Visto da l'Altraitalia

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Ame fa quasi più paura la mafia che non uccide perchè è più sofisticata ed è opera di grandi professionisti. Giuseppe Fava, scrittore, giornalista, drammaturgo, saggista e sceneggiatore italiano, vittima di Cosa Nostra, fu un personaggio carismatico, apprezzato dai propri collaboratori per la professionalità e il modo di vivere semplice. È stato direttore responsabile del “Giornale del Sud” e fondatore de “I Siciliani”, secondo giornale antimafia in Sicilia, e nei primi anni ‘80 si esprimeva così: “Mi rendo conto che c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Se non si chiarisce questo equivoco di fondo ... Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante. È un problema di vertici e di gestione della nazione, è un problema che rischia di portare alla rovina e al decadimento culturale definitivo l'Italia". Dunque mi chiedo, e sono convinta di essere una tra le tante, come mai la notizia dell'assessore lombardo, finito in manette per aver pagato voti alla cosca e aver assunto la figlia del boss, ha suscitato tanto scalpore e destato tanto scandalo. Leggiamo e sentiamo quotidianamente di casi di infiltrazioni mafiose che sempre più trovano terreno fertile per poter attecchire ovunque ed in tutti i settori. "È certo che stiamo vivendo un momento di grave pericolo che incombe sulla tenuta di alcuni valori costituzionali, e ogni magistrato per difendere quei principi dovrebbe trovare il coraggio di esporsi, di uscire dal riserbo” questo il pensiero di Nino Di Matteo, Pubblico Ministero a Palermo, nel libro scritto assieme a Loris Mazzetti “Assedio alla Toga”. E ancora, sulle commistioni mafia-politica: "Un'abitudine al dialogo permanente tra poteri politici e poteri criminali che anche in tempi recenti ha trovato ampi spazi di penetrazione. Sorprende però come, rispetto a certi fatti, a rapporti accertati (a prescindere dal loro rilievo strettamente processuale), in Italia non scatti mai un meccanismo di responsabilità politica che impedisca che esponenti che hanno conosciuto, frequentato, avuto significativi rapporti con mafiosi, continuino a rappresentarci in Parlamento”. Perchè allora tanta meraviglia, soprattutto da parte dei politici, quando è giunta notizia della vicenda lombarda? Si pensa davvero che quello dell'assessore Zambetti sia l'unico caso di “patto” con la malavita organizzata? Di fronte al proclamato stupore della classe politica, il cittadino si sente, per usare un eufemismo, preso in giro. Vogliono davvero, lor signori, convincerci della loro totale ignoranza sull'esistenza dell'enorme piovra che ha ormai tentacoli dappertutto? A tutti coloro che dicono di non sapere, consiglio il libro inchiesta di Marco Monnier del 1863 sulla camorra napoletana. Eccone un passaggio: “Tutti quei bravi dei mercati di Napoli non si contentavano di rubare pochi soldi ai sempliciotti: erano addivenuti uomini politici. Nelle elezioni proibivano tale o tal’altra candidatura, confortando co’loro bastoni la coscienza e la religione degli elettori. Né si contentavano di inviare un deputato alla camera, e sorvegliarne da lungi la condotta; spiavano il suo contegno, si facevano leggere i suoi discorsi, non sapendo leggerli da sé medesimi”. E allora signori, mi vien da dire, finitela di nascondervi dietro a un dito!



di Giovanni Zambito

“ Cannoli e polenta Citando la bella prefazione di Messina, qual è il più grande incantesimo e la più grande maledizione che l'isola si porta tuttora dietro? L'incantesimo siciliano è diffuso e come sciolto dappertutto, nella luce, nel sole, nel mare, nell'aria profumata delle campagne, nell'ospitalità, nelle favolose architetture barocche così come nell'archeologia greca più bella che nella Grecia stessa (non per nulla nel film Maurice, di Ivory, il viaggio in Grecia di uno dei protagonisti è stato in realtà ambientato a Segesta ...). Quanto alla peggiore maledizione, ahimè, è di quelle che non toccano chi in Sicilia ci va soltanto in vacanza, e io ormai appartengo a quest'ultima categoria. Ma è una maledizione che ormai si sta estendendo a tutta l'Italia, la maledizione dei paesi da cui troppi finiscono col dover fuggire. Il suo sguardo dall'esterno sulla Sicilia ha fatto conoscere anche a lei stessa delle sfumature che prima ignorava? Non parlerei tanto di sfumature che ignoravo, quanto piuttosto di conferme e approfondimenti di quello che ho registrato, magari anche inconsciamente, negli anni, frequentando la metà siciliana della mia famiglia e - non dimentichiamolo, sono mezza siciliana anch'io - di quello che io stessa ho dentro. Raramente mi sono stupita di qualche aspetto nuovo, più frequentemente riconosco nella realtà siciliana, quasi con stupore, sicuramente con divertimento e affetto, i tratti che formano il “mio” siciliano. Forse una sfumatura che non coglievo appieno e ho riscoperto (a mio danno) negli ultimi viaggi in Sicilia è quanto possono essere smodatamente grandi i dolci siciliani, soprattutto a confronto con gli striminziti pasticcini milanesi. I siciliani che vanno al Nord oggi che atteggiamento hanno nei confronti della terra di approdo: remissivo o paritario? Scherza? Remissivo un siciliano? Ma la regola d'oro, per ogni siciliano, è quella che Tancredi consegna ad Angelica,in procinto di essere introdotta nell'alta società palermitana: “Superiore a molti, pari a chiunque”. Ovunque si trovi, un siciliano è gentile, cordiale, perfino amichevole: ma sempre, rigorosamente, sullo stesso piano di chicchessia. Anzi, il siciliano, neanche tanto copertamente, è convinto di onorare il Nord con la sua presenza.

Tra milanesi e siciliani ci sono punti di incontro a prima vista insospettabili? Entrambi hanno la convinzione radicata di vivere nella vera capitale d'Italia. Per entrambi non c'è neanche paragone tra la la città in cui vivono e Roma. Davvero "è rarissimo che un siciliano dia ragione al suo interlocutore"? Perché? Pur spremendomi le meningi, credo di non ricordare che mi sia mai successo. Il motivo è semplice: sarebbe come ammettere che al mondo c'è qualcuno che, per quanto su un argomento solo, ne sa almeno quanto lui: e questo, per un vero siciliano, è impossibile. Su quali argomenti è meglio non contraddire un siciliano per non urtarne la permalosa sensibilità? Nella mia esperienza, uno dei temi più spinosi è proprio la Sicilia. Non che il siciliano non ne parli mai male: ma è un diritto che concede rigorosamente soltanto a se stesso. Ma come si spiega il radicale attaccamento alla propria isola e un certo menefreghismo nella sua gestione anche politica? Con una certa disincantata indifferenza dei siciliani per tutto quanto è pubblico. Con una celebre frase di Enzo Sellerio: “Io non vivo a Palermo, io vivo a casa mia”. 3


OPINIONI di Giovanni il Battista

Dolci & Gabbana Guadando con disincanto il panorama politico, e soprattutto i suoi protagonisti, mi danno la sensazione di avere in loro, due peculiarità fascinose: Dolci Alcuni di loro sono belli paciocchi, paste piene di crema pasticciera o babà annaffiato con rhum o sfoglie lunghe, colorate e ricoperte di gelato al pistacchio; altri ancora larghi, ripieni di marmellata, pinoli e rabarbaro. Dolci per attirare le simpatie dei consumatori, perché durano poco, e quindi si devono consumare in pochi giorni. Se lasciati nella bomboniera diventano subito secchi, asciutti, amari, aciduli per cui per loro la destinazione è purtroppo segnata. Dolci perché sono sempre ripieni di tante cose apparentemente buone e non in contrasto fra loro, per ammaliare il degustatore, per confonderlo con le più prelibate e diverse leccornie, che di primo acchito conquistano ma che dopo qualche tempo dall'assaggio, magari per troppa ingordigia o per intrinseca poca qualità, restano indigeste, danno mal di pancia, diarrea , vomito. Gabbana Gabbana perché sembrano essere sempre indecisi e provvisori sui sentieri percorsi, perennemente ondeggianti sulla via di Damasco, ove, alle prime difficoltà, si scende dal cavallo alato rincorrendo un altro miraggio che si presenta come la Valle dell'Eden, cercando la soluzione al voluto percorso politico sorretto da opportunismo totale, per rivelarsi poi, e comunque, una discesa agli inferi. 4


FRECCIATINE Si ripropone quindi l'impulso di ricominciare tutto daccapo, con chiunque altro permette e promette di rincorrere il miraggio del nuovo, del non veder ostacoli, del paradiso promesso: finalmente la via al successo per l'entrata al supremo stadio della sublime beatitudine. La Gabbana, pesante soprabito d'altri tempi, ma comunque sempre di moda, indossandola ti da la sensazione di cambiare pelle, di ricominciare tutto dal principio: è come voltare strada; proprio come voltar gabbana ! Dura la vita per gli aspiranti alle più alte e qualificate funzioni patriottiche! Come dicevo all'inizio, mi sono soffermato su qualche profilo conosciuto, così, solo per curiosare, per vedere da vicino l'effetto che fa! Francesco Rutelli: ha iniziato la sua vita politica con i Radicali (1972), per poi passare ai Verdi Arcobaleno (1989), per assestarsi con la Fed dei Verdi (1989), abbracciando i Democratici (1999), creando la Margherita (2002), sposando il Partito democratico (2007), spostandosi sull'Ape (2009), convivendo con L'unione di centro (2010), divorziando e annettendosi ai Mille per l'Italia (2012). Francesco Rutelli

Gianfranco Fini: è nato con il movimento sociale/destra nazionale, creando poi Alleanza nazionale, si innamorò perdutamente del Popolo delle Libertà per poi divorziare, creando Futuro e Libertà, convivendo poi con l'Unione di Centro nel terzo Polo, aggregandosi poi con qualche imbarazzo con i Mille per l'Italia (2012). Bruno Tabacci: (se risulta sconosciuto vedere su Wikipedia); ha peregrinato per la democrazia cristiana, svoltando nel 1994 forzatamente nel CCD, si è poi invaghito della UDC, dopo una grigia convivenza si è spostato sull’MFCP ed ancora all'API, finendo (per quanto tempo?) in un Gruppo Misto.

Bruno Tabacci

Pier Ferdinando Casini: è un piccolo miracolo di camaleontico percorso all'italiana; per l'UDC il Presidente del partito è l'on. Buttiglione. Il segretario nazionale è l'on. Cesa. E Casini … ? È capogruppo alla Camera, ma è l'effettivo boss e porta-parola del Partito; ma che figura di… fanno i due citati formalmente nominati alla testa del movimento ma offuscati da … un semplice capogruppo?! Comunque, nasce Democristiano (fino al 1994), apre poi una succursale della DC, il CCD (1994), inventa poi l'UDC (2003), convoglia i suoi adepti nel Terzo Polo (2010), trascina poi i suoi nei Mille per l'Italia (2012). Come vedete ce n'è per tutti. Scorrendo la storia ed i percorsi dei nostri amici risulta chiaro che poco dopo aver aderito ad un Partito o Movimento, non raccogliendo per i motivi più vari (essenzialmente per mancanza di consenso elettorale e/o per promesse di posizioni di privilegio mai ottenute) quanto sperato, i nostri Dolci hanno voltato Gabbana ... Nelle varie fasi, direi tutti loro, hanno bazzicato prima al centro, poi a destra e poi a sinistra, per piazzarsi ora, all'inizio della composizione delle coalizioni, in un limbo neutrale, sfogliando la margherita, chiedendosi fortemente: “Corro da solo? Se no con chi? Se in coalizione cosa ci guadagno? Non è che il Partito con il quale faccio l'accordo, ad elezioni avvenute, mi frega? Faccio l'ago della bilancia? Sto con o contro Monti? E se Berlusconi si comprasse Montezemolo?” Quali alti ideali politici e sociali guidano queste eccellenze! Questa volta meditate bene italiani, meditate, prima di assegnare il vostro voto perchè siete ad una svolta epocale. In questa tornata avete in mano voi la fiche del vostro destino: non sprecatela!!! Fate in modo di non divenire Dolci e Gabbati! Mah! Quin pierde la riqueza, pierde mucho; quien pierde los amigos, pierde aùn màs; pero quien pierde el espiritu, pierde todo. Al buen entendedor, pocas palabras bastan. 5


ATTUALITÀ di Carlo Di Stanislao

Traditi, umiliati, ma non vinti E, sempre in Italia, mentre si crea una strana dialettica, con il caso Ilva ed i dati sulla mortalità per cancro fra il 2003 ed il 2009, fra salute e lavoro (come se l’uno escludesse l’altra); ci si meraviglia e si definisce choc la sentenza a sei anni, interdizione perpetua dai pubblici uffici e risarcimento per 7,8 milioni, inferta alla Commissione Grandi Rischi per i fatti dell’Aquila del 6 aprile 2009; affermando che così si da addosso alla scienza, scambiandola per divinazione e non si comprende che non la scienza, ma la superficialità di una riunione su un fatto importante, è stato oggetto di esemplare condanna. Tuona il New York Times contro la sentenza del giudice Marco Billi che ha ritenuto i sette membri della Commissione Grandi Rischi tutti colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose in relazione al terremoto all'Aquila e parla, in compagnia della maggior parte della nostra stampa, di oscurantismo, mentre Enzo Boschi, ex presidente della Ingv, dichiara di sentirsi come Galilei.

Vecchio sismografo

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SOCIETÀ parla, in compagnia della maggior parte della nostra stampa, di oscurantismo, mentre Enzo Boschi, ex presidente della Ingv, dichiara di sentirsi come Galilei. Le reazioni alla sentenza ci dicono, come stanno le cose su un terremoto con molte responsabilità e, ancora, scarsa coscienza, con 309 morti e la distruzione di secoli di storia, che tutti vorrebbero risolti con un nuovo auditorium, peraltro senza camerini e costruito in un luogo per lo meno dubbio. Ha ragione Giudo Fioranti, figlio di uno delle vittime, dalla cui denuncia solitaria è scaturito lo “scandaloso” processo: “fin da quando ero bambino - ha detto - se a L'Aquila c'era una scossa di terremoto, si scappava, non c'erano santi. Poi sono arrivati il 31 marzo del 2009 e la Commissione Grandi rischi. E tutto è cambiato”. Ma di questo, come pare dalle diffuse opinioni, nessuno è responsabile, neanche del fatto che la riunione, convocata d’urgenza, aveva già pianificato di tranquillizzare la popolazione e fu sbrigativa, risolvendosi nel breve spazio di qualche ora. “Bisogna in qualche modo fermare l'impazzimento di un sistema che condanna a sei anni chi non ha previsto un terremoto, che non poteva essere

L’ex presidente della Ingv Enzo Boschi

previsto, nello stesso giorno in cui il governo denuncia non la corruzione reale ma quella percepita, che dipinge un paese fatto tutto di disonesti, distruggendo in ambedue i casi l'immagine dell'Italia nel mondo”, ha commentato il senatore Carlo Giovanardi; che ha aggiunto: “Polveroni e caccia all'untore, sembrano i metodi sempre più usati per eccitare l'opinione pubblica e distoglierla da un confronto serio e concreto sulle politiche da seguire per uscire dalla crisi”. “Ulteriore sentenza angosciante destinata a inibire assunzioni di responsabilità da parte di tecnici e scienziati e a determinare ingiustificati allarmismi e impraticabili proposte di ricorrente evacuazione”, gli fa eco Maurizio Sacconi, ex Ministro del Lavoro, della stessa parte politica.

Ma gli aquilani e le persone di buon senso, che ancora ci sono nel Paese, in barba alla politica schiava dell’economia e della smania di successo, sono dalla parte di Stefania Pezzopane, oggi assessore al Comune de L’Aquila, che, 7


ATTUALITÀ ospite del Punto delle 20 su Rainews, ha detto: “Ci voleva coraggio e i giudici ne hanno avuto. Finalmente un po' di giustizia per L'Aquila” e continuato: “Oggi più che mai sento tutto il dolore per l'inganno che abbiamo subito. Queste persone erano venute all'Aquila con il proposito predeterminato di rassicurarci. Una vicenda terribile. In questa giornata storica per quello che rappresenta, sono vicina agli aquilani, traditi e umiliati ma non vinti”.

L’Assessore Stefania Pezzopane

Non vinti neanche dopo le graduatorie gratuite e fuori luogo di Gabrielli, neanche quando tutti affermano che il comportamento degli aquilani è stato quella tipico dell’assistenzialismo immobile del Sud, perché, a ben vedere, a parte alcuni abusi locali su cui già si sta facendo luce, ben poco, se non promesse e da almeno due governi, gli aquilani hanno ricevuto, oltre che schiaffi pubblici e privati. Dopo la sentenza, si è detto “scioccato” l’attuale presidente dell'Ingv, Stefano Gresta, secondo cui la sentenza “costituisce un precedente, in grado di condizionare in modo determinante il rapporto tra esperti scientifici e decisori”. E, sulla stessa linea, il presidente del Consiglio dei geologi, Gianvito Graziano, che ha dichiarato: “Se la sentenza dovesse riguardare la mancata previsione del sisma, ciò significherebbe mettere sotto accusa l'intera comunità scientifica che, ad oggi, in Italia e nel mondo, non ha i mezzi per poter prevedere i terremoti”. In realtà, ripeto, è proprio questo di cui si incolpa la Commissione, non aver detto la verità su ciò che era imprevedibile e poteva essere potenzialmente grave e, dopo una riunione pilotata e frettolosa, aver rassicurato, senza fondamento, una intera comunità, esponendola a gravissimo rischio. Per questo gli imputati sono stati condannati, per la morte di 29 persone ed il ferimento di altre quattro e condannati in solido tra loro e con il responsabile civile (Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore), per avere rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica, che invece si verificò alle 3.32 del 6 aprile 2009, con le conseguenze che sono ancora davanti ai nostri occhi e serrate, nei nostri cuori. 8



ATTUALITÀ di Laura Gazzella

Anche se gli anticonformisti pretendono di non sottostare a schemi precostituiti, l’esperienza mostra che gli schemi riguardanti una specifica psicologia dell’abbigliamento sono praticamente indistruttibili, ben ancorati alle rappresentazioni collettive. Uno degli aspetti più sorprendenti delle ricerche sulla psicologia dell’abbigliamento è sicuramente il carattere ludico degli esperimenti. Per esempio sono stati simulati furti in negozio in cui il ladro era un membro del gruppo di ricerca che indossava jeans e scarpe da tennis oppure giacca e cravatta: bene, è stato dimostrato che la tenuta ideale da indossare per commettere rapine è in giacca e cravatta. Ovviamente questo perché è difficile pensare ad un malvivente ben vestito e, chi assiste al furto, non capisce subito il gesto e cerca un’altra spiegazione rispetto a quella basata sulla semplice osservazione: ma attenzione, questa riflessione richiede un lavoro cognitivo supplementare che impedisce al testimone di reagire in maniera appropriata. 10


PSICOLOGIA E che dire di quei ladri vestiti da preti che qualche tempo fa rapinarono una gioielleria a Roma che vendeva oggettistica preziosa religiosa? Anche in questo caso l’abito, o meglio l’uniforme, ha avuto un potere nell’orientare i comportamenti delle persone, in questo caso i gioiellieri che hanno tranquillamente aperto le porte del loro negozio. Non si può tralasciare il potere dell’uniforme che rappresenta la funzione di chi la indossa, senza di essa non saremmo in grado di accordare legittimità al rappresentante di una certa istituzione, ma il peso di quella legittimità è talmente iscritto nell’uniforme da indurci ad obbedire anche in situazioni in cui ciò che ci viene richiesto non è legittimo, piuttosto grottesco o riconducibile ad un abuso di potere.

In un esperimento sulla psicologia dell’abbigliamento è stato chiesto a due persone di scendere in strada e conversare rimanendo a distanza di circa un metro l’uno dall’altro in mezzo alla folla dei pedoni. In un caso gli interlocutori erano vestiti da dirigenti, ossia in giacca e cravatta, in un altro in modo convenzionale, con jeans e maglietta. Il team di ricercatori ha poi osservato la proporzione di pedoni che passavano in mezzo ai due uomini ignorandoli. Questo studio ha dimostrato che i passanti evitavano più spesso la zona di interazione dei due protagonisti quando li consideravano di stato sociale elevato, ossia quando indossavano giacca e cravatta i passanti li aggiravano invece di passare nel mezzo. Queste e altre numerose ricerche sulla psicologia dell’abbigliamento evidenziano sempre un vantaggio per chi veste con eleganza. Per esempio, è più facile che le persone facciano posto su una panchina ad una persona ben vestita, o che la aiutino più volentieri a raccogliere qualcosa che le cade, così come è più probabile che un automobilista si fermi più facilmente quando ha davanti una persona vestita con cura.

Altri studiosi della psicologia dell’abbigliamento hanno chiesto ad alcuni responsabili delle risorse umane di valutare sulla base di fotografie un gruppo di candidati ad un lavoro. Gli psicologi hanno constatato che gli esaminatori donna giudicavano più favorevolmente le candidate vestite con toni chiari o colorati, mentre gli uomini valutavano più favorevolmente le candidate che portavano abiti scuri. In ogni caso, gli uomini che indossano abiti scuri ottengono le valutazioni migliori. L’interpretazione di questi risultati si basa sul fatto che uomini e donne attribuiscono un senso diverso ai colori: le donne sarebbero attirate da abiti più colorati perché valorizzerebbero più degli uomini le qualità di indipendenza dei candidati, gli uomini percepirebbero i colori scuri invece come simbolo di potere, dunque prediligendoli. Non c’è da stupirsi che i vestiti influenzino i nostri giudizi, l’abito non è mai un elemento neutro, dà informazioni sull’individuo che lo indossa, ne esprime l'identità, anche se spesso entrano in gioco altri elementi imputabili a stereotipi o ad interpretazioni approssimative. Come dice un proverbio cinese: “Si rispetta l’abito, anche se non si rispetta l’uomo”. 11


ATTUALITÀ dalla Redazione

Voglia di musica “La vita senza la musica sarebbe un errore” Friedrich W. Nietzsche

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Ospite d’eccezione il Console Generale d'Italia a Zurigo Mario Fridegotto

EVENTI Festival della Canzone Napoletana

Vincenzo Gautieri, premiato con una Menzione speciale della Giuria

Vincenzo Fontana con Paolo Da Costa, Presidente Comites Zurigo

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ATTUALITÀ di Chiara Morassut

Ciao ciao Roma Sarà forse quella sensazione di centralità e importanza che la capitale esprime, o che magari deriva solo dal fatto che metà delle notizie del telegiornale riguardano zone che tu attraversi giornalmente con il bus, alimentata di sicuro dall’egomania del romano medio che Roma è il centro del mondo e poi non c’è nient’altro. E se c’è la Rai all’inaugurazione dopo dieci anni di lavori, di due fermate della metropolitana, beh allora sì, c’è di che esserne fieri. Che poi mica volevo essere polemica, anzi proprio sulla metropolitana e i suoi scarsi progressi si sente sempre quello che ormai è diventato un cliché al pari di “non ci sono più le mezze stagioni” e certo anche a me è capitato di dirlo: “tre milioni di abitanti e due sole linee di metro e la colpa è di quei quattro sassi che trovano ogni volta che scavano”. Beh amici non romani lo so che voi questo non potrete mai capirlo. 14

E poi tante piccole verità: capitale europea ma città provinciale; mangi bene se sai dove andare, ma devi evitare i menu turistici; bellissima se ci vieni in vacanza, ma viverci è troppo stressante. Ed è per questo che me ne vado. I non indigeni di questa folle città, e lo siamo tutti, spesso vengono accusati dai romani doc semplicemente di non farcela: se vuoi la provincia torna in provincia, evidentemente La Capitale non fa per te. Sarà anche vero, ma da romana d’adozione che, lo giuro, c’ha provato, scuoto la testa e confermo che allora meglio la provincia. Coi romani, noi non romani, su questo argomento, non possiamo proprio discutere. D’altra parte, come ha detto qualcuno: “un luogo lontano, a giorni, lo sentiamo come il monco sente l’arto amputato. Con questo di peggio: che non è illusione inutile; ma distanza colmabile, fascino immediato. Possiamo infatti metterci in viaggio. Ma mentre la meta si avvicina e diventa reale, il luogo di partenza si allontana e sostituisce la meta nell’irrealtà dei ricordi; guadagniamo una, e perdiamo l’altro. La lontananza è in noi, vera condizione umana.” E quindi forse anche Roma, chi lo sa, mi mancherà, probabilmente già un po’ mi manca.Voleva essere un articolo sugli addii e le partenze, è diventato un articolo su Roma, l’ennesimo, probabilmente auto referenziale e poco interessante per chi a Roma non c’è mai stato. Beh, sapete che vi dico: dovreste andarci! Il taxista che mi ha accompagnato in stazione diceva che Roma è sempre bella e c’è caldo perché “noi c’avemo er Papa” e imprecava contro i pedoni che cercavano di sgusciare nel traffico. Gli ho lasciato la mancia. Forse non avrei dovuto. Ciao Roma, e grazie di tutto. In fondo ti ho voluto bene.



ATTUALITÀ

Scavi “a cielo aperto” della metropolitana

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Maf ia di Umberto Fantauzzo

Understanding Mafia Al dibattito ha partecipato un eccezionale oratore, esperto di organizzazioni mafiose e profondo conoscitore della realtà storico/culturale della Sicilia e della sua capitale Palermo: Antonio Ingroia, procuratore della Repubblica a Palermo e autore di numerosi libri sulla sua diletta città. La presenza ed il valido contributo della deputata PD alla camera del parlamento italiano signora Laura Garavini ha conferito alla tematica della manifestazione una rilevanza politica; la conferenza è stata moderata dalla signora Mariella Rosselli la quale, con abile competenza giornalistica, ha saputo focalizzare elementi basali della scottante realtà “mafia”, tema del dibattito, ponendo ai relatori quesiti “ad hoc”. Al termine dell'intervento della signora Garavini il pubblico, animato da intrinseca motivazione per interesse tematico, ha avuto possibilità d'intervento ponendo quesiti o esprimendo proprie valutazioni molto pertinenti all'argomento dando luogo ad un infervorato dibattito, elemento che conferma il buon successo dell’iniziativa da parte degli organizzatori, animati dalla intenzione di sensibilizzare, con costante riferimento al generoso sacrificio dei magistrati Falcone e Borsellino, la coscienza collettiva alla causa morale di coerente lotta perenne contro le mafie fino alla soluzione finale col raggiungimento della loro estirpazione. 18


SOTTO LA LENTE

Numerosa e attiva la partecipazione al dibattito

Ovviamente il dibattito ha lasciato un incisivo messaggio educativo nel cuore dei partecipanti conformemente alla massima “ricordare per non dimenticare” che indubbiamente contribuirà a rafforzare le nostre gambe per portare avanti lungo il nostro iter esistenziale “le idee e le tensioni morali” dei due eccelsi maestri ed operatori di etica pedagogica che immolarono la loro vita per la granitica fede nei loro ideali di giustizia e legalità. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

La complessità linguistica del termine “mafia” di natura polisemica, rende impossibile poterne identificare l'esatta definizione semantica che disponga di certezza scientifica da poter specificatamente riferire al feroce fenomeno criminogeno che da secoli tormenta la Sicilia. In una recente ricerca di linguistica comparata, numerose sono state le ipotesi vagliate per proiettare luce etimologica sul termine e sull'evento mafia, delle quali tre le più meritevoli: in un attendibile assunto, procedendo a ritroso nel percorso storico dell'isola mediterranea, possiamo risalire ai moti insurrezionali dei “Vespri Siciliani” nel lontano 1282, avvenimento in cui i palermitani volevano espellere gli invasori francesi al grido di “M”(orte) “A”(i) “F”(rancesi) “I”(talia) “A”(nela); ordinando le cinque lettere iniziali delle rispettive parole enunciate si dedurrebbe il lemma “Mafia; nell'interessante congettura di ordine storico che risale ad una missione segreta di Giuseppe Mazzini in Sicilia nel 1860, un anno prima dell'Unità d'Italia, alcuni linguisti ritengono che il termine “Mafia” sia l'acronimo della frase “M”(azzini) ”A”(utorizza) “F”(urti) “I”(ncendi) “A”(avvelenamenti); nella terza ipotesi, scientificamente più attendibile per la sua coerenza interpretativa, gli esperti sostengono che con certezza etimologica il termine “Mafia” sarebbe riconducibile al vocabolo arabo “mayas” che nella sua accezione semantica significherebbe “spavalderia e vanto aggressivo” e dal lemma “mafud” scaturirebbero le espressioni dialettali “mafiusu” e “mafiuseddu” denotante una persona arrogante, prepotente e fiera; elementi lessicali derivanti dalla cultura araba essendo stata la Sicilia dominata nel X secolo dai musulmani. La denominazione “Mafia” assume una piena valenza giuridica nel 1863, in virtù del procuratore capo di Palermo: Filippo Antonio Gualtiero il quale per la prima volta in un rapporto sulla consistente criminalità palermitana menziona espressamente la parola “mafia” per denotare la presenza di un forte nucleo di malandrini nel capoluogo siciliano; nel contempo tale termine assume un'identità letteraria per merito di due scrittori siciliani Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca nell'opera teatrale “I mafiusi di la Vicaria”. Il motivo culturale dell'insor-genza della mafia a Palermo sarebbe casualmente riconducibile all’atavica diffidenza della popolazione siciliana per aver subito, nel suo percorso storico, perenni vessazioni dalle numerose incursioni di pirateria coloniale. Durante il cruento e selvaggio processo di “piemontizzazione” del Sud per opera del regno sabaudo e dei suoi arroganti, mediocri ed incompetenti funzionari ed ufficiali per la realizzazione dell'Unità d'Italia, il tentativo di voler 35 19


Maf ia reprimere l'identità culturale dell'isola ha enormemente contribuito alla radicale diffidenza dei siciliani, ulteriormente potenziata dalla perenne latitanza dello stato italiano sull'isola. (“I terroni” di PinoAprile)

Il baronato latifondista, formato da potentissimi proprietari terrieri, in opposizione sociale alla comunità rurale di poveri analfabeti contadini, retaggio di ingiustizia sociale di secolare gestione borbonica del meridione, costituisce un fattore storico determinante la genesi della mafia in Sicilia. Conformemente ad un valida documentazione storica, l'incipiente nucleo malavitoso, operando sulla base di un tacito consenso sociale coatto, si strutturava in due ramificazioni: “la mafia del latifondo”, la cui competenza consisteva nella gestione dei pascoli e del bestiame, nel controllo del fitto e della compravendita dei latifondi dei proprietari terrieri “mafiosamente” influenti; e “la mafia dei giardini” alla quale spettava il controllo e la distribuzione dell'acqua, un'efficace angheria maestosamente descritta da Ignazio Silone nella sua opera letteraria “Fontamara” (fonte amara), realtà in cui i suoi poveri cafoni (contadini abruzzesi) subivano soprusi dall'amministrazione papalina, senza potersi ribellare; la loro unica possibilità di contestazione contro il potentissimo papato “mafioso” era lo sfogo gutturale della bestemmia che ha dato origine allo strano fenomeno culturale della blasfemia in Italia; in tal modo lo stato papalino, per il suo famigerato trascorso medievale simboleggerebbe il classico “esempio storico” di mafia, spesso echeggiante nel corso del dibatto in diversi interventi interpretativi degli astanti; sul merito, ai lettori l'ardua sentenza !!! 20

Con l'avvento del Regno d'Italia, a seguito della vendita forzata dei sequestrati beni ecclesiastici, la mafia affondava ed espandeva le sue radici in tutta l'isola divenendo una potenza con la quale forzatamente negoziare qualsiasi riforma economica e sociale sull'isola; una prima manifestazione storica dell'attuale “vexata quaestio” sulla presunta trattativa tra mafia e stato. In codesta fase evolutiva la mafia iniziava a infiltrare i suoi fedeli adepti in tutte le istanze politiche: comunali, regionali e nazionali, divenendo influente a tutti i livelli di gestione amministrativa con proponimento di condizionare le decisioni normative che garantiscano la priorità e la liceità degli interessi dei criminali associati. Col trascorrere del tempo, all'inizio del XX secolo, l'organizzazione criminosa siciliana per la sua potenza a livello locale e regionale assumeva i connotati di una piovra sanguinaria espandendosi con i suoi tentacoli non solo in territorio nazionale ma anche oltre oceano; trapianto criminogeno reso possibile dalla massiccia emigrazione di contadini siciliani in direzione del nuovo mondo. Per il finanziamento di tale trapianto malavitoso, i criminali del posto escogitarono un'astuta strategia consistente nel pagare il biglietto di viaggio dei migranti isolani verso la “terra promessa”, con pretesa di restituzione dei costi sostenuti, con interessi da usura, dopo una sistemazione di lavoro nel paese agognato. La nuova mafia americana, avendo trovato nel nuovo mondo un humus propizio dovuto alla momentanea grave crisi economica, speculava sul proibizionismo con il traffico illecito di superalcolici e whisky accumulando enorme ricchezza di denaro sporco. Successivamente la nuova criminalità organizzata, estendendosi nell'intero territorio statunitense, assumeva peculiarità e dimensioni di gangsterismo con l'appellativo di “cosa nostra”. Al Capone


SOTTO LA LENTE Avendo il fascismo sottoposto la mafia formalmente a sedella mafia. I maiali mafiosi del momento cominciavano vere misure repressive, in un primo tempo i malavitosi ad impinguirsi a dismisura e senza scrupoli macchiando operavano illecitamente all'estero, soprattutto negli Stati la loro crudele mano col sangue innocente delle vittime Uniti e nelle colonie italiane, a favore degli interessi “di dell'ingordigia del potere criminale, fenomeno di enorme pezzi i novanta” (denominazione comune dei grandi boss nocumento umano, morale ed economico per la società palermitani). Durante l'oscura fase mussoliniana numerosi affiliati mafiosi, dopo aver realizzato che i gerarchi e i funzionari fascisti fossero, non solo corrotti e opportunisti, ma soprattutto idioti e beceri fanatici, con raffinata furberia levantina riuscirono a infiltrarsi nel partito, nella milizia e nelle istituzioni del duce; essendo corruzione, violenza, droga e criminalità una consueta costumanza del regime, i mafiosi, trovandosi nel proprio elemento, ebbero modo di agire serenamente nell'interesse personale e del boss di riferimento, Nel caos bellico, durante la fase terminale della contesa armata, Mafiosi le mafie sia siciliana che amerililiumjoker-liliumjoker.blogspot.ch cana recepirono la buona opportunità di un “revival”; infatti l'esercito americano, invitò le organizzazioni mafiose delle civile palermitana. Nel periodo del miracolo economico, la due sponde a collaborare per facilitare, con il loro operato mafia si trasferiva definitivamente dalla provincia agricola in loco, lo sbarco degli alleati in Sicilia ed in altri punti straalla metropoli per avere un maggior controllo degli appalti tegici della penisola; ai numerosi mafiosi in prigione, in della pubblica edilizia e del mercato immobiliare: inoltre segno di riconoscenza, venne concesso il condono e libertà fungeva da ponte nel traffico della droga proveniente di azione; in tal modo le mafie meridionali ebbero la possidall'America del sud che, in consapevole assenza dello stabilità di reiterare la loro potenza criminogena da poter eserto italiano approdava con estrema facilità nel porto di Pacitare nei territori di loro competenza: la Mafia a Palermo lermo, per poi inoltrarla in direzione Nord e Mitteleuropa; e la Camorra a Napoli. parte della “roba” rimaneva in sede per rifornire l'inciNell'immediato periodo postbellico la mafia palermitana, piente mercato locale della droga gestito dalla “mala”. ampliando la propria capacità operativa con il controllo Nel lasso di tempo anni sessanta e settanta regnavano, polidell'edilizia nell'urbe siciliana, dove ebbe inizio la vergoticamente incontrastati, nella loro rispettiva funzione gnosa deturpazione della bellissima metropoli con la cecomunale della città di Palermo due eminenti figure demomentazione selvaggia della conca d'oro di Palermo, una cristiane membri della corrente “primavera” di matrice anincantevole sequenza paesaggistica di estesi giardini di dreottiana: Salvo Lima e Vito Ciancimino, ambedue famiagrumeti che offrendo un paradisiaco spettacolo agli occhi gerati emissari dell'emergente mafia corleonese coordinata curiosi dei visitatori, indusse persino lo svevo Federico II da Salvatore Provenzano, detto “u' Zù Binni ù tratturi” per di Hohenstaufen, imperatore del Sacro Romano Impero di la sua feroce strategia omicida ed il sanguinario Totò Riina. nazionalità tedesca, a trasferire la sua sede imperiale da Salvatore Riina Aquisgrana a Palermo ed inoltre ispirò il poeta Weimar J. W. von Goethe a comporre la sua romantica “Lied” lirica consacrata al suo diletto amore che recita: “Kennst du das Land wo die Zitronen bluehen? Dorthin moechte ich mit dir ziehen meine Geliebte” (Conosci tu la terra dove fiorisce la zagara del limone? Costì desidero andare con te, oh mia diletta!). Lo scempio di selvaggia cementazione della “Conca d'Oro” summenzionata costituisce il classico esempio del vergognoso eccidio paesaggistico della magica “urbe siciliana” e di tutta la regione: una consueta prassi criminogena 21


Maf ia Il primo, referente della mafia corleonese di nome Salvo, fungeva da tramite tra politica nazionale e cosca Riina / Provenzano; il secondo dal nome Vito, per il tramite dell'attuale senatore Dell'Utri, tra il 1972-75 probabilmente incontrava Berlusconi essendo “ù Zù Vitu” e la cosca corleonese, finanziariamente interessati a partecipare alla realizzazione del progetto Milano2. Berlusconi con Dell’Utri

Come menzionato nella parte propedeutica, la conferenza/ dibattito, organizzata a testimonianza dell'eroica strategia antimafia dei due magistrati vittime della malavita, ha reso possibile un vivace dibattito per la preziosa partecipazione dell'eminente relatore: il giudiceAntonio Ingroia. Il procuratore palermitano nella sua introduzione ha magistralmente configurato in un omogeneo compendio l'attuale realtà delle organizzazioni malavitose nella loro diversificazione regionale dell'Italia meridionale: Mafia in Sicilia, 'ndrangata in Calabria, Camorra a Napoli e Sacra corona unita in Puglia. L'oratore, dipanando la complessità storica del titolo della conferenza con accurata elencazione dei fattori di base che hanno dato genesi alle quattro mafie: storia, mentalità, cultura ed economia del sud, ha inteso articolare il nucleo tematico dell'incontro in tre sequenze: nazionalizzazione della mafia per effetto della sua espansione capillare nell'intero territorio italiano, internazionalizzazione delle mafie in particolar modo in Germania e nella Confederazione Elvetica e presunto trattato tra stato e mafia. Intenzionalmente l'oratore ha voluto enfatizzare i motivi dell'internazionalizzazione delle mafie: la crescente cupidigia di denaro, il desiderio di potenziamento della loro ricchezza materiale e la brama di potere; le tre cause che hanno indotto le mafie ad espandersi all'estero, fenomeno estremamente facilitato dalla globalizzazione, che consentendo maggiore mobilità di denaro e di persone alla ricerca di paradisi fiscali dove con opportuni investimenti in “cash” è possibile realizzare lauti profitti; un classico esempio la Svizzera, che tuttora dispone di un sistema finanziario impenetrabile con un ermetico segreto bancario. 22

Un ulteriore movente per la tendenza di infiltrazione mafiose all'estero, la possibilità di reperire, per effetto della globalizzazione, nuovi spazi geografici come in America Latina e in alcuni paesi asiatici per impiegare ingenti capitali possibilmente da riciclare su illecite attività come droga, prostituzione, commercio delle armi, e recentemente il brutale traffico degli organi umani, attività delinquenziale che causa il criminale fenomeno di ratto di bambini, di giovanissime donne e di persone adulte che comunemente svaniscono nel nulla senza traccia alcuna, in tale ambito le mafie sono molto “professianal” e versatili. La criminalità mafiosa all'estero per la magistratura italiana costituisce un fenomeno molto complesso da districare per la diversità filosofica/culturale della concezione di “diritto penale e civile”; elementi formali che possono ostacolare la collaborazione giuridica tra le nazioni, per esempio con la confederazione elvetica per la loro formalità eccessiva e la quasi patologica sensibilità patriottica e fierezza costituzionale per il segreto bancario. Solitamente le magistrature operano nei limiti nazionali mentre le organizzazioni mafiose esercitano le loro attività liberamente senza condizionamento e rispetto di confine e ciò intralcia radicalmente la cooperazione “de iure” e “de facto” tra le varie magistrature nella lotta contro il crimine malavitoso sia in Europa che in altro luogo. Su parere del procuratore l'articolazione strutturale ed operativa delle mafie all'estero fanno comunemente riferimento ai territori di origine ma l'epicentro delle loro organizzazioni, che s'irradiano in lungo ed in largo per il globo terrestre, non si trova nelle casa madre bensì nella sede dell'organizzazione, fattore ostacolante la caccia alla criminalità mafiosa nel mondo. Per ovviare a tale disagio giuridico, almeno a livello comunitario, il relatore propone l'istituzione di una magistratura europea per il coordinamento di iniziative inquisitorie e processuali tra gli stati membri dell'Unione Europea, snellendone così l'iter burocratico e le formalità e poter rendere più efficiente la lotta contro la mafia internazionale. L'intenzione dei protagonisti della presunta trattativa tra mafia e stato, avviata su iniziativa della mala corleonese nelle persona di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano subito dopo la stagione delle bombe, mirava al raggiungimento di un accordo tra stato e mafia che, prevedendo la fine della stagione stragista, lo stato si sarebbe impegnato a garantire una mitigazione delle severe misure detentive contemplate nell'articolo 41bis del 1975. Le condizioni del patto sarebbero state suggellate su un “papello” (da papellu, termine siciliano dal significato biglietto scritto).


SOTTO LA LENTE Il magistrato Ingroia, a conclusione del suo intervento, ha affermato che se il giudice Borsellino fosse stato a conoscenza della trattativa stato/mafia nei dettagli non avrebbe esitato ad intervenire penalmente con i suoi colleghi. Il prezioso oratore, da considerare degno discepolo della nobile scuola di pensiero giuridico di emanazione Falcone/ Borsellino, ha dovuto lasciare la seduta dopo circa un'ora di conferenza per inderogabile impegno altrove. Il suo commiato è stato coronato da una lunga e calorosa ovazione simboleggiante un affettuoso messaggio di gratitudine morale e di ringraziamento da parte del folto pubblico presente per l'abnegazione e tenacia nel suo quotidiano impegno umano, etico e professionale nella lotta contro la criminalità organizzata, pur nella lucida consapevolezza del costante rischio esistenziale.

un sistema bancario e assicurativo perfetto ed impenetrabile, al confronto con quello tedesco, presenta una morfologia finanziaria diversa e conseguentemente molto più consona agli obiettivi ed interessi delle mafie consentendo nella sua funzione di “lavatrice” la favorevole opportunità di riciclaggio di enormi capitali di lurido denaro, per il tramite delle banche elvetiche, premesse favorevoli per una proficua e tranquilla presenza malavitosa in territorio elvetico.

La seconda parte del dibattito è stata vivacizzata dall'interessante animazione tematica della deputata parlamentare Laura Garavini, la quale ha introdotto il suo intervento prendendo le mosse tematiche dalla strage “'ndranghitana” di Duisburg del il 15 agosto 2007 in cui sono state crudelmente falciate sei persone, infausto evento che ha lasciato attonite non solo le nazioni direttamente interessate ma l'intera comunità mondiale. La relatrice in tal senso ha enfatizzato con particolare rilievo come la repentina reazione dell'opinione pubblica tedesca, invocante un massiccio e severo intervento da parte delle competenti autorità per prevenire la riedizione di un analogo deplorevole avvenimento, sia stata talmente massiccia e risentita da indurre i malviventi dell' 'ndrangata a dover realizzare di aver commesso un grave errore di metodo da evitare assolutamente in futuro per non turbare un tranquillo svolgimento delle loro attività illecite. Da diversi decenni la coscienza civile tedesca, respingendo a priori qualsiasi forma di organizzazione malavitosa, si è mostrata ben consapevole e sensibile al fenomeno della consistente presenza delle mafie in patria; purtroppo le autorità tedesche, ma soprattutto i partiti politici, ignorando intenzionalmente l'emergenza del fenomeno mafia in Germania, negano la presenza di criminalità organizzata in patria. I motivi e gi obiettivi delle contese intestine tra le disparate bande mafiose in territorio tedesco, ideologicamente vincolate ai vecchi codici di operato mafioso vigenti nel paese d'origine, in questo caso in Calabria, sono caratterizzati da enorme affinità con quelle delle altre cosche criminali sparse in tutto il mondo: conflitti di “leadership” e conquista di territorio per il rafforzamento di potere e di ricchezza. Ovviamente in un primo momento numerosi tedeschi, generalizzando sulla base di preesistenti pregiudizi, ritenevano che tutti gli italiani fossero mafiosi, ma le strategie di difesa da parte italiana, opportunamente escogitate al caso, hanno dimostrato che la grandissima parte degli cittadini italofoni sono contrari alla mafia. Concludendo la sua orazione l'onorevole Garavini ha affermato che la Confederazione Elvetica, disponendo di 35 23


Maf ia di Maria C. Bernasconi

Antonio Ingroia Diverse sono state le collaborazioni con redazioni giornalistiche. Tra le più recenti, ricordiamo quella con la testata siciliana “Live Sicilia” dove il Procuratore ha tenuto una rubrica “Fuori dal Bunker” e la più recente con il quotidiano “L'Unità”. Al momento della consegna della scheda, il procuratore ha affermato: “Non scrivo però romanzi, come sostiene qualche uomo politico alludendo a nostre recenti indagini”.

Come si sente, a livello personale, in questo momento? È un momento certamente non semplice, direi complicato. È da vent'anni, però, che mi occupo di indagini complicate e mi trovo in situazioni complicate. L'importante è mantenere la dovuta serenità per fare il proprio dovere nel migliore dei modi possibile e mi pare che oggi ci siano ancora le condizioni per poter lavorare serenamente. Non è intimorito dalle minacce ricevute di recente? Assolutamente no. Ripeto, da vent'anni mi occupo di indagini di mafia e, di conseguenza, sono spesso confrontato con minacce, lettere anonime, telefonate, notizie di progetti di attentati alla mia vita. Non è quindi nè la prima e non sarà di certo nemmeno l'ultima volta. Ovviamente è importante tenere gli occhi aperti e non lasciarsi condizionare da questi fatti. Piuttosto mi preoccupa il clima di tensione, a mio parere voluto, che si sta creando attorno a questa questione. 24


SOTTO LA LENTE In seguito all'inchiesta che lei sta svolgendo si è creata una sorta di faida tra personaggi che nel 1992 erano al vertice dell'attività governativa. Martelli accusa apertamente Scalfaro di essere stato alla guida della trattativa Stato/Mafia e accusa Amato, a quel tempo Primo Ministro, di non dire la verità. Questa scoperta di segreti di Stato e questa difesa “d'ufficio” da parte dei protagonisti fanno seguito ad una sua precisa strategia di conduzione di questa inchiesta? No, non mi attribuisca intenzioni, per così dire, addirittura un po' velenose. Non intendo determinare divisione o contrapposizione fra alti esponenti delle istituzioni del tempo e sicuramente preferisco non commentare le vicende che riguardano specificamente il procedimento. L'unica cosa che rilevo è che si è aperto quel muro di reticenze istituzionali (qualcuno ha parlato addirittura di omertà istituzionale) che regnava all'interno del mondo delle istituzioni di quel tempo di cui abbiamo sempre avuto una sensazione, un'intuizione, e di cui oggi incominciamo a registrarne, concretamente, i risultati. Dopo di che ci sarà un processo durante il quale ciascuno verrà sentito come testimone e quello sarà il luogo nel quale, ne sono certo, si potrà accertare la verità giudiziaria, la verità di questo processo, davanti ad un giudice e ascoltando questi testimoni nel contraddittorio delle parti. Lei ritiene che l'organizzazione della giustizia in Italia, ai vari livelli, debba venire comunque rivisitata? Certamente c'è un problema più grande, più ampio, di una giustizia che non funziona bene come dovrebbe. Il problema principale della giustizia in Italia è quello dei tempi: sono troppo lenti. E quando i tempi della giustizia sono lenti ... La giustizia lenta è una giustizia inefficiente, direi quasi che è una non giustizia, o meglio ancora, quasi un'ingiustizia. In Italia, negli ultimi anni, anche a causa del fatto che molti processi hanno riguardato uomini politici e uomini potenti del nostro Paese, le leggi sono state spesso indirizzate per agevolare questi ultimi, con delle leggi ad pesonaem, e quindi sono state fatte, non per accorciare i tempi del processo ma, al contrario, per allungare il più possibile i tempi della giustizia, per arrivare il più tardi possibile alla sentenza, alla decisione finale, per accorciare i tempi della prescrizione che determina la battuta d'arresto della giustizia. Io spero che questa tendenza si possa invertire. Avremo una giustizia utile ai cittadini solo quando avremo una giustizia, ovviamente, garantista dei diritti degli imputati, ma che dia risposte rapide ai cittadini. L'indagine che lei sta conducendo potrebbe eventualmente coinvolgere organizzazioni malavitose di altri stati? Non posso ovviamente parlare delle indagini in corso. Al momento, per questo specifico provvedimento che riguarda la trattativa Stato/Mafia, non sono emersi specifici collegamenti internazionali. Si può dire, per concludere, che lei ha raccolto l'eridità di Falcone e Borsellino?

Non tocca certo a me dirlo. Quello che posso dirle è che, certamente, sono stato, e mi onoro dell'essere stato, uno degli allievi di Falcone e soprattutto di Borsellino e come me altri magistrati che sono a Palermo e che operano a Palermo. Questo, per me, è motivo di vanto e di orgoglio, ma credo dovrebbe essere motivo di vanto e d'orgoglio per il nostro Paese che uomini come Falcone e Borsellino abbiamo fatto scuola, abbiano lasciato traccia in una generazione di magistrati che è venuta dopo di loro. Purtroppo questo non ci viene riconosciuto e allo stesso tempo, spesso, veniamo, invece, attaccati. Addirittura, in Italia, si tenta di contrapporci a Falcone e Borsellino dicendo: “quelli si erano magistrati bravi e prudenti e voi, invece, no”. Questo ci sembra un po' ingeneroso. È ovvio che Falcone e Borsellino erano di altra statura, di altro livello, come si suol dire i classici fuoriclasse, ma ci sembrerebbe giusto che ci venissero riconosciuti i nostri meriti e, comunque, il fatto obiettivo che siamo stati formati dalla scuola dei due grandi magistrati ed abbiamo cercato, nei nostri limiti, di proseguire la loro opera secondo i loro insegnamenti. Una domanda che va al di là della sua indagine: cosa ne pensa della vicenda Sallusti di cui nessuno parla più? Non tocca a me discutere una sentenza della cassazione che applica la legge. Io sono contrario al fatto che per un reato d'opinione o comunque reato d'infamazione, sia prevista la carcerazione. Credo che, di fronte a reati di diffamazione, anche quando si tratta di diffamazione estremamente grave (a me è capitato spesso di essere oggetto di diffamazioni da parte della stampa, addirittura anche da parte di Sallusti in persona e del suo giornale. In quei casi ho querelato, mi sono costituito parte civile chiedendo il risarcimento dei danni) sia esagerata la pena che attualmente prevede la legge italiana. Credo che sia più appropriata una sanzione, anche severa, pecuniaria ed anche un severo, cospicuo risarcimento dei danni nei confronti della persona danneggiata. Sarebbero lunghi i tempi per modificare questa legge? Basterebbe semplicemente la volontà politica e l'accordo parlamentare e si potrebbe fare in poco tempo, ma tocca ovviamente alla politica e al parlamento fare queste valutazioni. 35 25


Maf ia dalla Redazione

Si parte dal Belgio dove sono presenti le cosche Ascone e Bellocco di Rosarno. Famiglie attive a Bruxelles soprattutto nel riciclaggio di denaro e nel traffico di droga. Ma è l'Olanda la capitale europea del traffico di cocaina (insieme all'Italia). Qui sono presenti le famiglie Belfiore, Nirta-Strangio e Ursini. Insieme al traffico di cocaina c'è anche quello di ecstasy e di Lsd. L'Olanda negli ultimi decenni è diventata anche una delle mete preferite per i 26

latitanti e per reinvestire i contanti del traffico di coca comprando immobili e imprese. Neppure l'Inghilterra è al riparo dalla 'ndrangheta. Nella zona londinese sono presenti uomini delle famiglie Macrì e Ursini, esperti nel traffico e nello spaccio di droga. La vicina Irlanda è invece stata colonizzata da uomini della cosca Morabito di Africo che hanno stretto affari con uomini dell'Ira per la vendita di armi ed esplosivi. Non si salva neppure il Lussemburgo, dove i Pelle hanno una rete di riciclaggio di denaro sporco, mentre in Polonia sono gli uomini della famiglia Iamonte a controllare gli investimenti. Se Bulgaria e Croazia sono interessate dal traffico di droga, anche in accordo con le bande slave, la Romania e in particolare la capitale Bucarest negli ultimi anni è diventata una meta ambita per le attività industriali e il riciclaggio di denaro con le famiglie Pino e Sena. L'Ucraina è invece terra dei trafficanti di rifiuti tossici, mentre la Russia e in particolare Mosca è stata meta della famiglia Mazzaferro. Nella capitale russa le 'ndrine hanno acquistato immobili, banche, alberghi, casinò, imprese e si occupano di riciclaggio di denaro e contraffazione di rubli e dollari. Sempre secondo il rapporto 2010 dei carabinieri, la Francia con le città di Clermont-Ferrand, Marsiglia, Nizza, Tolone, Tolosa, e tutta l'area della costa Azzurra, è una zona privilegiata per l'acquisto di immobili, il riciclaggio e il traffico di cocaina in alleanza con i clan marsigliesi. La vicina Spagna è invece lo storico porto verso l'Europa per i trafficanti di droga sudamericani, in particolare nella provincia di Cadice e a Ibizia e Marbella.


SOTTO LA LENTE Qui sono presenti i clan Di Giovine, Talia e Ferrazzo. Clan Ferrazzo che è attivo anche in Svizzera non solo per il riciclaggio, ma anche per il traffico d'hashish e di armi, insieme ancora ai Di Giovine, ai Mazzaferro e ai Paviglianiti. Traffico di hashish ed eroina che riguarda anche la Grecia, rotta di passaggio verso le coltivazioni di papavero del Medio Oriente. Ma è la Germania, che si conferma capitale europea della 'ndrangheta d'esportazione. Molte le città interessate dalle infiltrazioni mafiose: Aachen, Blaustein, Bochum, Bous, Deizisau, Dortmund, Duisburg, Essen, Hagen, Krefeld, Francoforte, Lipsia, Monaco di Baviera, Mannheim, Mulheim an der Ruhr, Munster, NeukirchenVluyn, Stoccarda, e le zone del Baden-Wurttemberg, della Turingia e del Warstein. Non è un caso quindi che sia proprio Duisburg il teatro della più sanguinaria strage della 'ndrangheta oltre confine, il 15 agosto del 20007. Le infiltrazioni in Germania sono molte e hanno radici antiche. Si va dall'acquisto di beni immobiliari, alla compravendita di negozi e alla partecipazione nel mondo dell'industria dell'acciaio. Ma insieme al traffico di cocaina, a quello delle armi e ai sequestri di persona, c'è anche il mercato della contraffazione e il controllo del traffico di immigrati. Qui sono presenti le famiglie Carelli, Cariari, Critelli, Farao, Giampaolo, Giorgi, Grande Aracri, Iamonte, Mazzaferro, Mollica, Morabito, Vottari, Nirta, Pelle, Romeo e Strangio.

In Togo, nel cuore dell'Africa centrale, sono presenti le cosche Mancuso e Pesce di Rosarno che si occupano di traffico di cocaina. Il mercato delle materie prime è invece al centro delle infiltrazioni nella zona della Repubblica democratica del Congo (ex Zaire) dove si estrae il coltan, un minerale molto costoso utilizzato dall'industria delle nanotecnologie. Non solo, perché la 'ndrangheta gestirebbe anche il traffico del materiale radioattivo i clan della criminalità locale.

E il business dei rifiuti è una risorsa importante della mafia in Africa con lo smaltimento di sostanze tossiche in Kenya e in Somalia. In Sudafrica, e in particolare nella zona di Città del capo, Pretoria e Johannesburg, i clan si sono infiltrati nel mercato dei diamanti.

C'è la droga, ma ci sono anche i rifiuti, il traffico di diamanti e quello di materie prime. Nel continente africano uno dei Paesi a maggiore infiltrazione della criminalità calabrese è il Marocco, storico approdo dei carichi di droga dal Sud America e porta privilegiata verso l'Europa per il traffico di hashish e marijuana. In Marocco sono presenti uomini del clan Coluccio, e delle famiglie Di Giovine, Sergi, Marando e Morabito.

Il Medio Oriente è la capitale mondiale della produzione di oppio. In Libano sono presenti gli uomini del potentissimo clan reggino dei De Stefano che cura il traffico di eroina e hashish. Mentre nella vicina Siria sono gli esponenti dei clan Di Giovine e Morabito a controllare il mercato dell'eroina brown sugar. Ma la 'ndrangheta è presente anche nel tumultuoso Pakistan dove si cura il traffico di cocaina verso l'Europa, mentre in Turchia le cosche Aquino, Papalia, Paviglianiti e D'Agostino controllano il traffico di eroina e hanno stretti rapporti con i Baba, la potente mafia turca che si occupa del trasporto e dell'importazione della droga. In Thailandia sono invece presenti uomini delle 'ndrine Bastoni e Ianni che trafficano cocaina. La fascia dell'Indonesia è invece utilizzata per il riciclaggio di denaro. Terra di immigrati è invece l'Australia, storica meta delle 'ndrine calabresi. Qui la presenza delle famiglie della Locride è stata confermata anche da numerose inchieste negli anni Ottanta e Novanta. Tra le città segnalate ci sonoAdelaide, Canberra, Griffith, Michelago, e le zone dell’Australia 35 27


Maf ia occidentale, del Nuovo Galles, di Queensland, di Perth, Victoria e Yelardin. Le cosche si occupano della coltivazione della canapa, ma anche del controllo della prostituzione, dello spaccio di denaro falso, del gioco d'azzardo, e del traffico di armi e di eroina. L'Australia è talmente colonizzata dalle cosche calabresi da far registrare anche fenomeni di racket e di estorsione. Molte le famiglie presenti, dal ceppo Barbaro-Papalia, Sergi, Perre, Trimboli, Violi, Musitano, Zappia, lo stesso radicato anche nella provincia di Milano, fino alle cosche Condello, Alvaro, Agresti, Giorgi, Ielasi, Romeo, Polifroni, Polimeni, Rizzotto, Tremarchi.

Negli Usa la 'ndrangheta è attiva nel traffico di cocaina e di eroina. Uomini dei clan Sergi, Commisso, Racco e Archino, sono presenti nelle zone di New York, di Chicago, Las Vegas, e nel New Jersey, in Florida e nel Connecticut. La presenza dei clan calabresi nel continente americano si concentra poi in Canada, dove - non è un caso - nell'agosto 2008 viene catturato il latitante Giuseppe Coluccio. Il boss di Marina di Gioiosa Ionica è stato arrestato a Toronto, ma le 'ndrine calabresi sono presenti anche nelle zone di Montreal, Ontario, Vancouver, Vaughan, Hamilton, British Columbia e Québec. Molte le famiglie calabresi presenti nel territorio canadese: Commisso, Costa, Musitano, Papalia, Cotroni, Di Giovine, Gentile, Gallo, Rizzuto e Violi.

Polvere di eroina pura

Tra le attività più importanti il riciclaggio di denaro sporco, il traffico di eroina, cocaina e armi. In Messico gli emissari delle cosche hanno invece stretto rapporti con i temibilissimi Los Zetas e gli affari dei clan Aquino, Coluccio, Macrì, Schiripa sono entrati in numerose inchieste, non ultima l'operazione Solare della Dda di Catanzaro. In mezzo, tonnellate di cocaina trafficate con le bande messicane. Nello stato di El Salvador, in Centro America, è invece presente la cosca Nirta attiva nel traffico di cocaina. Ai Caraibi, nella Repubblica dominicana sono invece presenti uomini del clan Cataldo specializzati nel commercio di droga.

Il continente sudamericano è l'area più calda per il traffico di droga, e la 'ndrangheta ha qui i suoi feudi più importanti. Si inizia dalla Colombia, il maggior produttore di cocaina del mondo. In Colombia sono presenti gli uomini delle cosche Anello, Aquino, Libri, Marando, Mazzaferro, Molè, Mollica, Morabito, Nirta, Paviglianiti, Piromalli, Sergi, 28

Talia, Tolone. In Colombia i clan - scrivono i carabinieri - si occupano di acquisto di cocaina con la collaborazione delle Unità di autodifesa della Colombia e hanno rapporti con il cartello di Cali. La presenza degli emissari della 'ndrangheta interessati al traffico di cocaina è segnalata anche in Ecuador, Paraguay, Cile e Uruguay. In Bolivia, altro Paese a grande produzione di coca, le cosche hanno basi operative nella zona di Santa Cruz de la Sierra. Anche un paradiso naturale come le Antille olandesi però può nascondere gli uomini delle cosche.In particolare quelli del clan Mazzaferro attivi nell'acquisto di cocaina. Il Venezuela è invece una zona di investimento per i clan calabresi in particolare per le famiglie Aquino, Coluccio, Tuozzolo. I calabresi qui, secondo il rapporto dell'Arma, hanno contatti con il temuto clan di Cosa nostra Cuntrera-Caruana attivissimo nel traffico di droga. Ma insieme al narcotraffico, in Venezuela la 'ndrangheta si occupa di riciclaggio, costruzioni edili e di investimenti nel mondo delle fabbriche industriali. In Perù, sempre per quanto concerne il traffico di coca, sono presenti uomini della cosca Paviglianiti, mentre in Brasile e in particolare a Fortaleza risiedono uomini delle cosche Morabito e Mazzaferro, sempre attivi nel narcotraffico. Ma gli affari con i narcos si fanno anche in Argentina dove sono presenti ancora uomini delle cosche Morabito e Mazzaferro insieme ai Piromalli e ai Talia, storici alleati dei Morabito. In particolare il cartello del narcotraffico calabrese si concentra nella zona di Moròn.


SOTTO LA LENTE

Crescente presenza della mafia in Svizzera il traffico di migranti e, soprattutto, contro la cibercriminalità, costituiscono tuttora le sfide di maggiore importanza per le autorità svizzere di polizia. Internet e lo sviluppo tecnologico influenzano in modo crescente la situazione in materia di criminalità.

Il rapporto rileva che le attività delle organizzazioni mafiose italiane in Svizzera sono improntate alla massima discrezione. Non si segnalano tentativi di instaurare un controllo territoriale, anche se ci sono indizi che indicano la presenza di figure di riferimento regionali. Per rafforzare la loro presenza, le organizzazioni mafiose italiane cercano per le loro attività nell’ambito della criminalità economica di collaborare specificatamente con esperti del mondo finanziario e bancario. I relativi reati vengono commessi con la massima discrezione. Sono quindi meno visibili rispetto ad altre forme della criminalità organizzata come il traffico di stupefacenti su strada o le effrazioni commesse in serie. In particolare, sta acquistando una crescente importanza la ‘ndrangheta calabrese. Uno scenario simile a quello constatato in Svizzera si riscontra anche nelle regioni limitrofe del Piemonte, della Lombardia e del Baden-Württemberg. La pressione crescente esercitata dalle autorità italiane sulla ‘ndrangheta e le altre organizzazioni di stampo mafioso, inducono queste ultime a rivolgersi alla Svizzera per certe transazioni finanziarie. Le attività dei clan che operano in Svizzera sono tuttavia prevalentemente di carattere transfrontaliero. Nel quadro di inchieste nazionali o su rogatoria di partner stranieri, nel 2010 in Svizzera sono state arrestate diverse persone. Alcune di esse, appartenenti a organizzazioni mafiose, sono state estradate in Italia e condannate a lunghe pene detentive. Alcune avevano compiuto reati anche in Svizzera. Cooperazione internazionale per combattere una criminalità sempre più globalizzata Le forme gravi della criminalità internazionale sono ormai diventate una minaccia a livello globale. La lotta contro la criminalità organizzata, la tratta di esseri umani,

Dopo più di dieci anni dalla nascita di Fedpol (2000), si è potuto constatare che le forme gravi di criminalità internazionale si possono contrastare efficacemente soltanto mediante un’intensa cooperazione a livello nazionale e internazionale. A più riprese è stata confermata l’importanza strategica degli accordi bilaterali e multilaterali nonché il loro ruolo determinante per un perseguimento efficace della criminalità transfrontaliera. Fedpol collabora da due anni con diversi Cantoni e con il Corpo delle guardie di confine per combattere il traffico di cocaina gestito da organizzazioni criminali africane. Lo scopo di tale collaborazione è dissuadere i trafficanti dal venire in Svizzera. Nel quadro della cooperazione, Fedpol ha fornito assistenza sotto il profilo analitico, tecnico e operativo in 70 procedure nel corso delle quali sono state sequestrate alcune centinaia di chilogrammi di cocaina e svariate centinaia di migliaia di franchi presumibilmente ricavati dal traffico di droga. I lavori avviati recentemente per modificare l’accordo di polizia del 2002 tra l’Austria, il Liechtenstein e la Svizzera, come pure la conclusione dell’accordo di polizia con la Serbia che è entrato in vigore nel 2010, dimostrano che Fedpol e i suoi partner dei paesi limitrofi seguono con attenzione gli sviluppi della criminalità. 35 29


Maf ia dalla Redazione

Antonino Caponnetto “L'idea, - spiegò lo stesso giudice - fu quella di creare un gruppo di lavoro che si occupasse a tempo pieno e in via esclusiva dei processi di mafia, frazionando così i rischi e assicurando una visione organica e completa del fenomeno”. Accanto a sé chiamò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. Il lavoro di quel pool portò al primo maxiprocesso contro Cosa Nostra e agli atti, per la prima volta, finirono le dichiarazioni di pentiti come Tommaso Buscetta. Quando decise di lasciare Palermo per tornare a Firenze indicò in Falcone il suo successore. Il Consiglio Superiore della Magistratura gli preferì Antonino Meli seguendo criteri di anzianità e Caponnetto non nascose la sua amarezza per questa decisione. Nel 1990 andò in pensione con titolo onorifico di presidente aggiunto della corte suprema di Cassazione ma le morti di Falcone e di Borsellino lo restituirono come testimone della lotta per la legalità. Pianse al momento della morte di Falcone, ebbe un momento di sconforto ai funerali di Borsellino, disse che era “tutto finito”, ma il suo impegno dal 1992 è stato continuo, nonostante l'età e i problemi di salute. Lezioni ai ragazzi delle scuole sulla giustizia, l'impegno in politica con la Rete che lo portò ad essere nel 1993 il candidato più votato alle amministrative di Palermo dove divenne presidente del consiglio comunale, le mille interviste, la partecipazione e la promozione di convegni, la creazione di una fondazione intitolata a Sandro Pertini, da ultimo il sostegno per il movimento dei Girotondi. Cittadino onorario di Palermo e Catania, presidente del consiglio comunale del capoluogo siciliano per un breve periodo, per tre volte è stato candidato a senatore a vita con raccolte di firme. A fargli gli auguri per i suoi 80 anni, anche il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Li festeggiò in famiglia, con la moglie, i tre figli, i cinque nipoti e nel cuore il ricordo di Falcone e Borsellino: “Li sento sempre vivi, più vivi che mai. Ho l'impressione che veglino dall'alto proprio su di me”. 30


SOTTO LA LENTE

Queste sono le parole di un vecchio ex magistrato che è venuto nello spazio di due mesi due volte a Palermo con il cuore a pezzi a portare l'ultimo saluto ai suoi figli, fratelli e amici con i quali ho diviso anni di lavoro di sacrificio, di gioia, anche di amarezza. Soltanto poche parole per un ricordo, per un doveroso atto di contrizione che poi vi dirò e per una preghiera laica ma fervente. Il ricordo è per l'amico Paolo, per la sua generosità, per la sua umanità, per il coraggio con cui ha affrontato la vita e con cui è andato incontro alla morte annunciata, per la sua radicata fede cattolica, per il suo amore immenso portato alla famiglia e agli amici tutti. Era un dono naturale che Paolo aveva, di spargere attorno a sé amore. Mi ricordo ancora il suo appassionato e incessante lavoro, divenuto frenetico negli ultimi tempi, quasi che egli sentisse incombere la fine. Ognuno di noi e non solo lo Stato gli è debitore; ad ognuno di noi egli ha donato qualcosa di prezioso e di raro che tutti conserveremo in fondo al cuore, e a me in particolare mancheranno terribilmente quelle sue telefonate che invariabilmente concludeva con le parole: “Ti voglio bene Antonio” ed io replicavo “Anche io ti voglio bene Paolo”. C'è un altro peso che ancora mi opprime ed è il rimorso per quell'attimo di sconforto e di debolezza da cui sono stato colto dopo avere posato l'ultimo bacio sul viso ormai gelido, ma ancora sereno, di Paolo. Nessuno di noi, e io meno di chiunque altro, può dire che ormai tutto è finito.

Pensavo in quel momento di desistere dalla lotta contro la delinquenza mafiosa, mi sembrava che con la morte dell'amico fraterno tutto fosse finito. Ma in un momento simile, in un momento come questo coltivare un pensiero del genere, e me ne sono subito convinto, equivale a tradire la memoria di Paolo come pure quella di Giovanni e di Francesca. In questi pochi giorni di dolore trascorsi a Palermo che io vi confesso non vorrei lasciare più, ho sentito in gran parte della popolazione la voglia di liberarsi da questa barbara e sanguinosa oppressione che ne cancella i diritti più elementari e ne vanifica la speranza di rinascita. E da qui nasce la mia preghiera dicevo laica ma fervente e la rivolgo a te, presidente, che da tanto tempo mi onori della tua amicizia, che è stata sempre ricambiata con ammirazione infinita. La gente di Palermo e dell'intera Sicilia, ti ama presidente, ti rispetta, e soprattutto ha fiducia nella tua saggezza e nella tua fermezza. Paolo è morto servendo lo Stato in cui credeva così come prima di lui Giovanni e Francesca. Ma ora questo stesso Stato che essi hanno servito fino al sacrificio, deve dimostrare di essere veramente presente in tutte le sue articolazioni, sia con la sua forza sia con i suoi servizi. È giunto il tempo, mi sembra, delle grandi decisioni e delle scelte di fondo, non è più l'ora delle collusioni degli attendismi dei compromessi e delle furberie, e dovranno essere, presidente, dovranno essere uomini credibili, onesti, dai politici ai magistrati, a gestire con le tue illuminate direttive questa fase necessaria di rinascita morale: è questo a mio avviso il primo e fondamentale problema preliminare ad una vera e decisa lotta alla barbarie mafiosa. Io ho apprezzato le tue parole, noi tutti le abbiamo apprezzate, le tue parole molto ferme al Csm dove hai parlato di una nuova rinascita che è quella che noi tutti aspettiamo, e laddove anche con la fermezza che ti conosco hai giustamente condannato, censurato, quegli errori che hanno condotto martedì pomeriggio a disordini che altrimenti non sarebbero accaduti perché nessuno voleva che accadessero. Solo così attraverso questa rigenerazione collettiva, questa rinascita morale, non resteranno inutili i sacrifici di Giovanni, di Francesca, di Paolo e di otto agenti di servizio. Anche a quegli agenti che hanno seguito i loro protetti fino alla morte va il nostro pensiero, la nostra riconoscenza, il nostro tributo di ammirazione. Tra i tanti fiori che ho visto in questi giorni lasciati da persone che spesso non firmavano nemmeno il biglietto come è stato in questo caso, ho visto un bellissimo lilium, splendido fiore il lilium, e sotto c'erano queste poche parole senza firma: “Un solo grande fiore per un solo grande uomo solo”. Mi ha colpito, presidente, questa frase che mi è rimasta nel cuore e credo che mi rimarrà per sempre. Ma io vorrei dire a questo grande uomo, diletto amico, che non è solo, che accanto a lui batte il cuore di tutta Palermo, batte il cuore dei familiari, degli amici, di tutta la Nazione. Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto fino al sacrificio dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi, questa è una promessa che ti faccio solenne come un giuramento. 31 35


Maf ia di M. C. Bernasconi

ascolto, sostegno, consiglio; intende quindi mantenere viva la memoria di tutti coloro che hanno subito minacce e ritorsioni da parte di criminali mafiosi.

Origini Il 15 agosto 2007 a Duisburg nella Renania Settentrionale/ Vestfalia davanti al ristorante italiano “Da Bruno”, sei persone appartenenti alla 'Ndrangheta vennero uccise nell'ambito di un regolamento di conti tra cosche; l'evento è ricordato come la “strage di Duisburg”. In risposta alla rappresentazione frammentaria del problema della criminalità organizzata italiana in Germania, spesso basata su stereotipi superficiali, un gruppo di immigrati italiani a Berlino decise di impegnarsi per proporre alla società civile tedesca un'analisi e una riflessione più coerenti ed approfondite sulle attività mafiose in Germania. Ispirandosi ad altre realtà di movimenti a tutela della legalitá sorti in Italia, quali Addio Pizzo e Libera, l'associazione “Mafia? Nein, Danke!” persegue i seguenti obiettivi: - contrastare le attività delle organizzazioni criminali mafiose in Germania; - sensibilizzare l'opinione pubblica e la classe politica tedesca sul problema della criminalità organizzata in Germania, per il riconoscimento del fenomeno mafioso come prettamente extra-nazionale e, da contrastarsi quindi, con una maggior collaborazione tra Stati, soprattutto membri dell'Unione europea; - affermare e difendere il valore della legalità e la consapevolezza che solo il rispetto condiviso delle regole può essere alla base di qualsiasi moderna società democratica; - mantenere sotto costante osservazione le attività del fenomeno mafioso in Germania cercando di dare risalto al lavoro di giornalisti, magistrati e forze di polizia che operano nel contrasto alle organizzazioni criminali; - sostenere e promuovere progetti di educazione volti a valorizzare l'importanza della legalità; - offrirsi come punto di riferimento per tutti coloro che, sentendosi minacciati dalle mafie, hanno bisogno di 32

Attività Subito dopo la strage di Duisburg, nel dicembre 2007 esponenti di un clan della Camorra tentarono di estorcere del denaro ad alcuni ristoratori a Berlino. “Mafia? Nein Danke!” permise a questi imprenditori di unirsi e facilitò la comunicazione con la polizia e la relativa denuncia della tentata estorsione. I malavitosi furono in seguito arrestati. Nell'arco del 2008 ha organizzato numerose iniziative volte a proporre una riflessione pubblica sul tema della criminalità organizzata e sugli strumenti necessari a contrastarla; in questi incontri è emerso chiaramente ai fondatori dell'associazione il bisogno di approfondire con sistematicità il ritardo del sistema legislativo tedesco in termini di contrasto al fenomeno mafioso. Attraverso la collaborazione con giornalisti, politici, magistrati ed esponenti della società civile, “Mafia? Nein Danke!” ha tentato di richiamare l'attenzione sull'armonizzazione degli ordinamenti giuridici europei. In seguito ad un convegno organizzato a Berlino nel marzo del 2009 ha ottenuto il primo successo nazionale in Germania nel successivo mese di luglio, quando il Parlamento tedesco ha finalmente introdotto la direttiva europea di riconoscimento delle reciproche sentenze per gli stati membri dell'Unione. “Mafia? Nein Danke!” intende proseguire il lavoro finora svolto affinché anche la Germania così come tutti i paesi dell'Unione Europea giungano a definire penalmente il reato di associazione mafiosa e a prevedere lo strumento giuridico della confisca come arma fondamentale del contrasto al crimine organizzato.


SOTTO LA LENTE

Come vede la mafia oggi, in Italia e all'estero, rispetto agli anni 80/90? Le mafie si sono “legalizzate”, sono riuscite ad entrare sempre di più in sistemi legali, economici, politici ed amministrativi. Hanno assunto una veste apparentemente innocua, coinvolgendo sempre di più i cosiddetti colletti bianchi (impiegati di banca, notai, geometri, avvocati), cioè persone che fungono da cerniera tra la criminalità organizzata e la normale società. Al di fuori dei luoghi di originaria provenienza, dove si continua a sparare brutalmente per strada, basti pensare alla ripresa della guerra tra bande, in corso proprio in questi giorni a Scampia. Per lo più le mafie sono riuscite a infiltrarsi nel tessuto economico e sociale, senza dare più nell’occhio. Uniscono abilmente abitudini arcaiche e modernità. Da un lato operano al nord Italia, ma anche all’estero, utilizzando le stesse modalità note al sud: riti di affiliazione, culto della fedeltà all’organizzazione criminale, omertà. D’altro lato sanno districarsi molto bene nell’utilizzo, ad esempio, di nuove tecnologie, per sfuggire ai controlli o alle indagini. Non esiste mafia senza politica. E politica senza mafia? Recenti indagini, concluse in Lombardia e in Piemonte, rivelano come anche in questi territori le mafie siano riuscite a infiltrarsi nelle amministrazioni locali, cioè nella gestione della politica a livello locale. Sono emersi casi di assessori regionali o comunali eletti con i voti della ‘ndrangheta, al fine di manipolare l’assegnazione di soldi pubblici. E questo è drammaticamente grave. Una delle principali fonti di entrata per le mafie, accanto ai proventi derivanti dai traffici di droghe, sono gli appalti pubblici. Anche in piccole realtà territoriali le mafie cercano di mettere le mani sugli appalti, che non sono altro che soldi stanziati, ad esempio, per costruire strade, scuole, ospedali, cimiteri o per raccogliere rifiuti. E lo fanno eleggendo propri uomini nelle amministrazioni locali, così che questi politici, nel momento in cui vanno a scegliere a chi assegnare le risorse, optino per le aziende mafiose. Questo crea un circolo vizioso infernale in virtù del quale il sistema mafioso si autoalimenta ed è in grado di mettere in ginocchio interi territori. Ecco perché bisogna spezzare questo vincolo. Innanzitutto bisogna modificare la legge sul voto di scambio, andando a punire chi compra voti in cambio di promesse varie (posti di lavoro, delibere di giunta che prevedano il cambio di uso di terreni da agricoli a edificabili, concessione di appalti). Poi bisogna introdurre una sanzione seria per i partiti che hanno criminali al loro interno: togliere il finanziamento a quei partiti che candidano mafiosi. Infine ci deve essere una responsabilizzazione anche da parte degli elettori: non è possibile che in tornate elettorali in cui il cittadino ha modo di usare le preferenze là dove ci siano candidati risaputamente collusi, vengano regolarmente eletti.

Quali sono i rapporti tra la polizia italiana e quella di altri Paesi? In generale i rapporti tra le forze dell’ordine a livello internazionale nel contrasto alla criminalità organizzata sono buoni. Ad esempio tra Italia e Germania è stata istituita una task force apposita, a seguito dei fatti di Duisburg nell’agosto 2007, in cui furono uccisi sei ‘ndranghetisti italiani in una piccola cittadina tedesca. La task force, istituita ad hoc per fare fronte al problema contingente, ha sortito ottimi risultati, al punto che si è pervenuto in tempi brevi all’arresto di mandanti ed esecutori della strage. Però, al di là di collaborazioni estemporanee, in Italia si avverte la mancanza dell’adozione delle squadre investigative comuni, cioè di pool di forze dell’ordine che operino stabilmente in collaborazione con i colleghi stranieri. Proprio l’arresto dell’autore della strage di Duisburg, Giovanni Strangio, dimostra quanto possano essere efficaci squadre di questo tipo: Strangio è un ‘ndranghetista italiano, autore di un crimine commesso in Germania, che ha poi cercato rifugio in Olanda. Se nel suo caso specifico si è pervenuti all’arresto proprio grazie alla collaborazione instaurata tra forze dell’ordine di paesi diversi, altrettanto non si può dire per svariati casi in cui la criminalità organizzata delocalizza i suoi traffici criminali all’estero, proprio per approfittare di questa debolezza investigativa. In sintesi, in Italia c´è urgente necessità di istituire le squadre investigative comuni. A livello legislativo vi sarebbero ancora dei margini di miglioramento? Tutto sommato l´Italia dispone ancora di una legislazione esemplare in materia di contrasto alla criminalità organizzata e questo nonostante le numerose incursioni effettuate dai precedenti Governi Berlusconi, miranti ad indebolire il sistema della legalità (penso allo scudo fiscale, all’abolizione del falso in bilancio, alla riduzione dei termini di prescrizione). Ci sono però alcuni provvedimenti che dovrebbero venire adottati urgentemente, ad esempio: bisogna introdurre il reato di autoriciclaggio, il reato secondo cui è punibile il criminale che investe i soldi derivanti dai propri traffici illeciti; inoltre bisogna prevedere l’adozione di reati ambientali (oggi chi devasta l’ambiente non deve temere sanzioni particolari perché non viene considerato reato); bisogna approvare una legge seria contro la corruzione; bisogna poi reintrodurre il falso in bilancio. Inoltre bisogna recepire tutta una serie di trattati internazionali e di disposizioni europee che possono dare un contributo straordinario nella lotta alla criminalità organizzata. Le mafie hanno tratto grandi vantaggi dalla globalizzazione. Hanno approfittato della diffusa impreparazione, anche legislativa, dei diversi Stati nel contrasto dei fenomeni criminali e hanno massimizzato i loro profitti. Uno degli aspetti che rendono le mafie oggi, più pericolose che mai, è proprio anche la loro capacità di internazionalizzarsi. Ecco perché le mafie non possono più essere contrastate a livello meramente nazionale. C’è bisogno soprattutto di un´armonizzazione legislativa, che consenta di affrontare il fenomeno nella sua interezza, anche oltre confine. 33 35


CULTURA di Armando Rotondi

Benvenuti in un mondo magico Tra questi, svetta, senza dubbio, il Lucca Comics and Games, dall’1° al 4 novembre 2012. Nato nel 1966, ha una lunga tradizione che l’ha posto ai vertici delle fiere e dei festival dedicati all’animazione, al fumetto, ai giochi sia da tavolo che di ruolo e ai videogames. In una classifica internazionale il salone toscano si collocherebbe ad un ottimo terzo posto dopo le rassegne giapponese e francese, sia per prestigio che per numeri (ci aggiriamo sui 150.000 circa).

Nel mondo vi sono alcuni appuntamenti canonici, imperdibili per gli appassionati, capaci in molti casi di mobilitare persone da tutti gli angoli del globo. È il caso del Comiket di Tokyo o del Festival International de la Bande Dessinée di Angoulême in Francia, sicuramente i più prestigiosi eventi del settore con numeri di visitatori per pochi giorni di festival davvero esorbitanti: più di 500.000 per Tokyo e circa 250.000 per Angoulême. In Italia, pur essendo il cinema di animazione e il mondo del fumetto molte volte relegati a cultura di “serie B”, la tradizione di questi festival è molto forte con manifestazioni di ampio respiro: Napoli Comicon, con i suoi più di 50.000 partecipanti in 3-4 giorni, il Romics nella Capitale e così via. 34


CINEMA

Cineturismo Ragusa e provincia

e protagonisti, divi per una giornata, facendosi fotografare e “improvvisando” scene del loro repertorio, tratto da film celebri, cartoni o fumetti. Un appuntamento imperdibile in una location davvero d’eccezione.

www.luccacomicsandgames.com

AGENDA DI NOVEMBRE

La kermesse di Lucca si presenta come di altissimo livello sotto tutti i punti di vista: perfetta fiera/mercato; salone culturale con incontri e dibattiti con autori, doppiatori, registi, fumettisti; presentazione in anteprima di serie animate e film da tutto il mondo, così come retrospettive; mostre; spettacoli dal vivo. A questo già ricco programma che ogni anno si rinnova e si migliora si aggiunge l’arma in più della città e del suo centro storico che viene nella sua totalità coinvolto nella manifestazione. Ogni angolo di strada, ogni piazza diviene un luogo del Lucca Comics and Games. Il festival vive per tutta la città e davvero essa diviene letteralmente un mondo surreale e stralunato, abitato da personaggi bizzarri, da visitatori travestiti che diventano eroi 35


CULTURA di Generoso D’Agnese

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ECOTURISMO Vittorio Fossombroni fu l’ultimo della sua stirpe e non lasciò eredi diretti. Ma dietro di sé lasciò una geografia mutata, e restituì benessere a una valle che nessuno era riuscito a riportare agli antichi splendori. Neanche i grandi scienziati Galileo Galilei ed Evangelista Torricelli. Intuì l’importanza della “bonifica per colmata” e nel 1788 iniziò, su incarico del Granduca Pietro Leopoldo I di Lorena quella riconquista terrena che oggi rendono la Val di Chiana una delle perle del turismo ecologico italiano.

Nominato ministro degli esteri del Granducato di Toscana, Fossombroni dedicò tutte le sue energie nella bonifica delle paludi della Val di Chiana e della Maremma che nel tempo avevano mietuto tante vittime per la malaria e per la peste nera. Il suo lavoro (morì nel 1844) diede subito i suoi frutti e nel giro di pochi anni l’aria divenne salubre permettendo il ritorno dei rondoni. Il terreno tornò fertile e gli abitanti tornarono a coltivare l’antica valle di epoca etrusca e romana, un ripopolamento che si fermò soltanto dopo la fine della seconda guerra mondiale, in seguito alla distruzione di quasi tutte le cittadine e alle uccisioni operate dalle truppe tedesche.

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CULTURA Compresa tra le province toscane di Arezzo e Siena e tra quelle umbre di Perugia e Terni, la Val di Chiana si presenta ai viaggiatori con i suoi 100 chilometri di verde e lambisce i declivi della Val d’Or-cia e le pendici del Monte Cetona, che detiene la vetta più alta della zona, con i suoi 1148 metri. Facilmente raggiungibile via treno e attraverso l’autostrada, la valle rappresenta il punto di fuga ideale dalle attività cittadine di Roma e di Firenze ed è proprio in tale veste che Cetona ha accolto negli anni numerosi nomi altisonanti della politica, del mondo intellettuale e scientifico. Tutti in fuga, per almeno una settimana, dai ritmi infernali della routine quotidiana e pronti a riappropriarsi di un bene che oggi vale più dell’oro: la quiete. Chianciano Terme, Sarteano, Pienza, San Quirico d’Orcia, Montepulciano rappresentano i capisaldi di questa vallata, oggi sinonimo di vini DOC e di una razza bovina tra le più rinomate della ristorazione italiana e internazionale. Senza contare la relativa vicinanza con Siena, Città della Pieve, Orvieto, Perugia e Assisi, pietre miliari della storia e della cultura italiana. Per chi però volesse abbandonare le larghe strade che portano ai santuari del turismo internazionale e intraprendere i sentieri di un’Italia meno conosciuta e pubblicizzata, l’arrivo a Cetona rappresenta il giusto premio per un percorso all’insegna del gusto e delle peculiarità territoriali, un percorso segnato da molte “Cultivar” che fanno della ex palude chianina una delle terre regine dell’agricoltura italiana. Montepulciano, per iniziare. La Val di Chiana è terra di vini pregiati, siano essi rossi o bianchi, fin dall’epoca etrusca. Scendendo verso Sud è possibile apprezzare i sapori del Chianti e il Bianco Vergine della Val di Chiana, tra i vini bianchi più quotati nel Mondo. Montepulciano

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Vicolo di Cetona

Il Cortona, il Rosso di Montepulciano e il Vin Santo di Montepulciano rappresentano autentiche punte di diamante di una produzione vitivinicola incentrata sulla produzione locale e sui consorzi, cui fa eco l’ottima produzione di olii d’oliva. Le colline chianine si fregiano dal 1998 dell’IGP e del DOP grazie alle rese del Colline di Arezzo, un olio dal colore verde intenso e dal sapore piccante, leggermente amaro e dal retrogusto persistente. La Val di Chiana è anche terra d’origine di una razza bovina rinomata e allevata in tutto il mondo, la razza chianina, che fa dei grandi bovini (arrivano a pesare 17 quintali) i pilastri di questa fertile terra alluvionale. Attraversando la valle è possibile incontrare numerosi appuntamenti tradizionali legati alla storia del territorio. Il Palio dei Rioni di Castiglion di Fiorentino o la Giostra del Saracino di Arezzo aprono la lista di un’offerta variegata. La Maggiolata di Lucignano, la Rievocazione storica della battaglia di Scannagallo, la Giostra dell’Archidato di Cortona, il Palio dei Somari di Torrita di Siena, il Bravio delle Botti di Montepulciano, il Palio dei Terzieri di Città della Pieve rappresentano solo alcuni degli appuntamenti che il viaggiatore del gusto potrà trovare in questo angolo di Italia collinare, lontano dal frastuono dei viaggi organizzati e dalle comitive vocianti. Per chi sceglie di viaggiare a maggio, la tappa finale del percorso attraverso la Val di Chiana regala la rassegna enogastronomica “I sapori del Monte Cetona”, nella quale è possibile riassumere tutte le ricchezze alimentari delle terre bonificate da Fossombroni. Posta su un tratto secondario della Via Francigena percorsa dai pellegrini del XIII secolo, Cetona accoglie i visitatori con il profilo dolce della sua montagna e con il castello di Scitonia, residenza di feudatari che nel corso della storia hanno sempre tratto il massimo dalla posizione di confine e dalle altalenanti contese territoriali. Fedelissima alla Repubblica di Siena, Cetona capitolò con onore agli assalti delle truppe medicee e conservò una relativa autonomia amministrativa che nel


ECOTURISMO Settecento la portò ad avere una prosperità invidiabile. Cetona tra l’altro finanziò con un prestito anche l’esercito garibaldino e si dotò di un acquedotto per l’acqua potabile che nell’Otto-cento rappresentava una vera rarità per i paesi della provincia italiana. Cetona nel 1900 fu anche la prima ad avere l’energia elettrica e negli anni accumulò benemerenze culturali offrendo asilo ai perseguitati politici. La corsa alla “modernità” non ha tuttavia intaccato l’amore per la storia, regalando ai visitatori un’architettura fatta di pietre di paesaggio.

Felice Ippolito, Ennio Maccari, il premio Nobel Seamus Heaney, l’intellettuale Guido Ceronetti, la principessa Margaret di Inghilterra, l’israeliana Lea Rabin, Tommaso Padoa-Schioppa, Cesare Romiti, Valentino (che ha acquistato Palazzo Terrosi, con parco annesso) rappresentano solo alcuni dei nomi eccellenti che hanno frequentato le viuzze del borgo medievale, così vicino alle grandi arterie di comunicazione eppure così lontano dai rumori di sottofondo della vita contemporanea.

Risalendo le “coste” della cittadina, e addentrandosi nella cittadella è possibile così cogliere la poesia che emana da questo borgo, perfettamente in equilibrio tra abitato medievale e paesaggio toscano dal sapore rinascimentale. Tutto in Cetona evoca la quiete e la storia dell’Italia comunale. Le mura conservano il torrione del Rivellino risalente al XVI secolo e la struttura urbana viene esaltata da piazza Garibaldi, realizzata dal marchese Gian Luigi Vitelli detto il Chiappino in una strana forma ovale e decisamente grande per il piccolo borgo chianino. Camminando tra le vie medievali di Cetona è possibile soffermarsi nella Piazzetta della Collegiata e nella chiesa della Santissima Trinità costruita tra il XII e il XIII secolo, visitare il Museo civico per la Preistoria del Monte Cetona e arrivare infine alla Rocca, con il suo maschio superstite immerso nel verde dei cipressi. Tutto intorno domina la campagna toscana, con i suoi colori da cartolina e i suoi profumi intensi di olio e vino. E tra una passeggiata e l’altra non resta che provare i “pici”, spaghetti fatti a mano e conditi con l’aglione (una salsa di pomodoro con molto aglio e peperoncino). Anche Cetona da alcuni anni recupera le sue tradizioni culinarie offrendo ai suoi visitatori i “pastrignocchi” e i “cuculi” (biscotti rustici che devono il loro nome al verso dell’uccello), testimoniando con la qualità il proprio affetto ai tanti nomi della cultura che hanno voluto fermarsi a soggiornare nel borgo. L’industriale Umberto Agnelli, gli attori Giuliano Gemma, Giovanna Ralli, Ottavia Piccolo e Ronn Moss, l’ispanista Angela Bianchini, gli stilisti Viviana Pecci Blunt e Federico Forquet, i giornalisti Giulia Massari e 39


CULTURA di Simona Guidicelli

Il Malvone Althea rosea

Per quanto originaria dell'Asia, si è ottimamente acclimatata nelle nostre regioni ed è tanto rustica che sovente tende a rinselvatichire per l'inseminazione spontanea, soprattutto nelle regioni costiere del mediterraneo a clima temperato/caldo. Si coltivano diverse varietà orticole, che differiscono per la taglia delle piante, ma soprattutto per la conformazione o il colore dei fiori, che possono essere semplici (come

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nella specie originaria), oppure semidoppi, doppi, a petali interi o frangiati; il colore può vaiare dal bianco al violaceo, con tonalità intermedie. È una specie perenne, che generalmente si coltiva come biennale, seminandola nella tarda primavera. È una pianta molto frugale, che cresce indifferentemente su terreni profondi, fertili e abbastanza freschi, come pure su terreni poveri e superficiali.


BENESSERE E SALUTE Caratteristiche È una pianta erbacea perenne o biennale, molto vigorosa e rustica. Ha una radice ben ingrossata e fittonante, da cui si sviluppano gli steli fiorali alti anche più di 2 metri, grossi e non ramificati. Le foglie sono ampie, palmato/lobate e ben picciolate. La fioritura avviene d'estate e i fiori sono assai grandi, rosati o porporini. Quando si raccoglie Del malvone si utilizzano unicamente i fiori, che vanno colti appena sono sbocciati; si scelgono quelli rossicci o di tinte forti, perchè più ricchi di mucillagini, di tannino e di alteina. Come si utilizza I fiori del malvone hanno proprietà diuretiche, emollienti ed espettoranti, analoghe a quelle dell'altea (althaea officinalis). Contro l'irritazione agli occhi: versare 1 cucchiaio di foglie in 1/4 di litro d’acqua calda e far bollire per 5 minuti. Filtrare e fare diversi impacchi. Contro le emorroidi: in 2 litri di acqua calda versare 100 grammi di foglie e far bollire lentamente per 10 minuti. Filtrare e fare dei bagnoli. Per le afte: versare in 50 grammi di olio di oliva 1 cucchiaino di fiori e far scaldare a bagnomaria per 15 minuti. Lasciare raffreddare prima di filtrare. Ungere le parti colpite, ripetendo più volte il trattamento.

Curiosità

Quando vi è un foruncolo: cuocere in poca acqua una manciata di foglie per 10 minuti. Stendere il tutto su di una garza ed applicarlo ancora caldo sulla parte. È bene togliere il cataplasma prima che si raffreddi completamente.

Come si prepara per la conservazione: si essicano all'ombra foglie, fiori e radici, conservandoli poi in sacchetti. Per rinfrescare l'intestino: far bollire 2 cucchiai di radici in 1/2 litro di acqua fredda per 15 minuti, filtrare e bere una tazza al mattino a digiuno e una alla sera prima di coricarsi, addolcendo con una giusta dose di miele.

Per la tosse: versare un cucchiaio di fiori in 1 tazzina da caffè di acqua calda. Coprire e filtrare dopo 10 minuti, spremendo bene. Aggiungere 1 cucchiaino di miele e berne 2-3 tazzine al giorno finché dura la tosse. 41


CULTURA di Gian Maria Bavestrello

Storie di acciughe L'acciuga, o alice, è un pesce della famiglia degli Engraulidae, diffusa nell'Oceano Atlantico orientale ma presente e comune anche nel Mar Mediterraneo. Dal corpo lungo e ricco di squame, si distingue per avere la mascella di sotto più corta di quella di sopra. Il colore è verde azzurro, i fianchi e la pancia sono di colore argento, affrescati da una linea marrone. Può essere lunga da 15 a 20 centimetri. Le carni, come sanno tutti i suoi estimatori, sono particolarmente saporite, e vengono consumate sia fresche che salate. Desalate e pestate in un mortaio, o passate al frullatore, si ricava una salsa che dovrebbe essere analoga al rinomato garum degli antichi romani, il condimento a base di interiora di pesce e pesce salato utilizzato per accompagnare primi e secondi piatti.

Una presenza discreta e silenziosa, a dire il vero, vista la parsimonia con cui compare nei libri di storia dell'alimentazione. Ma la storia ufficiale, si sa, è molto più scarna di quella ufficiosa e “minore”, dove l'acciuga, invece, è protagonista di epiche storie di mare, di commerci e di prelibatezze culinarie. 42

Il periodo di pesca va da marzo a settembre, meglio se in presenza della luna piena perché spinte in superficie. In sua assenza, infatti, l'acciuga viene attirata con sorgenti luminose artificiali, dette lampare (foto sopra), e con una congrua pasta di granchi come esca buttata sulle reti.


ENOGASTRONOMIA Dicevamo delle storie “minori”, e non a caso, visto che il nostro paese ne è particolarmente ricco: esiste, innanzi tutto, un'indicazione geografica tipica attribuita alle acciughe sotto sale del Mar Ligure, particolarmente equilibrate sotto il profilo del sapore. La denominazione è riservata al prodotto ottenuto dalla lavorazione e conservazione sotto sale delle acciughe pescate nello specchio acqueo prospiciente la costa ligure, a una distanza massima di 20 km dalla costa, tra il 1° aprile e il 15 ottobre, con la tecnica di pesca della lampara con reti a circuizione. Dopo la cattura le acciughe vengono sistemate nelle tradizionali cassette di legno e avviate alla lavorazione entro 12 ore.

Pulite a mano, con l'asportazione della testa, vengono collocate a raggiera in barili di legno e in strati sovrapposti. Ogni strato è coperto di sale, mentre sull'ultimo va collocato un apposito disco su cui deve essere esercitata una pressione che permetta, in fase di stagionatura, la formazione del liquido di estrazione, che deve essere sostituito con una salamoia. Come recita anche il disciplinare, “non c'è pescatore che non prepari a casa le acciughe sotto sale, avvalendosi di tecniche antiche tramandate di generazione in generazione”. Uno dei piatti italiani più celebri, a base di acciughe salate, non è però ligure, popolo che consuma il prodotto a crudo, accompagnato con pan biscottato o gallette locali, dopo averlo marinato insieme all'aglio in olio extra vergine di oliva, è invece piemontese ed è noto come “bagna caoda”, un pinzimonio caldo dove le acciughe salate vengono sciolte, con abbondante aglio, in buon olio d'oliva. Una volta ottenuta la rinomata crema, si intinge in essa verdura cruda: sedani, cardi, finocchi e peperoni. C'è almeno una seconda tradizione che merita di essere raccontata , ed è quella della colatura delle alici di Cetara, le cui origini si perdono nell'antichità. Prodotta nel piccolo borgo marinaro di Cetara, in Costiera Amalfitana, la colatura di alici è una salsa liquida trasparente dal colore

La bagna cauda

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CULTURA ambrato che viene ricavata grazie a un procedimento di maturazione del tutto simile a quello delle acciughe sotto sale. Le alici impiegate sono pescate nei pressi della costiera amalfitana nel periodo che va dal 25 marzo, che corrisponde alla festa dell'Annunciazione, fino al 22 luglio, giorno di Santa Maria Maddalena. Alle alici, appena pescate, vengono rimosse la testa e le interiora; tenute per 24 ore in contenitori con abbondante sale marino, sono trasferite in piccole botti di legno (dette terzigni), alternate a strati di sale, e ricoperte da un disco di legno sul quale sono posti dei pesi, via via minori col passare del tempo.

A seguito della pressione e della maturazione del pesce, affiora del liquido in superficie che, nel caso di preparazione di alici sotto sale, come abbiamo visto, viene eliminato. Proprio questo liquido, invece, fornisce la base per la preparazione della colatura di alici: viene conservato in grossi recipienti di vetro ed esposto alla luce diretta del sole che, per evaporazione dell'acqua, ne aumenta la concentrazione. Dopo quattro o cinque mesi, il liquido viene nuovamente versato nelle botti con le alici, e fatto lentamente colare attraverso un foro, tra gli strati di pesce, in modo da raccoglierne ulteriormente il sapore. Viene infine filtrato attraverso teli di lino, ed è pronto per gli inizi di dicembre.

La colatura è tipicamente usata per condire gli spaghetti, che debbono essere cotti senza sale essendo la colatura già molto salata. Il condimento è costituito da prezzemolo, aglio e peperoncino, qualche pomodorino, un cucchiaio abbondante di colatura di alici per ogni commensale e olio extravergine di oliva, amalgamando il tutto a crudo. ACetara questo piatto è tipico della vigilia di Natale. Buon appetito. 44




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