FARE n. 51 - MARZO 2021

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focus moda

Fashion Research Italy

tra memoria e futuro della moda

La Fondazione non profit nata nel 2015 è impegnata nella valorizzazione dell'heritage aziendale, nella formazione e nel supporto alle imprese verso l'evoluzione digitale. Ne parliamo con il Cav. Alberto Masotti, ideatore e fondatore

C

avalier Masotti, cosa l’ha spinta a dare vita alla Fondazione Fashion Research Italy? Negli anni sono state molte le rivoluzioni economiche e culturali che si sono susseguite, tra l’altro ad una velocità incredibile, spesso eccessivamente sfidante per le piccole e medie manifatture di questa nostra articolata filiera. Dopo anni nell’industria della moda, comprendevo la loro difficoltà nel rimanere significative all’interno di un mercato in così rapido cambiamento. Così nel 2015 ho deciso di rimettermi in gioco per provare a restituire a Bologna almeno parte di quanto in tanti anni avevo ricevuto, condividendo gli insegnamenti appresi durante la mia avventura imprenditoriale. Il legame con il territorio è tra i capisaldi dell’attività della Fondazione. Quali altri valori la guidano? Ha detto bene, sono molto legato alla città di Bologna. Come potrei non esserlo? Ha dato i natali alla mia famiglia e alla nostra azienda, che con noi è cresciuta per oltre cinquant’anni. Ho sempre desiderato valorizzare con il mio lavoro le eccellenze di cui il territorio emiliano-romagnolo è ricco, contribuendo a farne riconoscere la competitività al pari di altri contesti storicamente legati alla moda, come Milano e Firenze. Altro valore fondante è certamente la capacità di mettersi in ascolto: una cosa che ho imparato è che mai bisogna credere di essere arrivati e mai smettere di essere curiosi e documentarsi. Per rubare le parole ad Eco: “La cultura non salverà il mondo”, ma ritengo che sia essenziale per restare al passo coi tempi, sia a livello personale che in una comunità aziendale. Ecco perché ho pensato a Fondazione FRI in primis come ad un polo di formazione in cui l’artigiano, come

il manager, possano fare propri i trend del mercato. Comprenderne le esigenze operative e le possibili evoluzioni grazie alla condivisione del know how dei professionisti e delle buone pratiche di realtà lungimiranti che possano testimoniare casi virtuosi a cui ispirarsi. Mi piacerebbe che un giorno FFRI possa diventare un hub, un punto di riferimento per l’intero distretto, un luogo anche fisico di incontro e condivisione di saperi ed esperienze dove i diversi attori si sentano accolti e accompagnati nell’elaborazione di nuove strade di innovazione, per guardare insieme al futuro. Come vede lo stato dell’arte del Sistema Moda nel nostro Paese? Quali ritiene saranno le sfide che dovrà affrontare? Questo contesto sanitario sta comportando ricadute economiche e sociali davvero drammatiche, mettendo a dura prova l’intera filiera che ogni giorno vede in discussione la sopravvivenza di molte attività. Le trame del tessuto produttivo del nostro Paese si stanno allentando, rischiando di perdere ogni giorno saperi di inestimabile valore e, in questi

mesi, non si può dire che le Istituzioni abbiano dimostrato la doverosa sensibilità. Le piccole e medie imprese hanno dovuto fare i conti con le difficoltà dell’anno appena trascorso contando solo sulle loro forze, devo dire, anche a causa di una visione miope che le trattiene dal far fronte comune. Gli imprenditori italiani tendono a prediligere una conduzione strettamente familiare non considerando le opportunità di crescita dimensionale ottenibili con accorte fusioni. Trovo invece che la condivisione possa essere la chiave della resilienza: il nostro settore deve abbandonare le logiche individualistiche che lo hanno guidato finora e riscoprire l’importanza della collaborazione. E poi l’innovazione: non basta più il saper fare, è necessario che la tradizione impari a dialogare con la tecnologia. Digitalizzazione e sostenibilità devono essere i primari obiettivi su cui lavorare. Quest’anno l’ha indicato con chiarezza, rilevando nell’industry moda e lusso un’importante carenza di competenze su questi fronti. Occorre guardare avanti, ma senza dimenticare le proprie origini e farlo con competenza e visione.

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