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Introduzione a cura di Paologiovanni Maione
INTRODUZIONE
Questo numero dei «I Quaderni del San Pietro a Majella» è dedicato alla collega e amica Marta Columbro, docente di Storia della Musica, il cui magistero è attestato dalla sua produzione scientifica che ha segnato la rinascita di alcuni filoni di ricerca: dall’attenzione all’attività musicale del celebre complesso religioso dell’Annunziata al censimento del fondo librettistico del Teatro di San Carlo, dall’indagine sulle confraternite e congregazioni musicali in età moderna agli esiti di alcune particolarità presenti nel repertorio comico del secondo Settecento fino al monumentale lavoro svolto con il sottoscritto sulla musica presso la Cappella del Tesoro di San Gennaro tra Sei e Settecento.
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L’acume della studiosa andava di pari passo con la simpatia e la generosità nei confronti dei suoi interlocutori: chiunque abbia conosciuto Marta è stato toccato dalla sua grazia e nobiltà restandone soggiogato e affascinato.
Sono molti i momenti in cui, nel corso di questi mesi, ho avvertito – ma come me molti altri – un vuoto incolmabile, sebbene quotidianamente sia rimasto, forte, il mio dialogo con lei, segnando gesti e decisioni, ma anche molti sorrisi dinanzi a situazioni in cui avrebbe sicuramente dato prova della sua squisita e sottile ironia.
Purtroppo non potremo realizzare il nostro sogno di vecchi vaticinanti tra i cortili del Conservatorio, con lei guidata in carrozzella da me, mentre bofonchiamo tra Storia reale e irreale: quanto ridere ci provocava questa paradossale scena! Spero che queste pagine le siano care: si è cercato di mettere insieme argomenti stimolanti, che sicuramente l’avrebbero incuriosita.
La prima sezione si apre con un articolato scritto di Orietta Sartori sulla figura leggendaria di Loreto Vittori, che aggiunge dati inediti per un arricchimento sul percorso di formazione del “musico” e permette, in tal modo, di gettare nuova luce sulle modalità di apprendimento dei cantori a quell’altezza temporale.
Sempre alla ricerca di ulteriori tasselli sul sistema musicale settecentesco e intorno alle dinamiche di diffusione dei repertori teatrali ritorna Giovanni Polin nello stimolante terreno di ricerca che dissoda, mettendo, ancora una volta, a disposizione della comunità scientifica nuovi percorsi di indagine da inseguire.
Gli intermezzi musicali sono invece l’oggetto scrutato da Benedetta Amelio con occhi “aggiornati” rispetto all’analisi di un repertorio apparentemente tanto analizzato, eppur sempre ricco di cose da scoprire; in questo caso il repertorio del genere si arricchisce di nuovi testimoni.
Bach è al centro dell’articolo redatto da Ciro Raimo, che continua con rigore a speculare sulle possibili letture di un repertorio tastieristico sempre foriero di osservazioni e riletture. Ancora una volta il Wohltemperirte Clavier è fonte preziosa per addivenire a inedite visioni.
Uno spaccato eloquente sulla vita coreutica ottocentesca tra Napoli e l’Europa è disegnato da Maria Venuso. La sua indagine getta le basi per un lavoro ancora tutto da svolgere sulla complicità delle arti performative nel promuovere filoni e dibattiti. Si lumeggiano altresì i possibili rapporti intercorsi tra i protagonisti delle “scene” del tempo.
Le “tesi” questa volta presentano due indagini assai diverse fra di loro, eppure assai stimolanti per gli argomenti trattati e le metodologie messe in campo. Il corpus delle “cantate serenate” di Antonio Farina permette alla giovane studiosa Anita Sisino di sondare un campo assai accidentato che mai finisce di stupire i ricercatori. L’analisi di questo repertorio afferente al genere della serenata mostra lati inediti di una pratica molto più diffusa di quanto si possa immaginare nel corso del tardo Seicento. Mattia Esposito sposta l’attenzione del lettore su un ambito contemporaneo scrutando le composizioni tonali adoperate nelle colonne sonore di videogiochi per console e smartphone: in tal modo, si apre un impervio lavoro che per i suoi esiti sperimentali suscita non poco interesse.
Le “note d’archivio”, anche in questo numero, svelano inedite ricerche sulla storia musicale napoletana con i bei saggi di Ignacio Rodulfo Hazen, che ha rintracciato nelle carte notarili dell’Archivio di Stato di Napoli il testamento del grande compositore Francesco Lambardi, fornendo nuovi dati sulla vita e l’attività musicale dell’artista vissuto tra il Cinquecento e il Seicento, e Marina Marino, con un ulteriore approfondimento sulla Congregazioni dei Musici di Napoli attraverso le carte di Salvatore Di Giacomo custodite alla Biblioteca Nazionale di Napoli presso la sezione Lucchesi Palli.
Conclude il volume una rassegna di recensioni di libri particolarmente significativi.
Si ringraziano tutti coloro che hanno reso possibile questo numero: amici, colleghi e studenti hanno, con la loro disponibilità, impreziosito il volume che si spera possa essere accolto positivamente.
Tutto ciò non sarebbe possibile senza l’entusiasmo del presidente Luigi Carbone e la tenacia del direttore Carmine Santaniello che hanno sostenuto strenuamente questo cimento editoriale. Un ringraziamento particolare va all’amico e collega Antonio Caroccia che mi ha affiancato, ancora una volta, con entusiasmo e generosità incalcolabile nell’allestimento del volume.
Napoli, 31 luglio 2022
Paologiovanni Maione