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Fashion Research Italy, tra memoria e futuro della moda
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Fashion Research Italy tra memoria e futuro della moda
La Fondazione non profit nata nel 2015 è impegnata nella valorizzazione dell'heritage aziendale, nella formazione e nel supporto alle imprese verso l'evoluzione digitale. Ne parliamo con il Cav. Alberto Masotti, ideatore e fondatore
Cavalier Masotti, cosa l’ha spinta a dare vita alla Fondazione Fashion Research Italy?
Negli anni sono state molte le rivoluzioni economiche e culturali che si sono susseguite, tra l’altro ad una velocità incredibile, spesso eccessivamente sfidante per le piccole e medie manifatture di questa nostra articolata filiera. Dopo anni nell’industria della moda, comprendevo la loro difficoltà nel rimanere significative all’interno di un mercato in così rapido cambiamento. Così nel 2015 ho deciso di rimettermi in gioco per provare a restituire a Bologna almeno parte di quanto in tanti anni avevo ricevuto, condividendo gli insegnamenti appresi durante la mia avventura imprenditoriale.
Il legame con il territorio è tra i capisaldi dell’attività della Fondazione. Quali altri valori la guidano?
Ha detto bene, sono molto legato alla città di Bologna. Come potrei non esserlo? Ha dato i natali alla mia famiglia e alla nostra azienda, che con noi è cresciuta per oltre cinquant’anni. Ho sempre desiderato valorizzare con il mio lavoro le eccellenze di cui il territorio emiliano-romagnolo è ricco, contribuendo a farne riconoscere la competitività al pari di altri contesti storicamente legati alla moda, come Milano e Firenze. Altro valore fondante è certamente la capacità di mettersi in ascolto: una cosa che ho imparato è che mai bisogna credere di essere arrivati e mai smettere di essere curiosi e documentarsi. Per rubare le parole ad Eco: “La cultura non salverà il mondo”, ma ritengo che sia essenziale per restare al passo coi tempi, sia a livello personale che in una comunità aziendale. Ecco perché ho pensato a Fondazione FRI in primis come ad un polo di formazione in cui l’artigiano, come il manager, possano fare propri i trend del mercato. Comprenderne le esigenze operative e le possibili evoluzioni grazie alla condivisione del know how dei professionisti e delle buone pratiche di realtà lungimiranti che possano testimoniare casi virtuosi a cui ispirarsi. Mi piacerebbe che un giorno FFRI possa diventare un hub, un punto di riferimento per l’intero distretto, un luogo anche fisico di incontro e condivisione di saperi ed esperienze dove i diversi attori si sentano accolti e accompagnati nell’elaborazione di nuove strade di innovazione, per guardare insieme al futuro.
Come vede lo stato dell’arte del Sistema Moda nel nostro Paese? Quali ritiene saranno le sfide che dovrà affrontare?
Questo contesto sanitario sta comportando ricadute economiche e sociali davvero drammatiche, mettendo a dura prova l’intera filiera che ogni giorno vede in discussione la sopravvivenza di molte attività. Le trame del tessuto produttivo del nostro Paese si stanno allentando, rischiando di perdere ogni giorno saperi di inestimabile valore e, in questi mesi, non si può dire che le Istituzioni abbiano dimostrato la doverosa sensibilità. Le piccole e medie imprese hanno dovuto fare i conti con le difficoltà dell’anno appena trascorso contando solo sulle loro forze, devo dire, anche a causa di una visione miope che le trattiene dal far fronte comune. Gli imprenditori italiani tendono a prediligere una conduzione strettamente familiare non considerando le opportunità di crescita dimensionale ottenibili con accorte fusioni. Trovo invece che la condivisione possa essere la chiave della resilienza: il nostro settore deve abbandonare le logiche individualistiche che lo hanno guidato finora e riscoprire l’importanza della collaborazione. E poi l’innovazione: non basta più il saper fare, è necessario che la tradizione impari a dialogare con la tecnologia. Digitalizzazione e sostenibilità devono essere i primari obiettivi su cui lavorare. Quest’anno l’ha indicato con chiarezza, rilevando nell’industry moda e lusso un’importante carenza di competenze su questi fronti. Occorre guardare avanti, ma senza dimenticare le proprie origini e farlo con competenza e visione.
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La valorizzazione della memoria aziendale è un tema molto dibattuto in questo periodo, che la fondazione sostiene fin dal suo principio. Come?
FFRI è stata tra le prime lungimiranti realtà a intravedere negli archivi di impresa un enorme potenziale non solo culturale, ma anche economico, per il posizionamento delle grandi come delle PMI del fashion. Si possono intendere come contenitori di testimonianze che arricchiscono il valore reputazionale dell’azienda, diventando un lasciapassare per l’affermazione nel presente. La custodia del proprio saper fare, e quindi anzitutto dei prodotti di un’azienda, restituisce inoltre la levatura del brand e della manifattura che lo produce. Per tutte queste ragioni è fondamentale valorizzare gli archivi di impresa e portarli all’attenzione del pubblico. È quello che fin dalla sua costituzione si propone di fare la Fondazione FRI: sensibilizzare le piccole e medie imprese italiane a investire nella propria memoria. Lo facciamo attraverso attività mirate di consulenza per la costituzione, la gestione e lo sviluppo di un archivio d’impresa e mettendo a disposizione degli addetti ai lavori un patrimonio di textile design di assoluto fascino e rarità. Trentamila disegni tessili su carta e tessuto, realizzati a mano e con tecniche uniche dalla maestria dei più noti disegnatori italiani, corredati da una biblioteca di ispirazione grafica di oltre cinquemila volumi. Un’incredibile risorsa a beneficio della comunità intera, non solo delle aziende, che rappresenta una parte significativa della filiera tessile e del Made in Italy che rischia di andare perduta. Spero che questa pandemia ci dia presto l’opportunità di riaprire le porte dei nostri caveau per ospitare designer, studiosi e curiosi.
Quali invece le iniziative messe in campo per stimolare il cammino delle imprese verso l’evoluzione digitale e l’adozione di nuovi modelli di business sostenibile?
Per le PMI fare fronte comune può essere l’unica chance per affermarsi in un contesto dominato dai grandi brand, spesso responsabili delle scelte strategiche per intere filiere. Innovazione e sostenibilità per troppo tempo sono state appannaggio delle grandi realtà; è tempo di diffondere orizzontalmente 76 fare
nuovi modelli di business. Per agire in questa direzione essendo di concreto supporto alle pmi, FFRI ha dato vita a due importanti progetti. Da un lato Punto Innovazione, un network di player con cui si propone come facilitatrice di processi e soluzioni per accompagnarle nei percorsi di trasformazione necessari a rispondere alle richieste del mercato. Dall’altra Punto Sostenibilità, un ambizioso progetto per contribuire alla svolta green del settore. Un ampio ventaglio di servizi che ruotano intorno ad un archivio sempre aggiornato di materiali tessili certificati, a cui si aggiungono consulenze mirate per l’individuazione delle necessità operative e un corso per formare le risorse interne da dedicare a questo asset. Sempre in questa direzione si muove anche una terza iniziativa realizzata in collaborazione con Alma Mater Studiorum, con cui da anni la fondazione intesse una stretta e virtuosa collaborazione a sostegno di un’avanguardia di giovani capaci e meritevoli, tra le categorie più penalizzate in questo periodo di restrizioni. L’ho battezzata Cultura Circolare perché ai 30 studenti più meritevoli - tra i 90 circa che hanno inviato richiesta dal Polo scientifico-didattico di Rimini - abbiamo voluto offrire l’opportunità di accedere gratuitamente ai tre percorsi professionalizzanti del primo semestre. Oltre 2.000 ore di formazione di altissimo livello, suddivise in 15 corsi afferenti ai temi più sentiti di questo momento, dalla digitalizzazione, alla sostenibilità fino alla valorizzazione dell’heritage.
Un’iniziativa lodevole e importante, perché la formazione è un asset fondamentale per garantire la competitività della Filiera Moda e lusso. Ci racconta meglio le vostre proposte?
Ho voluto scommettere su questo asset con una visione più ampia, rivolgendo questi percorsi formativi in primis agli imprenditori ma anche ai professionisti di domani, veri traini di crescita per l’intero Paese lungo la frontiera dell’innovazione, che un giorno porteranno nuove idee ed entusiasmo tra le fila degli addetti ai lavori, garantendo il ricambio di competenze necessario per rispondere alle nuove sfide imposte dal mercato. I percorsi didattici della Fondazione prevedono quindi diversi gradi di approfondimento, a seconda che la necessità sia quella di specializzarsi, riqualificarsi o di apprendere le basi di un futuro percorso professionale. Lo stampo è sempre molto pratico per trasmettere conoscenze immediatamente spendibili in campo lavorativo. Un’approfondita indagine sui trend di mercato e sulle sue necessità occupazionali, ci ha convinti per il 2021 ad arricchire la consolidata offerta formativa dedicata alla valorizzazione del brand heritage con nuove proposte incentrate sulle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Il corso di Fashion E-Commerce Management è così entrato a far parte di una academy dedicata ai temi della comunicazione digitale nel fashion. Non meno importante la messa a punto di Green Fashion, che mira a diffondere la consapevolezza delle necessità operative legate all’adozione di un piano di business realmente sostenibile. Oltre ovviamente ad Archivi della moda che è il primo percorso in Italia studiato per offrire alle aziende gli strumenti per valorizzare il proprio patrimonio storico.
Un’ultima battuta prima di chiudere questa interessante intervista. Cosa si aspetta per il futuro?
Credo opportuna in conclusione una riflessione e perché no un interrogativo, che stavolta rivolgo io alle associazioni, come Confindustria, impegnate nel sostegno alle piccole e medie manifatture di moda. Come intendono muoversi per garantire un concreto supporto al settore? FFRI si è più volte proposta come interlocutore qualificato aprendosi a confronti per possibili collaborazioni ma ottenendo finora poco più di gentili riscontri. A fronte di molteplici accorati messaggi di vicinanza, non avvertiamo la concretezza auspicata dalle istituzioni in un momento così drammatico. Credo dunque che ci sia bisogno di un gesto forte per segnare un decisivo cambio di rotta nel sostegno alla filiera della Moda e che il neoeletto presidente Varisco, imprenditore e persona di grande spessore di cui da anni apprezzo l’operato, possa essere la persona giusta per farlo. Naturalmente al fianco del presidente Caiumi e del direttore generale Ferrari, la cui attenzione è sempre gradita. Restiamo in fiduciosa attesa.
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