le parole stesse di Dilthey, come il “carattere di ogni realtà”. 296 Ciò che ricerca Dilthey è un concetto diverso da quello hegeliano, più comprensivo di quello filosofico della “realtà della vita”, che abbia “un significato conoscitivo” e non meramente “espressivo”, e dunque comprensivo dell’intera realtà storica e non solo di alcuni suoi aspetti. 297 Questo concetto di totalità oggettiva è il sapere proprio alla coscienza storica del tempo, che dunque prende il posto delle notiones universales della metafisica. Ma la vera differenza da queste e dallo spirito assoluto hegeliano non è la pretesa di raggiungere il totale senso storico del tempo, ma che l’infinito comprendere della coscienza storica di Dilthey sia pensata all’interno della sua riconosciuta finitezza, che per lui non va intesa come “limitazione” ma come condizione spirituale da “oltrepassare” in vista di una “ragione storica” in grado di “abbracciare tutti i dati storici” in quanto “universale” e in grado di “trascendere la ristrettezza e casualità della vita singola abbracciando l’infinità di tutto ciò che il mondo storico ci offre da rivivere” perché fondata sulla “infinità dello spirito”.298 In altri termini, in grado di portare ad unità ideale il molteplice empirico. Ma come trascendere i limiti della propria coscienza finita che essa partecipa della storica finitezza? Attraverso una comprensione empatica della realtà da parte dello storico, “una forma di intuitiva congenialità” col suo oggetto di conoscenza, che gli consenta, attraverso raffronti comparativi, di “innalzarsi a verità fornite di una più larga generalità”. 299 Torna in queste posizioni una irrisolta combinazione tra forma concettuale () e forma rappresentativa (Gestalt) della realtà che è inevitabile all’interno di una posizione teoretica soggettivistica. Infatti, la ricerca metodica di una totalità è la stessa di un adattamento di ogni aspetto della realtà alla finitezza della coscienza umana, ossia a una corrispondenza appunto totale dei dati di coscienza alla natura finita della coscienza stessa. Questa riduzione alchemica dell’altro-da-sé alla coscienza del Sé è il processo proprio della conoscenza razionale, che idealizza la realtà per poterla idealmente conoscere, ossia privarla della sua alterità ontologica. È chiaro che tale “coscienza storica è una forma di 296
H. Marcuse, Hegels Ontologie und die Grundlegung einer Theorie der Geschichtlichkeit (1932), tr. it., Firenze, 1969, pag. 245. 297 H.G. Gadamer, WuM, pag. 272. 298 Ivi, pag. 276. 299 Ivi, pag. 277.
122