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Covid-19 e la nostra Comunità
In missione
Covid-19 da Trivandrum India e la nostra Comunità
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Il primo caso della Pandemia COVID 19 è stato confermato in Kerala (questo era anche il primo caso dell’India stessa), nel distretto di Thrissur, il 30 gennaio 2020, a una studentessa di medicina appena tornata da Wuhan China e, verso la fine di marzo, i casi sono saliti a 266. Subito da parte del governo ci è stata una immediata azione di vigilanza e, ai primi di maggio, per la prima volta in 45 giorni, non è stato verificato nessun nuovo caso. Il governo centrale dell’India è intervenuto con un totale lockdown, come tentativo di fermare il contagio, chiudendo tutte le frontiere degli stati, le scuole, i luoghi di culto e ogni attività di raduno della gente. Questo è servito fino a un certo punto, ma la difficoltà della gente, soprattutto di quelli che fanno lavori giornalieri e dei poveri e varie altre difficoltà pratiche, hanno costretto il governo a fare delle eccezioni e, pian piano, aprire con cautela le frontiere e ammorbidire le varie restrizioni. Mentre in alcuni altri stati dell’India la situazione è peggiorata, in Kerala tutto proseguiva senza registrare nuovi casi, sotto il controllo e la vigilanza del governo. Ma con l’arrivo e il rientro di tante persone che lavoravano in altri paesi e all’estero la situazione del Kerala è totalmente cambiata. Verso la metà di maggio si sono registrati molti casi che hanno determinato la quarantena di molte persone; a metà di luglio si sono moltiplicati i casi di contagio sociale, soprattutto a Trivandrum tra la popolazione che vive sulla costa. Ora sono più di ventimila i casi confermati. Ciò che è consolante, è che la mortalità in Kerala è molto bassa rispetto ad altri paesi, grazie a Dio finora sono morti meno di cento persone. Quando è scoppiato questo virus in India, noi eravamo già verso la fine dell’anno scolastico. Pensavamo che tutto sarebbe finito presto e che avremmo ripreso la vita normale dopo i mesi estivi. Ci è risultato pesante la chiusura delle chiese durante la settimana Santa, ma l’abbiamo vissuta serenamente, accettandola come situazione diffusa in tutto il mondo. Eravamo più sofferenti e preoccupate per la terribile notizia che arrivava dall’Italia, di quella quantità di gente che moriva in un paese piccolo ma ben sviluppato; le immagini che ci arrivavano ci impressionavano: file di bare di morti e camion che le trasportavano ecc.
Trivandrum India
In missione
Avevamo organizzato ore di preghiera e di adorazione e continuavamo a intercedere per tutto il mondo. Inoltre, in questo periodo in cui siamo rimaste chiuse in casa, abbiamo organizzato bene tutto per sfruttare nel miglior modo questo tempo che il Signore ci ha concesso. Abbiamo potuto occuparci comunitariamente e personalmente della nostra formazione umana e spirituale, approfondire gli studi biblici, attendere a varie classi e corsi di esercizi ecc. tutto via internet. Abbiamo vissuto momenti forti per consolidare la nostra fraternità. Le suore e le giovani in formazione si sono dedicate anche a coltivare il campo e a produrre tante verdure e mantenere il giardino bellissimo. Oltre la preghiera, lavoro e studio, ognuna ha avuto il tempo per un giusto riposo, dopo un faticoso anno scolastico. Abbiamo vissuto un’eccezionale esperienza di apostolato, cucendo circa 3000 mascherine per i poveri. Abbiamo lavorato in serie per 2 settimane, approfittando anche delle quattro macchine da cucire offerte da un ministro. Il primo giugno, come al solito, è stato inaugurato l’inizio dell’anno scolastico. Ma tutto tramite online e internet. Le suore insegnanti sia della scuola materna e sia della scuola speciale, si danno da fare ogni giorno per registrare le lezioni, prendere video e preparare lezioni interessanti per i bambini. Una fatica per i genitori e anche per gli insegnanti. Ma la maggioranza degli alunni corrisponde più di quello che immaginavamo. I bambini della scuola speciale soffrono molto a stare a casa e continuano a domandare quando apre la scuola. È quasi 5 mesi che non andiamo più in parrocchia e presso le famiglie per il nostro apostolato e con i nostri bambini del catechismo. In questo periodo particolare, l’apostolato più grande è quello di alzare le mani al Signore e intercedere come Mosè per questo popolo, per il mondo intero, unite all’offerta dei sacrifici e portare nel cuore i dolori di tante persone malate, isolate, addolorate per aver perso i propri cari in un modo molto tragico, senza poter dare nemmeno l’ultimo bacio e senza nemmeno, forse, avere una tomba propria per poter rimanere nel ricordo. “Il ricordo della mia miseria e del mio vagare è come assenzio e veleno. Ben se ne ricorda la mia anima e si accascia dentro di me. Questo intendo richiamare al mio cuore, e per questo voglio riprendere speranza. Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie” (Lam 3,19-22). Per tanti infatti questo dev’essere il sentimento dell’animo. Auguriamo che questa esperienza terribile dove tanti hanno sperimentato e toccato con mano la pochezza dell’uomo e il mistero della creatura e del Creatore, aiuti a scoprire la presenza di Dio che guida la storia umana e ad ascoltare ciò che Egli vuole comunicare. Il Signore aiuti tutti a leggere saggiamente i segni dei tempi e ascolti il grido che i profeti e anche il nostro Padre Fondatore ha fatto echeggiare nel mondo “è ora di tornare a Dio”.