3 minute read

IL RACCONTO

IL RACCONTO

IL GABBIANO

Advertisement

AUGUSTO MATTEAZZI

Era una ammiratrice dei gabbiani – veramente lei si definiva una “patita” – e, quanto andavano qualche volta al mare, stava ore ad osservarli, specialmente quelli più grandi, le piaceva il modo elegante e maestoso in cui si libravano, apparentemente senza sforzo e senza peso, lanciando ogni tanto il loro caratteristico grido.

In loro vedeva un simbolo di serena e maestosa bellezza, ma soprattutto di libertà: una libertà che lei, sposata da tanti anni e con figli e nipoti che erano sì la sua consolazione, ma anche un legame piuttosto impegnativo, aveva perduta da tanto tempo, così un po’ si immedesimava in quei volatori instancabili, sognando che, in qualcuno di essi, il suo Spirito avrebbe trovato modo di evadere dai legami che troppo la costringevano. Era molto forte questa sensazione, al punto che ogni tanto ne parlava al marito, che a volte condivideva le sue fantasie, perché anche lui, da un certo punto di vista, era un sognatore, anzi qualche volta lei lo accusava di esserlo troppo, così scherzavano spesso: “ecco quello andrebbe bene, sembri proprio tu”; “ma va, io sono più leggera, quello invece, quello grande, non vedi che sembra avere i baffi come te?”, “ma cosa vedi, perché non ti pulisci gli occhiali?”, “ma perché tu non te li compri?” e così, battuta su battuta, si divertivano come due giovani innamorati.

Per loro quelle visite alla spiaggia erano come un balsamo che rendeva piacevole una vita altrimenti costellata da piccoli ma noiosi contrattempi e ridava la carica ad un rapporto che, pur nel

reciproco rispetto e fedeltà, non era immune dal logorio della quotidianità.

Tante volte ancora andarono a quella spiaggia e tante volte ancora ammirarono i gabbiani, ma la vita decise per loro, poiché anche l’età ha le sue conseguenze, tra una leggera malattia, una serie di acciacchi e altri problemi, passarono parecchi anni senza godere di quelle passeggiate con vista gabbiani.

Ormai però non se ne crucciavano più, perché, tra la cura dei vari nipotini, qualche passeggiatina nei boschi vicino casa, con vista montagne, e la lettura di qualche buon libro, le loro giornate erano comunque serene.

Ma la tranquillità che sembrava finalmente arridere, dopo una vita di lavoro, non ebbe lunga durata: una terribile malattia, di quelle che non perdonano, colpì il marito all’improvviso, lasciando la coppia nel più nero sconforto.

Fu una lunga agonia, penosa per entrambi, perché la forte fibra, la voglia di vivere e l’attaccamento a lei resero il distacco particolarmente lungo e straziante. Ogni tanto diceva: “forse domani me ne vado e guai se ti vedo piangere, considera che è solo un distacco provvisorio, poi ti aspetterò, magari volando a bordo di un grosso gabbiano, come ogni tanto fantasticavamo”. Quando veramente la conclusione si avvicinò, passavano parecchie ore al giorno, mano nella mano ricordando i tempi in cui la vita sembrava sorridere, ripassando come un film le varie scene che avevano caratterizzato la lunga vita trascorsa in comune. Lui con le ultime forze, le chiedeva perdono per non essere mai riuscito a regalarle la collana di perle, che a lei piacevano tanto e più volte le aveva promesso.

Come i medici avevano previsto, gli ultimi giorni furono brevi ma meno sofferti “il canto del cigno” diceva scherzosamente lui, ma lei capiva quanto gli costasse quello scherzo.

Dopo essere rimasta vedova, tornò ancora una volta in quella spiaggia, con il previso proposito di andare ad ammirare e salutare i “suoi” gabbiani, come estremo commiato ai bei tempi, e ne vide uno, veramente grande, che volava lentamente in cerchio, guardandola in modo particolare, come ad ammirarla, e le venne di pensare alle frasi scherzose di un tempo: forse era la sua impressione o il gioco di ombre ma veramente sembrava avesse i baffi, ed ad un certo punto le si parò davanti, volando da fermo come un elicottero, girò leggermente la testa di lato e la guardò fissa negli occhi, uno sguardo che lei parve riconoscere, e le lasciò cadere ai piedi una piccola, lucente perla che aveva nel becco.

This article is from: