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Totopresidente, ecco le regole per la scalata al colle Intervista a Giovanni Piccirilli

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PANTERE GRIGIE

PANTERE GRIGIE

L'INTERVISTA

TOTOPRESIDENTE, ECCO LE REGOLE PER LA SCALATA AL COLLE

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L.P.

Il 2022 si preannuncia un anno davvero complicato. La necessità di superare la Pandemia, con annesse rogne no vax e no green pass, si somma alla scommessa tutta da vincere del PNRR che siamo chiamati a scaricare a terra con progetti e impegni di spesa. Ma non basta. Siamo arrivati al delicato tornante della rielezione del Presidente della Repubblica, alla scadenza del settennato di Sergio Mattarella. Un passaggio delicatissimo nella vita politica italiana che si annuncia tutt’altro che facile fra Draghi, Berlusconi, Cartabia e chissà chi altro verrà messo in campo. Ma quanto pesano davvero sul nostro futuro gli equilibri costituzionali messi in dubbio anche dal taglio dei parlamentari? Lo chiediamo a Giovanni Piccirilli, ricercatore di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli. Domanda. Da giurista ci ricorda le regole che la Costituzione detta per l’elezione del Presidente della Repubblica? Risposta. Il Presidente Mattarella ha iniziato il suo mandato il 3 febbraio 2015. Questo vuol dire che 30 giorni prima della scadenza del suo settennato, il Presidente della Camera convocherà il Parlamento in seduta comune (630 parlamentari e 315 senatori) più i rappresentanti delle regioni, 3 per regione, 1 della Val D’Aosta. Poi ci sono i senatori a vita. Questi eleggeranno il nuovo Presidente. Si tratta – al momento - di circa 1000 rappresentanti, ma per l’ultima volta prima di dare corso al taglio dei parlamentari approvato definitivamente con lo scorso Referendum nel settembre 2020. Sono eleggibili tutti i cittadini italiani che hanno più di 50 anni, quindi non necessariamente parlamentari. D. E come si vota? R. Il Parlamento vota a scrutinio segreto e non ci sono candidature scritte sulla scheda, la quale viene consegnata bianca e da compilare con un nome. La Costituzione fissa la maggioranza per l’elezione del Presidente: nei primi 3 scrutini si necessita dei 2/3 del collegio, ossia di una maggioranza ampia e qualificata composta da molte forze politiche. Dal quarto scrutinio in poi basta la maggioranza assoluta. Al momento siamo in una contingenza in cui il governo è retto

Giovanni Piccirilli

da un largo schieramento politico: il governo Draghi è sorretto dai Cinque stelle alla Lega passando per il Pd e Forza Italia e altre piccole formazioni. Manca solo Fratelli d’Italia. Quindi si potrebbe convergere su un solo nome ed eleggere subito il Presidente della Repubblica. D. In passato è successo di tutto… R. Storicamente abbiamo avuto prassi molto differenziate, Presidenti eletti al primo scrutinio (Cossiga, Ciampi) e Presidenti eletti dopo decine di scrutini. Scalfaro, ad esempio, fu eletto nelle ore successive alla strage di Capaci dove fu ucciso Falcone, ma dopo giorni e giorni di tentativi. Possiamo dire che di solito quando il Presidente arriva serenamente alla fine del suo mandato il genere l’elezione del Presidente successivo è più facile. D. Alcuni vorrebbero la riconferma di Mattarella. Che ne pensa? R. Lui si è espresso più volte contro una rielezione. Ma la Costituzione non lo esclude. E’ già successo con Napolitano che è stato eletto una prima volta nel 2006 e una seconda volta nel 2013, per poi dimettersi due anni dopo. Insomma vista la situazione non proprio tranquilla in cui ci troviamo non possiamo escludere nulla. D. Fatto il Presidente della Repubblica, però, non è escluso si vada al voto. Ma a quel punto si voterà un Parlamento ridotto alla luce del recente taglio dei parlamentari. Che succederà? R. In realtà la legislatura si conclude nel 2023. Ma se, fatto il Presidente della Repubblica, saltano gli equilibri politici quello stesso Presidente neoeletto può sciogliere le camere e portare il Paese al voto nella prossima primavera. I parlamentari passano da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Solo per ricordarlo il taglio dei parlamentari è stato approvato dal Parlamento in seconda lettura con un iter singolare. In una camera con la maggioranza del Conte 1 con Lega e 5 stelle. Nell’altra con la maggioranza che sostiene ora il governo Draghi, ossia 5stelle Pd, Lega e centristi. Poi si è svolto il Referendum nel settembre 2020 dove il sì al taglio è passato in larga maggioranza. Ma ci sono state molte voci critiche. D. Ce ne parla? R. Il tema era di dover poi intervenire sui necessari riequilibri della forma di governo, dell’organizzazione delle camere, dei regolamenti parlamentari. Anche dell’elezione del Presidente della Repubblica. Una delle cose che si diceva era che se il Parlamento viene ridotto di un terzo anche i delegati regionali devono essere ridotti di un terzo. A un anno e mezzo dalla votazione della riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari e a un anno dal Referendum si rileva una sola riforma costituzionale connessa: quella che permette il voto al Senato ai diciottenni. Per il resto tutto il cantiere delle riforme, sia sulla forma di governo, sia sull’organizzazione delle camere e anche sulla legge elettorale, altro capitolo delicato, non avuto avanzamenti significativi. D. Si tratta di interventi opportuni o no? R. Io direi che si tratta di interventi indispensabili non soltanto opportuni. Per esempio la modifica dei regolamenti parlamentari specie al senato, dove ci saranno solo 200 eletti, è fondamentale per formare le commissioni. Da questo punto di vista nelle Giunte per il regolamento, sia alla camera che al senato, qualcosa si sta muovendo. Sembrerebbe che entro gennaio si possa intervenire. Ma è una promessa. D. Altra nota dolente la legge elettorale. Non si era detto di doverla modificare proprio in conseguenza al taglio dei parlamentari per problemi di collegi? R. Esattamente. Ma questa è una scelta politica. Infatti il Parlamento potrebbe essere eletto dalla legge elettorale vigente ma allargando di molto i collegi. Noi abbiamo un sistema elettorale misto prevalentemente proporzionale che ha soprattutto in Senato problemi di rappresentatività - in particolare della minoranza - nelle regioni di più piccole. Considerando che la minoranza in Senato sarà di 80/90 senatori non sarà semplice. D. Che legge elettorale sarebbe auspicabile? R. In realtà non ce n’è una migliore di un’altra in assoluto: il proporzionale rappresenta meglio i partiti, il maggioritario il territorio. La scelta è politica. Rilevo però che cambiare legge elettorale, come peraltro avvenuto in Italia, l’anno prima delle elezioni non è mai – per ovvie ragioni – una bella cosa.

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