambia nulla, pezzenti erano e pezzenti rimangono, chi ci rimette siamo noi, la classe media, quelli che lavorano e mandano avanti il paese, quelli che investono e rischiano del loro. Siamo noi la classe media che mandiamo avanti la baracca e siamo noi quelli che ci rimettono quando tutto va in malora. Piccoli bastardi come Al, che per fare il loro sporco miserabile guadagno, distruggono l’onesto risparmio di chi ha lavorato una vita: in galera dovrebbero finire. La banca si è presa tutto, casa e centro estetico, 200.000 e 250.000 dollari me li ha valutati, e ancora gli devo dei soldi. Una vita di lavoro e adesso un residence e qualche dollaro da spillare al maiale di turno.La signora Carter chiude il suo sfogo amareggiato, mentre una lacrima scivola su una guancia; il Procuratore ha un attimo di esitazione prima di porre la domanda successiva, poi con gentilezza. -Ancora una domanda signora Carter, l’ultima: cosa intende lei per classe media?Primo piano sulla teste, gli occhi spalancati, lo sguardo sognante, poi un sospiro e gli occhi si abbassano. -Classe media… una casa tua, un’auto, le vacanze in Florida, la pelliccia, i figli al college, un conto in banca, è così per tutti… almeno credo.Silenzio in aula, carrellata sui membri della Corte, volti contriti, primo piano sul professor Prescott, visibilmente commosso, poi inquadratura dal basso della teste, china su se stessa, una mano sulla fronte, le protesi


22 XL in silicone, che pendono disfatte sulle ginocchia. Piano americano sul Procuratore Bradstreet, sul cui volto compare un accenno di imbarazzo che forse è comprensione. -La ringrazio signora Carter. Per me è tutto signor Presidente.Ancora silenzio, il Presidente sembra assorto, inquadratura dall’alto del corpo chino della signora Lynn, la macchina sale ancora e lei sempre più piccola al centro della sala, poi la voce del Presidente. -La difesa proceda con le domande alla teste.Zimmerman rimane al suo banco. -Solo una signor presidente, non intendo ulteriormente gravare la teste, già duramente provata. Signora Carter, una cosa non mi è chiara, quale pensa siano le cause della fine del suo benessere, il fatto che si sia prodotta una bolla immobiliare o, piuttosto che non la si sia saputa sostenere?-Ma cosa vuole che ne sappia io, io so solo che avevo un più di un milione di dollari, e adesso vivo in un residence. Siete voi che dovete rispondere.-La ringrazio signora Carter, per me è tutto.Primo piano su Henry Ford che guarda a bocca aperta Zimmerman, piacevolmente stupito.

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Grande televisione questa sera su Wolf TV, la vita vera, le persone in carne ed ossa, una donna di temperamento, una donna energica e spregiucata, una donna che forse ha fatto delle scelte sbagliate, ma le ha fatte per una ragione che tutti possiamo capire, ed eccola qui ora, travolta dalle avverse circostanze, spinta ai margini della società, costretta alla più vergognosa delle professioni, queste sono le vittime della crisi, gente comune con il loro sogno di benessere e serenità, travolti dagli eventi, ma oggi, grazie a Wolf TV e ai nostri sponsor, possono almeno raccontarci la loro storia, perché tutti noi si possa riflettere e se necessario cambiare. Deborah, cosa ci dice in realtà questa storia, quali insegnamenti ne trai?-E’una storia terribile che mi ha molto colpito, ma io credo che la signora abbia commesso un grave errore, doveva controllare che le rate dell’auto fossero pagate, e non fidarsi di ciò che le diceva il figlio, che in fondo è solo un ragazzo. Penso che i genitori e i figli dovrebbero comunicare di più, questo io penso, oggi in famiglia si parla così poco, è normale che poi nascano dei problemi.-Si, Deborah effettivamente oggi in famiglia si parla poco, grazie di avercelo fatto notare con la tua sensibilità femminile, e certo gli uomini dell’economia dovranno tener conto anche di questo. E tu Al cosa ne pensi di questa signora?-


23 -Beh quella di Lola, cioè… voglio dire della signora Carter, è una storia emblematica, c’è dentro tutto il sogno americano, la ricerca del successo, spesso senza badare troppo ai mezzi con cui lo si ottiene, ma soprattutto ci segnala un fatto preoccupante, e cioè che chiunque, dico chiunque, anche una signora le cui capacità possono essere certo apprezzate in altri campi, oggi pensa di poter avviare attività imprenditoriali, speculare sugli immobili, parlare di investimenti e di rapporto costi ricavi, come se l’economia fosse alla portata di tutti. Non è così, in realtà le cose stanno diversamente, l’economia ha le sue leggi e le sue necessità, nessuno può credere di arricchire chiedendo prestiti.-Davvero Al? Beh, questo spiega perché la mia banca ha deciso di chiudermi il credito! Ok, a parte le battute, c’è un altro aspetto interessante della testimonianza della signora Carter, che ci parla di un mondo, quello della pornografia, poco conosciuto ma che certo ha il suo valore economico, almeno secondo quello che si sente in giro sul proliferare di siti internet in cui e possibile trovare di tutto, e sul gran numero di persone che li usano. Che idea ti sei fatta di questo fenomeno Deborah?-Ma… è una cosa di cui non so nulla, non me ne sono mai occupata, so solo così, per sentito dire… e in ogni caso quel video che circola in rete non è il mio, ho già sporto denuncia contro ignoti, perché io non ho mai fatto sesso con quattro uomini, e poi il rapporto anale non era neanche previsto, se ne sono approfittati e…-OK Deborah grazie, abbiamo capito, grazie. Sentiamo cosa ne pensa Al sull’argomento, forse è meglio…-Siamo uomini Dick, inutile essere ipocriti, a tutti noi fa piacere vedere delle belle ragazze in TV, e a chi non è capitato di passare una serata con gli amici in un locale notturno, e infilare biglietti da 10 negli slip di una bella figliola, perché negarlo? Ma queste sono cose normali, non roba da depravati… eppure a quanto sembra di depravati in circolazione ce n’è abbastanza da tenere in piedi un mercato, e questo è un fatto. E allora che dire Dick? Questo è un paese libero, e soprattutto se paga, ognuno è libero di far quello che vuole e questo è indiscutibile; d’altra parte è bene evitare che la corruzione dei costumi e la depravazione attentino ai valori della famiglia… è un problema serio e non so come possa essere risolto. Io per conto mio, tengo segreta la password del mio computer.-Ottimo consiglio Dick, ottimo consiglio, ma adesso parliamo del processo, e della battaglia tra Bradstreet e Zimmerman, vediamo chi dei due ha segnato qualche punto in questo round, anche se mi sembra che la difesa non si sia data molto da fare…-Hai ragione Dick, questo Zimmerman non sta facendo nulla… ha fatto


24 una sola domanda, ha chiesto di non so che bolla, e poi si è rimesso a sedere tutto soddisfatto.-Non sono d’accordo con te Deborah, penso che Ike questa volta abbia di fronte un gran furbone, lui ha fatto un gran lavoro per dimostrare a che punto è arrivato il sistema, ma Zimmerman con una sola domanda l’ha riportato al punto di partenza. “Sostenere la bolla immobiliare”, capite che roba?-Forse è meglio che lo spieghi al pubblico Al.-Questa non è una cosa facile da spiegare, ma il punto è tutto lì: lo stato deve sostenere l’economia, mettendo in circolazione più denaro? E’ lì che vuole andare a parare Zimmerman.-OK Al, lasciamo in suspence i telespettatori, che forse alla fine di questo processo avremo le idee più chiare, e adesso andiamo in pubblicità; ci vediamo fra due minuti.-

Cape Cod, Massacchusset, cottage di Martin Wordsworth Una donna, poco più che trentenne, in elegante vestaglia di seta, languidamente distesa sul divano di un ampio soggiorno illuminato da una calda abatjour, guarda la televisione; una voce la chiama da fuori. -Cara ho preparato i martini, mi raggiungi in veranda? C’è una luna splendida e per domani si annuncia una giornata meravigliosa, gli amici di Boston avranno una stupenda gita in barca a vela.-Oh Martin, come fai ad essere sempre così… frivolo. Sto guardando questo programma su Wolf TV che parla di crisi e catastrofi, e tu pensi solo ai tuoi martini e alla tua barca a vela.-Ma cara è dai tempi delle streghe di Salem che questo paese attraversa qualche crisi. Comunque ok, ti raggiungo in soggiorno, ma non parlarmi più di crisi, per favore.Nel soggiorno fa la sua comparsa Martin Wordsworth, circa quarant’anni, elegante, sportivo, in pantaloni e pullover chiari: posa i due martini su tavolino e si siede su una poltrona: -Se questa crisi ti fa perdere il piacere della luna che si specchia nell’oceano, allora deve essere veramente molto grave.-Oh Martin non scherzare su tutto… stanno processando Henry Ford, ti rendi conto?-Ah il vecchio filibustiere…sai che mio nonno faceva affari con lui? Aveva interessi nell’industria della gomma o qualcosa del genere, e perché poi lo starebbero processando? Ma poi che dici, Henry Ford è morto, ancor prima di mio nonno…-Sai Martin, credo che un giorno o l’altro il tuo snobismo ti farà apparire


25 ridicolo… è una reality-fiction, un nuovo genere televisivo naturalmente, tecnologie virtuali, ma per te queste cose sono sciocchezze.-Fiction, tecnologie virtuali… è cominciato tutto con la plastica… tutto è possibile e nulla ha più valore… scusami ma preferisco le vecchie buone cose di un tempo. Cose che non hanno bisogno di pubblicità.-Ma se la pubblicità è il tuo lavoro.-Lavoro, non esageriamo, ho degli interessi, nulla di più… a proposito, sai quanto è cresciuto il costo di uno spazio pubblicitario in un programma che parla della crisi? Cifre pazzesche… la paura si vende meglio del sesso.-Snob e cinico.-Ma cara non è colpa mia, è il mondo che è poco serio… le crisi di una volta erano una cosa seria, tumulti, code davanti alle mense di carità, bambini denutriti e madri angosciate, discorsi incendiari degli agitatori, la polizia mobilitata… e adesso invece? La gente va in piazza solo ad uso dei media, e se va bene trova posto in un talk-show, è così anche la crisi, è solo spettacolo. Come tutto in questa società.-Oh ancora con il tuo Debord…-Ok, ok, guardiamo la TV, la crisi, la catastrofe, l’apocalisse e la fine del mondo, e facciamo la nostra piccola parte nel far crescere l’audience… dopotutto anche di questo si vive.-

Studio di Wolf TV Dick Brewster Eccoci ancora a voi amici telespettatori, di nuovo in diretta per il processo del secolo, il vecchio Henry Ford contro le teste d’uovo dell’economia mondiale, in studio con Allan Friedkin e Deborah Windshow, per capire come si metteranno le cose con questa crisi. Ma andiamo subito in aula per sentire dalla viva voce dei protagonisti, cosa sta accadendo nel nostro grande paese. Mentre sullo schermo compare la signora Carter che esce dalla sala camminando lentamente, china sotto il peso della sua pubblica disfatta e dei suoi inutili “mezzi di produzione”, la voce del Presidente annuncia l’ingresso del teste successivo. -Sia introdotto in aula il teste Albert Hoover.A quel nome la signora Carter ha un sussulto, l’imponente architettura dei suo capelli oscilla con violenza, la macchina cattura lo sguardo che si ravviva d’odio e rancore, sulle labbra carnose compare una smorfia rabbiosa, e quando l’uomo compare sulla porta, la donna con lucida determinazione e velocità felina, solleva fino all’inguine la stretta gonna di


26 raso, e liberate le cosce bronzee e muscolose, fa partire un calcio potente, diretto alle parti basse della causa delle sue disgrazie. E’ un attimo, e tra i due si frappone il contractor, che scansa il teste, gli fa scudo con il corpo, impedendo che nell’austera sala si consumi il dramma; primo piano sul parainguine d’ordinanza, poi a seguire la nerboruta reazione del contractor, che rudemente spinge fuori la donna inferocita, con la gonna ancora sollevata e una delle protesi, finalmente fuggita oltre la scollatura. -Protesto, protesto, sono stato convocato senza sapere il perché e adesso sono oggetto di una brutale aggressione, che storia è questa? Sentirete i miei avvocati, ho i miei diritti…Albert Hoover, camicia a fiori e bermuda, abbronzatura e ray-ban a specchio, esprime la sua sdegnata reazione, con tutto l’affanno e il peso della sua molle pinguedine. -Signor Hoover si calmi e prenda posto sul banco dei testi; la sua sicurezza è stata e sarà tutelata da questa Corte.-Ok, ok, ma tutto ciò è intollerabile e pretendo delle spiegazioni.Con fatica il signor Hoover, riesce a sistemarsi tra i braccioli della sedia a lui destinata, quindi il Presidente gli si rivolge con voce cortese, ma in cui vibra un accento di severità: -Signor Hoover, la Corte si scusa per questo increscioso incidente, ma le ricorda che lei è stato convocato in quest’aula per compiere il suo dovere di cittadino, contribuendo, con la sua testimonianza, a far luce su un grave reato, quindi la invito a cessare ogni inutile protesta e a rispondere alle domande. Lei è Albert Hoover di anni 49, residente a Miami, Florida?-Si, sono io, e vengo dalla Florida.-Bene, adesso giuri di dire la verità. Dica “lo giuro”.-Lo giuro.-Procuratore, il teste è a sua disposizione.Ancora una volta il rappresentante dell’accusa rimane fermo al suo banco, guardando con curiosità il teste, che ritrovata la sua disinvoltura gli risponde con un sorriso sornione e sicuro. -Signor Hoover per favore, potrebbe dirci quale è la sua attuale occupazione?-Sono un uomo d’affari… nel campo dei servizi ricreativi per adulti.-Servizi ricreativi per adulti… ottima definizione, per chi possiede una sala giochi con slot machine e videopoker… a Miami vero?-Si, la gente laggiù ama divertirsi…, tutto regolare, tutto pulito.-Bene, signor Hoover, questa Corte non ha motivo di dubitare sulla piena liceità della sua presente attività. Ma prima di trasferirsi a Miami, lei risiedeva a Detroit, dove ci risulta si occupasse di transazioni immobiliari,


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può confermare?-Si, ho fatto dei buoni affari… prima della crisi, intendo dire.-Parleremo dopo della crisi, adesso vorremmo che lei ci confermasse quanto dichiarato dalla signora Lynn Carter, e cioè che fu lei a proporle l’acquisto di un centro di cure estetiche, e che fu sempre lei a consigliarla di accendere un’ipoteca sulla sua casa di proprietà, per reperire la liquidità necessaria all’investimento. Conferma?-Non so cosa vi abbia raccontato Lynn, ma le cose non andarono proprio così.-Può darci la sua versione?-Beh Lynn l’avete vista, una ragazza con del temperamento. Eravamo stati buoni amici e anche qualcosa di più, ci capiamo, no? Lei era una che nel suo campo ci sapeva fare, ma il tempo passa per tutti e a un certo punto cominciava a sentirsi il fiato sul collo, nel suo lavoro gli anni pesano. Io ero un buon amico, con me si confidava, si lamentava quando vedeva il suo nome in piccolo sui titoli di coda, fu così che le venne in mente questa storia del centro estetico, e cominciò a parlarmene; io la sconsigliai, non era il suo genere, “Lynn” gli dicevo “chi te lo fa fare di infilarti in queste storie, tu sei una che ci sa fare nel tuo campo, ok, non sei più una puledra di primo pelo, ma per lavorare, questo non serve. Cambia genere, c’è mercato per il tipo “maturo”, c’è gente a cui piace quella roba e tu puoi dar la biada a tutte se vuoi”, ma lei è un tipo che vuole fare di testa sua, e continuava con questa storia. Alla fine mi capitò per le mani l’affare giusto e glielo proposi, tutto qui.-E per quanto riguarda l’ipoteca?-No, di questo non so nulla, quando mi ha detto che non aveva i soldi per fare l’affare, io le dissi di lasciare perdere, ma lei ha insistito, e penso l’abbiate vista tutti, non le mancano gli argomenti. Alla fine le dissi “Ok, Lynn, vedrò quello che posso fare, ma non garantisco nulla”; avevo un amico direttore di banca, li ho presentati, poi se la sono vista loro.-Bene signor Hoover, verificheremo le sue affermazioni.-E’ la verità, non ho nulla da nascondere.-Adesso ci dica signor Hoover, in quali circostanze la signora Carter le parlato della sua necessità di vendere la propria casa?-Circostanze? Quali circostanze, mi chiede? Pessime circostanze, disastrose circostanze, una frana, un’ira di Dio, le case andavano all’asta al 50%, al 30% del valore, gli ufficiali giudiziari a fare gli straordinari sommersi da fasci di ingiunzioni, sceriffi e vicesceriffi a sfondare porte e a cacciare gente, i mobili ammucchiati nei giardini, una catastrofe, un’apocalisse e questa tipa che si presenta, con l’aria di farmi un favore, e pre-


28 tende che gli trovi un gonzo disposto a cacciare 500.000 verdoni per casa sua. Dio ci salvi dai pazzi furiosi. Mi ferma in un bar, mi pianta una scenata, cosa devo fare, sono un signore io, non picchio le donne… ma Dio m’è testimone…- Un attimo per favore, chiariamo bene questo passaggio, lei sta tentando di dirci, che a causa di una generale insolvenza, sul mercato si sono riversati una quantità di immobili sotto sequestro giudiziario, che messi all’asta a prezzi ribassati, hanno determinato un calo generalizzato nei valori del mercato immobiliare?-Esattamente, proprio così come ha detto lei, “calo generalizzato nei valori del mercato immobiliare”, colpa di una massa di fottutissimi “insolventi”, morti di fame che prima firmano degli impegni, e poi vengono a piagnucolare di crisi e disoccupazione, coi loro figli cenciosi, e per non parlare di quelli violenti, che ti minacciano anche, a te che hai solo avuto la disgraziata idea di offrirgli l’opportunità di una vita decente, da cristiani, dentro una casa vera, e non nelle baracche da cui vengono e in cui alla fine sono tornati.-E lei ne ha offerte molte di “opportunità”.-Beh, non per vantarmi, ma il nome di Albert Hoover valeva qualcosa in tutta la zona sud della città. Ho venduto case a decine, case di ogni genere, ville, monolocali, appartamenti, capannoni, di tutto, la gente mi ringraziava… e mi rispettava, perchè ho fatto del bene, io.-E ci dica signor Hoover, tra la gente da lei beneficiata, ce ne era forse qualcuno che si è dimostrato poi essere insolvente?-Ce ne era qualcuno? Beh... si qualcuno c’è stato… anche un uomo d’affari prudente e oculato, non può sempre azzeccarle tutte; e poi la gente ha bisogno di case, e il nostro lavoro è questo, fare in modo che ognuno abbia un tetto sulla testa, una missione quasi, so che non sembro il tipo, ma c’è del cuore sotto tutta questa ciccia, e quando vedi una bella famigliola, il papà, la mamma, e i loro bei frugoletti, entrare contenti nella loro nuova casa, beh … allora, sai di aver fatto un buon lavoro e questo vale più di ogni altra cosa.- Signor Hoover, può darci un’idea di massima, di quale percentuale di affari, un uomo prudente e oculato come lei non ha azzeccato?- Che significa non ho azzeccato?- Mi scuso per il termine improprio, e le pongo la domanda in termini corretti: quale percentuale tra i contratti di vendita che l’hanno vista come intermediario, si sono risolti con il pignoramento dell’immobile a causa dell’insolvenza dell’acquirente?-Ah… Si, la crisi c’è stata… bisogna esser lì e vedere queste famiglie di


29 messicani, portoricani, negri, che ti implorano, perché vogliono una casa, e alla fine, si è successo, qualche volta le garanzie erano effettivamente scarse… ma è difficile dire di no. L’ho detto, ho un cuore io.- Signor Hoover, ci risulta che nell’ambito della sua attività, l’80% dei contratti di vendita per immobili di valore inferiore ai 150.000 dollari, la fascia di mercato più bassa, si siano risolti con il pignoramento dell’immobile.- L’80%? Beh, non so… c’è sempre un 20%, comunque… così è la vita, non tutte le ciambelle…- Signor Hoover lei ha comunque intascato provvigioni sul 100% dei contratti.- Certo, è il mio lavoro: favorire un accordo tra le parti, assisterle in tutte le fasi della vendita, e non oltre… per questo mi pagano. Quello che succede dopo non è affar mio…-Giusto, signor Hoover giusto, e per questo che la pagano. Cambiamo argomento signor Hoover: nell’ambito della sua attività di assistenza dell’acquirente, era previsto anche indirizzarlo verso particolari istituti di credito?-Noo, no, io mi occupo di immobili, non di prestiti.-E allora ci dica, signor Hoover, il nome dell’amico direttore di banca che presentò alla signora Carter, è Irwing Russell, della Wigam & Latham Bank?-Si è lui, ma questo…-Lo stesso Irwing Russell, direttore della filiale della Wigam&Latham Bank, che ha erogato oltre il 90% dei finanziamenti per l’acquisto di immobili ai suoi assistiti, per un valore complessivo di oltre 6.000.000 di dollari?-Ehi, che significa questa storia, dove volete arrivare?-Si tranquillizzi signor Hoover, lei è qui in qualità di teste, non di indagato, ne questo procedimento è interessato ad appurare eventuali illeciti in aspetti marginali della vicenda in oggetto. Ancora una domanda signor Hoover: sulla base della sua esperienza professionale, come è possibile stabilire il valore di un immobile?-Buona domanda…si, buona domanda… ho riflettuto sulla cosa, e mi sono fatto un’idea… e alla fine la cosa è semplice… tutto quello che puoi tirar fuori dal cliente, più il mio 10%... questo è il giusto valore.- Cioè lei intende dire, che al di la di ogni giudizio sul valore intrinseco, ciò che da valore ad un immobile è il cliente a cui lo si vende?- Proprio così, hai colto nel segno amico, se vendi case ai pezzenti, il valore non può che calare… ed è così che è andata alla fine…-Grazie signor Hoover, la sua esperienza è stata veramente preziosa. Ho


30 concluso signor Presidente.-Grazie Procuratore, la difesa può esaminare il teste.Come suo solito il rappresentante della difesa si avvicina al teste, assumendo questa volta un atteggiamento rispettoso se non addirittura ossequioso. -Signor Hoover ho trovato molto interessante le sue ultime affermazioni, circa i criteri con cui lei stabilisce il valore di un immobile, e le sarei molto grato se potesse ulteriormente chiarire questo punto alla Corte, il cui unico scopo in ultima analisi, è proprio lo studio dei meccanismi che permettono la produzione di valore. Nella sua affermazione non mi sembra che si faccia alcun riferimento a fattori che abitualmente vengono considerati fondamentali nella definizione del prezzo di un immobile: mi riferisco a cose come il prezzo dei terreni, il costo dei materiali e della manodopera, la remunerazione del capitale investito, oltre ovviamente ad un equo profitto del costruttore. Può spiegare, se e come, questi elementi influiscono nella definizione del valore di mercato di un immobile?-Beh, non che questo sia il mio lavoro, io le case le vendo non le costruisco, ma quando sei nell’ambiente un idea puoi fartela.-E lei che idea si è fatto?-Per esempio prendiamo i terreni: in centro città, nei vecchi quartieri, devi prima cacciar i pezzenti che ci abitano e i loro figli delinquenti, ma ti ci vuole l’esercito, poi devi buttar giù tutto e ricostruire, e non è un affare semplice, per il resto, nella zona degli affari, ormai non c’è spazio neanche per tirar su una scatola di fiammiferi, quindi cosa ti rimane? Campagna abbandonata subito fuori città e magari qualche vecchia area industriale piena di capannoni abbandonati, un po’ più vicina al centro, tutta roba che puoi aver per due dollari; ti costa di più trovare qualcuno al Municipio che mette una firma su un pezzo di carta e ti trasforma tutto in area edificabile; comunque anche quello è un costo da poco, il prezzo dei politici è calato parecchio negli ultimi tempi.-Lei sta parlando di corruzione?-No, io sto parlando d’affari… ma posso anche stare zitto, se vuole.-No, no, la prego, il suo contributo è molto interessante. Mi parli invece del costo dei materiali.-Marginale, e con gli stessi materiali, puoi fare case di lusso o case per morti di fame, l’unico costo aggiuntivo è il nastro per infiocchettare il pacco.- Il nastro?-Ma si, qualche rifinitura o magari un optional, tipo vasca con idromas-


31 saggio, roba che fa scena, costa due soldi e fa lievitare il prezzo.-Capisco. Ma la manodopera?-Quanta ne vuoi e il prezzo lo stabilisci tu. Giù tra il Texas e l’Arizona i messicani fanno la guerra per passare il confine e venire a lavorare da noi. Poche assunzioni, tanto subappalto e tieni fuori i fottutissimi sindacati, questa è la regola.-Va bene, ma il capitale va comunque investito…-Nessuno lavora con i propri soldi, che ci stanno a fare le banche? Certo se sei così sfigato da non avere gli agganci lascia perdere, ma tra banche e costruttori è tutta una famiglia, e chi ha immobili, ha garanzie da offrire.-Quindi se abbiamo ben capito, il costo di produzione di un immobile è piuttosto basso, mentre il rischio nell’investimento è quasi nullo.-Bravo, ci sei arrivato. Per ogni dollaro speso puoi intascarne tre, se lavori sulla fascia bassa, cinque o sei su quella media, e non ci sono limiti su quella di lusso. E tutto quello che non vendi, si trasforma in garanzie bancarie per nuovi finanziamenti. E il gioco ricomincia.-Quindi questo spiega la sua affermazione, secondo cui la differenza di valore di un immobile è determinato in misura sostanziale, dal potenziale economico di chi acquista. Ma allora, per quale ragione si è costruito anche per una fascia di mercato più bassa, nella quale, secondo la sua opinione, il profitto per unità di prodotto, è evidentemente minore.-Ma come ragioni? Per quanti soldi tu possa fare vendendo una Rolls, ne farai sempre di più vendendo 100 macinini. Finchè pagano, anche i morti di fame possono essere un buon affare.-Giusto signor Hoover, finchè pagano, e quando non possono più pagare?-Dica un po’ signor avvocato, professore o quello che diavolo è, non mi piace il suo tono, né le sue domande. Che significa “non possono pagare”? Neanch’io posso pagare, eppure pago, tutti dobbiamo pagare, manda tua moglie a battere, venditi il culo, ma paga, chi non paga è un criminale, peggio un traditore della nazione, peggio un bastardo rosso…-Mi scusi signor Hoover sono stato frainteso, non era mia intenzione giustificare alcun comportamento dannoso per l’economia nazionale. Ma questa corte ha la necessità di indagare e trovare le ragioni anche dei comportamenti più ignobili, quali l’insolvenza diffusa e generalizzata.-Ok, ok, basta che ci siamo capiti… “insolvenza diffusa e generalizzata” questo dice tutto… un complotto, un fottutissimo complotto, tutti questi pezzenti che smettono di pagare, tutti insieme, allo stesso momento, peggio di uno sciopero, fa pensare no? E poi qualche bastardo ebreo, con gli


32 occhiali a stanghetta e la laurea appesa al muro, a spiegarci che c’è qualcosa che non va nel nostro modo di fare affari, poi il solito prete irlandese a farci la morale sugli ultimi che saranno i primi, e alla fine ti trovi con un negro alla Casa Bianca, dico, un negro alla Casa Bianca!-Capiamo il suo stato d’animo signor Hoover. Quindi lei ritiene che la causa di tutto ciò sia un complotto politico?-Certo, cos’altro? Tutta questa gente che vota e non paga, vota e non paga, politica, fottutissima politica!-Grazie di tutto signor Hoover. Ho concluso signor Presidente.-

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Prima di tutto amici telespettatori permette che mi scusi, anche a nome di tutta Wolf TV, oltre che ovviamente degli sponsor, per il deprecabile spettacolo di cui purtroppo tutti siamo stati testimoni, a causa del comportamento della signora Carter. Una simile scena di violenza, così in prima serata, è veramente un brutto incidente per chi è conscio dei doveri educativi del mezzo televisivo, e ha sempre lavorato con professionalità, evitando certi volgari mezzucci per far salire l’audience. D’altra parte siamo giornalisti e non possiamo esimerci dal dovere di mostrare la realtà così com’è, senza fronzoli ne censure. E allora permettete che mi congratuli con la grande professionalità, e dirò di più il coraggio, dei nostri operatori, che hanno saputo cogliere con tanta immediatezza e verità, la furia sorda e violenta di questa pantera gonfia di sensualità e odio, che si sfoga in quel gesto estremo, insieme liberatorio e rabbioso, che mostra le sue carni, le sue cosce, fin quasi all’intimità, mentre quasi si denuda nell’eccitazione inconsapevole e poi colpisce, laddove l’uomo è fragile, sia al tocco violento, quanto a quello più lascivo e invitante, come ben sa questa professionista della lussuria. Ma sono sicuro che di tutto questo avremo un replay, con altre e più “profonde” inquadrature, e dalla redazione mi dicono, che sono già pronte scene dai film girati dalla signora Lynn Carter, alias Lola the Tongue, per meglio comprendere la psicologia del personaggio e il contesto che genera tanta violenza, ma tutto questo più tardi, con i nostri colleghi di Xtreme, la rubrica che va in onda dopo di noi …e mi raccomando, mandate a letto i bambini. Ma torniamo al nostro processo, che ora sembra proprio stia entrando nel vivo: un complotto politico addirittura, una congiura dei poveri, sembra impossibile, eppure il nostro signor Hoover sembrava convinto delle sue opinioni…e effettivamente, questa storia per cui tutti smettono di pagare, quasi in contemporanea, dà da pensare. Che te ne pare Deborah?-Senti Dick, io non sarò una cima, ma so riconoscere un uomo del Klan,


33 quando ne vedo uno, ci sono cresciuta in mezzo a quelli del Klan, mio padre i miei fratelli e anche il mio primo ragazzo erano del Klan, e questo signor Hoover per me è del Klan!-Ku Klux Klan, addirittura! Un vero e proprio fuori campo questo, Deborah Windshaw esperta del KKK, chi l’avrebbe mai detto… sembra impossibile nell’America del XXI secolo, ma raccontaci Deborah, che esperienze hai con il famoso Klan?-No, io no, ma sai in famiglia eravamo tutti a favore del Klan, per questa non l’hanno presa bene quando ho partecipato a “Watching in the hole”, dove c’erano anche concorrenti neri, poi però ho vinto e allora anche papà si è ricreduto.-E finalmente una bella storia a lieto fine, merito anche di un reality come “Watching in the hole”, che ci mostra la vita segreta dei giovani americani, come sanno vivere insieme sotto lo stesso tetto e come sanno competere lealmente, per ottenere la simpatia del pubblico e il successo. Ma ora voglio sentire il tuo parere Al, cosa ne pensi di questo “uomo del Klan”?-Non so se il Klan c’entri qualcosa, per quanto ne so io è stato sciolto, e tempo fa di loro se ne occuparono i Federali, ma certo se questa crisi non si risolve, è difficile capire come potrà reagire la gente: abbiamo visto quella povera donna e adesso questo signor Hoover, che non sembra certo un perfetto gentleman, è un piccolo speculatore sicuramente, forse non troppo onesto, ma uno dei tanti, un uomo qualsiasi che fino a ieri ha pensato solo ai suoi affarucci e oggi è qui a teorizzare di complotti, di congiure, con tanto di ebrei, cattolici irlandesi, negri e ha dimenticato gli islamici. Stiamo tirando un po’ troppo la corda, questa è la mia impressione. Piuttosto come l’avrà presa l’imputato, che è irlandese, a essere messo tutto in un mazzo con gli ebrei.-Giusta osservazione Al, ma allora se non si tratta di una congiura, cosa è accaduto in realtà, perché tutta questa gente ha smesso di pagare? Possibile che nessuno avesse più soldi?-No Dick, non è solo un problema di soldi, ma di saper dar valore alle cose. Ma sappiamo ancora cosa significa avere una casa? Il luogo in cui crescere i propri figli, secondo i propri valori, il luogo in cui riunirsi nelle feste comandate, il luogo in cui ogni americano è il padrone della sua libertà! Questo paese è stato fatto grande da uomini, che per costruire in libertà la loro casa, hanno portato la civiltà tra le foreste più intricate, nelle praterie più selvagge, oltre le montagne più alte, questo hanno fatto i nostri Padri. Qualcuno e caduto lungo il cammino, qualcuno non se l’è sentita ed è tornato indietro, ma chi ha avuto fede ha raggiunto la meta.


34 Questa è l’America, che tu sia bianco, nero, giallo o rosso, questo è il nostro paese che tu sia ebreo, metodista, cattolico o mussulmano, questa è la democrazia, che permette ha chiunque abbia una fede di realizzare il suo sogno. Ma esiste ancora tutto ciò in questa società massificata e conformista? No, oggi per avere una casa basta affidarsi al signor Hoover di turno, poi alle prime difficoltà, mollare la presa, e magari inveire contro le ingiustizie del sistema, tutti in coro ovviamente, come pecore. Scusami Dick ma sono amareggiato nel vedere il paese che amo, ridotto in queste condizioni; senza contare che in questa storia ci ho perso dei soldi.-Particolare non trascurabile Al. E adesso veniamo ai nostri due contendenti, Zimmerman e Bradstreet, come se la sono cavata? Mi sembra che questa volta tutti e due si siano dati da fare parecchio con il teste, anche se non mi è chiaro ancora con quale obbiettivo. Che te ne pare Deborah, come valuti l’azione di Zimmerman fino ad adesso?-Mi sembra che finalmente stia facendo bene il suo lavoro: se come dice il signor Hoover è tutto un complotto politico, allora che colpa può averne il povero signor Ford? Lui era un industriale non un politico, è chiaro no?-Sono anch’io almeno in parte d’accordo con Deborah, questo Zimmerman si sta guadagnando la parcella. Ike ha seguito bene la sua pista, ha reso chiare a tutti le conseguenze di un mercato immobiliare che si gonfia permettendo l’acquisto di una casa a soggetti economicamente a rischio, e ha marcato un punto a favore della sua tesi, secondo cui l’aumento dei consumi per tutti è la causa della crisi, ma Zimmerman ha avuto fiuto, a continuare a seguire la pista fino al suo esito estremo e francamente paradossale: un complotto politico, un idea assurda, e comunque un’idea che scagiona un uomo come Henry Ford. In conclusione, se il complotto c’è stato, Ford non può averne colpa, se il complotto non c’è stato, allora l’unico cosa che rimane è il fatto che si guadagna di più vendendo 100 macinini che una sola Rolls. E di questo Ford, che colpa ne ha?-Bella domanda Al, e proprio per questo torniamo in aula per seguire la nuova testimonianza.

Sullo schermo, primo piano di Albert Hoover, che si gira a lanciare un ultimo sguardo minaccioso e si avvia verso l’uscita, mentre il Presidente annuncia il teste successivo. Inquadratura sul contractor che entra in aula e dietro il quale si intravede una figura quasi nascosta; zoom sul contractor dietro le cui robuste spalle compare il volto impacciato di un ometto di mezza età, poi la camera si allontana e inquadra dall’alto l’aula con al centro la sedia verso cui il teste si avvia esitante; fermo immagine sulla grande sala in cui il teste sembra


35 scomparire, quindi la voce del Presidente, impersonale e severa. -Lei è Irwing Russell di anni 58, residente a Detroit?” -Si.-Giuri di dire tutta la verità: dica “lo giuro”.-Lo giuro.-Bene, Procuratore, il teste è suo.Il Procuratore Bradstreet guarda il teste con una evidente disapprovazione, ricevendone in cambio un sorriso che sembra quasi un belato. -Signor Russell, può dirci quale è la sua attuale occupazione?-Beh… non saprei come dire… al momento… si, penso si possa dire… cioè, in attesa, in attesa di… una nuova occupazione… direi, si ecco, in attesa di nuova occupazione, si proprio così.-Parli chiaramente signor Russell, lei è disoccupato?-No, non direi… cioè si, ma… oh, Dio mio…, mia moglie ancora…-Si calmi signor Russell, eviteremo di approfondire l’argomento. Ci parli invece della sua ultima occupazione, presso la Wigam&Latham Bank, conferma?-Si, certamente, direttore di filiale, un incarico di responsabilità che…-Approfondiremo in seguito, con quale responsabilità abbia svolto l’incarico affidatole, ci dica piuttosto dei rapporti da lei intrattenuti con Albert Hoover, durante la sua attività per la Wigam&Latham Bank.-Rapporti… non direi rapporti… il signor Hoover era nostro correntista, un buon cliente, un’ottima persona…-Signor Russell, vuole forse negare che Albert Hoover le inviava i suoi clienti, perché la sua banca permettesse loro, attraverso un finanziamento, l’acquisto degli immobili di cui lo stesso Hoover curava la vendita?-No, non direi… il signor Hoover era un uomo molto conosciuto nella zona, non posso escludere che… avrà parlato bene della nostra banca… immagino… ma non mi risulta che…-Le risulta che il 90% dei clienti di Albert Hoover ha ottenuto finanziamenti dalla sua filiale?-90%? Non so, forse, potrebbe essere… tutte operazioni trasparenti… il nostro lavoro dopotutto…-Ci è chiaro signor Russell, ci è chiaro. Veniamo ad un altro punto; immagino che la sua banca effettuasse una stima degli immobili, prima di decidere per il finanziamento, vuole dirci a quali professionisti erano affidate le stime?-Beh, erano diversi, ora non ricordo i nomi…-Fra questi professionisti c’era anche Albert Hoover?-Beh, si…penso, credo… è probabile, un professionista noto…-


36 -A noi risulta che Albert Hoover ha effettuato la stima di tutti gli immobili di cui la sua banca ha finanziato l’acquisto, nonché la stima del villino della signora Lynn Carter, alla quale la sua banca ha garantito un finanziamento di 600.000 dollari. Può confermare?-Oh Dio mio…-A noi risulta che la sua filiale ha erogato finanziamenti per oltre 7.000.000 di dollari, in assenza di garanzie adeguate, per l’acquisto di immobili il cui valore alla prova dei fatti è risultato sovrastimato. Può confermare?-

-No, no, non è proprio così…-Signor Russell, a noi risulta che gran parte dei soggetti a cui la sua filiale ha erogato finanziamenti, sono risultati insolventi, e che al netto di quanto ricavato dalle aste degli immobili pignorati, lei ha provocato danni alla sua società per un valore di oltre 4.000.000 dollari, è che in conseguenza di ciò lei è stato licenziato. Può confermare?-No, no, per favore…Irwing Russell, quasi sul punto di piangere, guarda al Presidente che gli si rivolge con paterna severità. -Signor Russell, si comporti con un minimo di dignità. Se come uomo d’affari ha dato una pessima prova, cerchi di ricordare i suoi doveri di cittadino. Risponda alle domande con chiarezza e senza timori, ne reticenze; dal suo comportamento deriverà la nostra valutazione, ne tenga conto. E’ pronto a rispondere alle domande dell’accusa?-Si, si, risponderò, dirò tutto.-Bene, può procedere con l’interrogatorio.-Signor Russell, il crudo accertamento e la conseguente ammissione delle sue responsabilità, sono le premesse per una testimonianza completa ed esauriente. E adesso vuole far comprendere a questa Corte cosa l’ha indotta ad operazioni a tal punto spericolate e rischiose, lei che peraltro, per temperamento sembra persona misurata e prudente? Dobbiamo forse credere che dal favorire le attività di Albert Hoover, lei ricavasse un tornaconto personale?-No, questo no, assolutamente no, tutto, ma questo no! La realtà è un’altra, la realtà è che io ho solo operato seguendo le strategie aziendali, e ricevendo per questo a più riprese il plauso dei miei superiori. Quei finanziamenti, per cui oggi io solo pago, erano ampiamente legittimati dagli alti tassi di rendimento, tassi che è possibile imporre solo in presenza di soggetti in sofferenza nei rapporti con il credito; non pensate che sia stato facile, accogliere nel mio amato ufficio, nel tempio della decorosa virtù del risparmio che è una banca, tra il lindo e austero mobilio che mi è caro,


37 ricevere, accogliere, omaggiare e stringere mani, di personaggi che mai avrei pensato di incontrare, gente miserabile, ignorante, malvestita e ancor peggio educata, gente di ogni razza e nazione, persone nemmeno in grado di parlare la nostra lingua, e mentre soffrivo in silenzio sopportando il contatto di questo mondo ignobile, una sola luce rischiarava il mio agire, l’unica luce che sempre dovrebbe illuminare l’opera del funzionario di banca, la luce del rendimento, il rendimento che come grazia divina produce il valore, il valore che, che…” All’apice della sua perorazione Irwing Russell, si ferma, gli occhi sbarrati, le mani sollevate come protese ad una superiore visione, poi si accascia con un sguardo vacuo e un sorriso ebete. Troppe emozioni, il Presidente e il rappresentante dell’accusa si guardano, poi insieme guardano il rappresentante della difesa, quindi il Presidente si rivolge all’ex direttore di banca: -Signor Russell, ritiene di essere in condizioni di rispondere alle domande?-Condizioni? Ottime condizioni, le più vantaggioso condizioni… tassi variabili che puntano sulla stabilità… dell’economia… un piccolo rischio, una grande opportunità… questa è l’America…sempre a sua disposizione…prego…per favore, per favore, i bambini, tenga fermi i bambini… solo poche firmette… con i migliori auguri della Wigam&Latham Bank… Condizioni? Ottime condizioni…-Signor Russell, ora basta, si calmi.-Si, ora basta… basta.-Signor Russell le ripeto: si sente in grado di rispondere alle domande che questa Corte vorrà porle e dare il suo contributo alla giustizia?Alla parola giustizia lo sguardo dell’imputato ha un lampo di vita, una luce balena negli occhi, poi tutto il corpo si irrigidisce come fosse sull’attenti, mentre un sorriso beffardo compare sul viso.-Si giustizia, questo è ciò che ci vuole… fare giustizia…si, signor Presidente, sono pronto a rispondere a tutte le domande, tutte.-Bene Procuratore, può procedere con l’esame del teste.Il rappresentante dell’accusa guarda il testimone con profonda inquietudine, poi con estrema cautela, soppesando e scandendo le parole formula la più innocente delle domande. -Signor Russell, può dire a questa Corte per quanto tempo lei ha lavorato per la Wigam&Latham Bank?-32 anni, sono stato assunto subito dopo aver ottenuto la laurea.Il tono pacato e la voce ferma, fanno contrasto con il ghigno, la smorfia con cui l’ex direttore accompagna le sue parole: visibilmente preoccupato


38 Bradstreet continuo con tono cortese. -E immagino signor Russell che, tralasciando le ultime vicende, durante la sua lunga attività lei abbia sempre agito con oculatezza e prudente attenzione, nel garantire gli interessi della società per cui lavorava?-Non ne sono sicuro.L’inquietudine ritorna nella voce del Procuratore, mentre guarda sorpreso il testimone. -Può essere più chiaro per favore?-Ciò che intendo dire è che non sono sicuro che la prudenza e l’oculatezza abbiano effettivamente garantito gli interessi della Wigam&Latham; e se mi è permesso di aggiungere, la considerazione in cui il mio lavoro è stato tenuto per quasi trent’anni, mi fa ritenere che effettivamente prudenza e oculatezza, non fossero le qualità richieste per l’attività assegnatami.Una ruga verticale al centro della fronte segnala lo sconcerto del Procuratore sempre più preoccupato per gli esiti incontrollati dell’interrogatorio. -Vuole forse darmi ad intendere che la sua società si aspettava da lei operazioni arrischiate, che hanno prodotto un danno di oltre 4.000.000 di dollari, a cui vanno aggiunti il conseguente calo dei valori azionari, e quindi le perdite di tanti investitori.-Non mi sento di escluderlo.Alla risposta sorridente ed enigmatica, Bradstreet ha uno scatto d’ira, poi si rivolge al Presidente. -Signor Presidente, voglio ritenere che l’incongruenza delle risposte del teste, siano conseguenza di uno stato di alterazione emotiva, dal quale evidentemente egli ancora non si è ripreso. Chiedo quindi che l’esame del teste sia rimandato ad una fase successiva del procedimento, quando il signor Russell sarà in grado di dare risposte ragionevoli.-Mi oppongo signor Presidente, l’accusa ha già interrogato il teste, tra l’altro dando deliberatamente un immagine distorta della sua personalità, fino al punto di procurargli una condizione di forte stress emotivo, e adesso ottenuti i suoi scopi, chiede di sospendere l’interrogatorio, defraudando la difesa del suo diritto ad esaminare il teste nei tempi e nelle modalità previste.-Opposizione accolta, l’esame del teste procede come previsto.- poi con un gesto della mano il Presidente fa cenno al rappresentante dell’accusa di proseguire, ma questi reagisce visibilmente contrariato. -Viste le condizioni del teste, non ho altre domande da porre.-Bene, allora il teste è a disposizione della difesa.Con lo sguardo visibilmente eccitato il rappresentante della difesa si av-


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vicina al teste. -Signor Russell immagino che lei sia d’accordo con me se affermo, che qualsiasi operazione economica può essere considerata in perdita o in utile, a seconda del punto di vista da cui la si guarda.-Perfettamente d’accordo con lei.-Bene signor Russell, vorrei esaminare con lei, il punto di vista di tutti i soggetti interessati alle operazioni di finanziamento che lei, come direttore di una sede periferica della Wigam&Latham Bank, ha autorizzato. E’ disposto a seguirmi?-Non attendo altro.-Allora iniziamo da coloro che hanno acquistato un immobile, grazie ai finanziamenti della banca da lei diretta.-Hanno pagato le rate del mutuo per diversi anni, vedendo crescere gli interessi, fin quando non hanno perso la casa, oltre ai soldi già versati.-Benissimo, questo è chiaro. Del signor Albert Hoover, agente immobiliare e del suo 10% siamo già informati, veniamo quindi alla sua posizione: lei dichiara perentoriamente di non aver avuto alcun vantaggio economico da queste operazioni, ma immagino che il plauso dei suoi superiori a cui lei ha fatto riferimento, si sia tradotto anche in più tangibili riconoscimenti.-Il raggiungimento di obbiettivi di crescita nelle attività della filiale, da effettivamente luogo ad emolumenti economici aggiuntivi, per i funzionari con incarichi di direzione.-Quindi signor Russell, al di là del tutt’altro che trascurabile epilogo, che l’ha vista perdere il posto di lavoro, anche per lei, come per il signor Russell, l’operazione è stata profittevole. La stessa cosa si può dire per la sua banca?-L’argomento è più complesso, ma posso darle alcune cifre: a fronte di un finanziamento di 100.000 dollari, della durata di 25 anni, e di una rata a tasso variabile, che si mantiene intorno ad una media di 600 dollari mensili, pari a 7.200 dollari annui, nell’arco di 7 anni si rientra del 50% del capitale finanziato; l’eventuale pignoramento dell’immobile e la sua successiva messa all’asta, anche con una base d’asta equivalente al 50% della stima, compiuta all’atto del finanziamento, permette il recupero integrale del capitale finanziato.-Quindi lei vuol dire che la sua banca potrebbe non aver perso nulla in queste operazioni, o addirittura aver realizzato degli utili, nel caso in cui il pignoramento fosse stato effettuato oltre il settimo anno e la vendita dell’immobile abbia permesso di realizzare oltre il 50% del valore sti-


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mato.-Esattamente. Aggiunga l’eventualità che i tassi di rendimento crescano e la rata raggiunga livelli più alti di quelli considerati in questa ipotesi.-E allora i 4.000.000 dollari di perdite…-Non perdite ma mancati introiti, derivanti dalla risoluzione prematura dei mutui e dalla conseguente perdita dei rendimenti calcolati sul finanziamento. Utili già conteggiati in bilancio e trasformati in prodotti finanziari immessi sul mercato.-Chiariremo meglio questo passaggio, per ora continuiamo nell’esame dei diversi punti di vista: l’ultimo da analizzare è quello della società costruttrice che certamente ha beneficiato dell’operazione, avendo realizzato utili dalla vendita degli immobili…-In parte…-Cosa intende dire con in parte?-Che, almeno nel caso in questione, gli utili della società costruttrice derivano solo in parte dalla vendita degli immobili.-Quali altri utili avrebbe avuto il costruttore “nel caso in questione”?-Oltre agli utili, ovviamente c’è il patrimonio immobiliare di cui la società costruttrice è tornata in possesso acquistandolo dalla banca, dopo che essa l’ha pignorato e reimmesso sul mercato a prezzi ribassati.-Cioè lei intende dire, che la società costruttrice, dopo aver venduto gli immobili a, diciamo 100.000 dollari, li ha riacquistati a 50.000?-Evidentemente, e a ciò va aggiunto che tutto il piano edilizio in oggetto è stato attuato grazie ad un finanziamento a tasso agevolato della stessa Wigam&Latham Bank.-Può dirci qual è la società costruttrice artefice della geniale operazione?-La General Building Co., che attraverso una sua finanziaria, controlla il pacchetto azionario di maggioranza della Wigam&Latham Bank, e di cui William Bates, amministratore delegato della stessa banca, è anche il principale azionista. E questo penso dica tutto sulle reali responsabilità di quanto accaduto, e questa Corte dovrà valutarlo!Irwing Russell si guarda intorno con uno sorriso nervoso e teso, aspettando l’effetto della sua rivelazione… ma intorno a lui tutti rimangono impassibili. L’unico a guardarlo con un espressione incuriosita, in cui si legge una vaga simpatia, è il rappresentante della difesa, che però sembra non capire. -Cosa dovrebbe valutare questa corte?-Come cosa, ma è evidente no? C’era un piano, strategie, erano tutti d’accordo su nelle alte sfere e io innocente ho pagato, mentre tutti hanno fatto i loro affari…questa Corte deve fare giustizia!-


41 Il tono veemente suscita la reazione indignata del Presidente. -Le ricordo che è qui in qualità di teste, la cui attendibilità è stata peraltro autorevolmente messa in discussione; si limiti quindi a rispondere alle domande senza aver la pretesa di spiegare alla Corte quali siano i suoi doveri. Se poi ritiene di dover denunciare reati specifici, lo faccia nelle sedi competenti e se ne assuma la responsabilità.- poi rivolto alla difesa Ritiene di dover continuare ancora nell’esame del teste?-Si signor Presidente, se mi è concesso.-Va bene prosegua, ma si attenga ai fatti in esame in questo procedimento.-Grazie signor Presidente. Allora signor Russell, veniamo ora ai “prodotti finanziari”, può spiegarci di cosa si tratta?- Ma come? Ma allora…-Per favore signor Russell.-Ma io pensavo…-Signor Russell, devo riformularle la domanda?No, no, va bene.- poi con voce impersonale e a occhi bassa prosegue- In generale un prodotto finanziario, come ogni altro prodotto, è il risultato di un’attività produttiva…-La seguò.-Per attività produttiva si intende un’attività che crea valore; possiamo fare il seguente esempio: una boschetto nella foresta dell’Amazzonia, ha un determinato valore; se lo si trasforma in una catasta, attraverso un’attività produttiva, ne ha uno maggiore; se lo si trasporta nel deserto del Nevada, dove non crescono alberi, il valore della catasta crescerà ulteriormente. Un prodotto finanziario, è come una catasta di legname amazzonico portato nel Nevada.-Può essere più esplicito?-In Amazzonia c’è una forte concentrazione di alberi che nel Nevada mancano, così come ci sono concentrazioni di capitale, e soggetti che ne sono sprovvisti: trasferire capitale da dove ce n’è in quantità, a dove ce n’è penuria, è un attività produttiva che crea valore, valore che si misura in base ai rendimenti, e cioè a quanto è disposto a pagare chi avendo penuria di capitali, ne vuole la disponibilità.Al procedere dell’esposizione la voce del teste perde ogni eccitazione, il tono è monotono ma sicuro con una punta di sufficienza nei confronti dell’interlocutore. -Ma, signor Russell, permetta una considerazione: se porto del legname nel Nevada, immagino di trovare qualcuno che ha soldi per comprarlo, ma se vendo soldi a chi non ne ha, con quali soldi potrà pagarmi?-


42 -Ogni impresa ha i suoi rischi: durante il trasporto un carico di legname può perdersi o deteriorarsi o andare soggetto ad altro accidente, a ciò vanno aggiunti gli elevati costi che tale operazione implica. Maggiori i rischi, maggiori i rendimenti, e se l’attività finanziaria può comportare rischi elevati, essa produce comunque rendimenti ancor più elevati, soprattutto alla luce dei costi relativamente bassi; il fatto che tali rendimenti, non siano immediati, diciamo così alla consegna, ma siano vincolati ad una successiva scadenza temporale, non ne inficia il valore.-Va bene, abbiamo capito in quale senso un finanziamento è un “prodotto finanziario”, ma lei ha parlato anche d’altro; lei prima ha usato questa frase testuale “Utili già conteggiati in bilancio e trasformati in prodotti finanziari immessi sul mercato”; vuole spiegare a cosa si riferisce?-Il principio è lo stesso: se attraverso la vendita di determinati prodotti finanziari, ci si trova in possesso di rendimenti elevati, questi rendimenti sono a loro volta un valore, frutto di un’attività produttiva, un valore che può essere venduto a chi non sa come far rendere i propri capitali. Tutti questi rendimenti si trasformano in titoli, cioè documenti cartacei che danno diritto a determinati rendimenti, e vengono venduti in cambio di liquidità, con cui continuare la propria attività produttiva, erogazione di mutui e finanziamenti, ma anche carte di credito ecc… Avrà sentito parlare di “derivati”?-Ma in questo modo un modesto finanziamento immobiliare, può dar luogo ad un giro di interessi significativamente superiore alla liquidità effettivamente impegnata.-E’ ciò che si dice “produrre valore”.-Ma se in un determinato momento i soggetti finanziati risultano insolventi?-E’ evidente che quando ciò accade i rendimenti previsti si azzerano e quindi i “prodotti finanziari” perdono di valore, per cui è opportuno avviare operazioni di rientro; se ci sono garanzie immobiliari o su beni materiali, si fanno valere tali garanzie e si procede con i pignoramenti, se invece si tratta di titoli, si cerca di vendere e salvare il salvabile, prima che il mercato crolli, per rientrare almeno in parte della liquidità. Una simile evenienza, determina comunque una distruzione di valore, benché la liquidità complessiva e gli eventuali beni immobiliari, rimangano sostanzialmente invariati.-Un ultima domanda signor Russell: alla luce di quanto accaduto e della sua attuale condizione di disoccupato, come valuta questo meccanismo?A questa domanda Irwing Russell, solleva lo sguardo e parla con aria sconsolata.


43 -Alla luce della mia attuale condizione di disoccupato, in procinto di essere abbandonato dalla moglie e ripudiato dai suoi stessi figli, di uomo che non ha niente da perdere se non i suoi debiti, penso di poterle dire sinceramente la verità: il sistema è un buon sistema, ma va sostenuto da iniezioni di liquidità. Gente che in questo paese vive, vota e a volte, quando si arrabbia, può anche diventare pericolosa, con questo sistema può consumare e vivere, chi ha soldi può fare affari e nessuno si lamenta; se invece di coprire il debito delle banche nei confronti dei possessori di titoli, quando la bomba era già scoppiata, lo stato avesse sostenuto direttamente gli insolventi indebitati, tutto avrebbe funzionato e io avrei ancora il mio posto. Alla fine lo stato, cioè noi come contribuenti, è comunque stato obbligato a farsi carico del debito prodotto.All’idea che lo stato avesse potuto sostenere gli insolventi, tutta la corte è scossa da un fremito di disapprovazione, il Procuratore Bradstreet rivolge uno sguardo soddisfatto al Presidente, e allargando le braccia sembra dire “avete sentito, che vi avevo detto?”, mentre anche il rappresentante della difesa sembrava piuttosto a disagio: anche per lui la cosa è andata un po’ oltre i suoi obbiettivi. -Va bene signor Russell, può bastare.-

Studio di Wolf TV Dick Brewster -Ancora con voi amici telespettatori, Dick Brewster, Wolf TV, in studio con Allan Friedkin e Deborah Windshaw, per seguire il processo del secolo, Henry Ford contro la Comunità Economica Nazionale. Si entra nel vivo finalmente, si cominciano a individuare delle responsabilità: eccolo qui davanti a voi cari telespettatori, il nostro piccolo direttore di filiale dai lauti guadagni, il fallito che dopo aver fatto i suoi sporchi affari, scarica le responsabilità sui suoi superiori, il vigliacco che si finge pazzo per evitare di rispondere dei suoi atti, e ancora eccolo l’insinuatore, il calunniatore, il miserabile delatore, l’uomo che getta fango sulla società che gli ha dato da vivere per più di trent’anni, e il tutto per giungere finalmente al suo vero obbiettivo, la possibilità di usare la tribuna del processo per lanciare deliranti proclami intrisi di bolscevismo: sostenere gli insolventi! E perché non dar direttamente loro una casa, e poi cos’altro ancora, garantire un livello di consumi magari, e poi perchè no, cure mediche gratuite, e via continuando, verso il baratro del comunismo. Ma scusate, non voglio influenzare il giudizio del pubblico, ne quello dei nostri ospiti a cui chiedo: che effetto vi fa ascoltare la voce di un verme strisciante e rancoroso, intriso di invidia sociale e gonfio di frustrazione? Deborah a te la parola.-


44 -Davvero? Non mi sembrava così pericoloso… spero che non sia vero… certo, non sembra del tutto a posto… forse andrebbe curato.-Certo Deborah, e questa volta a spese dello stato, in un bel penitenziario ovviamente. Al, dimmi la tua.-Mi sembra tutto molto chiaro no? Eccolo qua un piccolo funzionario di banca che usa soldi non suoi per speculazioni arrischiate, al solo scopo di garantirsi la sua quota di guadagni, poi una volta scoperto e punito, lancia accuse velenose, e peggio si fa portavoce di idee sovversive. Ma mi chiedo, come è stato possibile che un simile personaggio possa essersi trovato a svolgere ruoli di responsabilità? Penso che dovremmo farci qualche domanda circa il nostro sistema bancario, un sistema che si è allargato a dismisura, è cresciuto in quantità, ma ha perso di qualità. Ma vi rendete conto cosa sta accadendo? Nuove filiali e sportelli bancari che crescono come funghi, il mercato del credito che è esploso, non bastava permettere a tutti di consumare, si è concesso loro anche di indebitarsi, è qui il problema; si comincia comprando un auto a rate, si continua con il pretendere consumi sempre maggiori, si finisce indebitati fino al collo… e a quel punto la minaccia, il ricatto, “non paghiamo”, “non spendiamo”, crollo dei consumi, stagnazione, recessione; finalmente il pacco è pronto con tanto di fiocco: lo stato intervenga a sostenere l’occupazione, i consumi, l’economia, e soprattutto le sedicenti “fasce deboli”. Una brutta strada, una strada pericolosa, guardate l’Europa come sta messa: servizi pubblici, pensioni, scuola, sanità, tutto a carico dello stato, e il fisco che si mangia il guadagno di chi effettivamente fa crescere l’economia. Questo Russell è un pesce piccolo, odioso certamente nella sua meschina ipocrisia, ma le responsabilità vere vanno cercate altrove.-E infatti questo è il processo a Henry Ford, l’uomo che ha fatto grande l’industria americana, anche se quest’ultima testimonianza non ci dà molti elementi per capire le sue eventuali responsabilità.-Hai ragione Dick, l’aver chiamato questo Russell è stato un errore per Ike, il Procuratore, ma anche la difesa, che pensava di approfittarne, alla fine ci si è scottata le dita. Noo, penso che a questo punto l’accusa abbia reso chiara la situazione che si è creata con questa esplosione dell’indebitamento, adesso quello che ci serve è qualcuno che ci spieghi i “perché” di tutto ciò.-Ed è quello che avremo Al, perché il prossimo teste, non è uno qualunque, ma uno dei guru della finanza americana, un uomo d’affari di successo, ma anche noto al grande pubblico per la sua vita mondana, e oggi anche scrittore, in testa alle classifiche con il suo “best seller”, “Per il rotto della cuffia”, l’impegnativo saggio in cui ci spiega, come lasciare uno stile


45 di vita caotico e frenetico, e tornare ad una vita semplice e naturale. Amici da casa e voi in studio, so che l’annuncio è di grande effetto, perché tra poco in aula avremo William Bates! Ma tutto ciò dopo la pubblicità, a tra poco amici telespettatori.-

Deserto a sud-ovest di Ciudad Juarez, Chihuahua, Messico; baracca di Samantha Rodriguez. Due messicani uno più giovane e l’altro più anziano, su un divano fumano erba, la televisione è accesa, dalla cucina giunge un rumore di padelle. -Ehi Samantha hai mica della birra in frigo?- E’ il più giovane a chiamare. -La birra ce l’ho, sono i vostri dollari che non vedo.-Ma se li hai voluti anticipati?-Quelli erano per il “servizio in camera”, il bar è un’altra cassa. Una donna sui quaranta, corpulenta, vestaglia rossa e trucco pesante, entra nella stanza tenendo in mano due lattine. -E poi non voglio che quando Raul verrà a prendervi domani mattina, vi trovi ubriachi e fumati. Vi aspetta il deserto domani, e i rangers alla fine della pista; c’è chi ci ha lasciato le penne, non è uno scherzo.-Tranquilla mamacita, siamo ragazzi in gamba, questa è l’ultima bevuta e la prossima ce la facciamo negli States.-Auguri ragazzi, anche se sinceramente non so proprio chi ve lo fa fare.Il vecchio risponde a bassa voce. -Ho lavorato nelle fabbriche dei gringos di Ciudad Juarez per pochi pesos, e dall’altra parte del confine pagano in dollari sonanti. Basta un salto dall’altra parte e la vita ti cambia. Ce n’è abbastanza mi pare…-E sentir la televisione pare che la festa sia finita anche di là.-A casa mia non è mai cominciata… e poi anche questa crisi è una storia dei gringos, a noi non ci riguarda, noi con gli avanzi della loro festa ci apparecchiamo la tavola.-Ma quali avanzi nonno… questa storia della crisi è un’altra fregatura dei gringos! Per una vita sono venuti a casa nostra a fregarci i soldi, e adesso che noi andiamo a casa loro per riprenderceli, si inventano questa storia della crisi…poveri gringos in crisi, poverini…-Beh ragazzi forse non avete tutti i torti, fin quando metteranno guardie alla frontiera per non far passare i poveri cristi, vuol dire che hanno ancora qualcosa da perdere…-E noi qualcosa da guadagnare.-Giusto nonno.-Ok ragazzi, io vado a dormire, voi potete arrangiarvi col divano e la pol-


46 trona. E mi raccomando spegnete la tele. Domani mattina vi preparo un buon caffè.-

Studio di Wolf Tv, Dick Brewster Ancora con voi amici telespettatori in diretta dagli studi di Wolf TV, insieme ad Allan Friedkin e Deborah Windshaw, per seguire insieme l’evento del secolo, il processo alla crisi, imputato Henry Ford, l’uomo che ha dato a tutti un automobile, e chi lo sa che forse non abbia sbagliato? Ma adesso siamo al cloù, dopo aver ascoltato la voce della gente comune, gli uomini e le donne della strada, travolti dalla crisi, adesso è il momento dei VIP, entra in scena William Bates, l’uomo d’affari più ammirato d’America, l’uomo il cui successo è paragonabile solo alla sua simpatia, e lo dico con una certa invidia, l’uomo dal fascino irresistibile; ma oggi quello che attende il nostro William non è ne un party, ne una cena d’affari, ma il dovere che compete ad ogni cittadino quando è chiamato davanti a una Corte per rendere testimonianza, e siamo sicuri che la sua sarà una grande testimonianza. E allora ok, in aula. La scena si apre sull’inquadratura del signor Irwing Russell, ex direttore di banca, attualmente disoccupato, che esce dall’aula, seguito da presso dal vigile contractor; quando la porta si chiude, inquadratura sullo sguardo di rimprovero del Presidente Bailey verso il suo collega nella giuria, il professor Prescott, che a bassa voce ma con una certa agitazione, sta parlando al cellulare; Bailey si schiarisce rumorosamente la gola, e finalmente Prescott chiude la comunicazione e frettolosamente fa sparire il cellulare, mentre la voce del Presidente annuncia il teste successivo. -Bene, ora possiamo proseguire con l’esame dei testi dell’accusa. Sia introdotto in aula William Bates.William Bates, capelli brizzolati, fisico atletico, passo sicuro e disinvolto, vestito con eleganza sportiva e informale, entra in aula sorridendo a tutti i presenti e si siede sulla sedia appena liberata. -Lei è William Bates, di anni 53, residente alle isole Cayman?-Si.-Giuri di dire tutta la verità, dica:”lo giuro”? -Lo giuro.-Bene avvocato può procedere.La camera segue il procuratore Bradstreet, che, con l’aria cordiale di chi accoglie un ospite, si avvicina al teste, poi sembra quasi che sia per stringergli la mano, ma si ferma e assunta un’espressione professionale, pone la domanda di rito.


47 -Signor Bates, per favore, può dirci qual è la sua attuale occupazione?-Nessuna in particolare, ho alcune piccole rendite, e più per passione che per motivi economici, amministro un piccolo aeroporto per velivoli da turismo, oltre ovviamente ad occuparmi della mia amata tenuta agricola. A parte ciò penso di poter dire di essermi ritirato dagli affari.-Grazie signor Bates, ora se posso permettermi, vorrei farle qualche domanda circa le sue precedenti attività.-Nulla in contrario, a quali in particolare si riferisce?-Mi riferisco alla sua attività come amministratore delegato della Wigam&Lathan Bank.-Benissimo, dica pure.-Signor Bates, vorrei chiederle se in qualità di amministratore delegato della Wigam&Latham Bank fu messo a conoscenza di quanto accaduto nella filiale numero 69 dell’istituto, all’epoca in cui era diretta da Irwing Russell.-No, non mi sembra… no, sinceramente questo nome non mi dice nulla… ma penso possa comprendere che nella mia posizione, non potevo certo essere al corrente delle attività di ogni nostra filiale.. ne questo era il mio lavoro, effettivamente.-Mi scusi, ha perfettamente ragione. Ma forse potrà aiutarla a ricordare la vicenda, il fatto che in seguito alle operazioni effettuate presso quella filiale, la banca da lei amministrata, subì perdite per oltre 4.000.000 di dollari.-Ah, capisco a quale vicenda fa riferimento, una brutta storia, non l’unica purtroppo… effettivamente fu un momento piuttosto difficile… un fenomeno complesso… interessante… e a suo modo curioso.-Può parlarcene? Immagino che la sua posizione le abbia permesso di guardare a queste vicende particolari, con una più ampia prospettiva.-Si, effettivamente, “una più ampia prospettiva” questo è ciò di cui c’è assoluta necessità, al di fuori dei meschini interessi e dei piccoli egoismi; cosa può aver spinto migliaia di persone su una china senza speranza, fatta di speculazione, indebitamento, e infine insolvenza e fallimento. Ciò di cui abbiamo bisogno è capire la natura di questa spirale fuori controllo, e per fare ciò c’è bisogno di una più ampia comprensione dei meccanismi che sottendono all’agire umano… ecco un punto di vista distaccato, oserei dire antropologico… di questo c’è bisogno.-Ci dica signor Bates.-Beh, da dove partire… penso che si, si possa partire dalle virtù americane… quelle virtù che hanno permesso ai nostri padri di fare grande questa Nazione… le grandi e sobrie virtù della Frontiera, il lavoro duro,


48 la frugalità, la paziente e umile attività che produce il benessere della collettività, la solidarietà nei confronti di tutti i membri della comunità, e soprattutto lo spirito di sacrificio…Ecco, queste cose abbiamo perduto… E mi chiedo, come ciò possa essere accaduto…-Posso chiederle se lei se ne è fatta un’idea?-Ma certo, ho riflettuto sull’argomento, specialmente negli ultimi tempi, fuori dal vortice del mondo degli affari, oggi, che per fortuna vivo una vita più sana, a contatto con le cose semplici e la bellezza della natura… E mi creda, tutto appare piuttosto curioso da questa nuova prospettiva… l’ansia smodata di guadagno, la facile speculazione divenuta attività di massa, la ricerca di consumi e status symbol estesa anche alle persone più umili, un tenore di vita assolutamente al di fuori della propria portata, e per cui si è disposti a cedere la propria individuale libertà, accettando addirittura l’indebitamento. Una follia, le dico, una follia. E noi, operatori finanziari, testimoni e al tempo stesso protagonisti passivi, di questa tempesta di passioni e istinti, me lo lasci dire, animaleschi; il risparmio, quel valore assoluto che garantisce il futuro di una Nazione, trasformato in ansia speculativa, vera e propria febbre da rendimenti; il capitale, distolto dalla sua naturale vocazione all’investimento produttivo, alla crescita di ricchezza reale, alla creazione di lavoro, e trasformato nel parassitario fondamento di un mirabolante castello di carta, fatto di azioni e obbligazioni, titoli e quant’altro; la liquidità, che da parametro di sicura affidabilità, diviene oggetto di vorticose transazioni, in cui alla fine essa non può che perdersi, portando via con se ogni certezza, e lasciandoci confusi ed attoniti, in un mondo di ombre, dove è impossibile distinguere le qualità vere, il valore autentico, e sempre si rischia di cadere nelle trappole del millantato credito, della presunzione di solvibilità, e quindi infine nel fallimento.-Signor Bates, la ringraziamo per le parole toccanti, con cui lei ha reso viva e reale la situazione sulla quale stiamo indagando. E mi scusi se approfitterò ancora della sua autorevolezza, per chiederle altri chiarimenti.-Ma prego, per me è un piacere, oltre che un dovere.-Allora la prego, mi dica, in questo fenomeno che nasce da passioni profonde, da animaleschi istinti, dalla natura stessa dell’uomo, è forse possibile individuare, un fattore specifico, un elemento contingente o addirittura accidentale, che possa aver svolto una funzione di acceleratore, o addirittura di catalizzatore, delle dinamiche da lei così ben descritte?-Capisco la sua domanda e soprattutto capisco la necessità di questa Corte, di accertare, attraverso la concretezza dei fatti, le responsabilità


49 specifiche, se ve ne sono. Bene, io penso che potrebbe esserle utile, cercare in due direzioni, la prima che, diciamo così, riguarda il contesto, in cui il fenomeno si esprime, la seconda, che attiene ai meccanismi con cui esso si esprime. Ma non vorrei tediare questa corte con le riflessioni di un ex uomo d’affari ormai a riposo.-La prego, la seguiamo con estremo interesse.-Allora, cercherò comunque di essere breve: quando parlo di “contesto”, intendo riferirmi all’abnorme espansione dei mezzi di comunicazione di massa, alla circolazione incontrollata di informazioni, messaggi e quant’altro, che lungi dall’elevare la coscienza collettiva, hanno piuttosto prodotto un mediocre ed omologante appiattimento, una sorta di coscienza media, che non solo ha incrinato l’eccellenza dei ceti dirigenti, ma ha defraudato gli umili, la vera risorsa della Nazione, di quelle virtù di sobrietà, di pazienza, di capacità di adattamento, che erano la loro qualità peculiare, trascinandole in una vana competizione, verso un ancor più vano benessere, nella quale, disgraziatamente, essi non possono che soccombere. Sono ormai tre o forse quattro le generazioni di americani, che hanno scelto di orientare la legittima ricerca della felicità, verso un livello di consumi sempre più elevato, perdendo il senso delle cose semplici, scegliendo la quantità a scapito della qualità, e per sostenere questa scelta della maggioranza, abbiamo prodotto un sistema ormai insostenibile sia sul piano delle compatibilità economiche che ambientali; che poi ad un certo punto ci si trovi ad indebitarsi fino al collo, beh non dovrebbe stupire più di tanto.-Mi scusi se la interrompo signor Bates, ma c’è un punto importante sul quale le chiedo di soffermarsi, lei ha parlato di tre o quattro generazioni di americani, possiamo quindi far risalire l’inizio di tutto ciò grosso modo agli anni ‘20 del secolo passato?-Si, indiscutibilmente quello fu il periodo, la radio, il grande sviluppo della pubblicità, e si ovviamente l’auto, l’aumento dei consumi, all’inizio piccole cose abbastanza innocenti, ma il percorso è continuato, irrefrenabile.-Grazie signor Bates, può continuare.-Bene, passo brevemente all’altro aspetto del problema, quello che certamente ha costituito un importante fattore di accelerazione nel processo. Mi riferisco alle cosiddette opportunità, derivanti dalle nuove tecnologie, che attraverso un semplice PC, da casa propria, da qualsiasi parte del mondo, possono permettere a soggetti improvvisati, privi dell’adeguata preparazione e della necessaria responsabilità, di accedere al delicato mondo delle transazioni finanziarie, quella cupola in cui un tempo ci si


50 muoveva con la prudenza che è sempre legata alla solidità, e dove oggi operano, con frenetica velocità e aggressiva spregiudicatezza, individui e gruppi senza etica, ne responsabilità, apolidi operanti ai quattro capi della terra, e che soprattutto, nell’anonimato spesso nascondono una sostanziale insolvibilità. E’ una miscela esplosiva: da un lato una società, pronta a tutto pur di accedere a consumi sempre maggiori, a tenori di vita sempre più elevati, dall’altro un mondo della finanza reso anonimo dalla tecnologia informatica, e ormai preda degli appetiti di chi è pronto ad approfittare di tali pulsioni incontrollate, per dirigerle verso i propri inconfessati fini speculativi. Permettetemi di concludere con un tocco di lievità, ricordando la famosa favola del grande Walt Disney*, dove il Pinocchio che è in tutti noi, cede le monete frutto del duro lavoro del povero padre, ai due imbroglioni, il Gatto e la Volpe, perché seminandole, possano far nascere l’albero dei denari. Ecco di questo si tratta in fondo. Breve pausa e carrellata sui membri della corte, qualcuno annuisce, tutti mostrano approvazione, poi di nuovo su Bradstreet che a malapena trattiene l’applauso, quindi mostrando per la prima volta un sorriso, si rivolge al teste. -Mi permetta di prolungare il piacere di questa conversazione per chiederle: a tanto siamo giunti? Le sorti dell’economia nazionale nelle mani dei più sordidi egoismi di un popolo corrotto dai media, e di ignoti speculatori forse legati a centrali internazionali?-Ebbene si, temo che questa sia la cruda verità.-Ancora, una domanda, l’ultima signor Bates, perchè da lei ci venga uno spiraglio di luce: cosa è ancora possibile fare per la salvezza dell’America e dell’occidente?-La ricetta è semplice e si basa su pochi concetti: sobrietà, rigore e duri sacrifici, e poi fiducia, fiducia negli umili, e infine ridare il giusto valore ad ogni cosa, con la coscienza che il valore, come ogni cosa preziosa, non è dato a tutti.-Grazie signor Bates, la sua testimonianza è stata fondamentale. Presidente ho concluso.-

*N.d.C. I curatori non assumono alcuna responsabilità circa le conoscenze letterarie del signor William Bates Circondato dall’ammirazione dei presenti, William Bates, già si rivolge sorridente verso l’avvocato Zimmerman, pronto a offrire anche a lui il suo contributo all’accertamento della verità; inquadratura del Presidente che, colto lo sguardo del teste, con un impercettibile inchino lo ringrazia, prima di prendere la parola per invitare la difesa ad esaminare il teste. E


51 quando il rappresentante della difesa si avvicina per formulare le sue domande, è visibile sul suo volto un’ombra di esitazione. -Signor Bates, prima di formularle qualsiasi domanda, ci terrei ad esternarle tutta la mia ammirazione, per la capacità da lei dimostrata di attraversare quel mondo di passioni animali, che lei stesso ha così ben descritto, mantenendo intatti quei valori che rendono l’uomo la più nobile fra le creature in natura. Ma l’ingrato compito di questa Corte è purtroppo quello di rimestare in questo mondo di passioni, proprio per capire se tali passioni possano sconvolgere i pilastri stessi della nostra comunità, o se tali pilastri invece, siano a tal punto saldi, che nemmeno la volontà di singoli o di gruppi, possa minimamente incrinarli. A questo scopo e diversamente dal rappresentante dell’accusa, sarò obbligato a farle domande più precise e circostanziate, che spero lei non voglia ritenere, mosse da pregiudizio inquisitorio.-La verità è bene supremo per ogni uomo libero.-Grazie, le sue parole mi sono di conforto nel difficile lavoro che mi appresto a compiere. Signor Bates, non le chiederò di soffermarsi su vicende specifiche di filiali periferiche della banca a cui offriva i suoi servigi, ma penso sarebbe utile a questa Corte sapere, se nel complesso, durante la sua attività, il generale aumento di operazioni di finanziamento immobiliare e di credito al consumo, ha determinato una crescita degli utili e dei dividendi per gli azionisti da lei rappresentati?-Beh, si effettivamente durante la mia permanenza alla Wigam&Latham, la società, e conseguentemente gli azionisti, hanno realizzato risultati estremamente significativi.-Grazie, questo è un punto importante. E adesso le sarei grato se potesse chiarirmi alcuni passaggi della sua illuminante riflessione: per esempio quando lei dice, cito testualmente, “il risparmio, quel valore assoluto che garantisce il futuro della Nazione, trasformato in ansia speculativa, febbre da rendimenti”, fa forse riferimento al provvedimento della fine degli anni ’90 del secolo passato, che eliminando la differenza tra banche d’affari, aperte al rischio dell’investimento e alla speculazione, e banche commerciali, deputate alla raccolta del risparmio e coperte dalla garanzia statale, ha di fatto permesso la trasformazione di quel valore assoluto, il risparmio appunto, in un valore variabile, soggetto alle dinamiche del mercato finanziario?-Quello fu certo un provvedimento doloroso, seppur necessario. A fronte di una competizione globale che richiede investimenti sempre più rilevanti, il mancato utilizzo di significative risorse di liquidità, i risparmi di milioni di cittadini, esclusi dal circuito finanziario a più alta potenzialità


52 di valorizzazione, avrebbe privato l’economia nazionale di una risorsa fondamentale. E’ evidente che tale risorsa di liquidità, investita nei rischi del mercato finanziario, non poteva per questo perdere la garanzia dello stato, sarebbe stato un danno per milioni di piccoli risparmiatori; è altrettanto evidente che tale garanzia doveva essere quindi estesa e generalizzata a tutte le attività sul mercato finanziario, non essendo più possibile operare una netta divisione tra i due diversi ambiti di attività.-Da ciò ne consegue che dalla fine degli anni ’90, lo stato è di fatto il garante di ogni attività finanziaria?-Non in modo automatico, ma certo può esercitare questa prerogativa, e sempre nell’interesse dell’economia nazionale, ovviamente.-Ovviamente. Veniamo ora ad un altro passaggio, quando lei dice, cito sempre testualmente “il capitale, distolto dalla sua naturale vocazione all’investimento produttivo, alla crescita della ricchezza reale, alla creazione di posti di lavoro, e trasformato nel parassitario fondamento di un castello di carte”, ecco in questo passaggio così rilevante, lei individua una responsabilità precisa, il venir meno di quella grande tradizione imprenditoriale, di quegli epici capitani d’industria che con concretezza e pugno fermo hanno guidato l’ascesa industriale della Nazione?-No, responsabilità precise assolutamente no. Dolorose circostanze, questa è l’espressione giusta. Da uomo di finanza e non di industria, posso solo testimoniare lo sconforto e l’imbarazzo di responsabili di grandi gruppi industriali, che pur di sfuggire ad una concorrenza internazionale sempre più selvaggia, quasi di nascosto e con vergogna, erano costretti a rivolgersi a me, per far continuare a vivere i loro capitali, salvaguardati attraverso dolorose ristrutturazioni aziendali, laceranti riduzioni del personale, sofferti tagli salariali e drammatiche chiusure di stabilimenti; continuare a farli vivere e quindi rendere, di una vita certo meno concreta ed eroica, se mi si passa il termine, certo più arida, ma obbiettivamente non meno remunerativa. Ne parlavo solo pochi giorni fa al Golf Club, con il mio amico Frank Guascone, uomo di grandi capacità e lucide vedute che come ben sapete, molto sta facendo per il rilancio dell’industria americana dell’auto, il quale mi narrava della difficoltà di spiegare all’opinione pubblica di un paese amico, quali vincoli un capitano d’industria sia obbligato a sopportare, e del dolore provato per la mancata comprensione dei suoi sforzi e delle sue sofferenze; un dolore veramente troppo grande, al quale comprensibilmente ha posto fine, chiudendo stabilimenti ormai sempre meno remunerativi. Si, dolorose circostanze, ma non specifiche responsabilità, e più in là non mi inoltro, perché penso sia bene che mi astenga dal tentare di spiegare


53 un dolore che fortunatamente, non ho provato.-Apprezziamo la sua sensibilità. E adesso ancora un’altra citazione, laddove lei dice “la liquidità, che da parametro di sicura affidabilità, diviene oggetto di vorticose transazioni, in cui alla fine essa non può che perdersi”; ecco è possibile che la liquidità si perda?-No, mai totalmente, questo almeno non può accadere. Ciò che intendevo dire in effetti, è che la liquidità, è sottoposta ad una pesante condizione di stress, dovendo sostenere una sovrapproduzione di valore sempre più intensa e imponente; mentre il valore cresce in misura esponenziale inseguendo gli arditi virtuosismi di una speculazione sempre più innovativa, la liquidità, che ha i suoi limiti oggettivi, tende naturalmente, quasi per forza di inerzia, appena liberata dai troppi controlli, a cercare rifugio e asilo in luoghi lontani e riparati, luoghi dai nomi esotici e romantici, evocativi di condizioni paradisiache, dove potersi rinnovare, depurare, se necessario riciclare, e poi ritornare, con la sua forza intatta, a svolgere il suo fondamentale ruolo, nella promozione e incentivazione della produzione di valore.-Incidentalmente, questa naturale tendenza da lei descritta, permette di evitare gli accanimenti del fisco?-Si, è vero, grazie di avermelo fatto notare, sa che non ci avevo mai badato? Ha perfettamente ragione, c’è anche questo…anche perchè l’imposizione fiscale, purtroppo grava direttamente sulla liquidità, non essendo ancora possibile, inspiegabilmente, pagare le tasse con titoli e azioni.-Ora, se permette signor Bates, vorrei provare a fare una sommaria sintesi, di quanto lei ci ha così chiaramente spiegato; punto 1°: la crescita delle attività finanziarie in ambito immobiliare e di finanziamento al consumo, seppur in un contesto di rischio, ha comunque premiato il capitale investito dagli azionisti; punto 2°: la trasformazione del risparmio in potenziale capitale speculativo, con possibile garanzia statale, è stato un passaggio necessario all’economia nazionale nel contesto della globalizzazione economica; punto 3°: la trasformazione del capitale industriale in capitale finanziario, ha reso possibile la sua salvaguardia e la sua remunerazione, sottraendolo ad un mercato manifatturiero reso impraticabile dalla selvaggia concorrenza internazionale; punto 4°: la liquidità, di cui a volte sembra esserci penuria, a fronte della mole di valore che su di essa si basa, è sempre comunque immutata nei suoi quantitativi e malgrado la sua momentanea indisponibilità sul mercato, essa è comunque sempre reperibile laddove è protetta e garantita da ogni possibile stress fiscale. Le sembra che questa sintesi sia sufficientemente corretta?-Si, mi complimento con lei.-


54 -Bene a questo punto verrebbe da chiedersi, cosa c’è che non va, eppure sappiamo tutti che qualcosa non è andato per il verso giusto. Può darci una sua valutazione?-E’ ciò che dicevo prima e cioè che il valore, come ogni cosa preziosa, non è dato a tutti. Mi spiego meglio: voi tutti conoscete la legge fondamentale della domanda e dell’offerta, per cui il valore di un determinato prodotto o merce è direttamente proporzionale alla quantità della domanda e inversamente proporzionale a quello dell’offerta; ovviamente ciò determina dei cicli abbastanza prevedibili, per cui una determinata merce, appena immessa sul mercato vergine, ha un valore, che cala progressivamente all’aumentare dell’offerta delle medesima merce, e alla progressiva saturazione del mercato: semplicemente, lo stesso sandwich potrete venderlo a un dollaro a chi non mangia da due giorni, ma varrà pochi centesimi, per chi è sazio per un pasto appena avuto. Questa legge invece sembra non applicarsi sul mercato finanziario, dove la merce in questione è il denaro; infatti, grazie al fondamentale contributo dei media, che veicolano sempre nuove necessità di consumo, la domanda di denaro è virtualmente infinita e il mercato non può, ne potrà mai saturarsi; ne consegue che il denaro a differenza di un sandwich, non sazia mai. Alla crescita esponenziale della domanda, e del valore ad essa connessa, va aggiunta la peculiarità dell’offerta, anch’essa potenzialmente infinità, perché procrastinabile nel tempo: tutto il mercato dei titoli finanziari, si basa sul presupposto che se io oggi vendo un determinato valore, quel valore “domani”, garantirà a un compratore un determinato rendimento. Attraverso titoli, azioni, obbligazioni, e altri prodotti finanziari, l’offerta di denaro, in forma di rendimenti liquidabili a scadenze future, è pressoché infinita, perché prolungabile in un tempo infinito.-Mi scusi l’interruzione, ma questa potenziale offerta infinita, non determina un calo di valore?-Si, ciò può accadere, ma la perdita di valore è comunque compensata dall’aumento dei rendimenti. Quanto più cresce la quantità di prodotti finanziari immessi sul mercato in rapporto ad una liquidità definita, tanto meno quei prodotti hanno valore, ma proprio perché il loro valore si abbassa, per poter essere venduti, devono garantire rendimenti sempre più elevati.-Se ho ben compreso, abbiamo quindi una domanda potenzialmente infinita, a fronte di un’offerta, che garantisce rendimenti in rapporto proporzionale alla perdita di valore del prodotto offerto, perdita di valore connessa alla crescita della quantità dell’offerta. Domanda ed offerta quindi senza limiti?-


55 -Si, come senza limiti sono lo spazio ed il tempo: nello spazio la crescita della domanda non ha limiti, ne per intensità ne per estensione, nel tempo l’offerta non ha limiti perché tanto più essa si sviluppa nel futuro tanto maggiori sono i rendimenti garantiti.-Lei quindi ci sta dicendo che i limiti imposti dalle leggi fondamentali dell’economia, sono stati superati dal mercato finanziario?-Diciamo che ne sono stati prodotti di nuovi. Nulla di ciò che è umano è senza limiti.-E cioè?-Il rapporto tra liquidità e rendimenti. Quando i rendimenti crescono in misura tale da non poter essere liquidati, allora siamo al fallimento, al “default”.-E quindi, per esempio, la mancanza di liquidità di soggetti insolventi sul mercato immobiliare di fascia bassa, determinando la mancata liquidazione dei rendimenti previsti, può determinare una successiva mancanza di liquidità a livelli più alti e la conseguente perdita di ulteriori rendimenti, in una catena che può determinare default a cascata e senza limiti.-No, come dicevo prima, nulla di ciò che è umano è senza limiti. L’uomo saggio nella sua necessaria umiltà, sa tutelarsi contro i rischi di ciò che appare infinito e incontrollabile, è questa la sua grandezza.-Ci illumini per favore.-Nulla di eccezionale: assicurazioni. Possiamo pagare una polizza per avere un risarcimento nel caso la nostra casa vada a fuoco, possiamo pagare una sorta di polizza nel caso la società di cui deteniamo titoli vada in fallimento: CDS, Credit Default Swap. Ovviamente anche questi sono prodotti finanziari, hanno valori e rendimenti, possono essere ceduti o acquistati.-Ma quindi in teoria sarebbe possibile per qualcuno acquistare un CDS, che lo assicura per la perdita di valore di titoli che non detiene.-Non in teoria, in pratica.-Cioè sarebbe come a dire che qualcuno potrebbe aprire una polizza che lo risarcisce per l’incendio della mia casa?-Esattamente.-Ma ciò potrebbe indurlo a incendiare la mia casa?-Beh, si effettivamente. Sul mercato finanziario l’operazione è un po’ più complessa, ma non impossibile, penso di poterlo dire. D’altra parte investire sulla perdita, sulla distruzione di valore, può sembrare moralmente discutibile, ma quando si parla di profitto, tutto ciò che è possibile diviene di fatto inevitabile, specialmente se si è nella posizione giusta per condizionare il mercato finanziario o direttamente le agenzie di rating. D’altra


56 parte il mercato ha una sua fisiologia naturale, per qualcuno che perde c’è qualcuno che guadagna, soggetti deboli e precari sono sacrificati, altri si rafforzano e il sistema nel suo complesso cresce. Quante vecchie case bruciando, possono offrire nuove opportunità? Ogni costruzione umana, anche la più ardita e complessa, deve essere distrutta per dar luogo al nuovo dispiegarsi della creatività umana. Quante volte il dramma della guerra è stato il punto di inizio di un nuovo ciclo di sviluppo? E certo il default di un colosso finanziario come la Wigam&Latham è comunque meno drammatico di una guerra, ma dalla sua distruzione il ciclo di valorizzazione del capitale può trarre nuovo impulso. Solo la distruzione permette di chiudere e ricominciare, e io le posso garantire che ho chiuso e ho ricominciato… e oggi guardando a ciò che è stato, posso solo dire che tutto ciò che accade sotto questo immenso cielo, è solo l’eterno e naturale avvicendarsi del ciclo di creazione e distruzione, di cui l’uomo saggio sa cogliere le opportunità, senza avere la presunzione di modificarlo.-Signor Bates le siamo grati per aver portato in quest’aula, dove fino ad ora abbiamo avuto testimonianza della caducità e precarietà di ciò che è frutto delle umane passioni, un atto di fede, la fede in un ordine superiore, la certezza che ciò che può apparire solo come caos, disordine e quindi determinare paura, è solo la contingente manifestazione di un ordine che trascende l’umana comprensione, e attiene alle leggi naturali dell’universo stesso. Ed ora ancora una domanda, su un tema che comprensibilmente l’accusa ha avuto l’attenzione di evitare, ma che certo un uomo come lei non teme di analizzare. Mi riferisco all’intervento di salvataggio, operato dallo stato nei confronti della Wigam&Latham, sostenendone la sua esposizione debitoria, al momento in cui essa è giunta al default.-Nessun problema, ciò che è accaduto è ciò che doveva accadere. Chi, se non la collettività, e quindi lo stato che la collettività rappresenta, doveva farsi carico di garantire che il valore fondamentale della Nazione fosse preservato? Mi riferisco a quel valore imprescindibile senza il quale ogni società è condannata alla stagnazione regressiva e che la Dichiarazione d’Indipendenza redatta dai nostri Padri Fondatori, ha scolpito nella storia: ogni uomo ha diritto a perseguire la propria felicità. Cos’altro è accaduto se non questo? Milioni di uomini, ognuno nel limitato ambito del suo agire, con i mezzi di cui disponeva, a volte con limitate vedute, a volte con grandi orizzonti, ognuno ha cercato di perseguire la propria felicità, dall’acquisto di una casa per la propria famiglia, al sogno di successo e di ricchezza, ognuno ha solo praticato il diritto che la Dichiarazione garantisce. Se, come ho già ho avuto modo di dire, si sono persi i valori fondamentali che permettevano di trovare la felicità nelle piccole cose, in uno


57 stile si vita sobrio e laborioso, se la pratica di questo diritto si è trasformata in una corsa selvaggia e cieca, in cui si è perso il senso di quell’ordine che assegna ad ognuno un proprio ruolo e un preciso destino, di chi altri la responsabilità, se non di una società, una collettività, che ha tentato di sfidare il cielo, nella legittima, ma forse cieca aspirazione, al benessere e alla felicità per tutti. Perché una cosa i nostri Padri Fondatori certo sapevano bene: ogni uomo ha diritto a perseguire la propria felicità, ma certo non tutti possono raggiungerla. La felicità, come il valore e come ogni cosa preziosa non è data a tutti. La collettività ha osato, la collettività paghi.- Perfettamente d’accordo con lei signor Bates, ma, c’è un ultima questione che è mio dovere chiarire, approfittando del suo illuminante argomentare. Se lo stato, come rappresentante della collettività, deve doverosamente intervenire per farsi carico del debito che i privati hanno prodotto perseguendo un diritto garantito dagli stessi Padri Fondatori, non è ancora chiaro come e con quali tempi esso debba intervenire: per esempio, è giusto che lo stato sostenga l’indebitamento di soggetti a basso reddito che si sono impegnati nell’acquisto di un immobile al di fuori della propria portata, piuttosto che invece garantire i crediti di grandi investitori sul mercato finanziario?-Lo stato è garante dell’interesse nazionale e non di interessi particolari; lo stato non può, ne deve, intervenire per condizionare in alcun modo il naturale dispiegarsi dell’individuale diritto al perseguimento della felicità. Quando, e solo quando, l’interesse dell’economia nazionale è in pericolo esso ha il dovere di intervenire: ed ora è chiaro a tutti che la perdita economica, la mancata retribuzione del capitale investito, per soggetti che costituiscono l’ossatura e il fondamento della ricchezza nazionale, ha ben più rilevanza, della pur dolorosa perdita della casa, di soggetti marginali, scarsamente determinanti nella produzione della ricchezza della nazione. D’altra parte è inevitabile che a fronte di una sovrapproduzione di valore, qualcosa debba andare distrutto, penso che questo dovrebbe essere chiaro a tutti.-E lo è. Grazie signor Bates, e penso di interpretare i sentimenti di questa Corte, nell’augurarle buon viaggio e buon ritorno ai suoi sereni e assolati lidi, ai suoi aerei da turismo, alle sue isole dal nome esotico e dalle paradisiache condizioni.-Grazie signori, grazie e buon lavoro a tutti voi.La camera accompagna William Bates che sorridente esce dall’aula, non prima di aver stretto la mano al Presidente della Corte e di aver salutato tutti i presenti, poi l’inquadratura è per Bradstreet, visibilmente contrariato, infine l’imputato, che con gli occhi bassi e la fronte segnata da una


58 ruga profonda, sembra tutt’altro che convinto da ciò che ha sentito.

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Ancora con voi amici telespettatori, dopo aver ascoltato questa sensazionale testimonianza, le parole profonde, i ragionamenti complessi, le riflessioni distaccate, di un uomo la cui conoscenza spazia dalla finanza alla filosofia, dall’arida scienza economica, fino al vitale esprimersi delle passioni umane, un uomo dall’eloquenza affascinante, dalla personalità dominante, un uomo che avrebbe potuto puntare ai vertici della nostra società, e che invece rifiuta il mondo del potere e della ricchezza, per ritirarsi in una lontana isola, sperduta nell’oceano e vivere una vita semplice e sana coltivando la terra. E’ qualcosa che dà da pensare, che ne dici Deborah? Dicono che tu l’abbia conosciuto bene, anche molto in privato?-Oh Dick i giornali hanno parlato tanto, ma non hanno detto la verità, tra me e il signor Gates c’è stata solo una semplice amicizia, lui è un uomo veramente eccezionale e quando mi è stato presentato, al matrimonio di Mike Dotti, il nuovo capo della famiglia Dotti, sono rimasta folgorata dalla sua intelligenza, e solo per questo ho accettato l’invito sul suo yacht; è stata una esperienza veramente bella, ma i fotografi e i settimanali di gossip hanno sporcato tutto con quelle foto di noi nudi sulla spiaggia.-Capisco che non è mai piacevole l’intrusione nella propria vita privata, ma certo questi sono i problemi della notorietà… e quelle foto indiscutibilmente di notorietà te ne hanno data parecchia.-Si, ma in questo modo hanno reso tutto così brutto, squallido addirittura. Le foto sono sfocate, io sembro più grassa, e su certe scene le inquadrature sono veramente brutte, e tutto perché hanno voluto fare di testa loro, quando il mio agente gli aveva fatto una proposta piuttosto vantaggiosa…purtroppo le persone sono così avide.-Hai ragione Deborah, l’avidità è certo uno dei problemi della nostra società, e se non sbaglio proprio di questo scrive Gates nel suo libro, “Per il rotto della cuffia”, un’opera fortemente critica sul nostro stile di vita, ma anche piena di consigli su come sia possibile cambiare. Tu l’hai recensito Allan, puoi parlarcene?-Ma certo Dick, è un libro che veramente mi sento di consigliare a tutti, c’è dentro la saggezza di un uomo che ha compiuto un viaggio spirituale, un uomo che partito dal nulla, è giunto fino ai vertici e che poi ha avuto il coraggio di ritirarsi. Ma soprattutto è un opera in cui la critica acuta, è sempre accompagnata da un grande spirito positivo, come nei toccanti passaggi sull’importanza dei legami famigliari, lui che nasce orfano, e che il vecchio John Dotti ha praticamente adottato nella sua famiglia.-


59 -C’è chi ha cercato di spargere veleno sui rapporti tra Bates e la famiglia Dotti.-Un procuratore di provincia in cerca di visibilità ha cercato di montare un caso, ficcando il naso negli affari della General Building Co., in cui la famiglia Dotti aveva degli interessi curati dallo stesso Bates; poi addirittura qualcuno ha cercato di insinuare che il fallimento della Wigam&Latham sia stato causato dalla necessità di rimettere in circolo denaro sporco, proveniente da non so quali attività illecite. Si sono andate a pescare vecchie storie dei tempi del proibizionismo per legare la famiglia Dotti a non si sa quali attività mafiose e addirittura si è voluto processare John Dotti e suo figlio Mike per una quantità di reati, compreso il traffico di stupefacenti; la realtà Dick è che il nostro è un grande paese che garantisce a ognuno il diritto di raccontare ciò che vuole, e così alla fine si può addirittura infangare la reputazione di un uomo d’onore e della sua onorata famiglia. Conosco personalmente John Dotti, e di lui non posso che dire “baciamo le mani”.-E io mi unisco a te nel doveroso rispetto. D’altra parte oggi la scelta di Bates di ritirarsi su una lontana isola, ad amministrare una tenuta agricola, dovrebbe chiudere la bocca a tutte le malelingue.-Certamente, specialmente se pensi che c’è gente che usa quelle stesse isole come base per loschi traffici di droga, valuta o armi, ed è lo stesso Bates nel suo libro a denunciare la miseria di chi, anche davanti ad un simile paradiso, non pensa ad altro che a fare denaro.-Eppure William Bates è certo un uomo che di denaro se ne intende, la sua testimonianza sui meccanismi del mondo finanziario era estremamente interessante, anche se temo che la complessità dei temi trattati, non l’abbia resa accessibile al grande pubblico. Personalmente non è che ci abbia capito granchè, domanda, offerta, rendimenti, ma anche quando parlo con il mio consulente finanziario è lo stesso, e malgrado ciò continuo a pagarlo. A te Deborah è sembrata chiaro?-A dir la verità non è che abbia compreso proprio tutto, però era molto bello stare ad ascoltarlo… lui è così... cioè non come gli altri, che dopo si girano dall’altra parte, lui anche dopo continua a parlare…-E a te Al, è parso tutto chiaro?-Beh sai non si tratta di questioni semplici, però che penso il cuore della faccenda sia chiaro: abbiamo costruito un castello di guadagni virtuali, e alla fine il castello ci sta crollando sotto gli occhi, cos’altro dire?-E dei nostri due contendenti che dici? Bradstreet e Zimmerman, come escono da questo round?-Difficile da dire, Bradstreet ha portato Bates in aula perché dicesse quello


60 che effettivamente ha detto, e cioè che il sistema così non tiene, che ci vuole più rigore, e che in sostanza si deve puntare su una riduzione dei consumi, ma ancora una volta Zimmerman ha avuto buon gioco quando Bates ha dichiarato che il governo ha il dovere di sostenere l’indebitamento dei grandi gruppi bancari. Siamo ancora sull’uno a uno direi.-Uno a uno questo risultato, ormai quasi alla fine del primo tempo, quando manca due soli testimoni per l’accusa, ma è un vero fuoriclasse quello che Bradstreet sta per fare entrare in campo in questo momento, un uomo che forse può dare una svolta alla partita, un uomo che di sfide se ne intende, come tutti sappiamo, l’imprenditore più famoso del mondo, l’uomo che dopo aver salvato grandi gruppi industriali all’estero, oggi è qui da noi per portare fiducia e speranza, ma soprattutto l’uomo che meglio di ogni altro conosce l’imputato, perché come l’imputato è anche lui un grande, grandissimo, costruttore di auto. Amici telespettatori il prossimo teste in aula è, il dottor Frank Guascone.

Sullo schermo in studio ricompare l’aula universitaria inquadrata dall’alto, mentre la voce del Presidente, in piedi alla cattedra, annuncia l’ingresso del nuovo teste d’accusa-Sia introdotto in aula Frank Guascone.Marco Guascone, vestito in modo semplice e dimesso, con l’aspetto ordinario di chi esce di casa per far fare i bisognini al cane, scivola oltre il contractor che gli apre la porta e entra in aula senza guardare nessuno intorno a se; il passo è veloce e lo sguardo compreso e assorto, tipico dell’uomo impegnato in un lavoro difficile che richiede concentrazione, e che non ha tempo ne voglia di curarsi di alcuna cosa possa distrarlo. Quando giunge a sedersi al proprio posto, finalmente guarda il Presidente della Corte, e malgrado il saluto educato e deferente, l’impazienza traspare chiaramente insieme ad un fastidio faticosamente celato. L’impazienza sembra trasmettersi allo stesso Presidente che parlando in fretta rivolge al teste le domande di rito. -Lei è Frank Guascone di anni 57, residente a Los Angeles, California?-Si, sono io.-Giuri di dire tutta la verità, dica lo giuro.-Lo giuro.-Procuratore può iniziare a esaminare il teste.-Grazie signor Presidente.Il Procuratore si avvicina al teste, mantenendosi comunque ad una certa distanza, come se l’uomo a cui si rivolge sia circondato da un campo magnetico che lo rende inavvicinabile.


61 -Dottor Guascone, è noto che lei è un uomo molto impegnato e cercheremo di non farle perdere troppo tempo. Tutti sappiamo che assumendo l’incarico di amministratore delegato della Detroit Motor Corporation, lei ha salvato dal baratro un pezzo importante dell’industria automobilistica nazionale, e proprio alla luce della sua esperienza in questo settore, immagino che abbia avuto modo di conoscere la vita e le opere dell’imputato Henry Ford. Può dirci cosa ne pensa?Guascone rimane un attimo in silenzio, la domanda lo obbliga a interrompere il suo corso di pensieri, poi senza guardare il suo interlocutore e quasi parlando con se stesso, risponde. -Henry è stato grande ai suoi tempi, senza di lui l’industria dell’auto non sarebbe mai divenuta quello che è oggi, ma certo se oggi ci troviamo nei guai è anche per colpa sua.-Mi scusi dottor Guascone ma può spiegarci meglio il senso della prima parte della sua affermazione? Che cosa è divenuta l’industria dell’auto grazie all’attività dell’imputato?-Prima della Ford T, un’auto era solo un mezzo meccanico che permetteva di andare da un posto all’altro, dopo la Ford T l’automobile è divenuta il simbolo di uno stile di vita. Chi ha un’auto è dentro, chi non ha un’auto è fuori. Ovviamente veicolando un intero stile di vita, l’auto ha fatto da volano a tutta un’altra serie di consumi. Il nostro mondo, anzi il mondo in cui siamo vissuti, il mondo del XX secolo, produzione di massa per consumi di massa, è nato con la Ford T.-Lei si riferisce ovviamente al modello di auto, la Ford T, che costruita con l’innovativo metodo di produzione Tayloristico, la famosa catena di montaggio, permise, nei primi decenni del secolo passato, di produrre auto a basso costo con cui inondare il mercato, allargando la fascia di potenziali consumatori anche a settori sociali economicamente deboli. Sembrerebbe un’operazione meritoria, oltre che remunerativa del capitale, perché allora dice che se oggi ci troviamo nei guai è anche colpa sua?Questa volta Guascone alza lo sguardo verso i suoi interlocutori e li guarda tutti attentamente negli occhi prima di rispondere. -Il problema è che così facendo ha svegliato un mostro affamato e si è messo nelle sue mani, e da quando quel mostro si è svegliato, il capitalismo l’ha dovuto alimentare, e per alimentarlo si è dovuto svenare.-Dottor Guascone posso chiederle di rendere più esplicita la sua grave affermazione?-Ok, ok, comincerò dall’inizio. La questione è che il sistema capitalistico nasce con un grosso problema, e cioè che la valorizzazione del capitale necessità di una certa quota di lavoro, lavoro per cui il capitale dipende


62 da soggetti tendenzialmente ostili e riottosi che possiamo denominare per comodità “lavoratori”; questi lavoratori, per sopravvivere devono vendere il loro lavoro al capitale, che ovviamente cerca di pagarlo al prezzo più basso. Fin qui già la cosa pone qualche problema, ma il sistema può funzionare se si riesce a pagare il lavoro, e quindi i lavoratori, solo il necessario perché possano riprodursi, e garantire quindi in futuro il lavoro necessario alla ulteriore valorizzazione del capitale. E’ evidente che in un momento di crisi, quando la valorizzazione del capitale è difficile, il lavoro non serve e può essere distrutto, riducendo i costi e favorendo il superamento della crisi. E’ comprensibile che la cosa possa non piacere ai lavoratori, ma questo è il sistema e così può funzionare, per il bene di tutti; se poi qualche testa calda non vuol capirlo e pianta grane, beh paghiamo le tasse proprio per avere uno stato che ci difenda. Poi arriva Henry Ford e la cosa si complica…-Ci spieghi.-Beh l’idea di base è che se abbatto i costi di produzione attraverso la razionalizzazione del ciclo produttivo, posso liberare risorse da indirizzare in due direzioni: posso abbassare i costi per unità di prodotto, e questo fa aumentare l’offerta, e posso pagare di più per il lavoro, trasformando gli stessi lavoratori, che prima potevano appena sopravvivere, in potenziali consumatori, e questo fa aumentare la domanda. Produzione di massa per un’offerta in costante crescita, consumo di massa per una domanda egualmente in crescita. Per un bel po’ ha funzionato, e nessuno ha badato alle conseguenze.-Quali conseguenze?-Dovrebbe essere chiaro no? Se i lavoratori sono anche consumatori, non puoi più distruggere lavoro senza distruggere anche il mercato, e alla prima crisi sono guai. Se Ford avesse letto Marx avrebbe saputo che se paghi il lavoro un centesimo in più di quello che serve alla sua riproduzione, non puoi che avere problemi… ma lui credeva che Marx facesse parte di un complotto sionista, e pensava che bastasse pagare un dollaro in più i suoi operai per risolvere ogni problema… tanto quel dollaro gli sarebbe tornato in tasca con l’aumento dei consumi. Poi arriva la crisi del ’29, e ti trovi con un apparato produttivo gonfio fino ad esplodere e gente che ha bruciato i suoi soldi in attività speculative e consumi fuori controllo; cosa fai? Tagli la produzione, ma così riduci il lavoro, comprimi il mercato interno, vai in recessione e in più ti trovi con una massa di gente che credeva di aver trovato il bengodi, e non è più disposto a tornare ai vecchi sistemi, quando la distruzione di capitale era naturalmente accompagnata dalla distruzione di forze produttive. Chi sarebbe pronto oggi a


63 sopportare una bella carestia?-Beh, effettivamente…-E allora Ok, niente carestia, l’America è un grande paese, e ha sempre grandi idee: New Deal, che tradotto sarebbe, debito pubblico per rilanciare crescita e consumi, i soldi ce li mette lo stato che tanto stampar carta non è un problema, almeno fin quando Fort Knox garantisce. Anche qui l’idea sembra giusta, lavori pubblici, un po’ d’assistenza, tanta spesa militare, e in più la democrazia, tanto per non farci mancare niente, che Hitler e Stalin, facevano più o meno le stesse cose, ma almeno non chiedevano il parere ai poveri. E tutto questo per tenere in piedi un sistema in cui la valorizzazione del capitale dipende dalla capacità di spesa dei poveri. E questo quello che stiamo pagando, un sistema che costa, che si tiene solo con il debito.-Quindi se ho ben capito, lei ritiene l’imputato Henry Ford, responsabile di aver promosso un’idea di valorizzazione del capitale, basata sul coinvolgimento dei poveri non solo in qualità di produttori, coinvolgimento questo purtroppo inevitabile, ma anche in qualità di consumatori…-Le responsabilità le accertate voi, io mi limito a guardare i fatti, e i fatti parlano chiaro: per quasi cinquant’anni la crescita del mercato interno è stata indotta da salari incredibilmente alti, mentre il debito pubblico è cresciuto a dismisura per tenere in piedi un sistema di lavori pubblici e servizi sociali, costoso e di scarsa utilità ai fini produttivi. Ma io dico, è mai possibile che un imprenditore debba garantire l’assicurazione sanitaria ai suoi dipendenti? E’ possibile che lo stato debba far pagare tasse al capitale per garantire la scuola pubblica? Che ce ne facciamo di un sistema pensionistico che tiene in vita gente ormai improduttiva? E chi l’ha detto che un operaio deve avere un salario che gli permette di potersi comprare l’auto che costruisce? Tutta questa roba viene sottratta al profitto del capitale, sia attraverso il fisco, come fanno in Europa, sia come salario come avviene qui in America, e poi vi stupite che c’è la crisi? Siamo arrivati al punto, che i dati sull’aumento della disoccupazione, possono far abbassare il valore degli scambi in borsa, vi rendete conto della follia? Eppure provate a levare questa roba e vedrete… impiegati pubblici che perdono lavoro, pensionati che non passano più l’estate in Florida, una massa di gente che smette di consumare, e che nel frattempo ha imparato a leggere e a scrivere, naviga in internet, vota, accampa pretese e si comporta come se avesse dei diritti. Così per mantenere in piedi questo sistema costosissimo abbiamo dovuto fare i salti mortali, controllare l’accesso alle materie prime in tutto il mondo e mantenerne basso il prezzo, occupare con i nostri prodotti il mercato internazionale in regime di sostanziale monopolio,


64 utilizzare politiche inflative e scaricarne all’estero i costi approfittando del fatto che il dollaro era equiparato all’oro, e soprattutto tenere in piedi un costoso apparato militare per garantire che nessuno si opponesse; e tutto ciò perché? Per garantire la tenuta dei mercati interni, e permettere a due generazioni di americani nullatenenti di credere nel sogno americano. Poi quando nel ’71, il povero Richard Nixon dice chiaro e tondo a tutti, che l’oro di Fort Knox non basta più a coprire i dollari con cui teniamo in pugno l’economia mondiale, gli Arabi se la prendono a male e alla metà degli anni ’70 ci scatenano la crisi petrolifera; cosa potevamo fare? Una guerra? Si, questo ci sarebbe voluto, una bella distruzione di capitale e di forze produttive su larga scala, come l’ultima volta dopo la crisi del ’29 e il New Deal, e poi si ricomincia, sapendo chi comanda, ma le cose non erano più così semplici, i poveri non erano più quelli di una volta, avevano studiato al college anche loro, l’avevamo visto con il Vietnam, nessuno ha voglia di morire per il proprio paese, se può starsene a casa propria a fare la bella vita; poi dall’altra parte c’erano i Russi, e quindi era necessario trovare altre soluzioni, e le abbiamo trovate, perché a noi tocca trovare le soluzioni, ci svegliamo tutte le mattine alle 6 per trovare le soluzioni, noi. Se il costo delle materie prime cresce, per mantenere invariati i profitti, devi lavorare sui costi di produzione, razionalizzare i processi produttivi, tagliare il costo del lavoro, e questo abbiamo fatto, siamo andati a scuola dai Giap per imparare, che loro il mestiere lo conoscono, basta con Taylor e la vecchia catena di montaggio, Toyotismo e qualità totale: la produzione di massa ti riempie i magazzini di invenduto? “Just in time” questa è la soluzione, produci quello che il mercato richiede e nulla in più; che te ne fai di megaimpianti da 20.000 dipendenti, se le nuove tecnologie ti permettono in tempo reale di controllare e coordinare un processo produttivo che si organizza su scala planetaria e si frammenta all’infinito? I contratti e la legislazione pongono dei vincoli? Sposta l’investimento dove più ti conviene; cosa fare delle vecchie aree industriali? Costruisci, che il mattone costa poco e la rendita immobiliare è sempre una sicurezza; basta con il vecchio operaio massa anonimo e sindacalizzato, abbiamo bisogno di individui su cui scommettere, chiamali “risorsa umana”, dagli un incentivo, levagli una garanzia, e buttalo quando non serve, e soprattutto investi in tecnologia, che un robot alla lunga ti costa meno di un operaio e rompe meno i coglioni. E’ stato un duro lavoro, ma alla metà degli anni ’80 era fatto, il profitto del capitale era di nuovo garantito, il vecchio Ford e la sua fabbrica che pensa a tutto erano finiti, e per dirla in termini chiari, la ricchezza era tornata laddove può essere valorizzata, piuttosto che consumata. Rimaneva solo un pro-


65 blema, il sistema malgrado tutto aveva bisogno di un mercato interno, anche perché mentre noi eravamo impegnati a ristrutturare il sistema industriale, sui mercati internazionali la concorrenza si faceva sempre più dura, prima i giapponesi, poi i coreani, Taiwan, e alla fine anche i cinesi e gli indiani ci si sono messi. Avevamo ottenuto salari più bassi, minore occupazione, ma non potevamo permetterci il lusso di un calo dei consumi interni, così ci siamo detti “OK, se dobbiamo metterci dei soldi per finanziare i consumi, allora che almeno li paghino”, e così carte di credito, finanziamenti al consumo, mutui immobiliari, era la vecchia storia del “Sogno Americano”, ma questa volta era pagato con gli interessi. All’inizio funzionava alla grande, sui poveri si poteva guadagnare bene, e soprattutto avevamo chiuso con la peggiore delle disgrazie ereditate dal sistema di Ford, quell’idea assurda per cui il fatto di lavorare ti dava comunque diritto a spassartela; adesso era chiaro a tutti, se vuoi spassartela, devi darti da fare, devi stare sul mercato, compra, vendi, indebitati, e poi riciclati, questo è il vero Sogno Americano, se un attore scadente può diventare il Presidente degli Stati Uniti, chiunque può avere successo, se ci sa fare, se si dà da fare. Ma dei poveri non ti puoi fidare, gli avevamo aperto le porte del credito per finanziare la domanda interna, e ci siamo trovati invasi da prodotti cinesi a basso costo, miliardi e miliardi di dollari di merci che hanno invaso i Wall Mart di tutta la Nazione, facendo saltare la bilancia commerciale e mandando in crisi il nostro sistema industriale. E a quel punto cosa rimane da fare? Lasci perdere con la produzione e punti sulla finanza, lì i rendimenti sono da capogiro, e i dollari sono una merce che i Cinesi ancora non sanno fare; eppure lo sapevamo, alla lunga non poteva funzionare, abbiamo continuato a far crescere i profitti virtuali all’infinito, ma il capitalismo è una cosa seria non un trucchetto da prestigiatori, e alla fine il banco è saltato e quel che è successo e sotto gli occhi di tutti. Tutti hanno preso a indebitarsi, fino a non poter più pagare, e quando il debito privato mette a rischio il sistema economico nazionale, allora lo stato ci deve mettere una pezza, e il debito privato si trasforma in debito pubblico. A questo ci ha portato l’avidità di gente come Henry Ford… cercare di mettere a profitto anche i desideri dei poveri, significa alla fine dipendere da quei desideri. Questo abbiamo dovuto vedere, un sistema capitalistico costretto al compromesso, un capitalismo che si è consegnato mani e piedi ai poveri e sembra non poter più vivere senza di essi; i poveri ci ricattano, pensano che non possiamo fare a meno di loro e dei loro consumi, ci vogliono far credere che se loro falliscono è il sistema che va in fallimento, si sono convinti che tutta la complessità di un sistema economico, serva


66 solo a garantire il loro meschino livello di consumi, l’American Way of Life. Ma hanno fatto male i loro conti se pensano che noi non possiamo fare a meno di loro, il mondo è pieno di poveri, poveri non ancora corrotti dalle illusioni del secolo passato, poveri pronti a vendere il loro lavoro al prezzo naturale, quel prezzo che coincide con i costi necessari alla sua produzione e riproduzione, poveri paghi di lavorare per sopravvivere e riprodursi, perché questo il capitalismo garantisce, la produzione e riproduzione del reale. I poveri d’America e di tutto l’Occidente, hanno goduto dei frutti del capitalismo per oltre un secolo, ne hanno goduto fino a corrompersi, approfittando del duro lavoro di classi dirigenti e imprenditoriali intraprendenti e coraggiose, ma ora è giunto il momento che essi capiscano che il tempo dei privilegi è finito, che il capitale non può far loro da balia, i poveri d’America e d’Occidente, con le loro vane pretese, i loro meschini egoismi, debbono comprendere che è giunta l’ora di rimboccarsi le maniche e camminare insieme, stando però ognuno al proprio posto, e se così non sarà che vadano per la loro strada, che il capitale andrà per la sua.La lunga perorazione aveva fatto il suo effetto nella sala, i membri della corte l’avevano accompagnata con evidente approvazione, e il Presidente, evidentemente preso dall’entusiasmo, fece la sua domanda con un’espressione beata negli occhi.-Mi scusi, se ho ben capito, lei ritiene possibile un sistema capitalistico che possa fare a meno dei poveri?-No, non del tutto, una certa quantità di poveri è necessaria alla produzione, ciò che immagino in realtà è un sistema che elimini i poveri come consumatori, e ne riduca il numero in funzione delle esigenze produttive. Ma vi rendete conto dell’esplosione demografica dell’ultimo secolo? La popolazione mondiale è cresciuta dell’600%, e questo è un lusso che non ci possiamo permettere. E l’impatto sull’ambiente? Sappiamo tutti quel che accadrà quando un miliardo di cinesi prenderanno l’auto per andar fuori durante il weekend. E poi lo sapete tutti che il petrolio è quasi esaurito, o almeno è esaurito quello che è conveniente estrarre, e cosa faremo quando non ne avremo più? Coltiveremo vegetali per produrre biocarburanti, ecocompatibili e a basso costo, oppure continueremo a utilizzare migliaia e migliaia di ettari di buona terra per coltivarci patate o so io cos’altro, per sfamare una popolazione mondiale in costante crescita? E tutta questa gente è per lo più povera, i ricchi, che tra l’altro fanno anche meno figli, non crescono con gli stessi ritmi. Il consumo dei poveri è economicamente ed ambientalmente incompatibile, dobbiamo prenderne atto; i poveri per loro natura e condizione, consumano male, senza qualità e so-


67 prattutto prodotti a basso valore aggiunto; vanno nei discount, comprano da Wall Mart, consumano merci che un imprenditore con un minimo di rispetto di se stesso non osa nemmeno guardare, vivono di plastica, mangiano schifezze, comprano vestiti appariscenti da due soldi, li usano per un mese, poi li buttano; un mercato che si affida ai poveri è un mercato senza valore, è un mercato senza futuro mentre il futuro è nelle produzioni di qualità, ambientalmente sostenibili, e soprattutto ad alto valore aggiunto; grandi auto di lusso, altro che utilitarie e Modello T, alta tecnologia, informatica, biotecnologie, ingegneria genetica, e poi c’è lo spazio, il cosmo con le sue risorse potenzialmente infinite, ma per tutto ciò servono investimenti, risorse oggi bloccate per tenere in piedi un sistema di welfare e di consumi senza alcuna prospettiva reale. A far consumare i poveri ci pensano già i cinesi, con le loro produzioni a basso costo, su quel mercato la battaglia è già persa; i poveri non sono più un mercato e servono sempre meno alla produzione, sono fuori dalle necessità del circuito economico, ma qui in occidente continuano ad essere un costo. I poveri che non producono costano, costano se consumano, costano se li assistiamo, e constano anche se finiscono in galera. Dobbiamo ridurre e qualificare la produzione, puntare sui mercati di fascia alta e quindi pianificare la quantità di poveri necessaria al ciclo produttivo e toglierci di torno tutti gli altri. E’ finito il tempo in cui un numero maggiore di poveri sul mercato del lavoro era necessario per tenere bassi i salari, oggi possiamo mettere all’asta l’apertura di uno stabilimento e aprire laddove il lavoro ci viene offerto a condizioni migliori. Possiamo farcela, possiamo finalmente liberarci di questo peso, possiamo lasciare i poveri al loro destino e finalmente prendere il volo, per fare un capitalismo di qualità, un capitalismo pulito, un capitalismo solo per i ricchi. Ce lo meritiamo perché siamo noi che abbiamo fatto grande questo paese, ce lo meritiamo e lo avremo. Quella che voi chiamate crisi catastrofica in realtà è per me, e quelli come me, una grande opportunità, l’opportunità di aprire una nuova stagione del capitalismo, che recuperi lo spirito delle origini, quello spirito dinamico e avventuroso che guarda al futuro senza farsi intrappolare nel presente.Attoniti di ammirazione e folgorati da tanta luminosa chiarezza, i membri della Corte, affascinati dalla nuova prospettiva che si apre ai loro occhi, guardano Guascone come scolaretti entusiasti. Il procuratore Bradstreet, visibilmente eccitato, si avvicina al teste con l’espressione di chi ha per le mano il biglietto vincente della lotteria. -Dottor Guascone, la sua ricostruzione dei mali del capitalismo del secolo passato è certamente un contributo importante all’accertamento della ve-


68 rità in questo processo, e ancor più importante il fatto che finalmente un esponente della classe dirigente di questo paese, sia in grado di offrire una nuova prospettiva di sviluppo all’economia nazionale. Le faccio ancora un ultima domanda, la cui risposta spero possa permettere alla Corte di far piena luce sulle responsabilità di questa crisi: secondo lei, l’azione dell’imputato Henry Ford, continua a produrre le sue conseguenze ancora oggi a quasi un secolo dal suo primo affermarsi?Guascone si ferma a riflettere, l’aula silenziosa attende il verdetto. -Dobbiamo capire cos’è il Fordismo, per rispondere a questa domanda. Non è solo un modo di produrre, e non è neanche solo un modo di consumare; quelli lì abbiamo eliminati già da quasi trent’anni. No, il Fordismo è qualcosa di peggio, il Fordismo è un compromesso, è l’idea che il capitalismo abbia bisogno del consenso di massa, e che questo consenso vada perseguito anche a costo di scendere a patti. E questa idea è ancora presente nella testa di troppa gente. Ed è un’idea sbagliata. Nulla di veramente grande si fa con il consenso della maggioranza, tocca sempre all’individuo andare oltre ciò che è senso comune e far progredire la Storia; la democrazia è nata censuaria, perché il voto dei poveri vale talmente poco che chiunque lo può comprare, ed è proprio per comprarlo che continuiamo a sprecare risorse e a fare debiti. Questa è la verità, che è difficile da mandare giù.Anche l’avvocato della difesa ha seguito con estrema attenzione la lunga perorazione, ma quando si avvicina al teste per porre le sue domande, l’espressione del viso è atteggiata ad un evidente scetticismo. -Dottor Guascone, certo la prospettiva che lei ci indica è sicuramente suggestiva, in sostanza un capitalismo in grado di attuare una pianificazione demografica e di ridurre i poveri al minimo indispensabile alle necessità della produzione. Mi chiedo se effettivamente questa ipotesi sia praticabile.-Certo che lo è, andatevi a leggere Marx, che di capitalismo se ne intendeva. Se nel 1843 il totale della produzione della Francia, poteva essere garantita con sole tre ore di lavoro quotidiano per ogni membro della popolazione in età lavorativa, immaginate cosa potremmo fare oggi con le tecnologie più avanzate e l’automazione. Il lavoro ci serve sempre meno, possiamo ridurlo al minimo necessario e fare finalmente a meno dei lavoratori. Si, credo che qualcuno dovrà pur sempre andare in miniera e certo avremo sempre bisogno di domestici affidabili, ma stiamo parlando di questioni marginali. Pianificare la produzione in relazione alle esigenze di un mercato di qualità piuttosto che di quantità, eliminare il potenziale produttivo in eccesso, far crescere il valore aggiunto in ogni unità di pro-


69 dotto, questa è la strada per il nuovo millennio.-Ma un capitalismo così pianificato e restrittivo, non è di fatto un sistema chiuso, rigido, senza prospettive di sviluppo?-Lo sviluppo c’è, solo che non è più in senso orizzontale come nel secolo passato, quando il capitalismo era obbligato a tener dentro fasce sempre più vaste di popolazione, ma in senso verticale, con qualità e possibilità sempre maggiori, per elite sempre più selezionate. Ridurre i mercati e selezionare le produzioni, investimento in capitale fisso e capitale variabile strettamente pianificati, aumento all’infinito del valore aggiunto per unità di prodotto, e finalmente saremo alla fine dell’incubo delle periodiche crisi di sovrapproduzione e della caduta tendenziale del saggio di profitto.-Caduta tendenziale del saggio…-Lasci perdere, è una malattia complicata, un’altra “scoperta” di quell’ebreo tedesco, nessuno l’ha ancora capita bene, ma c’è, ed è la causa di tutti i guai che abbiamo, e Ford ha fatto la sua parte con questa storia della produzione e del consumo di massa.-Ma se è così dottor Guascone, c’è qualcosa che non ci è chiaro: noi tutti sappiamo che lei è un uomo di coraggio, ma nessuna la reputa un Don Chisciotte che carica i mulini a vento, ci chiediamo qual è la logica del suo impegno nel settore dell’auto, un settore simbolo della produzione e del consumo di massa; se si impegna in un settore come questo, ciò fa pensare che la condizione non è così drammatica come la descrive.-Lo è drammatica, lo è, basti pensare che il principale azionista della Detroit Motor Corporation, è il fondo pensioni dei suoi dipendenti e che gli altri soldi ce li ha messi il governo. Siamo alla frutta, ma con il duro lavoro di tutti possiamo ancora farcela.-A fare cosa mi scusi?-A salvare l’azienda, a fabbricare e vendere auto di qualità, a far salire i valori azionari. Stiamo traghettando un colosso industriale fuori dal vecchio sistema che produceva debiti, verso una nuova strategia industriale più competitiva.-E l’operazione è finanziata con i soldi pubblici, il taglio dei salari e l’investimento delle pensioni dei dipendenti.-E con ciò? La nascita del capitalismo in Inghilterra fu finanziata dalle rapine di Francis Drake e dei suoi corsari, che derubavano i galeoni Spagnoli, che a loro volta avevano rubato l’oro agli Inca agli Aztechi: questa è la Storia che non è un pranzo di gala e non si fa con i guanti di velluto. A me non interessa da dove vengono i soldi, a me interessa come farli fruttare: il valore delle azioni è cresciuto, il prestito statale è già stato in


70 parte ripagato, e l’azienda va verso l’utile.-Grazie alla riduzione del costo del lavoro oltre che per l’aumento delle vendite.-Esattamente, questo è il “capitalismo reale”, l’illusione è finita. Non possiamo più finanziare il mercato interno, e su quello internazionale la concorrenza si combatte con la riduzione dei costi, prima di tutto quello del lavoro. Vendere auto con costi cinesi e prezzi e qualità americani questo è il futuro per stare sui mercati internazionali. Può piacere o meno ma è così.-Comprendo il ragionamento, ma mi chiedo se ciò non neghi ogni prospettiva di “promozione sociale”, ovviamente rigorosamente legata al merito.-Non faccio il politico e per quanto riguarda, la cosiddetta “promozione sociale” ciò che posso dirle è questo: abbiamo spacciato il capitalismo come opportunità per tutti di successo e ricchezza, ma questa è propaganda, è servita per un po’, quando eravamo in guerra con il comunismo, ma adesso la guerra è finita, e di propaganda non abbiamo più bisogno. Quanto al merito poi, sarà sempre premiato questo è certo, ma deve essere chiaro chi decide cos’è merito e cosa non lo è, e questo significa leadership aziendali forti e non condizionate dai sindacati. Quello di cui le sto parlando io è il “capitalismo reale”, non il mondo dei sogni in cui siamo vissuti per cinquant’anni.-Ancora una domanda dottor Guascone, per tornare alle accuse rivolte al mio assistito. Se come lei ha detto, quella che stiamo vivendo non è una crisi catastrofica ma una grande opportunità, allora anche l’operato del mio assistito, avendo contribuito a produrre questa opportunità, può essere considerato sotto un’altra luce.-Beh, se proprio vogliamo… è vero garantire i consumi di una massa di nullatenenti, ci è costato parecchio, ma è vero pure che a quel tempo le cose erano un po’ diverse da adesso: quella faccenda della Russia nel ’17 era stata una brutta storia ed è durata parecchio. E’ stato un periodo difficile, indiscutibilmente: per tutto il mondo girava uno spettro, uno spettro che raccontava menzogne, ma menzogne capaci di far presa su chi è incapace di farsi strada da solo; eguaglianza sociale, diritti del lavoro, addirittura l’idea di poter fare a meno di noi, l’elite che detiene la ricchezza e ne garantisce un uso produttivo. Dopotutto è meglio che un morto di fame vada a fare shopping al centro commerciale, piuttosto che si faccia venire strane idee su come funziona il sistema e magari cominci a masticare eresie: socializzazione dei mezzi di produzione, valori d’uso piuttosto che valori di scambio, beni comuni e altre mostruosità. Alla fine, dopo


71 tutto, ogni cosa ha una sua logica…-Grazie dottor Guascone, per me è tutto.La camera inquadra Henry Ford allibito, che guarda Guascone, poi l’imputato abbassa il capo e se lo stringe tra le mani; l’immagine di un uomo angosciato. Zimmerman al suo fianco lo guarda preoccupato.

Studio di Wolf TV, Dick Brewster. -Amici telespettatori eccomi ancora con voi, questa prima puntata del “processo del secolo” è ormai quasi alla fine, ma ci riserva proprio ora una grossa sorpresa, un vero e proprio momento di TV verità, senza filtri ne censure, un uomo famoso e importante, conosciuto e apprezzato, parla senza peli sulla lingua, ci dice cose che certo ci lasciano stupiti e forse anche preoccupati, ma che se fossero vere ci obbligherebbero tutti a fermarci e a riflettere. Ma prima di tutto chi è quest’uomo che non ha paura di guardare la dura realtà, chi è quest’uomo che non si cura di essere popolare, ma lavora con determinazione al raggiungimento dei suoi obbiettivi, senza guardare in faccia a nessuno. Deborah, tu che nel mondo dei VIP sei di casa, cosa puoi dirci di Frank Guascone, hai avuto modo di conoscerlo? Magari a qualche party o a un ricevimento? Sappiamo che è sempre molto impegnato con il suo lavoro, ma immagino che anche lui qualche volta si prenda un minuto di relax.-Beh, in effetti gli sono stata presentata, ma sai eravamo così tante ed è durato così poco.-Scusa Deborah, non capiamo…-Cioè, non è facile spiegare… sai lui è molto impegnato e quindi… di certe cose si occupa la sua segreteria… prende accordi con gli agenti… convoca le ragazze… lui arriva, guarda… poi sceglie… molto gentile, poi dura tutto così poco… c’è uno stanzino collegato al suo ufficio… sai, ha molto da lavorare è comprensibile… so che è un po’ imbarazzante, ma comunque… non è che puoi dire di no, eh!-Certo, certo, effettivamente è difficile dire di no. Ok, abbiamo capito che Marco Guascone è ancor più impegnato di quanto non credessimo, un uomo che vive solo per il suo lavoro, ed è quest’uomo, attivo, dinamico, determinato a lanciare una sfida senza dubbio affascinante, una nuova prospettiva nella lotta alla povertà, una prospettiva rivoluzionaria se ho ben capito: non più cercare di aiutare i poveri ad uscire dalla povertà, quanto eliminarli direttamente e con essi eliminare la povertà. E’ così Al?-Scusami Dick ma penso che su questo si debba essere precisi: il dottor Guascone ha molti meriti, ma certo non è un filantropo. In realtà non mi sembra che abbia parlato di combattere la povertà, più semplicemente ha


72 preso atto dell’insostenibilità economica e ambientale di un sistema che tiene dentro anche i poveri. Penso che ciò che preme al dottor Guascone non è tanto l’eliminazione dei poveri, quanto il fatto che essi non gravino più sul sistema capitalistico, e su questo penso che sia difficile non dargli ragione. Ma la cosa importante è che le parole di Guascone interrogano ognuno di noi, ci obbligano a guardarci allo specchio e a farci una domanda chiara: cosa faccio io per non essere povero? E quindi: cosa faccio io per non gravare sul sistema? Troppa gente evita di farsi questa domanda, troppa gente non vuol fare i conti con le leggi della natura, la vita è una competizione, la realtà è una jungla, e se il buon Dio ci ha dato una coscienza, questa non può che servirci per combattere e vincere nella competizione. Guarda il tuo vicino di casa, ha comprato una nuova auto, la pelliccia alla moglie, mantiene un amante, e tu cosa fai? Devi decidere, è come al poker, o ti metti al suo livello, o sei fuori dalla partita. Ma fino ad oggi il sistema del debito ha drogato la competizione, e ognuno ha giocato con i soldi non suoi. Questo è un grande paese, che offre ad ognuno la sua opportunità, ma bisogna saperla cogliere, altrimenti si rimane indietro, si diventa un peso per la collettività, e questo un lusso che temo non ci possiamo più permettere.-Troppo giusto Al, ma c’è qualcosa che forse i nostri amici telespettatori vogliono capire meglio; liberarsi dei poveri, ok, forse è una necessità ineludibile, ma come fare, ci vorrà tempo e non è che se ne abbia molto.-Ma, guarda non siamo più ai tempi di Edoardo VI d’Inghilterra, quando per eliminare i poveri fu istituita la legge che prevedeva l’impiccagione per il reato di vagabondaggio, una procedura lenta e anche costosa, oggi tutto sarebbe più semplice e in fondo naturale. La peste nera che colpì l’Europa nel ‘300, eliminò un terzo della popolazione, oggi i nostri laboratori medici hanno isolato virus che ci permettono di raggiungere obbiettivi di portata maggiore; ovviamente la disponibilità di un vaccino a costi elevati, garantirebbe una pianificazione selettiva che le vecchie epidemie incontrollate, non permettevano; solo che certe scelte implicano una leadership mondiale autorevole e coesa, che oggi non c’è: non puoi investire in un operazione di tale portata, e poi farti mandare tutto in malora da una nazione ostile, che non rispetta le leggi sui brevetti farmaceutici. In realtà il problema è solo politico.-Ma scusa Al, ma forse qualcuno nel nostro pubblico potrebbe sollevare un problema, come dire… morale?-Capisco ciò a cui ti riferisce, ma ti rispondo con due sole parole: Hiroshima e Nagasaki. Anche allora era in gioco il destino dell’umanità, e quella scelta difficile servì comunque a risparmiare vite umane, le nostre


73 in particolare, e quindi ne è valsa la pena. E allora il problema è solo uno: oggi ne varrebbe la pena? Beh io non lo so, ma so che qualcuno, a questa domanda deve rispondere, perché il sistema così com’è non può più reggere.-Grazie, abbiamo qualcosa su cui riflettere nel week-end. E a te Deborah, come sembra questa prospettiva, leggo sul tuo viso un certo stupore?-Mah, temo di non aver capito bene…parlavate di epidemie?-Beh, si ma in via del tutto ipotetica.-Ah, ipotetica.-Si, ipotetica.-Meno male… sai ammetto di non essere una cima, ma quando sento certe persone intelligenti, beh… ringrazio Dio, di essere un po’ stupida.-Ah ah ah, questa è buona Deborah, giusta per chiudere un discorso troppo serio con una buona risata, e passare invece ad esaminare l’altro aspetto importante di questa testimonianza, lo scontro tra Bradstreet e Zimmerman, e mi sembra che questa volta il Procuratore abbia segnato un buon punto a suo favore, che te ne pare Al?-Che ti avevo detto Dick? Ike è un giocatore di poker e ha tenuto i suoi assi per l’ultima mano. La testimonianza di Guascone è chiara e limpida, individua nettamente le responsabilità, oltre a cercare anche le soluzioni alternative; è stato un colpo duro che è arrivato in profondità, Zimmerman, non si aspettava niente di così pesante, e alla fine è stato costretto a chiudersi in difesa. Ha cercato di dimostrare che il suo assistito ha agito solo in conseguenza di una particolare contingenza storica, ma così facendo ha ammesso di fatto le sue colpe, potendo al massimo dimostrare che certe scelte erano inevitabili, ma men che mai giuste. Comunque questa era la mano di Ike, vedremo chi porterà a testimoniare in aula Zimmerman, penso che anche lui abbia i suoi assi nella manica.-Esattamente Al, e li vedremo alla prossima puntata, dato che ormai siamo quasi alla fine di questa lunga diretta; ma prima di ascoltare l’ultima testimonianza, ancora una domanda Al: non so se ho capito bene, ma alla fine della storia mi sembra che di tutti questi debiti, si sia fatto carico lo stato, cioè i cittadini contribuenti, ho capito male o alla fine ci toccherà mettere anche noi le mani al portafoglio?-Hai capito benissimo Dick, il debito privato è cresciuto a dismisura, e alla fine per evitare il crollo del sistema lo stato è dovuto intervenire a garantire la solvibilità delle banche: il debito privato è diventato debito pubblico e adesso è difficile capire cosa potrà accadere. Chi pagherà? Ancora tasse? E per chi poi? E con un simile debito pubblico, ci possiamo ancora permettere di garantire sussidi, ospedali, scuole pubbliche e tutto il resto?


74 E poi, soprattutto, cos’è il debito pubblico? Lo stato chiede soldi agli investitori, ma questi investitori, chi sono? Arabi, cinesi o chi altro? Tutta gente con cui facciamo affari, ma che ci rispetta anche per i nostri bombardieri, ma anche i bombardieri costano e fanno crescere il debito pubblico. Non so che dire Dick, ma è certo che un grande paese come il nostro, non può farsi prendere per il collo, nessun autentico americano potrà mai accettare di dipendere da un banchiere saudita o da un fondo di investimento cinese, e credo che di questo chi ci governa dovrà tenerne conto.-Su questo non posso che essere d’accordo con te Al, ma penso che le tue domande forse troveranno qualche risposta nella prossima testimonianza, perché finalmente la parola passa alla politica, e quale politica, una politica giovane e tutta al femminile, perché mi dicono che in aula sta per entrare Vera Aulin, il volto nuovo della politica americano, governatrice del New Mexico, la più giovane governatrice della storia americana, volto nuovo del Partito Republicano, donna forte e tenace, ma prima di tutto una moglie e una madre, in prima fila nella difesa dei valori famigliari. Ed ora in aula.

Sullo schermo compare l’immagine di una donna trentenne, elegante e avvenente, che si mostra in camera con un sorriso sicuro e accattivante. Poi la voce del Presidente. -Lei è Vera Aulin di anni 37, residente a Albuquerque, New Mexico?-Si, sono io.-Giuri di dire la verità, dica lo giuro.-Lo giuro.-Bene Procuratore, può procedere all’esame della teste.-Grazie Presidente. Signora Aulin, solo poche domande per approfittare della sua esperienza come governatrice di uno stato dell’Unione. Dal suo punto di vista privilegiato, ha avuto modo di farsi un’idea della pressione migratoria sulla nostra frontiera meridionale?-Purtroppo si, signor Procuratore, purtroppo si; sono nata e cresciuta nel New Mexico, amo questa terra, amo le sue montagne e i suoi deserti, e amo soprattutto la sua gente, gente dell’ovest, gente forse rude, ma attaccata alle sue libertà e pronta a difenderle se necessario, e soprattutto amo le donne del mio paese, donne della Frontiera, donne che sanno come trasformare un cortile polveroso in un giardino fiorito. E per questo che ho intrapreso la mia carriera politica, per rappresentare la mia gente e difendere i loro diritti, ora che rischiano di essere soffocati da una massa di non Americani che preme ai confini.-Vada avanti signora Aulin.-


75 -Sono una donna semplice e di poche e chiare parole, ma quando vedi che intorno al tuo quartiere crescono le baracche come in una qualsiasi favela di Città del Messico, e i tuoi figli rischiano di crescere in mezzo a gang di giovani messicani, allora una madre deve farsi delle domande e chiedersi: cosa sta accadendo?-Ci dica, cosa sta accadendo?-Sta accadendo quello che temevamo, l’America sta per essere invasa e mentre questo accade i politici di Washington, non sanno far altro che chiacchiere, oltre ovviamente a spendere i nostri soldi e farci pagare tasse, per mantenere una massa di persone che entrano clandestinamente, poi rivendicano diritti che noi cittadini americani ci siamo guadagnati con il nostro duro lavoro. Con le nostre tasse Washington finanzia programmi di assistenza sociale e sanitaria per sostenere gente che pensa di trovare il bengodi nel nostro paese. E quelli ovviamente continuano a passare la frontiera; poi i soliti politici di Washington vengono a raccontarci di deficit di bilancio e di crescita del debito pubblico, si inventano una riforma sanitaria che serve solo a farci spendere soldi e far guadagnare voti a loro, e in più per mantenere il loro potere, cercano l’appoggio dei gay, che disgraziatamente continuano ad aumentare, permettendogli di attentare ai valori sacri della famiglia. Ma la gente è stanca e sta aprendo gli occhi.-Signora Aulin, da quanto lei ci dice, la massiccia presenza di immigrati, sia clandestini che regolari, è quindi conseguenza di politiche di accoglienza eccessivamente aperte.-Si certamente, ma non è solo questo. Questa gente guarda la TV e si fa un’idea sbagliata. Quando il mio trisnonno venne all’ovest, non pensava di trovare la bella vita, auto a poco prezzo, supermercati pieni di merci, uno stato che ti cura se ti ammali; c’erano solo indiani, deserto e tanto lavoro da fare. Oggi questa gente guarda la TV, vede telefilm in cui tutti se la passano bene, spendono e si divertono, e pensano di poter fare la stessa cosa, ma questa storia ormai è finita.-Può precisare meglio questo concetto, quale storia è finita?-E’ finita la storia che questo paese può continuare ad accogliere gente, siamo indebitati fino al collo per tenere in piedi un sistema costoso che garantisce a chiunque venga qui di godersela. E ora di chiudere le frontiere e che ognuno si risolva i suoi problemi a casa propria; come governatrice del mio stato ho cercato di dare il buon esempio, abbiamo deciso di fare conto sulle nostre forze e di comandare a casa nostra, non vogliamo che Washington ci imponga le sue tasse, e non abbiamo bisogno di fondi federali per tenere in piedi centri d’accoglienza per gli immigrati clandestini e programmi d’assistenza sociale; e soprattutto non abbiamo


76 bisogno di Washington per garantire la nostra sicurezza, abbiamo leggi chiare per gli immigrati, qualsiasi messicano che non ha in tasca dei documenti in regola e non può dimostrarci che lavora, lo mettiamo in galera, galere pagate da noi cittadini del New Mexico, senza aggravio sul bilancio federale. E poi in tema di sicurezza ogni buon americano fa i suoi investimenti, ottempera ai precetti costituzionali, che non solo garantiscono il diritto del cittadino di possedere armi, ma in qualche modo lo stabiliscono come un dovere, il dovere di badare a se stessi e alla propria famiglia con ogni mezzo legale, armi comprese. Non abbiamo bisogno di uno stato che con la scusa di badare ai nostri affari, in realtà non fa che spendere i nostri soldi. C’è una crisi economica in corso e noi stiamo facendo la nostra parte per salvare la nazione, ma a Washington devono capire che è ora di finirla di spremere i cittadini.—Signora Aulin il suo contributo è stato veramente chiarificatorio, e io la ringrazio per il suo contributo alla verità. Ho concluso signor Presidente grazie.-Grazie Procuratore, avvocato Zimmerman, ha delle domande da fare alla teste?L’avvocato Zimmerman guarda a lungo tra le sue carte, poi si gratta dubbioso la nuca, si accarezza la barba con il pollice e l’indice e finalmente risponde. -Sinceramente Presidente non mi è chiaro quale contributo la teste potrà dare alla verità, almeno in rapporto alle accuse rivolte al mio assistito, ma dato che l’esimio Procuratore ha voluto offrire a milioni di cittadini-elettori l’opportunità di conoscere la signora Vera Aulin, penso di cogliere anch’io questa opportunità.La voce del Presidente è evidentemente infastidita. -Al dunque avvocato, ha delle domande da fare?-Certamente signor Presidente, certamente.L’avvocato lascia il suo banco e si avvicina alla teste con un sorriso sornione. -Signora Aulin, abbiamo compreso che lei ha le idee piuttosto chiare su come ridurre il deficit statale e il debito pubblico, ma vorrei chiederle, qualora lei dovesse svolgere un ruolo di rilievo alla Casa Bianca, avvallerebbe un aumento del debito pubblico allo scopo di sostenere un sistema bancario a rischio di default, come peraltro è già accaduto in tempi recenti?Prima che la teste possa rispondere è Bradstreet a intervenire con voce rabbiosa. -Mi oppongo signor Presidente, la teste non è tenuta a rispondere su fatti


77 o ipotesi dei quali non ha esperienza diretta.-Opposizione accolta, avvocato Zimmerman ha altre domande?-D’accordo signor Presidente, cercherò di capire se ci sono altre questioni, oltre all’immigrazione, di cui la teste ha esperienza diretta. Signora Aulin ha idea di quanto incide la spesa per la difesa sul bilancio federale, e quindi sul deficit di bilancio e sul debito pubblico?-Mi oppongo signor Presidente, il tema della difesa nazionale non può essere sottoposto a valutazione in questa sede.-Opposizione accolta, proceda avvocato Zimmerman, ma si attenga alle questioni attinenti le accuse rivolte al suo assistito.-Va bene, va bene, evidentemente l’esimia rappresentante del Partito Republicano non ha esperienza diretta di alcunchè riguardi gli impegni del nostro governo nazionale.-Signor Presidente chiedo che venga censurata l’affermazione offensiva dell’avvocato Zimmerman.-Avvocato Zimmerman per l’ultima volta, rimanga nei limiti del processo.-Va bene signor Presidente, solo una domanda che spero questa volta non incontri l’opposizione del Procuratore. Signora Aulin il mio assistito è accusato di aver promosso un sistema economico basato sulla crescita dei consumi sul mercato interno, e sull’estensione di tale mercato a soggetti economicamente deboli, anche attraverso sostegni diretti o indiretti. Vorrei chiederle, sulla base della sua esperienza come governatrice di uno stato dell’Unione, lei ritiene che il sostegno al mercato interno sia una misura utile all’economia?Vera Aulin, evidentemente contrariata dalle interruzioni del Procuratore, può finalmente rispondere all’avvocato Zimmerman e lo fa con un sorriso sarcastico. -Sostegni diretti o indiretti? Chi li paga? Le nostre tasse per i sussidi di disoccupazione? Le nostre tasse per lavori pubblici inutili? Le nostre tasse per mantenere impiegati pubblici nullafacenti? Se lo stato vuole tutelare l’economia nazionale, ci difenda dalle merci straniere che invadono i nostri supermercati, imponga dei dazi sulle cianfrusaglie cinesi. Se lo stato vuole difendere l’economia nazionale ci garantisca materie prime a prezzi ragionevoli e ci difenda dal ricatto dei fondamentalisti che controllano il petrolio; ma per farlo non c’è bisogno di spendere soldi e mandare a morire i nostri ragazzi, abbiamo una supremazia nucleare, facciamola valere. E soprattutto se lo stato vuole difendere l’economia nazionale ci libera degli ambientalisti di città, quelli che si preoccupano dei caribù dell’Alaska e ci impediscono di sfruttare nuovi giacimenti; l’ambiente è una cosa


78 seria, lo so bene io che ho cacciato cervi sui monti Sangre de Cristo, fin da quando accompagnavo mio padre da bambina. Se l’economia nazionale necessita di una crescita dei consumi, faremo la nostra parte: personalmente faccio il possibile, ho ingrandito la mia piscina, ho regalato un SUV a mio figlio per il suo sedicesimo compleanno, e tutti gli anni rinnovo il mio guardaroba; lasciateci i nostri soldi in tasca e noi li spenderemo. Non vedo perché i nostri soldi dovrebbero servire ai consumi di qualcun altro.-Grazie signora Aulin, ora il suo messaggio è chiaro.Con un sorriso compiaciuto la governatrice si alza in piedi, saluta i presenti, stringe la mano al Procuratore Bradstreet che le fa i complimenti, e si avvia verso l’uscita, mentre la camera indugia sul corpo fasciato dall’austero tailleur, e la voce del Presidente annuncia la sospensione della seduta. -Con la testimonianza della signora Aulin si conclude l’esame dei testi d’accusa, e data l’ora tarda sospendo il procedimento, aggiornandolo alla prossima settimana, con l’esame dei testi proposti dalla difesa. E con questo è tutto, la seduta è tolta.Inquadratura dall’alto sui membri della corte e le parti che lasciano i loro scranni, scambiano qualche battuta, si stringono le mani. Musica di sottofondo.

Studio di Wolf TV Dick Brewster -Solo una breve battuta Al, perchè ormai siamo veramente alla fine della puntata: mi è sembrato che questa volta Bradstreet fosse un po’ in difficoltà con il controinterrogatorio di Zimmerman, che te n’è parso?-Preferirei non parlarne perché Ike è un amico, ma temo che questa volta abbia commesso un errore a convocare la Aulin.-Beh il suo contributo sul tema immigrazione mi è sembrato importante, e ha anche delle idee per la Casa Bianca.-Beh se è così doveva lasciarla parlare e non proteggerla come se temesse le sue risposte. Quello che temo è che in realtà non sia stato Ike a volerla in aula, ma che ci siano state delle pressioni, sai la TV può essere importante per chi fa politica…-Ma non crederai che il Procuratore Bradstreet…-No, io non credo nulla… ma siamo proprio in diretta… ok, ok, comunque Vera Aulin se l’è cavata benissimo, ha risposto con molta chiarezza, e Bradstreet è stato veramente in gamba a impedire che la difesa cercasse di confondere il teste. E penso per questa sera sia tutto, vero Dick?-Si, certamente Al, per questa sera è tutto. Salutiamo i nostri ospiti, Allan


79 Friedkin e Deborah Windshaw, che ci hanno accompagnati in tutta la serata, e soprattutto il nostro pubblico a casa, dando a tutti ancora una volta appuntamento alla prossima puntata, tra una settimana, stessa rete stesso orario, per comprendere fino in fondo questa crisi e soprattutto per sapere chi è veramente Henry Ford: l’esempio dell’energia e del dinamismo del capitalismo americano, o il simbolo di un compromesso che ci spinge alla decadenza e al fallimento? Buonanotte a tutti voi, ci vediamo tra una settimana.-

Qualche chilometro a sud di Rhodes, Iowa, fattoria di Harvey Billinghan Nella stanza buia, solo la luce del televisore e una coppia di mezz’età sul divano. -Spegni Harvy, mi sembra che per questa sera ne abbiamo sentite abbastanza. Epidemie e tasse! Mai una buona notizia da questa gente…meglio andare a dormire.-Eppure questa idea dei biocarburanti non mi sembra da buttare, c’è da ragionarci su Betty…-Cos’è Harvy, vuoi far concorrenza alle 7 sorelle? Alla tua età dovresti smetterla di credere a tutto ciò che dice la TV.-Eppure questa storia della crisi non mi sembra che vada presa sotto gamba.-Aah, tutte storie, van bene per la gente di città, non per chi si sveglia all’alba e deve badare a 50 ettari di campi seminati a cereali. La crisi è una storia da yuppy di Wall street, gente che non ha mai lavorato e ha sempre visto i soldi facili; ben gli sta ti dico io.-Eppure se il governo non sostenesse più i nostri prodotti…-Noo, non converrebbe a nessuno, siamo noi che li teniamo al loro posto, è il loro lavoro badare ai nostri interessi…, poi se c’è da cambiare, si cambia, soia o mais, grano o girasole, tanto ormai vien su tutto con i prodotti chimici. Vieni a dormire che è meglio.-Vai tu Betty, ti raggiungo dopo, tutte queste cose mi hanno fatto passare il sonno.-Harvy, non raccontarmi storie, tutte le sere ti addormenti alle nove davanti alla tele, e stasera invece non hai sonno. E’ quella puttana negra che ti ha mandato su di giri? E adesso gli fanno lo speciale a Xtreme. Ok, ok, fa come ti pare, ma non mi svegliare e se hai delle voglie, pensa alla crisi, che così ti passano.-Oh Betty, ma possibile che tu…-Buonanotte Harvy.-


II PUNTATA

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TA-DA-TA-TA-TA-BUUM Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Amici telespettatori buona sera da Dick Brewster e da tutta Wolf TV, dopo il grande successo della prima puntata, continua “Processo alla crisi”, la reality-fiction che avvalendosi delle più moderne tecnologie e della collaborazione di esperti di economia di fama mondiale, cercherà di scoprire le cause della crisi economica e finanziaria che sconvolge i mercati di tutto il mondo, e soprattutto tenterà di scoprire le eventuali responsabilità di uno tra i più grandi magnati della storia industriale americana, uno dei grandi artefici del sogno americano, Henry Ford, l’uomo che ha dato ad ogni americano il diritto ad avere un auto, e forse si è sbagliato. In studio con noi ancora Allan Friedkin, il giornalista esperto di politica ed economia che ci aiuta a districarci nei complicati meandri della finanza, e insieme a lui il professor Michael Ogden, scienziato, ricercatore, autentico genio della fisica, un uomo il cui lavoro raramente giunge a conoscenza del grande pubblico televisivo, ma i cui studi stanno già costruendo l’America del futuro, per noi e i nostri figli. Professor Ogden, so che non è abituato a frequentare gli studi televisivi, cosa l’ha convinto ad accettare il nostro invito, e a lasciare almeno per una sera i suoi studi e i suoi esperimenti?-La verità è che io guardo molto poco la TV, e quando ho ricevuto il vostro invito, sono stato in dubbio se accettare o meno e ho atteso di vedere la prima puntata, per capire qual’era il livello della discussione; ma devo dire che sono rimasto molto colpito, dalla qualità delle testimonianze, dalla verità dei protagonisti, e questo mi ha convinto a partecipare, perché come cittadino e soprattutto come uomo di scienza, sono molto preoccupato da quanto sta accadendo.-La ringrazio a nome di tutta Wolf TV per l’apprezzamento del nostro lavoro, solo una fiction certo, ma una fiction di qualità, un grande lavoro di ricerca, e soprattutto, grazie ai nostri sponsor, un grande budget, per avere il meglio in studio e sul set, e offrirlo al nostro pubblico. Ma ora permettetemi di salutare Allan Friedkin e chiedere a lui, che ormai è di casa, di fare in due parole il punto sulla situazione, per tutti quei telespettatori che hanno perso la prima puntata.-OK Dick, ma prima lascia che dica ai nostri telespettatori qualcosa che sappiamo io e te e che il professor Ogden, con il suo riserbo e la sua modestia ha preferito tacere. In realtà nulla avrebbe indotto il nostro esimio


81 professor a lasciare i suoi importanti studi e venire qui in TV, se non l’altruismo di chi pur di sostenere la fondazione benefica di cui è presidente, è pronto anche a sacrificare un po’ del suo preziosissimo tempo; per questo voglio ringraziarla professor Ogden, perché so che il lauto assegno che Wolf TV ha versato sul conto della sua fondazione benefica, libera ovviamente da ogni gravame fiscale, servirà sicuramente per una grande causa.-Beh dato che ha deciso di parlarne, allora voglio chiarire che la fondazione che presiedo sta svolgendo un ruolo fondamentale nell’applicazione delle conoscenze della fisica nucleare alla ricerca medica, e l’uso dei fondi che ci giungono dai donatori è trasparente e ben documentato come…-Come tutti noi sappiamo professore, come tutti sappiamo. Ma ora Al, facci un po’ il punto della situazione, prima di andare di nuovo in aula.-Quello che mi chiedi non è per niente facile Dick, la prima puntata è stata piuttosto densa, ne abbiamo sentite tante, ma quello che mi sembra di aver capito è questo: punto 1) perché l’economia cresca si devono fare profitti, ma per fare profitti devi vendere, e per poter vendere ci deve essere qualcuno che ha i soldi per comprare; punto 2) perché la gente abbia i soldi per comprare ci sono solo tre possibilità, o si tengono alti i salari, ma così ci rimettono i capitalisti e questo non va bene, o lo stato trova il modo di redistribuire risorse, ma così crescono tasse e debito pubblico e nemmeno questo va bene, o le banche finanziano la spesa finchè possono, poi prima che il sistema bancario salti per aria, facciamo intervenire il governo e ricominciamo con tasse e debito pubblico, ma neanche questo va bene; punto 3) chiunque si azzarda a dire che il sistema è sbagliato, ovviamente è un comunista.-OK Dick, grazie per lo sforzo di sintesi e soprattutto per quest’ultima doverosa precisazione. Ma ora prepariamoci ad andare in aula per ascoltare le testimonianze raccolte dalla difesa, la prima delle quali giunge addirittura da oltreoceano, dalla lontana e bellissima Italia, un paese di grandi talenti creativi il cui contributo di fantasia può esserci utile per uscire dall’impasse così ben descritta dal nostro amico Allan Friedkin. Non vi anticipo nulla, perché la sorpresa è in aula!-

Ancora una volta le note del Dies Irae accompagnano il sobrio ingresso in aula della Corte e delle parti, si ripete la sequenza di inquadrature che mostrano e presentano i protagonisti, poi finalmente è inquadrato l’ingresso, dove scortato dal solito impassibile contractor, compare il primo dei testimoni della difesa. Elegante, sorridente, abbronzato, un uomo an-


82 ziano ma dal passo giovanile e dai neri e fluenti capelli tinti, fa il suo ingresso in aula, ma prima di sedersi al suo posto, va a stringere cordialmente la mano al Presidente e ai membri della Corte, un pochino imbarazzati da questa inattesa manifestazione di simpatia. Quando finalmente si siede al suo posto, la camera ne inquadra l’espressione compiaciuta in cui trapela una certa incuriosita eccitazione, mentre il Presidente lo apostrofa con il solito tono impersonale. -Lei è Francesco Varricchio, di anni 74, residente a Benevento, Italia?-Esattamente.-Giuri di dire la verità, dica lo giuro.-Lo giuro.-Bene, a lei avvocato Zimmerman, può iniziare.L’avvocato Zimmerman si avvicina al teste, lo guarda in silenzio per alcuni secondi, come per metterne bene a fuoco l’immagine, mentre il teste lo ricambia con una espressione franca e serena. -Signor Varricchio, abbiamo ritenuto avvalerci della sua testimonianza, perché lei possa contribuire a chiarire un tema emerso nel corso del procedimento e il cui approfondimento la difesa ritiene centrale per l’accertamento della verità, circa le cause e le responsabilità dell’attuale crisi finanziaria. Mi riferisco ovviamente al tema del debito pubblico, di cui lei avrà certo esperienza, come eminente uomo politico di un paese che in questo campo ha raggiunto livelli ineguagliati. Ma prima può dare a questa Corte una sintetica conoscenza della sua carriera nel complesso ambiente politico italiano?-Certamente, ma prima permetta che ringrazi tutti voi per l’opportunità offerta ad un anziano ex protagonista della vita politica italiana, di parlare di un tema, quello del debito pubblico, troppo spesso demonizzato a fini strumentali e di parte. Comunque venendo a me, in sintesi, posso dire di aver iniziato il mio impegno politico nella sinistra riformista italiana, già nel corso degli anni ’70 del secolo scorso, quindi dopo aver contribuito alla marginalizzazione delle correnti massimaliste e antiatlantiche di quella stessa sinistra italiana, ho dato il mio contributo ad una stagione di governo da parte di forze moderate e riformiste, che nel corso degli anni ’80, ha visto il paese crescere nella ricchezza e fare il suo ingresso tra le grandi nazioni dell’occidente. E’ qualcosa di cui vado fiero, al di là delle piccinerie e della malafede, che troppo spesso caratterizzano la vita politica nel mio amato paese.-Grazie signor Varricchio, e allora veniamo proprio alla questione del debito pubblico, e alla sua ipertrofica espansione nel suo paese. Lei mi sembra che, in controcorrente rispetto all’opinione più diffusa, non lo


83 consideri un elemento negativo?-Evidentemente no! Ma permettetemi prima di fare una doverosa precisazione, proprio sul tema del debito in generale, ancor prima che di parlare di debito pubblico. Cos’è un debito, al di là di ogni banale pregiudizio? E’ un atto di fiducia nei confronti del futuro, cos’altro se non questo; l’ottimista, l’individuo energico, non corrotto dall’invidia sociale, può attraverso il debito innescare il processo della propria crescita. Al contrario il pessimista, colui che incolpa il sistema della propria debolezza, colui che guarda all’altrui ricchezza come causa della propria miseria, non si indebiterà mai, ma al contrario, tenterà di sottrarre la ricchezza a chi ne ha, convinto che non sarà mai in grado di produrne della propria, e per far questo sarà pronto anche a delinquere. Se ciò è vero per un individuo è ancor più vero per una nazione: il debito pubblico è un grande e generoso atto di fiducia collettiva verso il futuro, e in tal senso, un forte elemento di coesione sociale; un intero popolo che si indebita, nella fiducia nella propria crescita, non ha più necessità del lacerante conflitto sociale, di quello scontro tra le classi di cui il mio paese fu vittima insanguinata negli anni ‘70, ma insieme persegue l’obbiettivo comune dell’arricchimento, sostenuto dalla crescita di un debito pubblico garantito dallo stato.-E questo è ciò che è accaduto in Italia negli anni ’80?-Esattamente. Mentre da voi e in Inghilterra le politiche liberiste del presidente Reagan e della signora Tatcher producevano recessione in economia e lacerazione nel tessuto sociale, in Italia c’era crescita, modernizzazione e una rinnovata coesione sociale, anche attraverso la definitiva sconfitta dei comunisti, un tempo forti e radicati. E d’altra parte se la liquidazione di un semplice operaio, investita in Buoni del Tesoro, garantisce un rendimento del 15% annuo, che senso ha lotta di classe? Vede, voi qui in America, anche grazie a quel grande imprenditore che oggi è qui in veste di imputato, avete insegnato al mondo che la possibilità di accesso al consumo di grandi masse di popolazione, è la chiave di volta della crescita, e quindi di uno sviluppo del capitalismo infinito e illimitato. Ciò che ha fatto grande il vostro paese è stata la capacità inclusiva, e mentre durante il secondo dopoguerra, nella nostra piccola Italia noi eravamo dilaniati dal conflitto di classe, da voi in America operai e imprenditori si univano nello sforzo comune della crescita per il raggiungimento del benessere. Ma finalmente, durante gli anni ’80, anche nel nostro piccolo paese, senza i mezzi per condizionare l’economia mondiale che ha una grande potenza come la vostra, una classe politica coraggiosa, e certo anche un po’ spregiudicata, ha perseguito lo stesso fine, crescita dei con-


84 sumi, crescita della produzione, ricchezza e benessere per tutti. E chiunque in Italia potrà dirvi che gli anni ’80 furono anni spensierati e oserei dire felici.-Eppure mi permetta di ricordarle che se oggi l’Italia è il paese che rischia non solo il proprio fallimento, ma anche di trascinare con se tutta l’Europa, con conseguenze drammatiche per l’economia mondiale, lo si deve proprio al debito pubblico immenso prodotto in quegli anni.-Ebbene allora mi permetta di correggerla, perché la vicenda è un po’ più complessa di come oggi la si narra. In realtà non il debito è la ragione, ma la mancata crescita, una mancata crescita dovuta in parte a cause endogene, ma superabili nel tempo, ma soprattutto alle scelte di una Europa miopemente condizionata dal grigio rigore teutonico, piuttosto che dalla solare fantasia italiana.-Entri nel merito.-Mah, le cause endogeno sono riconducibili alle storture del sistema fordista prodottesi in Europa, dove l’intervento pubblico dello stato, è servito più che a sostenere la crescita, a garantire privilegi e rendite di posizione, in sostanza elementi di rigidità che hanno penalizzato il dinamismo dell’economia. Retaggi del tempo della lotta di classe, quali il presunto diritto al lavoro, e quindi la difficoltà a licenziare, lo stesso contratto nazionale, automatismi nella difesa del salario dall’inflazione, il sistema di welfare pubblico, sanità, scuola, pensioni, trasporti, tutte cose che sottraggono risorse pubbliche, altrimenti spendibili per il sostegno alle imprese e alla libera iniziativa. Malgrado ciò in quegli stessi anni ‘80, l’Italia ha visto crescere esponenzialmente il numero di imprese, mentre la contrazione del lavoro dipendente, salutarmente sottoposto alle ristrutturazioni post-fordiste, ha permesso l’incremento del lavoro autonomo, inducendo quel fenomeno che in Italia chiamiamo delle “partite IVA”, per cui una quantità sempre maggiore di soggetti veniva sottratto all’arretratezza e alla stagnazione del lavoro dipendente, per approdare alle prospettive di profitto di un capitalismo che offre a tutti l’opportunità, e specifico l’opportunità e non il diritto, di arricchirsi. E’ ovvio che in questa autentica rivoluzione che finalmente offre ad ognuno le opportunità di un capitalismo democratico e popolare, di una sana e feconda concorrenza, lo stato debba fare la sua parte, garantendo la circolazione di liquidità, quella liquidità che è il mare in cui l’impresa può gioiosamente nuotare; questa circolazione di liquidità è stata garantita sia attraverso la crescita della spesa e del debito pubblico, ma anche, e lo dico senza infingimenti, attraverso un’imposizione fiscale elastica, capace di penalizzare i soggetti meno dinamici, parassitariamente legati ai privilegi del lavoro


85 dipendente e alle garanzie del sistema pensionistico, e liberando le risorse di quanti, assumendo su di se il rischio di impresa, contribuiscono alla crescita economica.-Sta parlando dell’evasione fiscale per cui il suo paese è noto?-Si questo è il termine abitualmente usato, ma personalmente preferisco parlare di “fiscalità di mercato”, intendendo una fiscalità in cui il cittadino-imprenditore, possa rapportarsi allo stato così come si rapporta al mercato, laddove ognuno può ricavare profitto sulla base delle proprie personali capacità di cogliere occasioni e opportunità. Tutti apprezzano chi sul mercato abbatte i suoi costi e amplifica i suoi profitti, poi per un’ipocrita moralismo, ci si scandalizza di chi, di fronte allo stato, riesce a gonfiare i costi e nascondere i profitti: in realtà le due operazioni sono speculari, ma della stessa natura.-Quindi in questo quadro il debito pubblico e l’evasione fiscale, svolgono le funzioni di finanziatori della crescita economica.-Ma certamente, cos’altro se non questo? Grandi eventi, lavori pubblici con ricchi appalti e infiniti subappalti, consulenze profumatamente pagate, finanziamento diretto alle imprese private senza inutili e umilianti contropartite, un sistema di impresa pubblica libera di indebitarsi senza limiti, emissioni di titoli di stato ad alto rendimento, tutte modalità attraverso le quali, quell’opera di redistribuzione della ricchezza, vagheggiata dalle sinistre novecentesche e miseramente naufragato nelle economie pianificate del socialismo reale, finalmente si attuava in una grande competizione a cui tutti potevano partecipare, appaltando e subappaltando, guadagnando ed evadendo, acquistando titoli e vendendo immobili, in una primavera dell’economia in cui cento fiori possono finalmente sbocciare. Ricordo che in quegli anni la crescita italiana era seconda solo a quella giapponese. Furono bei tempi, e me lo lasci dire, avemmo anche noi il nostro piccolo sogno italiano. Purtroppo però non durò a lungo, e a partire dal 1989, dopo il crollo del muro di Berlino, nel mondo le forze della storia presero un’altra direzione, e nel 1990, con i mondiali di calcio in Italia, celebrammo l’ultima grande festa del sogno italiano di ricchezza.-Quindi lei addebita la fine della sua esperienza di governo a ragioni internazionali, piuttosto che alla corruzione e all’indebitamento.-Ma è ovvio, il debito è continuato a crescere anche dopo la fine degli anni ‘80, e se la corruzione fosse stata la causa della nostra fine, oggi non dovremmo avere più corruzione, e invece l’unica cosa ancora in crescita in questa Italia stagnante di oggi, è proprio la corruzione; no, nessun sistema crolla per la corruzione, non diciamo banalità. La corruzione in fondo,


86 quando non è una prerogativa di pochi eletti, che nascostamente si scambiano soldi e favori, ma quando effettivamente è sistema, esteso e diffuso in ogni aspetto della vita sociale, e quindi alla portata di tutti, diviene per ognuno un’opportunità, tutti possono corrompere ed essere corrotti, sicuri che alla fine il costo sociale di questa individuale opportunità, sarà garantito da uno stato paterno e indebitato.-Certo una curiosa idea della legalità…-Vorrei ricordarle che l’Italia è patria del diritto…ma proprio per questo ne conosce anche il rovescio.-Capisco, torniamo allora al debito pubblico e alla crescita; se ho ben capito, dal suo punto di vista, questo diciamo così rapporto virtuoso, si interrompe alla fine degli anni ’90 per ragioni internazionali.-Evidentemente. Con il crollo del muro di Berlino, la riunificazione tedesca e l’apertura dei mercati dell’est, l’Europa trova finalmente la locomotiva che la guida verso l’unificazione, unificazione peraltro resa necessaria dal contemporaneo processo di globalizzazione economica. Purtroppo però tutto ciò avviene in un clima ipocritamente restrittivo: in Germania sanno che la prospettiva di una unificazione europea è fortemente attrattiva per i paesi dell’est, diffidenti verso una colonizzazione economica tedesca, e cominciano ad accettare l’idea di poter abbandonare il loro marco per una futura moneta europea, ma non si fidano dei loro partner e cominciano a imporre la loro linea di rigore su deficit e debito pubblico, inflazione e tassi di interesse, in pratica la gabbia di Maastricht. E qui, scusate, ma torno all’inizio del mio ragionamento: la fiducia, la fiducia che non c’è, la fiducia in una crescita comune, e quindi la possibilità di un debito comune. E’ con questa Europa, asfittica e luterana, che l’Italia, patria del mecenatismo rinascimentale e delle iperboli barocche, comincia inevitabilmente a declinare. E pensare che nello stesso periodo i tedeschi facevano crescere il loro debito pubblico di 10 punti in cinque anni per finanziare la ricostruzione dell’ex DDR. Che a fronte di questa triste prospettiva, iniziata nei primi anni ’90, fatta di manovre rigorose, tagli, contrazioni, e stagnazione economica, nel nostro bel paese tanta gente si rivolgesse nostalgicamente all’ultimo eroe degli anni ’80, il Cavalier Berlusconi, è cosa francamente comprensibile; purtroppo quel tempo era finito e mai più ritornerà. Oggi di quel tempo ci rimane il debito pubblico, un debito pubblico senza crescita, vissuto con vergogna, una vergogna che deprime lo spirito nazionale e soprattutto alimenta illusioni insensate e defatiganti: abbattere il debito pubblico, ma le sembra una cosa possibile? Dovremmo piuttosto usarlo, per rilanciare la crescita, ma chi avrà il coraggio di osare in questi tempi oscuri? Ma solo un’ultima considera-


87 zione, per l’Europa: ma come è mai possibile che una costruzione europea, così priva di una comune fiducia nella sua possibilità di indebitarsi, possa ottenere la fiducia dei grandi investitori internazionali? Lo ribadisco, il debito pubblico è un grande atto di fiducia collettiva nel futuro e tanto più grande è il debito, tanto maggiore è la fiducia su cui si fonda. Dopotutto cosa sono questi Eurobond che tutti, a parte i tedeschi, considerano come la panacea di ogni male? Debito pubblico europeo, cos’altro? Se gli stati, che un tempo erano i pagatori di ultima istanza, non sono più padroni della propria moneta, è evidente che gli investitori non si fidano; oggi questo ruolo lo deve svolgere l’Europa. E questo accadrà, perchè l’ipocrisia del rigore e della sobrietà, serve solo a coprire la scomoda verità: è con i debiti che va avanti il mondo.La perorazione si era conclusa con un tono declamatorio e comiziesco, accompagnando la retorica con la mimica, ma la sala era rimasta piuttosto fredda di fronte a tanto calore; l’avvocato Zimmerman, dopo aver atteso che l’eco delle ultime parole si smorzasse, rivolge la sua domanda al teste cercando di assumere un tono pratico e pesino sbrigativo. -Ok, ok signor Varricchio, penso che la Corte abbia compreso il senso delle sue parole. L’intervento dello stato nell’economia, anche attraverso l’aumento del debito pubblico, finalizzato alla crescita della produzione e dei consumi, ma non più legato al mantenimento di privilegi e garanzie collettive. Un economia basata sulla crescita dei consumi di massa, ma non sui diritti delle masse, per usare un espressione sintetica.-Non posso che apprezzare la capacità di sintesi tipicamente americana. Si di questo si tratta, un capitalismo democratico e popolare, garantito dallo stato; opportunità, piuttosto che diritti, competizione e meritocrazia, per sviluppare le forze dinamiche capaci di trainare in avanti l’intera comunità. Questo è ciò che fa crescere il paese, ma vede, oggi non posso che constatare amaramente, che mentre nel mio paese si fa un gran parlare di crescita, chi quella crescita seppe realmente realizzarla e morto esule e condannato. Ma tant’è, quell’uomo che in Hammamet ebbe la sua Caprera, non fece che condividere il destino del grande eroe di cui raccolse ogni reliquia.Le ultime parole, dette con tono melodrammatico e riferite a vicende e persone della realtà italiana, suscitano un certo sconcerto nei membri della Corte, il cui sguardo si volge al Presidente, che risponde a bassa voce, “cose italiane”, accompagnando le parole con un gesto di noncuranza. Anche l’avvocato Zimmerman sembra infastidito e ansioso di chiudere la testimonianza. -Va bene, va bene signor Varricchio non siamo qui per scrivere epitaffi,


88 ma per accertare la verità su questa crisi e difendere il nome e l’immagine di uno dei più grandi uomini del capitalismo. E per questo le faccio un’ultima domanda: sulla base della sua esperienza politica e di governo, lei ritiene ancora possibile un modello di capitalismo basato sui consumi di massa, così come esso si è prodotto nel secolo passato, anche soprattutto grazie all’azione del mio assistito?-Si, non ho esitazioni, si, ma ad alcune condizioni, che certamente il vostro grande paese è più del mio in grado di soddisfare: eliminare ogni opprimente rigidità dal mercato, come i contratti collettivi e il diritto del lavoro; liberare l’impresa dai vincoli burocratici, come le regole sugli appalti, le valutazioni di impatto ambientale, l’obbligo di rispettare i preventivi; eliminare tutte quelle voci di spesa che distolgono le risorse pubbliche dal fondamentale compito di sostenere la crescita e contestualmente sottraggono all’impresa ambiti di competizione: mi riferisco al welfare e ai servizi pubblici, scuola, sanità, pensioni, trasporti, tutte cose che i privati possono fare con maggior profitto che non il pubblico, grazie al le risorse economiche che oggi usa lo stato ; ci tengo anche a sottolineare la necessità di una politica non restrittiva sul grande tema dell’immigrazione, perché quanti più sono i soggetti a competere sul mercato del lavoro, tanto più il mercato diviene vantaggioso. Ma soprattutto fondamentale è affidare alla politica il ruolo di arbitro della competizione economica, attraverso la leva della spesa pubblica, perché solo la politica, che non lo dimentichiamo vive del voto e della fiducia dei cittadini, può far si che della ricchezza prodotta da questa grande competizione, ognuno possa avere una parte. Fatto ciò il PIL non potrà che crescere, e un paese che cresce ha la fiducia del mondo intero e soprattutto dei grandi investitori, e potrà quindi far crescere il suo debito, illimitatamente.-La ringraziamo signor Varricchio. Io avrei concluso.-Mi scusi avvocato, ma ci terrei se possibile a fare una dichiarazione sulla vicenda che riguarda il signor Ford.-Prego, prego, se proprio vuole…-Vede è un argomento che so che in America si preferisce evitare, ma che noi italiani conosciamo bene e di cui ormai parliamo senza inutili pudori…La pausa, studiata fa il suo effetto, tutti guardano al teste incuriositi e anche un po’ preoccupati. -Cioè, quello che intendo dire è che non è colpa del signor Ford, se il modello fordista si è appesantito di inutili garanzie e tutele, fino a divenire una sorta di compromesso sociale che ha impedito lo sviluppo del capitalismo. So che non è facile a dirsi, ma forse le cose hanno preso questa


89 piega anche perché… come dire… spero che non ve ne abbiate a male, ma forse… cioè, da noi in Italia il problema è stato evidente per tanto tempo, ma anche da voi, se non in modo palese… insomma, noi avevamo un Partito Comunista in casa, ma voi vi confrontavate con l’Unione Sovietica, dopotutto qualche condizionamento anche voi…Un forte mormorio di dissenso attraversa la sala, il Procuratore Bradstreet si rivolge con veemenza alla Presidenza. -E’ inaudito signor Presidente, è inaudito, la difesa pur di salvare il suo assistito non esita a gettare fango su un interna Nazione che ha combattuto e vinto contro il comunismo, senza cedere ad alcun compromesso; chiedo che non vengano messe a verbale queste scellerate dichiarazioni.-Protesto signor Presidente le accuse del Procuratore sono gratuite e prive di fondamento, tutti avete sentito che la dichiarazione del teste è stata spontanea e in alcun modo sollecitata.-Signor Presidente, conosciamo certi trucchetti di cui l’avvocato Zimmerman è maestro.-Signori, signori calma per favore calma. Mi rendo conto che la dichiarazione che abbiamo ascoltato è di estrema gravità; rilevo che dato il carattere pubblico di questo processo, anche non mettendola a verbale, il danno è ormai compiuto. Posso solo aggiungere che fortunatamente tale dichiarazioni non è stata fatta da un cittadino americano, ma dal cittadino di un paese, che per quanto amico e alleato, non è mai stato considerato campione di affidabilità politica. Concludo dicendo che se l’avvocato Zimmerman ha terminato l’esame del teste, confido nella indiscutibile competenza del Procuratore Bradstreet per fare giustizia di ogni offensiva illazione. Avvocato Zimmerman?-Ho concluso signor Presidente.-Bene può procedere Procuratore Bradstreet.Tra l’agitazione della Corte, l’indignazione del Procuratore, l’imbarazzo della difesa, il teste Varricchio si guarda intorno con l’aria innocente di chi non capisce le ragioni di tanto clamore, e quando il rappresentante dell’accusa gli si avvicina con espressione accigliata e severa, lo accoglie con un sorriso bonario e comprensivo. -Innanzi tutto signor Varricchio, penso che prima di lanciare le sue insinuazioni, sarebbe opportuno che lei aggiunse al suo curriculum di politico, anche la condanna in via definitiva per corruzione e finanziamento illecito ai partiti, nell’ambito di una delle tante inchieste di quel fenomeno che i media italiani definirono “tangentopoli”. Conferma questa condanna?-Confermo, confermo, come non potrei, come negare le spiacevoli conse-


90 guenze dell’arretratezza del sistema politico italiano, che a differenza del vostro, non permette l’azione ufficiale da parte delle lobby organizzate, considera corruzione quei finanziamenti che nel vostro sistema politico ogni candidato, a qualsiasi livello, ricerca in modo trasparente, offrendo ovviamente in cambio attenzioni e facilitazioni per chi lo finanzia. Ho pagato purtroppo il grande amore per la civiltà che il vostro grande paese ci insegna. Ma non mi pento, perché sono sicuro di essere dalla parte giusta.-Signor Varricchio non cerchi di mescolare le carte coinvolgendo la democrazia americana nelle miserie del suo paese, e piuttosto ci dica se anche l’acquisto di voti attraverso i favori personali, le inutili assunzioni nel settore pubblico, e addirittura la distribuzione di generi di consumo nell’imminenza delle elezioni, tutte pratiche per cui lei è stato condannato in primo grado nel suo paese, siano un segno del suo amore per la civiltà americana.-No, su questo sarò chiaro, queste sono pratiche originalmente italiche, e il fatto che vengano considerate reati è cosa che dovrebbe essere sottoposta a seria valutazione. Vede mio caro Procuratore, il problema è quello di coniugare due necessità egualmente ineludibili: noi tutti sappiamo che la coesione sociale, passa attraverso la possibilità per quante più persone possibile, di ottenere una parte più o meno grande della ricchezza nazionale; d’altra parte lei concorderà con me, sul fatto che tale aspettativa, non può configurarsi come un diritto, quasi che tale ricchezza, appartenesse a tutti, secondo un approccio che lei stesso non potrà che qualificare come “comunista”. E qui entra in campo la politica: chi se non l’uomo politico, può effettivamente gestire lo scambio tra adesione ai principi della coesione e della stabilità sociale, adesione testimoniata dal voto, e l’aspettativa della propria quota di benessere nazionale? Ma le sembra possibile che l’accesso ad un posto pubblico debba egualmente essere possibile per chi fiduciosamente e rispettosamente si adegua al sistema di regole e gerarchie, così come per le teste calde, i sobillatori o semplicemente coloro che con un voto non meditato, si affidano a partiti e formazioni politiche inadeguate. Ma questo ci porterebbe all’anarchia, diciamolo. Voto di scambio, clientelismo, tutte brutte espressioni per definire in realtà una modalità di distribuzione della ricchezza, che si dirige anche verso i ceti meno abbienti della popolazione, senza però suscitare in essi, pericolose e inutili pretese. Ma d’altra parte non avremmo dovuto distribuire un po’ di pasta e assumere qualche usciere, se nel frattempo stanziavamo miliardi a fondo perduto per la principale industria automobilistica nazionale? Abbiamo fatto in modo che il debito pubblico beneficiasse tutti, mio


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caro Procuratore.-Non sono il suo caro Procuratore, sono un Procuratore degli Stati Uniti e lei è un teste, si esprima in modo rispettoso. Quindi sarebbe per svolgere questo ruolo di mediazione, che in Italia i politici hanno sottoposto al loro controllo tutto il sistema economico, scegliendo loro i membri dei consigli d’amministrazione in grandi banche e aziende, occupando i giornali e le televisioni, al punto che nel vostro paese l’apparato politico-burocratico non è diverso da quello di un paese comunista, al punto che nel vostro paese lo stato e la sua burocrazia esercitano il controllo su ogni aspetto della vita sociale, gravando con costi immensi sulle imprese e sui cittadini, costi che servono principalmente a garantire privilegi e prebende. E il tutto ovviamente con un debito pubblico finanziato magari dai nostri grandi fondi di investimento, con i soldi dei nostri fondi pensione, con i capitali della nostra finanza, impegnati in titoli pubblici di uno stato parabolscevico. Perchè è ora di svelare la realtà signor Varricchio, lei che viene in questa sala a darci le sue ricette per rilanciare la crescita capitalistica, lei che viene ad accusare noi di aver subito i condizionamenti del comunismo, lei è il comunista, lei che vanta il suo essere socialista “riformista”, e viene qui a proporci la sua teoria di indebitamento, il suo stato opprimente, invasivo, costoso, illiberale e burocratico, la sua assistenza pelosa ai ceti meno abbienti, è lei l’espressione più putrida e marcescente di quel compromesso sociale prodotto dal fordismo, quel fordismo che oggi finalmente è posto sotto accusa, e se oggi questa Corte deve valutare le responsabilità di un grande americano, credo che primo o poi la storia valuterà le responsabilità dolose dei piccoli personaggi come lei…-Eeh, e che maniere sono queste! Neanche fosse colpa nostra se da voi le grandi banche hanno chiuso come da noi le botteghe di calzolaio, ma insomma, ma cosa mi tocca sentire, al mio paese un funzionario di banca o un operatore finanziario, sono ancora persone rispettabili, mica se ne vanno in giro per la strada con uno scatolone in mano come è successo da voi; noi abbiamo avuto il coraggio di fare il debito pubblico, voi avete fatto indebitare milioni di poveri disgraziati, e poi li avete lasciati in mezzo alla strada, avete riempito le banche di mezzo mondo di derivati e di altre schifezze e adesso venite a fare le pulci a un onesto e solido debito pubblico di grande tradizione e con una grande storia alle spalle. Ma insomma…-Signor Varricchio, lei non può interrompere il Procuratore, parli solo per rispondere alle domande!-Signor Presidente, dica a questo di calmarsi, questo insulta.-Signor Varricchio ora basta, faccia silenzio!—


92 -Se no che fate? Chiamate le guardie? E chiamate le guardie, che tanto così funzionate voi, quando le cose non vi stanno più bene, mandate i bombardieri… ma Sigonella, ancora non vi è andata giù…-Fate uscire quest’uomo dall’aula!-Me ne vado, me ne vado che tanto i ci pensano i cinesi a tenervi per le palle, perché del vostro di debito pubblico non se ne parla eh, ma il vostro è una cosa seria, mica serve a dar da mangiare a qualche piccolo mariuolo, da voi il debito pubblico sostiene l’industria militare, con il vostro di debito pubblico, ci bombardate la gente e ci esportate la democrazia.-Fuori!Il contractor ha già sollevato di peso il teste Varricchio e lo accompagna rudemente verso l’uscita, quando questi si volta verso il Presidente. -Un attimo Preside’, ma qui, il mio rimborso spese?-Ho detto fuori.-Mavafangulteechitemmuort !-

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Amici telespettatori non posso che esprimere il mio disappunto per la piega che hanno preso gli avvenimenti, certo l’intervento di questo personaggio ha creato non poca confusione, ma ci ha offerto uno squarcio tanto veritiero quanto deprimente su quella cosa misteriosa che è la politica italiana, anche se spero che in alcun modo ciò possa avere a che fare con le nostre vicende. Al cosa pensi di questa sceneggiata?-Lo sappiamo tutti Dick, quando ci sono di mezzo gli italiani, lo spettacolo è assicurato, è penso che su questa che tu hai giustamente definito una sceneggiata, sia meglio stendere un velo pietoso. Solo una cosa mi chiedo, e cioè se questo sia stato per Zimmerman un incidente, o se come Bradstreet ha fatto capire, l’avvocato aveva concordato con il teste la sua dichiarazione; perchè un fatto è certo, sono state dette delle falsità, ma anche le falsità possono trovare credito, e tirare il sasso e nascondere la mano è una pratica sempre vantaggiosa.-E’ questo è un dubbio che solo Zimmerman potrebbe sciogliere. Ma è meglio cambiare argomento; vorrei chiedere al professor Ogden, che certo sarà rimasto un po’ sconcertato per quanto accaduto in aula, cosa si aspetta un uomo di scienza dalla politica in questo difficili momento dell’economia?-Beh certo non questo spettacolo, ma la politica americana è altra cosa, di questo sono certo. Comunque per rispondere alla tua domanda, il mondo della scienza non ha che una domanda da fare alla politica: libertà. La libertà di orientare la ricerca in totale autonomia, e soprattutto la libertà di


93 ricercare le risorse per finanziare la ricerca, in eguale autonomia. Non chiediamo nulla allo stato, convinti come siamo che la ricerca scientifica sia motore della crescita, pensiamo che tale ricerca debba essere libera da ogni condizionamento e per questo debba affidarsi alle forze vive della libera impresa. Libera ricerca e libera impresa, su questo patto è cresciuto l’occidente, contro ogni condizionamento politico e statale. Alla politica chiediamo ovviamente di non sottrarre all’impresa, attraverso l’imposizione fiscale, risorse che essa può destinare alla ricerca. Se mi è permessa una metafora vorrei dire che lo scienziato, il ricercatore, è come uno scout sulla Frontiera, che per spirito di libertà, scopre nuove terre e traccia nuove piste, che l’impresa poi segue per crescere e svilupparsi.-Perfettamente d’accordo con il professor Ogden, ma se permetti Dick, vorrei aggiungere che la libertà dello scienziato americano è ampiamente tutelata dalla generosità di un mondo imprenditoriale, che non solo finanzia università e laboratori di ricerca, ma addirittura si impegna a definire gli ambiti di priorità in cui la ricerca deve applicarsi, correggendo, con il taglio delle risorse, quelle iniziative non remunerative o in contraddizione con le grandi strategie d’impresa. No, sono d’accordo anch’io, penso che la scienza non abbia nulla da chiedere alla politica, a parte ovviamente l’aumento del budget della difesa, dove la ricerca svolge il suo ruolo insostituibile per la sicurezza nazionale.-Non capisco dove vuole arrivare, signor Friedkin...-Ma da nessuna parte professor Ogden, semplicemente rimarcare il fecondo rapporto tra scienza e impresa nel comune sforzo per la crescita.-Ebbene credo proprio che di crescita si parlerà tra poco in aula, perchè di questo oggi la politica dibatte, ed è un uomo politico quello che fra poco entrerà in aula, un politico noto per la sua moderazione, un uomo su cui gravano importanti responsabilità, un senatore di grande esperienza e a voi tutti noto, Warren Hays, autorevole esponente del Partito Democratico, e membro della Commissione Bilancio del Congresso; e allora in aula.

Un brusio appena percettibile accompagna l’inquadratura del Presidente che si rivolge con aria concitata all’avvocato Zimmerman, mentre poco distante il Procuratore Bradstreet li osserva con espressione ancora adirata; il dialogo si svolge a bassa voce e nulla trapela, ma Zimmerman è a capo chino e fa gesti di scusa, mentre il Presidente gli agita l’indice a due dita dal naso; l’imputato con il gomito sul banco e il mento nel palmo della mano, scuote la testa con aria disgustata. Quando il senatore Hays entra in aula, nessuno sembra notarlo e solo quando si siede al suo posto


94 e si schiarisce sonoramente la gola, il Presidente, si accorge di lui e immediatamente riassume un espressione impassibile e misurata. -Allora siamo d’accordo avvocato Zimmerman, possiamo procedere con il teste successivo.- poi rivolgendosi al senatore Hays- Lei è Warren Hais di anni 68, residente a Washington D.C.? -Si sono io.-Giuri di dire la verità, dica lo giuro.-Lo giuro.-A lei avvocato Zimmerman.Con il viso ancora atteggiata in una espressione platealmente contrita, l’avvocato si avvicina al senatore che nel frattempo ha continuato a guardarsi intorno perplesso per l‘accoglienza ricevuta. -La ringrazio senatore Hays per la disponibilità mostrata e spero che la sua testimonianza ci aiuti a dimenticare l’increscioso incidente testè avvenuto in quest’aula e a ridare un’immagine dignitosa alla politica, offesa da comportamenti indegni, dei quali declino pubblicamente ogni responsabilità.-Sono a sua completa disposizione.-Grazie. Veniamo allora al merito: senatore Hays, in qualità di rappresentante del partito che sostiene l’attuale Presidente degli Stati Uniti, lei è stato certamente in prima linea nel sostenere l’azione del Governo contro la crisi economica, le chiedo quindi di offrirci un quadro di quelle che sono i principali elementi di criticità da affrontare, con particolare riferimento ai temi del debito pubblico, dell’imposizione fiscale, della crescita e della disoccupazione.-Cercherò di rispondere in modo esauriente, ma se permette prima di entrare nel merito vorrei precisare alla Corte, che sono qui non come rappresentante di un partito politico, ma come rappresentante del popolo americano, unito nell’azione di contrasto alla grave crisi di cui tutti subiamo le conseguenze, e questo perchè mai e poi mai accetterei di veder trionfare le ragioni del mio partito, sulle macerie del mio paese.-Queste parole la onorano senatore.-Grazie avvocato, ma penso sia dovere della politica tutta, essere unita nel momento del pericolo, per la difesa del sovrano interesse nazionale. Bene, vengo alle questioni da lei poste, cercando di essere sintetico e partendo dal tema che più mi sta a cuore, quello della disoccupazione, che colpisce gravemente le fasce più deboli della popolazione; la disoccupazione purtroppo continua a persistere su livelli eccessivamente elevati, e questo è un problema per cui non bastano misure transitorie, sussidi o altre iniziative di carattere assistenziale, non solo per l’insostenibilità eco-


95 nomica di tali iniziative sul periodo medio lungo, ma perchè tali scelte risulterebbero un carico punitivo e incomprensibile per quella parte del paese che insiste a scommettere sulla crescita economica, rischiando con il proprio lavoro e i propri capitali. E in un momento in cui c’è necessità di grande coesione sociale, non possiamo dividere il paese, tra quanti aspettano assistenza dallo stato, e quanti dello stato lamentano la pressione fiscale. Ma d’altra parte la mancanza di reddito ha gravi conseguenze sul mercato interno, ed è esso stesso ostacolo alla crescita. Ciò di cui abbiamo necessità è di posti di lavoro, veri posti di lavoro, e i posti di lavoro si ottengono solo con la crescita. E veniamo quindi alla seconda delle questioni che mi stanno a cuore, la crescita appunto. Devo dire che in questo ambito abbiamo necessità di operare una vera e propria rivoluzione: per troppo tempo abbiamo reagito all’aggressività della concorrenza internazionale con eccessiva timidezza, tentando una inutile difesa di piccoli privilegi corporativi e sindacali, o addirittura sperando che il protezionismo economico e l’isolamento commerciale potessero essere la soluzione ad ogni problema; mentre noi ci attardavamo, il mondo cresceva veloce, spazzando via ogni rendita di posizione e ogni frontiera, in un disordine vitale e caotico, di cui il nostro paese è comunque stato il vigile guardiano e garante della sicurezza. Ma proprio perchè della sicurezza di questo nostro pianeta il nostro paese è garante, è ora che esso torni anche a essere protagonista dello sviluppo, usando senza remore ne timori, di tutte le risorse economiche necessarie. Abbiamo la necessità di crescere, e per crescere dobbiamo prima di tutto uscire da schemi consolidati e vecchie abitudini: operai e datori di lavoro, sindacati e corporazioni, tutele e diritti, vecchie categorie che ci impediscono di guardare la cruda realtà: e la realtà è competizione, libera, aperta a tutti, bianchi o neri, ricchi o poveri, chiunque abbia un’idea e la capacità di metterla in atto deve essere parte di questa grande competizione; che cento fiori nascano, che ognuno possa dire “si, io posso farcela”, e che a ognuno siano offerte le risorse perché possa tentare. A questo deve servire il sistema bancario, e per questo abbiamo il dovere di garantire alle banche, le risorse economiche necessarie. E parlando di risorse economiche, veniamo quindi ad una delle questioni dolenti, quella dell’imposizione fiscale: c’è un grande dibattito nel paese e anche nel mio partito, dove vedo affiorare pericolose tendenze populistiche tese ad individuare in una più decisa imposizione fiscale, la chiave per trovare risorse da investire nella crescita; mi permetto di dissentire da questa impostazione, non già per il timore di colpire le ricchezze, quanto per il timore di colpire quel desiderio di arricchimento che è la ragione prima della crescita. Non è questo il mo-


96 mento di deprimere lo spirito vitale del paese, con plumbei orizzonti di gravame fiscale. D’altra parte di ciò non abbiamo necessità, o almeno non dovremmo averne, se lo spirito partigiano e fazioso, non albergasse troppo spesso nel partito di opposizione. Come è possibile che un grande paese come il nostro, debba dare tale prova di piccineria e partigianeria di fronte alla necessità di innalzare il debito pubblico, da permettere addirittura alle agenzie di rating di dare giudizi offensivi sulla nostra affidabilità, come è accaduto per la prima volta nella nostra storia nell’estate del 2010? Un debito pubblico la cui crescita il Congresso ha più volte autorizzato nelle passate amministrazioni, e che oggi si vuole comprimere solo per togliere respiro ad un Presidente considerato nemico. Ma non ci si rende conto che nel meschino tentativo di contrastare un’amministrazione, si rischia di strangolare il nostro paese? E siamo quindi all’ultima delle questioni, quella del debito pubblico, tema su cui troppo spesso si fa propaganda elettorale, senza guardare cosa effettivamente significa questa espressione, una volta tradotta in fatti e opzioni concrete. E allora diciamolo, debito pubblico significa prima di tutto difesa, quindi non solo sicurezza nazionale, ma anche e soprattutto, la garanzia del nostro ruolo di protagonisti nella sicurezza dell’intero pianeta; so che qualcuno può ritenere che non sia più tempo di porre al servizio della sicurezza mondiale e della democrazia il nostro costoso apparato militare, ma io vi dico che tale servizio reso alla comunità internazionale, viene ampiamente ripagata dal prestigio della nostra grande Nazione, prestigio che nessuna agenzia di rating potrà mai intaccare, prestigio e quindi affidabilità, che si basano su strumenti e apparati molto più solidi ed efficaci di quelli abitualmente considerati dalle agenzie di rating. Il nostro debito pubblico è inattaccabile, e soprattutto esso può crescere in rapporto diretto e proporzionale con il nostro ruolo internazionale: perché la protezione si paga, ed in un mondo instabile e insicuro, chi la garantisce ha diritto ad un qualche riconoscimento, e tale diritto ha anche i mezzi per esercitarlo. Altrove si volga la legittima aspirazione alla valorizzazione del capitale degli operatori finanziari e dei grandi fondi di investimento, sul nostro paese non si fanno speculazioni; certo guardiamo con preoccupazione alla sorte di tanti paesi europei, soffocati dal debito e dalla speculazione, ma siamo coscienti che tale non può essere il nostro destino, perché altro è il ruolo che la Storia ci ha affidato. D’altra parte anch’essi su null’altro possono puntare se non su un debito pubblico europeo, forte e condiviso; ma per un grande debito ci vuole una grande nazione, e una grande Nazione non si fa con un trattato. Certo se in questo grande mercato non si dovessero fare presto scelte coraggiose su questo tema, c’è il rischio che anche la no-


97 stra economia possa subire delle conseguenze, ed è per questo che dobbiamo puntare sulla capacità dell’Europa di costruire un grande debito pubblico condiviso. Gli Europei non hanno nulla da temere dal loro indebitamento, fin quando un grande alleato garantirà la loro tenuta politica.Dopo il suo ingresso in aula quasi ignorato, le ultime parole del senatore Hays, dette con tono perentorio e autorevole, sembrano finalmente ristabilire il senso della forza e della sicurezza in un’aula scossa dall’epilogo dell’ultima testimonianza. L’avvocato Zimmerman dopo aver rivolto uno sguardo soddisfatto e orgoglioso ai membri della Corte, riprende la parola. -Senatore Hays la ringrazio per il suo contributo di chiarezza e soprattutto di orgoglio nazionale, ma se permette vorrei che ci aiutasse a chiarire ancora un punto. E’ vero il nostro debito pubblico è sicuramente inattaccabile, ma non è possibile che esso sia anche in qualche modo condizionato da una bilancia commerciale fortemente squilibrata verso le importazioni, soprattutto a beneficio di competitori, oggi solo economici, ma chissà forse domani anche politico-militari?-Avvocato ha colto nel segno! Le nostre importazioni dalla Cina, paese comunista, che certo mira ad una supremazia asiatica e forse addirittura mondiale, la nostra dipendenza petrolifera dal mondo islamico, la cui amicizia è assolutamente certa nel caso di alcuni paesi, esattamente come è certa l’ostilità in altri, e come è sicura l’ambiguità nella maggioranza di essi, per non parlare di quanto accade in Sud America, dove l’avanzare di forze legate a ideologie marxiste desta notevole preoccupazione. Certo il nostro debito pubblico è in larga misura nelle mani di questi non sempre affidabili partner, ma sicuramente per il momento non è loro interesse mettere a rischio il più grande mercato per le esportazioni delle loro merci. D’altra parte non possiamo escludere che una crescita dei loro mercati interni possa rendere le loro economie meno legate al nostro di mercato, e ciò ovviamente avrebbe delle ricadute anche politiche; per questo il nostro debito pubblico dipende in qualche misura da questi partner a volte discutibili, ma proprio per questo, stabilita con chiarezza la supremazia militare, noi non possiamo esimerci dal competere con questi paesi sul piano della crescita economica, usando per ciò, proprio del debito pubblico che la supremazia militare ci garantisce. Possiamo mantenere basso il costo del denaro per finanziare la crescita, abbiamo stanziato centinaia di miliardi di dollari per salvare il sistema bancario, abbiamo varato interventi diretti per il sostegno all’industria dell’auto, possiamo continuare su questa strada, ma ci vuole unità e spirito nazionale, perché la


98 battaglia da condurre è la battaglia di tutti.-Grazie senatore Hays, per me è tutto chiaro, ho concluso.-Grazie avvocato Zimmermann, Procuratore Bradstreet a lei la parola. -Grazie Presidente. Senatore Hays, seguo da tempo la sua prestigiosa carriera politica, e sinceramente non ho mai compreso con chiarezza, come l’ideale che ispira le sue parole si pieghi alla realtà che la sua politica sostiene; spero che avrò oggi l’occasione di chiarire questi miei dubbi, offrendo al contempo alla Corte elementi di verità a volte scomode. Vengo alla prima e più rilevante delle questioni: senza voler in alcun modo accomunare la sua persona all’ignobile personaggio che l’ha preceduta e la cui presenza la difesa ha avuto l’ardire di imporci, non posso fare a meno di rilevare che la ricetta da lei proposta non mi sembra sostanzialmente diversa dai vaneggiamenti che abbiamo già dovuto ascoltare: aumento dell’indebitamento per finanziare la crescita? Mi dica se sbaglio.-Procuratore ammetto che ad una prima impressione ciò possa sembrare vero, ma sono sicuro che lei sa perfettamente riconoscere la differenza tra sostegno pubblico alla crescita, e uso del denaro pubblico per ottenere un facile consenso o peggio per fini personali. E in questo è la differenza, chiara ed evidente, così come è chiara la differenza, tra onestà e disonesta. E immagino che lei non dubiti dell’onestà delle mie parole.-No... non dubito... non ne ho alcuna ragione.-E io sono sicuro che non ne avrà mai.-Di questo sono anch’io sicuro, e infatti in quest’aula la sua persona è presente in qualità di teste e non d’imputato. Anche se lei ci presenta l’ipotesi di un debito pubblico come fonte di finanziamento per la crescita economica, quando invece è noto che il debito pubblico è stato spesso fonte e occasione di malaffare per una classe politica che anche qui, in America, l’ha utilizzato per lucrare illecitamente: appalti per opere pubbliche inutili, pagamento di consulenze, rimborsi spese gonfiati, sono anche da noi una malattia endemica, una malattia il cui costo grava sui contribuenti. Di questo cosa mi dice?-Non posso che constatare che ciò che dice è assolutamente vero, ma non è certo questo l’utilizzo del debito pubblico a cui facevo riferimento. Vede ho fatto cenno prima alla necessità di una rivoluzione per rilanciare la crescita nel nostro paese, e anche a questo mi riferivo: io non credo che abbiamo bisogno di un’amministrazione che ai suoi vari livelli, federale, statale e addirittura di contea, continui non solo a garantire programmi d’assistenza, istruzione, sanità ecc…, ma anche a occuparsi di infrastrutture, servizi pubblici, pianicaficazione urbanistica e chi più ne ha più ne metta. Lasciamo che la libera impresa possa cimentarsi in questi ambiti


99 di valorizzazione del capitale, e che la legge della domanda e dell’offerta selezioni le reali esigenze della collettività, quelle esigenze che non esistono solo come una ideale aspirazione, ma si sostanziano nella concretezza di una tariffa. Se permette le faccio un esempio: in un paese del III mondo l’accesso all’acqua non grava sulla collettività, ma grazie all’azione di gestori privati, è opportunità per la valorizzazione del capitale; al contrario nel nostro paese il 96% delle risorse idriche è gestito dal settore pubblico: le sembra una cosa possibile? Ma le dirò di più, guardi alle nostre esperienze all’estero, in Iraq, in Afghanistan, lì le nostre imprese di sicurezza privata, hanno dato prova di grande efficienza, e quindi mi chiedo se non sia il caso di aprire in modo significativo questo settore ai privati; perché continuare a pagare un povero poliziotto perché pattugli un ghetto dove nessuno lo vuole? Sarebbe forse più felice di operare per una impresa privata che gli assegna clienti regolarmente paganti e quindi in grado di apprezzare il suo lavoro; lo stato avrebbe dei costi in meno e il servizio sarebbe più efficiente. Ciò che dobbiamo assolutamente smettere di fare è spendere soldi pubblici per presunte pubbliche necessità; questo è un modello di spesa assolutamente improduttivo. Stanziare i soldi pubblici per garantire la crescita privata, questo è il futuro: sostenere un sistema bancario in grado di erogare credito alle imprese e al consumo, riaprire il circuito virtuoso della crescita, far crescere il PIL insieme al debito pubblico, tener bassi i rendimenti del debito, attraverso una politica moderatamente inflazionistica, e con un dollaro flessibile cercare di riequilibrare la bilancia commerciale. Di questo dovremo discutere senza pregiudizi ideologici.-Comprendo il suo ragionamento ma da esso deriva necessariamente una domanda: se la politica rinuncia finalmente alla rappresentanza delle parti sociali in conflitto, se rinuncia finalmente alla gestione della pubblica amministrazione, mi chiedo allora a cosa serve la politica, e mi scusi la crudezza, a cosa serve lei?La brutalità della domanda non scuote il senatore Hays, che anzi appare divertito. -Capisco il senso della sua domanda Procuratore e ho anche la risposta: la politica serve a dare le regole. Anni di amministrazioni prive di regole e di misura hanno portato il sistema finanziario americano alla crisi di cui ancora subiamo le conseguenze: questo non deve più accadere. Non voglio parlare male dei Presidenti che hanno preceduto l’attuale, ma certo essi ci hanno lasciato nella situazione nota a tutti. La politica attraverso il debito pubblico mette a disposizione le risorse per il sistema bancario e quindi per l’economia, ma ha diritto di verificare che tali risorse vengano


100 effettivamente usate a tale scopo, ed esercita tale diritto con regole semplici e controlli efficaci. A ciò va aggiunto che la capacità di direzione politica è la chiave del nostro ruolo internazionale: e qui non posso fare a meno di notare che gli incidenti in politica estera delle passate amministrazioni, hanno certo contribuito a rendere più difficile la nostra situazione economica. La politica, in quanto espressione della parte più sana della Nazione, che democraticamente si esprime e seleziona la classe dirigente, è garanzia interna e internazionale del debito pubblico, e quindi essa ha un ruolo insostituibile; come in ogni famiglia, in cui l’autorevolezza, l’onestà e la laboriosità del capofamiglia è garanzia di affidabilità e solvibilità, così nella Nazione una politica autorevole è la base per la fiducia degli investitori. Ma perché essa meriti questo ruolo deve saper ritrovare coesione e capacità di dialogo, abbandonando partigianerie che rappresentano solo gli umori più retrivi di ceti sociali, incapaci di contribuire alla crescita nazionale.-Secondo lei quindi la politica del governo dovrebbe essere quella di favorire l’indebitamento dei privati, anche quando essi non offrono garanzie di solvibilità, come è accaduto nel recente passato con il gonfiarsi della bolla immobiliare.-No, penso di essere stato frainteso, io parlavo di un indebitamento che favorisca la crescita, quindi prima di tutto della possibilità di finanziare gli investimenti delle imprese, grandi e piccole, purchè in grado di rischiare, di osare, di misurarsi con il mercato, non certo di finanziare bolle immobiliari speculative; solo in questo quadro di crescita imprenditoriale, l’indebitamento pubblico può essere sostegno a quello privato, anche facilitando l’accesso al consumo.-Vorrebbe quindi farmi credere che secondo lei crescita e debito pubblico possono continuare a tenere in piedi una società in cui tutti consumano, in cui tutti si indebitano, in cui tutti accampano diritti, una società in cui ogni immigrato ritiene di poter trovare un posto, ogni individuo pretende il benessere, e questo avanti così all’infinito? Non faccia oltraggio alla nostra intelligenza…-Non ho assolutamente inteso dire questo. Ciò che intendevo dire è che la crescita economica garantisce il mantenimento del sistema. Che questo sistema poi garantisca il benessere o meno, è argomento d’altra natura; personalmente non è cosa che metto in discussione, almeno se considero il concetto di benessere in termini relativi. In tal senso il sistema permette il raggiungimento del benessere nella misura in cui lo si interpreta in modo conseguente. In altri termini, dato che il sistema si basa sull’impresa, chi saprà fare impresa avrà benessere, chi non ne sarà capace non


101 potrà averne; ma a tutti sarà data la possibilità di tentare, tutti dovranno poter accedere alle risorse per giocare le loro carte, perché la crescita ha bisogno di tutti nessuno escluso. Questo è il sistema, non credo spetti alla politica sottoporlo a critica; fortunatamente è passato in tutto il mondo il tempo in cui la politica ambiva alla critica del reale; quella politica produsse mostri e totalitarismi; oggi la politica è tecnica pragmatica, necessariamente abbellita, da un tocco di enfasi retorica, nulla di più.-Quindi se ho ben capito, pur di rilanciare la crescita di imprese e consumi dovremo finanziare con il debito ogni velleitaria aspettativa, e magari affidare la Nazione ai tassisti pachistani e alle lavanderie cinesi, dovremo adattarci a vedere orde di messicani occupare i nostri posti di lavoro, dovremo trasformare la nostra ordinata società in una jungla selvaggia, in cui ognuno ha diritto a competere, senza alcuna garanzia per chi da sempre risiede in questo paese, senza garanzie per chi da generazioni contribuisce alla crescita economica nazionale, senza rispetto per le elite del pensiero che hanno dato lustro alla nostra cultura; una jungla democratica in cui lo spirito nazionale sarà soppiantato da una volgare marmellata consumistica e multietnica, e il tutto sotto il controllo di un intreccio tra la lobby delle banche e la casta della politica, un potere oligarchico, in un quadro fosco di decadenza che quasi legittima gli atavici timori di un complotto di stampo giudaico-massonico, quella società cosmopolita, priva di anima e di identità che forse legittimamente alcune correnti politico-culturali paventano, è questo a cui portano i suoi melliflui appelli alla coesione e al dialogo?-A queste offensive affermazioni non ho nulla da rispondere.-E io non ho più nulla da chiederle, ho concluso signor Presidente.La scena si chiude sull’immagine del Procuratore che volta sdegnosamente le spalle al teste, mentre questi volge lo sguardo al Presidente, come a chieder conto del trattamento ricevuto.

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Amici telespettatori come avete avuto modo di vedere lo scontro ormai si fa sempre più acceso, e mi sembra che il Procuratore Bradstreet abbia trovato nel senatore Hays una vecchia volpe della politica, difficile da mettere in difficoltà. Eppure mi sembra che ci sia del buono in ciò che dice Hays, dialogo, coesione, unità del mondo politico, mi sembrano tutte cose buone, e se ho ben capito anche lui è contrario ad aumentare le tasse e a spendere i soldi pubblici in sussidi e assistenza. Che ne dici Al, non sarebbe una buona base per cercare di mettersi tutti d’accordo?-Hai detto bene Dick, Hays è una vecchia volpe, un democratico moderato


102 che certo sa come parlare anche a quegli elettori preoccupati per certe scelte del Presidente, ma qui non si parla di politica, questo è un processo, qui si tratta di capire se un certo modo di intendere l’economia, rappresentato dall’imputato, sia ancora sostenibile o no. Bene il senatore ci dice che si può andare avanti così, qualche correzione, un po’ di rigore, ma quello che non ci dice è che continuando di questo passo tra due generazioni l’America sarà irriconoscibile, chi sarà a guadagnarci da questo vaso di pandora del finanziamento illimitato? Dubito che sarà l’America migliore, quella del risparmio e della sobrietà, e alla fine in questo gran rimescolio di debito e di crescita economica artificiale, chi ci rimetterà saranno proprio i ceti medi, chi oggi ha delle certezze e domani chissà.-Capisco la tua preoccupazione Al, e allora chiedo al professor Ogden che idea si è fatto delle cose dette dal senatore Hays, è proprio così rischioso andare avanti così?-Ma vede signor Brewster, uno scienziato ha il dovere di osare, ma anche l’obbligo di misurare e sottoporre a verifica ogni propria iniziativa: è questa l’essenza del metodo sperimentale, fondamento della scienza moderna. Ora io mi chiedo, cos’è questa crisi se non una grande occasione di sperimentazione? Non intervengo nel merito delle varie ipotesi economiche e politiche, ma quello che pongo è un problema di metodo. Abbiamo la necessità di sperimentare, e la sperimentazione rigorosa, non prevede alcun pregiudizio. Perché non immaginare di trovare un ambito sperimentale neutro le cui condizioni permettano la verifica di una o più opzioni. Un laboratorio sociale, di questo ci sarebbe bisogno, non di solo dibattito, ma di fatti concreti, misurabili e verificabili, poi a conclusione, i dati oggettivi che potrebbero costituire la base comune da cui partire.-

-Beh professore abbiamo bombardato Bikini per fare un test nucleare, ma prima l’abbiamo evacuata, fare esperimenti con la gente dentro è un po’ più complicato.-Che dice dell’obbiezione del nostro Allan Friedkin, certo non stiamo parlando di test nucleari, ma comunque di scelte che hanno conseguenze sulla vita delle persone.-Ho l’impressione che il signor Friedkin tenda a mal interpretare le cose che dico. Comunque non intendevo nulla di così distruttivo ovviamente. Dopo tutto stiamo parlando di debito pubblico e della sua sostenibilità, un problema che non è solo nostro; io dico per esempio, guardiamo all’Europa, magari proprio all’Italia, dove mi sembra che il fenomeno sia più accentuato. L’ideale sarebbe avere delle persone fidate sul posto, tecnici autorevoli, persone competenti, non coinvolte nelle diatribe della po-


103 litica, ma comunque in grado di fare scelte importanti, magari di avere ruoli di governo, se potessimo affidargli una sperimentazione precisa, per esempio che so’, abbattere il debito pubblico. Dovrebbero avere mano libera, godere del sostegno dei media e dell’apparato statale, lasciamoli lavorare e poi vediamo i risultati; si tratta di sperimentare una cura e capire se funziona, nulla di più, può andare bene, può andare male, ma noi cosa ci rimettiamo?-Beh la sua ipotesi è interessante, certo c’è un problema di ingerenza negli affari interni di un paese amico…-Oh no Dick questa volta sono veramente d’accordo con il professor Ogden, l’ipotesi è sensata, anzi a quanto ho capito è proprio ciò che gli italiani stanno facendo, e penso che quando si tratta di innovazioni politiche quel paese è sempre all’avanguardia: hanno inventato il fascismo che è durato vent’anni, il sistema democratico a partito di governo unico per altri 40, poi c’è stato quel divertente esempio di genialità italiana che è stato il cavalier Berlusconi, e anche lui incredibilmente è durato quasi altri 20, e adesso mi sembra che abbiano una cosa chiamata “governo tecnico”, più o meno quello di cui parlava il professore, e pensa che non hanno nemmeno fatto la fatica di eleggerlo. Penso che sarà interessante vedere come va a finire lì da loro, a quel che mi dicono amici esperti di cose italiane, tutte le persone più autorevoli sono convinte che la cura sta funzionando, nessuno sa come stia il malato, ma sembra che la cura sia giusta. Per il momento il debito non cala, ma sicuramente lo stanno pagando fino all’ultimo centesimo; a dirla tutta sembra che questi tecnici stiano li apposta per garantire che il debito sia pagato, e che chi ha investito non ci rimetta dei soldi.-Bene amici, ma in attesa di sapere come andranno le cose nella bella e lontana Italia, sentiamo cosa hanno da dirci i nostri sponsor e poi ci rivediamo tra pochi minuti.-

Brooklin, New York, una vecchia casa nel quartiere italiano. Un uomo sulla cinquantina guarda con aria annoiata la TV, vicino a lui il vecchio padre sulla sedia a rotelle. -Va beh papà, io di questa storia solo una cosa ho capito, che il tuo vecchio compaesano ci ha fatto fare una bella figura di merda a noi italiani.-E perché mai? Gliele ha cantate no? E poi Ciccio è uno co’ le palle, l’hai visto dov’è arrivato? Quello da ragazzino ci aveva più toppe al culo che pidocchi in testa.-Ciccio chi?-Ciccio, Francesco al paese nostro si dice Ciccio, Ciccio Varricchio, me lo


104 ricordo ch’era nu guaggliuncell sveglio, ma la fame se la capava.-E va’bbe’, questo al tuo paese, ma qui in America le cose sono diverse, e noi con queste pagliacciate non ci facciamo una bella figura.-Ma a te ch’te ne’mpuort, tu in America ci sei nato, ormai sei americano, foss’io a parlare che m’arricuord ancora da puzza do ciuccio che dormiva in casa.-Papà ma davvero dormivi col somaro?-E che no? E non c’era neanche la crisi, solo la fame c’era, la fame e i pidocchi, la crisi è una cosa moderna, ai tempi miei, ma che parlavi di crisi?-Eh papà tu la fai leggera ma la crisi c’è, lo sai quanto ci ho rimesso con i cali in borsa?-E vva be’, vorrà dire che quando ti puzzerai dalla fame emigrerai in Cina, pare che lì i soldi si fanno a palate. E poi i cinesi sono brave persone, educate e rispettose, solo tengono ‘na cucina ch’è na fetenzia.-Va’bbe’ papà co’ te non si può parlare.-Tonì, ma de che vuo’ parlà, d’a crisi? E che problema c’è, basta guardare dalla parte giusta no? E invece voi guardate tutti sopra, sempre guardare chi ve sta ‘ngopp, sempre c’a paura che coccheruno ve caghi ‘ncape. Guardate a chi sta sotto, sotto di noi ci stanno i negri, sotto i negri ci stanno i portoricani, sotto i portoricani i messicani, fino a che tieni qualcuno sotto, di che ti preoccupi? A merd tant scenne sempr abbascie.Suona un citofono, il figlio risponde. -Ok cara adesso scendo. Va be’ papà io vado, Liza mi aspetta giù con l’auto, ci vediamo domenica prossima.-Buonanotte Tonì.-

Studio di Wolf TV Dick Brewster -Amici telespettatori siamo di nuovo con voi, io, l’amico Allan Friedkin e il professor Michael Ogden, l’uomo nei cui laboratori si prepara il nostro futuro, insieme per seguire il prossimo testimone, un uomo il cui punto di vista è quello della gente comune, perché dopo aver sentito imprenditori, banchieri e politici, è tempo che parli anche la controparte, il sindacato. So che in molti hanno accusato la nostra rete di ostilità verso il mondo sindacale, ma noi rispondiamo alle accuse con il nostro lavoro, equilibrato, obbiettivo e soprattutto sempre alla ricerca della verità, da qualunque parte provenga. Per cui andiamo in aula e sentiamo cosa ha da dirci il sindacato.Ancora una volta la scena si apre sul Presidente impegnato in una reprimenda, ma questa volta è il Procuratore Bradstreet a fronteggiare impas-


105 sibile il volto severo che chino verso di lui parla a bassa voce; ma nessun agitare di dita e nessun tono minaccioso, che l’età e l’autorevolezza del Procuratore non tollererebbero. Poi l’inquadratura si sposta sull’ingresso dell’aula, dove appare un personaggio tarchiato, gessato chiaro su una camicia di un azzurro splendente, senza cravatta ma con una vistosa catena d’oro; la carnagione olivastra tradisce l’origine latina, una rada barbetta incornicia il viso, i ray-ban a specchio nascondono lo sguardo, l’uomo avanza guardandosi intorno con aria circospetta; quando si siede, il sorriso ammiccante che rivolge al Presidente, mostra un dente d’oro. Il Presidente lo guarda con aria perplessa, poi scuote la testa e finalmente si atteggia alla solita espressione neutra e imperturbabile. -Lei è Josè Romualdo Ibanez, di anni 48 residente a Monterey California?-Si, sono io.-Giuri di dire la verità, dica lo giuro.-Lo giuro.-Allora procediamo, a lei avvocato Zimmerman.-Grazie signor Presidente, signor Ibanez vuole dirci qual’è la sua attività?-Sono il presidente e il fondatore del FWU, il Free Worker Union, un libero sindacato con migliaia di iscriti in California e in altri stati dell’ovest.-Bene signor Ibanez, per iniziare vuole fornirci un quadro sommario della sua attività come sindacalista, come è iniziata, da quanto tempo la svolge, quali sono gli obbiettivi che l’organizzazione da lei diretta persegue?-Certamente, posso dire tutto e parlare con il cuore in mano, sincero e onesto come davanti al prete. Sono venuto su al nord dal mio paese più di dieci anni fa, ho passato il confine con tutti i documenti a posto e ho cominciato a lavorare con un regolare contratto semestrale nel settore edile; questo per i primi due anni. Sono stati anni difficili, l’America è un grande paese, ma all’inizio è stata dura. Comunque non mi lamento, ho fatto il mio dovere, ma mentre passavo da un cantiere all’altro mi guardavo intorno e quel che vedevo non mi convinceva; e così ho cominciato a pensare.-Che cosa in particolare non la convinceva signor Ibanez?-Non vorrei essere frainteso, non voglio parlar male del paese che mi ha accolto, ma le cose non sono uguali per tutti, e non parlo di ricchi e poveri, che quella è una cosa normale, è così che va il mondo ed è così che deve andare. No, quando dico che le cose non sono uguali per tutti, parlo di come vanno le cose sui posti di lavoro, dove c’è chi se la prende comoda e alla fine della settimana ha la paga garantita e quelli che invece devono saltare da un posto all’altro per rimediare la giornata. Eppure siamo tutti lavoratori.-


106 -Lei sta facendo riferimento alla diversità di trattamento e condizione tra lavoratori tutelati da contratti e sindacati nella grande industria e nel settore pubblico, e il gran numero di lavoratori precari e meno tutelati al di fuori di questi settori?-Io penso che i lavoratori dovrebbero essere tutti uguali, poi però quello che vedo è che chi è iscritto al sindacato prende i posti migliori e ha buone paghe, chi invece non è iscritto al sindacato, prende i posti peggiori e lo pagano una miseria. E allora io dico tra me e me, bella cosa questo sindacato, è utile, tutti dovremmo avere un sindacato, un sindacato che ci fa avere un buon lavoro e buone paghe, e allora mi metto a cercare un sindacato, un sindacato che vada bene per quelli come me, quelli che non lavorano alla Ford, che non prendono i soldi da un’agenzia governativa, quelli che passano da un cantiere all’altro, e che se serve possono anche andare a pulire i cessi. Ma non è facile trovare un sindacato per quelli così; una sera in un bar un amico mi ha presentato un tale che dice che fa il sindacalista, e allora io gli dico che voglio iscrivermi, e allora quello mi fa “Ok, dov’è che lavori?”, dico “Come dove lavoro? Sono disoccupato. E per questo che volevo iscrivermi al sindacato.” E quello allora mi guarda strano e mi dice che se non ho una busta paga, non posso nemmeno pagare la quota e quindi come faccio a iscrivermi. E allora ho capito che quello era un sindacato per quelli che il lavoro già ce l’hanno; e allora ho chiesto in giro, se c’era un sindacato per quelli che il lavoro ancora non ce l’hanno, e nemmeno i soldi per la quota, e alla fine un amico mi dice che lui ha il posto che fa per me, un sindacato per quelli che il lavoro non ce l’hanno e neanche i soldi per la quota. Era vero, era proprio un sindacato di tutti quelli senza lavoro; ci andavo una volta a settimana, parlavamo e c’era lì il capo del sindacato che ci diceva a tutti che il lavoro è un diritto e che ce lo dovevano dare, poi facemmo anche una dimostrazione coi cartelli e tutto: c’era scritto che volevamo il lavoro. Beh un giorno alla fine ho trovato un lavoro, un buon lavoro, vado al sindacato tutto contento e dico “Ehi ragazzi, io so’ dov’è il lavoro, ce n’è anche per voi.” Beh non ti arriva il capo del sindacato, con una faccia ingrugnata e comincia a dirmi che c’è lo sciopero e che in quel cantiere non si può lavorare, poi mi chiede di quanto mi pagano, di quante ore devo lavorare, e poi l’assistenza sanitaria, e poi non so cos’altro e alla fine se ne esce che un lavoro simile è inaccettabile, e che se lavoro per quella paga sono un traditore e un venduto e non so cos’altro. L’ho piantato lì e sono andato a lavorare, e con me sono venuti altri cinque amici. E allora ho capito che c’era il sindacato di quelli che il lavoro già ce l’hanno, poi c’era il sindacato di quelli che il lavoro non ce l’hanno, ma quello che mi serviva a me, era il sinda-


107 cato per quelli che il lavoro lo vogliono. E dato che non c’era l’ho fatto io.-Cioè vuol dire che lei ha fondato un sindacato?-Beh all’inizio non lo sapevo, ma poi è andata proprio così. E’ stato il boss del cantiere dove lavoravo a farmi venire l’idea, mi dice “Josè tu sei un ragazzo in gamba, e anche i ragazzi che mi hai portato sono in gamba, ma a quei piantagrane del sindacato voi non piacete, e io non voglio rogne, per cui se la storia non si risolve in fretta, domani puoi anche rimanertene a casa.”. Ci sono rimasto male, ma ci ho pensato su e alla fine della giornata sono andato dal boss: “Senti boss, io non ho nulla contro il sindacato, se per lavorare bisogna essere iscritti al sindacato ok, ma il sindacato che fa per me è il sindacato di quelli che vogliono lavorare, ma un sindacato così non l’ho ancora trovato, e allora dico come si fa a fare un sindacato?”, lui mi guarda dritto negli occhi e mi fa “Sei proprio un ragazzo in gamba Josè, se ne può parlare, anzi ho qualche amico che potrebbe essere interessato a questa storia.”. All’inizio non è che avessi ben chiaro come funzionava, ma c’è chi mi ha dato una mano, ho capito che in un paese democratico, chi lavora e chi da lavoro devono tutti rispettare delle regole, a questo serve un sindacato, a fare le regole, poi i lavoratori le rispettano, e tutto fila liscio.-Mi scusi un chiarimento, lei dice che qualcuno le ha dato una mano, intende forse dire che il suo sindacato è nato con il sostegno economico del mondo datoriale.?-Assolutamente no, l’unico aiuto è stato per qualche contatto in banca, ma noi soldi ai padroni non ne chiediamo, noi i soldi li prendiamo solo dai lavoratori; all’inizio per aprire un ufficio e attaccare il telefono, ma poi null’altro, e se gli chiedevamo subito i soldi a quelli il sindacato non conveniva più. No, il sindacato lo pagano i lavoratori, così stanno tranquilli che i padroni li fanno lavorare. Adesso abbiamo decine di migliaia di iscritti in California e altri stati dell’ovest, ognuno paga la sua quota, il sindacato trova il lavoro, stabilisce le regole, e se qualcuno non le rispetta lo sbattiamo fuori. Abbiamo anche un motto, sta scritto proprio sul modulo d’iscrizione, in inglese e in spagnolo così lo capiscono tutti: “Il lavoro rende liberi”. Bello no?-Immagino che all’inizio non sarà stato facile far conoscere la sua organizzazione ai lavoratori, e penso che gli altri sindacati non si siano trovati d’accordo con la vostra linea. Avete avuto problemi?-Noo, non abbiamo avuto problemi a farci conoscere, siamo tutti paesani, la voce gira, un amico porta l’altro, e poi un sindacato che parla spagnolo ancora non c’era. Quanto agli altri sindacati non è un problema, l’America


108 è un paese libero, e tutti hanno diritto a costruire libere associazioni; e poi chi paga le quote ha diritto alla protezione quando va a lavorare, e il sindacato ha una voce in bilancio proprio per garantire la protezione. Fortunatamente in questo paese ognuno ha diritto di difendersi. All’inizio quelli degli altri sindacati ci chiamavano pezzenti, venduti, crumiri, ma noi non ci offendiamo, siamo qui per lavorare non per discutere, e il nostro lavoro e metterci al tavolo con qualcuno che ha del lavoro da fare, garantirgli la manodopera, mettersi d’accordo sul prezzo. Facciamo seriamente il nostro lavoro e i nostri clienti non si sono mai lamentati, questo è un buon sindacato.-Immagino che organizzerete anche delle vertenze, lancerete delle rivendicazioni, difenderete i diritti dei lavoratori.-No, questa roba no, e allora che ci sta a fare il sindacato? Ve lo immaginate un cantiere o una fabbrica in cui il primo che si sveglia con la luna di traverso si mette a lanciare una rivendicazione? Così non si lavora, e alla fine se non si lavora si chiude, e se si chiude si rimane tutti a spasso. Noo, non è questo il modo, se qualcuno ha un problema ne parla con il sindacato, il sindacato ne parla con il boss, e si cerca di aggiustare le cose, si cerca una soluzione, poi se la soluzione si trova vuol dire che c’è, se non si trova vuol dire che non c’è. E se la soluzione non c’è, che vuoi rivendicare?-Beh immagino che allora difenderete i lavoratori in caso di licenziamento.-Ma dove ci siamo noi i licenziamenti non si fanno, e per questo che il nostro sindacato funziona: quando un’impresa ha un problema, che bisogno ha di licenziare, ne parla con il sindacato e ci si mette d’accordo; c’è da ridurre un po’ il salario? E si riduce. Non si possono pagare gli straordinari? E non si pagano. C’è da stare a casa per tre mesi senza stipendio? E si sta a casa. Così si garantisce il posto di lavoro. Poi se proprio proprio si deve licenziare perché non c’è lavoro, allora vuol dire che non c’è nulla da fare, inutile perdere tempo, è meglio che te ne cerchi un altro, paga la quota al sindacato e vedrai che qualcosa scappa fuori. Poi questa cosa di rimanere attaccati sempre allo stesso lavoro io neanche la capisco; e nella vita si deve pure cambiare, se non cambi è una noia. Con il nostro sindacato il lavoro lo puoi cambiare pure tutte le settimana, una settimana ti mandiamo da una parte, poi per un mese da un’altra, paga la quota e stai tranquillo che al tuo lavoro ci pensiamo noi. Ma non ci piantare grane, perché il sindacato è una cosa seria, niente teste calde e sobillatori.-Immagino che comunque le vostre scelte siano discusse con i lavoratori, farete delle votazioni sugli accordi.-


109 -E’ certo che le facciamo le votazioni, siamo un sindacato democratico noi; quando firmiamo un accordo, chiamiamo tutti i lavoratori a votare, poi chi è d’accordo lavora e chi non è d’accordo se ne può pure andare, noi mica obblighiamo nessuno.-Beh, mi sembra che il suo sindacato sia un po’ diverso da quelli classici, penso per esempio al sindacato dei lavoratori del settore automobilistico.-Noo, una volta forse, adesso siamo tutti nella stessa barca. L’ho visto il contratto dell’auto, un buon contratto, si poteva fare di meglio, ma tutto sommato un buon lavoro. Prima di tutto un aumento dei ritmi perché si deve lavorare, mica è una vacanza; e poi l’eguaglianza, che significa questa storia degli avanzamenti di livello, siamo tutti uguali e quindi si rimane tutti allo stesso livello; e poi i contratti diversificati a parità di mansioni e anzianità, perché è vero che siamo tutti eguali, ma un po’ di flessibilità ci vuole, è anche uno stimolo, è una fabbrica mica una caserma; niente aumenti salariali, un gruzzoletto da mettere in saccoccia alla firma del contratto, tanto per capire chi sono i fessi e chi sono i furbi, e poi se le cose vanno bene si vedrà; hanno fatto un bel risparmio sui fondi per la sanità e la pensione, che uno non è che può star sempre a pensare ad ammalarsi, così si tira la mala sorte, poi la pensione che ci pensi a fare, oggi ci stai, domani che ne sai, mica hai fatto un patto con Nostro Signore? L’unica cosa che non m’ha convinto è questa cosa di assumere 15.000 operai a mezza paga nei prossimi anni; così si rompe la solidarietà tra lavoratori. E non è mica una cosa bella che tu prendi 20 dollari, e un povero disgraziato che lavora come te a malapena ne prende dieci: il sindacato lì si doveva imporre, mezza paga per tutti, che figura ci facciamo davanti ai padroni, loro si sacrificano per assumere 15.000 poveri disgraziati, e tu non vuoi cacciare neanche un centesimo. No, questa cosa non m’è piaciuta. Comunque, a parte questo, un buon contratto, perché se vuoi lavorare devi capire come va il mondo; certo che se il sindacato dell’auto lavora così bene, quello è un settore in cui noi non entriamo.-Mi scusi ma se ho ben capito lei ritiene inutili gli stanziamenti per la sanità e le pensioni da parte delle imprese; crede forse che se ne debba far carico lo stato attraverso la fiscalità?-Ma se posso dire quello che penso, io penso che lo stato dovrebbe tenersi fuori da queste faccende; io non ho mai chiesto niente allo stato, e mi piacerebbe che lo stato non chiedesse niente a me. Ma non parlo solo di me, parlo anche a nome delle migliaia di lavoratori del nostro sindacato a cui lo stato rende la vita difficile. I datori di lavoro devono fare i contratti per dimostrare al fisco che hanno delle spese, così un povero disgraziato che fa la sua giornata, si trova a dover pagare le tasse allo stato, invece di


110 prendersi i suoi quattro soldi senza dover rendere conto a nessuno, e questo perché? Per mantenere uno psicologo liberal, pagato da un’agenzia del governo, che se perdi il lavoro e sei depresso, ti inserisce in un programma di sostegno, così una volta a settimana puoi riunirti insieme a un altro gruppo di sfigati e piangerti addosso. Se non ci fossero le tasse, i lavoratori potrebbero versare quote maggiori per il sindacato, e noi si che li faremmo fruttare i loro soldi, i modi non mancano.-Beh i fondi pensione dei lavoratori gestiti dai sindacati abitualmente sono ben investiti.-Si titoli, azioni, ma non è che parlavo di queste cose, no, io parlavo d’altro, ma sono idee così, nulla di ancora commesso. Comunque su questa storia delle pensioni io ho le mie idee.-Ci dica.-Il fatto è che la vecchiaia è brutta per chi non può campare di rendita, e l’unica cosa che ha, è il tempo che gli è dato da campare e i figli che ha messo al mondo. Mio nonno buonanima ai suoi tempi, aveva nove figli, dai sette anni in su tutti a lavorare in campagna, braccianti, perché di terra non ne aveva, quasi una piccola impresa, e lui poteva invecchiare tranquillo. Adesso viene lo stato e ti porta i figli a scuola, in mezzo a una massa di delinquenti drogati, dove imparano solo a non portare rispetto alla famiglia, così quando sei vecchio stai solo e abbandonato. Un povero disgraziato una volta almeno ci aveva i figli, oggi che gli rimane, solo il tempo che ha da campare, ma il tempo di un povero disgraziato vale poco, giusto quello che gli serve per campare fino al giorno dopo, così può tornare a lavorare e aver di che campare un altro giorno ancora, e così fino a quando hai la forza di lavorare. Non è che puoi pretendere che oltre a pagarti un’ora di lavoro, il principale ti paghi pure tutte le ore che non puoi lavorare quando sei vecchio; se non ti vogliono mantenere i tuoi figli, perchè dovrebbero farlo i padroni? E allora uno si guarda in giro e si chiede “ma una rendita come faccio a farmela?”; titoli, azioni, ma che ne capisce un povero disgraziato di queste cose, tutte cose complicate, difficili... ma questi come fanno a far crescere i soldi? Al sindacato qualche proposta di questi fondi di investimenti, c’era pure arrivata, ma io non mi fidavo, investimento di che? Questi parlavano, parlavano, ma io non li capivo e loro si tenevano sul vago. Poi due anni fa, ero tornato al mio paese a trovare i parenti, e lì ho capito tutto, le cose sono semplici, è sempre una questione di sindacati: lì il sindacato non funziona come da noi, lo stato non si impiccia, i contratti non si fanno, le tasse non si pagano e tutto funziona più liberamente. Lì per esempio si può lavorare pure dentro la discarica, basta che paghi la quota al sindacato locale, non devi es-


111 sere maggiorenne, pure i ragazzini possono lavorare, non c’è un orario, puoi lavorare pure tutto il giorno, e magari anche la notte, anzi c’è gente che per stare più comoda dentro la discarica ci si è fatta la casa; e dentro una discarica è pieno di roba buona, un lavoro ecologico, una cosa di riciclaggio, metalli, plastica, tutta roba a disposizione, te la raccogli, te la smonti, poi la vendi e campi come puoi. Ma la cosa bella è che tutta questa roba chi te la compra non è un altro disgraziato come te, che oggi può comprare e domani chissà, ma una società seria che paga e compra sempre, e che è collegata con un’altra società ancora più seria, sapete meglio di me come funzionano queste cose, e alla fine di tutto cosa c’era? Proprio quel fondo di investimento che non voleva dirmi effettivamente i nostri soldi come li avrebbero fatti fruttare: e che ti vergogni dico io? Così va il mondo che ci vuoi fare. E che io mi vergogno di prendere la percentuale sui rendimenti dell’investimento? Sono io che ho la responsabilità! E che qualcuno mi può dire qualcosa? E poi gli avvocati che ci stanno a fare?-Ci è chiaro signor Ibanez, ci è chiaro. Quindi se ho ben capito il suo sindacato non solo si preoccupa che i suoi iscritti abbiano sempre da lavorare, ma si preoccupa anche di garantire loro una pensione, un vero e proprio sindacato. Ora che la Corte ha avuto modo di verificare la sua indiscutibile sensibilità e attenzione per le condizioni di vita dei lavoratori, vorrei venire al tema specifico di questo procedimento e farle una precisa domanda: lei crede che il sistema così come è, libero e senza regole vada bene oppure crede che lo stato potrebbe in qualche modo intervenire per migliorarlo, per correggere eventuali errori o squilibri. Mi dica liberamente ciò che pensa.-Io allo stato come ho già detto non ho niente da dire, ma se volete che vi dica quello che per me non funziona, io ve lo dico chiaro e tondo, e se qualcuno si offende mi dispiace, ma io sono uno che parla chiaro.-Se sarà rispettoso della Corte potrà dire ciò che vuole.-Rispettosissimo con la Corte, ma con le banche da un po’ di tempo a questa parte non si va più avanti. E con questa storia della crisi non si campa più; se le banche non fanno girare i soldi qui non si lavora più. Uno che lavora tutto il giorno per due soldi, se si presenta in banca e chiede un prestito per un auto, il televisore nuovo, o magari una vacanza, deve trovare qualcuno che gli permette di indebitarsi, e se no come si fa? Non è solo che l’economia non gira, ma è che si cominciano anche a prendere delle brutte abitudini. Ma provate a immaginare se domani tutti quelli che vanno a lavorare per pagare i debiti, smettono di indebitarsi, che può succedere? Io i lavoratori li conosco, quando stanno indebitati, lavorano e zitti non è che piantano grane; di un uomo indebitato ci si può fidare,


112 un uomo indebitato si sveglia la mattina e comincia a correre, e non la smette più fino alla sera. I debiti fanno aumentare la produttività; ve lo dico io che in mezzo a queste cose ci campo, quello che ha il mutuo da pagare, si è fatto l’auto nuova, ci ha la moglie con le manie di grandezza e i figli che vogliono fare la bella vita, quello è il lavoratore ideale, quello che c’è da fare fà, non ti dice mai di no, quello che gli dai si prende; guardate invece quello che non si indebita, che spende poco e fa il passo con la sua gamba, non vi fidate di lui, quello è il tipo che prima o poi ti pianta una grana. Con i debiti la gente è più affidabile; prima le cose andavano bene, ognuno aveva le sue buone carte di credito, la gente si indebitava, così doveva lavorare di più, e se si lavora di più l’economia cresce, crescono i consumi e nessuno rompe le scatole. E’ arrivata la crisi e nessuno si fida più, fare debiti è diventato complicato, ma guardate che se continuiamo così, le cose si mettono male: se la gente capisce che si può campare spendendo poco e lavorando di meno, qui va tutto a puttane, con rispetto parlando.-Quindi se ho ben capito lei sarebbe favorevole ad un intervento dello stato per indurre le banche a favorire la circolazione di liquidità, anche a costo di far crescere il debito pubblico e di rischi inflazionistici.-Queste sono cose complesse, io non me ne intendo, ma una cosa l’ho capita: nella vita si deve lavorare e produrre; poi si deve pure consumare, perché qualche sfizio te lo devi pure levare; poi alla fine si crepa e chi s’è visto s’è visto. Questa è la vita, produci, consuma e crepa, che altro vuoi fare?-Grazie signor Ibanez, per me è tutto signor Presidente.-Grazie avvocato Zimmerman, il teste è suo procuratore Bradstreet. Il Procuratore Bradstreet, che durante l’interrogatorio della difesa ha esplicitamente mostrato il suo disinteresse continuando a consultare le sue carte, si rivolge al teste senza nemmeno alzarsi in piedi, con una espressione stanca e infastidita. -Signor Ibanez, abbiamo compreso che le sue conoscenze sulle dinamiche dell’economia sono alquanto limitate; d’altra parte non è certo sua l’iniziativa di essere presente in quest’aula, a parlare dei problemi di una Nazione che non è la sua, e da cui lei cerca di trarre solo i propri profitti. Comunque dato che le sue opinioni sono state messe a verbale, sarà bene fare alcune puntualizzazioni. Per esempio lei parla tranquillamente di permettere a chiunque, anche a soggetti economicamente a rischio, di indebitarsi; non so se si è reso conto che tutto ciò è stata la causa della nostra crisi e non certo la soluzione, visto che proprio l’indebitamento dei privati, ha messo a rischio il sistema bancario e obbligato lo stato ad intervenire,


113 con un conseguente aumento del debito pubblico. Ovviamente è il debito pubblico di uno stato di cui lei non si sente parte, ma spero si renderà conto che per i veri Americani la sua soluzione sarebbe una catastrofe. Se ne rende conto?-Signor Procuratore, perchè mi dice che non sono un vero Americano? Faccio di tutto per essere un vero Americano, forse ancora non mi riesce, ma stia sicuro signor Procuratore che ce la farò, io e quelli come me, e siamo tanti, alla fine saremo tutti veri Americani, proprio come lei. Comunque per rispondere alla sua domanda, è vero io di economia ne capisco poco, ma guardo i fatti miei e cerco di capire come va il mondo; e allora mi dico, ma come è possibile che il fondo in cui ho messo i soldi del mio sindacato, vada a investire in una discarica al mio paese? E perchè lì i soldi fruttano. E allora io dico, perchè nessuno viene qui a investire in questo grande paese? I cinesi non aprono mica le fabbriche qui, siamo noi che apriamo le fabbriche da loro: e ci credo, qui fare lavoro è una cosa complicata, ma se le cose fossero più semplici, allora tutti investirebbero qui, e allora i soldi girerebbero e problemi non ce ne sarebbero, quando c’è il lavoro e l’economia cresce, tutti ti fanno credito. E allora io ve lo dico: bisogna cambiare il modo di fare sindacato, fare delle nuove regole per lavorare. Guardate in Cina, che quelli sono pure comunisti: lì si lavora e zitti. Poi pure il debito pubblico, se si deve pagare si paga.-Signor Ibanez non pretendo che chi proviene da un paese atavicamente arretrato sia in grado di comprendere i valori fondamentali della nostra comunità nazionale, ma spero che si renderà conto che i cittadini e i lavoratori americani, che hanno costruito con fatica il loro standard di vita, non accetteranno mai di vederlo insidiato da gente come lei e quelli che lei rappresenta, che hanno modelli di riferimento come la Cina. E allora le faccio un ultima domanda: dato che avete tutta questa intraprendenza, questa voglia di lavorare, che sapete anche accontentarvi di poco, perchè diavolo non ve ne rimanete al vostro paese, a cercare di fare quello che noi abbiamo fatto nel nostro, invece di venire qui a rubare lavoro e a distruggere il nostro stile di vita?-Non se la prenda signor Procuratore, che colpa ne abbiamo noi, mica l’abbiamo inventata noi questa storia della globalizzazione. Noi ce ne stavamo al nostro paese, eravamo poveri ma nessuno aveva grilli per la testa. Non c’era la televisione, non c’erano i computer, non c’erano i telefonini, e chi si sognava di prendere un aereoplano; poi arrivate voi che siete civili, ci portate l’economia avanzata, una quantità di cose che se non ce l’hai, ti senti un pezzente, e ci fate vedere un mondo in cui tutti se la spassano. E che pretendete? Comunque non vi preoccupate, che se le cose vanno così,


114 tra un po’ qui non viene più nessuno; qui tra un po’ tutto il mondo è paese, perchè a me questa cosa della globalizzazione mi sembra una bella cosa, un paese povero diventa un po’ meno povero, un paese ricco diventa un po’ meno ricco, i fessi e i furbi stanno da ogni parte e da ogni parte ci staranno i ricchi che prendono tutto e i poveri che se la prendono nel solito posto. Pensa un po’ che bella armonia.-Signor Presidente ho concluso, ne ho abbastanza di questa pagliacciata.-Procuratore la invito ad esprimersi in modo più rispettoso.-Signor Presidente mi scuso, ma temo che l’avvocato Zimmerman voglia trasformare questo procedimento in una commedia.-Signor Presidente mi oppongo, le dichiarazioni del Procuratore Bradstreet sono lesive dei diritti della difesa.-Adesso basta, richiamo le parti a mantenere un atteggiamento consono alla dignità di quest’aula. Gli occhi della Nazione sono su di noi.-

Wolf TV, Dick Brewster -Amici telespettatori stiamo assistendo ad un dibattito al calor bianco, ormai lo scontro tra Zimmerman e Bradstreet è all’ordine del giorno, ma questo è solo un aspetto del problema perchè dietro le dispute verbali ci sono i problemi veri e reali, portati all’attenzione dei telespettatori dai protagonisti in carne ossa, come questo signor Ibanez, che con il suo sindacato certo viene incontro alle esigenze di un impresa moderna, impegnata nella dura competizione internazionale, ma che suscita anche qualche perplessità. Professor Ogden, cosa le viene in mente sentendo questa testimonianza così autentica e contraddittoria?-Diciamo che non sono stupito signor Brewster. E’ evidente che un organismo complesso come la nostra società non può che scontare qualche contraddizione; vede, da un punto di vista scientifico, ogni fenomeno, sia esso di natura fisica, biologica o sociale, non può essere valutato assumendo il punto di vista di una delle parzialità che concorrono al suo prodursi, ma verificando la risultante dell’interazione tra tutte le parti. Chi si sofferma a misurare la rilevanza dell’agire di una minuscola formica o di una semplice ape? Eppure tutti guardiamo con stupore all’affascinante e rigida articolazione delle funzioni all’interno di un alveare o di un formicaio; ad un livello ancor più alto, guardiamo con commosso stupore a quel meraviglioso meccanismo che ha permesso all’evoluzione biologica di toccare il suo apice nella specie umana a cui apparteniamo, ma chi spende una lacrima sulla sorte dell’estinto bradipo gigante che abitò questo stesso continente molto prima di noi; e in ultima analisi, tutto il cosmo non si fonda sul principio generale della conservazione dell’energia? E


115 allora io penso a questo semplice e un po’ primitivo signor Ibanez, e colgo in lui l’uomo elementare, ancora vincolato alle leggi fondamentali che ci legano all’universo, quell’umiltà, tipica dei popoli primitivi, che permette la serena accettazione della propria condizione, come parte di un ordine più grande. Guardate con quale placida accettazione egli risolve il tema del conflitto sociale: ricchi e poveri ci sono sempre stati e sempre ci saranno, verità questa sperimentalmente verificabile in ogni società complessa e in ogni epoca storica, quindi a partire da questa indiscutibile verità scientifica, egli appronta lo strumento tecnico, il suo sindacato, che permette alla semplice conoscenza teorica, di inverarsi in una prassi funzionale all’interazione di tutte le parti, affinchè la risultante sia la perpetuazione dell’organismo. Ecco è di fronte a uomini come questo signor Ibanez, io non posso che pensare che il fenomeno migratorio sia un grande contributo alla crescita del sistema nel suo complesso; dubito infatti che un uomo della nostra cultura sarebbe mai stato in grado di rendere con tale semplicità, l’apparente complessità in cui viviamo.-Certo, questa prospettiva è sicuramente molto interessante. E tu Al, che mi dici di questo signor Ibanez?-Fuori dai denti Dick, quello che vedo io è solo un furbastro che si arricchisce sulla pelle dei suoi compaesani; comunque su questo nulla da eccepire, questo è un paese libero e ognuno può farsi largo come vuole, purchè rispetti le leggi. Il problema è un altro, ed è che il lavoro ormai vale talmente poco, che chi di mestiere fa l’intermediario, il più delle volte è veramente nei guai. Perchè cos’è un sindacato quando ci levi le ideologie, l’infiocchettamento della retorica, i nobili valori, e le grandi idealità: nulla di più di un’agenzia per l’intermediazione della merce-lavoro sul mercato. Cosa fa un sindacato se non proporre il prezzo della merce e fare in modo che chi vende e chi compra si mettano d’accordo? Si, lo so una volta c’erano i sindacati che facevano le lotte, i sindacati in cui si annidavano sobillatori e sovversivi, i sindacati rossi e bolscevichi, ma per fortuna è roba del passato: dopotutto, che senso ha scioperare contro qualcuno che non ti vuol far lavorare? Oggi il sindacato è un’impresa come un’altra, ha i suoi manager, i suoi dipendenti, amministra fondi pensione, cerca di mettere qualche suo uomo nel consiglio d’amministrazione, e vende la sua merce cercando di spuntare un prezzo ragionevole. Ma oggi è una merce che ha poco valore, il prezzo lo stabilisce il mercato, e sul mercato mondiale di questa merce c’è sempre eccedenza; i sindacati lo sanno e a parte qualche gruppo di irriducibili senza speranza, non fanno troppe storie, più che altro cercano di far ingoiare il rospo a chi ancora un lavoro ce l’ha. L’unica cosa che non capisco è perchè un servizio simile non lo


116 paghino anche le imprese, dopo tutto funziona anche per loro. Comunque così vanno le cose, per cui ben venga anche il nostro semplice e un po’ primitivo furbastro signor Ibanez. Professor Ogden perchè non lo invita a qualche conferenza, qualcosa tipo “Società multietnica e nuove opportunità”, c’è gente che prende soldi dal governo per queste storie, università, istituti di ricerca sociologica, associazioni culturali.-Se sta facendo dell’ironia posso solo dirle che non la comprendo.-Nessuna ironia, ma mi sembrava di aver capito che lei fosse di quelli che fanno i salti di gioia a vedere le nostre città piene di gente capitata qui da ogni parte del mondo.-Di certo non sono tra quelli che pensano che l’immigrazione sia un problema; questa gente dopotutto viene qui per lavorare, fa i lavori che gli Americani non vogliono più fare, e con la metà di quello che guadagna un lavoratore americano, mantiene anche i famigliari nel paese d’origine; alcuni di loro sono laureati e in generale sono persone giovani e intraprendenti. Non ho problemi a dirle che gli immigrati sono una grande risorsa per il nostro paese.-Almeno su questo sono perfettamente d’accordo con lei, dopotutto nei paesi del terzo mondo le risorse ce le siamo prese tutte, non vedo perchè dovevamo lasciar fuori questa: senza contare che se rimangono a casa loro c’è il rischio che si mettano a piantar grane ai governi che noi sosteniamo. No, meglio che vengano a riempire i nostri ghetti, a curare i nostri vecchi, a pulire le nostre case, una bella risorsa d’energia per questo occidente vecchio e inflaccidito. Un bel po’ di esuberante gioventù a tenere vivo quest’occidente senza più voglia di combattere.-C’è una nota amara nelle tue parole Al.-Davvero Dick? Mi scuso, ma con tutto il rispetto per l’esimio professore, la signorina Windshaw mi metteva di buon umore.-Buona questa Al, hai sempre la battuta pronta e sono sicuro che anche il professor Ogden potrà riderci su. Comunque adesso è tempo di tornare in aula perchè a quanto mi risulta la prossima testimonianza sarà veramente eccezionale.

Sullo schermo compare l’immagine dei giurati, poi l’inquadratura si concentra sul professor Prescott, che ascolta con espressione contrariata il cellulare, mentre vicino a lui, preoccupato, il professor Mac Ewan lo segue con lo sguardo, poi gli fa cenno si smettere , indicandogli l’ingresso dell’aula, da dove nel frattempo sta entrando il nuovo teste. L’uomo che compare è poco più che trentenne, elegante, abbronzato, volge lo sguardo al Presidente con espressione rispettosa e sicura al tempo stesso, e mentre


117 cammina davanti al contractor, sembra abituato ad avere con se una scorta. Il Presidente lo guarda come se cercasse di capire dove l’ha già visto, legge qualcosa su un foglio che ha davanti e assume un espressione sorpresa e contrariata al tempo stesso. Guarda di nuovo il teste, poi chiama l’avvocato Zimmerman, i due confabulano brevemente, poi lo rimanda al suo posto e si rivolge al teste. -Lei è Mike Dotti, di anni 35 residente a Chicago, Illinois?-Esattamente.-Giuri di dire tutta la verità, dica lo giuro.-Lo giuro.-Proceda avvocato Zimmerman.-Signor Dotti lei ha chiesto spontaneamente di rendere testimonianza in quest’aula. Vuole per favore spiegarci, per quale ragione ritiene di poter dare un contributo all’accertamento della verità. e eventualmente sostenere l’innocenza dell’imputato?-Ho fatto questa scelta perché come cittadino americano ritengo mio dovere fare il possibile per sostenere il mio paese in questa difficile congiuntura economica; non è mia intenzione parlare specificamente in favore dell’imputato, ma solo contribuire all’accertamento della verità su questa crisi e offrire anche proposte per il suo superamento. Pur essendo un semplice uomo d’affari, con interessi nel settore dell’edilizia e delle infrastrutture, oltre che nella produzione di cemento e nel movimento terra, le non sempre piacevoli vicissitudini della vita, mi hanno messo nella condizione di conoscere aspetti dell’economia del nostro paese, spesso tralasciati o addirittura nascosti, anche nelle analisi più accurate.-A quali vicissitudini e a quali aspetti dell’economia si riferisce signor Dotti?-Devo dire che purtroppo io e la mia famiglia siamo stati spesso oggetto di ingiuste accuse riguardanti il nostro presunto coinvolgimento in attività definite illegali. Nella necessità di difendere l’onorabilità mia e della mia famiglia, sono stato obbligato a comprendere le accuse che ci sono state rivolte, e quindi ad approfondire la conoscenza su un mondo di attività, che in vario modo coinvolge ampi strati della popolazione, e su cui spesso si stende un velo di silenzio ipocrita, quando non ci si accanisce con una persecuzione oltre che ingiusta, inutile e costosa.-Sta parlando di attività illegali, penalmente perseguibili, vuol forse contestare la giustezza del codice penale?-Sono un cittadino rispettoso delle leggi, quali che esse siano. Sono anche il cittadino di un paese democratico che garantisce ad ognuno il diritto a dissentire dalla legge e di operare con gli strumenti della libera discus-


118 sione e della partecipazione politica per modificarla. Ovviamente nell’esercizio di questo diritto mi assumo ogni responsabilità, confidando nella tutela che la nostra Costituzione garantisce alla libertà di espressione.-E infatti lei qui può parlare liberamente, senza timore e soprattutto con chiarezza. Ci dica quindi quali sono queste attività illegali che lei ritiene ingiustamente perseguite.-Certamente, ma prima se permette vorrei fare una breve premessa. Il nostro grande paese è fondato sul principio indiscutibile della libertà individuale, libertà che ha il suo limite, solo laddove essa si eserciti come limitazione dell’altrui libertà o in danno dell’altrui sicurezza o proprietà. Compito della legge è intervenire a salvaguardia di tale limite: penso che ognuno concorderà. E allora io chiedo per quale ragione debbano essere definite illegali e perseguite, attività di offerta di servizi e merci alla persona, che offrendo soddisfazione a esigenze e bisogni assolutamente naturali, in alcun modo condizionano altri che non siano coloro che liberamente decidono di fruire di tali servizi o merci. Aggiungo altresì che questa persecuzione, sottraendo all’economia legale e ufficiale una quantità notevole di risorse, di fatto altera e sottostima i dati sul PIL e sulla crescita economica reale del paese, contribuendo a deprimerne lo spirito e la fiducia nelle proprie potenzialità. Per crescere abbiamo bisogno di fiducia, ma come è possibile avere fiducia in un mercato in cui la libera iniziativa è depressa da vincoli, monopoli e divieti. Liberalizzare questa e solo questa è la strada, una strada su cui il nostro paese è sempre stato all’avanguardia, e che non può proprio ora abbandonare.-Signor Dotti apprezziamo la sua disquisizione, ma lei non ci ha ancora detto di quali attività parla.-Se permette le illustrerò una alla volta. Comincerò dalle vessatorie disposizioni che fanno si che il naturale piacere del rischio e dell’azzardo, piacere in cui si misura la forza di carattere e la tempra di un uomo, siano sottoposti a inconcepibili limitazioni e punitivi trattamenti fiscali, tali da far si che solo l’1% delle imprese che operano nell’offerta di questi servizi, possa vivere nella legalità. Eppure stiamo parlando di attività che muovono ingenti risorse finanziarie, occupano un gran numero di operatori, e soprattutto coinvolgono persone adulte e responsabili che decidono in assoluta libertà di usufruire di tali servizi.-Lei sta parlando di liberalizzare totalmente scommesse, gioco d’azzardo, poker on line, ma la nostra legislazione già permette tali attività, nei modi e nelle forme regolate dalla legge.-E’ esattamente questo il problema, la legislazione non può vietare questa


119 attività, in se non lesiva di alcun principio di civile convivenza, ma ciò nonostante lo stato ne limita arbitrariamente l’esercizio, giungendo a perseguire e ad arrestare quanti disgraziatamente si trovano ad operare fuori da tale arbitrio. Ma così facendo esso sottrae a tutta la comunità nazionale la ricchezza prodotta da tale attività, ricchezza che certo farebbe lievitare il PIL in modo significativo.-Abbiamo compreso, prosegua nella sua elencazione.-C’è poi un’attività che solamente se citata suscita imbarazzo ipocrita o sorrisi ammiccanti, ma che spero quest’aula voglia considerare con l’austera serietà che essa merita. Mi riferisco all’offerta di servizi per la soddisfazione sessuale attraverso personale specializzato e qualificato; la soddisfazione di uno dei bisogni fondamentali di ogni individuo, condizione sine qua non della salute psico-fisica individuale, è per legge deprecabilmente delegata al casuale e contraddittorio prodursi delle relazioni umane, spesso causa di gravi conflitti relazionali, e addirittura di estenuanti procedimenti legali. Un oscurantismo medievale, uno stato etico illiberale, vietano di fatto che moderne imprese di servizi possano garantire in modo razionale, pratico e se necessario anche veloce, la soddisfazione di un fondamentale bisogno umano; si sceglie invece di perseguitare chi a questa attività si dedica professionalmente, e soprattutto ancora una volta si sottrae al computo della crescita dell’economia nazionale, una significativa quantità di ricchezza.-E così dopo il gioco d’azzardo, liberalizziamo anche la prostituzione?-

-Quella che lei chiama prostituzione e che dal mio punto di vista è una ordinaria offerta di servizi alla persona, risponde a necessità ataviche, al punto che non casualmente essa è popolarmente definita “il mestiere più antico del mondo”. Voglio aggiungere che piuttosto che perseguire questa attività, lo stato dovrebbe ben valutare la carenza di qualsiasi servizio di offerta sanitaria in questo ambito, specialmente rivolto a soggetti con difficoltà relazionali; è impensabile che nessun welfare abbia tenuto conto di tale esigenza. Una liberalizzazione del settore, potrebbe permettere anche al settore pubblico, attraverso specifiche convenzioni con imprese private, di aprire strutture attrezzate e con personale adeguato. Anche da questo l’economia potrebbe trarre giovamento.-Abbiamo compreso, possiamo andare oltre?-L’ultima di queste attività, ma certamente la più importante e significativa dal punto di vista economico, è la vendita di prodotti farmaceutici, sintetici o naturali, per l’appagamento e la soddisfazione individuale. Tale vendita è oggi vietata e perseguita; eppure il diritto alla ricerca della feli-


120 cità è scritto nella Dichiarazione di Indipendenza, mentre nulla vi è scritto circa i modi in cui tale felicità può essere ricercata; manca quindi di fondamento giuridico il divieto fatto ad un libero cittadino di assumere qualsivoglia sostanza, sia essa alimentare piuttosto che farmaceutica o di altra natura. Stiamo parlando di un’attività che da vita al terzo mercato mondiale, dopo armi e petrolio, un giro d’affari immenso, con un indotto esteso e ramificato, che investe la nostra politica estera e le nostre relazioni internazionali, specialmente in Asia e Sud America, e che soprattutto garantisce lavoro ad un gran numero di soggetti disagiati, dai lontani contadino dell’Afghanistan e della Colombia, fino ai giovani più poveri dei nostri ghetti urbani. E’ questa un attività costantemente perseguitata, che pure malgrado ciò ha visto lo sviluppo di grandi imprese multinazionali, che hanno prodotto un flusso di liquidità che certo ha sostenuto anche la crescita esponenziale del sistema finanziario; ma di ciò nessuno darà mai merito a quegli oscuri uomini d’affari artefici di tale successo.-Ma si renderà conto che la liberalizzazione della vendita di sostanze stupefacenti produrrebbe conseguenze sociali e sanitarie devastanti!-Basta con questo equivoco. Troppo facile dar la croce a chi solo si limita a offrire ciò che il mercato richiede, incolpandolo di drammi sociali le cui cause sono ben più complesse. I fatti parlano: l’esperienza sul campo ha dimostrato che l’uso di una medesima quantità di una determinata sostanza per uno stesso periodo di tempo, ha determinato conseguenze totalmente diverse fra due soggetti di diversa condizione economica e sociale. Nel caso di un giovane portoricano residente in un quartiere disagiato di una delle nostre grandi città, l’uso di sostanze ha dato luogo come fenomeno collaterale, ad una maggiore disponibilità a commettere reati, ovviamente per poter rifornirsi della sostanza e trovare così soddisfazione, oltre a gravi crisi psico-fisiche in assenza di tale soddisfazione; al contrario nel caso di un operatore della borsa di Wall Street, l’uso della medesima sostanza non ha dato luogo ad alcun comportamento penalmente perseguibile, anzi, la vita sociale e sessuale del soggetto è risultata significativamente più intensa, mentre l’assunzione continua ha evitato fastidiose conseguenze fisiche. In realtà penso si possa dire chiaramente che non è la sostanza a produrre conseguenze sociali e sanitarie devastanti, quanto la mancanza della sostanza stessa. Che tale mancanza sia spesso determinata da una condiziona di precarietà economica, non è certo addebitale all’operatore del settore, il cui unico dovere semmai è quello di garantire il rifornimento costante del mercato.-Signor Dotti come premesso, la sua libertà d’espressione è tutelata, ma penso comprenderà che il suo originale punto di vista possa lasciare un


121 po’ perplessi i membri della Corte. Vuole forse fare qualche considerazione finale per rendere più accettabili queste sue affermazioni?-Si ovviamente. So di rivolgermi a persone di grande competenza in ambito economico; confido quindi che abbiano già valutato i vantaggi dell’inserimento di queste voci nella valutazione del PIL e del tasso di crescita dell’economia nazionale. Voglio però aggiungere, che sulla base delle informazioni in mio possesso, non pochi tra gli imprenditori del settore sarebbero disponibili ad accettare una moderata imposizione fiscale, a fronte dei costi indiretti a cui il divieto statale attualmente li obbliga. Mi riferisco ovviamente alla corruzione dei politici, magistrati, poliziotti e altri pubblici funzionari, alle spese di difesa legale, alle perdite determinate da periodici sequestri di merci, e dalla occasionale chiusura coatta di attività, per non parlare dei costi umani derivanti dal mancato diritto al pubblico riconoscimento dei propri meriti imprenditoriali. All’indiscusso vantaggio di un aumento degli introiti fiscali, va aggiunta la riduzione dei costi derivanti dalla sospensione dell’iniqua e soprattutto inutile persecuzioni delle presunte attività illegali; forze dell’ordine, magistrati oggi costosamente impegnati in una battaglia ingiusta e fortunatamente senza alcuna prospettiva di vittoria definitiva. A fronte di ciò la possibilità di dare dignità e nuovo impulso a mercati sui quali la domanda è sostanzialmente inesauribile, e che addirittura tendono ad alimentarsi in misura crescente quanto più sono soddisfatti. Faccio notare che il desiderio di rischio, il desiderio sessuale, e il desiderio di sostanze appaganti, condividono la comune caratteristica della reiterazione illimitata, e in questo non sono diversi da quel desiderio illimitato e mai appagato di profitto, che è alla base della nostra stessa civile convivenza. Ma se tutto ciò non bastasse a suscitare una riflessione laica e senza pregiudizi, allora permettetemi di ricordare in quest’aula un grande Americano e un grande Presidente, Franklin Delano Roosvelt, l’uomo che trovatosi a fronteggiare la drammatica crisi del ’29, seppe riunire l’America in un grande sogno di libertà e avanzamento economico, l’uomo del New Deal, il nuovo corso, l’uomo che ancora oggi è punto di riferimento per quanti credono, che questa crisi possa essere superata con la crescita economica e il coraggio. Ebbene quest’uomo, nel mezzo della battaglia contro la crisi, capì che anche una buon bicchiere di birra può dare il suo contributo al rilancio dell’economia: era la fine del Proibizionismo. Da allora, quanti erano stati perseguitati nella loro missione di garantire il diritto di ognuno a bere a proprio piacimento, poterono tornare nella legalità e dare il loro contributo al bene comune; e ci tengo a ricordare che tra quanti svolsero questo ruolo non va dimenticato il capostipite di una grande famiglia americana,


122 quel Joseph Patrick Kennedy, padre di due martiri della democrazia americana, il presidente John Fitzgerald Kennedy e suo fratello Robert Kennedy; ebbene questo grande patriarca fu tra i primi cogliere le opportunità offerte dalla fine del Proibizionismo; è anche ricordando questi uomini che mi sento di fare appello a voi, perché è del loro coraggio che avremmo bisogno oggi.Mentre i nomi dei grandi protagonisti della storia americana echeggiano nella sala, l’avvocato Zimmerman, in piedi di fronte al teste rivolge uno sguardo ispirato al Presidente, il cui sguardo è invece rivolto al teste, guardato con un misto di stupore e ammirazione. Mentre tra i membri della Corte qualcuno si lascia sfuggire un impercettibile segno di assenso, solo il Procuratore Bradstreet mostra evidenti segni di insofferenza. L’imputato da parte sua ha guardato tutti i testi che si sono avvicendati con la stessa espressione di disappunto. -Signor Dotti la ringrazio della sua spontanea collaborazione; credo che la Corte abbia adeguatamente valutato il suo contributo. Per quanto mi riguarda ho concluso signor Presidente.-Grazie avvocato Zimmerman; il teste è a sua disposizione Procuratore Bradstreet.Con un evidente sforzo di volontà per mantenere la calma, il Procuratore Bradstreet si avvicina al teste fissandolo negli occhi. -Signor Dotti, se non sbaglio non è questa la prima volta che ci incontriamo in un’aula di tribunale. Sia lei che suo padre, siete stati più volte posti sotto processo per gioco d’azzardo illegale, sfruttamento della prostituzione, traffico internazionale di stupefacenti.-Ho già avuto modo di accennare alle mie traversie giudiziarie, tutte comunque felicemente conclusesi con l’assoluzione.-Sempre per insufficienza di prove.-A ulteriore dimostrazione dell’inutilità dell’accanimento giudiziario.-Oggi invece lei è qui non in qualità di imputato ma di testimone, e in questa qualità lei viene addirittura ad offrirci una sua proposta di soluzione della crisi moralmente inaccettabile e che solo la grottesca architettura difensiva dell’avvocato Zimmerman, può ritenere degna di essere ascoltata in una aula di tribunale o davanti ad una platea di studiosi. Per quanto mi riguarda non ho alcun interesse a prendere in considerazione nessuna delle sue affermazioni, che considero peraltro assolutamente estranee all’oggetto del dibattimento, unico mio interesse in questa sede. E proprio per tornare all’oggetto del procedimento vorrei ricordare che tra le responsabilità dell’imputato, non vi è certamente quella di aver promosso comportamenti illegali o moralmente riprovevoli; non a caso pro-


123 prio Henry Ford fu tra i promotori delle leggi proibizioniste, e addirittura istituì una commissione di controllo e investigazione sulla moralità pubblica e privata dei propri dipendenti, dalla cui valutazione dipendevano gratificazioni economiche e avanzamenti di carriera. Il tutto ovviamente all’interno di una illusoria concezione, che vedeva nel miglioramento delle condizioni salariali e di lavoro, la chiave per un complessivo miglioramento sociale, anche dal punto di vista della moralità dei comportamenti. E’ invece ormai accertato che tali opportunità di miglioramento, piuttosto che produrre una più dignitosa condotta di vita, si sia risolta semplicemente in corsa spregiudicata ai consumi, compresi quelli evidentemente riconducibili al vizio e alla corruzione dei costumi. Quindi sulla base della sua esperienza, penso di poter chiedere al teste, se ritiene che ci sia un nesso tra una distribuzione delle risorse che favorisca i soggetti economici subalterni, e la loro propensione al vizio e alla corruzione?-Premesso con non ho esperienze dirette in attività riconducibili al vizio e alla corruzione, e che in termini generali considero queste due categorie difficilmente definibili, penso di poter rispondere alla sua domanda dal punto di vista di un uomo d’affari con la presunzione della lungimiranza: in tal senso ciò che posso dirle e che ogni aumento delle risorse economiche in favore di soggetti subalterni, va valutato in relazione alle opportunità che offre al sistema nel suo complesso. Con un esempio sarò più chiaro: volendo mettere a disposizione 1.000.000 dollari in favore dei giovani meno fortunati della mia città, sarà meglio che garantisca loro la possibilità di seguire corsi di studio che ne alimentino vacue domande, presuntuoso senso critico e pretenziose aspettative, o piuttosto che offra a loro la possibilità di un piacevole godimento che insegni loro quanto il denaro possa offrire, e come da esso dipenda ogni soddisfazione? Nel primo caso l’investimento sarà stato totalmente improduttivo, anzi addirittura dannoso, nel secondo il denaro investito avrà attivato l’esuberanza e l’energia di un giovane a difesa dei valori fondamentali del sistema nel suo complesso. Posso garantirle che nei nostri quartieri più disagiati, una simile lungimirante politica, attuata da quelle imprese costrette ad iniqua illegalità, sta dando vita a dinamiche di coesione sociale assolutamente originali, laddove il vincolo della relazione economica, sta producendo comunità unite, dalla condivisa prospettiva di un profitto facile e immediato. Laddove fallisce la scuola o altre pubbliche istituzioni, un adeguato investimento distributivo, sta formando intere generazioni di giovani pronte a gettarsi nella competizione per il profitto, senza scrupoli ne riserve. E’ evidente che a fronte di tali risultati, le sue preoccupazioni moralistiche non hanno alcuna rilevanza economica.-


124 -Quello di cui ha bisogno la nostra economia è di giovani formati per il mondo del lavoro, di università che producano eccellenze, di ricercatori, professionisti e manager preparati, non certo di comunità di giovani criminali, drogati e prostitute.-Mi scusi pensavo che stesse parlando di quella quota di popolazione abitualmente esclusa da tali opportunità; se poi lei ritiene possibile che chi proviene da un ghetto possa accedere all’istruzione universitaria di qualità, le faccio i miei migliori auguri per il suo ingresso nel club degli illusi.-Non le permetto di fare del sarcasmo.-Mi scusi, era assolutamente involontario.-Quindi lei non fa altro che confermare ciò che è evidente, l’inutilità di ogni politica di distribuzione sociale in favore dei poveri, il cui unico approdo è una loro progressiva corruzione dei costumi.-Non intendevo dire questo. Ciò che intendevo dire e che una eventuale redistribuzione della ricchezza può alimentari la conservazione e il rafforzamento del sistema, purchè tale redistribuzione sia fatta in base a criteri coerenti con i principi del sistema stesso: la capacità di competere in primo luogo, l’indifferenza verso tutto ciò che sia ostacolo all’affermazione del profitto, la comprensione che al di fuori delle dinamiche di mercificazione, nessuna valorizzazione è possibile. Quando ciò è chiaro, non è importante chi sia ad affermarsi, se un membro dell’elite o un arrampicatore sociale proveniente da una periferia abbandonata, un bianco anglosassone protestante come lei, il figlio di immigrati italiani come me, o il messicano appena giunto nel nostro paese; il sistema se ne gioverà comunque.-Sono convinto che il sistema di cui parla lei e quello che difendo io non siano la stessa cosa.-Almeno in questo sono d’accordo con lei, quello che difende lei è un sistema del passato che si alimenta di paure, il sistema di cui parlo io è un presente da vivere senza limitazioni, un capitalismo di eccessi, un capitalismo i cui campioni si sono formati nelle scuole di partito cinesi e nelle facoltà di matematica indiane, così come nei riti antichi della camorra italiana, un capitalismo in cui il mondo degli affari parla arabo, cinese e spagnolo, un capitalismo veloce, frenetico, che spazia dalla Silicon Valley ai bordelli thailandesi, un capitalismo che non ha più bisogno di ammantarsi di ideali democratici e di vocazione alla civilizzazione, un capitalismo vitale e libero da ogni sovrastruttura ideologica, religiosa o culturale, un capitalismo in cui la naturale vocazione dionisiaca alla potenza, non cerca più ipocritamente la legittimazione del consenso, ma si esprime come


125 forza primordiale, istinto animale, di fronte a cui tutto si piega, perché esso tutto compra, la politica, i governi, le vecchie filosofie, gli inutili sentimentalismi, e soprattutto le armi, con cui il mondo si domina, la ricerca scientifica che del profitto è la serva, e ogni forma di relazione umana che al profitto è soggetta. Il capitalismo di cui parlo io è un’avventura ad alta intensità emotiva. Signor Procuratore lei, proprio lei, ha inviata i suoi agenti a perquisire la mia casa alla ricerca di cocaina: io non ne ho bisogno.-Queste sono le farneticazioni di un drogato.-Il suo mondo è finito.-Signor Presidente non ho più nulla da chiedere al teste, e chiedo che quest’aula sia liberata dalla sua presenza.-Signor Presidente chiedo che il rappresentante dell’accusa sia richiamato ad un comportamento più rispettoso dei diritti del teste, che comunque è venuto qui spontaneamente...-Avvocato Zimmerman, abbiamo ben visto a Cleveland il rispetto che lei ha per certi personaggi!-Signor Presidente, è evidente che il Procuratore Bradstreet non è più nelle condizioni psichiche per svolgere in modo equilibrato le sue funzioni.-Signor Presidente, è evidente che la strategia della difesa è un provocatorio tentativo di trasformare in una farsa questo processo.-Signori adesso basta. Signor Dotti, lei può andare. Quanto a voi avvocato Zimmerman e Procuratore Bradstreet, avvicinatevi perchè abbiamo qualcosa da chiarire.Mentre le parti si avvicinano al Presidente, sul banco dei giurati, il professor Prescott tira fuori dalla tasca il cellulare, digita velocemente un numero, mentre ai suoi lati Mac Ewan e Lee Stanton, sembrano quasi fargli scudo con il corpo per proteggerlo dall’inquadratura delle telecamere.

Dick Brewster, Wolf TV -Amici telespettatori, il Presidente Bailey ha veramente un compito difficile da svolgere, le parti sono sempre al limite della lite. Certo quello a cui stiamo assistendo è comunque un grande spettacolo. Dopo tutto non credo accada tutti i giorni di sentir parlare così liberamente in televisione di argomenti così spinosi, immagino che in molti sarete perplessi, certo la maggioranza non condividerà molte delle cose che abbiamo sentito, ma ovviamente non spetta a me giudicare, ma solo mostrare la realtà e la realtà è anche un personaggio come Mike Dotti, un uomo d’affari con idee difficili da mandare giù, ma di questi tempi chi può dire ciò che è giusto


126 e ciò che è sbagliato. Tu cosa ne pensi Al?-Dick, prima di tutto voglio dire che ho fiducia nel sistema giudiziario del mio paese, e se questo sistema giudiziario ha stabilito che Mike Dotti non è colpevole di alcun reato, allora io dico che Mike Dotti è un cittadino come tutti gli altri; so che Ike, il Procuratore Bradstreet, ha con lui il dente avvelenato, d’altra parte lui fa il suo lavoro, con severità e rigore, ma alla fine ciò che conta è il verdetto del giudice, e il verdetto è di assoluzione. Quanto alle sue idee, beh io prima ancora di giudicarle, apprezzo il coraggio di esporle in pubblico, senza ipocrisie e sfidando anche ogni conformismo; credo che l’America abbia bisogno di uomini come Mike.-E lei professor Ogden che ne pensa, mi sembra che anche la scienza sia stata tirata in ballo, e non certo in modo rispettoso.-Mah, credo che quando si ascoltano simili idee, è bene considerare da chi provengano. Fortunatamente non conosco questo signor Dotti, ne lui ne la sua famiglia, anche se mi sembra che la sua moralità sia quanto meno discutibile. Quanto alla sua affermazione secondo cui la scienza sia al servizio del profitto, non posso che condividere il giudizio del Procuratore Bradstreet: farneticazioni, forse dovute all’uso di sostanze stupefacenti.-Beh parlando di farneticazioni e di stupefacenti, mi viene in mente che fu un ricercatore della Bayer, la nota casa farmaceutica tedesca, a sintetizzare a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, sia l’eroina che l’aspirina, poi per più di vent’anni la Bayer e altre case farmaceutiche hanno continuato a produrre tonnellate di eroina, pare che il nome fosse più attraente sul mercato, esportandola in tutto il mondo e consigliandola ai bambini per curare la tosse; le cose andavano così bene che nessuno credeva che l’eroina potesse indurre dipendenza. Poi per fortuna negli anni ’30, dopo che, qualche stato aveva cominciato a vietare l’uso di questa sostanza, qualche ricercatore si rese conto che anche l’aspirina poteva andar bene per fare soldi proprio come l’eroina, avendo anche qualche problema in meno. Ci si deve fidare della ricerca scientifica, cerca cerca, alla fine un modo di far soldi lo trova.-Signor Brewster, non sono venuto in questo studio per sentire offendere persone che fanno con scrupolo e sacrificio il loro lavoro.-Sono sicuro che Al non intendeva essere offensivo. Al conosco il tuo stile un po’ ruvido, ma…-Hai ragione Dick, mi scusi professor Ogden, solo mi sembrava corretto ricordare che nessun gangster ha mai pubblicizzato l’uso di eroina per i bambini su un giornale a grande tiratura. Con ciò non voglio dire che le industrie farmaceutiche abbiano necessariamente torto, anzi da un punto


127 vista meramente economico, l’aver inventato dal nulla un mercato in cui girano soldi quasi come in quello del petrolio e delle armi, è un risultato di grande rilievo.-Chi fa ricerca pura è mosso solo dal desiderio della conoscenza, e non può essere considerato responsabile dell’uso che si fa delle sue scoperte.-Perfettamente d’accordo con lei, cosa vuole che ne sappia una povera testa d’uovo chiusa nel suo laboratorio, delle nequizie del mondo? Lui ha solo un budget, un buon stipendio e magari se le cose vanno bene qualche legittima soddisfazione. Tocca agli uomini assumersi responsabilità.-Lei insiste con questo atteggiamento offensivo…-Mi scusi professor Ogden, ma è il momento dei nostri sponsor, pubblicità, andiamo con la pubblicità.-

Appartamento di Eva Betances, periferia di Los Angeles Una donna addormentata davanti al televisore acceso; su un tavolino basso i resti di un pasto pronto. Un giovane entra nella stanza. -Ma’… sveglia ma’, vattene a letto che è tardi.La donna si sveglia di soprassalto. -Cosa?, Si Tomas, si… ci vado a letto… tanto sono tutti una manica di fottuti bastardi… e io domani ho la sveglia alle 4. C’era quell’Ibanez in TV, quel bastardo che ci passa il lavoro…-Cos’è l’hanno arrestato finalmente… magari qualcuno a cui ha fatto rompere le gambe l’ha denunciato…-No, lo intervistavano… parlava della crisi.-Ancora con la crisi ma’? Che t’aspetti che il popolo si sollevi? Abbiamo votato Obama no?-Tomas non fare il cinico con tua madre… lo sai che non m’aspetto più nulla. Tu piuttosto dovresti aspettarti qualcosa… hai finito di studiare?— -No, ne ho ancora per un po’… Che dovrei aspettarmi ma’? Tu ti svegli alle 4 per andare in centro a pulire uffici, i miei amici sono in qualche gang di strada in attesa di farsi ammazzare o di finire in galera, e io sono qui che studio per farmi un avvenire… poi magari il tuo sindacato mi trova un buon posto.-Non chiamarlo sindacato, neanche per scherzo!-Ok ma’, ok, il sindacato è un’altra cosa…quando c’era.-Non parlare così Tomas, sono discorsi da vecchio.-No ma’, la speranza è una cosa da vecchi, l’avvenire è una cosa da vecchi, i giovani vivono oggi per oggi, non c’è tempo da perdere aspettando che qualcosa cambi.-Eppure le cose cambiano, lo sai meglio di me.-


128 -Non lo so ma’, forse hai ragione tu… e forse è meglio crederci… poi se riesce a te, posso provarci anch’io. Vai ma’, vai a dormire che è tardi. Buonanotte.-Buonanotte Tomas.-

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Ancora con voi amici telespettatori e prima di tutto permettete che vi porti i saluti del professor Ogden, che ha dovuto lasciare lo studio, richiamato al suo laboratorio dove la sue presenza era necessaria per un esperimento di grande importanza, il cui esito si va definendo proprio in questi minuti. Lo ringraziamo per averci fatto compagnia per quasi tutta la serata, e torniamo al nostro processo, per avviarci alla conclusione di questa lunga serata. Ma ora in aula dove sta per entrare l’ultimo testimone di questo processo, un uomo della strada, un lavoratore colpito dalla crisi, ma che ha saputo rialzarsi in piedi e riprendere il suo cammino, contando solo sul suo coraggio e sul suo lavoro. Abbiamo già conosciuto la sua ex moglie e suo figlio ed ora lo vedremo in aula, perchè lui è Wesley Hampton Senior. Wesley Hampton Senior, cinquantenne, afro-americano, il volto segnato dalle rughe, jeans e giubbotto, si ferma appena entrato nella grande aula, alza gli occhi quasi a misurare l’altezza del soffitto, poi continua con una lenta panoramica su tutti i presenti, lancia veloce uno sguardo verso l’uscita presidiata dal contractor, poi con un sospiro china la testa, infila le mani nelle tasche del giubotto, svogliatamente percorre il corridoio, e senza guardare nessuno va a sedersi sulla sedia che l’attende. Il Presidente, che ha notato la scena, interroga con uno sguardo preoccupato l’avvocato Zimmerman, che gli risponde con un sorriso e un cenno rassicurante; il Presidente non sembra sentirsi rassicurato, perchè dopo aver riflettuto un momento si alza in piedi e prende la parola. -Signori, questo procedimento di carattere così particolare, sta ormai avviandosi verso la conclusione; che si tratti di un procedimento particolare penso che sia risultato chiaro a tutti durante l’esame delle diverse testimonianze; a differenza di quanto accade in un normale processo, qui le opinioni hanno avuto sicuramente più rilevanza che non i fatti, anche quando queste opinioni erano assolutamente discutibili o palesemente assurde. Come Presidente di questa Corte, e in considerazione della natura assolutamente peculiare di questo processo, mi sono assunto la responsabilità di lasciar procedere le parti con una certa libertà, anche quando le loro strategie sembravano scarsamente attinenti con l’oggetto


129 del procedimento. Ma a questo punto credo di dover chiarire che il libero confronto delle idee non può scadere in una rissa, per cui diffido le parti da usare espressioni irrispettose nei confronti di alcuno in quest’aula, e al tempo stesso non tollererò che l’esame dei testi sia occasione per gag da commedia di Broadway. Ed ora procediamo. Lei è Wesley Hampton Senior di anni 52 residente a New York?-Si sono io.-Giuri di dire tutta la verità, dica lo giuro.-Lo giuro.-A lei avvocato Zimmerman, e ricordi le mie parole.-Grazie signor Presidente.Con un sorriso angelico e accattivante, l’avvocato si avvicina al teste, che reagisce sospettoso aggrottando la fronte. -Signor Hampton può dire alla Corte qual’è la sua attuale attività?-Autista di taxi.-Indipendente vero?-Si, lavoro in proprio.-Un libero imprenditore quindi; e può dirci cosa l’ha spinta a dedicarsi a quest’attività?-La mia fabbrica ha chiuso e ho dovuto inventarmi qualcosa per campare.-E in quale fabbrica lavorava?-Una piccola società dell’indotto GM a Detroit.-E cosa produceva?-Rifiniture in metallo cromato per le scocche e gli interni.-E quando ha perso il lavoro?-Alla metà degli anni ‘90, durante la crisi del mercato dell’auto.-Signor Hampton, lei era iscritto al sindacato?-Si.-E il suo sindacato durante la crisi?-Lasciamo perdere.-No, no, ci dica.-Che c’è da dire, la fabbrica ha chiuso e trasferito all’estero la produzione... che potevamo fare, riaprirla noi?-E dopo la perdita del lavoro, lei ha chiesto sussidi allo stato, è stato inserito in progetti di formazione, ha avuto accesso a programmi governativi di sostegno alla disoccupazione?-No, non c’era niente... solo migliaia di persone a spasso -Così lei, perso il suo lavoro, si è rimboccato le maniche e ha deciso di diventare imprenditore di se stesso. E immagino che sia stato per tentare questa nuova avventura che ha anche cambiato città?-


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-Si...diciamo di si.-Quindi a più di quarant’anni, inizia una nuova vita, una nuova città e un nuovo lavoro, c’è voluto del coraggio... ma il coraggio è stato premiato.—-Beh, il lavoro non manca... per fortuna.-Non sia modesto signor Hampton, la sua dichiarazione dei redditi parla chiaro, e ci dice che il suo reddito è due volte quello medio di chi svolge la sua professione e notevolmente superiore ai salari migliori nel settore dell’auto. E se permette aggiungo i miei complimenti per la sua onestà nei confronti del fisco.-Nessuno è contento di pagare, ma c’è una legge...-Perfettamente d’accordo con lei. E mi dica signor Hampton, come è riuscito ad ottenere la sua licenza?-L’ho comprata.-Ah, e quanto l’ha pagata?-Beh qualche anno fa costavano meno... 180.000 dollari.-Immagino che avesse dei risparmi?-Si, ma ho dovuto chiedere un mutuo.-E la banca le ha chiesto garanzie?-No, a quel tempo le banche non la facevano così difficile.-Mi scusi signor Hampton, ma dobbiamo parlare di una persona il cui ricordo potrà forse aprire vecchie ferite: mi riferisco alla sua ex moglie, la signora Lynn Carter che ha reso testimonianza in questa stessa aula. Lei è a conoscenza delle vicende che l’hanno portata alla bancarotta dopo una spregiudicata carriera nel mondo dell’intrattenimento e ancor più spregiudicate iniziative finanziarie e immobiliari?-Si.-Immagino che avrà fatto delle riflessioni in merito.-Preferirei non parlarne.-Comprendo il suo riserbo signor Hampton, ma certo senza entrare nel merito delle sue dolorose vicende personali, converrà con me, che mentre lei si rimboccava le maniche e cercava di ricostruirsi una vita dopo la perdita del lavoro e la fine del suo matrimonio, la sua ex moglie ha preferito puntare tutto sui soldi facili, a ogni costo.-Lei è fatta così.-Eppure entrambi avete potuto scegliere liberamente il vostro futuro a partire dalle opportunità offerte dal sistema bancario?-Pare di si.-Quindi mentre per la signora Carter l’accesso al credito ha significato inseguire inutili sogni di ricchezza, per lei invece ha rappresentato l’opportunità di un lavoro onesto e ben remunerato.-


131 -Si, effettivamente è andata così.-Quindi signor Hampton se abbiamo ben compreso, la sua esperienza dimostra chiaramente che un sistema bancario disponibile e fiducioso, può offrire un’alternativa valida a quanti non possono più essere sostenuti in una condizione rigidamente dipendente da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato?-Si, ma le banche si prendono il loro bel guadagno.-Ovviamente signor Hampton, il guadagno, il profitto, il grande stimolo alla crescita economica, crescita a cui anche lei ha dato il suo piccolo ma significativo contributo, con il successo della sua iniziativa; un successo che come spesso accade, lei forse non immaginava quando venne licenziato dalla fabbrica in cui lavorava, vero?-No, non immaginavo tante cose...poi la vita...-La vita offre sempre un’opportunità. Così signor Hampton il suo licenziamento è stata di fatto una grande occasione?-Se vogliamo metterla così.-Signor Hampton, la sua storia, una piccola storia, porta in quest’aula un grande insegnamento: ci insegna la fiducia nella capacità dell’uomo di cogliere le opportunità, ci insegna come rispondere alla fine di un vecchio mondo basato su rigidità che impedivano ogni dinamismo sociale, ma soprattutto ci insegna che il sistema capitalistico, basato sul profitto individuale, è ancora in grado di tenere unita la nostra grande Nazione, offrendo ad ognuno la sua possibilità. Ma ora se permette vorrei farle una domanda che riguarda più direttamente l’imputato, il signor Henry Ford, di cui immagino che lei abbia sentito parlare, un uomo accusato di aver avuto fiducia in persone come lei, accusato di aver creduto che il sistema capitalistico potesse offrire a tutti l’opportunità di vivere nel benessere e con uno standard di consumi adeguato. Oggi qualcuno ritiene che questo sogno sia finito e che non ci siano più le risorse per offrire ad ognuno la sua opportunità, immagina il nostro grande paese chiuso in una morsa di asfissiante di rigore, impaurito nella difesa di interessi particolari, di casta, di etnia, di corporazione, di regione, e per questo processa l’uomo che invece quel sogno fece divenire realtà. E allora io le chiedo: lei, uomo della strada, che ha conosciuto per esperienza diretta il fondo della crisi, ma ha saputo risalire la china, grazie alla sua volontà e al suo coraggio, lei, crede ancora nel sogno americano?-Io? ...Si...Si,si!-Grazie signor Presidente ho concluso.-Grazie avvocato Zimmerman, a lei Procuratore Bradstreet.Bradstreet si avvicina al teste, ma quando gli giunge vicino, invece di ri-


132 volgersi a lui si volta verso l’avvocato Zimmerman con espressione di sfida. -Il signor Hampton è veramente uomo di poche parole… virtù apprezzabile dopo aver sentito in quest’aula tanti discorsi vani e assurdi. Virtù apprezzabile, quando non serve a nascondere qualcosa. Lei ha qualcosa da nascondere signor Hampton?Voltatosi di scatto il Procuratore ora guarda con severità il testimone, su cui viso traspare chiaro il disagio. -No, no… nulla da nascondere.-Eppure non ci ha detto tutta la verità. Per esempio non ci ha detto che quando si trasferì a New York lei non aveva ancora alcuna idea di ciò che voleva fare, e che per alcuni mesi visse in una camera d’albergo, bevendo e dilapidando i suoi risparmi, finiti i quali si ridusse a vagabondare e dormire nei parchi pubblici e in ricoveri occasionali, come risulta dal verbale dell’agente che la fermò e la trattenne in camera di sicurezza per ubriachezza molesta nel maggio del 1998. Certo questo mal si adatta con la sua immagine di piccolo imprenditore di successo nel settore del trasporto privato.-Si è vero, dopo che mia moglie mi ha lasciato ho passato un brutto momento.-La comprendo signor Hampton, immagino che non le sia stato possibile rimanere a vivere nello stesso quartiere e nella stessa città, sapendo che i suoi vicini e conoscenti, potevano godersi le esibizioni della sua ex moglie solo acquistando un video.Nessuna risposta, solo uno sguardo torvo d’ira repressa. -Prendo il suo silenzio come un assenso, signor Hampton. Andiamo oltre, e mi dica invece quali sono i suoi rapporti con i fratelli Patrick e Gerald O’Bannion?-Erano colleghi in fabbrica… amici, ci vediamo ogni tanto.-Anche loro trasferiti a New York.-Si, anche loro.-E di Andy McSwain, allias “Quattrodita”, cosa mi dice?-Beh anche lui lavorava nella stessa fabbrica, poi ebbe l’incidente e…-E anche lui è ora a New York.-Si, credo di si.-E di Raimundo Isidro Cruz alias “El Loco”.-Si, anche lui era in fabbrica.-E, immagino per pura coincidenza, anche lui oggi è a New York.-…-Vuole rispondere.-


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-Si, anche lui.-E veniamo all’ultimo di questa amichevole compagnia, Frank Locatelli, alias “Big Frank”, Anche lui in fabbrica e anche lui a New York, ce lo conferma?.-Si.-L’amicizia è certo una bella cosa e la vostra dura da tanto, almeno dai tempi in cui frequentavate insieme le riunioni del sindacato, vero?-Si, qualche volta.-E quindi dai tempi in cui tutti insieme foste notati mentre vi aggiravate con tre furgoni intorno alla fabbrica, e il vostro fare sospetto mise in allarme gli agenti della sicurezza, che vi accusarono di tentare di trafugare alcuni macchinari?-Non c’erano prove, e poi tutti quei macchinari sarebbero finiti comunque all’estero.-Comunque la notizia girò in città. Perche qualunque cosa possa credere lei o il suo sindacato, i mezzi di produzione sono una proprietà privata, e chiunque attenti alla proprietà privata dei mezzi di produzione, forse può scampare alla legge, ma certo non troverà più nessuno disposto ad assumerlo. O sbaglio?-…-Il signor Hampton si conferma uomo di poche parole. Ma adesso che ci conosciamo meglio capiamo che aveva più di una ragione per lasciare la città. Ma veniamo all’oggi: è a conoscenza dell’attività lavorativa svolta nella città di New York dai suoi vecchi compagni di sindacato?-No, non con precisione… penso che abbiano dei lavori saltuari…-Peccato, perché immagino che avessero una bella competenza nella lavorazione dei metalli… voi fabbricavate quelle rifiniture luccicanti che abbelliscono l’estetica delle nostre auto, listelli, fregi, pomelli, e anche placche di metallo. A lei invece il lavoro non manca, lei e il suo taxi sicuramente avete un’attività frenetica; ciò spiega quindi come il suo taxi possa subire una multa occasionalmente, anche due multe, anche due multe nello stesso giorno, possono capitare, certo, ma diviene difficile comprendere come si possano prendere due multe nell’arco di pochi minuti, in due punti diversi dalla città lontani l’uno dall’altro svariati chilometri. E quando poi si scopre che lo stesso taxi, ha addirittura due targhe diverse, allora tutto diviene meno comprensibile. Certo l’avvocato Zimmerman ci ha fatto le lodi di questo intraprendente imprenditore, ma a quanto risulta egli è proprietario di un solo taxi, chiaramente identificabile dalla placca di metallo posta sulla carrozzeria, con il suo numero identificativo, fornita in numero limitato e definito dalla amministrazione


134 della città di New York. ed eventualmente acquistabile da coloro a cui il comune la rilascia. Una sola placca di metallo quindi, ma due targhe per due auto dello stesso modello e colore. Può spiegarci questa sua miracolosa attività?-Non so nulla di questa storia, qualche agente avrà commesso un errore, con il mio lavoro mi capita spesso di prendere multe, a fine mese le metto insieme e le pago, senza badarci più di tanto.-Stia attento signor Hampton, lei deve solo dirci la verità e non avrà nulla da temere: è evidente che qualcuno, probabilmente qualcuno con esperienza nella lavorazione di placche di metallo, usa abusivamente della sua regolare licenza, frodando il fisco, ed esponendola alla possibile accusa di complicità. Lei mi capisce, di fronte al danno che sta subendo, lei ha il diritto ed il dovere di denunciare chi ha falsificata la sua placca di metallo, usandola per la propria auto ed esercitando abusivamente la sua professione.-Io non denuncio proprio nessuno.-Quindi lei non ritiene di denunciare quello che è un palese reato di fronte all’amministrazione del comune di New York, e del fisco? Vorrà dire che queste amministrazioni denunceranno lei per frode aggravata e continuata, perché in possesso di una licenza valida per l’attività di un singolo automezzo, lei l’ha utilizzata per mettere in attività più automezzi, facendo lavorare illegalmente alcuni suoi ex colleghi di fabbrica, sul cui lavoro ha illecitamente lucrato evadendo il fisco e i versamenti obbligatori al servizio sanitario.-Questa è una fottuta menzogna.-Stia attento a come si esprime signor Hampton, qui chi dice menzogne è lei.-Io non ho lucrato proprio su nessuno, e se pensate che sia disposto a denunciare i mie compagni per uscirne pulito, allora non sapete chi è Wes Hampton.-Quindi lei ci conferma che a usare abusivamente della sua placca identificativa sono i suoi ex colleghi.-No, io non confermo proprio niente…cazzo, io qui non ci volevo venire, lo sapevo che c’era una fregatura.-Signor Hampton la sua condizione si fa sempre più grave…-Grave… che cazzo ne sapete voi di cosa è grave...-Per un cittadino onesto è grave essere accusato di aver commesso reati.-No, no questo non è grave... grave è perdere il lavoro e tornare a casa e sentire tua moglie che ti tratta come un fallito, grave è vedere la gente con cui lavoravi, mettersi in fila davanti al capo del personale per cercare di


135 salvarsi il culo e trovare un posto miserabile in un altro impianto, grave e vedere il sindacato che viene a dirti “ci dispiace ragazzi, non c’è nulla da fare”, questo è grave, ma a voi questa roba non succede, voi ve ne state con il culo al caldo a trovare ricette per la crisi che pagano gli altri, e magari ci spacciate pure qualche predicozzo sulla necessità che tutti facciano la loro parte di sacrifici. Fottetevi tutti.-Signor Hampton, per le sue parole potrei farla cacciare dall’aula, ma ho l’impressione che il suo punto di vista, renderà chiare parecchie cose ai buonisti che a vario titolo fanno appello ai valori della solidarietà e della coesione sociale. E evidente che lei di questi valori se ne infischia.-Ma di che parla, ma che dice… la solidarietà non sapete nemmeno dove sta di casa… dove la imparate voi la solidarietà, alle feste di beneficenza? La solidarietà si impara alle sei del mattino, quando il freddo ti gela e davanti hai una fottuta giornata di merda e l’unica cosa che può tirarti su è un collega che dice una cazzata e ti fa fare una risata mentre prendi il caffè; la solidarietà è fumare una sigaretta insieme in pausa, prima di riprendere a darci dentro appresso ai ritmi della macchina; la solidarietà è fare un lavoro di merda insieme, ma sapere di saperlo fare bene insieme, e che quando è finito puoi guardare chi ti sta vicino e dire “ok, anche oggi è fatta”. Io lucrare sul lavoro di qualcun altro… non sono dei vostri, io.-Però avrebbe lucrato insieme ai suoi “compagni”, vendendo i macchinari che voleva trafugare.-Voi non capite un cazzo! Quei macchinari erano i nostri, frutto del nostro lavoro, e noi li volevamo per continuare a lavorarci; avevamo già trovato il posto, per due soldi potevamo prendere una vecchia officina dismessa… avremmo atteso un po’ di tempo per far calmare le acque, avremmo dovuto dare un po’ di soldi in giro per far risultare quei macchinari come regolarmente acquistati, e poi avremmo cercato di trovare clienti sul mercato… conosciamo il lavoro, potevamo provare… forse non avrebbe funzionato, ma avevamo il diritto di provare; se il padrone non è più capace di fare il suo sporco mestiere, si levi dalle palle e faccia provare qualcun altro.-Lei è un uomo pieno di iniziativa, peccato che i suoi progetti si siano risolti in sbronze e vagabondaggi nei parchi pubblici di New York.-Posso garantirle che ho trovato gente migliore di lei in quei parchi. Ho ritrovato Andy “Quattrodita”, che aveva perso il posto prima di me, dopo l’incidente alla mano; è stata lui a tirar fuori l’idea del taxi, ma a lui la banca non avrebbe mai dato nulla, era già stato schedato come insolvente; io invece ero pulito, così mi ha dato una mano a rimettermi in sesto, a darmi una ripulita, e poi mi sono rivolto ad una finanziaria. Davvero, a


136 darmi i soldi non si sono fatti problemi, ma me li hanno fatti pagar cari; tutti i mesi 2.000 dollari per venti anni. Significa che tutte le mattine devi trovare 70 dollari solo per pagare il mutuo, poi ci sono le tasse, l’assicurazione, il carburante, la manutenzione, il taxi doveva lavorare almeno diciotto ore al giorno, così ci lavoravamo su due turni, io e Andy. Era dura. pagavamo le spese e facevamo la fame nera, ma era meglio che non lavorare. Andy era in contatto con i fratelli O’Bannion, anche loro a spasso e senza che nessuno fosse disposto a farli lavorare dopo quella storia; vennero a trovarci e insieme pensammo che potevamo metter su una piccola cooperativa, ma per una licenza collettiva ci volevano almeno 600.000 dollari, più l’acquisto delle auto e tutte le altre spese. Avremmo dovuto sudare per pagare la casa in Florida di un fottuto colletto bianco di Wall Street, che tutte le mattine avrebbe trovato i nostri 300 dollari sul comodino insieme al caffè caldo; e tutto per una fottuta patacca di metallo, come quelle che abbiamo fabbricato a migliaia. A quell’epoca venimmo a sapere da amici che Big Frank e Raimundo, disperati, avevano tentato di rapinare la cassa di un negozio con una pistola giocattolo; solo che il proprietario del negozio ne aveva una vera e la cosa è finita con un fiasco ridicolo, ma per fortuna il tipo s’è commosso a pietà e non li ha denunciati; comunque avevano bisogno di cambiare aria e così ci raggiunsero anche loro. A quel punto eravamo tutti insieme un’altra volta. Io e Andy indebitati fino al collo e gli altri disoccupati. Big Frank come rapinatore non vale nulla, ma è un uomo con delle idee, e quando gli dissi che chi guida un taxi a New York fa la fame perché ormai le tariffe sono bassissime a causa della concorrenza, lui ci spiegò che per stare sul mercato bisogna essere concorrenziali, e per essere concorrenziali bisogna abbattere ogni costo improduttivo; e che c’è di più improduttivo del profitto del padrone che non ha mai lavorato in vita sua? E che c’è di più improduttivo della rendita di una banca che ti da un dollaro e senza una goccia di sudore se ne riprende due in cambio? Quelli sono costi veramente improduttivi. Andy a quel punto disse che noi un costo improduttivo l’avevamo già abbattuto, perché non avevamo nessun padrone da mantenere, il problema erano quei banditi delle banche, il loro mutuo ci stava ammazzando. Allora Jerry O’Bannion disse che per pagare un mutuo simile dovevi far lavorare almeno tre auto tutti i giorni, ma se poi hai tre auto devi chiedere una licenza che ti costa tre volte di più, e allora non vale più la pena. Fu a quel punto che Raimundo maledì quella fottuta placca, che a fabbricarla costa pochi spicci, e a comprarla ti ci vuole un capitale. Pat O’Bannion, che non parla quasi mai, sbattè un pugno sul tavolo, che per poco non mandò in aria le lattine di birra. Io ero stato zitto tutto il


137 tempo ma la cosa mi frullava in testa da quando Big Frank aveva fatto la sua tirata sui costi improduttivi, così ho buttato lì l’idea: fabbrichiamoci questa fottuta placca, uguale con in numeri e tutto a quella che stavamo già pagando, anzi facciamone due, troviamo due auto dello stesso modello e colore e cominciamo a lavorare. Big Frank, che dopo l’ultima esperienza preferiva rigare dritto, ci fece notare che la cosa era illegale, ma questo era un falso problema: se è legale togliere il lavoro alla gente, sbatterla fuori di casa, farla morire perché non può pagarsi l’assistenza medica, e magari bombardare a scopo umanitario un po’ di gente in giro per il mondo, allora questa legalità non è un granchè. Secondo la legge, gente come noi deve sputare sangue per far arricchire qualcuno che se ne sta dietro una scrivania a dare ordini o a fare i conti sugli interessi: una legge così non la puoi prendere sul serio. Adesso abbiamo tre auto su cinque turni al giorno, due dalle 7 alle 15, due dalle quindici alle 23 e uno di notte, dalle 23 alle 7, paghiamo il fottuto mutuo, abbiamo diviso per sei tutte le spese e tutti i guadagni e così possiamo anche campare; così finalmente ho fatto venire mio figlio da me, invece di lasciarlo con sua madre, e gli altri possono mandare soldi alle famiglie. E adesso se volete parlare di solidarietà, parlate di questo.-Signor Hampton, quella che lei chiama solidarietà, io la chiamo associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo di attività di servizio e alla frode fiscale. Ma avrà tempo per riflettere sulla differenza, come è noto le leggi del nostro paese stabiliscono pene esemplari per i reati fiscali.-Quando a compierli è un povero cristo.-Lei non è un povero cristo, lei è un evasore, un parassita che si sottrae e ai suoi doveri verso la società.-Io parassita? Io che mi faccio un culo così dalla mattina alla sera da una vita, io che ho lavorato vent’anni per ingrassare una manica di bastardi che un giorno hanno deciso che potevano guadagnare di più in Messico e che noi potevamo andare tutti a farci fottere. Io sarei il parassita perché con i due soldi che mi servono per campare non pago le vostre fottute tasse, per comprare i vostri fottuti bombardieri. I soldi andate a prenderli da quelli che possono pagarsi fior di commercialisti, quelli non fanno niente di illegale, banche, assicurazioni, costruttori, gente che fa fallimento e poi prende i soldi dello stato, e poi quelli come voi, che in questo sistema ci sguazzano, ci campano da signori, raccontando balle sulla legalità e i doveri verso la società. I parassiti siete voi, manica di servi e di strozzini, gente che non ha mai fatto un cazzo in vita sua e campa sulle spalle di chi lavora, continuate a romperci le tasche con questa storia del


138 costo del lavoro, quando il vero costo siete voi, che non servite a un cazzo, ma verrà il giorno in cui ci prenderemo il lavoro che è nostro e lo useremo per vivere in grazia di Dio, e non per far arricchire gente di merda come voi.-Bene signor Presidente, a questo punto possiamo aggiungere ai reati già confessati anche l’oltraggio alla Corte. In altra sede mi occuperò personalmente di garantire l’avvio di un procedimento contro il signor Hampton, per i reati da lui stesso confessati e per quelli qui commessi. Per il momento mi accontento di aver finalmente permesso a un frammento di verità di esprimersi in quest’aula, cosicchè ognuno possa comprendere che tra i ceti meno abbienti che qualcuno si illude di arruolare alla sua causa buonista e compassionevole, ancora oggi alligna una feccia irriducibile, che ben si guarda dal cogliere le opportunità che il sistema può offrire, e solo mira a dare sfogo alla sua ostilità livorosa, un’ostilità pregiudiziale, che in altro modo non posso definire se non “odio di classe”. Per me è tutto signor Presidente.-Grazie Procuratore Bradstreet.-

Dick Brewster, studio di Wolf TV -Amici telespettatori, scusatemi ma non so cosa dire. Tanti anni di televisione, sempre pronto a mostrare la realtà per quello che è, anche quando si presenta in modo crudo e violento, eppure mai avevo sentito tanta rabbia, tanta aggressività, tanta frustrazione. Non ci si venga a dire che qui c’è un uomo che ha perso il suo lavoro, la sua famiglia, perché questo non giustifica e soprattutto non spiega; ogni giorno in America qualcuno perde qualcosa, se ognuno di loro dovesse ridursi alla condizione che abbiamo appena visto, in questo paese non ci sarebbe più spazio per l’ordinata e civile convivenza. No amici telespettatori, non è il lavoro non è la famiglia, la causa delle parole che abbiamo sentito, qui c’è qualcosa di peggio, qualcosa che sempre si presenta nei momenti di crisi, io non so come definirla con precisione, ma voi tutti la conoscete, e quella specie di follia che invece di portare gli uomini a unirsi di fronte al comune pericolo, lì fa sbranare l’un l’altro, come marinai ubriachi dopo l’ammutinamento, ignari della tempesta che li sovrasta. Ecco di fronte a questa follia egoista e rancorosa, la comunità può e deve tutelarsi, la legge serve anche a questo. Ma scusate questo sfogo personale e torniamo a parlare dei veri protagonisti del processo, il nostro Procuratore Bradstreet, che certo in quest’occasione ha fatto un grande lavoro, e l’avvocato Zimmerman, che con questa testimonianza ha fatto veramente un passo falso. E’ anche la tua impressione Al?-


139 -Si certamente, ma prima permettimi di fare una considerazione su quanto abbiamo appena visto, questo Wes Hampton che completa il quadro di una famiglia disgraziata. Lascia che te lo dica Dick, quest’uomo ci mostra un pericolo reale, qualcosa che può veramente portarci al caos totale: quest’uomo pensa di poter fare a meno di manager e capitani d’impresa, non ha più fiducia nel sindacato, non credo che sia iscritto a un partito, quest’uomo non crede alla legalità, disprezza ciò che noi chiamiamo classe dirigente, se lo reputa conveniente è capace di mentire anche sulle sue più intime convinzioni, come quando prende in giro Zimmerman, organizza la sua sedicente cooperativa come fosse una banda di gangster, ma a differenza di questi non sembra volere ne la ricchezza ne il potere, quest’uomo non cerca la protezione ne la comprensione di nessuno, non crede in niente e tutto il suo codice morale si esaurisce in un animalesco senso di appartenenza, nell’istintiva coscienza di essere da una parte, e da ciò la irriducibile volontà di rifiutare il nostro mondo, quel mondo di impegno e si, anche di competizione, per il successo e la ricchezza, a cui contrappone un sentimento primitivo, quella che chiama solidarietà, ma che in realtà è solo la trasposizione in forma organizzata e addirittura produttiva, dell’unico sentimento che lo muove, l’odio di classe, quell’odio frutto di una forma malata di coscienza, che un tempo qualcuno chiamava coscienza di classe.-Al devo ammettere che non ti ho mai sentito così preoccupato…-Dick, quest’uomo non ha interesse al profitto, capisci cosa significa? E’ non è un caso isolato… in Argentina c’è addirittura gente che manda avanti fabbriche, senza alcun interesse al profitto, ti rendi conto? E allora io mi chiedo, cosa li spinge? Gente che non ha interesse al successo, alla ricchezza, al potere, a tutto ciò su cui si fonda la nostra società, eppure è capace di mandare avanti una fabbrica… e non c’è un partito, un leader, non partecipano alle elezioni, semplicemente rifiutano i nostri valori, il nostro sistema. Zimmerman questa volta ha fatto veramente un passo falso: ha portato in aula questo signor Hampton per dimostrare che il sistema può ancora basarsi sul consenso, se sarà ancora in grado di offrire benessere e opportunità, e invece quello che è saltato fuori è che c’è gente che dal nostro sistema non vuole nulla, se non che vada definitivamente in malora. Ha ragione Bradstreet, odio di classe, solo odio.-Grazie Al, e con le tue parole ci avviamo alla chiusura di questa seconda puntata di “Processo alla crisi”, e diamo... scusate un attimo, una comunicazione dalla regia … come? Ah, capisco… bene, allora… si, ok… ok,ok… amici telespettatori c’è un colpo di scena, in aula sta accadendo qualcosa di imprevisto, pare che quest’ultima testimonianza abbia obbli-


140 gato l’avvocato Zimmerman a rivedere la sua strategia difensiva e a chiedere l’audizione di un altro teste. E allora andiamo in aula e vediamo cosa sta accadendo.-

Inquadratura dall’alto dell’aula, l’avvocato Zimmerman è a consulto con il Presidente, Bradstreet rimane al suo posto, mentre dalla porta sul fondo scompare Wesley Hampton, il contractor si affaccia all’uscita per seguirlo con lo sguardo, e anche l’imputato, dal suo posto sembra guardare nella stessa direzione: un membro della Corte, è già in piedi come per prepararsi ad andare via. La camera scende verso il Presidente e il professore mentre il sonoro porta le loro parole. -... ho ritenuto che questa testimonianza potesse essere evitata, ma a questo punto ho il dovere di chiederle di sentire ancora un teste.-Avvocato Zimmerman, non le sembra di aver già raggiunto i limiti concessi dalla sua deontologia professionale? Non voglio usare le stesse espressioni del Procuratore Bradstreet, ma certo alcuni dei testimoni da lei convocati sembravano essere in aula più per dare mostra di se, che per offrire un contributo alla verità, quanto poi all’ultimo... -Signor Presidente quando saprà il nome del teste che ho intenzione di convocare...-Ebbene fuori questo nome allora.L’avvocato Zimmerman si avvicina al Presidente e bisbiglia un solo nome, che produce sul volto del Presidente una viva reazione. -Avvocato ma si rende conto di cosa sta dicendo, lei pensa di portare in aula...-Io devo tentare...-E va bene, Procuratore Bradstreet può avvicinarsi per favore? C’è qui la richiesta della difesa per l’audizione di un altro teste, non mi interrompa, so già quello che pensa, ma prima attenda di conoscere il nome del teste che la difesa vuole portare in aula, si avvicini...Bradstreet è ancora più scosso del Presidente, ma subito atteggia il viso ad una espressione scettica. -Non ho ragioni di oppormi, e non temo questa eventuale ulteriore testimonianza, ma dubito che la difesa riesca ad arruolare nel suo caravanserraglio... ma per me comunque è ok, non abbiamo nulla da temere.-Bene, allora d’accordo nella prossima udienza ascolteremo l’ultimo teste della difesa, con questa decisione sospendiamo il procedimento, aggiornando la seduta alla prossima settimana, quando ascolteremo le arringhe delle parti, poi il verdetto. Con questo è tutto la seduta è tolta.-


141 Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Amici telespettatori, io ne so quanto voi, chi sarà questo misterioso testimone? Purtroppo a questo punto non ci rimane che attendere la prossima puntata, perchè tra imprevisti e colpi di scena questa sera abbiamo fatto tardi e dobbiamo lasciarci, quindi saluto il nostro amico Allan Friedkin e tutti voi amici a casa, e vi do appuntamento prossima settimana, stessa ora stessa rete per l’ultima puntata di processo alla crisi. Mi raccomando non mancate, scopriremo chi sarà il testimone misterioso, sentiremo le arringhe dell’accusa e della difesa, e finalmente conosceremo il verdetto. Ci vediamo alla prossima puntata, buonanotte a tutti.-

Jersey City, New Jersey, appartamento di Frank Locatelli Un uomo alto e corpulento al telefono in una stanza illuminata solo dallo schermo della televisione. -Pat, sono Frank, hai visto la tele?-Si, temevo che finisse così, quel bastardo ci ha incastrato. Wes è nei guai fino al collo e noi con lui...-Quanto abbiamo nel fondo comune?-Qualcosa c’è, almeno per la cauzione, ma dovremo pagare un avvocato.-Ragione di più per andare a lavorare domani, usciamo con le auto che abbiamo e continuiamo finchè non ce le sequestrano, tanto cosa abbiamo da perdere?-Niente da perdere, niente, New York è piena di auto e anche di abusivi, solo che con tutta questa pubblicità qualche infame può denunciarci e farci pizzicare... abbiamo un buon giro e buone zone, possono far gola a qualcuno.-Sicuro che accadrà, i pezzenti e i venduti non mancano mai.-Beh, per fortuna ci avevamo visto lungo.-Abbiamo fatto giusto in tempo a venderla la fottuta patacca e a mettere al sicuro un bel gruzzolo. Quando hanno chiamato Wes per questa storia, lo sapevamo che sarebbe finita così. Alla fine con un buon avvocato possiamo uscirne solo con il reato di esercizio abusivo.-Un buon avvocato costa, comunque. E poi che si fa?-Cosa vuoi che ne sappia? Senti, chiama tuo fratello e Raimundo, io parlo con Andy ci vediamo domani mattina alle sei al solito bar, ok?-Sempre dell’idea di andare a lavorare?-Che vuoi fare? Servono soldi, ora più che mai.-Ok, ok, tanto è sempre e solo una questione di soldi.-No, non è tutto questione di soldi...sentir dire per una volta la verità a quei bastardi, così in TV, beh... non si vive di solo pane.-


142 -Frank, non dire cazzate, tu sei solo, io ho una famiglia.-Appunto, andiamo a lavorare domani.-

III PUNTATA TA-DA-TA-TA-TA-BUUM Studio di Wolf TV Dick Brewster -Buonasera amici telespettatori, e benvenuti alla puntata conclusiva di “Processo alla crisi”, l’incredibile reality-fiction che ci ha portato a scoprire gli aspetti più nascosti della difficile fase economica che sta attraversando il paese, e soprattutto ad indagare sul ruolo e le responsabilità di uno degli uomini più importanti per la storia del nostro paese, Henry Ford, il grande magnate dell’industria, l’uomo che ha permesso a tutti di possedere un auto, e forse si è sbagliato. Siamo qui in attesa di collegarci con l’aula, dove ci attende una testimonianza importante, l’ultima, prima delle arringhe e del verdetto, ma prima permettetemi di salutare il nostro amico Allan Friedkin, che ci ha accompagnato nelle due puntate precedenti, e soprattutto di presentarvi l’ospite di questa sera, un personaggio che forse non è ancora noto al grande pubblico, una donna giovane, ma il cui parere ha certo un grande valore: stiamo parlando della dottoressa Shirley Cunningham, una delle più giovani imprenditrici del nostro paese, erede di una grande famiglia e a capo di una delle più significative tra le imprese emergenti della nostra economia, un’azienda che si sta facendo largo nel mondo delle cure estetiche. Dottoressa Cunningham, sono veramente felice di averla qui in studio, lei, una giovane donna, un’imprenditrice con un grande avvenire e soprattutto una persona che può guardare alla realtà con fiducia e ottimismo, grazie veramente della sua presenza qui in studio. Permetta prima di tutto che mi congratuli con lei, dato che so, e la notizia è solo di ieri, che lei è stata eletta Presidente dell’Associazione dei Giovani Imprenditori Americani-Grazie a tutti voi di Wolf TV per la bellissima trasmissione che ci avete offerto, e per favore Dick chiamami semplicemente Shirley e dammi del tu, l’ultima volta che mi hanno chiamato dottoressa Cunningham è stato in occasione del dottorato in “Management aziendale e trattamento delle rughe” alla Yale University, e la cosa mi imbarazza ancora un po’. Comunque si, è vero, ieri i giovani imprenditori americani hanno voluto eleggermi a questa carica, attraverso la quale spero di poter dare il mio contributo per superare questo difficile momento.-Grazie Shirley, e io, e sono sicuro tutto il nostro pubblico, ti facciamo i


143 migliori auguri per il tuo nuovo incarico: l’America ha bisogno di giovani come te. E adesso Al, veniamo a te, cosa puoi dirci di questo testimone chiamato all’ultimo minuto, ormai ne conosciamo il nome, Charlie Fraeb, ma a parte questo non ne sappiamo molto, e penso che il nostro pubblico ne sappia ancora meno. Eppure il Presidente della Corte, il Procuratore Bradstreet, tutti sembravano piuttosto impressionati da questo nome, chi è questo signor Charlie Fraeb?-Beh Dick anch’io quando ho saputo che il signor Fraeb ha accettato di venire in aula ho fatto un salto sulla sedia… sai, ci sono uomini che spesso non compaiono, ma che proprio lavorando, diciamo così, dietro le quinte, possono dare un grande contributo alla Nazione. Ecco il signor Charlie Fraeb è uno di loro.-Una specie di agente segreto?-No, tutt’altro, un consulente, un esperto di relazioni internazionali, un grande conoscitore di questioni strategiche e militari, ma non un agente segreto, anzi la sua attività è molto nota fra gli addetti ai lavori e le persone più attente; ha scritto anche alcuni saggi, no, il signor Fraeb svolge la sua attività completamente alla luce del sole.-E quale sarebbe questa attività?-Beh è difficile da dire, lui viaggia, parla diverse lingue, penso che sia una persona che ama stare al posto giusto al momento giusto, e quando è lì, sa come rendersi utile… ecco una persona che sa come rendersi utile.-Allora la sua sarà certo una testimonianza interessante.-Di questo sono sicuro, anche se non capisco come possa essere utile alla difesa. L’ultimo teste, quel tassista abusivo, è stato proprio un autogol per Zimmerman. Se voleva dimostrare che il capitalismo può ancora produrre consenso garantendo consumi, direi che quel tipo l’ha sonoramente smentito. E adesso chiama il signor Fraeb… non so veramente cosa aspettarmi.-E tu Shirley sai nulla di questo signor Fraeb?-Ma non so, mentre preparavo il master in “Comunicazioni integrate e gestione delle eccedenze lipidiche” alla Georgia University, ho sentito parlare di un professor Charlie Fraeb, ma è una vecchia storia di molti anni fa, un accademico espulso per un storia molto brutta, ricatti, sesso, violenza credo, ma ovviamente non è la stessa persona… o si ?-No, credo di no ovviamente… non è la stessa persona, vero Al?-No comment.-Ok, ok, comunque ora è il momento di andare in aula e conoscere e far conoscere il signor Charlie Fraeb, “un uomo che sa come rendersi utile”.-


144 Sul grande schermo in studio è riproposta la sequenza dell’ingresso in aula della Corte e delle parti, le inquadrature in primo piano di tutti i protagonisti, tutti con un’espressione tesa; accigliato e severo il Presidente, corrucciato il Procuratore Bradstreet, perfettamente concentrato l’avvocato Zimmerman; solo l’imputato mostra un sorriso quasi impercettibile, e lo sguardo quasi assente, come di chi segue un corso di pensieri lontano dal momento presente. Ancora una volta il Presidente chiama a se Bradstreet e Zimmerman, dice loro poche parole a bassa voce, poi dopo averli congedati, si rivolge all’aula vuota. -Concludiamo questa fase del procedimento, con l’ultimo dei testimoni chiamati dalla difesa. Sia introdotto il signor Charlie Fraeb.Alle spalle del contractor, si intravede una piccola figura che si muove a scatti, spicca per il vestito nero, la cravatta nera e gli occhiali neri, e solo ad un esame più attento risulta che vestito, cravatta ed occhiali, aderiscono e ricoprono un corpo umano e non vivono di esistenza propria; quando poi il signor Fraeb si avvicina ulteriormente, l’inquadratura permette di individuare i rudimenti di un volto al di sopra della cravatta e al di sotto degli occhiali, ma è solo quando si siede, che una lenta zoommata, mostra il volto cereo e glabro, le sopracciglia quasi invisibili, il naso appena accennato, le labbra assenti, il cranio calvo, le orecchie piccole; più che un volto, la base su cui disegnarne infiniti. L’avvocato Zimmerman si avvicina lentamente, quasi mostrando riluttanza. -Signor Fraeb, ogni persona che ricopre responsabilità nel nostro paese, conosce la sua grande esperienza internazionale, sia per ciò che concerne le dinamiche politiche, sia per quanto riguarda quelle economiche, e ogni persona attenta ha avuto modo di apprezzare il suo contributo in più di una difficile crisi internazionale.-Sono solo un privato cittadino che si diverte a viaggiare e guardare il mondo, godendo dei molti piaceri che esso può offrire… ma dovunque mi trovi, non dimentico mai i miei doveri di buon americano, e collaboro per quanto mi è possibile con le autorità, le stesse autorità con cui mi sono consigliato prima di accettare il vostro invito. E devo dire che, a parte il doveroso riserbo su questioni particolari, di scarso interesse per il grande pubblico, ma piuttosto sensibili per la sicurezza nazionale, sono stato autorizzato a fornire la più ampia collaborazione a questa Corte. E’ divertente questa idea di un processo in TV, non come una pubblica esecuzione, ma magari per il futuro si può sperare.La voce è infantile, quasi allegra, addirittura irridente, e non sembra uscire dalla stretta fessura della bocca, che si muove come dotata di vita propria, mentre il volto rimane impassibile, senza una ruga ne un’espres-


145 sione, nulla che tradisca la minima possibilità di interazione con l’interlocutore. -Immagino che stia scherzando signor Fraeb, e comunque siamo felici che l’interesse per la verità abbia ispirato il consiglio delle nostre autorità, perchè sono convinto che la sua esperienza potrà permettere a questa Corte di guardare sotto una diversa luce alcune questioni trattate in quest’aula. Signor Fraeb, questa Corte è riunita per valutare l’operato del signor Henry Ford, accusato di aver promosso un modello economico caratterizzato dall’espansione della produzione e dei consumi sul mercato interno, mercato sostenuto da politiche salariali o da interventi statali, ritenuti da alcuni, alla lunga incompatibili con la tenuta economica del sistema, specialmente a fronte di una difficile concorrenza internazionale. Le chiedo intanto una prima valutazione di tali accuse.-Mi avevano accennato al curioso carattere di questo procedimento, e certo è il sintomo di un cambiamento dei tempi; così se ho ben capito in quest’aula, in un pubblico processo, si vogliono svelare quegli arcani, che se ignorati, garantiscono la serenità e il consenso del cittadino comune. Comunque non ho nulla in contrario ad esprimere un’opinione: dopo tutto il fenomeno è più complesso, o forse più semplice, di quello da lei descritto, ma temo che per queste valutazioni, più che alla mia esperienza di viaggiatore, dovrò far riferimento ai miei lontani anni di università e agli studi filosofici che conducevo un tempo. Il fatto è che a certi livelli la conoscenza tende a divenire un patrimonio per iniziati, quasi una sorta di esoterismo moderno, e ciò forse per tutelare il cittadino comune e la sua quotidiana esistenza, cittadino non sempre in grado di cogliere il risvolto comico e paradossale di un sapere, le cui implicazioni possono turbare gli animi semplici. Comunque, benchè questo processo sia pubblico, i soggetti a cui mi rivolgo sono insigni rappresentanti del mondo degli studi economici, immagino che sapranno fare un uso adeguato di quei pochi principi generali, che ricordo dal tempo lontano dei miei studi.-Faccio affidamento sulla sua poliedrica conoscenza, confidando nel fatto che la semplice esposizione di principi generali, non possa creare turbamento nell’animo del vasto pubblico.-Effettivamente i principi sono solo principi, e a volte il turbamento deriva dalle loro applicazioni; ma poi chi può dire che il turbamento sia un male, dopotutto violenza, distruzione e sopraffazione sono l’ingrediente principale della nostra industria dell’intrattenimento. Comunque per iniziare, penso che dovrò sottoporre alla vostra attenzione una bella immagine, ricordo del tempo dei miei studi giovanili. Immagino che tutti voi ricordiate quella massima del Rinascimento italiano, per cui le menti più illuminate


146 del tempo definivano se stessi, “nani sulle spalle di giganti”, intendendo così se stessi come i produttori di un valore culturale aggiunto, rispetto alla grande produzione di valore culturale accumulato dall’antico mondo classico; così immaginate la fatica di questi eruditi, il cui principale sforzo era quella di riappropriarsi del sapere dei secoli passati, e solo dopo averlo riprodotto dentro di se, aggiungere ad esso un rigo di poesia o un frammento di speculazione filosofica. Bene, io penso che questa bella metafora possa applicarsi in economia, a tutto il ciclo di produzione del valore, laddove la creazione di un valore aggiunto, pur dipendendo dall’attività di produzione, il “nano”, non può darsi, senza la riproduzione di tutta la realtà economica accumulata, “il gigante”, senza la quale l’attività produttiva è impossibile. E quindi immaginate di produrre valore aggiunto in una società come la nostra sempre più ricca, complessa e articolata, dove per produrre tale valore, sarà necessario investire una gran quantità di risorse ed energie per la riproduzione di tutta realtà, il gigante appunto, piuttosto che per l’attività effettivamente produttiva, il nano. Se questo concetto è sufficientemente chiaro, possiamo tradurlo in termini più rigorosi, nel diverso rapporto che si produce tra capitale fisso, il gigante, e capitale variabile, il nano, intendendo con il primo termine la quota di capitale necessario alla riproduzione del reale accumulato, e con il secondo, il capitale produttivo che crea valore aggiunto e ulteriore accumulazione. E’ evidente che cambiando il rapporto proporzionale tra i due termini, con il primo in costante crescita, il saggio di profitto, che è il rapporto tra la totalità del capitale investito e il valore prodotto, non può che tendere alla riduzione. E di questa cosa effettivamente è difficile incolpare il signor Ford, il quale dopotutto voleva solo vendere automobili.-Signor Fraeb, ovviamente questa Corte, in cui siedono alcuni fra i massimi esperti economici mondiali, è a conoscenza di queste dinamiche, ma ormai questo procedimento è seguito anche da un pubblico più vasto, per cui forse non sarebbe inopportuno precisare alcuni punti del suo ragionamento. Per esempio lei parla di capitale fisso e variabile, ma cos’è innanzitutto il capitale fisso? Liquidità’? Patrimonio? Rendita? Beni immobili?-Ma no, assolutamente, queste sono solo le sue forme esteriori, il capitale fisso è prima di ogni altra cosa, solo e semplicemente lavoro accumulato, il frutto dell’attività e dell’energia umana, quell’attività e quell’energia che ha prodotto tutto il nostro mondo. Esso è quindi materiale e concreto come un macchinario, o un’infrastruttura stradale, così come immateriale e intangibile come una conoscenza o una relazione sociale: in tutto ciò c’è


147 del lavoro immagazzinato e accumulato. Ovviamente il semplice accumulo di lavoro non produce un valore; il capitale in realtà produce valore solo se può essere scambiato; una volta immesso nel ciclo dello scambio esso definisce il suo valore di scambio in termini monetari, diventa denaro, ma può essere scambiato solo per il fatto di poter essere usato, e cioè trasformato in merci per le quali ci sia una domanda. Purtroppo per operare la trasformazione del capitale in merce, c’è bisogno di ulteriore lavoro, cioè capitale il cui valore è variabile, come è variabile e potenzialmente infinita la possibilità e l’intensità di utilizzo, sfruttamento e appropriazione dell’energia e della creatività umana. Perchè l’essere umano, è l’unica vera ricchezza, dalla cui appropriazione e dal cui dominio, si possono ottenere godimenti e piaceri raffinatissimi e tendenzialmente infiniti. Il resto, il capitale fisso è solo un fattore necessario, spesso costoso, sempre noioso.-Signor Fraeb comprendiamo che forse lei voglia alleggerire la sua complessa esposizione, con il suo particolare umorismo, ma le chiedo, per favore, di tornare al tema.-Umorismo? Si umorismo, l’umorismo aiuta. Va bene farò come chiede, allora a che punto eravamo? Ah si, il lavoro accumulato che è un capitale fisso, il capitale fisso che si trasforma in merce grazie al lavoro vivo, che a sua volta è capitale variabile, quindi la merce, che ha un valore d’uso, ma ha anche un valore di scambio, valore di scambio la cui crescita, determinata dalle leggi della domanda e dell’offerta, produce un ulteriore aumento di capitale, secondo un semplice schema: denaro-merce-denaro. E’ lo scambio che valorizza il capitale, e il capitale si trasforma in merce, perchè così ha un valore di scambio, e quindi può aumentare. Senza scambio il capitale non può che perdere di valore, e alla fine essere consumato in modo improduttivo. Al contrario con l’aumento degli scambi il capitale produce un plusvalore, che si trasforma in profitto, semplicemente non retribuendo una quota di lavoro vivo. Ovviamente c’è chi ha diffuso la scellerata idea di restituire integralmente alla retribuzione del lavoro il plusvalore prodotto, eliminando così il profitto, ma è un’idea contronatura, perchè mai rinunciare ad appropriarsi di qualcosa quando c’è la possibilità di farlo?-Mi scusi ma se ho ben capito, lei intende dire che il profitto, questo grande stimolo alla crescita economica e allo sviluppo sociale, questo fondamento del nostro stile di vita, è in un ultima analisi, solo un prodotto accessorio e non necessario del processo di valorizzazione?-Non si allarmi, i fondamenti del nostro stile di vita sono al sicuro. Si, il profitto non è che una semplice appropriazione, possibile perché chi non


148 ha capitale, cioè lavoro accumulato, non può che vendere l’unica cosa di cui dispone, cioè il lavoro vivo che il suo corpo o la sua mente possono produrre. Una sostanziale prostituzione. Così il mondo è regolato da un grande, gigantesco rapporto di prostituzione collettiva, e come ben sa ogni uomo di mondo, la prostituzione può offrire notevoli piaceri; così questa triste miserabile valle di lacrime, si trasforma in un giardino di delizie, per chiunque sia nella condizione di possedere, usare, dominare e quindi se vuole, distruggere. Perchè chi ha il profitto, ha in ultima analisi, il potere.-Signor Fraeb, forse siamo andati un poco oltre con il discorso, torniamo al tema. Da ciò che lei dice è chiaro che il capitale va costantemente scambiato, e se le cose stanno così, quale miglior sistema di quello Fordista, che ha aumentato la quantità di bisogni materiali e immateriali, ha coinvolto masse sempre più grandi nei meccanismi del consumo e così facendo ha aumentato a dismisura la quantità degli scambi e quindi...-Calma, c’è un elemento che non va dimenticato; il risultato di ogni scambio è l’aumento del capitale fisso. La crescita degli scambi a livello mondiale ha fatto crescere a dismisura il capitale fisso, principalmente in Occidente ovviamente, ma ha avuto conseguenze in tutto il mondo; l’esplosione della popolazione mondiale nell’ultimo secolo, non è forse andata di pari passo con la diffusione dei vaccini e i grandi profitti dell’industria farmaceutica? E non è anche l’aumento della popolazione mondiale di fatto, un aumento di capitale fisso? In se non è un grave problema, purchè non si pretenda di alimentarla, istruirla, curarla, e in generale garantirle diritti e benessere. Tutte cose che hanno un costo, un costo che tradotto, si trasforma in aumento dell’investimento in capitale fisso, con un calo proporzionale della quota di capitale variabile, una conseguente riduzione del saggio di profitto. Fortunatamente è facile trasformare questo capitale fisso in lavoro a basso costo, cioè capitale variabile, o se il mercato non ne ha necessità, per esempio per una crisi di sovrapproduzione, semplicemente distruggerlo, come effettivamente facciamo in quella grande riserva di capitale variabile che è il continente africano. Dopotutto sono processi semplici, il potenziale distruttivo degli esseri umani è infinito come il suo potenziale produttivo.-Ma lei intende forse dire che è imputabile al nostro stile di vita, il fatto che in altre parti del pianeta qualcuno soffra la fame, dopotutto il nostro modo di produrre ha portato anche in altre parti del mondo benessere e ricchezza.-Non turbi la sua coscienza con inutili preoccupazioni, lei non è tenuto ad alcuna responsabilità, la responsabilità deriva dalla coscienza, ma la


149 coscienza non è ne un dovere, ne tanto meno un diritto: ci sono uomini che guardano la verità negli occhi, e altri che davanti alla verità gli occhi li abbassano e questo che fa la differenza tra chi può dominare e chi può solo servire. E tornando alla nostra piccola esposizione, la verità è che la possibile distruzione di quote di realtà, libera quantità di capitale fisso, impegnato nella semplice riproduzione, aumentando proporzionalmente il capitale variabile, trasformando quello che era un costo di riproduzione in opportunità di valorizzazione. Questo è un fatto. Ecco da ciò se ne ricava che la distruzione, non è poi quel gran male che può sembrare: immaginate quanto può crescere, sulla base di questa legge, il saggio di profitto, passando dalla situazione di un paese moderatamente ricco, civile e ordinato, alla situazione di un paese distrutto dai bombardamenti, con una popolazione ridotta alla fame, un sistema istituzionale asservito agli interessi di chi ha capitale da investire. Tutti possono capire che la distruzione è la premessa della produzione; una verità che può forse turbare le personalità deboli, incapaci di comprendere come tutto nella realtà sia intrinsecamente legato, così come il piacere e il dolore che si alimentano l’un l’altro: ma questa è cosa che non tutti sanno apprezzare.-Signor Fraeb, devo ammettere che alcune delle sue affermazioni mi lasciano perplesso, ma se ho ben capito lei intende dire che il sistema oltre ai rischi di periodiche crisi di sovrapproduzione, potrebbe addirittura rischiare un crollo strutturale, dovuto alla difficoltà di produrre profitti, dovendo investire quote di capitale sempre più imponenti, vuoi per la ricerca, sempre più difficile di materie prime, vuoi per l’acquisto di macchinari con tecnologie sempre più costose, vuoi per mantenere un sistema di relazioni sociali e infrastrutture logistiche sempre più complesso, ma purtroppo necessario per garantire l’ambiente adatto all’investimento produttivo di capitali; lei ci sta dicendo che il sistema è destinato al collasso, e che per evitare tale collasso periodicamente si deve in qualche modo produrre un processo distruttivo.-Ma, fortunatamente i processi distruttivi non mancano mai; il bellicismo nazista per esempio, è stato una vera manna, ha determinato la grande distruzione della II Guerra Mondiale, dopo la quale in Europa il rapporto tra capitale fisso e capitale variabile è ritornato vantaggioso, e il ‘900, il secolo del pieno sviluppo del capitalismo, inizia in realtà solo con la I Guerra Mondiale, la prima vera distruzione su vasta scala. Comunque quella che ho illustrato è una legge generale, il cui valore è puramente tendenziale. Ci sono anche altri modi per mantenere alto il saggio di profitto; una scoperta scientifica per esempio, può modificare il rapporto tra capitale fisso e variabile, offrendo possibilità di risparmi energetici. Ma


150 la distruzione rimane il sistema più sicuro e garantito, e noi occidentali per lungo tempo abbiamo potuto attuare i necessari processi distruttivi, fuori dal nostro sistema, all’esterno del mondo civile, e ciò ha dato ottimi risultati; quanto valore abbiamo prodotto con la doverosa distruzione di forme sociali, aggregazioni umane, modalità economiche, esistite per secoli e millenni e poi finalmente travolte dallo spirito distruttivo e produttivo del capitale? Per oltre quattro secoli, la spinta del capitale al profitto, ovviamente mascherata da progresso, ha fatto si che tutto il pianeta potesse entrare nel circuito di distruzione e produzione, investendo in capitale fisso risorse minime, e utilizzando al massimo il capitale variabile del lavoro umano e di risorse energetiche vergini. Pensiamo alla storia del nostro paese, dove l’indiano delle praterie, il nobile e romantico guerriero, è ridotto come un bambino e indotto dalle opportunità del commercio a trasformare il rapporto con l’ambiente in cui da millenni vive in relativo equilibrio; la pelle di un animale non ha più valore per il suo uso, come riparo dal freddo durante l’inverno, ma diviene valore di scambio, per ottenere merci che l’indiano non sarà mai in grado di produrre, e di cui quindi non potrà decidere il prezzo. E in questa condizione non si farà scrupolo di distruggere gli stessi bisonti che nutrono lui e la sua famiglia, pur di ottenere le merci dell’uomo bianco, e garantirgli così un saggio di profitto elevatissimo. Le grandi fortune del capitalismo americano, si sono prodotto agli albori della nostra storia dalla distruzione del castoro, del bisonte e ovviamente dell’indiano. Analogo processo ha riguardato i popoli dell’Africa, dell’Asia e del Sud America, tutti inevitabilmente sacrificati alla necessità di mantenere un elevato saggio di profitto, investendo in contesti in cui il rapporto tra capitale fisso e capitale variabile è più vantaggioso. Dopotutto se si può avere manodopera a bassissimo costo e risorse energetiche quasi gratuite, che necessità c’è di investire in macchinari e ricerca; e aggiungo, se si può mantenere l’ordine, con il costo minimo di governi locali prezzolati, che senso ha spendere soldi per cercare il consenso. Questa è la nostra storia, la storia del più forte che si impone sul più debole, lo distrugge e attraverso la sua distruzione, si rafforza. Questa è la realtà, possiamo ipocritamente dolercene, o goderne, come è naturale godere ad ogni affermazione della propria forza, perché il piacere è nell’affermazione di se, e l’affermazione di se, è nel dominio dell’altro e se opportuno, nella sua distruzione.-Ma signor Fraeb, quello di cui lei parla è il colonialismo, quel fenomeno europeo che noi americani abbiamo sempre contrastato nel nome dei valori della democrazia e dell’autodeterminazione dei popoli. Altra cosa dalla legittima aspirazione a un futuro dignitoso che ha mosso l’avanzata


151 di milioni di persone sulla Frontiera americana, anche a costo di dolorose conseguenze per le popolazioni autoctone.-Noi ci siamo sempre battuti contro il colonialismo, un monopolio della distruzione garantito agli stati coloniali, che di fatto impediva la libera espansione del sistema capitalistico a livello mondiale, un espansione di cui noi siamo stati gli autentici garanti. Ai vecchi monopoli statali abbiamo sostituito le grandi società multinazionali, che ovviamente sanno operare con maggior efficienza e senza dover ammantare la loro azione con inutili discorsi sulla civiltà e il progresso sociale. Per non parlare dei missionari, un inutile costo, e alle volte addirittura un fastidioso ostacolo, per chi viaggiando ama godere dei piaceri che la bellezza, la gioventù e l’innocenza possono offrire a chi sa approfittarne.-Si, ma forse è meglio tornare al cuore del problema. A questo punto mi sembra di comprendere che la sempre maggiore espansione del sistema, e quindi la crescita, è una delle chiavi principali per contrastare il calo del saggio di profitto?-Si, l’aumento degli scambi è un fattore importante di espansione, soprattutto quando si affianca all’aumento della quota di capitale variabile, cioè lavoro produttivo e materie prime, appropriandosene laddove essa non ha ancora dato luogo a processi di accumulazione che sia necessario riprodurre; questa possibilità è stata garantita per oltre tre secoli dal ruolo che l’occidente ha avuto nell’imporre a tutto il mondo la sua più avanzata civiltà; un’imposizione non sempre bene accetta, ma che alla fine sembra aver soddisfatto tutti, almeno tutti quelli che sono rimasti vivi, dato che oggi in tutto il mondo si tenta di emularci. -E’ qui il nodo infatti, questa quindi è l’unica e vera ragione della crisi, un problema strutturale, laddove in un quadro di economia globalizzata e di progressivo esaurirsi delle risorse energetiche e con la comparsa di nuovi protagonisti sulla scena mondiale, questa opportunità di espansione e appropriazione tende inevitabilmente ad esaurirsi, riducendo così strutturalmente i margini di crescita... ma allora il problema è strutturale e non connesso ad uno specifico modello economico, ma se è così , allora…-Si, ma non sarà questo che porterà al collasso il sistema, ne tanto meno la nostra leadership: le vie dell’espansione e della crescita sono infinite, guardate con quale inventiva abbiamo creato nuove opportunità di valorizzazione del capitale, totalmente svincolate dai limiti imposti dall’economia reale. Abbiamo guidato l’espansione e la crescita del sistema ben oltre gli angusti orizzonti del vecchio mondo industriale, l’abbiamo liberata dalle grevi necessità della produzione materiale, per aprirgli l’uni-


152 verso infinito dell’immateriale. Mentre i Cinesi continuavano a scavare carbone, che tanto con gli incidenti in miniera ci contrastano la crescita demografica, mentre le nostre imprese delocalizzavano, dato che nessuno vuole una Bophal sotto casa e gli investimenti in sicurezza fanno crescere a dismisura il capitale fisso, mentre la produzione si spostava negli scantinati delle bidonville africane e asiatiche, senza ovviamente deturpare il paesaggio a disposizione dei turisti occidentali, il nostro PIL continuava a crescere sull’onda dei rendimenti dei prodotti finanziari. Mentre il pianeta intero ci inseguiva attardandosi in questo mondo della produzione fatto di grasso e sudore, maleodorante e rumoroso, noi, nei punti alti dello sviluppo capitalistico, individuavamo le nuove frontiere della valorizzazione, nel mondo immateriale e infinito dei desideri e delle aspettative umane, desideri e aspettative che si traducono nel gioco potenzialmente infinito del credito e della rendita; è la rendita che è la chiave di tutto, fondiaria, immobiliare, finanziaria, una ricchezza che cresce da se nel tempo, e anzi il tempo che è esso stesso ricchezza, il futuro messo a valore, la sicura coscienza che domani un terreno, un immobile, un pacchetto azionario, varranno di più e su questa base l’opportunità del credito, infinito, illimitato, com’è infinita e illimitata la natura umana, la sua favolosa capacità di acquisire sempre nuove esigenze, trasformarle in bisogni, realizzarle in consumi. La produzione di auto, di elettrodomestici, di case, di un qualsiasi bene materiale, si libera finalmente di ogni residuo legame al vincolo del valore d’uso, e finalmente è puro valore di scambio, feticcio della valorizzazione del capitale, semplice oggetto di transazione sul mercato infinito e immateriale dei piccoli e meschini sogni di cui si alimenta la miseria umana. Il mercato della produzione materiale è solo il necessario e volgare prodotto di risulta, del vero e unico mercato ideale, il mercato immateriale delle aspettative e dei desideri, quel mercato infinito che non è più un ideale platonico irraggiungibile, ma oggi è realtà nel grande infinito mondo delle transazioni finanziarie, dove il valore svincolato dai lacci della produzione e della liquidità, può crescere in un mercato sostenuto da un credito senza limiti, perché senza limiti è il desiderio di possedere, di consumare, e infine di distruggere. Possesso, consumo, distruzione, questo è il processo del piacere infinito, dove il possesso è dominio sull’oggetto, il consumo è godimento dell’oggetto, la distruzione è libertà dall’oggetto. Affascinante.-Capisco ma torniamo all’oggetto della questione. Mi scusi ma non mi è chiaro, allora nelle transazioni finanziarie, il saggio di profitto è svincolato dal rapporto tra capitale fisso e capitale variabile?-No, ma cambia totalmente la natura dei due termini: il capitale fisso da


153 riprodurre non è più un macchinario o un impianto industriale, ma l’insieme dei rendimenti che costituiscono il titolo oggetto di transazione, rendimenti che essendo puramente ipotetici, possono essere riprodotti o distrutti a secondo delle convenienze con estrema facilità; il capitale variabile non coincide più con il lavoro produttivo, soggettivamente limitato così come è limitato il potenziale energetico del lavoro umano o di un barile di petrolio, ma è strettamente connesso alla soggettiva capacità creativa dell’operatore finanziario, in grado di cogliere le opportunità di valorizzazione illimitata, prodotto dall’infinita possibilità di trasferimento del capitale, laddove maggiori sono le opportunità di valorizzazione. Ma come è possibile produrre un valore immenso standosene davanti ad un terminale, in egual modo, davanti allo stesso terminale, si possono distruggere valori immensi, spostando semplicemente un investimento, e così facendo, determinare l’affamamento di intere popolazioni, l’emergere di conflitti locali, la crisi di stati nazionali. E’ veramente affascinante un simile potenziale distruttivo, anche se personalmente lo considero piuttosto asettico, dubito che possa dare piacere, diciamo così... sensuale.-Ehm… signor Fraeb, siamo in prima serata. Rimanendo alle questioni economiche signor Fraeb, sembra però che questa potenzialmente infinita possibilità di valorizzazione del capitale attraverso la crescita esponenziale del capitale finanziario, potrebbe essersi esaurita, laddove la bolla immobiliare frutto di questa crescita del mercato finanziario, ha trovato un limite nella carenza di liquidità, e in un processo di insolvenza a catena, che di fatto ci ha portato all’attuale situazione di crisi.-Davvero? Eppure a me sembra che tutto continui ad andare avanti come prima.-Beh, questo è quanto di cui si discute in tutto il mondo.-Il fatto che se ne discuta non significa che sia vero... fortunatamente ognuno può discutere di ciò che preferisce.-Mi scusi vuol forse dirci che non c’è crisi di liquidità?-Non so, è possibile... ma il tema della liquidità è tema che si affronta facilmente, basta immetterne di nuova e aggiuntiva, cosa che qualsiasi banca centrale può decidere di fare, e cosa che effettivamente è stata fatto dalla nostra Banca Federale già da molto tempo, e che più recentemente ha fatto anche la stessa Banca Centrale Europea, oltre 1.000 miliardi di euro in pochi mesi. In alternativa all’immissione di liquidità, che può avere conseguenze di tipo inflattivo, e dare luogo a bolle di liquidità, è sempre possibile la vendita sul mercato di titoli pubblici, garantiti dalle stesse banche centrali, cosa che il nostro paese fa come prassi abituale, e che la stessa Europa si prepara a fare con gli Eurobond, sostituendo il pa-


154 gatore di ultima istanza, dai vecchi stati nazionali, ormai screditati e privi di controllo sulla moneta, con una nuova autorità europea. E’ con queste cose che si dilettano gli economisti: mettiamo in circolazione un po’ di liquidità per finanziare la crescita e rischiamo l’inflazione, oppure ci teniamo una moneta forte e rischiamo la stagnazione? Ho lasciato gli studi economici anche perché queste cose mi sembravano banali.-Eppure da queste scelte può dipendere la crescita del debito pubblico.-

-Ovviamente.-E ciò non rappresenta un problema?-Forse… in qualche caso… dipende.-Da cosa?-Beh, evidentemente in primo luogo dall’entità degli interessi, poi dall’eventuale esigibilità del debito. Un tasso di interesse inferiore al tasso di crescita economica, non rappresenta certo un problema ed è assolutamente sostenibile; ovviamente nella definizione del tasso di interesse intervengono molteplici fattori, ma è certo che qualora i creditori richiedano tassi di interesse troppo elevati e insostenibili, è evidente che si troverebbero di fronte a una sola possibilità: rinunciare a rinnovare il prestito e richiedere la sua l’immediata restituzione, obbligando il debitore al default. E qui la faccenda comincia a diventare interessante. Il risultato è comunque una distruzione di valore, cioè una riduzione di capitale fisso, e quindi dopo la distruzione, la possibilità di riavviare il ciclo di valorizzazione con un rapporto tra capitale fisso e capitale variabile più conveniente e soprattutto con un saggio di profitto adeguato; la distruzione di valore è un passaggio necessario per riavviare il processo, l’unico problema è capire a chi tocca subirla. E’ accaduto in Argentina, dove il default ha comportato la distruzione di valore per i creditori, e, anche se nessuno sembra averci fatto molto caso, è stata un esperienza illuminante, e che soprattutto ha reso chiaro che in generale il principio fondamentale a garanzia del sistema, è l’inesigibilità del debito sovrano degli stati; non a caso per la Grecia, tutto il mondo ha trattenuto il fiato nel timore che i comunisti andassero al governo, e si rifiutassero di pagare. Se qualcuno comincia a non pagare, centinaia di miliardi di dollari vanno in fumo, e poi altri possono seguire la stessa strada: i processi di distruzione passano dal debitore al creditore.—Ma questo per i greci avrebbe significato la catastrofe.-L’argomento può essere discusso, ma certamente sarebbe stata la catastrofe per quei greci che sono in possesso di oltre la meta del debito pubblico del loro paese... e alla fine le elezioni le hanno vinte loro. Pare che la


155 democrazia funzioni ancora. Ciò che è certo è che se i comunisti avessero vinto, lo stato greco non avrebbe pagato, e i creditori per rivedere i loro soldi avrebbero dovuto mandare i bombardieri... ma non è una cosa così semplice.Ma allora ciò può significare che ogni stato può indebitarsi e poi non pagare?-Tutto si paga!-Ma lei ha appena detto...-Mio caro avvocato, la nostra chiacchierata è stata veramente dilettevole, mi ha riportato ai tempi lontani dei miei studi accademici, e mi ha permesso di ricordare quando giovane e curioso cercavo di comprendere le paradossali dinamiche di questo mondo assurdo. Adesso però mi sembra che stiamo entrando in un altro campo e se lei vuole avere delle risposte, dovrà farmi domande precise e circostanziate, alle quali valuterò se e come eventualmente rispondere.-Capisco signor Fraeb. Allora cercherò di essere preciso, rimanendo comunque su questo tema che è certamente il più rilevante. Le chiedo quindi in quale modo si può indurre a pagare uno stato indebitato e insolvente, se di fatto il debito sovrano di uno stato è inesigibile.-Lei ha parlato di debito sovrano. Il tema è appunto quello.-Cioè inducendolo a cedere la sua sovranità?-No comment.-Ma nell’ipotetica eventualità di una cessione di sovranità da parte di uno stato indebitato, quali sono i vantaggi per i creditori.-E’ evidente, l’acquisizione di sovranità e quindi di potere in un determinato quadrante economico e geopolitico.-Cioè, quello che in altri tempi si otteneva con la conquista militare o sostenendo un colpo di stato.-Effettivamente.-Ma questo è un vantaggio sul piano politico, senza però alcuna possibilità di rientro del danno economico determinato dall’insolvenza.-Tutt’altro, il fine principale dell’acquisizione di sovranità, è quello di costringere il paese indebitato e insolvente a subire la distruzione di capitale fisso, necessaria per ristabilire un adeguato saggio di profitto, e trasformare così il prestito non restituito, in un investimento remunerativo; si tratta sostanzialmente di bonificare un territorio da tutti quegli elementi che riducono il saggio di profitto potenziale: apparati istituzionali democratici, reti di garanzia sociale, sistema dei diritti, con particolare riferimento a quelli sindacali ovviamente. Una buona attività di bonifica può permettere poi l’acquisizione a prezzo di fallimento di risorse produttive,


156 l’occupazione di un mercato con i propri prodotti dopo aver distrutto la produzione locale, l’utilizzo della manodopera a condizioni salariali e normative più vantaggiose, la possibilità di un controllo sociale meno costoso, tutte modalità attraverso cui si opera una distruzione di capitale fisso, totalmente a carico del paese indebitato, mantenendo immutato il valore del credito, e anzi producendo le condizioni di un ulteriore indebitamento e quindi di ulteriori successive distruzioni.-Ma così un paese indebitato, lo rimarrà eternamente.-E’ un eventualità probabile. D’altra parte è anche attraverso episodiche contingenze economiche, che si producono duraturi assetti geopolitici.-

-Quello che ci fa è un quadro inquietante, nel quale il debito pubblico può divenire la chiave per l’asservimento di un’intera nazione.-E’ un rischio reale… che noi non corriamo.-Il nostro debito pubblico è garantito?-Il nostro debito pubblico è inesigibile.-Ma anche quello della Grecia di fatto lo è, eppure...-Noi non siamo la Grecia, la nostra sovranità è inattaccabile.-Questo lo capisco, ma come possiamo garantirci dal fatto che potenze emergenti, possano anche in un futuro lontano, ridefinire il quadro dei rapporti di forza internazionali e magari...-C’è chi lavora per prevenire questi rischi.-Non è mia intenzione farle domande che possano mettere a rischio la sicurezza nazionale. Ma posso almeno chiederle se sulla base della sua esperienza di cittadino americano che ha viaggiato in ogni parte del mondo, si è fatto un’opinione sulle linee che ispirano la nostra strategia di sicurezza nazionale?-Penso di poter rispondere alla sua domanda, ovviamente senza entrare nel meriti di questioni specifiche. Diciamo che laddove si producono processi di valorizzazione che possono dare luogo a meccanismi di accumulazione significativa, è opportuno bilanciare tali processi con paralleli processi di distruzione, proprio per evitare che i processi di accumulazione sedimentino e possano da un lato modificare il rapporto tra capitale fisso e capitale variabile, rendendo meno vantaggioso l’investimento, dall’altro determinare un coagulo di interessi tali da rappresentare una minaccia alla sicurezza nazionale. Ormai un conflitto mondiale è impossibile e forse nemmeno auspicabile, non siamo ancora in grado di estrarre profitto da un territorio contaminato dalla radioattività, quindi i processi di distruzione vanno attuati con altre modalità, pianificando gli interventi distruttivi direttamente in relazione con le potenzialità di accumulazione


157 di capitale: non sono certo i bombardamenti a tappeto di Dresda, ne Hiroshima, anche se dopotutto il risultato è comunque notevole e le opportunità che tali distruzioni offrono sono significative e soprattutto varie; avete mai visitato una città colpita da un bombardamento “intelligente”? In pochi giorni gli abitanti divengono disponibili e gentili con chi può offrire loro qualcosa, e i più giovani, i bambini, sono quelli che per primi sanno adattarsi alle nuove condizioni.-Signor Fraeb, per favore… Per maggior chiarezza, un esempio della condizione da lei descritta può essere la conflittualità permanente nelle aree petrolifere?-Le cose accadono.-E le eterne guerre civili africane?-Idem.-Ma la Cina?-No comment.-Non insisto. Comunque se ho ben capito il successo economico di una nazione e quindi la sua ricchezza dipende non solo dal suo potenziale produttivo, ma anche da quello, diciamo così distruttivo.-Bombardieri, potenziale nucleare, se necessario singoli professionisti in grado di eliminare in modo chirurgico eventuali ostacoli; purtroppo il nostro Ministero delle Attività Distruttive, esiste ancora solo in via ufficiosa, ma è comunque efficiente. Tutte queste cose ovviamente hanno i loro costi, ma la cosa divertente è che possiamo permetterci questi strumenti, proprio attraverso il debito pubblico finanziato dai nostri potenziali competitori; è questa la grandezza di un sistema finanziario sostenuto da un importante debito pubblico: quanto di più immateriale, il rendimento di una obbligazione o di un titolo di stato, alla fine di un lungo processo si sostanzia nella concretezza di un bombardiere, il quale a sua volta ha come principale funzione, quello di trasformare se necessario, un valore aleatorio, in una concreta minaccia. Questa è la parte più interessante dell’economia, ma di questo ovviamente gli economisti non si occupano.-Grazie della chiarezza signor Fraeb. In sostanza potremmo dire che la sostenibilità del sistema, compresi i suoi costi e in particolare il debito pubblico, sono strettamente legati alla sua possibilità di espansione e crescita, espansione e crescita che dipendono in egual misura dalla potenzialità produttiva, quanto da quella distruttiva. E’ corretta questa schematica sintesi?-Sostanzialmente si.-Allora ancora un ultima domanda, centrale per la valutazione dell’operato del mio assistito: lei ritiene quindi che il modello economico ameri-


158 cano, basato su una costante crescita dei consumi, anche finanziato da un forte indebitamento, possa essere garantito dalla parallela capacità di investimento in zone sostanzialmente bonificate dall’eccessivo accumulo di capitale fisso, attraverso oculate operazioni distruttive? E che tali operazione distruttive possano essere finanziate da un debito pubblico totalmente inesigibile?-Si, la cosa è possibile…-Grazie signor Fraeb, ho concluso signor Presidente.Mentre Zimmerman ritorna al suo posto a capo chino ed evitando di guardare chiunque, la camera, con una rapida carrellata inquadra tutti i presenti, sui cui volti si legge perplessità e imbarazzo, esplicito disgusto su quello di Bradstreet; sull’abbozzo di volto del teste, solo la fessura della bocca è appena piegata in una smorfia che forse è un sorriso. Il Presidente guarda con rimprovero in direzione dell’avvocato Zimmerman, poi con evidente fatica, tenta di riassumere la sua espressione neutra e si rivolge al Procuratore. -Procuratore Bradstreet, immagino che anche lei voglia rivolgere delle domande al teste.-Si, signor Presidente… è mio dovere.-Bene, ne ha facoltà.Mentre Bradstreet si sposta davanti ai giurati, dietro di lui il professor Prescott è colto mentre è impegnato a scrivere un messaggio sul cellulare; davanti all’esitazione del Procuratore, tocca al Presidente Bailey intervenire con un espressione severa sul volto. -Proceda Procuratore, sono sicuro che il professor Prescott cesserà immediatamente la sua momentanea occupazione, per prestare attenzione al suo interrogatorio.Con imbarazzo Prescott fa sparire il cellulare, mentre Bradstreet inizia a parlare. -Signor Fraeb, partirò dalle conclusioni dell’avvocato Zimmerman e dalla sua ultima risposta. Lei ci ha spiegato che è sostanzialmente possibile mantenere un sistema basato sugli alti consumi, sull’indebitamento statale, e su costose politiche di consenso sociale, quindi in sostanza su una crescita fuori controllo del capitale fisso in rapporto a quello variabile, spostando i processi distruttivi di capitale fisso al di fuori del contesto nazionale. Ora io le chiedo, il fatto che sia possibile, significa che è anche vantaggioso?-Dipende da cosa lei intende per vantaggioso.-Ovviamente intendo ciò che produce un vantaggio per l’interesse nazionale.-


159 -Dipende da cosa lei intende per interesse nazionale.Bradstreet a questo punto guarda con impazienza il teste, mordendosi un labbro come a frenare una reazione troppo immediata. Poi riprende con calma. -Signor Fraeb, dubito che un uomo che ha reso così tanti servigi al nostro grande paese, non abbia chiaro il concetto di interesse nazionale.-E infatti io ho ben chiaro il concetto di interesse nazionale, solo mi chiedo se lei ha il mio stesso concetto, così come l’avvocato Zimmerman o l’esimio presidente della Corte, o ognuno dei valenti accademici qui riuniti. Sa, quando il bilancio di una grande impresa multinazionale è superiore a quello di uno stato nazionale, si deve ben capire il senso di concetti come interesse nazionale, perché tali concetti perdono il loro valore quasi sacrale, per divenire semplici variabili di fenomeni molto più complessi.-

-Capisco cosa intende dire. Allora le do la mia definizione di “interesse nazionale”: tutto ciò che contribuisce a garantire il benessere e la sicurezza dei cittadini americani.-Beh se questo lei intende per interesse nazionale, allora posso dirle che si, è possibile e anche vantaggioso per i cittadini americani, continuare a mantenere un sistema basato sul consumo di massa e l’indebitamento pubblico, garantito dalla possibilità di estrarre plusvalore da aree del pianeta in cui il rapporto tra capitale fisso e capitale variabile, garantisce un elevato saggio di profitto; questo ovviamente anche ricorrendo a pratiche distruttive come la guerra, purchè al di fuori dei confini nazionali. Ovviamente questa mia valutazione è conseguente alla sua definizione di interesse nazionale.-Perché lei ne conosce altre?- il Procuratore è evidentemente contrariato dalla risposta e irritato dal tono di sufficienza assunto dal teste. -Nella mia esperienza ho sempre individuato nel concetto di interesse nazionale, più che la vaga e indistinta categoria di “cittadini americani”, il più concreto connubio di interessi e strategie finanziarie e industriali, dai quali derivano dividendi e profitti per una determinata categoria di cittadini americani, categoria alla quale appartengo io e suppongo appartengano tutti i presenti in questa sala. Questo intendo per interesse nazionale.-Cioè lei intende dire che l’interesse nazionale, non può che coincidere con quello delle elite e delle classi dirigenti, che hanno la responsabilità di guidare tutta la Nazione, garantirne il benessere e la sicurezza.-Se così le sembra più accettabile.-Così è più vero.-


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-Come preferisce.-Bene, finalmente ci siamo capito sul concetto di “interesse nazionale”; adesso posso avere una risposta precisa alla domanda che le ho fatto? E’ vantaggioso oltre che possibile continuare a mantenere un sistema costoso che produce debito pubblico?-No, sono sicuro che i nostri interessi industriali e finanziari, in questo momento abbiano principalmente necessità di ricostruire un equilibrio. Il fatto è che la finanza garantisce ampi profitti, ma rinunciare al piano della produzione materiale è impossibile, e soprattutto non possiamo lasciarla totalmente in mano delle potenze emergenti, dove tra l’altro i processi di accumulazione crescono in misura esponenziale, modificando alla lunga il rapporto tra capitale fisso e variabile. Abbiamo bisogno di rilanciare la produzione, ma per fare questo c’è bisogno di un nuovo equilibrio, equilibrio che si ottiene bilanciando i processi di delocalizzazione della produzione, con equivalenti processi di delocalizzazione della distruzione.-Mi scusi ma questo concetto non mi è chiaro.-Me ne rendo conto. Cercherò di farmi comprendere. Immagino che sia in grado di capire che il processo di globalizzazione, e con esso l’avanzare di nuovi protagonisti sulla scena economica mondiale, ha ridefinito quella che era la divisione del lavoro su scala planetaria. Nel vecchio mondo, all’occidente avanzato competeva il ruolo di grande produttore di merci, e di unico mercato per lo scambio e la valorizzazione del capitale trasformato in merce, mentre il resto del pianeta era il luogo di appropriazione di risorse energetiche, materie prime e manodopera a basso costo; il profitto era così frutto da un lato della crescita degli scambi in occidente, dall’altro dell’elevato saggio di profitto prodotto nel resto del pianeta. Ciò ha dato luogo al costante accumularsi di capitale fisso in occidente, dato che nei processi di scambio la valorizzazione del capitale, non può prescindere dalla sua riproduzione, come già accennato...-Può spiegare meglio questo passaggio?-Dovrebbe essere chiaro… perchè possa ottenere profitto dalla vendita di una merce, devo garantire la riproduzione di tutte le condizioni sociali e logistiche che possono permettere la vendita di quella merce, cioè in pratica l’esistenza di un mercato, intendendo come mercato, la potenzialità di scambio complessiva, costituita da una gran quantità di fattori: dalle possibilità economiche dei potenziali acquirenti, redditi e salari, ai luoghi deputati allo scambio stesso, le reti commerciali, al sistema di regole che sovrintende allo scambio, leggi e istituzioni, fino alla sovrastruttura culturale che induce allo scambio, pubblicità e comunicazione in genere: in


161 ultima analisi la nostra realtà, che di fatto coincide con il mercato. Ma così facendo il semplice atto di vendere una singola merce, allargando il mercato, alimenta la quantità di condizione da riprodurre successivamente; tutto ciò costituisce il capitale fisso, cioè il lavoro accumulato che costituisce la nostra realtà e che rappresenta un costo da riprodurre. E mentre noi per produrre un topolino di profitto, abbiamo dovuto spostare una montagna, in Cina o in India la valorizzazione del capitale si realizza su un mercato in via di formazione, dove i costi di riproduzione sono minimi, in rapporto alle possibilità di valorizzazione; è normale che la produzione si sposti da loro, ciò che dobbiamo decidere e dove vanno i processi di appropriazione e distruzione che un tempo avvenivano in Cina, India o Sud America. Sono assolutamente convinto che se volessimo tutelare lo stile di vita e lo standard di consumi del cittadino medio americano, basterebbe bombardare Pechino, o diffondere l’ebola in India, tutte cose che ristabilirebbero l’equilibrio precedente, quando da noi c’era la produzione e il consumo di merci e da loro c’era l’appropriazione di materie prime e la distruzione di rapporti sociali. La cosa non è impossibile, e alla fine la maggioranza dell’opinione pubblica, adeguatamente informata, dovendo scegliere tra rinunciare al suo standard di consumi o fare un po’ di vittime civili, non avrebbe esitazioni. Ma credo che questa cosa non convenga a chi si spartisce i dividendi e i profitti di grandi società multinazionali e può far affari su un mercato globale che si estende in ogni parte del mondo. Non ha senso bombardare e distruggere un gigantesco mercato mondiale per difendere un mercato interno; oggi piuttosto, quello che c’è da fare e riportare le condizioni del mercato globale, anche su quello interno, e per fare ciò bastano delle oculate operazioni di bonifica, bonificare il territorio, da tutto ciò che in questi anni ha costituito un capitale fisso non più riproducibile e quindi inevitabilmente da distruggere, e questa bonifica va fatta da noi. E questa è certamente una grande opportunità, almeno per chi ha chiaro che nessuno, ma proprio nessuno, può sottrarsi al grande ciclo della produzione e della distruzione. Personalmente colgo il vantaggio di non dover più cercare nel mondo quelle occasioni di piacere, che si possono riprodurre a casa nostra... ormai ho una certa età e viaggiare mi costa sempre più fatica.-Signor Fraeb, quelle che lei chiama occasioni di piacere, non sono oggetto di dibattito, la prego quindi se possibile di sorvolare su di esse. Piuttosto, può spiegare cosa intende per bonifica?-Signor Procuratore, se non sbaglio la sua morale le produce qualche imbarazzo, la invidio, l’imbarazzo può essere molto eccitante. Bene parliamo di bonifiche. Si tratta semplicemente di trasformare ciò che oggi è un costo


162 di riproduzione, in una opportunità di valorizzazione. Quanto costa mantenere e riprodurre un sistema di servizi pubblici garantiti a tutti, e quali opportunità di valorizzazione offre lo stesso sistema di servizi offerto sul mercato a chi può pagarlo? Questa è una operazione di bonifica. Quanto costa mantenere e riprodurre dei minimi standard di istruzione pubblica per tutti, e quali possibilità di valorizzazione potremmo avere utilizzando le stesse risorse per garantire una formazione strettamente limitata alle necessità della produzione? Anche questa è una bonifica. Che senso ha garantire redditi, salario e accesso al consumo sulla base di vecchi accordi e garanzie sindacali, quando potremmo mantenere gli stessi redditi e lo stesso standard di consumi, in cambio di maggior tempo di lavoro e di una maggiore intensità produttiva. Questa è la principale tra le bonifiche. E infine, la democrazia e la ricerca del consenso hanno dei costi che molti nostri concorrenti non si sobbarcano, mentre la spesa in apparati militari e di repressione, oltre ad essere inferiore, alimenta uno dei mercati più importanti del mondo. Ecco queste sono operazioni di bonifica, cioè di distruzione mirata di pezzi della nostra società, così come si è costituita nel ‘900. E’ inevitabile e necessario che questi processi di distruzione si compiano, perché dopo questa distruzione, il rapporto tra capitale fisso e capitale variabile tornerà vantaggioso, il saggio di profitto sarà ristabilito, la produzione potrà ripartire, e saremo usciti dalla crisi. Dopotutto è ciò che la Germania sta facendo in Europa, a partire dalla Grecia e poi in tutti i paesi dell’area mediterranea; così potranno disporre di una grande area europea bonificata e in grado di competere alla pari con le potenze economiche mondiali. E si sa che i tedeschi, se adeguatamente diretti, hanno già dato ampie prove di saper fare con scrupolo questo genere di lavori.—Bene signor Fraeb, sono felice di sentire finalmente delle parole di buon senso, pronunciate da un teste della difesa; in effetti quelle che lei definisce operazioni di bonifica, si traducono nella distruzione di tutti gli elementi costituenti di quel compromesso fordista che tanti danni ha prodotto all’interesse e all’economia nazionale. Penso che questo sia più che sufficiente per comprendere che la condanna dell’operato del signor Henry Ford, sia la premessa necessaria per il rilancio della comunità nazionale.—Ne è così convinto?-Il suo discorso è stato chiaro, spero non voglia ritrattare le sue affermazioni.-Tutt’altro.-E allora?-Non so se la cosa può interessare quest’aula, ma è certo che questo processo di bonifica obbliga a rivedere il concetto di comunità nazionale.-


163 -Cos’altro può essere una comunità nazionale, se non l’insieme dei cittadini che appartengono a una nazione?-Apprezzo la sua sicurezza signor Procuratore, certamente frutto di una solida coscienza nazionale, ma mi permetto di farle notare che è difficile parlare di comunità nazionale, quando questa comunità nazionale non trova più la sua ragion d’essere, nella necessaria relazione economica che lega tutti coloro che ad essa fanno riferimento. Oggi per il cosiddetto interesse nazionale, ha sicuramente più valore strategico ciò che accade nella zona di frontiera con il Messico, dove moltissime imprese hanno delocalizzato i loro stabilimenti, approfittando di manodopera a basso costo, e quindi di un rapporto migliore tra capitale fisso e capitale variabile, piuttosto che nei sobborghi industriali della città di Detroit, ormai abbandonati ed economicamente desertificati. Lei non tiene conto del fatto che la nostra idea di comunità nazionale, è saldamente legata a quella di un mercato nazionale, e quindi attraverso il mercato nazionale, a quel sistema costoso e inefficiente, che lei giustamente considera frutto del compromesso fordista; è quello che tutto insieme viene definito con l’espressione “coesione sociale”. Oggi abbiamo bisogno di andare oltre questo concetto di nazione, con tutto ciò che a esso è collegato, interesse nazionale, comunità nazionali, solidarietà nazionale e via continuando. Ciò di cui abbiamo bisogno, per garantire profitti e dividendi, è di grandi aree macroeconomiche, aree strutturalmente disomogenee, che racchiudano in se i vecchi concetti di nord e sud del mondo, aree all’interno delle quali sia possibile pianificare una nuova ripartizione del lavoro, aree in cui sia possibile affiancare processi di distruzione e valorizzazione, aree nelle quali il tema della cittadinanza e dei diritti collegati, cessi di essere un dogma astratto e venga riconsiderato in relazione a diversi parametri. Guardate la realtà, immaginate cosa potrebbe significare garantire diritti di cittadinanza ai milioni di contadini cinesi che quotidianamente si spostano nelle città industriali dalle campagne più arretrate; ovviamente i cinesi non ci pensano affatto. In India, quasi un miliardo di “cittadini”, condivide la partecipazione ad un simulacro di democrazia parlamentare, mantenendo inalterato il sistema delle caste. In Corea o nel Sud-Est Asiatico, nessuno si illude che l’interesse dell’economia coincida con l’aumento dei diritti e del benessere per tutti i cittadini. Nella stessa Europa è evidente che la costruzione di una grande area economica, non prevede in alcun modo un comune livello di diritti e di consumi, ne tra i diversi stati nazionali, ne all’interno degli stessi stati nazionali; non esiste un cittadino europeo, perchè un lavoratore italiano o greco, vive in competizione con uno rumeno o un polacco, e perchè tutti insieme costoro, non


164 raggiungeranno mai gli standard di un lavoratore tedesco. E poi guardate Londra, la capitale del capitalismo finanziario, sconvolta dai saccheggi di una plebe che certo non ha molto a cuore l’interesse nazionale. Solo noi in America ci attardiamo a presentare il nostro sistema, come un corpo omogeneo di interessi, in cui crescita economica, aumento dei consumi e garanzie del diritto, legano ogni cittadino, dal disoccupato immigrato di prima generazione che vive in un sobborgo urbano, fino all’uomo d’affari, in cui interessi spaziano in ogni parte del globo. E chiamiamo tutto ciò interesse nazionale. Ma questo era vero nel secolo passato, quando solo l’occidente era luogo di scambi e quindi di valorizzazione del capitale, e nel vecchio terzo mondo si attuavano principalmente le dinamiche di distruzione e appropriazione; su questa divisione si basava il compromesso fordista, compromesso che oggi non ha più senso.-Signor Fraeb, mi rifiuto di credere che la fine del compromesso fordista debba coincidere con la fine di una storia nazionale gloriosa, di cui ogni cittadino americano può trarre ragione di vanto ed orgoglio.-Lei può credere ciò che preferisce, è nel suo diritto, ma ciò non cambia il fatto che oggi le più grandi aggregazioni urbane e produttive, sorgano al di fuori dell’occidente, e sono immense bidonville, in cui si ammassa una gran quantità di forza lavoro e in cui le dinamiche di relazione sociale, sono regolate da fattori che nulla hanno a che vedere con la nostra idea di cittadinanza e di nazione. Una immensa miseria che convive negli stessi luoghi in cui i processi di valorizzazione danno luogo a immense accumulazioni di capitale; e in questi luoghi dove i processi di valorizzazione e di distruzione convivono, è possibile il permanere di un rapporto adeguato tra capitale fisso e capitale variabile e quindi un adeguato saggio di profitto. Ciò che accade sulla frontiera del Messico è significativo, oltre che molto eccitante, laddove l’immensa crescita industriale, causata dai processi di delocalizzazione, non si accompagna certo alla crescita di diritti, ma piuttosto, l’accumulo di grandi ricchezze ha prodotto il sorgere di una distruttiva economia illegale, corruzione, massacri, morti per droga, un inferno estremamente profittevole, in cui i processi di distruzione e produzione, avvengono in contemporanea. Ciudad Juarez è una città che ha molto da offrire, soprattutto le sue giovani femmine, che nessuno tra l’altro, chiede indietro. E’ in questo il futuro, il capitalismo dell’occidente non può che adeguarsi, e se possibile assumere la leadership di questo processo, facendo valere la sua forza militare, il suo potenziale finanziario e soprattutto la sua possibilità di attuare un’immensa e rigeneratrice distruzione di tutti i rapporti sociali che l’hanno fin qui caratterizzato. Può considerarla un impresa gloriosa, e di cui le classi dirigenti


165 americane potranno trarre ragione di vanto e di orgoglio, se questo le può far piacere.-Signor Fraeb, non posso credere che gli interessi del grande capitale americano, possano essere diversi da quelli del popolo americano, di quella comunità operosa, proba e fiduciosa in Dio, che ha costruito il nostro grande è bel paese!-Signor Procuratore non si inalberi, condivido con lei la coscienza della superiorità morale di questa America, bianca, anglosassone e protestante, che oggi vive assediata nei sobborghi residenziali, circondati da guardie armate private, e che lei pensa di poter difendere con una politica economica rigorosa e moralizzatrice, contrastando l’immigrazione clandestina, inasprendo le pene per chi delinque, e ovviamente salvaguardando l’identità cristiana dall’attacco di omosessuali e abortisti. Quando vorrà scatenare una crociata sarò con lei. Ma non è con questo che si fanno i soldi, non è con questo che pagherà la sua iscrizione al Golf Club, ne le cure estetiche della sua bella moglie.-Signor Fraeb, il suo grande prestigio non l’autorizza comunque a esprimersi...-Non se la prenda Procuratore Bradstreet, siamo fra persone che condividono i medesimi valori fondamentali, persone dello stesso ambiente, non ho di fronte a me un avvocaticchio ebreo che vive difendendo gangster negri, e sono convinto che nel vecchio sud dove sono nato, abbiamo molte amicizie in comune fra quelli che lei chiama Veri Americani. Per questo le dico di guardare la realtà, la nuova realtà: il futuro dell’America, il nostro futuro, dipenderà da quanto sapremo distruggere il vecchio mondo intorno a noi e imparare a convivere con il nuovo che cresce. Già oggi, mentre la politica si attarda in futili discussioni sul debito pubblico e il pareggio di bilancio, l’appartenenza etnica, il credo religioso, l’affiliazione a organizzazioni criminali, l’appartenenza ad un gruppo con un particolare orientamento sessuale, stanno disegnando un’altra America e un altro Occidente, la distruzione e la decadenza avanzano, producendo nuove sovrastrutture, nuove forme di relazione sociale, e con essa nuove opportunità di profitto e di valorizzazione del capitale, e voglio aggiungere, nuove opportunità di piacere, di godimento: questo è il mondo nuovo. Quando ogni città americana saprà garantire i profitti di una Ciudad Juarez, e ovviamente i suoi stessi piaceri, quando nei nostri sobborghi gli scontri tra minoranze etniche saranno paragonabili ai massacri tra induisti e mussulmani che vivacizzano la democrazia indiana, quando avremo risolto il problema della casa facendo dormire gli operai negli scantinati dei laboratori come fanno in Cina, e magari offrendo ai più gio-


166 vani fra loro l’opportunità di arrotondare, assecondando i desideri del loro caporeparto, quando ogni stato dell’Unione scoprirà che i suoi interessi vengono prima di quelli della stessa Unione, e quindi li difenderà con una propria milizia armata, quando per ottenere il consenso sociale, sapremo far tesoro dell’esperienza delle mafie, capaci di guadagnare attraverso il consenso, invece di spendere per esso, come ben sanno in Italia, allora il lavoro sarà completo, e le elite a cui la storia ha assegnato il dovere e il diritto di dominare, potranno usare del loro capitale, delle loro immense risorse finanziarie, per imporre un nuovo ordine, sulle macerie del vecchio, un ordine in cui finalmente la violenza, l’abuso e la sopraffazione saranno l’indice dell’autorità e dell’eccellenza, l’autorità e l’eccellenza senza limiti dell’uomo superiore. Ma perchè ciò sia possibile non c’è bisogno di lanciare crociate, basta affidarsi all’unica forza reale, all’unica forza incontrastabile, quella del capitale che produce e distrugge incessantemente, l’unica vera forza della storia, ed è nel dominio di questa forza che l’uomo si riscatta dalla sua triste condizione di ombra di una divinità da lui stesso inventata, e che lo obbliga alla frustrante coscienza della propria inevitabile alienazione. Ma tutto ciò credo che esuli, dai piccoli problemi di contabilità che questa Corte affronta.-Signor Fraeb questa Corte non è interessata a valutare le sue discutibili e apocalittiche visioni.-Ne io sono interessata a convincerla. Fate il vostro lavoro, vi auguro di svolgerlo bene e fino in fondo.-Signor Presidente ho esaurito le mie domande, per quanto mi riguarda possiamo permettere al signor Fraeb di tornare ai suoi numerosi impegni.-Grazie signor Procuratore, e grazie anche a lei signor Fraeb.-Di nulla sempre a vostra disposizione.La figura in nero si alza con uno scatto dalla sedia, quasi mettendosi sull’attenti, poi con le sue movenze quasi meccaniche, si dirige verso l’uscita, seguita dallo sguardo sollevato dei presenti. Sul volto dell’imputato, un espressione di angoscia, come il ritorno di un rimorso antico.-

Dick Brewster, studio di Wolf TV -Amici telespettatori, spero che dopo aver sentito questa testimonianza ci stiate ancora seguendo, perchè mi rendo conto che quanto abbiamo visto mal si concilia, con un pur intelligente intrattenimento televisivo. Mi scuso con voi, abbiamo dovuto ascoltare delle complesse e poco comprensibili elucubrazioni, condite da molto discutibili valutazioni personali, e posso solo dire a discolpa mia e di tutta Wolf TV, che questa


167 testimonianza non era prevista nel canovaccio, si è aggiunta in corso d’opera, e non è stato possibile saperne nulla, prima di ascoltarla in diretta insieme a voi. Ma questa è una reality-fiction, un prodotto televisivo innovativo e sperimentale e quando si ha il coraggio di sperimentare può accadere anche questo... Non so se i nostri ospiti in studio vogliono commentare quanto abbiamo visto o se invece sia più opportuno...-Scusami Dick credo di dover dire assolutamente qualcosa, dopo quanto abbiamo sentito. Io presiedo un associazione di giovani imprenditori e penso di dover dire anche a nome di tutti coloro che rappresento, che quanto abbiamo visto e sentito non rappresenta in alcun modo il nostro spirito, lo spirito del giovane capitalismo americano. Per chi come me ha frequentato i seminari di formazione alla Columbia University sul tema “Meritocrazia ed estetica: l’eccellenza come apparenza”, queste concezioni di una presunta superiorità, sono una pura e semplice assurdità. Oggi, nel nostro mondo basato sulla comunicazione visiva, ciò che veramente produce un discrimine, non è l’appartenenza a una razza, o il colore della pelle, ma la bellezza, attraverso cui si esprime tutto ciò che è sano, positivo, giovane. E’ finito il tempo delle razze superiori, oggi grazie alle cure estetiche, alla chirurgia plastica, al fitness, alle diete, tutti potranno apparire belli e attraverso la bellezza farsi avanti nella vita; stiamo mettendo sul mercato nuove linee di prodotti, alla portata di tutti, con i quali finalmente potremo eliminare quegli inestetismi, come i capelli crespi, la carnagione olivastra, il naso camuso, che tanto hanno influito nel prodursi di insensati pregiudizi razziali. Stiamo lavorando con fiducia ad un mondo migliore, un mondo in cui non ci sarà più la possibilità di discriminare qualcuno per la sua razza o il colore della pelle, ma solo la bellezza sarà un valore, una bellezza alla portata di tutti, anche per le classi meno abbienti, che finalmente potranno aspirare ad apparire eguali ha coloro che sono ai vertici della scala sociale. L’estetica è la chiave di un nuovo egualitarsmo, e ancora una volta sarà il mercato a offrire questa nuova opportunità di eguaglianza. E’ con questo spirito, con questi ideali, che faccio il mio lavoro di imprenditrice.-Grazie Shirley, il mondo ha veramente bisogno di bellezza. E tu Al hai qualcosa da dire su questo signor Fraeb?-Capisco Dick che il signor Fraeb non abbia le caratteristiche giuste per essere un divo della televisione, eppure personaggi come lui possono fare cose che altri non oserebbero fare, cose a volte spiacevoli, ma necessarie... Penso comunque che alla fine la sua testimonianza non abbia giovato a nessuna delle parti; uomini come il signor Fraeb, sono difficili da maneggiare, non si piegano all’interesse di nessuno, forse perchè hanno chiari


168 quali sono i loro interessi...-Interessi, lasciamelo dire che sembrano piuttosto discutibili...-Hai ragione Dick, discutibili è dir poco, forse sarebbe più preciso dire patologici... ma io per principio evito di andare a curiosare negli angoli bui della mente degli altri... e penso che sia la cosa migliore da fare.-Forse hai ragione, forse hai ragione... va bene, è il momento della pubblicità, ci vediamo tra poco amici telespettatori, per entrare nella fase finale del processo, il momento in cui accusa e difesa, scopriranno le carte, il momento delle arringhe finali. A tra poco amici.-

New Orleans, Louisiana, una baracca in un quartiere distrutto dall’uragano Cathrina Una camera da letto in disordine, bottiglie di alcolici e lattine di birra in giro, sul comodino siringhe e un laccio emostatico; un uomo con i pantaloni abbassati al ginocchio è disteso supino sul letto, la donna , bianca, giovane e sfiorita, in mutandine e reggiseno, guarda il televisore. -Joe, ehi Joe, quel tipo in televisione, quella specie di mostro...-Che vuoi, lasciami in pace... me la sto godendo...-Lo conosco Joe, lo conosco quel bastardo in televisione, lo conosco...-Ahaa... che vuoi che me ne fotta … lasciami in pace...-L’ho incontrato in un bar, il depravato... e adesso è lì in televisione... e sembra uno importante...-Ok, ok, c’è una celebrità nella tua clientela, alza le tariffe, così la prossima volta che devi farti non toccherà a me pagare...-Un bastardo depravato... mi ha detto che voleva una ragazza bionda, era stanco di puttane negre... a dirla tutta mi faceva un po’ schifo... ma la roba era buona, roba di prima qualità... e il portafoglio gonfio... -E dov’è adesso? Te lo sei lasciato scappare? Non dovresti farti quando lavori, ai clienti non piace e a letto non vali un cazzo...-Me l’ha data lui la roba, voleva vedermi fatta... te l’ho detto è un depravato... e poi violento, fino a che era lui a strillare potevo stare al gioco... ma poi mi ha messo paura...-Ecco una volta che c’era da fare un po’ di soldi sei scappata.-Non sono scappata... c’era quella roba e il portafoglio... sono riuscita a chiamare un amico... quando l’abbiamo lasciato con il sangue che gli colava da quella specie di naso, non sembrava più in vena di fare giochini... abbiamo fatto festa quella sera.-E chi è quest’amico così fortunato?-Un amico, lascia perdere...-Chi se ne fotte, infatti.-


169 -E adesso è lì in televisione... come uno importante... hai capito?-Si ho capito, ho capito...-Io no invece, io non ho capito...-Che vuoi capire... che c’è da capire? Una puttana drogata e un pervertito con i soldi e la roba buona... tutto chiaro no? Semplice.-Però uno così non dovrebbe andare in televisione...-Ok, allora cambia canale e non rompere le palle.-

Dick Brewster, studio di Wolf TV -Ancora con voi amici telespettatori, inizia il rush finale di questo lungo viaggio nelle ragioni profonde della crisi. Siamo giunti finalmente al punto in cui si dovranno tirare le fila, accusa e difesa dovranno convincere la giuria delle loro tesi, e per farlo non basteranno le capacità oratorie, perchè questa giuria, composta di insigni studiosi, non si farà certo suggestionare dalla retorica, ne condizionare dai sentimenti. Per convincerli serviranno ragionamenti chiari, analisi rigorose, conclusioni incontestabili: sarà una dura prova per loro, e un grande spettacolo per noi e per tutti voi che ci guardate da casa. E quindi in aula, si comincia.L’inquadratura è sul procuratore Bradstreet che al suo banco si attarda nella consultazione degli appunti; zoommata e primo piano sulle mani che con una punta di nervosismo raccolgono e sistemano i vari fogli. La camera si allarga lentamente sulla sala inquadrando la giuria, raccolta intorno al professor Prescott, ancora una volta impegnato al telefono. Il Presidente li guarda scuotendo la testa. -Signori giurati , per favore, posso avere la vostra attenzione?Mentre Prescott con la fronte contratta dalla tensione, si attarda al telefono ancora un minuto, gli altri giurati seppur con una certa riluttanza, riprendono il proprio posto. Bailey guarda con impazienza Prescott, che finalmente chiude la comunicazione, poi prende la parola. -Prima di dare la parola al Procuratore Bradstreet, devo purtroppo farmi interprete di esigenze estranee al procedimento in corso, ma strettamente connesse alla fruizione televisiva del processo stesso, processo che come tutti sappiamo è presentato in diretta TV a tutta la Nazione. Le esigenze e i tempi televisivi non rendono possibile l’ascolto in aula della dettagliata disamina delle testimonianze, per cui chiedo alle parti di esporre solo gli aspetti salienti della loro tesi, mettendo a disposizione della giuria il testo integrale delle arringhe, che sarà così messo agli atti. Vi chiedo quindi di farmi avere copia delle arringhe della difesa e dell’accusa in tempo utile, perchè la giuria possa esaminarle in separata sede con il doveroso scru-


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polo.-Signor Presidente ho qui già pronto in cinque copie il testo integrale della mia requisitoria-Grazie Procuratore Bradstreet.-Anch’io ho pronto il testo in cinque copie della mia arringa.-Grazie avvocato Zimmerman. Bene a questo punto possiamo procedere, Procuratore Bradstreet, a lei la parola per l’arringa conclusiva.-Grazie signor Presidente.Bradstreet lascia il suo banco e con lentezza che tende alla solennità, raggiunge il centro della sala, da dove in piedi, si rivolge alla Corte. -Signor Presidente, signori della Corte Quando ho accettato questo incarico, sostenere l’accusa nei confronti di un grande personaggio della storia americana, sapevo che mi sarei alienato la simpatia di molti e che io stesso avrei provato un profondo disagio; ciò nonostante non mi sono sottratto a quello che consideravo un mio dovere, per la profonda convinzione che il servizio alle istituzioni, è ancor più onorevole quanto più esso è gravoso o addirittura odioso. Ma nell’affrontare questo doloroso incarico, mi è stata di sostegno la convinzione, che quando ci si applica al proprio dovere, con serietà, discrezione, rigore e sobrietà, nulla si deve temere dalla propria coscienza, quand’anche, e dico ciò per ipotesi ad absurdum, quand’anche in assoluta buona fede, ci si dovesse trovare in errore. E non è questo il caso! E allora signor Presidente, signori della Corte, lo ribadisco, serietà, discrezione, rigore e sobrietà, cioè in una sola parola, i fatti, semplicemente i fatti, concretamente i fatti. Perciò in questa mia modesta perorazione, non mi perderò dietro le mille opinioni, i variegati ragionamenti, le grottesche affermazioni, con cui la difesa ha voluto beneficiare il pubblico televisivo, ma rimarrò ai fatti, quei fatti che attraverso precise e circostanziate testimonianze sono stati ricostruiti in quest’aula, e che ognuno di voi ha avuto modo di constatare. E la Corte mi scuserà se l’improvvida se non risibile linea della difesa, mi obbliga a partire dal primo di questi fatti, il reato stesso, che la difesa sostanzialmente nega, e che con brevi e precise parole voglio in quest’aula ricordare, in tutta la sua drammatica concretezza: la crisi economica, l’indebitamento, la riduzione dei profitti per le imprese, cioè in una sola espressione, la svalorizzazione di tutto il nostro sistema economico, cioè del nostro stesso vivere sociale. Eppure questo fatto, indiscutibile e concreto nell’esperienza di milioni di cittadini americani, cessa di esistere nell’esposizione delle tesi difensive, per trasformarsi in un ambiguo e indefinito “fisiologico adattamento alle nuove necessità dei mercati”, di cui ovviamente nessuno, e ancor


171 meno l’imputato può essere considerato responsabile, quasi non fossimo noi liberi cittadini di una libera nazione, gli artefici e i responsabili della nostra storia, ma i passivi e succubi esecutori di disegni imperscrutabili e misteriosi, a cui non possiamo che “fisiologicamente adattarci”. Così con la negazione stessa dei fatti, che la difesa pretende “non sussistenti”, non solo si nega la palese evidenza, ma con essa il diritto e il dovere di ogni cittadino all’assunzione di responsabilità rispetto alla propria storia e al proprio presente. Certo se questo fosse solo l’inconsistente tentativo di sottrarre un personaggio importante al giudizio della storia, non avremmo granchè di cui dolerci, salvo forse per la futura carriera di un giovane avvocato la cui fama è dovuta più al clamore dei media, che ai giudizi dell’aula. Purtroppo però non di solo questo si tratta, perché dietro l’apparente cialtroneria, in realtà si cela un disegno ambiguo di levantina raffinatezza, disegno che proseguendo nell’esame dei fatti si paleserà con nettezza, e di cui ora solo posso dire, che il suo esito è quello di disarmare l’occidente intero, di fronte al più grave attacco mai condotto contro la sua leadership planetaria. Questo attacco, che punta a spostare i processi di valorizzazione del capitale lontano dai luoghi in cui il capitalismo stesso affonda la sua storia, può ben avvantaggiarsi dei guasti prodotti dal sistema fordista, che riducendo saggio di profitto e opportunità di valorizzazione sui nostri mercati, è stato la quinta colonna interna, di un complotto internazionale contro l’occidente. Bene signor Presidente e signori della Corte, ho troppa fiducia nel vostro buonsenso, per attardarmi a confutare la presunta “non sussistenza” dei fatti, so per certo che voi, come me e come ogni cittadino americano non mosso da malafede, sapete che la crisi è vera e reale. Vengo ora invece alla richiesta di assoluzione per seminfermità mentale fatta in via subordinata dalla Difesa, e vi giuro che è per me doloroso anche solo il soffermarmi sull’offensiva eventualità che uno tra gli uomini più notevoli della nostra storia nazionale, possa essere considerato incapace di intendere e volere. Ma tant’è, con la leggerezza superficiale, di chi non sente il dovere di difendere la propria storia, si offende una nazione intera, che da un debole di mente sarebbe stata condizionata, e con il presunto tentativo di salvare l’imputato, se ne distrugge in realtà l’immagine e la dignità. So che a voi, la cui mente ispirata allo studio e alla conoscenza è indenne da ogni malafede, questo tentativo di difesa offensivo e platealmente infondato, potrà sembrare solo l’inciampare incauto di un giovane avvocato inesperto, ma io, uso per competenza ed esperienza a considerare e sospettare le nequizie del mondo, sono di tutt’altro avviso e non posso che temere, che ciò che appare solo come una richiesta assurda e irricevibile,


172 sia in realtà un tentativo di colpire a fondo la fiducia negli ideali americani, quegli ideali che se anche possono produrre alle volte errori, sempre sono mossi dallo spirito della generosità, del coraggio e della libertà. Signor Presidente, signori della Corte, può forse apparire un paradosso, che l’accusa nel momento in cui chiede la condanna dell’imputato, si preoccupi di tutelarne l’immagine e la dignità, a fronte di una difesa che con il pretesto di ottenerne l’assoluzione, mira a mostrarlo come mentalmente debole, ma se pure ciò può sembrare un paradosso, tale non è, perché compito dell’accusa non è quello di demolire la personalità dell’imputato attraverso la condanna e la pena, ma riscattarla, perché l’imputato messo di fronte alla verità della propria colpa possa da essa redimersi. Era per me doveroso iniziare la mia arringa rimarcando l’inconsistenza delle tesi della difesa, ma certo non è questo il più importante dei miei doveri. Più importante certamente è sottoporre alle valutazioni della Corte i fatti così come sono accaduti, perché da essi emerga chiara la responsabilità dell’imputato. Signor Presidente, Signori della Corte i fatti hanno parlato con chiarezza in quest’aula, attraverso le testimonianze dell’accusa, testimonianze per il cui esame vi rimando al testo completo della mia requisitoria che è già a vostra disposizione. Da quell’esame, che il carattere peculiare di questo procedimento non mi permette di ripercorrere in aula, risulta chiaro e coerente il quadro accusatorio narrato dalla viva voce dei testimoni dell’accusa, gente comune, come il giovane Wesley Hampton, sua madre Lynn Carter, l’uomo d’affari Albert Hoover o il meschino Irving Russell, oppure personaggi pubblici di grande importanza, come il finanziere William Bates, l’industriale Frank Guascone o la governatrice Vera Aulin. Dallo stesso esame emerge l’inconsistenza della strategia della difesa, i cui testi sembrano essere stati chiamati più che per testimoniare su fatti a loro noti, per intrattenerci con legittime quanto vacue opinioni, come nel caso del senatore Warren Hays, o peggio per offendere l’aula con lo spettacolo delle loro miserie, come nel caso del guitto politico italiano Francesco Varricchio, del sedicente sindacalista Josè Romualdo Ibanez, del noto gangster Mike Dotti e del sovversivo evasore fiscale Wesley Hampton Senior. Unica a offrire un qualche interesse tra le testimonianze della difesa è quelle del signor Charlie Fraeb, questo conradiano signor Kurtz, che ci guida nel Cuore di Tenebra del capitalismo, senza peraltro offrire alcun elemento utile alla difesa. Signor Presidente, signori della Corte, nel rimandarvi ad una attenta riflessione sulla dettagliata disamina delle testimonianze, il cui testo è a vostra disposizione, non posso che richiamarvi alla solennità del vostro compito, all’importanza fondamentale di un verdetto che non solo giu-


173 dichi l’operato di un uomo, ma segni di fatto un discrimine, ci permetta di abbandonare le sirene ipocrite che hanno funestato il secolo passato; l‘egualitarismo, primo fra tutti, che sconfitto nella sua forma più rozza, quella del comunismo, espulso dalla storia umana, oggi si ripresenta nella sua variante più ambigua, un liberismo plebeo, interetnico, consumistico, indebitato e insolvente, dove ognuno può misurarsi con l’altro solo sulla base della propria meschina avidità. Signor Presidente, signori della Corte, quando i Padri Pellegrini affrontarono l’oceano per fondare una nazione, quando il meglio dell’aristocrazia anglosassone, venne nel Nuovo Mondo, per sfuggire alla decadenza del Vecchio, non lo fecero certo per lasciare ai loro discendenti un paese senza identità, senza regole, senza principi, un paese satollo e grasso dei suoi consumi e incosciente delle sue catene, le catene del debito i cui anelli scorrono fra le mani di personaggi ignoti e oscuri, personaggi senza una storia e senza una patria, personaggi che fanno dell’usura il loro terreno d’elezione, e il cui unico obbiettivo e l’omologante appiattimento con cui asservire ogni nobiltà, ogni merito, ogni eccellenza. Signor Presidente, signori della Corte, all’inizio di questa mia requisitoria, avevo accennato ad un disegno ambiguo di levantina raffinatezza, e ora che mi avvicino alla conclusione, penso di aver reso chiaro questo disegno: il mondo delle transazioni finanziarie, degenerato in un grande mercato usuraio, in cui gli stessi stati sono dominati da interessi oscuri; una politica imbelle asservita ai poteri dell’usura e ricattata dal consenso elettorale; una società frammentata, senza identità, senza principi, senza storia, corrotta e imputridita da un consumismo sfrenato. Non spetta a me in questa sede identificare l’oscura regia che si cela dietro questo disegno, ma posso almeno rilevare il paradosso, che ha fatto si che l’uomo a cui si deve la pubblicazione e la diffusione dei “Protocolli dei Savi di Sion”, sia divenuto l’incosciente strumento di un disegno, che sembra ricalcare le orme dello scellerato complotto giudaico-massonico del secolo passato. Questa è la realtà, signor Presidente signori della Corte, una realtà che a tutti impone scelte chiare e senza compromessi. L’operato dell’imputato Henry Ford, la sua incosciente illusione di un mondo di consumi per tutti, un mondo di alti salari, il mondo di uno stato perennemente indebitato e di una politica debole e strutturalmente soggetta al ricatto del consenso, questo mondo va condannato, perchè da questa condanna, le forze migliori della Nazione potranno trovare impulso e incoraggiamento, nel difficile compito di contrastare la barbarie avanzante. Signor Presidente, signori della Corte, c’è un America che attende con


174 ansia e voglia di riscatto il vostro verdetto, un America sana, che lavora nelle nostre fattorie, che vive nelle piccole comunità di provincia, lontano dai clamori di metropoli invase da non Americani e corrotte dal vizio, c’è un America solidale all’interno della sua comunità, e pronta a difendere quella stessa comunità da ogni pretesa esterna, c’è un America in cui il padrone e l’operaio salutano insieme la bandiera che s’alza al mattino nel giardino di casa, c’è una America generosa con i meno fortunati, quando essi chiedono con doverosa umiltà, e non pretendono con ingiustificata arroganza, c’è un’America che crede nella famiglia naturale, nella sacralità della vita, che depreca la devianza sessuale quando nasce dal vizio e la commisera, quando è frutto di malattia, c’è un America che sa che il giusto profitto è il frutto del merito e dell’eccellenza e quindi il seme della ricchezza della Nazione, c’è un America che accetta la subalternità del lavoro, perché sa che da essa nasce la valorizzazione del capitale, valorizzazione che è il terreno su cui competono le eccellenze umane. Signor Presidente signori della Corte, c’è un’America che sa che la valorizzazione del capitale è il segno stesso della Grazia Divina, e come tale spetta a chi a questa Grazia è predestinato, e non a chi al di fuori di questa Grazia vive. Questa era l’America prima di Henry Ford, questo sarà l’America dopo la sua condanna. Signor Presidente, signori della Corte, mi appello a voi. Grazie.Si allarga l’inquadratura, nel silenzio dell’aula, i passi del Procuratore che torna al suo posto.

Studio di Wolf TV, Dick Brewster -Eccoci a voi amici telespettatori, sgomenti e preoccupati per quanto abbiamo ascoltato. Un attacco alla leadership mondiale dell’occidente, e l’imputato definito addirittura una quinta colonna interna. Avete ascoltato tutti le parole del Procuratore Bradstreet, c’è veramente di che essere preoccupati? Shirley voglio sentire la tua opinione, pensi anche tu che i giovani imprenditori americani che tu rappresenti, dovranno misurarsi con un occidente sotto attacco, assediato e a rischio di declino?-Ma no, ma no, il Procuratore Bradstreet, lo dico con il massimo rispetto, parla di un America ormai residuale, oggi il concetto di valorizzazione si apre a nuove frontiere e nuove opportunità. Noi giovani imprenditori non temiamo il confronto con il mondo, siamo sicuri che se sapremo andare oltre le vecchie certezze, puntare sull’innovazione, guardare a nuovi modelli, possiamo aprire a nuovi mercati, mercati sui quali non dovremo temere la concorrenza di nessuno. Le faccio un esempio, ho tenuto lezioni


175 nelle principali università dell’occidente sul tema “Promozione sociale, valorizzazione economica e depilazione maschile: quando anche un pelo è di troppo”, e l’ho fatto non solo per dimostrare i vantaggi sociali di un epidermide liscia, morbida, piacevole al contatto, ma anche e soprattutto per spiegare come dal rinnovamento della nostra immagine possono nascere nuove opportunità. Ma sapete che malgrado la crisi, l’unico settore che continua ad espandersi è quello delle cure estetiche? Perché la gente sa che qualcosa sta cambiando, che è ora di rinnovarsi e riscoprirsi. E allora è questo di cui abbiamo bisogno di un vero e proprio restyling, di rinnovare la nostra immagine nel mondo, renderla gradevole, affascinante, seducente, non è più il tempo di rozzi cow-boy, di detective con l’alito pesante di whisky e tabacco, di Rambo sudaticci e unti, non è questa l’America che può far sognare, e i sogni sono ancora la nostra principale esportazione. Con tutto il rispetto per il Procuratore, basta con questa vecchia America maschile, aggressiva, bigotta e sessuofobica, dobbiamo rinnovarci, e per competere c’è bisogno di un America giovane, bella, sana, gioiosa, disponibile e aperta a ogni esperienza, ad ogni incontro, un America che combatta la nostra piaga nazionale, il grasso in eccesso, che insegni nelle scuole il valore anche economico di un corpo attraente, che selezioni su criteri estetici la sua classe dirigente, perché questo è il mondo dell’immagine, e noi qui in America l’abbiamo creato. Per fortuna abbiamo un presidente che sta facendo molto per affermare questa nuova immagine dell’America, un uomo giovane, affascinante, che spicca ed emerge negli incontri internazionali, e il cui fascino è l’evidente garanzia del ruolo del nostro grande paese. Guardatelo a confronto con quel dittatore iraniano, è evidente che fra i due non c’è partita. Ma forse sono andata un po’ fuori tema?-Ma no Shirley, il tuo contributo è interessantissimo, una visione forse un po’ particolare, ma che offre comunque nuove opportunità. Tu che ne pensi Al? E soprattutto volevo chiederti, se fossero vere le accusi del Procuratore, a questo punto basterebbe condannare Henry Ford?-Beh, in attesa di diventare i parrucchieri e i visagisti del sistema economico mondiale, penso che dovremmo confrontarci con i timori di cui Bradstreet si fa portavoce. Tu mi chiedi se a questo punto servirebbe a qualcosa condannare Ford? Io credo di si, credo che se verranno accertate le responsabilità, la condanna di Henry Ford, sarebbe assolutamente necessaria, e questo perché tutti sappiano, che chi sbaglia, anche involontariamente, paga: dopo la sua condanna, nessuno potrebbe più pensare di farla franca, ne un giovane irresponsabile, ne un politico accomodante. E’ questo ciò a cui punta Bradstreet, la fine di un sistema di acquiescenza,


176 tolleranza, connivenza di cui in qualche modo Ford e il fordismo, sono stati i responsabili. Ognuno torni al suo posto, ognuno faccia il suo lavoro e chi sgarra paga… anche questo è un modo per uscire dalla crisi. Certo può sembrare non troppo popolare, specialmente per chi in questa società occupa un posto scomodo, o addirittura non ha nessun posto, ma è proprio lì la questione, i posti buoni sono pochi e già occupati e chi arriva dopo o prende quel che rimane, o è meglio che sloggia. Dopotutto ognuno a casa propria ragiona così, e questo è un ragionamento che alla fine può essere facilmente compreso da tutti.-Si ma scusa Al, forse Bradstreet non sottovaluta un po’ troppo la dimensione internazionale della crisi, le conseguenze della globalizzazione economica…-Si forse, ma penso che di ciò si curi poco… dopotutto Bradstreet ha parlato chiaramente di un’America prima di Henry Ford, e quell’America era l’America della dottrina Monroe, l’America contraria al presidente Wilson e all’intervento nella 1° Guerra Mondiale, un America che non si curava del mondo, ma che non permetteva a nessuno di entrare nel suo di mondo. E anche questa è una cosa semplice a capirsi, sai quando le cose si mettono male, ognuno bada ai fatti suoi, impara a contare su quel che ha, non permette a nessuno di ficcare il naso in casa propria; basta guardare quello che accade in Europa, dove ognuno cerca di farsi uno stato a casa sua: una quantità di staterelli nati come i funghi in Europa dell’est, e una quantità di movimenti indipendentisti all’ovest, che non aspettano che l’aggravarsi della crisi per giocare le loro carte.-Ok Al, ho capito di cosa parli e a dirla tutta li capisco questi europei che vogliono comandare a casa loro, io ho il loro stesso problema, ma non mi basta l’indipendenza, a me serve il divorzio, che però costa molto di più.-Sei sempre grande Dick.-Grazie Al, e con questa rivelazione possiamo andare in pubblicità.-

Dintorni di Lancaster, Pennsylvania, all’uscita di un bar lungo una strada statale. Due uomini, vestiti di scuro con semplici abiti di foggia ottocentesca, lunghe barbe e ampi cappelli a larga tesa, stazionano vicino ad un calesse nero, fermo fra le auto del parcheggio. -Fratello Isaac, non penso che questa sera abbiamo fatto una buona cosa secondo le regole della comunità.-Hai ragione fratello Jacob, ma non sempre l’uomo può fare delle buone cose, per questo egli non si affida alla sua vana presunzione, ma al Padre Nostro che ci dona la salvezza, e che saprà guardare a un povero pecca-


177 tore, cui il cibo pesante della cognata, procura spasmi intestinali estremamente dolorosi, oltre che imbarazzanti, quando si è in viaggio, lontani dalla propria casa.-Fratello Isaac, il male non è stato entrare nel bar, che la necessità può portare l’uomo in ogni luogo, ma l’essercisi fermati più del dovuto, e soprattutto per guardare cosa…-Hai ragione fratello Jacob, mai nella mia vita ho subito le lusinghe dell’aborrito schermo, ma quell’uomo che parlava nella televisione, sembrava avere qualcosa da dire…-Di cosa poteva dire se non della vanità di colui che crede di parlare alle moltitudini, mentre in realtà attraverso di lui parla lo schermo, e attraverso lo schermo il demonio. E noi l’abbiamo guardato!-Hai ragione fratello Jacob, eppure se anche era un peccatore, forse non lo era in malafede. Abbiamo sentito solo le ultime parole, ma parlava contro la corruzione della società, la vanità dei consumi e dei lussi, chiedeva una società più sobria, più unita, più rispettosa della vita e delle tradizioni, diceva che ogni uomo deve stare al suo posto e collaborare con gli altri, ammoniva contro l’inutile orgoglio della ricchezza economica e quindi…-La via della Salvezza non è nella declamazione del Verbo, la cui verità è già manifesta a chi ha il dono della Fede, perché la Fede è dono di Dio, e solo da lui può essere dispensata; la via della Salvezza non ha bisogno di falsi profeti, ma di umili testimoni, che nella vita d’ogni giorno si trasformano nell’immagine del Salvatore.-Hai ragione fratello Jacob, ma ha fatto anche appello alla Grazia Divina…-Peggio fratello Isaac, peggio, fare appello alla Grazia Divina, parlando dallo schermo da cui si diffonde ogni umana nequizia, un vero sacrilegio… -Hai ragione fratello Jacob, ma la Grazia Divina non è un privilegio della nostra comunità, e solo il Signore Onnipotente sa come, quando, e a chi essa si manifesta.-Ma l’uomo modesto e timoroso del Signore, non cerca la Grazia come un bambino disperso sui sentieri sconosciuti del Mondo, dove il Vizio e il Peccato sono in agguato, ma umilmente l’attende, vivendo con sobrietà nel rispetto della Tradizione.-Hai ragione fratello Jacob, ma la Tradizione non impedisce di aver fiducia nell’uomo, che è fatto a immagine di Dio.-Fratello Isaac, fratello Isaac, ma quell’uomo chiedeva la condanna di un altro uomo!-


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-Davvero?-L’ho sentito con le mie orecchie!-Hai ragione fratello Jacob, mai fidarsi di un Calvinista.Studio di Wolf TV, Dick Brewster OK ci siamo amici telespettatori, bentornati con noi in studio dopo questa breve pausa, perchè è già il momento di collegarci all’aula dove l’avvocato Zimmerman, e pronto per dare inizio alla sua arringa difensiva; ecco lo vediamo adesso inquadrato in primo piano al centro della sala, l’espressione sicura, il volto sorridente, è voltato verso il Presidente, ma con la coda dell’occhio sembra non perdere di vista Bradstreet: bene, questo è il suo momento, a lui la parola. L’inquadratura in primo piano si allarga fino a comprendere tutti i membri della Corte, alla quale l’avvocato Zimmerman si rivolge. -Signor Presidente, signori della Corte permettetemi di iniziare questa mia arringa con una doverosa premessa: a più riprese nel corso del procedimento, e ancora pochi minuti fa nel corso della sua requisitoria, il Procuratore Bradstreet ha usato espressioni e parole offensive, non solo nei confronti della mia persona, ma anche nei confronti del ruolo che essa in quest’aula svolge. Di fronte a questi attacchi immotivati e inaccettabili ho mantenuto un atteggiamento calmo e responsabile, pur non potendo evitare qualche spontanea umana reazione, riservando ad altra sede l’esercizio del diritto di querela e il risarcimento economico di eventuali danni alla mia immagine; ciò nonostante non posso fare a meno di esprimere il mio sincero apprezzamento per questa vecchia tempra di combattente, cui l’età ha fatto fatto perdere il senso del reale, ma non ha intaccato lo spirito volitivo e intransigente, uno spirito di cui l’America avrà certo bisogno, non per combattere i mulini a vento che il nostro anziano Don Chisciotte ci indica, ma per concorrere almeno alla pari nelle grandi sfide dell’economia mondiale. Vengo adesso alle accuse rivolte al mio assistito, accuse esposte con scolastica chiarezza, dal Procuratore Bradstreet: l’imputato Henry Ford, avrebbe agito, coscientemente o incoscientemente, come la quinta colonna interna di un progetto internazionale, mirante a distruggere la leadership economica e politica dell’occidente, in favore di un oscuro grumo di interessi, riconducibili ad un anonimo e indefinito sistema finanziario internazionale, all’interno del quale opererebbero forze ostili al nostro paese e ai valori dell’occidente capitalistico e cristiano. Sempre secondo l’accusa, il progetto dell’imputato si sarebbe attuato nel corso di svariati decenni,


179 a partire dalla perdita di valore del sistema economico occidentale, perdita di valore perseguita attraverso l’instaurazione di un sistema ricattatorio nei confronti del legittimo profitto, reso subalterno alla crescita del mercato interno, e quindi alla crescita dei costi per il sostegno di tale mercato, redditi e salari in particolare, ma anche garanzie sociali e diritti democratici, e soprattutto spesa pubblica, un sistema che con una semplice espressione è stato per lungo tempo definito “Fordista”. Il risultato di ciò sarebbe un occidente tarato dall’interno da una sempre maggiore difficoltà nel realizzare processi di valorizzazione dei capitali, e da un calo tendenziale del saggio di profitto, entrambi causati da costose rigidità sociali e da un indebitamento apparentemente fuori controllo; in conseguenza di ciò, l’Occidente sarebbe oggi reso vulnerabile all’attacco di un’alleanza internazionale capace di condannarlo definitivamente al declino. Da tutto ciò l’accusa giunge alla conclusione che l’imputato, in quanto promotore del suddetto sistema Fordista, è colpevole dell’attuale fase di crisi. L’accusa pretende di portare a sostegno di questa tesi fatti concreti e incontestabili, costruendo attraverso un uso accorto dei testi, una narrazione oggettivamente organica, coerente e apparentemente inattaccabile. Questo è il quadro accusatorio con cui la difesa si misura, un quadro accusatorio monumentale, una cattedrale di certezze, tutte fondate su un principio, apparentemente indiscutibile come un assioma, implacabile come una sentenza: la crisi è il male, la crisi è il dramma, la crisi è la colpa, la crisi è quindi, il reato. Ebbene allora signor Presidente signori della Corte, guardiamo allora a questo male, a questo dramma, a questa colpa, a questo reato, guardiamo alla vera essenza di questa crisi, ma guardiamo ad essa senza senili timori o atavici pregiudizi, guardiamo a questa crisi nei suoi esiti finali ma anche nelle sue eventuali opportunità, seguiamola nel suo agire nelle dinamiche reali, così come i testi, anche quelli dell’accusa, ce l’hanno descritta, e vediamo alla fine di questo viaggio, cos’è questa crisi, questo male, questo dramma, questa colpa, questo reato. Signor Presidente, signori della Corte, nella dettagliata disamina delle testimonianze, che per legittime esigenze della produzione e degli sponsor, non è opportuno esporre nel corso di una diretta TV, questo viaggio nell’apparente crisi è compiuto, seguendo le tracce delle tante storie ascoltate: la piccola storia di chi ha subito i timori che questa apparente crisi ha evocato, come nel caso della signora Carter e del suo figliolo, la storia coraggiosa di un piccolo ed energico uomo d’affari come il signor Albert Hoover, la storia miserabile del pauroso Irving Russell, le grandi storie di grandi uomini come William Bates, Frank Guascone, Warren Hays, uo-


180 mini che danno lustro al nostro paese, le storie nuove di uomini nuovi come il signor Ibanez e il signor Dotti, e purtroppo anche le storie false di persone false, persone che non nomino nemmeno, come vi viene in un aula per cercare voti, o chi giura il falso per il proprio miserabile tornaconto; e infine abbiamo sentito anche le storie dure e forse spiacevoli del signor Fraeb, questo novello maggiore Kurtz, che ci guida nell’apparente Apocalipse Now del capitale, solo per farcene cogliere la forza profonda e inarrestabile. Signor Presidente, signori della Corte, all’esame di queste storie vi rimando, ad un esame attento e scrupoloso, non vessato dai tempi televisivi, perchè alla fine di quell’esame a tutti voi sarà chiara l’inconsistenza della tesi dell’accusa, tutta fondata su un reato non accertato e anzi, sostanzialmente inesistente. La crisi, di cui il mio teste è accusato di essere responsabile, non esiste come male, non esiste come dramma, non esiste come colpa e quindi non esiste come reato, e ciò è evidente perchè come si evince dalle testimonianze, il sistema della finanza continua a produrre immensi profitti, il debito pubblico è sostenibile in rapporto al potenziale politico-militare che esso stesso produce, e la produzione, i consumi e le opportunità di valorizzazione, pur riducendosi in aree limitate, continuano a crescere su scala globale. E allora io vi dico, guardate a questa parola “crisi”, nella suo stesso etimo, il greco crysis, che significa semplicemente trasformazione, e da cui deriva anche crisalide, il bozzolo in cui si imprigiona il misero bruco, e da cui finalmente si libera la leggiadra farfalla; ecco, questa è ciò che in occidente chiamate crisi, solo una transizione verso nuove opportunità di valorizzazione. Per questo ribadisco la richiesta già avanzata di assoluzione completa per il mio assistito, perchè il fatto non sussiste. Signor Presidente, signori della Corte, la tesi dell’accusa è tutta basata sull’apparente nesso di causa ed effetto tra un modello sociale, quello fordista, di cui il mio assistito è considerato responsabile, e una apparente crisi, di cui avrete modo di verificare l’insussistenza. Avendo quindi reso con chiarezza l’insussistenza di uno dei due termini della relazione, non mi sottrarrò ad una riflessione anche sull’altro dei due termini, la presunta responsabilità del mio assistito, per un modello sociale basato sul compromesso e la mediazione, tra gli interessi del capitale e quelli del lavoro. In effetti su cosa si baserebbe questa presunta responsabilità? Forse sul fatto di aver il mio assistito garantito un dollaro in più sulla paga giornaliera nelle sue fabbriche? Sull‘aver il mio assistito immaginato che la trasformazione di un semplice produttore in un potenziale consumatore avrebbe dato impulso alla crescita dei consumi e all’estensione dei mer-


181 cati? E sia, ammettiamola questa responsabilità, ammettiamo che il mio assistito abbia incautamente e incoscientemente dimenticato il principio secondo cui il salario non può eccedere la quantità di risorse necessarie alla mera riproduzione dei lavoratori, ammettiamo che obnubilato dal desiderio di realizzare il suo unico fine, vendere più auto, il mio assistito abbia peccato di sacrilegio verso un dogma dell’economia, ammettiamo che un uomo, travolto dalla passione per il profitto, sia scivolato in una parziale perdita della capacità di intendere e volere; possiamo per questo credere che ciò sia sufficiente a spiegare la malattia che ha infettato l’occidente, sottoponendolo al ricatto e alle vessazioni delle classi subalterne, alla loro pretesa di essere parte integrante di un sistema di consumi, garanzie sociali e diritti politici, insostenibile per la valorizzazione del capitale e un elevato saggio di profitto? Possiamo credere che un singolo atto di follia possa aver prodotto l’intero sistema, che dal mio assistito prende il nome? Chi altri ha reso possibile che ciò accadesse, dove vanno cercato le complici connivenze che su quel singolo atto di follia hanno permesso l’instaurarsi di un sistema malato? Chi altri poteva giovarsi di tale follia? Signor Presidente, signori della Corte, c’è un colpevole di tutto ciò, ma non è presente in quest’aula, o almeno in quest’aula è solo minimamente rappresentato: è un colpevole diffuso, presente in ogni ambito della nostra vita sociale, un colpevole insinuante, codardo, che agisce nell’ombra, nascondendosi dietro le forze vere della storia, quelle forze, il capitale e il lavoro, che nel loro conflitto eterno forgiano il cambiamento, quando l’uno dall’appropriazione del plusvalore trae alimento per la propria valorizzazione, mentre l’altro, esercitando i suoi primordiali ed egoistici istinti, ad esso si oppone con la forza ottusa della barbarie primordiale. Ma in questo sano e inconciliabile conflitto, in cui emergono e si selezionano i campioni del profitto, i più forti, astuti, spregiudicati e innovativi rappresentanti del capitale, si è inserito un terzo soggetto, un soggetto timoroso e affascinato da questo scontro tra titani, un soggetto grigio, molliccio e farraginoso, un ceto medio e mediocre, cresciuta all’ombra di miserabili e decorose certezze, prima fra tutte quella della propria servitù nei confronti del più forte. E così, quando nel corso del secolo passato, lo scontro tra capitale e lavoro ha raggiunto il suo acme, rischiando addirittura lo stallo, ecco che il servo si è fatto garante di quello che per il capitale è stato un insultante compromesso. Chi ha approfittato del compromesso sociale, se non a questa miserabile pletora di scribacchini e mercanti di varia natura, sedicenti intellettuali, politici in cerca di consensi, sindacalisti esperti di bizantinismi, pedagoghi gonfi di morale e buoni sentimenti,


182 giornalisti venduti ad ogni causa, e intorno a loro l’esercito dei mille mediatori, avvocati come me, professori come voi, e poi notai, ragionieri, commercialisti, e infine i piccoli mercanti, residuo di un capitalismo sorpassato, e i moderni pubblicitari, autentici sacerdoti del consumo di massa, tutti insieme a lucrare sul corpo in decomposizione di un occidente abbandonato dall’autentico spirito del capitalismo. Chi se non questo corpo sociale parassitario e improduttivo, espandendosi in modo ipertrofico, ha castrato lo spirito vitale del capitale, ha inibito la forza creatrice del lavoro, entrambi unificati in un compromesso sociale senza fertilità? Quale miglior conferma di questa decadenza, se non il rifiuto del lavoro manuale nelle classi subalterne e quello del rischio d’impresa nei ceti dirigenti, tutti ormai trasformati in una specie di eunuchi della produzione e dell’economia? Chi se non loro costituisce quel grumo di privilegi parassitari, basato su ideologie e pregiudizi del passato, timoroso di ogni novità, chiuso ad ogni cambiamento, inguaribilmente legati ad un’idea dell’America, che esiste ormai solo nella loro immaginazione? E non sono forse proprio costoro, quelli a cui guarda il rappresentante dell’accusa quando ci espone i suoi vaneggiamenti sulla Grazia Divina, le sue bucoliche e menzognere rappresentazioni di una nazione unita, intorno a presunti valori comuni, che altro non sono che il paravento dietro cui si nasconde l’interesse meschino di un borghese piccolo piccolo? E’ questo il borghese piccolo piccolo, che dalla crisi verrà travolto, perchè finalmente la storia torni nelle mani di chi la storia la fa, le forze antagoniste del capitale e del lavoro, mai più irretite dalle miserie del compromesso e del patto sociale. Signor Presidente, signori della Corte, c’è un’America fuori dal ristretto e angusto mondo rappresentato dall’accusa, c’è un’America giovane, di razze, lingue e culture diverse, c’è un’America che anche dalla povertà trae ragione per una voglia di vivere avida e irrefrenabile, c’è un’America che non si fa scrupoli, non cerca compromessi, è pronta a tutto per avere tutto, c’è un America colma di un’energia vitale, pronta a distruggere come a costruire, c’è un America che non si cura di morali ipocrite, ma ha un solo credo, la valorizzazione del capitale, e attraverso di esso il profitto, a questa America competono le sorti di tutto l’Occidente, perchè esso torni ad essere il luogo avanzato dello sviluppo capitalistico. C’è un America che non ha nulla da perdere, se non le catene del compromesso, e tutto un mondo di profitti da guadagnare. Questa America farà strame di ogni regola del passato, di ogni inutile sentimentalismo, e soprattutto delle miserabili paure di chi paventando una crisi di sistema, mira in realtà solo a tutelare il suo particolare interesse .


183 Signor Presidente, signori della Corte, spetta a voi stabilire la verità, e con la verità la giustizia per il mio assistito. Ho già dimostrato come il reato di cui è imputato sia insussistente, spero adesso di aver dimostrato come eventuali errori nel suo agire, frutto di una parziale incapacità di intendere la realtà, siano stati spregiudicatamente utilizzati per costruire un sistema di compromesso sociale, di cui altri hanno parassitariamente beneficiato, e di cui a lui è stata addossata la colpa; concludo perciò ribadendo le mie richieste: assoluzione completa, perchè il fatto non sussiste, o in via subordinata, assoluzione per parziale incapacità di intendere e volere. Signor Presidente, signori della Corte, il mondo intero vi guarda. Grazie.Inquadratura di spalle dell’avvocato Zimmerman che torna al suo posto, dove l’imputato Henry Ford l’attende con espressione visibilmente irritata.

Dick Brewster, studio di Wolf TV -Eccoci di nuovo con voi amici telespettatori per informarvi che sul sito di WolfTV, il cui indirizzo potete leggere in sovrimpressione, sono disponibili per tutti coloro che sono interessati ad approfondire la questione, i testi integrali delle arringhe della difesa e dell’accusa, con l’esame dettagliato delle testimonianze, esame che ci è sembrato inopportuno trasmettere integralmente. Bene, siamo ormai giunti quasi all’epilogo di questa interessantissima reality-fiction, anche la difesa ha tirato fuori i suoi argomenti, ha ribadito la sua tesi, la crisi non esiste, e devo ammettere che adesso questa tesi, non mi sembra più così folle. Ma Zimmerman ha fatto di più, ci ha detto che seppure ci sono state colpe, tali colpe non sono dell’imputato, ma ha chiamato in una sorta di correità un gran numero di categorie e persone, ha chiamato in causa tutti noi, ha citato anche i giornalisti e quindi sarà interessante sapere cosa ne pensa una grande firma della stampa nazionale come il nostro amico Allan Friedkin, ma prima di sentire il suo parere voglio chiedere cosa ne pensa di questi argomenti alla nostra ospite, la dottoressa Shirley Cunningham, neopresidente dei giovani imprenditori americani. Allora Shirley quali sono le tue impressioni?-Non sono assolutamente sorpresa, anzi era ora che qualcuno parlasse in modo chiaro, c’è tutto un mondo di nuove possibilità, ciò che fino a ieri era un handicapp, oggi può divenire un’opportunità, come ho avuto modo di spiegare nel corso di formazione per manager che ho tenuto alla Houston University, sul tema “Outing e opportunità di carriera: e se il


184 tuo capo fosse gay?”. Ci sono tanti giovani pronti ad andare oltre le vecchie consuetudini, le vecchie certezze, le vecchie abitudini, dobbiamo sgombrare il campo da ogni pregiudizio, aprirci a nuove occasioni, contaminarci con nuove esperienze. La crisi riguarda i vecchi, le loro rigidità, le loro incrostazioni, ma noi dobbiamo puntare sui giovani, e i giovani non hanno pregiudizi, guardano a ciò che può aiutarli, favorirli, senza pregiudizi di razza, sesso o d’altra natura, cercano il benessere, il piacere, in ogni modo, con ogni mezzo, questi giovani sono la nostra forza nella competizione globale. Mentre nel mondo ritorna l’oscurantismo fondamentalista, ci si attarda in cruenti e distruttivi conflitti etnici e di religione, si continua a perseguitare gli individui per il loro orientamento sessuale, l’Occidente è ancora il faro della libertà individuale, il luogo in cui è possibile una piena e totale realizzazione di ogni aspettativa, per tutti e in tutti i modi. C’è un grande e ricco mercato per il benessere e il piacere, e solo noi lo possiamo occupare.-E’ un piacere sentirti parlare Shirley, c’è fiducia e ottimismo nelle tue parole, ma non so se il nostro amico Al condivida il tuo spirito...-Beh forse non ho più l’età per aprirmi a nuove esperienze, ma quello che ho sentito dall’avvocato Zimmerman mi preoccupa parecchio, soprattutto perchè penso che non ha tutti i torti. Non mi piace la gente che parla in quel modo, senza rispetto e pronto a sputare nello stesso piatto in cui mangia, ma forse non ha tutti i torti, anche se parlando di giornalisti pronti a vendersi, penso che anche gli avvocati non sembrano aver nulla da imparare. Comunque il problema c’è, che la si chiami crisi o transizione il problema è sempre lo stesso, qualcuno perderà la poltrona su cui sta comodamente seduto, e non perchè qualcun’altro prenderà il suo posto, ma perchè si riduce il numero delle poltrone; questa storia del Fordismo dopotutto era abbastanza comoda, tutti quanti potevano sentirsi middle-class, ceto medio, oggi mi sembra che quello che si prospetta all’orizzonte sarà un mondo più duro, chi sta sopra sta sopra, chi sta sotto sta sotto, e in mezzo niente; forse è così che deve andare, ma se è così, allora di parole come Patria, Democrazia, Giustizia, Famiglia e compagnia cantando, possiamo farne tranquillamente a meno. Mi sembra che questo Zimmerman ha già capito l’aria, ma forse è per questo che non riesco a fidarmi di lui. Forse ha ragione Shirley, l’Occidente ha bisogno di un restyling, ci faremo belli e lasceremo agli altri il compito di dominare il mondo.-Forse la metti giù troppo dura Al, siamo sempre la maggiore potenza mondiale.-Per quanto ancora? Mentre noi stiamo qui a preoccuparci dei rischi di


185 default in Europa, mentre i nostri partner europei fanno la questua tra i paesi emergenti in cerca di investimenti, e cercando di piazzare i loro titoli pubblici, Cina, India, Brasile, Russia e Sudafrica, si preparano a farsi una banca mondiale per conto proprio, intensificano la loro rete di scambi per non dipendere dal nostro mercato, e soprattutto si stanno mettendo d’accordo per fare a meno del dollaro come moneta di scambio. E noi qui, ancora non abbiamo chiuso i conti con il vecchio Henry Ford. Ce ne abbastanza mi sembra.-Forse hai ragione Al, tu che ne pensi Shirley?-Non capisco questo pessimismo, come ho avuto modo di scrivere nella mia tesi di laurea alla New Delhi University, “La cellulite il declino dell’Occidente”, il potere stressa, i soldi no, e in questo mondo globale, le opportunità di fare soldi crescono in continuazione, quindi perchè stressarsi?-Giusto, perchè stressarsi? E allora prendiamocela comoda e sentiamo cosa ci consigliano i nostri sponsor. A tra poco amici telespettatori.

Kimberly, Twin Falls county, Idaho, villino della famiglia Olson. La stanza di soggiorno della famiglia Olson: trofei di caccia alle pareti, cervi, alci, bighorn, antilocapre, un’imponente testa di bisonte, un grizzly impagliato in un angolo, due scalpi, ancora ornati di penne d’aquila, sopra il televisore. Jack Olson, quarantenne corpulento con barba e capelli a spazzola, in mimetica e anfibi, seduto sul divano impegnato a smontare un M16, la moglie Cindy seduta al suo fianco, accarezza voluttuosamente la canna di un fucile a pompa, un bambino è tutto preso dal suo videogioco. -Chi l’avrebbe mai detto, anche Henry Ford... c’era dentro pure lui nel fottuto complotto. Ormai sono dappertutto, hanno messo un negro alla Casa Bianca e un muso giallo candidato alla presidenza della Banca Mondiale.—Un cinese?-Noo Cindy, un coreano, uno di questi musi gialli venuti su qui da noi, nelle nostre università. Il Nuovo Ordine Mondiale avanza, il tempo dell’Armageddon s’avvicina.-E poi ci sono quegli indiani che hanno preso il villino dei Fraser.-Sono dappertutto ormai.-Pa’, ma non li avevamo ammazzati tutti gli indiani?-Certo che li abbiamo ammazzati tutti, ma questi sono nuovi, sono indiani di fuori, non quelli di qui.-E sono cattivi anche loro?-Certo che sono cattivi, tutti gli indiani sono cattivi, l’unico indiano buono


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è un indiano morto.-E allora ammazziamo anche loro?-Al tempo Rick, al tempo, non è ancora il momento. Ci stiamo preparando, in tutti gli Stati le milizie si stanno organizzando, voglio vederli quei comunisti del governo federale se proveranno a venire qui, a comandare a casa nostra.-Oh Jack, quando sarà il momento tu non mi lascerai a casa vero, voglio combattere quando ci sarà da combattere, non voglio finire nelle mani di quella gente, arabi, comunisti, omosessuali, non oso immaginare cosa potrebbero fare di una donna bianca.-Non ti preoccupare Cindy, non accadrà, non finchè sarò in grado di imbracciare un fucile. E poi sai qual’è la regola: lascia sempre per te l’ultimo colpo.-Ok Jack, ok, ma alle volte ho paura, tutta questa gente che ce l’ha con noi, ed ora sono qui, a un solo isolato di distanza, quegli indiani.-Devono solo avvicinarsi al nostro cortile. Anzi domani vado a posizionare il sistema di puntamento del lanciarazzi sul retro... devono solo provarci.—A volte mi chiedo perchè? Perchè ce l’hanno tanto con noi?-Non lo so so, non lo so, dopotutto noi vogliamo solo vivere in pace a casa nostra, nel nostro paese, l’America, perchè noi siamo Americani, veri Americani... e loro invece sono stranieri, gente che viene qui a imporci le loro abitudini, a distruggere le nostre tradizioni... ma li cacceremo, l’America agli Americani!-Non ti arrabbiare Jack.-Hai ragione Cindy, non ne vale la pena... senti, ti andrebbe uno spuntino?-Volentieri Jack, guardo cosa c’è in frigo.La donna si alza, poi la sua voce giunge dalla cucina. -Allora Jack, abbiamo dei tacos al chili, riso alla cantonese, pollo al curry, pizza napoletana, kebab oppure degli squisiti involtini primavera.-E la birra?-Budweiser.-E Dio salvi l’America.Dick Brewster, studio di Wolf TV Amici telespettatori, bentornati con noi in studio, ormai ci siamo, l’ora del verdetto si avvicina, ma prima di giungere alla fine, c’è ancora una voce da ascoltare, una voce che tutti aspettiamo con ansia, l’uomo che è il protagonista di questa vicenda e che fino ad ora non ha ancora parlato in aula, lui l’imputato, il grande magnate...scusate la regia mi fa dei cenni,


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sta accadendo qualcosa..La trasmissione si interrompe, lo schermo si oscura, ma si sente la voce di di Dick Brewster. -Scusate, cosa accade... regia, per favore... cosa accade?La voce si spegne in un fastidioso gracchiare, una musica disturbata e mal registrata, Money dei Pink Floyd, quindi l’immagine del retro di una poltrona compare sullo schermo. Lentamente la poltrona ruota mostrando una figura imponente, grassa, strabordante sotto una t-shirt nera che non riesce a coprire l’addome flaccido, le braccia bianche incrociate sul petto in una posa imperiosa, il volto nascosto da passamontagna e occhiali scuri, sulla testa, a mo’ di mantello, un telo di plastica dorato; l’inquadratura si allarga, intorno all’uomo computer e monitor su cui compaiono grafici, e dappertutto scatole di pizza, resti di pasti precotti, dolciumi, lattine di birra, e qua e la, scatole di medicinali; su un muro un grande poster con due ragazze in topless su una spiaggia dei tropici e la scritta “Cancun”. L’inquadratura torna lentamente in primo piano, sulla musica che sfuma si sovrappone una voce affannata e cavernosa. -Comunicato n°1 del Sacro e Segreto Ordine Speculativo dei Cavalieri del Santo Valore. Ascoltate. L’ora si appresta! In ogni luogo giunge agli Eletti la voce potente dell’Entità, cui tutto è sottomesso, perchè Essi alfine si mostrino. A me Primo Cavaliere e Ultimo dei Suoi Servi spetta il privilegio di indicare la Moderna Pietra Filosofale, attraverso cui ogni Merce raggiunge la sua Esistenza Celeste, ciò che voi tutti chiamate Denaro è che invece è la Legge, la Legge che è Mistero, Mistero che si fa Sostanza, Sostanza che da Immanente si fa Trascendente, perchè il mondo intero ad essa si uniformi. Ascoltate la Legge, ascoltate e subite. *Io sono il Valore di Scambio, il Valore che è nello Scambio, e lo Scambio che è in ogni Valore. Perchè nello Scambio è il Reale, e dello Scambio io sono la Sostanza. Io sono il Reale. *Io sono il Valore del Creato, che è creato dal Valore. Non disperdere il Valore, nulla sia scambiato invano. *Io sono la Trascendenza che si fa Immanenza, la Transustanziazione del Valore in Ricchezza. Santifica la Ricchezza nel Consumo, ogni giorno è la Pasqua del Valore. *In me tutte le cose sono eguali, sono il Molteplice che si fa Unità e l’Unità che si fa Molteplice. Io sono la Comunione Universale. *Io dono la Grazia del Rendimento, lo Spirito della Finanza, la Ricchezza che si fa Trascendenza, l’Infinito che si fa Immanenza. Io sono Dio.-


188 L’affanno cresciuto nel corso della declamazione, strozza in gola l’ultima parola, poi cinque rosei salsicciotti si avventano su un Big Mac, lo ghermiscono, il ketchup tinge le dita e cola a lordare la maglietta, mentre il passamontagna appena calato, mostra la bocca aperta che in un grugnito di soddisfazione, ingoia tutto. Dallo schermo solo il respiro affannato, poi in un raptus la massa oscura si gira, i salsicciotti si spostano su una tastiera, digitano freneticamente, sugli schermi i grafici registrano improvvise variazioni, alcuni indici si impennano, altri crollano, i salsicciotti passano da una tastiera all’altra, mentre il corpo è scosso da sussulti e nell’ansimare affannato si colgono parole sconnese. -Balance sheet... buy and reverse... greenshoe...option naked... SWAP... range... spread, spread... ah … ah... default...default...defaultCon un mugolio appagato il corpo si spalma sulla poltrona, poi è di nuovo il volto in primo piano e la voce è un sussurro cupo. -Il sacrificio è compiuto. L’ora si appresta, il Grande Reggitore è in cammino, Colui che tutti solleva dall’oppressione del libero arbitrio, il Tecnico Supremo cui le genti guardano per la Salvezza, Colui la cui parola è la Legge. Sacrificatevi ! Immolatevi sulla piramide del Valore e che ogni vostra rinuncia Gli sia gradito dono. E a voi empi che che il Sacro Mistero vendete co...Lo schermo si oscura, per alcuni lunghi secondi nulla accade, poi finalmente ricompare Dick Brewster in studio. -Finalmente amici telespettatori siamo riusciti a risolvere il problema, ce ne scusiamo con tutti voi, i nostri tecnici sono già al lavoro per capire come ciò sia potuto accadere, e i nostri legali stanno già preparando la denuncia alle autorità giudiziarie contro questo ignobile personaggio; non sappiamo chi sia, ma lo sapremo, e quando lo sapremo sarà punito come merita.-Scusami Dick, ma io credo che si debba avere un po’ d’indulgenza verso quest’uomo che è evidentemente malato e vittima di un sistema basato sulla cattiva alimentazione, sulla mancanza di cura per il proprio aspetto, un uomo che è l’immagine del malessere di una società. Spero che non vogliate mandarlo in carcere, perchè, come ho avuto modo di spiegare nel seminario tenuto al Penitenziario di Allenwood sul tema “Promiscuità carceraria e deodoranti maschili: quando la puzza uccide”, fin quando il nostro sistema carcerario non si sarà dotato di efficienti Centri Benessere interni, è irrealistico sperare nel recupero di chi ha sbagliato... e questo signore è sicuramente un caso molto grave.-Non sono d’accordo Shirley, anche se mi rendo conto del fatto che mandare in galera questo tipo, sia una condanna ulteriore per chi avrà la di-


189 sgrazia di stare in cella con lui... Questo tipo è pericoloso e va fermato...è un pazzo, ma un pazzo che può fare danni gravi... un paranoico con la fissazione delle transazioni finanziarie, un monomaniaco della speculazione; con un mercato in cui tutto è possibile, anche la vendita allo scoperto di titoli di cui non si è ancora in possesso, un tipo così può produrre un bel po’ di guai.-Ma davvero Al tu credi che un simile personaggio possa veramente operare nel mondo della finanza e magari far fallire qualcuno con le sue speculazioni...-E tu Dick, credi di no?-Non so... spero di no!-E allora speriamo... comunque sarei più sicuro se lo vedessi dietro le sbarre e ovviamente lontano da un PC.-Quanto a questo puoi starne sicuro... ma ora torniamo al nostro processo, siamo indietro con la scaletta e in aula ci aspetta Henry Ford.-

Sullo schermo ricompare l’immagine dell’aula, due membri della giuria confabulano tra loro, Prescott quasi nascosto dai colleghi Gaines e Lee Stanton, è incollato al cellulare, lo studente che dall’inizio del processo ha verbalizzato tutte le testimonianze senza mai muoversi dal suo banco, adesso è in piedi davanti al Presidente a cui sottopone alcune carte, Bradstreet seduto al suo posto guarda con attenzione verso l’imputato, mentre questi ostentatamente evita di volgersi verso il suo difensore; Zimmerman, a occhi bassi sembra piuttosto preoccupato. Nessuno sembra al corrente dell’interruzione della trasmissione. Il Presidente congeda lo studente, poi si alza in piedi e sta per rivolgersi all’aula, quando la voce alterata del professor Prescott lo interrompe. -No, assolutamente no, inaccettabile…e allora ve ne assumete voi la responsabilità…vedrete!Mentre Prescott chiude bruscamente la comunicazione, Bailey interviene irritato. -Professor Prescott, adesso basta! Il suo comportamento sta andando oltre ogni possibile tolleranza, la invito a comportarsi con maggior rispetto nei confronti della Corte.Mentre tutti i giurati guardano in direzione di Prescott con espressione cupa, lui risponde con voce gelida. -Mi scuso signor Presidente, le posso garantire che non accadrà più.-Lo spero bene professor Prescott, come spero di poter procedere senza ulteriori interruzioni. Ringrazio le parti per aver evitato, almeno nelle conclusioni, toni e argomenti che potessero mettere in discussione la di-


190 gnità di questa Corte; siamo ormai giunti alla fine di questo impegnativo procedimento, ma prima che la giuria si riunisca per valutare gli atti ed esprimere il proprio verdetto, chiedo all’imputato se ritiene di dover fare una propria dichiarazione. Signor Ford, se lo ritiene opportuno, la Corte ascolterà le sue parole.L’imputato si alza in piedi. -Grazie signor Presidente... si, credo che sia opportuno che anch’io dica qualcosa. Non so come sia accaduto che io mi trovi qui, in questo tempo così lontano dal mio, ne quale sia la parte che ci si aspetta da me in questo processo. So solo ciò che ho sentito in quest’aula, so che vengo considerato colpevole dei guasti di un modello economico di cui qualcuno mi ha ritenuto responsabile, e che addirittura prende nome da me. Tutto ciò ovviamente mi riempie di stupore, ma l’età mi ha insegnato che spesso le proprie azioni producono, sul lungo periodo, conseguenze che era difficile immaginare; se ciò è accaduto ovviamente questa Corte vorrà considerarmi responsabile; che lo faccia o meno mi è indifferente: non è un verdetto d’innocenza quello che cerco. Per avere un verdetto d‘innocenza mi sarebbe bastato dimostrare che tutto ciò che ho fatto nella mia vita, è stato solo cercar di guadagnare del denaro; quasi tutti coloro che hanno parlato in quest’aula hanno ammesso che le loro azioni erano motivate da questo stesso fine, e nessuno li ha incriminati per questo. Se cercassi di scampare ad un verdetto di colpevolezza, mi basterebbe seguire le discutibili opinioni del mio avvocato difensore, che reputa il mio agire frutto di una debolezza mentale causata dalla durezza dei tempi; erano effettivamente tempi duri, tempi in cui la peste del Bolscevismo dopo aver conquistato la lontana Russia, si espandeva a corrompere la mente degli operai di tutto il mondo, tempi in cui in molti pensarono di cedere al compromesso, temendo che la rabbia cieca e bruta dei lavoratori potesse travolgere il sistema nel suo complesso. In tutto il mondo, davanti al terrore della sovversione sociale, in tanti furono obbligati a concessioni e accomodamenti, mentre coloro che ebbero il coraggio della fermezza, furono obbligati a venire a patti con forze e poteri, la cui vera natura abbiamo conosciuto solo dopo la più disastrosa delle Guerre Mondiali, e un Olocausto di cui anch’io porto la colpa. In molti sbagliarono e in molti furono giustificati. Ma non è questo il mio caso, e non ho timore di affermare in quest’aula, che mai la paura della sovversione, fu ragione di una mia scelta. Lo ribadisco non è un verdetto di innocenza che cerco, non è un verdetto di colpevolezza che temo. Non so se questa Corte sarà in grado, ma ciò che eventualmente potrei chiederle nel valutare il mio operato, è solo di


191 ristabilire la verità, cercando questa verità nella ragione autentica che ha ispirato ogni mia scelta, la fiducia nella forza inarrestabile dello sviluppo e della espansione delle forze produttive. Di molte cose ho sentito parlare in quest’aula, ma non di questa fede che ha ispirato le menti migliori del secolo passato, questa fede che è fatta di tecnica razionale, di efficienza produttiva, di fiducia nell’individuo, questa fede che ha permesso all’umanità di uscire dall’oscurantismo medievale, dai privilegi del sangue, per non dire della schiavitù, ancora legale nel nostro paese, solo poche generazioni fa; di questo processo sono stati protagonisti le forze produttive, il capitale e il lavoro, entrambi liberati dalle pastoie di un plurisecolare sistema di caste, che vincolava il genio ai limiti della propria umile origine, e sottraeva all’umanità il contributo che quel genio avrebbe potuto offrire. Lo sviluppo e l’espansione delle forze produttive, di cui il capitale e il lavoro sono protagonisti, e di cui il profitto e un giusto salario sono la ragione, è la chiave che spiega la storia umana e che la guida verso il benessere. E’ nella fiducia nelle forze produttive, che ho sempre operato per il miglioramento dell’efficienza produttiva, per la riduzione dei costi per unità di prodotto, per l’aumento della produzione, e per l’estensione dei mercati e dei consumi. E’ per la fiducia nello sviluppo delle forze produttive, e non nel timore della sovversione sociale, che ho mantenuto più elevati i salari nelle mie fabbriche, è nella fiducia dello sviluppo delle forze produttive, che ho creduto nella possibilità per ognuno di godere, in ragione del suo ruolo nel ciclo produttivo, della ricchezza che tale sviluppo produce, perchè tutti quanti potessero essere parte di questo immenso sforzo. E’ facendo tutto ciò che ho avuto immensi profitti, e il profitto è stata la conferma di quanto fossi nel giusto. Di questo sono effettivamente il responsabile. Ciò che ho sentito in quest’aula, mi ha però fortemente colpito. Ho conosciuto la crisi, il crac finanziario del 1929 e poi la Grande Depressione degli anni ‘30, e non so se ciò che sta accadendo oggi sia la stessa cosa o sia ancora più grave, ne spetta a me stabilirlo: a quel tempo credemmo nello sviluppo delle forze produttive e contrastammo la distruzione. Ciò che ho ascoltato in quest’aula, ha invece fortemente scosso le mie opinioni: ho sentito parlare di indebitamento e insolvenza, ho sentito parlare di finanza e debiti sovrani, molte cose non le ho capite, ma una cosa mi sembra di aver compreso: il profitto non è più conseguenza dello sviluppo delle forze produttive, ma sempre più spesso nasce dalla loro distruzione, o questo almeno è ciò che accade in Occidente. Ed è questa la ragione vera della mia imputazione: sembra che il profitto, almeno in occidente, debba distruggere, per potersi realizzare, tutto ciò che è stato costruito dal capi-


192 tale e dal lavoro nel secolo passato, e dato che a tutto ciò voi date il mio nome, allora io devo essere il colpevole, il colpevole da eliminare. Per questo mi avete chiamato? Potevate farlo senza bisogno di questa messa in scena, da sempre i posteri giudicano il passato con la miopia del presente, ma voi mi avete voluto qui, presente, perchè lo sfacelo in cui avete tradotto la mia opera, fosse spettacolo e pubblicità per i profitti di questa vostra televisione. E così per il profitto voi volete distruggere non solo un uomo, ma ciò in cui quest’uomo ha creduto, la potenza inarrestabile delle forze produttive, quelle forze creative che nella fucina della Storia si scontrano e si fondono dando all’uomo il senso della propria vita. Non ci siete riusciti, l’unica cosa che siete riusciti a dimostrare è che oggi, per il vostro profitto, la crescita del valore è svincolata dallo crescita delle forze produttive; ciò che avete mostrato è che il vostro profitto, è un limite, è una gabbia per lo sviluppo delle forze produttive; ciò che a me è chiaro è che il vostro profitto, come un tempo il privilegio dell’aristocratico, è solo un vincolo, parassitario e improduttivo, allo sviluppo delle forze produttive, e come quel privilegio anche il vostro profitto, sarà prima o poi destinato a cedere il passo. Non mi interessa il vostro verdetto, io ho fatto la mia parte quando era il mio tempo, il tempo in cui la crescita, non era un mito da rimandare al futuro, ma un atto produttivo da compiere nel presente, il tempo in cui la valorizzazione del capitale produceva, insieme al profitto, infinite relazioni sociali, costruiva, attraverso l’egemonia del capitale, lo sviluppo del lavoro, l’unica vera fonte del capitale. Abbiamo distrutto i vecchi vincoli e abbiamo prodotti nuove relazioni, con un modello produttivo efficiente e razionale, abbiamo liberato il tempo dell’uomo, cui otto ore son bastate non solo per garantire la sopravvivenza per se i propri figli, ma anche la possibilità di usare del tempo che gli rimane, consumando ciò che egli stesso produce, e così facendo alimentando il ciclo di produzione da cui la sua vita dipende. Questo è stato il mio tempo, se questo tempo è finito, se il capitale e il lavoro non si alimentano più l’un l’altro, e il profitto diviene il premio per chi distrugge questo legame, io sono finito con quel tempo, e nulla voglio sapere di questo vostro tempo, senza speranza e senza fiducia. Ma speranza e fiducia non possono mai mancare per chi ha occhi per vedere e sa dove volgere lo sguardo. Nulla accade invano, e ciò che è accaduto in America e in tutto l’Occidente, e di cui voi oggi mi incolpate, è cosa che non ha eguali nella Storia, e per quanto voi vogliate distruggere, mai potrete riportare il lavoratore, il cittadino, l’uomo, indietro da quei punti alti che lo sviluppo del capitalismo ha prodotto nel secolo passato,


193 quando la valorizzazione del capitale, oltre a produrre profitto, è stata in grado di garantire benessere e diritti alla maggioranza della popolazione. Tutti hanno diritto a un auto, tutti hanno diritto al lavoro, tutti hanno diritto al benessere, se questo diritto il profitto non è più in grado di offrire, le forze produttive della Storia troveranno altre forme e altri protagonisti. A loro spetterà il giudizio, a coloro che sapranno guardare oltre la gabbia di rapporti sociali e modi di produzione vecchi e inutili, a coloro che sapranno guardare a nuove forme di relazione sociale e a nuovi modi di produrre. Se in tutto ciò il profitto è ostacolo, spetterà alle forze produttive trovare le nuove forme, per la valorizzazione dell’attività umana. Non riconosco questa Corte, ne quindi il verdetto di questa Giuria, altri potranno giudicare la mia opera, quanti nella mia opera hanno trovato opportunità di crescere, di migliorarsi, di istruirsi e oggi, che il mio tempo è finito, sapranno come andare oltre: forse tra essi ci sono i figli e i nipoti dei miei operai, a loro spetta parlare.Nel silenzio dell’aula, carrellata sui protagonisti: Bradstreet sorride gelido pregustando il successo, Zimmerman è a capo chino, le mani sulla nuca, sconfitto, il Presidente Bailey, a bocca aperta, l’espressione scandalizzata, è immobile.

Dick Brewster, studio di Wolf TV -Amici telespettatori l’avete sentito, il vecchio leone non demorde, il patriarca del capitalismo non ci sta a farsi processare e reagisce ruggendo e tirando zampate. Cosa devo dirvi amici telespettatori, abbiamo lavorato ad una creazione virtuale, abbiamo inserito i dati a nostra conoscenza in un computer, su questi dati abbiamo delineato una personalità, l’elaboratore ha fatto il resto, e questo è quello che ne è venuto fuori. Sinceramente non so cosa dire. Che te ne pare Al?-Nulla da dire Dick... questo è Henry Ford, il vostro cervellone ha fatto veramente un buon lavoro... forse anche troppo buono...-E a te cosa te ne pare Shirley?-Ma siamo pazzi? Ma chi è questo vecchio scemo... fare a meno del profitto? E allora che me ne faccio di tutte le lauree, i dottorati, i master e tutte le altre idiozie? Una vita di sacrifici, sempre disponibile, professionale, positiva e soprattutto sempre a dieta. E per cosa allora? Tanto valeva rimpizzarsi di hot-dog e farsi crescere i peli sotto le ascelle. Vuoi sapere che ne penso? Condannatelo e buttate la chiave!-Ok, ok Shirley, sei stata chiarissima... scusate ma dalla regia mi comunicano che la Giuria si è già ritirata in Camera di Consiglio... bene ormai ci siamo, manca poco al verdetto... nell’attesa andiamo in pubblicità, ci ri-


194 vediamo tra poco in studio.-

Una piattaforma mobile posizionata all’esterno di una delle grandi finestre dell’aula universitaria in cui si tiene il processo. Sulla piccola piattaforma ingombra di secchi, stecche tergivetro, insaponatori, spugne, due operai, uno sulla cinquantina, l’altro poco più che ventenne; sotto di loro dodici metri di vuoto, intorno a loro la sera silenziosa illuminata dai neon stradali. Lo slang locale usato nella conversazione, viene qui liberamente tradotto. -Che gente di merda, se so’ accorti solo stasera che ‘ste vetrate erano lerce e che domani devono fa’ bella figura cor solito pezzo grosso in visita.-L’avevo pure avvertiti, ho accompagnato n’amica a pagà le tasse universitarie, e me so‘ accorto che il lavoro nun era finito, je l’ho detto, ma pe’ risparmia’ du’ sordi, hanno preferito fa’ finta de niente. Poi ovviamente arriva la telefonata dall’alto e tutti sull’attenti.-Sai quanto je ne frega, tanto te chiamano quanno serve a loro, e tu pronto devi scatta‘. Cazzo, guarda ‘ndo semo capitati, questo è er posto ‘ndo fanno quella trasmissione, quella der processo a Ford, l’hai vista no?-Ma dai, possibile... c’hai ragione, guarda li, c’è l’avvocato, er Procuratore, er Presidente, i tecnici, i cameramen... nun vedo Ford però.-Aho svejaa! Ford è morto ner ‘47, quella in televisione è n’immagine virtuale.-Oh, che pretenni, io stanotte so’ annato a dormì alle quattro, e è tutto er giorno che trotto. Comunque è interessante, io l’ho seguita, volevo pure vede’ come finiva, e invece questi c’hanno chiamato a lavora’...Certo che er monno è strano forte... noi che stamo qui, dove er processo se fa, nun ne potemo sape’ niente, mentre a 1000 chilometri di distanza, c’è quarcuno spaparanzato in poltrona, che ne sa più de noi.-E’ normale no? E’ così pe’ tutto, le cose virtuali c’hanno un senso, le cose reali nun significano un cazzo... funziona così pure l’economia, te l’hanno spiegato no? Il lavoro e la vita reale della gente se ponno distrugge, l’importante è tene’ in piedi la montagna de valore prodotto da la finanza... quer Fraeb è ‘na chiavica d’omo, ma parlava chiaro.-Che poi, che cazzo è sto valore...-Niente, è come di’... ‘na misura de conto, come a di’ “me devi da’ un tot”... e su quello che me devi da’, io ce campo... e ce speculo pure.-Sta gente sta alla frutta...quanno la borsa cala senti che dicono “miliardi di dollari andati in fumo”, poi se n’azienda licenzia, er titolo sale e allora va tutto bene...-


195 -Nun l’hai capito che funziona così... è a storia der capitale fisso e der capitale variabile no?-Oh, io già in condizioni normali faccio fatica a capille ste cose, figurate stasera che so’ cotto.-Ma che nun l’hai visto la puntata de stasera, quer bavoso che ha testimoniato proprio all’inizio...io l’ho visto prima de uscì da casa...-Te l’ho detto che è tutto er giorno che sto in giro, quanno m’hai chiamato ar cellulare, stavo giusto a tornà a casa.- Lo dovevi sentì, era istruttivo... praticamente diceva, che quanno pe’ fa’ profitti devi tene’ in piedi tutta la baracca, perchè se la baracca va in malora nessuno se po’ comprà più quello che fabbrichi, vole di’ che sul lavoro nun ce guadagni più quanto voresti, cor rischio che te trovi co’ ‘na quantità de merce sur groppone, che a usalla po’ sempre servi’, ma a scambialla, cioè a vennela, nun ce fai du’ sordi. E’ a ‘sto punto che se so’ inventati ‘na merce, che nun costa un cazzo, nun serve a un cazzo, ma la poi scambià all’infinito e a ogni scambio te cresce de valore... e ‘sta roba geniale l’hanno chiamata “prodotto finanziario”... e noi cojoni, annamo ancora a lavorà...-Io nun lo so, a me m’hanno sempre insegnato che se voi campa’ devi sapè fa quarcosa che serve, se nun sai fa niente che serve, prima o poi i tempi se fanno duri, e allora t’attacchi.-E invece questi se so inventati un sistema per cui stanno sempre a venne e a compra’, della roba che nun serve a niente, e ce campano da signori... armeno ‘na vorta facevano e macchine, i frigoriferi, e lavatrici, a gente li comprava, li usava e campava mejo, loro ce guadagnavano, ma la cosa c’aveva un senso. Er capitalismo è sempre ‘na fregatura, ma così è pure ‘na presa per culo.-Si ho capito, vendono, comprano, ma in pratica che se vendono, la carta? Che se magnano, la carta?-Nun l’hai capito? Se vennono i rendimenti no? Come li voi chiamà, l’interessi.—-L’interessi de che?-Sur debito.-Sur debito de chi?-Come de chi? Er tuo.-Er mio? Senti io c’ho un buffo co’ ‘na finanziaria, artri buffi nun n’ho fatti.-Debito pubblico, l’hai mai sentito?-Ah ho capito, hanno magnato hanno bevuto, e mo’ chiamano a me pe’ paga’... -E tu paghi!-


196 -Ma che stai a di’, io nun pago un cazzo...-Svejete, hai messa la benzina stamattina? Ecco appunto, mo’ attaccamo che è tardi...-

Dick Brewster, studio di Wolf TV -Amici telespettatori ci scusiamo per la prolungata interruzione, ma siamo in attesa che la Giuria torni in aula per il verdetto; evidentemente la discussione in Camera di Consiglio deve essere molto approfondita e impegnativa, e per quanto i membri della Giuria hanno già avuto modo di confrontarsi nei giorni precedenti, certo quanto è accaduto nel corso di quest’ultima udienza, avrà richiesto un ulteriore approfondimento. Intanto nell’attesa del responso della Giuria, sentiamo i pronostici in studio; cominciamo da te Shirley, mi sembra che dopo le dichiarazioni dell’imputato tu ti sia esplicitamente convinta della necessità di una condanna.-Grazie di avermi dato l’opportunità di chiarire, perchè effettivamente quelle dichiarazioni mi hanno indotto ad una reazione emotiva fuori controllo. No, in realtà io non credo nella necessità di una condanna, dato che in tutto il procedimento mi è sembrato che le argomentazioni dell’avvocato Zimmerman fossero più aderenti alla realtà. Però se permetti vorrei fare una notazione critica, dato che mi sembra che in qualche modo questo processo stia assumendo una caratterizzazione politica, e questo credo sia fuorviante; lasciamo fuori la politica, le polemiche tra democratici e republicani, cose vecchie, sorpassate, come ho detto nel mio intervento al corso di formazione per giovani imprenditori sul tema “Dal feticismo ideologico al narcisismo dell’ego: la politica come perversione sessuale ”. C’è da giudicare un uomo, un uomo che certamente non è totalmente presente a se stesso, le sue stesse dichiarazioni lo dimostrano, un povero vecchio che viene da un mondo lontano, un mondo finito, come ho spiegato nel mio seminario alla Sorbona sul tema “Operaismo e seduzione maschile: la fine di un mito”. Non accaniamoci per ragioni politiche, su un povero vecchio incapace di intendere e di volere, il mondo ormai già si occupa d’altro, e qui in Occidente le vecchie contrapposizioni sono superate, i giovani guardano in altre direzioni, per il successo, la carriera, la promozione sociale ci sono nuove strade, mentre noi siamo qui a discutere di produzione, debito pubblico, finanza, migliaia di giovani fanno la fila per partecipare ad un reality televisivo, si iscrivono a concorsi di bellezza, aspirano a un posto da cubista o da tronista. Il futuro è questo ed è di questo che ci dobbiamo occupare, come ho avuto modo di scrivere nel mio recente saggio “Edonismo fase suprema del capitalismo: la bellezza come egemonia”.-


197 -Grazie Shirley, molto interessante il tuo punto di vista. E tu Al come la vedi a questo punto, ormai ti sarai fatto un’idea?-Se vuoi che ti dica come la penso, la mia idea è che con questa storia ci siamo infilati in un vicolo cieco.-A cosa ti riferisci in particolare.-Beh Dick, scusa la franchezza, ma dubito che gli sponsor, il cui obbiettivo è far si che la gente consumi, potranno mai permettere che passi una tesi come quella di Bradstreet, che in ultima analisi vuol far condannare Ford proprio perchè ha permesso a tutti l‘accesso al consumo. Sbaglio o tra gli sponsor ci sono anche importanti case automobilistiche?-Scusami Al, ma non credevo che tu potessi insinuare simili sospetti, tu sai perfettamente che la nostra rete ha un rapporto franco e leale con i suoi sponsor, ma non ne ha mai subito i condizionamenti, e di questo me ne faccio garante, con la mia professionalità e i lunghi anni di lavoro televisivo, sempre al servizio del pubblico.-Scusami tu Dick, non volevo insinuare alcun sospetto, volevo solo rilevare che la produzione e gli sponsor potevano avere interessi diversi circa l’esito del processo, ma in ciò non c’era nulla di offensivo...-Posso garantirti Al, che sponsor e produzione non hanno nulla a che vedere con l’esito di questo processo, che è affidato alle valutazioni di una Giuria composta da uomini di grande valore intellettuale, e soprattutto indipendenti nel loro giudizio da ogni condizionamento. La regia mi comunica che stanno proprio ora entrando in aula, e quindi è il momento di riprendere il collegamento per ascoltare in diretta il loro verdetto, un verdetto libero e imparziale.-

Sullo schermo ricompare l’aula inquadrata dall’alto: tutti i protagonisti sono seduti al loro posto, una veloce carrellata inquadra uno dopo l’altro Bradstreet, Zimmerman, Ford, il Presidente Bailey, poi tutti i membri della Giuria, poi di nuovo sul Presidente Bailey, che si rivolge al più distante tra i giurati. -Professor Prescott, in qualità di Presidente della Giuria, vuole esprimere il verdetto e dichiarare se ritenete l’imputato, il qui presente Henry Ford, innocente o colpevole?-Signor Presidente devo purtroppo dire, con profondo imbarazzo, che questa Giuria dopo approfondita e coscienziosa valutazione dei fatti, ha ritenuto non sussistenti le necessarie condizioni di serenità per poter esprimere un verdetto libero e imparziale.Alcuni secondi di silenzio. Lo sconcerto e lo stupore del Presidente Bailey, di Zimmerman, di Bradstreet, inquadrati in rapida successione, poi il sor-


198 rise sprezzante dell’imputato. Ancora silenzio e inquadratura in primo piano di Prescott, che guarda alla sala con espressione impenetrabile; il silenzio immobile dura ancora un secondo poi è la voce di Bailey a ridare vita all’aula. -Professor Prescott devo forse ritenere che la Giuria abbia subito tentativi di condizionamento o addirittura intimidazioni, miranti ad alterare l’imparzialità del suo giudizio? Insomma professor Prescott, ci dica cosa è accaduto?-Signor Presidente sono obbligato a mantenere il riserbo, su una imbarazzante vicenda che coinvolge l’onorabilità e il prestigio di insigni accademici, la cui prestazione professionale è stata richiesta a fronte di precisi accordi, accordi il cui rispetto è ancora inspiegabilmente in via di definizione.Nel silenzio impietrito dell’aula la voce di Henry Ford esplode come una risata. -Non li hanno pagati!Buio sullo schermo

Dick Brewster, studio di Wolf TV -Un vero colpo di scena amici telespettatori, non è chiaro cosa sia accaduto, ma una cosa è certa: i tecnici hanno fallito, gli scienziati della finanza non se la sentono di esprimere un giudizio definitivo e lasciano a ognuno di noi la responsabilità di fare le sue valutazioni e di esprimere il proprio giudizio. Ma non vi preoccupate, la nostra rete era pronta anche a questa eventualità, se i tecnici sospendono il giudizio, allora tocca a tutti voi partecipare in prima persona, perché dopotutto è ciò che pensa la gente comune, ciò che effettivamente conta. E allora decidete voi la sorte dell’ìmputato, stabilite voi se Henry Ford è colpevole o innocente, siate voi a prendere in mano le sorti della Nazione e a indicare la via per uscire dalla crisi. Amici telespettatori siamo andati ben oltre i tempi previsti per questa lunga serata televisiva, non c’è tempo per ulteriori commenti, e mentre io saluto e ringrazio gli ospiti in studio e tutti voi da casa, a voi non resta che prendere nota dei numeri di telefono in sovrimpressione; inviate i vostri SMS per la condanna o l’assoluzione, soli 10 centesimi per decidere il futuro del nostro paese, e mi raccomando fate sentire forte la vostra voce, 10 centesimi per un voto via SMS e, con uno speciale contratto offerto da uno dei nostri sponsor, puoi inviare, solo al numero in sovrimpressione, 15 SMS al costo di un solo dollaro, o addirittura scegliere la grande offerta speciale che ti permetterà di inviare ben 100 SMS al nostro numero, al costo di soli 5 dollari, perché, non lo dimenticate mai,


199 PIU’ SPENDI, PIU’ CONTI. Grazie a tutti voi, buonanotte, buonanotte e vai con la sigla.-

Ogni riferimento a persone reali o a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Tutti i diritti riservati. Vietato la riproduzione non autorizzata anche per uso privato; tutti i contravventori saranno penalmente perseguiti. La produzione si riserva il diritto di agire legalmente contro ogni uso improprio di questo prodotto televisivo. Cazzi vostri. FINE South Bronx, New York All’ingresso di un di un grigio e imponente condominio popolare, su un tratto di marciapiede disselciato, circondata da bidoni di rifiuti e quasi nascosta dalle auto in sosta, una piccola aiuola delimitata da vecchie assi di legno, ospita pochi variopinti tulipani che qualcuno inspiegabilmente ha lì trapiantato, e che ancora più inspiegabilmente riescono a sopravvivere. Una bambina dai tratti latini e dai riccioli neri, si avvicina curiosa, si ferma a guardarli estasiata, poi con cautela e guardandosi intorno con circospezione, avvicina la manina allo stelo più vicino. Una voce di donna, la ferma. -Anita, cosa vuoi fare?-Niente mamma, solo prenderne uno.Una giovane donna si avvicina, in una mano una busta della spesa, l’altra la porge alla bambina. -E una volta che l’hai preso che vorresti farne?-Tenerlo, guarda che bei colori che ha.-E sarebbe più bello se lo avessi solo per te?-No, ma sarebbe mio.-Non credo che saresti contenta alla fine... c’era una volta un paese dove tutti volevano i tulipani, ma alla fine tutti se ne pentirono.-Questi fiori si chiamano tulipani?-Si, ma adesso è ora di salire in casa e preparare il pranzo.-Ma poi me la racconti la storia dei tulipani.-Se farai la brava, mangerai tutto, anche la verdura, senza fare storie, dopo ti racconto la storia dei tulipani.-


200 A tavola davanti a un piatto con i resti del pasto, fra cui spiccano gli avanzi di verdure cotte. -Ho mangiato tutto, adesso me la racconti la storia dei tulipani?-Hai mangiato quasi tutto, c’è ancora della verdura lì... comunque va bene te la racconto lo stesso. Allora, c’era una volta tanto tempo fa, un paese lontano che si chiamava Olanda, dove non c’era il re e nemmeno la regina, e tutti vivevano lavorando e commerciando in pace e armonia. In questo paese viveva un mercante, un mercante sempre in viaggio in terre lontane, che per questa ragione aveva sempre poco tempo per stare con la sua unica figlia, una bambina piccola come te; il mercante voleva per sua figlia un futuro ricco e felice, e per questo era sempre in giro a trafficare, comprava la lana in un posto e la vendeva in un altro, lo stesso faceva con tutto ciò che gli capitava a tiro. Fu così che un giorno, tornando da un viaggio nel lontano oriente, il mercante portò con se degli strani bulbi...-Cosa sono i bulbi?-I bulbi sono cose come le cipolle che a te non piacciono.-E fanno piangere come le cipolle?-No quei bulbi lì non facevano piangere, quelli erano i bulbi che facevano nascere i tulipani.-Come i semi che si mettono in terra e poi si innaffiano?-Proprio così. Ma il mercante non li mise in terra e invece li portò subito al mercato per venderli, e anche se all’inizio nessuno sapeva cosa farsene, lui raccontò a tutti che quei bulbi erano magici e facevano nascere i fiori più belli che si fossero mai visti al mondo, e alla fine tanto disse e tanto fece che riuscì a venderli tutti. Poi come al solito, con i soldi guadagnati, ripartì per l’oriente per comprare altri bulbi e quando tornò scoprì che tutti li volevano, perchè veramente facevano nascere i fiori più belli che si fossero mai visti al mondo.-Erano più belli di quelli che ho visto io?-Non lo so, ma certo erano i più belli che mai si fossero visti in quel paese. Così quando il mercante li portò al mercato, tutti li volevano e tutti offrivano denaro e chi non aveva denaro offriva il maiale o le pecore della sua fattoria, e chi non aveva il maiale o le pecore offriva direttamente la fattoria, e allora il mercante diventò ricchissimo e tutti lo invidiavano.-E allora tutti ebbero i loro tulipani in giardino?-E invece no, perchè quando videro quanto era diventato ricco il mercante vendendo i suoi bulbi, tutti pensarono che quei bulbi erano troppo preziosi per poterli sotterrare in giardino, e dato che erano così preziosi ognuno ne voleva sempre di più, e da tutti i paesi dei dintorni venivano


201 a comprare i bulbi al mercato, e tutti davano via ogni cosa, chi i suoi risparmi, chi i frutti del suo orto, chi le pecore del suo gregge, e per quanto ognuno dava via tutto ciò che poteva, i bulbi costavano sempre di più, e chi ne aveva, era sempre più ricco e chi non ne aveva era sempre più povero. E fu così che in tutto il paese la gente impazzì per i bulbi di tulipano, e l’ortolano smise di coltivare cavoli e piselli, e il pastore non si curò più del suo gregge, e il falegname non costruì più tavoli e sedie, e tutti invece si incontravano al mercato per vendere e comprare i bulbi, ognuno vantando il valore dei suoi, che certo avrebbero dato i fiori più belli e variopinti, una volta piantati, e che quindi valevano più di ogni altro bulbo che c’era al mercato. E poi la notte ognuno si chiudeva in casa propria da solo, e contava i bulbi che aveva, calcolava il loro valore, immaginava quanto avrebbe guadagnato vendendoli al mercato e andava a dormire contento, perchè era convinto di essere ricchissimo.-Ma i fiori?-Nessuno badava più ai fiori, i fiori son belli a vedersi, danno piacere a guardarli e a sentirne il profumo, ma dopo che hanno dato piacere alla gente, appassiscono e lasciano solo un bel ricordo; invece i bulbi son brutti a vedersi, ma non appassivano mai e anzi crescevano sempre di valore e davano sempre più ricchezza, anche se la gente non aveva nulla di bello da ricordare.-A me questi bulbi non piacciono, come le cipolle.-Neanche alla figlia del mercante piacevano, anche perchè lei che per prima aveva visto i bulbi, non aveva ancora mai visto un tulipano. E poi con tutti quei bulbi in giro, non si trovavano più cavoli ne piselli per mangiare, le pecore erano sparite e non c’era più lana per coprirsi durante l’inverno, e i tavoli e le sedie si rompevano e nessuno più li aggiustava. Insomma erano tutti ricchissimi, ma a parte i bulbi non avevano più altro.-E non c’erano nemmeno i tulipani.-Infatti. E fu così allora che la figlia del mercante chiamò a raccolta tutti i bambini del paese, per discutere insieme sul da farsi, perchè le cose così non potevano più andare avanti. I grandi non ne seppero nulla, perchè erano tutti al mercato a vendere e a comprare i bulbi, e anzi nessuno di loro aveva più tempo per badare ai bambini. Così nella riunione un bambino disse “io non ho più ne cavoli ne piselli nel piatto, il pancino è vuoto e io ho tanta fame, eppure il mio papà ha i bulbi più preziosi di tutto il paese”, e poi fu la volta di una bambina che si mise a piangere perchè aveva tanto freddo, il suo vestitino era pieno di buchi, eppure il suo papà aveva più bulbi di tutti in paese, e quindi un altro bambino si alzò arrabbiato perchè il suo lettino si era rotto e lui doveva dormire sulla nuda


202 terra, eppure il suo papà aveva il materasso pieno di bulbi; per ultima parlò una bambina che disse che il suo papà aveva perso tutti i suoi bulbi e che era diventato così triste che non voleva più giocare con lei. Allora la figlia del mercante si alzò in piedi e spiegò a tutti cosa dovevano fare.-E cosa fecero?-Nottetempo, mentre tutti i grandi dormivano, ogni bambino si alzò dal suo lettino, e senza farsi sentire, prese i bulbi dei suoi genitori, li portò in giardino e li sotterrò per bene, poi li annaffiò con cura, e poi sempre senza farsi sentire se ne ritornò nel suo lettino. Quando al mattino i grandi si alzarono, ognuno di loro andò a contare i suoi bulbi, e non trovandoli al loro posto cominciò a gridare “al ladro, al ladro, il nostro tesoro è stato rubato”, ma poi uscendo in giardino lo trovò tutto fiorito, i tulipani crescevano d’ovunque e il profumo rendeva l’aria deliziosa. E allora ognuno guardò i suoi bambini sorridenti e capì che non erano stati i ladri, e che il valore vero di ogni cosa non è nel prezzo che ha al mercato, ma nel piacere che da nella vita.-E allora anche la bambina potè vedere i tulipani?-Certo, e ancora adesso in quel paese lontano che si chiama Olanda, in tutti i giardini crescono i tulipani.-

NdA: La cosiddetta “bolla dei tulipani”, si produsse nei primi decenni del ‘600 in Olanda, in conseguenza della grande richiesta di pregiati bulbi di tulipano, e fu quasi certamente la prima bolla speculativa storicamente documentata; esplosa nel 1637 determinò la rovina economica di un gran numero di speculatori.


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