Altraitalia aprile 14

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Sotto la lente I riti della Settimana Santa in Italia

l’altraitalia

numero 57 - aprile 2014

Fr. 5.20 Euro 5.00

la voce e l’immagine degli italiani nel mondo

ITALIANI NEL MONDO

Una vita dedicata alla mezzaluna SOCIOLOGIA

ENOGASTONOMIA

Il banchetto politico

Fieno greco

www.laltraitalia.eu


NUOVO

ANCHE PER IL MICROONDE

CROCCANTE COTTURA NEL FORNO O DELICATA COTTURA AL VAPORE DUE FUNZIONI, UN PRODOTTO

La nuova generazione di sacchetti a valvola

www.toppits.ch

Melitta GmbH (CH) Bahnhofstrasse 47 4622 Egerkingen


La parità di genere inizia da un viaggio in treno Viaggio di ritorno in treno dopo un'importante evento politico. Sei persone, cinque uomini e una donna, siedono nel vagone ristorante sorseggiando una bibita. Dapprima, per allentare la tensione accumulata durante la giornata fitta di eventi, incontri ed emozioni, chiacchierano amabilmente, scherzosamente, tutti insieme. Ad un certo punto, la discussione si fa più seria e si inizia a commentare la giornata trascorsa in termini più “impegnativi” affrontando con serietà argomenti di un certo rilievo politico. A quel punto, come per un sortilegio, un salto all'indietro nei secoli.

I cinque uomini innescano una fitta discussione tra loro, ignorando totalmente la presenza femminile, che pur avevano trovato “amabile” nel loro precedente “discorrere”, estromettendola completamente da quelli che ritenevano essere argomenti riservati al solo sesso maschile, unico detentore, a loro modo di vedere, delle grandi verità. La donna cerca, ripetutamente e con forza, di aprirsi un varco, trovare un piccolo spazio per esprimere anche la sua opinione, i suoi pensieri, ma il suo tentativo è del tutto inutile. Fosse andata via, a quel punto, i cinque uomini non se ne sarebbero nemmeno accorti! La donna non ha percepito il comportamento degli uomini come una mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma come atavico, irrisolto problema culturale! Nei giorni scorsi, proprio in occasione dell'appuntamento di cui parla la storiella, avevo preparato il mio intervento a proposito della parità di genere che, in riassunto, vi propongo di seguito. Dopo il viaggio in treno, sono sempre più convinta che a nulla serve una norma che regola la presenza delle donne nello scenario politico italiano. È prettamente una questione di cultura! È un errore pensare che una legge possa arrivare laddove non può (o non vuole?) arrivare la cultura. Alla Camera, poco tempo fa, 365 deputati hanno approvato la legge elettorale, affossando la norma relativa alle quote rosa che per giorni interi ha monopolizzato l'attenzione mediatica. È forse vero che imporre la parità di genere nei luoghi di potere e mettere dei paletti potrebbe aiutare, ma certamente trasformerebbe l'importante questione della parità dei generi in un teatrino, sfruttando e sbandierando un risultato positivo come un grande avanzamento del Paese che, in effetti, non c'è. Arrivare ad un Parlamento equamente diviso tra donne e uomini è un qualcosa di ancora lontano da venire, ma questo processo non può essere imposto con posizioni che siano soltanto il risultato di forzature per la pace “dei sensi” e/o per gli atavici equilibri interni dei poteri forti e forzanti all'interno dei Partiti e all'interno del potere “occulto”. La parità tra uomo e donna è sancita tra i diritti fondamentali dell'essere umano. La parola parità include il significato di uguaglianza; quindi uomo e donna dovrebbero avere gli stessi diritti, gli stessi doveri, le stesse opportunità e le stesse possibilità. La parità è un diritto umano, e quindi, come lo è per la dignità o la sicurezza, essa è un bene comune. Oggi si vuol far credere ormai superata la questione dell'uguaglianza tra i sessi. In realtà, nonostante gli indubbi successi nella crescita della presenza femminile in tutti gli ambiti, ci si rende conto che l'uguaglianza tra uomini e donne è ben lontana dall'essere acquisita. Infatti, in tutti i settori lavorativi gli uomini tendono ad occupare le posizioni di maggior potere e status; nelle organizzazioni, i vertici aziendali e i dirigenti sono per lo più uomini. La discriminazione diventa ancora più acuta quando si entra nel campo della politica. L'Italia, negli ultimi tempi, si attesta intorno al 31% di presenza femminile in Parlamento mentre Finlandia e Danimarca, entrambe prive di leggi o autoregolamentazioni, sono vicine alla parità: 42% per il Parlamento di Helsinki e 39% per quello di Copenaghen. Il punto è un altro. Le quote rosa in Parlamento ci sono già. Sono quote non ufficiali, non codificate, quote che raccontano l'inciviltà (la supponenza, l'arroganza, la sopraffazione?) nel nostro Paese sulla parità di genere: non il contrario. Sono quote basate sul fatto che a compilare le liste restano uomini. Insomma sono quote, così come sono, che dovrebbero offendere le donne perché imperniate su un'immagine decorativa e sul particolare che i singoli parlamentari non contano quasi più nulla. Occorre un confronto leale, culturalmente dignitoso, e dunque non coattivamente sessistico, non vago nella sostanza e responsabile nella forma. Tentare di adottare piccoli escamotage per rinviare la questione, a partire dal governo, dai partiti e dai leader politici, non è certo segno di maturità di un popolo.


SOMMARIO

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Sotto la lente I riti della Settimana Santa in Italia

Direttore Responsabile Maria Bernasconi Vice direttore Manuel Figliolini

L’INTRUSO La passione non è finita

Direttore di Redazione Rossana Paola Seghezzi

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OPINIONI Frecciatine

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ATTUALITÀ

Collaboratori Giovanni il Battista Gian Maria Bavestrello Generoso D’Agnese Umberto Fantauzzo Simona Guidicelli Armando Rotondi Anna Chiara Venturini

PSICOLOGIA Io ti salverò e tu mi amerai

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SOCIOLOGIA Il banchetto politico (o gazebo)

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SOCIETÀ La selvaggia inciviltà Yankee ...

Foto rsp futura sagl

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CULTURA CINEMA

Redazione grafica e stampa VisualFB - Magliaso visual.fb@bluewin.ch

Tre documentari italiani a Berlino

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ITALIANI NEL MONDO Una vita dedicata alla mezzaluna Italiani (di Crimea) brava gente

Webmaster Alfredo Panzera

28 30

TURISMO Tra oliveti e magiche terre

Contatti redazione@laltraitalia.eu

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BENESSERE E SALUTE Fieno greco

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ENOGASTRONOMIA

Pubblicità info@laltraitalia.eu

Le noci cibi immortali

APRILE 2014

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L’INTRUSO

La passione non è finita Anche se il titolo di questo articolo corrisponde ad un libro di Berlinguer, non è di lui che voglio parlare, tanto meno del suo libro. Voglio parlare dell'importanza di coltivare le proprie passioni. Etimologicamente parlando, il termine passione è tutto altro che una condizione positiva, anzi, indica la condizione di passività da parte del soggetto che si trova sottoposto ad un'azione o una pressione esterna e ne subisce l'effetto, sia nel fisico, sia nell'animo.

Dopo una vita passata a cantare nei bar della provincia americana, un suo concerto é stato trasmesso dalla BBC, ma purtroppo lei non faceva più parte del nostro mondo. Ha venduto, dopo, 4 milioni di dischi per la sua dote interpretativa di pezzi cult. Mi sono chiesto cosa avesse quella voce diversamente da altre. Nelle sue corde vibrava la passione! Una passione che l'ha sempre portata a continuare, sapendo anche che di quello non poteva vivere. O meglio, avrebbe potuto vivere ma non al meglio. E, a parte il lieto fine postumo, questa é vera passione.

(Fonte Treccani)

Di passione ne sentiamo parlare tutti i giorni: la passione per la musica, per l'arte, per la lettura, ecc. Potrei enumerarvene all'infinito. Ma la più importante, e che a breve ricorderemo, è la passione di Cristo. Un uomo che ha difeso le proprie ideologie anche sotto la pressione esterna di altri, sacrificando la propria vita per difendere il suo credo e la sua parola. Ed è qui che sta il vero significato della passione. Non é giusto chiamare passione qualcosa se alla prima pressione esterna, tralasciamo tutto per seguire il cammino tracciato da altri o dalla società. La maggior parte delle nostre passioni viene accantonata perché di essa non si riesce a vivere. Ma ci siamo mai domandati quanti pittori, letterati, musicisti non conosceremmo oggi se solo avessero seguito il percorso tracciato dalla società, quindi lavoro sicuro e redditizio, abbandonando la loro passione? Voi mi direte: come si fa a vivere allora? Si deve pur lavorare, non si può vivere di sole passioni. È vero, la società e il mondo attuale ci chiedono un lavoro ed un riconoscimento economico immediato. Ma non dobbiamo perdere il centro delle cose che ci fanno vibrare l'animo. L'altro giorno, in un negozio di dischi, ho conosciuto (musicalmente parlando) una cantante americana Eva Cassidy che è venuta a mancare giovane, ed ha dedicato tutta la sua breve vita alla passione per la musica.

Fare qualcosa, portarlo avanti senza scendere a vacui compromessi, senza accantonarla solo perchè di essa non si vive. Nella sua sofferenza la passione ci tiene vivi, ci diversifica e dà un volto alla nostra anima. La passione non é una dote. La passione è coltura e cultura, la si deve coltivare con la cultura. Ma la passione nasce da noi, dal nostro ambiente circostante, e muore solo se la si lascia morire ... E ancora. Ma credetemi se una passione non la si coltiva e la si tralascia, al suo posto convivrete con il rimorso. Il rimorso di non aver fatto il possibile per portarla avanti. E questo sentimento distrugge più l'anima della sofferenza che si prova nel portare avanti le nostre passioni. Quindi parafrasando il titolo dell'articolo, non fate finire la passione, con essa moriranno anche le vostre gioie della vita, e soprattutto la vostra anima. 3


OPINIONI di Giovanni il Battista

Il Bizantinismo “Italicum”

Ai nostri tempi scegliere chi era il Capo ed i rappresentanti del nostro Gruppo era facile: Gesù per noi era tutto; presidente, segretario, membro, parlamentare ecc. ecc.; proprio come Berlusconi ( ... o Renzi?) e di problemi mai ne ebbimo (guarda un po' come suona bene …). La “bell'Italia”, è risaputo, è specialista nel complicare le cose più semplici: è qualche cosa di endemico, di virale, di essenziale: chi si azzarda a proporre una soluzione semplice viene scomunicato senza possibilità di ricorso. Come dice Briatore: “sei fuori”. Punto. Alle soluzioni storiche, qualche anno fa, si è pensato bene di mettere la ciliegina sulla torta lasciando produrre un 4

nuovo progetto da parte di un medico maxillo/facciale (branca, guarda caso, che si occupa di problemi estetico funzionali ...!), ed ora, dopo, le condanne, gli sberleffi e gli improperi, si sta realizzando un altro pasticcio all'italiana, frutto di un accordo fra il “Diavolo e l'acqua Santa”, l'Italicum. Sto naturalmente riflettendo sul Porcellum, sul Dr. Calderoli, sul Diavolo (il PD) e l'acqua Santa (Berlusconi) (o viceversa?) ma comunque anche se si cambiassero gli ordini dei fattori, ahimè il risultato sarebbe sempre lo stesso! Da quanto ho potuto curiosare, il Bel Paese è l'unico al Mondo a, quotidianamente, scervellarsi su problemi legati alla strutturazione di una nuova legge elettorale e ad un nuovo assetto delle camere dei rappresentanti, il più complicato possibile. Inutile, trovo, ricordare tutte le particolarità della Legge moribonda e di quella, forse, nascitura. La sostanza è che se esaminiamo le soluzioni adottate all'estero, scopriamo che, basilarmente, i sistemi così si leggono: - Partiti presentano le loro liste di voto, scegliendo di principio le persone da inserire, a loro dire, più importanti ed in gamba, per vincere le elezioni.


FRECCIATINE - In nessun Paese al Mondo vi è la cosidetta "soglia di sbarramento" (la demolizione, cioè, dei piccoli Partiti). - A votazione conclusa, la sera stessa, sia il Partito che i candidati sanno cosa è successo e quali ruoli avranno il giorno dopo. - Laddove si son voluti "complicare la vita" hanno previsto un ballottaggio ove vi sono, in quel caso, i Partiti ed i loro rappresentanti, risultati vicini nei numeri, che si ritrovano a confronto qualche settimana dopo. Punto. - Il parlamento o le camere, ognuna con competenze diverse (quindi non assolutamente il parlamentarismo italico perfetto, per fortuna!) si formeranno, di solito, tenendo conto aritmeticamente e proporzionalmente della quantità della popolazione a seconda della loro appartenenza delle Regioni, dei Länder, dei Cantoni o degli Stati che compongono il rispettivo Paese. Ri-punto! - I vincitori governano; gli sconfitti si pongono all'opposizione. Nessuna coalizione preventiva! Nessun premio di maggioranza! - Qualora i vincitori vincano sul filo di lana, per governare, scelgono (eventualmente dopo le elezioni), il Partito che sia d'accordo di governare con loro (si dice coalizione, non commistione, come qualcuno forse … pensa). - Stabiliti gli schieramenti, i vincitori, prima di governare, si riuniscono in clausura (vedi la Germania), il tempo necessario per concordare cosa, quando e come si vorrà governare il Paese. Punto.Aripunto! - La legislatura, a parte qualche rarissima eccezione, dura il previsto di legge ... Rimpasti, nei ranghi dei governanti: pochissimi. Vogliamo vedere la versione italiana di questa prova di democrazia? - Liste bloccate dei Partiti per i candidati! Quindi saranno sempre i pezzi da novanta che verranno eletti o loro “adepti”. Potremmo in quest'ambito aprire il grande capitolo demagogico delle “quote rosa” che qualche partito (PD) per essere “very trendy” si è costretto a mettere in atto per darsi un contegno, malgrado forti mal di pancia ... ! - Sarebbe previsto per “l'Italicum” una soglia di sbarramento del 4,5% per i Partitini che partecipano al voto facendo parte di una coalizione e dell' “8%” per i Partitini che vogliono correre da soli. - Quindi è sostanzialmente obbligatorio per i Partitini entrare in una coalizione prima della votazione (e non dopo, appunto)onde poter venire trascinati alla “sopravvivenza” dai Partitoni, senza guardare di fino se le idee politiche dei due o più schieramenti collimino e quindi poi, nel momento di governare, ognuno propugnerà le proprie idee di linea governativa sfasciando tutto, rendendo fragile la coalizione ed il governo e quindi la legislatura (vedi le ultime volte di SEL con il PD, nel passato la Lega con Berlusconi). - La sera delle elezioni nessun saprà chi avrà vinto o perso. Sarà necessario verificare se una coalizione ha superato o meno la soglia tecnica del 37% dei voti.

Solo dopo verifiche si andrebbe al ballottaggio, qualche settimana dopo, per trovare soluzione. - Laddove si dovesse subito superare il 37 % dei voti, alla coalizione verrebbe assegnato un premio di maggioranza pari al 15% in modo da portare la stessa ad avere il 55% dei seggi in Parlamento! - Si potrebbe arrivare alla balorda situazione (da un punto di vista democratico) che il partito che avesse raccolto più voti all'interno della sua coalizione (per esempio secondo gli attuali sondaggi il PD al 24%) governerebbe assorbendo il premio di maggioranza grazie ai partitini portatori d'acqua ed invece starebbe fuori dal governo il Partito che, senza coalizione, aritmeticamente otterrebbe più voti, del PD : in questo caso il Movimento 5 stelle che attualmente veleggia, nei sondaggi, attorno al 25 % dei voti (che, di fatto, sarebbe il maggior partito italiano!, quindi, democraticamente vincitore delle elezioni e quindi deputato a governare o almeno a provarci!). Parlavamo di democrazia diretta, di semplificazione, di Porcellum, di Italicum, di Berrlusconum, di Renziolum. Solo molta polvere negli occhi dei pazienti cittadini italici. Pazienti fino a quando? Verrebbe da citare per l'ennesima volta la massima Gattopardiana, così abusata di questi tempi … Se Renzi è il nuovo che arriva, riesco ad avere addrittura nostalgia di De Mita, di Paolo Cirino Pomicino e di Rumor …

Diceva Benito, nonno diAlessandra: - “regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano”. - “I tempi incominciavano già a farsi maturi per una nuova Europa e l'Italia non poteva lasciarsi attardare in altre vane logomachie diplomatiche. Di lì a qualche tempo, una cosa potrà ormai considerarsi come decisa se una nuova barricata dovrà, un giorno, levarsi in Europa, il posto dell'Italia è già scelto: dall'altra parte di essa”. - “Agite con me, collaborate con me, per dare agl'italiani il senso gioioso, eroico e umano della vita". Che Dio abbia in Gloria il frenetico pedalatore di Firenze! 5


ATTUALITÀ di Anna Chiara Venturini

“Io ti salverò e tu mi amerai!” La Sindrome da Crocerossina e la co-dipendenza

La Sindrome da Crocerossina, nota anche come Sindrome di Wendy, sorella dei tre fratellini nella favola di Peter Pan, si riferisce a quell'insieme di comportamenti presenti in persone molto accudenti e protettive, sempre tese a compiacere, gratificare e giustificare l'altro, anche a costo di sacrificare i propri bisogni e se stesse. Infatti, proprio come la ragazzina fa da mamma ai bimbi sperduti nell'isola che non c'è, allo stesso modo la persona “soccorritrice” si occupa di chi ama, con dedizione completa e assoluta abnegazione.

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La prima volta che Wendy incontra Peter Pan gli dice “Ho tenuto in serbo la tua ombra, spero non si sia sgualcita. Va cucita, posso farlo io, è un lavoro da donna!”. Da qui è chiara l'influenza socio culturale che per secoli ha visto la donna come angelo del focolare, educata al servizio e al sacrificio e che realizza se stessa solo nel compimento del suo “dovere” di figlia, moglie e madre, prendendosi cura dell'altro con smisurato spirito salvifico. In tutto questo il partner diviene oggetto d'amore incondizionato e indiscusso, messo su un piedistallo e da lì mai più rimosso, soccorso sempre e comunque di fronte a qualsiasi ostacolo, anche a scapito del proprio benessere. Attenzione però, non sto dicendo che in coppia non ci si debba sostenere, ma qui il discorso è ben più ampio.


PSICOLOGIA Qua si tratta di assecondare, se non anche anticipare, i bisogni del partner ignorando le proprie esigenze e necessità, mettendo da parte ogni velleità in nome di un amore che “malamente” ci fa sentire vive e ancor peggio “utili”. Le donne, si perché è maggiormente a loro che mi sto riferendo poiché sono culturalmente e socialmente le più predisposte a sviluppare questo schema relazionale disfunzionale, sono portate a “servire ed accudire” portando all'eccesso opposto il loro spirito materno, nel tentativo di rendersi indispensabili per l'altro e mettersi così al riparo da un'eventuale abbandono e separazione. L'altro diventa quindi un mezzo e non un fine, un modo per colmare il vuoto affettivo ed esistenziale che queste donne si portano dentro. Ma chi è l'altro? Nella maggioranza dei casi si tratta di partner problematici, misteriosi, inafferrabili, insomma il bello e dannato che razionalmente sappiamo essere una partita persa in partenza, ma per la donna o meglio per la tipologia crocerossina, diviene una missione, una sfida. Non solo infatti il classico “Grazie a me cambierai”, ma a volte diventa una vera e propria fantasia d'onnipotenza per la quale molto volentieri le donne barattano l'amore: “Io ti salverò e sarò tutto per te, mentre tu non potrai fare a meno di me e anche per riconoscenza mi amerai!” Si tratta di amorevoli attenzioni dietro cui in realtà si cela il tentativo di manipolare l'altro, legandolo a doppio filo a sé.

Dal canto suo l'altra persona si lascia spesso accudire e “salvare”, pur tuttavia poi rivendicare la propria autonomia non appena ritrovato il proprio equilibrio. L'altro diviene così vittima ed al contempo carnefice di una partner che, spogliata del suo ruolo di redentrice, deve fare i conti con la paura dell'abbandono, del rifiuto e con un forte senso di inadeguatezza.

Il tentativo di “risollevare” il partner conduce infatti l'altro a sottrarsi prima o poi dal ruolo di dipendente: ribelle, risentito e critico, cerca la propria autonomia e la compagna, in questo contesto, da risorsa diviene ostacolo e poi zavorra. “Allora la relazione si sgretola e la donna piomba nella disperazione più profonda. Il suo insuccesso è totale: se non si riesce a farsi amare neppure da un uomo così misero e inadeguato, come può sperare di conquistare l'amore di un uomo migliore e più adatto a lei? Si spiega così come mai queste donne fanno seguire a una cattiva relazione una peggiore: perché con ciascuno di questi fallimenti sentono diminuire il loro valore. E sarà per loro difficile rompere questa catena finché non saranno giunte a una comprensione profonda del bisogno che le riduce a comportarsi così.” (Robin Nordwood, “Donne che amano troppo”, 1989)

Perché accudire l'altro? Cosa ci si guadagna? Come detto, il prendersi cura dell'altro, può avere anzitutto un significato manipolativo tipico dipendenza o meglio della co-dipendenza: se io ti curo e mi rendo per te indispensabile, necessariamente mi amerai e non mi lascerai mai. D'altro canto però, simili comportamenti di accudimento possono servire ad iper compensare uno schema relazionale di deprivazione emotiva, per cui la persona, certa di non poter avere l'amore di cui ha bisogno, cerca di assicurarsi “briciole di affetto” dell'altro, annullando se stessa ed i propri bisogni. È chiaro in tutto questo come la “trappola” della dipendenza la faccia da padrona, visto il denominatore comune ai diversi tipi di comportamento: l'altro è il mio centro di gravità, la fonte del mio benessere, l'ago della bilancia del mio valore. Soddisfare i desideri dell'altro e sentirsi indispensabile - “Io sono responsabile della felicità dell'altro” - oppure, all'opposto, contare su di lui per gestire e regolare la propria vita - “ l'altro è responsabile della mia felicità” - significa per la persona, cercare di ottenere l'amore non ricevuto 7


ATTUALITÀ

Chi è la crocerossina? Avete presente la canzone di Battiato “La cura?” Molti di voi penseranno ad un testo bellissimo, ad una meravigliosa melodia e ad una straordinaria dichiarazione d'amore, ma pensateci bene, magari leggete ed ascoltate attentamente le parole. Fare di tutto per amore, assumersi la responsabilità della felicità altrui e rendere l'altro responsabile della nostra: ma siamo davvero convinti che “avere cura”, accudire in tutto e per tutto e anticiparne a volte anche i bisogni, sia una forma di amore? Amore di certo, ma disfunzionale, tossico, corrosivo per sé e per l'altro. Tuttavia, per chi è affetto dalla sindrome da crocerossina, è normale “amare” in quella maniera.

Si tratta spesso di bambini e bambine cresciuti in famiglie in cui, la maggior parte dei messaggi verbali e non, erano negativi, improntati ad un “amore condizionato”, ad un “ti voglio bene se ...”, contesti in cui la svalutazione e l'indifferenza la facevano da padroni, caratterizzati dalla mancanza di amore, tra il comportamento dittatoriale del padre e l'iperprotezione da parte della madre. Ne consegue quindi, che da grande quel bambino:

nell'infanzia, colmare quel vuoto interiore. In un certo senso, quindi, potremmo sostenere che, l'accudimento e la protezione nei confronti dell'altro, sia in realtà anche una sublimazione del desiderio di curare, accudire, proteggere quella parte di sé che ha sofferto e soffre, ma che tuttavia, nei “corsi e ricorsi storici” delle relazioni, trova giovamento nel dedicarsi completamente a qualcuno, nell'illusione di poter trovare finalmente quell'amore che durante l'infanzia è stato loro negato. Come uscirne? ? Anzitutto è fondamentale riconoscere la “tossicità” di questi amori basati sul rapporto vittima-carnefice. I legami di questo tipo rischiano di incancrenire entro la dinamica della sfida, nell'illusione di farcela, di salvare l'altro. È importante sapere che, come dico sempre ai miei pazienti, nessuno cambia a meno che non lo voglia davvero, e per farlo serve coraggio e tenacia. Non si cambia dopo una “pausa di riflessione” di qualche giorno o settimana e nemmeno dopo il clessico “te lo prometto”. Nessuno cambia se non lo desidera realmente, e soprattutto, non possiamo e né dobbiamo salvare nessuno, tanto meno chi non vuole essere salvato ? È indispensabile lavorare sulla “gratuità dell'amore”. Le donne soccorritrici pensano, infati, di “doverselo guadagnare” attraverso azioni di cura e accudimento, quasi a garanzia della continuità del rapporto. Va invece ricentrato il focus delle azioni, confrontandosi con i propri vissuti abbandonici e facendo i conti con la consapevolezza che niente e nessuno può garantirci il “per sempre” né metterci al riparo dalle separazioni. ? Imparare a chiedersi come stiamo, come ci sentiamo e di cosa abbiamo bisogno. È fondamentale smettere di percepirsi come satellite dell'altro e mettere se stessi al centro del proprio universo. Lavorare su se stessi, sulla propria autostima, ascoltando le proprie emozioni, sentendo se stiamo o meno ricadendo in copioni che, per quanto noti e comodi, in realtà ci porteranno di nuovo a soffrire. Chiediamoci cosa vorremmo davvero e iniziamo col fare la più piccola cosa che potrebbe servirci per stare bene.

2) incapace di stabilire da solo relazioni interpersonali stimolanti, spererà in un legame affettivo (spesso simbiotico) che gli permetterà di far emergere le proprie qualità;

Riprendere in mano se stessi e la propria vita è faticoso, un lavoro duro per il quale serve coraggio e forza, come dice Daniel Piètro “Non voglio farvi credere che sia facile. Desidero soltanto convincervi che è possibile.” Vi lascio quindi con una frase della scrittrice Oriana Fallaci, frase su cui vorrei ognuno di voi si fermasse a riflettere per aprire una piccola crepa nel proprio pensiero … chissà se da quella crepa potrà magari entrare la luce di una maggiore consapevolezza di quello che si sta vivendo.

3) qualora la relazione naufragasse potrebbe trovare sollievo, come auto medicamento, nell'alcool, droga, nel cibo ( mantenendo comunque i meccanismi della dipendenza) oppure sviluppando diversi tipi di patologie a partire dalla depressione.

L'amore da una parte sola non basta. Non si regala l'anima a chi non è disposto a regalare la sua. Chi non fa regali, non apprezza regali. Tu cerchi Dio in Terra, e sei disposta a qualsiasi menzogna pur di inventarlo. Ma Dio non si inventa, e neppure l'amore. L'amore è un dialogo, non un monologo.

1) cercherà l'approvazione e la valorizzazione per fondare la sua auto stima;

(O. Fallaci) 8


SOCIOLOGIA di Manuel Figliolini

Il banchetto politico (o gazebo)

Sembra un detto ma non lo é. Il polso di una nazione si misura sul territorio. Un mezzo che molti partiti hanno (tra i tanti) per confrontarsi con il popolo sono i gazebo, o anche conosciuti come banchetti. Le maggiori ragioni che spingono i partiti a fare i gazebo sono la raccolta firme. E se ne fanno per svariati motivi, per presentare un disegno di legge, per sensibilizzare i governanti su qualche tema che a loro sfugge, oppure per creare nuove forze politiche.

Non voglio parlare della genesi del banchetto e di chi ne ha fatti di più, ma voglio attirare l'attenzione su chi gravita intorno a questi gazebo. Innanzitutto ci sono due macro categorie di persone: chi sta dietro al banchetto e chi sta davanti. Chi sta dietro sono maggiormente volontari e credono fermamente in quello che fanno, anche se non sempre approfonditamente. Ma il centro dell'argomento è chi sta davanti al banchetto, cioè chi firma o passa davanti. Queste forme propagandistiche si fanno nei luoghi nevralgici della cittá: nei mercati, nelle stazioni o nelle vie di forte passaggio. Premessa importante, per capire lo scopo sociologico dell'argomento, è specificare che si tratta di una raccolta firme effettuate in questa condizione politica. I banchettari si scontrano con due tipi di persone: con chi sa, con chi non sa. Chi sa, la maggior parte delle volte cerca il banchetto per poter aiutare la causa e appone la firma senza esitare, normalmente è informato, legge il giornale, conosce le motivazioni o ha fiducia in colui che guida la causa e dà il suo sostegno, molte volte a scatola chiusa. Questi sono, per il banchettaro, la manna dal cielo, la parte facile del lavoro “sporco”. A chi non sa, invece, è il banchettaro, con il suo lavoro “sporco”, che deve in tre secondi spiegare tutto per convincerlo a firmare, cercando di omettere l'impegno psicologico che una firma fa nascere nella testa di molte persone. Quindi in un flusso di persone, il volontario deve scegliere a chi rivolgersi per perdere meno tempo ed ottenere il massimo. Come fa? Selezionando inizialmente le persone ricorrendo a stupidi stereotipi vestimentari. Ma negli ultimi anni, questi stereotipi sono stati adottati, in egual misura, anche dagli indecisi, che simpatizzavano per uno o per l'altro schieramento ma che adesso si trovano orfani delle ideologie e con l'armadio pieno di vestiti.Il banchettaro deve, a questo punto, fare astrazione dei preconcetti e fermare tutti, perchè adesso uno deluso può votare qualsiasi altra persona.

Per lui il bacino si è allargato, ma allo stesso tempo ristretto, perchè gli indecisi possono astenersi dal voto, schifati dalla situazione attuale. Superato lo scoglio, il volontario deve esporre i fatti, saper controbattere alla discussione in maniera intelligente e garbata per attrarre l'avventore verso la firma. E qui si apre un mondo, anzi un mondo ogni testa. C'è chi è deluso dal partito che ti spiega le sue ragioni e con il quale c'è dialogo e che può, alla fine, firmare. Poi iniziano delle categorie di persone, che non firmeranno mai: chi non sa niente e non ne vuole sapere, chi non firma senza prima essersi documentato, chi dice che torna e poi non torna più, chi ne sa più di tutti ed è per questo che non firma, chi pensa che siano tutti uguali e tanto dobbiamo morì, ecc. Se questo è il polso del paese allora il battito è lieve, c'è molta noia, stanchezza e ignoranza politica.

Molte persone pensano che il non-voto sia una forma di protesta contro una classe politica. Altre che pensano che se non l'ha detto la televisione non esiste. Altre pensano che l'unico modo per combattere sia fare finta di niente ed altri che, se fosse per loro, non saremmo in queste condizioni. Ma se il polso è lieve la colpa di chi è? La possiamo imputare totalmente alla politica? O dobbiamo assumercene una parte di responsabilitá? L'esclusività e l'egoismo di una classe dirigente ci hanno estraniato dalla vita politica, ma noi, è anche vero, che ci siamo girati senza batter ciglio. Dobbiamo riappropiarci del nostro Paese e della politica, dalla base, e dobbiamo concentrare nell'espressione di voto la nostra forza. Non fermiamoci dietro alla demagogia, ma combattiamo ciò che non vogliamo con intelligenza politica e con l'espressione di voto. 9


ATTUALITÀ di Umberto Fantauzzo

La selvaggia inciviltà Yankee ... divora il soave idioma dantesco Fast food, election day, devolution, spending review, high tech, mountain bike, spread, weekend, shopping, manager, businessman, shoes, gloves, shorts, call center, jobs act, premier, etc, etc, etc. ...; questa enumerazione di “angloamericanismi”, che sovente vengono proferiti con ostentazione da numerosi italiani, potrebbe proseguire all'infinito.

Nel corso degli ultimi tre decenni assistiamo in Italia ad uno strisciante processo di imbarbarimento morale, culturale e linguistico di genesi yankeesh (termine culturalmente dispregiativo con riferimento agli abitanti del nord-est nel territorio degli Stati Uniti, oggi per antonomasia esteso a tutti gli statunitensi); una fase socioculturale negativa che, avendo avuto inizio nell'era craxiana, 10

viene intenzionalmente accelerato con vigore politico dal delinquente ex cavaliere: il Biscione. In tempi recenti è divenuta diffusa costumanza linguistica presso la maggioranza degli italiani intercalare nel corso di un quotidiano evento comunicativo, con lieve accentuazione di orgoglio pseudo culturale, ogni dieci parole di espressione italiana un vocabolo americano con ignoranza di significato e con fonazione da far accapponare la pelle. Esemplari modelli di questo malcostume linguistico sono gli eminenti politici italiani sull'esempio di Bossi, Berlusconi, Brunetta, Gelmini, i quali nella loro incompetenza culturale, con sfacciata arroganza di saper esprimersi in lingua inglese, con i balbettamenti di una minima conoscenza lessicale e con storpiatura di erronea pronunzia,


SOCIETÀ altamente non musicale, “fannu livari u' latti e picciriddi” (espressione dialettale siciliana) possono causare il voltastomaco ai piccoli lattanti da fargli vomitare il latte appena poppato. Come opportunamente il teorico politico Machiavelli nella sua maggior opera “il Principe” affermava “a ognuno puzza questo barbaro dominio”, l'impero coloniale della selvaggia barbarie “yankeesh” si sta espandendo a macchia d'olio in Europa ed in particolar modo in Italia, in un contesto di aborrito condizionamento culturale, in virtù di potenza economica con peculiarità di selvaggio capitalismo di emanazione statunitense. Le emittenze televisive private costituiscono il fattore causale dell'invadente imperversare dell' “americamania” nell'intero “old continent” ovvero il vecchio continente europeo, come un atteggiamento di presuntuosa superiorità e con disistima, viene definito dai rozzi abitanti degli Stati Uniti d'America. Un'invasione di barbarismi linguistici “americaneggianti” che, con maggior effetto espansivo dal 1989, anno della caduta del muro di Berlino e conseguente frantumazione del monolitico blocco sovietico, frequentemente risuonano nella bocca di numerose persone di tutte le età. Gli italiani hanno mostrato sul merito una maggiore propensione di simpatia per il letale fenomeno di americanizzazione sistematicamente progettata da “Mediaset” il cui titolare “Medienkaiser” con la sua scellerata politica è l'unico responsabile del degrado morale in Italia. Codesto criminale figuro continua a gestire redazione stampa e programmi televisivi, con perversa consapevolezza di manipolazione dell'informazione, emanando messaggi pieni di bugie ed inganni all'indirizzo degli utenti, per il tramite del suo monopolio multimediale.

Con i suoi programmi televisivi e i suoi giornali, dai beceri contenuti di degenerata cultura e totale assenza di valori umani e nella sua martellante pubblicità, orientata unicamente allo sfrenato consumismo con riferimento alla cupidigia di tasca, di pancia e di sesso e non alla ragione dei suoi fedeli lettori e telespettatori, ha operato e persevera ad

operare un radicale lavaggio di cervello nelle sensibili testoline dei suoi affezionati “mediaset-dipendenti”. Con malvagia strategia politica il biscione propina perversi modelli di pensiero e di comportamento d'inciviltà americana in cui, come unico valore esistenziale, domina sovrano il “dio dollaro”, una realtà culturalmente malefica determinante una conseguenza socialmente patogena per l'Italia. Costituendo ogni lingua l'emanazione diretta della cultura di un determinato territorio o etnia di riferimento, con i

neologismi, di derivazione angloamericana, introdotti con massiccia arroganza nella lingua italiana, la nostra cultura sta attraversando una fase di celere decadenza minando alle radici l'identità storico/culturale della nazione. Gli incolti responsabili della crisi contestuale del paese, ignorando la cruenta storia del Risorgimento che ha implicato enorme spargimento di sangue per raggiungere l'unita linguistica e nazionale, rivolgono la loro attenzione unicamente ai propri interessi personali a detrimento della cultura del paese, una cultura che con consapevole fierezza vanterebbe un orgoglioso primato per aver contribuito per i due terzi al patrimonio mondiale di scultura e di arte pittorica. Attualmente in Italia, in virtù di una spiccata compiacenza da parte della casta dirigente egoista e famelica, esiste un diffuso menefreghismo distruttivo per il patrimonio artistico della nazione e pertanto i medesimi in collaborazione con gli avidi palazzinari, perennemente disposti ad una cementificazione selvaggia del territorio liberatosi dai fastidiosi ruderi monumentali, traggono profitto pecuniario dal degrado paesaggistico e addirittura da un'intenzionale sistematica distruzione di tesori artistici. Nuove insistenti proposte di introduzione della lingua inglese nell'insegnamento accademico delle università italiane denotano la consapevolezza politica di voler forzare formalmente la scellerata istituzione del bilinguismo italoamericano e ciò comporterebbe l'abdicazione totale della cultura italiana all'arroganza imperialistica degli Stati Uniti d'America, divenendo in tal modo l'Italia una colonia culturale di un paese selvaggio senza tradizione storica, a motivo della sua dominanza economica e tecnologica. Sul versante dell'attuale insegnamento universitario un'amara rivelazione statistica informa 11


ATTUALITÀ che un'ingente quantità di studenti universitari italiani ignora totalmente la grammatica, la sintassi e l'ortografia della lingua madre. Non disponendo i nuovi candidati accademici, la potenziale futura generazione di dirigenti del paese, di una buona competenza comunicativa italofona, catastrofica sarebbe la loro capacità espressiva se nell'istruzione universitaria penetrasse con forzatura una lingua straniera come l'inglese per ricoprire un ruolo prevalente nella didattica dell'istruzione universitaria. Un evento negativo che implicherebbe la distruzione linguistica/culturale della nazione: in una tale situazione i miseri accademici italiani diverrebbero “interculturalmente” analfabeti bilingue.

L'imperversante anglomania espandendosi rapidamente nella penisola ha di già invaso con prepotenza il linguaggio settoriale della finanza, delle banche e l'intero ambito informatico. Nei nuovi programmi didattici per la scuole elementari degli anni ottanta è contemplato l'insegnamento obbligatorio dell'inglese sin dalla prima elementare. Per poter implementare tale novità rivoluzionaria nella storia della pedagogia italiana, sul momento occorrevano numerose migliaia di operatori scolastici qualificati per coprire capillarmente il cospicuo fabbisogno in tutto il paesaggio scolastico nazionale. I signori “intelligenti e perspicaci ???” dirigenti del Ministero della pubblica istruzione concepivano un progetto faraonico d'immediata realizzazione istituendo corsi accelerati d'inglese della durata complessiva di trenta ore ed 12

una settimana di permanenza, più turistica che “anglistica”, in Gran Bretagna per consentire la formazione specialistica per l'insegnamento dell'inglese ai docenti elementari nell'ambito dell'istruzione primaria. Risultato dell'ingente costo? Un totale fallimento! Gli insegnanti specializzati parlano un inglese con pessima fonetica caratterizzata da enormi interferenze di lingua nazionale o dialettale affiancata da una scarsa conoscenza grammaticale della lingua straniera in oggetto. Questo deficitario fenomeno di docenza si estende fino ai più elevati livelli della scuola media e secondaria per tutte le lingue straniere insegnate nella scuola italiana con deleterio effetto didattico: dopo alcuni anni di vano insegnamento tutti gli studenti sono totalmente demotivati e annoiati nell'apprendimento della lingua straniera. L'insegnamento dell'inglese dovrebbe essere efficace per la flessibilità mentale e per migliore competenza professionale a beneficio di tutti gli studenti e non per sovrapporsi alla lingua italiana nel contesto di un bilinguismo spurio. L'insegnamento delle lingue straniere dovrebbe essere affidato a validi docenti di madrelingua con specifica competenza didattica e non ad improvvisati operatori scolastici italiani. La lingua italiana, ormai divenuta una lingua naufraga e accompagnata da un economia alla deriva in virtù dell'incapacità ed egoismo dei nostri politici, mette a rischio l'identità culturale della nazione, fattore negativo che potrebbe causare un'orfanità culturale e una crisi ontologica “di essere e sentirsi italiani”. Essere orgogliosi di appartenere ad una nazione dotata di un soave idioma musicale non costituisce un becero patriottismo fascistizzante bensì un auspicio per una sana consapevolezza di essere ereditari di un'invidiabile storia di elevata connotazione estetico/umanistica.

STATISTICA “Qual è la parola straniera che ritiene più inopportuna nell'uso quotidiano della lingua italiana, scritta o parlata?” Sono inglesi le prime 15 parole in classifica (al decimo posto notiamo know how). Weekend (11%), OK (10%), welfare (8%), briefing (5%), mission (4%), location (3%), devolution (3%), bookshop (3%), computer (2%)


SOCIETÀ ALTRI TERMINI Monitor = schermo Anti-aging = anti invecchiamento USO ORRENDO! Austerity = austerità USO ORRENDO! USO ACCETTABILMENTE SUPERFLUO Background = sfondo, scenario USO SUPERFLUO New entry = appena arrivato in … USO ORRENDO Baby parking = asilo nido News = notizie USO ORRENDO Open space = spazio aperto: USO ORRENDO! USO ORRENDAMENTE ORRENDO Outlet = spaccio, sbocco (factory outlet) Beauty-farm = clinica di bellezza USO SUPERFLUO Box = scatola, riquadro, garage USO SUPERFLUO USO ORRENDAMENTE ORRENDO Break = pausa USO SUPERFLUO Penalty = penalità, multa, punizione USO ORRENDO Brand = marca, marchio Planning del meeting = l'ordine del giorno USO ORRENDAMENTE SUPERFLUO USO ORRENDAMENTE ORRENDO Business = affare USO ORRENDO Privacy = riservatezza Buyer = compratore, adetto agli acquisti USO ACCETTABILMENTE SUPERFLUO USO SUPERFLUO Provider = fornitore internet USO OPPORTUNO Bye-bye = Ciao, arrivederci, addio Question time = il momento delle domande USO RIDICOLMENTE ORRENDO USO ORRENDO Channel = canale: USO ORRENDO Restyling = Riprogettazione di un prodotto, ritocco Check / Check point = controllo o posto di controllo USO ORRENDO USO DEL TUTTO SUPERFLUO Revival = ritorno di attualità di tendenze City-car = utilitaria USO ORREND0 di un passato non remoto USO ORRENDO Coffee-break = pausa caffè Roadmap = piano d'azione USO SUPERFLUO USO ORRENDAMENTE ORRENDO Scoop = clamoroso colpo giornalistico Competitors = concorrenti USO ORRENDO USO ACCETTABILMENTE SUPERFLUO Count down = conto alla rovescia USO SUPERFLUO Senior = prinuncia corretta in Italia: senior e non sinior Data base = archivio dati USO SUPERFLUO Show = spettacolo USO SUPERFLUO Devolution = devoluzione, decentramento Situation = situazione USO ORRENDO USO ORRENDO Soft = blando, debole, morbido USO ORRENDO Election day = giorno delle elezioni USO ORRENDO Speaker = altoparlante, conduttore USO SUPERFLUO Energy drink = bevanda energetica USO ORRENDO Special guest = ospite di riguardo, speciale Escalation = aumento, scalata USO ORRENDO USO ORRENDO Fitness = attività fisica, benessere USO ORRENDO Sponsor = patrocinatore, sostenitore, finanziatore Fitness center = centro benessere USO ORRENDO USO ACCETTABILMENTE SUPERFLUO Gap = intervallo, divario USO ORRENDO Stage = tirocinio USO SUPERFLUO Guest = ospite, invitato USO ORRENDO Store = emporio, negozio USO ORRENDO! Job placement = collocamento USO ORRENDO Tax day = giorno delle tasse USO ORRENDO! Joint venture = collaborazione tra due o più imprese Take over = acquisizione del controllo economico USO SUPERFLUO di una società USO ORRENDAMENTE SUPERFLUO Junior Target = obiettivo USO ACCETTABILMENTE pronuncia corretta in Italia: iunior e non giunior! SUPERFLUO Know-how = conoscenza USO ORRENDO Ticket = biglietto USO ORRENDO Leitmotiv = ritornello USO QUASI ORRENDO Trend = tendenza USO ORRENDO Location = sito, luogo, posto, sede USO ORRENDO Tutor = tutore USO ORRENDO Low cost = a basso costo, al minor costo di offerta Underground = sottosuolo (letteralmente), metropolitana USO SUPERFLUO USO ORRENDO Magazine = rivista USO ORRENDO Welfare = stato sociale USO ORRENDAMENTE SUPERFLUO Meeting = incontro, riunione Week end = fine settimana USO SUPERFLUO USO ORRENDAMENTE ORRENDO Work in progress = lavoro in atto, in corso Mission = scopo, obiettivo; specie per le aziende USO ORRENDAMENTE SUPERFLUO USO ORRENDO 13


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Il periodo pasquale rappresenta da sempre un'opportunitĂ di assistere a manifestazioni devozionali che affondano le proprie radici in un passato ricco di arte e cultura. Nel corso della Settimana Santa si svolgono in tutta Italia rappresentazioni e processioni che commemorano la Passione, la Morte e la Resurrezione di GesĂš Cristo.


I RITI DELLA SETTIMANA SANTA IN ITALIA

Origine e significato della Pasqua

Il termine Pasqua, in greco e in latino “pascha”, proviene dall'aramaico: pasha, che corrisponde all'ebraico pesah, il cui senso generico è “passare oltre”. Il significato effettivo della parola non è del tutto certo. Un gruppo di Padri della Chiesa d'origine asiatica (tra i quali Tertulliano, Ippolito, Ireneo) collegano la parola pascha al termine greco pàschein, che significa soffrire. Sebbene l'etimologia del termine non sia corretta, in quest'ipotesi vengono colti i significati intrinseci della Pasqua: il sacrificio e la salvezza. Per un'etimologia più esatta della parola bisogna ricorrere ad Origene ed agli alessandrini, che intendono il senso come “passaggio”. In questo caso il passaggio è attraverso il Mar Rosso, dalla schiavitù alla Terra Promessa, dunque dal vizio del peccato alla libertà della salvezza, attraverso la purificazione del battesimo. Applicata a Cristo, detta etimologia suggerisce il Suo passaggio dal mondo terreno al Padre. Un terzo gruppo di scrittori (Procopio di Gaza, Teodoreto di Ciro, Apollinare di Laodicca) suppone che l'espressione “passa oltre” si riferisca all'Angelo stermina16

tore, che, vedendo il sangue sulla casa degli ebrei “passa oltre”, salvando coloro che risiedono all'interno: ma, anche, al “passare oltre” alla morte da parte di Cristo. “Ci fu un'epoca nella vita della chiesa in cui la Pasqua era, per così dire, tutto” (R. Cantalamessa). La Pasqua è, infatti, la festa liturgica più importante per il cristianesimo. Commercialmente soppiantata dal Natale e da alcune tradizioni pagane più allettanti per la società moderna, la Pasqua rappresenta e celebra i tre momenti fondamentali del cristianesimo: la Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo. Essa si pone come nucleo del patrimonio liturgico e teologico del cristianesimo. A ciò si aggiunga che la Pasqua rappresenta il raccordo con la matrice giudaica del cristianesimo e al tempo stesso, il momento di affrancamento da tale matrice. La festa cristiana viene assunta dalla celebrazione della liberazione del popolo di Mosè dalla schiavitù in Egitto, festeggiata in occasione del primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera. Originariamente festa pastorale delle popolazioni nomadi del Vicino Oriente, la Pasqua ebraica si trasforma in una festa agricola, quando le tribù iniziano attività più sedentarie. È Mosè a far coincidere le celebrazioni agresti con la fuga. In Esodo, capitolo 12, si narra che Mosè ordinasse ad ogni famiglia, prima di abbandonare l'Egitto, di immolare un capo di bestiame piccolo e di bagnare col suo sangue gli stipiti delle porte delle case.


SOTTO LA LENTE stipiti delle porte delle case. Dopo aver consumato il pasto in piedi, con il bastone in mano, le famiglie sono pronte per la partenza: essa avviene nella notte, dopo il passaggio dell'Angelo di Dio, che uccide tutti i primogeniti egiziani, risparmiando solo le abitazioni ebraiche, segnate col sangue. Nel corso dei secoli, il rituale della Pasqua è sottoposto a modifiche, ma alcuni elementi rimangono simili a quelli giudaici. Secondo i Vangeli, Gesù Cristo istituisce il sacramento dell'eucarestia proprio durante le celebrazioni della Pasqua. Il Nuovo Testamento narra che Gesù fosse crocifisso alla vigilia della Pasqua ebraica. In un primo momento i cristiani di origine ebraica, infatti, celebrano la Resurrezione di Cristo subito dopo la Pasqua ebraica, mentre quelli di origine pagana celebrano la Pasqua ogni domenica. Per sanare le controversie in merito alla datazione, nel 325 il concilio di Nicea stabilisce definitivamente che la Pasqua debba essere celebrata la prima domenica dopo la luna piena seguente l'equinozio di primavera. Più tardi, nel 525 si definisce un periodo entro il quale essa debba “cadere”: fra il 22 marzo e il 25 aprile. Al di là delle origini prettamente liturgiche delle celebrazioni pasquali, sembra sempre più importante sottolineare il vero significato della Pasqua cristiana. La Pasqua si celebra nell'equinozio, dunque in un giorno di luce continua senza tramonto (la luna piena subentra al sole). Essa è legata al simbolismo della rinascita, cadendo nel periodo della primavera, dopo l'inverno (e cioè dopo il peccato e la morte), quando la natura si rigenera e tutto l'universo è coinvolto da questa rinascita.

La Resurrezione di Cristo porta con sé la salvezza per tutto il mondo cristiano ed è un momento di gioia, che succede al dolore della morte. Agostino definisce la Pasqua “transitus per passionem”, vale a dire “passaggio attraverso la passione”, prima di Cristo e poi dell'uomo. Nella stessa festa sono unite Passione e Resurrezione, concetto sottolineato da Ambrogio con il passo “Celebriamo in tal modo un giorno di tristezza ed uno di gioia. Nel primo digiuneremo, nel secondo saremo saziati”.

Il significato e la tradizione delle uova In tutto il mondo, ormai, l'uovo è il simbolo della Pasqua. Da sempre le uova sono il simbolo della vita che nasce, ma anche del mistero, quasi della sacralità. Nel paganesimo, in alcune credenze, il Cielo e la terra venivano concepiti come due metà dello stesso uovo. Greci, Cinesi e Persiani usavano scambiarsi uova di gallina come doni per le feste Primaverili, così come nell'antico Egitto le uova decorate erano regalate all'equinozio di primavera. Con l'avvento del Cristianesimo, l'uovo si legò all'immagine della rinascita non solo della natura ma dell'uomo stesso, e di Cristo. Nel Medioevo le uova venivano regalate ai bambini ed alla servitù per festeggiare la Resurrezione. Ancora oggi, in Germania e in Francia, vengono nascoste le uova nei giardini per poi invitare i bambini a trovarle. Nei Paesi Scandinavi le uova sono oggetto di giochi d'abilità ed assumono valenze particolari (andare in chiesa con in tasca un uovo nato il Giovedì Santo aiuterebbe a smascherare le streghe). In occasione della ricorrenza dei morti, celebrata il venerdì successivo al giorno di Pasqua, gli ortodossi usano ancora colorare le uova di rosso e metterle sopra le tombe, quale augurio per la vita ultraterrena. Pare che questa tradizione sia legata ad una leggenda su Maria. Si narra che la Madonna facesse giocare Gesù Bambino con delle uova colorate e che il giorno di Pasqua, tornata sul sepolcro del Figlio, vi trovasse alcune uova rosse sul ciglio. Si racconta, anche, che Maria Maddalena si presentasse all'imperatore Tiberio per regalargli un uovo dal guscio rosso, testimonianza della 17


I RITI DELLA SETTIMANA SANTA IN ITALIA Resurrezione di Gesù e che Maria, Madre del Cristo, portasse in omaggio a Ponzio Pilato un cesto dorato pieno di uova per implorare la liberazione del Figlio. Già nei libri contabili di Edoardo I di Inghilterra si fa menzione di una spesa di 18p. per 450 uova rivestite d'oro e decorate, da donare come regalo di Pasqua. Tra le più celebri, troviamo sicuramente le uova che il maestro orafo Peter Carl Fabergè, creò nel 1883, su richiesta dello Zar Alessandro, come dono speciale per la Zarina Maria.

Origini e significati della Via Crucis Simbolo di un'esperienza universale di dolore e di morte, di fede e di speranza, la Via Crucis commemora l'ultimo tratto del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: da quando Egli e i suoi discepoli, “dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli ulivi” fino a quando il Signore, reggendo il patibulum, fu condotto al “luogo del Golgota” dove fu crocifisso e inumato in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia di un giardino vicino.

Reperti archeologici attestano, già nel II secolo, l'esistenza di espressioni di culto cristiano nell'area cimiteriale dove era stato scavato il sepolcro di Cristo. Forme embrionali della futura Via Crucis possono essere ravvisate nella processione che si snodava fra i tre edifici sacri eretti sulla cima del Golgota - l'Anastasis, la Chiesetta ad Crucem e la grande Chiesa del Martyrium - e nella via sacra, un cammino attraverso i santuari di Gerusalemme che si desume dalle varie “cronache di viaggio” dei pellegrini dei secoli V e VI. La Via Crucis, nella sua forma attuale, risale al Medio Evo inoltrato. Nel corso del Medio Evo, infatti, l'entusiasmo sollevato dalle Crociate, il rifiorire dei pellegrinaggi a partire 18

dal secolo XII e la presenza stabile, dal 1233, dei frati minori francescani nei “luoghi santi” suscitarono nei pellegrini il desiderio di riprodurli nella propria terra: un esempio in tal senso è il complesso delle sette chiese di Santo Stefano a Bologna. Verso la fine del secolo XIII la Via Crucis è già menzionata, non ancora come pio esercizio, ma come cammino percorso da Gesù nella salita al Monte Calvario e segnato da una successione di “stazioni”. La pratica della Via Crucis nasce dalla fusione di tre devozioni che si diffusero, a partire dal secolo XV, soprattutto in Germania e nei Paesi Bassi: la devozione alle “cadute di Cristo” sotto la croce; la devozione ai “cammini dolorosi di Cristo”, che consiste nell'incedere processionale da una chiesa all'altra in memoria dei percorsi di dolore compiuti da Cristo durante la sua passione; la devozione alle “stazioni di Cristo”, ai momenti in cui Gesù si ferma lungo il cammino verso il Calvario o perché costretto dai carnefici, o perché stremato dalla fatica, o perché, mosso dall'amore, cerca ancora di stabilire un dialogo con gli uomini e le donne che partecipano alla sua passione. Spesso”cammini dolorosi” e “stazioni” sono speculari nel numero e nel contenuto (ogni “cammino” si conclude con una “stazione”) e queste ultime vengono indicate erigendo una colonna od una croce nelle quali è talora raffigurata la scena oggetto di meditazione. La Via Crucis, nella sua forma attuale, con le stesse quattordici stazioni disposte nello stesso ordine - la condanna a morte, il carico della croce, le tre cadute lungo la via, l'incontro con un gruppo di donne gerosolimitane, col Cireneo, con Maria e con la Veronica, la spoliazione delle vesti, la Crocifissione, la morte, la deposizione dalla croce, la sepoltura - è attestata in Spagna nella prima metà del secolo XVII, soprattutto in ambienti francescani. Dalla penisola iberica la pratica passò prima in Sardegna, allora sotto il dominio della corona spagnola, e poi nella penisola italica. Qui trovò un instancabile propagatore in San Leonardo da Porto Maurizio, frate minore francescano, che suggellava le sue missioni popolari, con l'erezione di una Via Crucis. Delle oltre 572 Via Crucis che il frate istituì personalmente, la più celebre è quella insediata nel Colosseo, su richiesta di Benedetto XIV, il 27 dicembre 1750, per celebrare l'Anno Santo. Nell'anfiteatro consacrato alla memoria dei martiri e della passione di Cristo, il Pontefice fece erigere 14 edicole con le stazioni tradizionali e fece piantare al centro una grande croce, meta di una processione che percorreva la via Sacra. Dopo il 1870, nella Roma capitale del Regno d'Italia, investita da un'ondata di laicismo, le edicole e la croce furono abbattute. Nel 1926, mentre si preparava la Conciliazione tra lo Stato e la Chiesa, per eliminare un motivo di contrasto che avrebbe potuto ostacolare le trattative in corso, la croce fu collocata di nuovo all'interno del Colosseo, anche se non al centro, com'era prima, bensì di lato, dove si trova ancora. La pratica della Via Crucis fu ripresa, durante la Quaresima, da gruppi di fedeli che avevano particolarmente a cuore il culto dei martiri. La tradizione del rito della Via Crucis al Colosseo è stata ripresa da Paolo VI nel 1964.


SOTTO LA LENTE

I riti della Settimana Santa In Piemonte I pellegrinaggi di Oropa Tra i più famosi pellegrinaggi del Piemonte se ne svolge uno presso il celebre Santuario Mariano di Oropa, nei pressi di Biella. Sorge a 1.180 metri sul livello del mare, ai piedi del monte Mucrone con cui è collegato dalla funivia. Secondo la leggenda, Sant’Eusebio, vescovo di Vercelli, avrebbe eretto lassù un primo sacello per collocarvi una statua di legno della Madonna, recata dall'Oriente. La statua risale al secolo XIV e mostra caratteri stilistici francesi, ha il volto nero per cui è detta popolarmente “la Madonna nera”.

Solitamente avviene ogni cinque anni e il percorso dura due giorni e una notte di cammino tra i monti. I pellegrini compiono il viaggio penitenziale seguendo un percorso già utilizzato nella seconda metà del XVI secolo.

La corsa della torta

La Pasqua a Oleggio, un comune della provincia di Novara, che sorge alla destra del fiume Ticino, viene celebrata in modo movimentato, con una gara podistica chiamata la “Corsa della Torta”. L'origine della festa risale ai tempi di Francesco Sforza, quando, secondo la leggenda, un lungo assedio fu risolto con una gara di corsa, che fu vinta da un giovane di Oleggio. La torta costituisce l'ambito premio per il vincitore della corsa.

La passione di Sordevolo La Pasqua in Piemonte ha in sé elementi di teatralità, infatti a Sordevolo, in provincia di Biella, nella suggestiva cornice delle Prealpi, è dal 1850 che ogni cinque anni, tra giugno e settembre, si rinnova uno dei più alti esempi di

Nel secolo XVII fu eretta la piccola basilica, per voto fatto dal popolo in occasione della peste del 1599. L'imponente complesso di edifici, intorno al grande cortile venne realizzato nel 1755. A partire dal 1885 fu costruita la Chiesa Nuova, che venne consacrata nel 1960. Nei dintorni ci sono il cimitero monumentale e il complesso di diciannove cappelle che illustrano la vita della Madonna. Nei pressi sorgono anche uno stabilimento idroterapico, un osservatorio meteorologico e sismologico. Il santuario di Oropa è il più conosciuto luogo di pellegrinaggio del Piemonte e qui si dirigono tradizionalmente gruppi di fedeli, il più noto dei quali si muove da Fontainemore, nella Valle di Gressoney, in Valle d'Aosta.

teatro popolare di tutta la Penisola, coinvolgendo l'intero paese nella rappresentazione degli ultimi momenti di vita terrena di Gesù, un evento molto commovente, che è stato preparato in modo sontuoso per l'edizione del 2000 in occasione del Giubileo. Il prossimo evento sarà nel 2015. 19


I RITI DELLA SETTIMANA SANTA IN ITALIA

In Valle d’Aosta

In Emilia Romagna

Nella bellissima località di La Thuile, situata in una grande conca dominata dal ghiacciaio del Bulor, torna dal 14 al 18 aprile, la Grande Festa di Pasqua dedicata ai grandi e ai piccoli. I festeggiamenti non hanno carattere religioso ma prevedono attività sportive, concerti e momenti ludici per i bambini. Una particolarità della Pasqua valdostana, che

“Ponta e Cull” A Fiorenzuola d'Arda, una cittadina nella provincia di Piacenza, nel giorno di Pasqua si usa fare “strage” di uova sode. Pare che ogni volta, in questa guerra, di uova ne vengano distrutte più di diecimila. La gara delle uova, che viene chiamata in dialetto “Ponta e cull”, consiste nel rompere la punta dell'uovo dell'avversario con il proprio uovo. Partecipano alla gara contendenti di ogni età e sesso, alcuni sono dilettanti, mentre altri sono allenati specialisti.

offre opportunità di gite in montagna, visite ai musei tradizionali, grigliate all'aperto e numerosi appuntamenti enogastronomici, sono il grosso corno o la “raganella” che vengono suonati il Venerdì Santo al posto delle campane.

In Lombardia Il Rito Ambrosiano AMilano, le celebrazioni caratteristiche della Settimana Santa si svolgono secondo il RitoAmbrosiano e sono tutte presiedute dal cardinale di Milano.

I Pasquali di Bormio

La Processione della Madonna dei Fiori A Castocaro Terme, un comune della provincia di ForlìCesena, il giorno di Pasqua ha luogo la “Processione della Madonna dei Fiori”. Si tratta di una solenne manifestazione che ha lo scopo di esprimere e rinnovare i ringraziamenti della popolazione per l'intervento miracoloso della Madonna, alla quale la tradizione attribuisce la fine della terribile pestilenza del 1632.

In Toscana Lo scoppio del carro a Firenze

Bormio è una famosa località turistica, un comune in Alta Valtellina, che sorge a 1.217 metri di altitudine sulla strada dello Stelvio in provincia di Sondrio. Nella mattinata di Pasqua sfilano, per le strette e tortuose vie del centro cittadino, i caratteristici carri allegorici che sono chiamati “Pasquali” e che rappresentano le diverse contrade locali. 20

È il simbolo della Pasqua fiorentina. Due buoi bianchi trasportano il Carro dal Piazzale del Prato fino al Duomo di Firenze. Un filo di ferro unisce il Carro all'altare maggiore. Lungo il filo è legata una colombina che porta nel becco un ramoscello di ulivo e ha il compito di scivolare con la miccia accesa per incendiare i fuochi d'artificio contenuti nel carro. Durante la S. Messa, al momento del Gloria, l'Arcivescovo accende i razzi della colombina che scorre lungo un filo, percorrendo tutta la navata centrale; qui appicca il fuoco ai mortaretti piazzati sul “Carro” e torna indietro verso l'altar Maggiore. Se la colombina compie il percorso per intero e lo scoppio è perfetto, si preannuncia per la città


SOTTO LA LENTE toscana un anno positivo. Il Carro attuale conserva ancora al suo interno “le pietre del Santo Sepolcro”, che sono alle origini di questa cerimonia tradizionale. Si racconta, infatti, che nel 1099 il capitano fiorentino Pazzino dei Pazzi si batté valorosamente contro gli infedeli e, dopo aver scalato le mura di Gerusalemme, vi issò il vessillo cristiano. Per tali gesta Goffredo di Buglione premiò Pazzino con tre scaglie di pietra del santo Sepolcro di Cristo. Le tre pietre, portate da Pazzino a Firenze nel 1101, furono usate per trarne una scintilla di fuoco “novello” distribuito, dopo la benedizione, alle famiglie per riaccendere il focolare domestico. Si diffuse in tal modo a Firenze l'uso, attestato per Gerusalemme durante le Crociate, di distribuire al clero ed al popolo il “fuoco santo” nella basilica dell'Anastasis o del Santo Sepolcro, come segno della Resurrezione di Cristo. Con un carro “la fiamma nuova” veniva distribuita anche nelle abitazioni a cominciare da quelle dei Pazzi, che a lungo conservarono questo privilegio, accanto all'onere

di organizzare la cerimonia. Fu la famiglia dei Pazzi infatti con la costruzione del monumentale “Carro di Fuoco” detto “Brindellone”, simile al carroccio cittadino, a gettare le basi dell'odierna cerimonia. Per secoli i discendenti della famiglia hanno mantenuto questa tradizione, che è stata ripresa in tempi recenti fino a diventare il simbolo della festa pasquale della città.

In Puglia La Settimana Santa di Taranto Il Giovedì Santo, a Taranto, si può ammirare una scena peniteziale antica e suggestiva: a coppie (la posta), i membri della Confraternita del Carmine escono in pellegrinaggio tra le chiese cittadine per l'adorazione del Santissimo Sacramento (o, come vuole una tradizione inesatta, dei Sepolcri). Nel dialetto locale prendono il nome di Perdùne.

Si tratta di devoti che attraversano le strade della città a passo lentissimo (la celebre nazzecàte), vestiti con il caratteristico sacco bianco, scalzi e incappucciati, e con in mano la mazza dei pellegrini. A mezzanotte in punto il rito viene sospeso: riprenderà il mattino seguente.

Nel frattempo, va in scena un'intensa processione con la bellissima statua seicentesca di Maria Addolorata (a cura dell'onomina Confraternita), che durerà fino all'ora di pranzo. Solo il tempo di un breve riposo e si riparte con la processione dei Misteri del Venerdì Santo (di origine settecentesca), che si protrarrà fino all'alba del giorno successivo e che ricade sotto la responsabilità dei confrati del Carmine. Il corteo è aperto dalla troccòla, un rudimentale strumento in legno e metallo (usato tradizionalmente in sostituzione delle campane durante la Settimana Santa), che detta il tempo alla sfilata e introduce i gruppi statuari della Passione: il Cristo all'orto, il Cristo alla Colonna, l'Ecce Homo, la Cascata, il Crocifisso, la Sacra Sindone, il Cristo morto e l'Addolorata. Una caratteristica peculiare della Settimana Santa di Taranto è la famosa gara che le Confraternite svolgono durante la Domenica delle Palme. Si tratta di un'asta in cui i membri dei sodalizi dell'Addolorata e del Carmine si contendono l'onore e l'onere di portare in processione i Misteri e gli altri simboli della Passione. Una tradizione che ci ricorda come i riti della Settimana Santa siano, al tempo stesso, un atto di fede incondizionata e il momento in cui la cittadinanza mette in mostra e rinegozia i suoi equilibri sociali. 21


I RITI DELLA SETTIMANA SANTA IN ITALIA

In Campania I riti Pasquali a Sorrento Le Processioni del Venerdì Santo in Sorrento sono tra gli eventi religiosi e tradizionali più sentiti dalla popolazione sorrentina. Affondano le proprie radici già nel medioevo, successivamente nel 1500 con la dominazione spagnola, assunsero le caratteristiche che ancora oggi mantengono. Vengono organizzate da secoli dalle Arciconfraternite che hanno molto influenzato la storia di Sorrento e delle penisola tutta. Le due principali processioni del Venerdì Santo che vi si svolgono sono: la Processione dell'Addolorata o della Visita ai Sepolcri, organizzata dalla VenerabileArciconfraternita di Santa Monica detta de' Cinturati, e la processione del Cristo Morto, organizzata dalla Venerabile Arciconfraternita Della Morte. La sfilata è aperta da una banda musicale che suona solenni marce funebri, le musiche composte da diversi autori accompagnano l'incedere lento degli incappucciati. Il cuore delle processioni è il coro del Miserere; un gruppo di circa 200 cantori intona in stile gregoriano i versi in latino del salmo 50. Questa tradizione nasce a Sorrento nel 1500, quando fu importata da Roma l'usanza di declamare il Miserere cantandolo, non più recitandolo semplicemente come veniva fatto in precedenza. La Processione dell'Addolorata La Processione dell'Addolorata si svolge durante l'oscurità della notte, nelle prime ore del Venerdì Santo con rientro in chiesa ai primi chiarori dell'alba. I partecipanti ed i confratelli vestono un saio bianco stretto in vita da una

cintura nera. Il volto dei partecipanti è coperto dal cappuccio, segno del carattere penitenziale della processione. Oltre ai simboli del martirio di Cristo, viene portata dai confratelli la statua della MadonnaAddolorata.

La Processione del Cristo morto La Processione del Cristo morto si svolge la sera, sfilando tra le strade, ed i fedeli portano a spalla la statua del Cristo Morto e deposto. È la processione più antica della penisola sorrentina, e tra le più antiche d'Italia, almeno tra quelle ancora in auge. Anche in questa processione sono esaltati i martìri di Cristo, come i chiodi della croce, la lancia che lo trafisse al costato, i trenta denari che portarono Giuda a tradirlo. Questi simboli vengono esaltati, ancora una volta, dall'eliminazione dell'identità del partecipante, a volto coperto, e con addosso un saio nero.

In Sicilia La Pasqua in Sicilia è la ricorrenza che fin dai tempi più antichi e più di ogni altra, ha suscitato in tutto il territorio dell'isola, un’intensa partecipazione popolare. Nel corso della Settimana Santa è un susseguirsi di rappresentazioni e processioni che hanno come intento quello della rievocazione e commemorazione della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo. I cortei che si snodano per le vie delle città sono formati dalle confraternite delle arti e dei mestieri nei loro caratteristici antichi costumi, seguite dal clero con i paramenti quaresimali, nonché da simulacri di Gesù morto, di sua madre nel dolore e dagli altri personaggi che contornano la Passione di Cristo. Ma più spesso queste rappresentazioni sono impersonate dai fedeli che raffigurano con 22

grande pathos i tristi momenti del Calvario di Gesù. La presenza attiva della gente è sentita a tal punto che, anche a livello emotivo, i sentimenti del dolore per la Morte prima e poi della gioia per la Resurrezione del Redentore, appaiono autentici per la teatralità che assumono nei vari passaggi del ciclo pasquale. Forte è la simbologia che connota e caratterizza la Settimana Santa sia a livello decorativo degli scenari per la presenza di elementi ormai rituali quali il grano, il pane, il colore viola dei paramenti, i fiori ed altro sia anche a livello metaforico in quanto si vuole che la Pasqua, che cade sempre in Primavera, rappresenti il risveglio della Natura dopo il letargo invernale, e quindi la rinascita della Vita ed il trionfo del Bene sul Male.


SOTTO LA LENTE Il Mistero Pasquale viene rievocato anche nei più piccoli centri di tutta la Sicilia per la voglia di non mancare alle tradizioni ma soprattutto per dare espressione ai propri, autentici sentimenti religiosi. Ma in alcune località le celebrazioni assumono una spettacolarità particolare tale da creare un'atmosfera di lutto e di dolore da cui è impossibile sottrarsi. A Trapani famosa è la Processione dei Misteri del Venerdì Santo nel corso della quale vengono portate a spalla pesantissime Statue di legno, i “misteri”, la cui fattura risale a vari secoli scorsi , che rappresentano le varie scene della passione di Cristo. Stessa ritualità si svolge a Caltanissetta con la Processione dei Misteri del Giovedì Santo, nel corso della quale attraversano le vie della città sedici Statue raffiguranti le varie stazioni della Via Crucis. Ed ancora ad Enna dove il Venerdì Santo si muove una Processione cui partecipano le Congregazioni, antiche corporazioni delle arti e dei mestieri riconosciute fin dai tempi dei sovrani spagnoli, i cui circa duemila confratelli, incappucciati nei costumi propri delle singole confraternite, sfilano portando su vassoi i 25 simboli del Martirio di Gesù. Seguono poi, nel silenzio più assoluto, le “vare” del Cristo Morto e dell'Addolorata. Poi Adrano, dove si svolge la “Diavolata” sacra rappresentazione d'origine medioevale, e ancora Taormina, Milazzo, Erice, Modica ove si svolge una Via Crucis vivente, a Mineo con la sfilate dei “nudi”, Militello con la processione notturna del giovedì Santo al Monte Calvario e la Via Crucis vivente del giorno successivo. E ancora decine e decine di celebrazioni che è qui impossibile citare. In definitiva tutte le città della Sicilia interpretano la ricorrenza pasquale secondo gli antichi usi e le profonde tradizioni del luogo.

Elemento comune a tutte però la sentita partecipazione delle varie comunità e la rievocazione da parte delle stesse con sentimenti di mestizia propri del lutto per la Morte del Cristo e di gioia per la successiva Resurrezione.

I santoni di Aidone La tradizione religiosa di Aidone per la Pasqua è simile a quella celebrata in molte città spagnole, in particolare Siviglia e Malaga, una tradizione portata in Sicilia dagli Spagnoli e in modo specifico dall'Ordine dei Gesuiti.

Ma l'origine ci fa risalire al 18 gennaio 1606 a seguito di un viaggio dalla Spagna, da Alicante in direzione di Genova, il veliero S. Maria di Montenero, subì un naufragio al largo di Porto Conte vicino alla città di Alghero (l'Alguer). In quel naufragio venne abbandonata una statua di Gesù Cristo e in seguito come una sorta di penitenza o espiazione nei confronti dei membri dell'equipaggio deceduti, venne recuperata dal nobile arciprete Juan Munoz de la Mota da Yecla. Alla statua del Cristo, miracolosamente recuperata ad Alghero, venne tributato l'onore di essere guardata e sorvegliata a vista per un lungo periodo, da due Confratelli della Confraternita dei Cappuccini, composta da 114 componenti. Quella tradizione religiosa della Sardegna spagnola venne successivamente importata in Sicilia. Dal tempo del Regno di Martino I (1396-1409) Aidone è stata sempre devota alla tradizione spagnola copiandone gli usi ed i costumi o addirittura subendone l'influenza con l'abbandono di altre tradizioni pagane legate alla Polis di Morgantina. Durante il breve soggiorno (marzo/aprile1396) di Re Martino I e della Regina Maria (figlia del Re Federico IV° il Semplice) presso il Castello normanno della cittadina, nella Chiesetta, edificata entro le mura del maniero, venne celebrato il rito del Giovedì Santo alla presenza del Consigliere del Re il pugnace domenicano Vincenzo Ferrer, (proclamato Santo da Papa Callisto IV nell'anno 1456). Il Giovedì Santo dedicato all'Ultima Cena di Gesù Cristo con i suoi 12 apostoli veniva celebrato, per come si evince dagli affreschi della Chiesa di Sant’Andrea di PiazzaArmerina, con la spartizione in 12 pezzi della grande Ostia e la somministrazione del vino con un calice d'oro. 23


I RITI DELLA SETTIMANA SANTA IN ITALIA

In Abruzzo

La Madonna che scappa a Sulmona

Una tradizione particolarmente suggestiva, unica nel suo genere, quella della “Madonna che scappa” che si tiene il giorno di Pasqua, nella splendida Piazza Garibaldi. Dopo la celebrazione mattutina della Messa la processione dei Confratelli lauretani, con la statua del Cristo Risorto e quella dei SS.Apostoli Pietro e Giovanni si reca nella

piazza, già piena di gente che aspetta trepidante di veder schiudersi il portale della chiesa di San Filippo. Nel frattempo dalla parte opposta, sotto l'acquedotto medievale la statua del Cristo risorto rimane in attesa. Ai santi Giovanni e Pietro viene affidato il compito di annunciare alla Madonna la resurrezione del Figlio; essi si dirigono verso la chiesa, e dopo alcuni tentativi di convincimento, la porta finalmente si apre, la statua della Madonna compare sulla soglia, e quindi lentamente si avvia verso la piazza. È all'altezza della fontana monumentale che inizia il tutto: i portatori si fermano, la folla trattiene il respiro, loro prendono il tempo giusto, poi è un attimo: sollevano la statua della Vergine e cominciano a correre in direzione della statua del Cristo. Il manto luttuoso cade a terra e al suo posto compare una veste ricamata in oro mentre un volo di colombi sale nel cielo. Sono 12, 15 secondi interminabili in cui la folla sostiene idealmente quella corsa e finalmente l'abbraccio con il Figlio risorto.

In Sardegna La Pasqua in Sardegna (Sa Pasca Manna) è sicuramente una delle feste più sentite ed emozionanti: tradizioni secolari, canti e processioni che fanno rivivere i momenti più importanti della Settimana Santa e che affondano le loro radici in antiche usanze mistico/religiose che coinvolgono fedeli e turisti. A Cagliari, i riti della Settimana Santa hanno inizio il venerdì precedente la Domenica delle Palme, quando ha luogo la Processione dei Misteri, risalente al XVI secolo, che come tradizione attraversa i quartieri di Villanova e Stampace. Uomini in tunica bianca e cappuccio e donne vestite di nero accompagnano sette simulacri per le sette chiese del centro storico, intonando canti polifonici. Per tutta la settimana hanno luogo riti e celebrazioni sino alla mattina della Domenica di Pasqua quando si svolge il rito finale di “S'Incontru”, ovvero tre processioni organizzate da diverse confraternite che rappresentano il ricongiungimento della Madonna col Cristo in un'atmosfera di festa. Il Lunedì di Pasqua potrete invece assistere ad un'anticipazione della festa di Sant'Efisio del primo Maggio. Il corteo guidato dall'Arciconfraternita del Gonfalone accompagna dalla chiesa di Sant'Efisio fino alla Cattedrale, la statua del Santo.

Lunissanti a Castelsardo Il Lunissanti castellanese è una manifestazione popolare unica nel suo genere, che affonda le radici nel Medioevo e nelle Sacre Rappresentazioni. La sua origine risale ai tempi in cui monaci Benedettini curavano la vita religiosa, sociale e culturale delle popolazioni che vivevano intorno a Tergu e Castelgenovese. Ai monaci subentrarono poi i 24

i laici che ne perpetuarono la tradizione: i protagonisti del Lunissanti sono infatti i membri della Confraternita di Santa Croce. Si tratta della processione che si svolge il Lunedì Santo (da qui il nome), in cui vengono portati in procesione i Misteri, gli strumenti della Passione di Gesù. A Castelsardo e a Tergu il Lunissanti rappresenta una sintesi del sentimento popolare, dove il momento sacro e solenne della rievocazione della Passione si fonde con la festa profana per il ritorno della primavera. La cerimonia inizia molto presto, con una messa celebrata all'alba nella cappella di Santa Maria.

La settimana santa ad Iglesias Risalgono alla fine del Seicento le origini dei riti della Settimana Santa ad Iglesias. L'insieme di manifestazioni ha inizio il Martedì con la Processione dei Misteri: sette simulacri, simbolo della Passione del Cristo, vengono trasportati in processione per le vie cittadine. Una portantina addobbata di fiori e fronde di ulivo incede per le strade iglesienti, ricordando l'orto del Getsemani. Al seguito le statue raffiguranti Gesù imprigionato, Cristo flagellato e coronato di spine in cammino verso il Calvario, e infine il simulacro della Madonna Addolorata. Subito dopo il tramonto, il Giovedì, il simulacro della Madonna Addolorata viene trasportato in sette chiese dove è allestito il Sepolcro. Al termine, ci si riunisce in chiesa dove si celebra la rievocazione dell'Ultima cena, con la tradizionale lavanda dei piedi agli apostoli e l'esposizione dei vasi di “su nenniri” con i germogli di grano fatti crescere al buio. Il Venerdì sera si svolge poi la solenne processione che rievoca il funerale di Gesù Cristo. Egli è raffigurato senza vita


SOTTO LA LENTE in un simulacro in legno del XVII secolo. Un corteo di donne ammesse alla partecipazione, appartenenti all'Associazione del Santissimo, indossano tuniche nere. Gli uomini, Germani della Confraternita del Santo Monte, organizzatori dell'evento, sono abbigliati con una lunga tunica bianca e voluminosi cappucci. Nel corteo del funerale sono presenti anche “is Baballotis”, bambini e adulti vestiti con abiti bianchi penitenziali in segno di purificazione. Due bambini vestiti con abiti di foggia orientale interpretano i personaggi evangelici di San Giovanni e la Maddalena, mentre Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo sono rappresentati da due “varonis”, che portano martello e tenaglie. Alla messa partecipano soprattutto gli “apostuli” (confratelli prescelti per portare i misteri) e “li cantori” (componenti dei tre cori che partecipano ai riti), indossando l'abito della confraternita, una tunica bianca con cappuccio. Appena terminata la messa si avvia la processione, nella quale sfilano i Misteri alternati ai gruppi dei cantori, che iniziano i loro cori. I cori sono: lu Miserere, lu Stabat e lu Jesu. All'interno di ciascun coro ci sono ulteriori suddivisioni, che nascono in funzione della tonalità dei cantori. Anche per gli apostuli le parti vengono stabilite in funzione del Mistero che ciascuno rappresenta e porta. La processione, alla quale non partecipa

il clero, si dirige verso l'abbazia di Nostra Signora di Tergu, avanzando al ritmo dei canti con una sosta per ogni turno di canto. Dopo alcune ore, giunti al Monastero di Tergu, i Misteri vengono esposti davanti all'altare secondo il loro ordine di arrivo, mentre continuano i cori e vengono celebrati i sacramenti. Al termine della messa i partecipanti si riuniscono in gruppi per pranzare sui prati antistanti l'abbazia. Qui inizia la celebrazione dell'arrivo della primavera, con pranzi e feste che mal si coniugherebbero, in altri luoghi, con l'aspetto solenne e tragico della rappresentazione della Passione. In serata si rientra in paese dove la processione si conclude con l'ingresso nella chiesa di Santa Maria. A Castelsardo il percorso si snoda tra due ali di folla, al lume delle candele portate dai Confratelli e dalle Consorelle: l'attraversamento delle caratteristiche stradine medievali del centro diviene così altamente suggestivo. Al rientro della processione si celebra, con folta partecipazione, una solenne funzione di ringraziamento per avere avuto, ancora una volta, la possibilità di partecipare a Lunissanti. Per Castelsardo e i suoi abitanti infatti, questa festa rappresenta una vera identità culturale ed è il simbolo dell'attaccamento alla propria terra d'origine.

In Calabria La “Naca” a Catanzaro Si crede in genere che le città siano meno attente a conservare memorie e tradizioni, luoghi dove la modernità prevale sulle testimonianze del passato. A Catanzaro non è

così, e lo dimostra la grande attenzione che ogni anno riscuote uno dei più noti eventi della Settimana Santa in Calabria: La Naca. È la processione che ricorda la Passione di Cristo, e che si snoda per le vie della città nel pomeriggio e nella sera del Venerdì Santo. Ma perché questo nome che suona così strano? Naca, nel dialetto locale, significa culla, e con questo termine si indica la portantina sulla quale viene adagiato il simulacro del Cristo morto. Di una culla sembra avere la forma, visto che viene addobbata con drappi e abbellita da figure di angeli. Su tutto campeggia una grande croce, mentre la statua dell'Addolorata chiude la processione. La Naca viene infatti portata a spalle lungo le strade cittadine in un corteo che vede la partecipazione di istituzioni civili, ecclesiastiche, forze dell'ordine e fedeli. È interessante porre l'accento sulla partecipazione delle confraternite cittadine, che con i loro abiti rituali rimandano ad atmosfere dei secoli passati nei quali le confraternite rappresentavano importanti centri di aggregazione per categorie e gruppi di persone. La sfilata dei confrati davanti alla Naca, con le loro croci ed i loro stendardi, dà alla manifestazione sacra quella connotazione di evento penitenziale caratteristica delle celebrazioni del Venerdì Santo. Nei riti di questo giorno infatti prevale l'atmosfera di tristezza per la morte di Cristo, evidenziata sia negli abiti, che nei canti, e che lascerà il posto alla gioia della Pasqua la domenica seguente. 25


CULTURA di Armando Rotondi

Tre documentari italiani a Berlino Ne “I Cavalieri della Laguna”, il regista Walter Bencini regala un viaggio umano e poetico all'interno della comunità dei pescatori della laguna di Orbetello, per scoprire, attraverso le storie dei protagonisti, un nuovo modo di pescare centrato sulla sostenibilità e sui sistemi tradizionali, di una filosofia di produzione di cibo attenta alla qualità

CINETURISMO In giro per i festival d’Europa Berlinale Quando si va a Berlino, in occasione del Festival internazionale del film, si respira una doppia aria: quella della grande capitale europea sia politica che culturale, e l'aria di un evento cinematografico davvero internazionale. Solitamente le grandi città (Madrid, Parigi, Londra) non si prestano bene ai festival, perché il festival si disperde nei meandri della città e nella folla che già è cronica. Non si riesce quindi a crearsi un'atmosfera che dia la sensazione di essere ad un festival. Cosa che invece non avviene in piccoli centri, come Locarno o Cannes, ma anche Venezia, dove tutto è felicemente concentrato e non dispersivo. A Berlino convive la grande città e il festival vero.

Culinary Cinema è la sezione parallela del Festival internazionale del cinema di Berlino dedicata al cibo e all'ambiente, il cui motto nel 2014 è stato “We like it hot … but don't let it burn” e in cui sono stati selezionati tre documentari italiani per la sessantaquattresima edizione della Berlinale, tenutasi dal 6 al 16 febbraio 2014. Si tratta de “I Cavalieri della Laguna” di Walter Bencini, “Natural Resistance” di Jonathan Nossiter e “I Maccheroni” di Raffaele Andreassi.

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Ci sono sale ovunque sul territorio, ma il cuore rimane Potsdamer Platz e il palazzo della Berlinale, dove si unisce una dimensione espansa e globale con un'altra locale e raccolta. A questi si aggiungano anche le sedi del film market al Martin-Gropis-Bau e la scuola per giovani talenti.


CINEMA

AGENDA DI NOVEMBRE CPH PIX Festival

organolettica, alla sostenibilità, e all'equità sociale. La pellicola mescola egregiamente il moderno, l'antico, la tradizione, la tecnologia, l'uomo, la natura, il duro lavoro, il sacrificio, la soddisfazione, la cooperazione fra famiglie, sottolineando le necessità che hanno spinto questa comunità a re-inventarsi imprenditori di se stessi, grazie alla capacità tramandata dai loro padri ed i loro nonni. Il maestro del documentario Raffaele Andreassi, con “I Maccheroni”, vecchio corto del 1957, ci porta nel Gargano dove è tradizione che la domenica si pranzi con un piatto di maccheroni al ragù. Raffaele Andreassi è stato poeta, pittore, giornalista, fotografo e, in particolare, regista cinematografico, perché il cinema è stato il suo lavoro, il campo con cui per cinquant'anni ha espresso la propria visione del mondo, occupandosi molto di tematiche alimentari.

Dal 3 al 16 aprile a Copenhagen (DK) cphpix.dk Il festival cinematografico CPH PIX si è tenuto per la prima volta nel 2009 in seguito alla fusione dei due festival cinematografici, NatFilm Festival e Copenhagen International Film Festival. Il programma di CPH PIX include il concorso New Talent Grand Pix che prevede un sostanzioso premio riservato al film di un regista debuttante. Oltre alla premiazione ufficiale saranno selezionati 10 film, che saranno sottoposti alla votazione del pubblico. La valutazione sarà un primo test sulle possibilità commerciali per il lancio del film nelle sale cinematografiche danesi.

BIFFF Film Festival Dall’ 8 al 20 aprile a Bruxelles (B) bifff.net BIFFF - Brussels International Fantastic Film Festival è un evento di genere dedicato al cinema fantasy, horror, fantascienza e thriller. Dal 1983, la rassegna contribuisce ad arricchire il patrimonio culturale belga. Nel corso degli anni BIFFF è cresciuto notevolmente diventando anche membro della European Fantastic Film Festivals Federation. Da trent’anni gli appassionati del cinema fantasy/horror trovano al BIFFF il meglio dei peggiori e truculenti incubi che possano desiderare. La grande novità del 2014 è il progetto FRONTIERES il primo mercato di co-produzione tra Europa e Nord America destinato a professionisti dell’industria cinematografica.

Festival del Cinema Europeo Dal 28 aprile al 3 maggio a Lecce festivaldelcinemaeuropeo.it Giunto quest'anno alla 15a edizione, il Festival del Cinema Europeo si propone come intermediario tra le diverse culture del vecchio continente. Ogni anno propone circa 100 produzioni tra lungo e cortometraggi e documentari provenienti da tutti i Paesi europei.

Brussels Short Film Festival

Nel recente “Natural Resistance” (2014) di Jonathan Nossiter, l'autore invece documenta come i produttori di vino italiani, legati a tradizioni antichissime e locali, si battano contro norme imposte dall'Unione Europea e da associazioni vinicole esterne. Il lavoro mette insieme scene attuali con altre di repertorio prese dall'archivio della cineteca nazionale di Bologna mostrando lo strettissimo rapporto che esiste tra cultura e agricultura.

Da 13 aprile al 3 maggio a Bruxelles (B) bsff.be Dal 1998 Brussels Short Film Festival mira a promuovere l’arte del cinema favorendo il maggior numero d’incontri tra pubblico e professionisti. Il programma è composto da 120 film per le sezioni in concorso che comprendono un concorso internazionale, un concorso nazionale ed uno riservato esclusivamente agli studenti del cinema. Sono previsti inoltre 200 film fuori concorso con produzioni relative a Grecia e Croazia, al talento cinematografico dei Paesi Baschi e, per celebrare i 50 anni dell’immigrazione marocchina in Belgio è previsto un focus sul Marocco. 27


CULTURA di Generoso D’Agnese

Una vita dedicata alla mezzaluna Carlo Alfonso Nallino divenne il più importante studioso mondiale dell'islam L'Institute d'Egypte ha perso uno dei suoi più anziani membri onorari, il professore Carlo Alfonso Nallino. Noi perdiamo uno dei più grandi eruditi, un orientalista e un islamista la cui vita e le cui opere furono intimamente legate all'Egitto.

Con questo semplice e toccante necrologio, l'istituto culturale egiziano salutò nel 1938 la dipartita di Carlo Alfonso Nallino, un italiano che all'Egitto aveva regalato tutta la sua vita professionale e il suo amore per la cultura. Nato a Torino il 16 febbraio 1872, Nallino visse in una famiglia votata alla scienza applicata, ma nonostante un padre professore di chimica, non si interessò mai troppo alla branca. Egli scelse per sé la facoltà di Lettere dell'Università di Torino, dando sfogo al suo sogno di inseguire le antiche civiltà del passato. Laureatosi brillantemente nell'ateneo sabaudo, Carlo Alfonso decise di approfondire con attenzione lo studio delle lingue semitiche ma il suo successo accademico non si fermò a quest'unico segmento. Egli si distinse infatti come ottimo allievo anche nei campi della geografia, dell'astronomia e della giurisprudenza. 28

Nel 1893, a soli ventuno anni, egli divenne già protagonista della scena culturale italiana dimostrandosi il miglior giovane talento nell'islamismo e pubblicando ben tre volumi di grande importanza sulla geografia e le scienze astronomiche degli Arabi. Il successo raccolto con i volumi, in un'epoca elettrizzata dalla passione per le culture arabe e per gli antichi egizi, gli permise di ottenere una sorta di borsa di studi per il perfezionamento della lingua araba, e nello stesso anno egli raggiunse Il Cairo per prendere contatto direttamente con quel mondo che già aveva descritto nei suoi lavori universitari. La sua missione di approfondimento durò fino al maggio del 1894 e durante i mesi trascorsi in Egitto, Carlo Alfonso Nallino dimostrò ancora una volta la sua grande familiarità con il mondo arabo. Egli pubblicò infatti nel 1900 un volume sulla grammatica del dialetto popolare egiziano, la migliore del suo genere, per un editore milanese (la storica casa Hoepli) che ne avrebbe ristampato una seconda edizione - sull'onda del grande successo -, nel 1913. Tornato temporaneamente a Torino, lo studioso ebbe tempo solo di riordinare il suo già vasto materiale di studio. Una nuova missione gli venne assegnata e questa volta l'invito arrivò dall'Osservatorio di Brera, direttamente


ITALIANI NEL MONDO proposto dai fratelli Schiapparelli, che nel giovane avevano riconosciuto le eminenti qualità scientifiche. La nuova destinazione scelta per Nallino fu la Spagna, paese europeo che nel suo seno conservava - e tutt'ora custodisce con grande orgoglio - importanti manufatti e biblioteche della lunga presenza araba. Nallino venne inviato alla Biblioteca Escurial per studiare approfonditamente il manoscritto dell'Introduzione all'Astronomia, libro fondamentale del mondo scientifico arabo, scritto da Al-Battani. Vissuto nel IX secolo e conosciuto popolarmente come Albatenio, l'uomo di scienza aveva origini turche e aveva costruito un osservatorio ad Al-Raqqa, sull'Eufrate, con il quale ripercorse e corresse le costanti dell'astronomia greca, tramandate dall' Almagesto di C. Tolomeo. Rideterminata l'obliquità dell'eclittica e scoperte altre relazioni matematiche egli venne considerato come il fondatore della scienza astronomica tra i musulmani del Medio Evo. Il lavoro di Nallino aiutò a riscoprire questo studioso di grandissima caratura, e la traduzione latina del torinese si compendiò in tre volumi intitolati “De Scientia stellarum”, libri che resero celebri sia Nallino che Schiapparelli. Il successo del lavoro fece guadagnare al torinese il corso di arabo all'Istituto Orientale di Napoli, ateneo nel quale insegnò dal 1896 al 1902. Ulteriore tappa della carriera accademica del torinese fu Palermo dove ottenne la sua Cattedra e dove insegnò dal 1902 fino al 1913. Negli anni palermitani Nallino continuò incessantemente nella sua pubblicazione di libri inerenti i più disparati aspetti dell'Islam. Un amore, quello per la cultura araba che non passò inosservato nel vicino Egitto, paese affamato di contatti con il mondo scientifico europeo. L'ottima attività scientifica del torinese attirò l'attenzione del principe Fuad, futuro Re, il quale assegnò allo studioso piemontese l'insegnamento nella nuova Università Egiziana fondata da lui stesso e oggi conosciuta come Università Fuad. ( foto sotto).

Nallino accettò con entusiasmo l'offerta e nel 1910 esordì nell'aula magna del Cairo con una serie di conferenze sulla storia dell'Astronomia presso gliArabi. Frutto maturo di queste conferenze divenne il volume dal titolo arabo “Ilm al-falak”, pubblicato a Roma nel 1911. Tra quest'anno e il 1912 il piemontese tenne invece un corso di Storia della LetteraturaAraba, al quale partecipò come allievo il futuro studioso Dott. Taha Hussein bey.

Dopo quattro inverni trascorsi al Cairo, l'amore di Nallino per l'Egitto poteva definirsi completo e maturo. Egli mantenne sempre rapporti strettissimi con il paese dei Faraoni e negli anni diede alle stampe tantissimi lavori inerenti il mondo musulmano, nei suoi vari aspetti letterari e scientifici. Nel 1927 Nallino ottenne un nuovo incarico presso l'Università Fuad I° del Cairo. Questa volta egli insegnò ai suoi attenti studiosi le lingue semitiche. Per quattro anni il professore piemontese ebbe la grande soddisfazione personale di insegnare in questa università araba moderna, ogni volta arricchendo i suoi studenti e se stesso in un incessante interscambio culturale. Geddah, oggi

Nel 1933 Carlo Alfonso Nallino fu nominato, con l'appoggio di Re Fuad, membro effettivo dell'Accademia Reale di Lingua Araba del Cairo, il massimo riconoscimento dello stato nilota nei confronti dei suoi insegnanti. Amato e rispettato dagli scienziati egiziani e stranieri, il piemontese divenne una vera istituzione tra gli studiosi presenti al Cairo e nella capitale egiziana soggiornò un'ultima volta nel 1938. All'orizzonte c'era già la profonda e sanguinosa notte della Seconda Guerra Mondiale, ma lui continuava nei suoi amati studi. Fermatosi nel gennaio del '38 al Cairo, Nallino ottenne il permesso di Re Abd al-Aziz ibn Saud di recarsi in Arabia. Accompagnato da sua figlia Maria (che divenne a sua volta una bravissima orientalista) egli viaggiò da Geddah fino alle regioni alpine di Taif, all'interno della PenisolaArabica, studiando attentamente la lingua e i costumi degli abitanti incontrati lungo il proprio itinerario. Tornato a maggio a Roma per riprendere i suoi lavori scientifici e per compendiare in un nuovo libro le sue ultime ricerche, non ebbe modo di completare quest'altro tassello della sua lunga carriera nel mondo musulmano. Gli sforzi del faticosissimo viaggio gli furono fatali. Il 25 luglio egli si spense così improvvisamente per una crisi cardiaca. La scomparsa di Nallino trovò un'ampia eco, soprattutto nel mondo arabo, dove il suo nome era diventato un vero e proprio monumento alla cultura islamica. L'Istituto d'Egitto gli riservò uno sfarzoso tributo, regalandogli l'ultimo viaggio verso il luogo di riposo e ricordando nelle sue manifestazioni il grandissimo insegnamento umano e scientifico di un italiano divenuto figlio adottivo della Mezzaluna. 29


CULTURA di Generoso D’Agnese

Italiani (di Crimea) brava gente!

In un'Europa multietnica pronta ad accogliere profughi dal tutto il Mondo non c'è spazio per gli italiani della Crimea, sopravvissuti alla deportazione e dispersi tra gli stati dell'ex Unione Sovietica. “La tragedia sconosciuta degli Italiani di Crimea” scritto da Giulio Vigliotti e da Giulia Giacchetti Boiko (residente a Kerch), e “Puglia, oltre il Mediterraneo” di Tito Manlio Altomare nel 2008, rappresentano le testimonianze più recenti di una memoralistica dispersa dal tempo, come la loro storia. 30

Ne “La lingua dei pugliesi in Crimea” (1930-1940), oggi introvabile, furono pubblicate le traduzioni degli articoli scritti da Sismarev, grande studioso della comunità italiana in Crimea. A Kerc esiste la “Casa d'Amicizia Tavrika”, dove ogni associazione nazionale registrata della città ha una sua cameretta. È qui che i pochi italiani sopravvissuti e i loro discendenti si riuniscono per continuare la lotta per il proprio diritto all'italianità. Dispersi nell'Europa che coccola le sue differenze e che chiude gli occhi sulla fame di “italianità” di chi è stato ingiustamente cancellato dalla cittadinanza tricolore. Ma loro non demordono! Sono pochi e sono stanchi di promesse non mantenute. Sono italiani fino all'ultimo cromosoma ma devono vivere con un passaporto diverso. Amano l'Italia perché da lì partirono i loro avi, odiano l'Italia che si è dimenticata di loro e delle loro traversie. Sperano ancora, sperano flebilmente: la storia forse si ricorderà di loro prima che l'ultimo venga portato via dalla morte.


ITALIANI NEL MONDO Ma combatteranno per i loro diritti, finché avranno il fiato in gola. Gli italiani emigrati in Crimea e deportati durante l'ultimo conflitto mondiale in Russia, Kazakhistan ed Usbekistan, vengono viste dalle istituzioni italiane quasi con fastidio, nella speranza che il silenzio della morte porti via la voglia di battersi per un diritto negato dall'evidenza della Storia. Quella degli italiani di Crimea è una storia dolorosa, segnata da ferite che stentano a chiudersi, nonostante la chiara volontà di disperdere nelle nebbie della storia le loro storie. Sono italiani scomodi che vogliono vivere in Europa nel nome della loro italianità e delle loro tragedie, provocate semplicemente dalle scelte politiche e dalla coscienza di politici dal cuore miope. Se oggi qualcuno cita la città di Caffa, probabilmente nessuno saprebbe ricordarne la collocazione e men che meno saprebbe ricordarne le origini. Eppure appartiene a una fetta gloriosa di storia italiana, questa città fondata sulle rive del Mar Nero dai sudditi della Repubblica di Genova. Una città italiana in Crimea. Caffa rappresentava un vivace angolo genovese sulle rive del Mar Morto. Della città genovese oggi rimangono i resti all'interno del perimetro urbano di Feodosia ma proprio l'antica presenza marinara legittimò forse nel 1830 e nel 1870 le due ondate migratorie italiane. A scegliere l'avventura in Crimea furono soprattutto agricoltori, marinai e addetti alla cantieristica navale e la città fulcro di tale spostamento divenne Kerc, costruita sullo stretto omonimo che congiunge il Mar Nero con il Mar d'Azov. Nel 1840, 30 famiglie italiane costruirono e consacrarono una chiesa cattolica romana (progettata dall'architetto Alessandro Digbi) la cui lapide commemorativa, scritta in italiano e latino, fu distrutta dal regime stalinista negli anni '30 del Novecento. Italiani provenienti da Molfetta, Trani, Bisceglie, Bari formarono una comunità stimata intorno alle duemila unità, rinnovando un legame che già si era creato nel XVI secolo, attraverso le migrazioni dalla Campania e dalla Liguria. E tra loro vi era perfino un nipote di Giuseppe Garibaldi, fucilato negli anni '30. Incoraggiati dal governo zarista che inviava emissari in Europa Occidentale, gli italiani si stabilirono anche a Simferopol a Feodosia e in altri porti del Mar Nero e del Mar d'Azov. Ai primi del '900 essi ammontavano a 4000 unità, costituivano il 3% della popolazione, avevano anche una scuola elementare e media, un circolo ricreativo e la biblioteca. Una colonia unita e prospera dedita alle attività marittime nella flotta peschereccia o nella flotta del Mar Nero. Una presenza scomoda per il regima stalinista che nel 1939 impose la cittadinanza sovietica agli emigranti italiani che ancora non erano rientrati in Italia. Qualcuno riuscì a fuggire ma la maggior parte rimase bloccata in quella che sarebbe diventata una vera trappola politica. Per 2000 emigranti si aprirono le porte del kolkos “Sacco e Vanzetti”, nel quale arrivarono anche fuoriusciti antifascisti pronti a catechizzare la piccola comunità tricolore. Tra essi figurarò Pietro Robotti, cognato di Togliatti. Fu proprio Robotti ad ottenere la chiusura della scuola e della Chiesa e l'espulsione del parroco italiano.

Nel gennaio 1942, dopo la “liberazione” di Kerch da parte dell'Armata Rossa tutti gli italiani, anche le famiglie miste, vennero deportate, dai lattanti ai vecchi. Costretti a radunarsi in sole due ore e portando con sé solo otto chili a testa di effetti personali, furono concentrati a Kamysch Burun, sobborgo di Kerch e imbarcati nelle stive per la traversata dello stretto, poi in vagoni piombati fino a Bakù, fatti attraversare il Mar Caspio, poi ancora in vagoni piombati fino in Kazakistan. Alcuni (come la famiglia De Martino) arrivarono Kolyma sul Mar Glaciale Artico, altri nell'arcipelago delle Solovki (come ad esempio Giacomo Pergolo e Bartolomeo Evangelista). Metà di loro (soprattutto vecchi e bambini) morirà durante il tragitto di stenti, di fame e per i maltrattamenti. Un altro terzo muore in Kazakistan per il freddo e per la fame. E tutti spariscono dalla storia italiana … inghiottiti dai gulag o da città come Karaganda, da cui era impossibile entrare e uscire senza permessi speciali. La morte di Stalin permise a qualcuno di tornare, ma la libertà arrivò solo con Krusciov: dei 4000 emigranti stivati nei treni piombati soltanto 200 rientrano in Crimea per constatare che tutti i loro averi erano stati confiscati dallo Stato. All'ultimo censimento 365 persone in Kazakistan hanno dichiarato la nazionalità italiana. Altri si sono sparsi in Russia e perfino in Uzbekistan. Agli italiani di Crimea furono sottratti tutti i documenti, compresi i passaporti italiani, e neanche la caduta del comunismo è riuscita ad alleviare le sofferenze di questa diaspora volutamente dimenticata da tutti. L'ambasciata italiana di Kiev non riconosce infatti loro neanche una risposta alle lettere accorate per tornare in possesso dell'antica cittadinanza e per veder riconosciuto lo status di deportato politico.

A ricordare il sacrificio degli italiani in Crimea c'è una lapide posta nel Parco Valsesia di Milano a cura del Comitato della Foresta mondiale dei Giusti. Nessuna lapide ricorda le famiglie pugliesi emigrate in Crimea e dissolte per mano di Stalin. E nessun governo vuole riconoscere ufficialmente la deportazione degli italiani di Crimea (al contrario di quanto accade per i tartari, i tedeschi, i bulgari, gli armeni e i greci), permettendo ai discendenti un riconoscimento etico ed economico per le sofferenze subite senza nessuna colpa al di fuori dell'italianità. 31


CULTURA dalla Redazione

Tra oliveti e magiche terre Il Tavoliere delle Puglie

Intensamente coltivata soprattutto per quanto riguarda la produzione cerealicolo e orticola, è la più vasta pianura dell'Italia centro meridionale e si estende su una superficie di circa tremila chilometri quadrati a nord della Puglia. Giudicata una terra poco produttiva, l'area rimase abbandonata per secoli, fino a quando a fine Ottocento venne recuperata e bonificata. Accanto alle verdi coltivazioni, la terra abitata anticamente dai Dauni offre città dal fascino medievale, che raccontano il passaggio di Normanni, Svevi, Aragonesi e Angioini. Da Foggia a San Severo, Cerignola e Lucera, è tutto un fiorire di cattedrali e monumenti medievali. 32


TURISMO Al centro del Tavoliere sorge Foggia, già capoluogo della storica regione della Capitanata, importante centro agricolo e industriale che conobbe in età antichissima la coltivazione del grano; ad essa deve il suo nome fovea, ossia fossa dove veniva conservato il grano. Le sue origini si attestano intorno al Mille, anche se nella zona in cui sorse esisteva in età romana un'importantissima colonia, Arpi, oggi importante sito archeologico che dista circa 8 chilometri a nord-est del capoluogo. I reperti ritrovati nella zona dell'antica Arpi e in altre parti della Daunia sono conservati nella sezione archeologica del Museo Civico. Foggia non conserva molto del suo centro antico perché distrutta dai terremoti e soprattutto dai feroci bombardamenti dell'ultimo conflitto mondiale. Tra le testimonianze più antiche si annoverano l'Arco di quello che fu il Palazzo di Federico II, datato 1223 e ricomposto su un lato del Palazzo Arpi che oggi ospita il Museo Civico e la Cattedrale che, seppur edificata all'inizio del XII secolo, venne “rimodernata” a partire dal sec. XVII e oggi si presenta con una veste barocca. Al suo interno si conserva l'Iconavetere, il Sacro Tavolo della Madonna dei Sette Veli (santa patrona della città), rinvenuto da alcuni pastori in un pantano nel 1073. Da Foggia Federico II si spostava, con il suo ricco seguito di “corte itinerante”, verso il vicino bosco dell'Incoronata, senza dubbio molto più vasto e rigoglioso di oggi, dove si dedicava alla caccia col falcone, di cui era oltre che praticante addirittura teorizzatore.

alla quale, nel mese di maggio, si tributano particolari onori con riti a volte spettacolari. Singolare l'attiguo museo, che conserva numerose tavolette ex-voto. Nei pressi di Borgo Incoronata sorgono i comuni di Orta Nova, Stornara, Stornarella, Carapelle e Ordona. L'origine di questi comuni è da far risalire al 1773, quando i beni immobili dei gesuiti vennero confiscati dal regno di Napoli, e le masserie vennero abitate da nuclei di coloni: Herdoniae, resti del Foro

nacquero così i “Cinque Reali Siti”. Nelle vicinanze della città di Ordona sono visitabili gli scavi dell'antica città di Herdoniae, una delle più antiche e importanti città dell'Italia meridionale esistente già nel IV sec. a.C A partire dagli anni sessanta, gli scavi archeologici hanno portato alla luce testimonianze dell'epoca romana quali: l'Anfiteatro, il Foro, i resti della Basilica, le botteghe, i templi, il mercato circolare, che conserva ancora oggi delicati affreschi. I materiali provenienti da Herdoniae sono esposti nel Museo Civico di Foggia. A pochi chilometri da Ordona, si incontra l'abitato di Cerignola, cuore della Puglia agricola, come testimoniato dall'esistenza nel centro della cittadina del Piano delle Fosse, vasta piazza al di sotto della quale sono ubicati i silos granari, usati sin dall'epoca primitiva per la conservazione del frumento. All'importante tradizione agricola sono dedicati il Museo del grano e il Museo Etnografico. Cerignola è anche nota per il suo Duomo, edificato in età moderna con forme goticheggianti, visibile da lontano per la sua La Cattedrale di Foggia alta cupola ottagonale. Poco distante dal centro abitato sorge Oggi il bosco è importante soprattutto per la presenza del il complesso di Torre Alemanna, unico possedimento in Capitanata di età medievale, oltre all'Abba-zia di San LeoSantuario dell'Incoronata le cui origini, secondo la tradizione, risalgono all'anno Mille, in seguito all'apparizione nardo di Siponto, appartenuto all'Ordine dei Cavalieri Teudella Madonna tra i rami di un albero del bosco. Nella motonici. Proseguendo verso la costa, si incontrano gli abitati derna chiesa viene venerata la statua della Madonna Nera di San Ferdinando di Puglia, centro agricolo fondato a metà 33


CULTURA Ottocento da Ferdinando II di Borbone e Trinitapoli dove, in uno splendido palazzo settecentesco, ha sede il Museo Civico Archeologico con i reperti del Parco Archeologico degli Ipogei. Da Trinitapoli è facilmente raggiungibile Margherita di Savoia, stazione balneare e termale famosa per le sue saline, note non solo per la produzione di sale ma anche perché vi nidificano numerosi uccelli acquatici fra cui il famoso Fenicottero rosa.

Le saline esistono da tempi remoti e si sono formate a seguito dell'impaludamento della laguna che esisteva nella zona: su quelle sponde sorgeva la città di Salapia, antica colonia romana probabilmente costruita nel I sec. a. C., le cui rovine sono oggi visitabili e facilmente raggiungibili sia da Margherita che da Zapponeta, altro piccolo centro balneare. Le saline aumentarono ancora la propria estensione nel secolo scorso quando venne completamente bonificato il Lago Salpi. Da questo risanamento furono risparmiate le zone umide nei pressi della foce del Candelaro, a sud di Siponto, oggi oasi naturalistiche del Parco Nazionale del Gargano: la palude Frattarolo e l'Oasi Lipu di Lago Salso.Anord di Foggia troviamo San Severo il centro più popoloso del Tavoliere dopo il capoluogo. La sua zona è abitata fin dal Paleolitico ma è nel Medioevo che San Severo si sviluppa maggiormente; oggi è un importante centro agricolo industriale e commerciale, famoso per i suoi vini. Tramonto sulle Saline

Da visitare: il santuario della Madonna del Soccorso in stile barocco, la Cattedrale dedicata all'Assunta, edificata nel XI sec. e rimaneggiata in epoca barocca, e la chiesa di San 34

Severino, che nel fianco destro ha ancora la facciata romanica risalente al XII sec. con i leoni stilofori ed il rosone. Da San Severo si possono raggiungere altri centri del Tavoliere: Torremaggiore, con il suo Palazzo Ducale cinquecentesco e a pochi chilometri i ruderi di Castel Fiorentino antico maniero, molto amato da Federico II, luogo dove l'Imperatore morì. San Paolo di Civitate, costruito sul paese di Civitate (di cui restano i ruderi della Cattedrale appena fuori paese) e non lontano dal sito romano di Teanum Apulum; Serracapriola, con un massiccio castello medioevale e la bella Chiesa seicentesca di Santa Maria in Silvis, Chieuti, piccolo centro sorto sulle rovine della città Italica di Cliternia, con la stazione balneare di Marina di Chieuti, prossima alle coste del Molise. Nel mese di aprile a Chieuti, nell'ambito dei festeggiamenti in onore di San Giorgio, si corre la Cavalcata dei buoi. Discussa corsa i cui preparativi coinvolgono durante l'arco di tutto l'anno l'intero paese diviso in partiti (le contrade). Un carro molto pesante, carico di rami di lauro, viene trainato da quattro coppie di buoi, lungo un percorso di quattro chilometri e mezzo.

La folla corre insieme ai carri, mentre un gruppo di uomini a cavallo pungolano i buoi con lunghi bastoni. Al vincitore della corsa viene consegnato un cappellino colorato e il Tarallo: una treccia di caciocavallo di circa ottanta chili con le gesta di San Giorgio. Se da San Severo si prosegue verso il Gargano, si incontra a pochi chilometri Apricena, grosso centro agricolo di origine medioevale famoso per il suo marmo. Qui si possono visitare il Palazzo Baronale, edificato nel 1658 incorporando i ruderi del castello di Federico II, e i resti della Parrocchia medievale di S. Martino. Da Apricena ci si può addentrare nel Gargano e scegliere di raggiungere velocemente i luoghi costieri con la statale a scorrimento veloce; o ancora, a soli 10 km, si può visitare Poggio Imperiale, centro sorto appena nella seconda metà del '700 per volere del principe Placido Imperiale, a cui la cittadina deve il nome. Poggio Imperiale ha una festa molto caratteristica che si svolge nei primi di agosto: in quell'occasione, la piazza del paese, simile ad una scacchiera, diventa il tavolo da gioco di una singolare “dama vivente”.


TURISMO Ordona è un comune di 2.584 abitanti della provincia di Foggia, in Puglia, posto a venti chilometri a sud del capoluogo e sulla linea ferroviaria Foggia - Potenza. Il paese è situato sulle prime colline del Tavoliere centro meridionale, fra la pianura e gli altri contrafforti collinari su cui sorgono gli scavi archeologici dell'antica Herdonia. Nei pressi della città romana di Herdonia furono combattute due importanti battaglie, nel 212 a.C. e nel 210 a.C., tra i romani e i cartaginesi di Annibale nel pieno della seconda guerra punica. Annibale, che all'epoca imperversava in Italia tra le odierne Puglia e Campania, dopo le schiaccianti vittorie riportate sui romani a Canne (216 a.C.) e a Herdonia (212 a.C.) tentò invano anche di assediare Roma nel 211 a.C.. Per la sua fedeltà a Roma e la slealtà mostrata ai cartaginesi, Herdonia fu incendiata e distrutta per volere di Annibale al termine della seconda battaglia (210 a.C.). Solo dopo l'89 a.C. vi fu rifondato il Municipio Romano. Grazie alla costruzione della Via Traiana e della successiva Via Herdonitana (che collegava Herdonia all'odierna Venosa), la città conobbe la massima fase di sviluppo e prosperità tra il I e il IV secolo d.C., diventando un grande centro di transito ed un fornito luogo di commercio dei prodotti agricoli del Tavoliere, come ad esempio il grano. A testimonianza di ciò ancora oggi ci sono i resti dell'allora fiorente nucleo romano di Herdonia: le rovine del Foro, dellaBasilica civile, dell'Anfiteatro, del mercato (macellum), delle terme, delle locande (tabernae) e dei numerosi magazzini adibiti allo stoccaggio del grano (le horrae) lungo la Via Traiana. In seguito al sisma che nel 346 d.C. colpì l'Irpinia e il Sannio e che la investì in parte, molti edifici non vennero ristrutturati, bensì furono ricovertiti ad altri usi: di conseguenza il nucleo abitativo della città si spostò dal foro alle zone vicine alla via Traiana.

San Leone ad Ordona

Dal V al VII secolo la città restò un centro di rilievo, anche se minore, come è emerso dai ritrovamenti risalenti a quel periodo. Le rovine del Foro e della Basilica romana di Herdonia; Il macellum della città romana. Con l'avvento del Cristianesimo in Italia, nel periodo tardo antico romano, a Herdonia si attestò la presenza di due venerati martiri di origine nordafricana, i Santi Felice e Donato. Subito dopo il crollo dell'impero romano d'occidente, le fonti la accreditano come sede vescovile.

scovo, una figura amministrativa di riferimento per i nuovi governanti dell'epoca e che compensò il prestigio, ormai perduto, della civitas romana. Nei secoli bui fu indicata via via con nomi diversi (Aerdonia, Erdonia, Ardonia, Ardona, oltreché Herdoniae), come riportano numerosi documenti medievali e ottocenteschi. La Via Traiana

Pare essere sopravvissuta alle razzie degli ostrogoti di Totila nel VI secolo, e all'invasione del bizantino Costante II che nel VII secolo fronteggiò i longobardi già presenti nella Capitanata. Il difficile contesto politico ed economico medievale trasformò il luogo, accentuandone il carattere più rurale. Ciò si tradusse con una parziale dispersione della popolazione, dal centro alle campagne circostanti. Molte delle strutture romane, come le taverne e le terme, vennero recuperate e riutilizzate tra il VI e il VII secolo specie per scopi abitativi, mentre l'anfiteatro romano col tempo fu occupato dalle necropoli. Sul finire dell'età alto medievale l'abitato si ridusse ulteriormente, e il territorio della città fu in parte invaso da spazi agricoli e boschivi. Durante l'epoca federiciana una preesistente costruzione religiosa normanna del XI secolo (castellum) fu rielaborata e in parte riedificata dagli Svevi, che ne mutarono l'utilizzo in una domus imperiale. Grazie a questa nuova residenza federiciana il luogo venne in qualche misura ripopolato, come è emerso dai ritrovamenti circostanti alla domus di alcune costruzioni rurali. Il complesso del Castello Svevo, di cui oggi resta solo qualche traccia, secondo alcuni studiosi era per le sue funzioni e per le sue dimensioni del tutto simile alla domus di Castel Fiorentino, il borgo presso Torremaggiore dove Federico II morì nel 1250. Il villaggio medievale di Herdonia fu definitivamente abbandonato solo intorno al XIV-XV secolo. Tra il XVII e XVIII secolo cominciò il primo vero re insediamento, in una zona vicina al sito dell'antica città. Sul luogo che poi diventerà il nucleo originario dell'attuale Ordona nacque prima un'azienda agricola di gesuiti, e successivamente sorse uno dei nuovi cinque reali siti colonici, istituiti nel XVIII secolo da Ferdinando IV Re di Borbone per ripopolare e riqualificare l'area agricola del tavoliere meridionale. Dal 2004 Herdonia è una sede vescovile titolare. 35


CULTURA di Simona Guidicelli

Trigonella foenum-graecum

Fieno greco La trigonella, nota ovunque come fieno greco, è una papilionacea assai rustica e vigorosa che prospera ovunque ma soprattutto lungo le coste del Mediterraneo, anche in terreni poveri, sassosi, e siccitosi, per l'apparato radicale ben sviluppato e fittonante. Si distingue nettamente dalle piÚ comuni papilionacee, spontanee o coltivate, per gli steli ingrossati e fistolosi, per l'abbondante fogliame e le foglioline oblunghe, ma soprattutto per i vistosi legumi, mentre ben poco appariscenti sono i fiori che spuntano all'ascella delle foglie. Tutta la pianta e in particolare i semi, tipicamente angolosi e romboidali, emanano un odore di fieno, intenso, persistente e caratteristico, ma piuttosto sgradevole; il sapore invece è gradevole, dolciastro/amarognolo. La trigonella è una buona pianta foraggera e infatti produce abbondante erba assai appetita dal bestiame, ma purtroppo non si può somministrare ai bovini dato che l'odore sgradevole si trasmette al latte e alla carne. I semi del fieno greco esplicano un'azione benefica sull'organismo, stimolano l'appetito, sono nutrienti e galattogeni. Si impiegano anche in cosmesi per la cura della pelle, per eliminare i foruncoli e anche come vermifughi. 36


BENESSERE E SALUTE CONTRO L'ACNE ED I FORUNCOLETTI Mescolare 60 g di fieno greco in polvere con un cucchiaio di argilla verde in polvere e tanto yogurt da formare una morbida pastella. Stendere sul viso pulito e tenere 20 minuti. Nei casi acuti può essere ripetuta tranquillamente una volta alla settimana. QUANDO VI È UN PATERECCIO Far bollire in una tazza da tè di acqua fredda un cucchiaino di semi per 15 minuti. Bagnare nel poco liquido rimasto una garzina ed avvolgerla intorno al dito o applicarla sulla parte, rinnovandola spesso. QUANDO SI RACCOGLIE D'estate, quando ormai le foglie sono ingiallite e i legumi maturi, si tagliano le piante al piede e dopo averle seccate al sole si trebbiano per separare i semi.

La ricetta

COME SI PREPARA PER LA CONSERVAZIONE I semi, fatti essiccare al sole con la pianta e poi trebbiati, si conservano in scatole di cartone o sacchetti di carta.

Ingredienti per 4 persone 1 spicchio di aglio sminuzzato, 1 scalogno (o parte bianca di 1 cipollina), 12 cl d’acqua, 50 g di paprica, 2 cucchiai di Chili in polvere, 2 cucchiai di sale, 1/2 cucchiaino di pepe nero macinato, 1/4 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato, 1 baccello di cardamomo (semi), 1/4 cucchiaino di coriandolo macinato, 1/4 cucchiaino di fieno greco (semi), 1/4 cucchiaino di noce moscata, 2 spicchi di aglio sminuzzato,un pizzico di cannella

COME SI RICONOSCE Il fieno greco è una pianta erbacea annuale a steli eretti e alti da 25 a 50 cm; le foglie sono picciolate, composte da 3 foglioline ovali, seghettate ai margini e di un verde carico. I fiori papilionacei e bianco-giallicci sbocciano a maggio a giugno; i legumi sono eretti e lunghi anche più di 10 cm.

I CONSIGLI DELL'ERBORISTA PER RASSODARE IL SENO Mescolare 50 g di fieno greco in polvere a 20 g di cacao in polvere e 250 g di miele liquido. Prenderne un cucchiaio prima dei pasti principali. Questa cura può essere continuata per lungo tempo.

Salsa berberé

In amarico, la lingua ufficiale dell'Etiopia, berberé significa polvere di peperoncino rosso puro, ma é un termine usato anche per indicare questa salsa molto piccante usata per accompagnare piatti di carne o verdura. Mescolate aglio, cipolla, aceto e acqua in un frullatore fino ad ottenere un impasto morbido.

UNA MASCHERA DI BELLEZZA PER TUTTE LE PELLI Preparare una pastella con 50 g di fieno greco in polvere, 3 cucchiai di latte, 1 di miele, 2 cucchiai di succo di limone. Stendere sul viso precedentemente pulito e lasciare per 15 minuti. Sciacquare con acqua tiepida. Questa maschera può essere ripetuta una volta alla settimana. UNA CURA INGRASSANTE Versare un cucchiaino di semi in polvere in un'ostia. Chiuderla e prenderla prima dei pasti principali. La cura va ripetuta con una certa costanza per 3 mesi.

CURIOSITÀ Il fieno greco è una delle piante medicinali più antiche fra quelle conosciute. È citato nel papiro di Erbers (1550 a.C.) e in quello di Berlino ed era in uso presso gli Egiziani che se ne servivano come pianta rituale durante le cerimonie religiose, ma anche per scopi curativi riconoscendo ai semi proprietà ingrassanti, galattogene e antielrnintiche.

Mettete da parte. Ponete i rimanenti ingredienti in una padella dal fondo pesante e fateli tostare a fuoco medio girando continuamente; poi lasciateli raffreddare per un po'. A questo punto, trasferite il composto di aglio e cipolla nella padella con le spezie e mescolate bene il tutto. Quindi mettetela nuovamente sul fuoco e fate cuocere a fuoco basso per 10 minuti fino ad ottenere una certa consistenza. Lasciate raffreddare, poi versate la salsa in un barattolo. Se tenuto in frigo, ben chiuso, si può conservare per un mese circa. 37


CULTURA di Gian Maria Bavestrello

Le noci cibi immortali, storia e attualità La ricetta Coniglio alle noci Ingredienti (per 4 persone) 1 kg di coniglio tagliato in pezzi 120 gr di gherigli di noce 60 gr di olive taggiasche snocciolate un bicchiere di birra chiara, brodo vegetale farina, uno spicchio d'aglio, sale e pepe olio d'oliva e prezzemolo. Infarinate i pezzi di coniglio, mentre in una padella sufficientemente capiente farete rosolare aglio e olio. Disponetevi il coniglio e lasciate cuocere su tutti i lati per una manciata di minuti, quindi sfumate con la birra e abbassate la fiamma. Cuocete per circa 40 minuti, aggiungendo di tanto in tanto il brodo vegetale. Tritate le noci, prezzemolo e aggiungetele al coniglio, 5 minuti prima della fine della cottura, insieme alle olive. Aromatizzare con sale e pepe quanto basta.

DA ABBINARE CON Rosso di Montepulciano DOC Il Rosso di Montepulciano è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Siena. Di colore rubino vivace e dalla limpidezza brillante, è caratteristico ed intenso all'olfatto, rilasciando persino un profumo di mammola. Il sapore asciutto, armonico, leggermente tannico. Prodotto con uvaggio Sangiovese (60-80%) e Canaiolo nero (10-20%), ha un titolo alcolometrico minimo di 11 gradi. 38

Reperti archeologici indicano che questi frutti venivano utilizzati come alimento già 9000 anni fa, e ammetterete che fa impressione pensare che un cibo abbia potuto compiere un cammino tanto lungo, giungendo fino a noi dopo aver attraversato non solo intere epoche ma anche civiltà diverse tra loro. Insieme ad altri pochi ingredienti, le noci da frutto sono uno dei punti d'incontro culturali tra popoli diversi per lingua, religione e costumi. Dai dolci ai primi piatti, dai secondi alle insalate. L'uso delle noci in cucina è infinito. Scoprite su questo numero alcune tra le ricette più gustose.


ENOGASTRONOMIA

Le prime testimonianze scritte risalgono a Plinio il Vecchio, che nel suo “Naturalis historia” testimonia l'importazione del noce in Europa da parte dei greci tra il VII e il V secolo a.C. dall'Asia minore. A partire dall'epoca pre romana, e al pari di nocciole e mandorle, delle quali si sono ritrovati i gusci in alcune tombe di Cartagine, le noci dovevano fornire un notevole apporto calorico alle genti del tempo. Un contributo che incontrava anche l'apprezzamento delle classi agiate: presso i romani, insieme ai fichi secchi e l'uva in conserva, le noci erano componente fondamentale della seconda portata, i cui alimenti preferiti erano proprio i frutti, considerati tra i cibi maggiormente civilizzati di un banchetto rispettabile. Nella tradizione culinaria persiana, che ha segnato la cucina araba in modo profondo e duraturo, le noci erano già base di molti dessert. Tritate, venivano anche utilizzate per addolcire i piatti, in particolare di pesce, e modificarne la consistenza. Nella Spagna medievale e per influsso del mondo arabo, la dolcezza delle noci faceva spesso da contraltare al gusto della melanzana condita con aceto, coriandolo, menta o timo, aglio, eccetera, usata come noi usiamo oggi le patate. In epoca moderna, gli alberi di noci fanno bella presenza di sé negli orti dei contadini, soprattutto francesi, insieme ad alberi di pere e mele, che regalavano ai coltivatori spuntini gustosi e ricchi d'energia. Le noci raccolte venivano in parte consumate durante le pause dal lavoro insieme a pane, formaggio e vino, in parte regalate ai cantori di Natale, festività durante la quale il consumo di frutta secca è ancora oggi degno di nota. Nella gastronomia italiana moderna l'uso delle noci è davvero vasto e fantasioso. Il modo più basico, rustico ma insieme essenziale per apprezzarle è in un semplicissimo sugo per spaghetti, dove le noci tritate vengono amalgamate insieme a pan grattato e ricotta.

Il segreto del piatto è lessare i gherigli per cinque minuti per ammorbidirli e sbucciarli con facilità (a meno che non si voglia conferire alla pietanza un gusto più deciso), prima di farne un trito che dovrà essere versato, con del pangrattato, in una padella dove avrete precedentemente fatto dorare dell'aglio sminuzzato in un po' d'olio di oliva. Unendo la ricotta, diluita con un po' di acqua di cottura degli spaghetti, il gioco sarà fatto. Ancora una spruzzata di pepe nero sugli spaghetti saltati e potrete servire a tavola un piatto informale e di grande sapore.

La salsa tradizionale più celebre, a base di noci, è certamente quella ligure che viene utilizzata per condire un particolare tipo di pasta fresca a base di preboggion - un particolare mix di erbe selvatiche – maggiorana, uova, parmigiano e ricotta. Alcuni ristoranti condiscono con la salsa di noce anche altre paste come le tagliatelle o i testaroli. Più in generale, nulla vieta di usarla su qualunque tipo di pasta secca, anche se è con la pasta fresca che questo particolare sugo nato per esaltare ripieni di formaggi e verdure dà il meglio di sé. La ricetta non è dissimile da quella precedente: anche in questo caso i gherigli dovranno essere 39


CULTURA

AGENDA DI APRILE Vinarte Kermesse dedicata a vino, arte e cultura dal’l 11 aprile al 14 dicembre a Trofarello (TO) www.bieffepi.com

lessati, sbucciati e frullati, non da soli ma insieme a pinoli, aglio, formaggio e olio. Al composto dovrete unire della mollica di pane ammorbidita nel latte, e della maggiorana. Il latte residuo sarà aggiunto alla fine per ottenere una crema densa, che necessiterà solo di essere aggiustata di sale. In vista della bella stagione, varrà la pena ricordare che le noci possono essere un prezioso ingrediente in ogni insalata o contorno: esemplare un'insalata del cuneese dove toma di pecora, sedano e noci, avvolte in un filo di olio extravergine di oliva, una spruzzata di pepe e qualche goccia di limone, disegnano un trittico perfetto. Ma se si associa l'insalata alle noci, la mente non può che andare alla celebre Waldorf, (foto sotto) ideata nel 1893 da un maitre d'hotel che la creò appositamente per l'Hotel WaldorfAstoria di New York.

VinArte è un evento che unisce gli elementi più caratterizzanti del nostro territorio: il patrimonio artistico italiano, celebrato in tutto il mondo, e la tradizione enogastromica italiana, ricca di vini corposi e pregiati. In sinergia con la rassegna degustativa, l'occasione imperdibile per visitare il Castello, nelle cui sale settecentesche saranno esposte le opere di alcuni artisti contemporanei.

Palio del Recioto La festa del Vino a Negrar dal 20 al 22 aprile nella Piazza di Negrar - Negrar (VR) www.paliodelrecioto.com È una manifestazione che si svolge tutti gli anni a Negrar nei giorni di Pasqua e Pasquetta. Le vie del paese ospitano i chioschi delle varie cantine dove si potrà degustare in anteprima il Recioto 2013: un vero e proprio nettare divino molto fruttato. Ci saranno anche chioschi con i prodotti tipici, il luna park, una mostra di pittura e molto altro.

I Grandi Terroir Del Barolo Anteprima Barolo Castiglione Falletto 2010 e Barolo Serralunga 2010 dal 25 al 27 aprile A Serralunga d'Alba, Castiglione Falletto (CN) www.gowinet.it Evento ideato da Go Wine nel 2010 e promosso in collaborazione con la Cantina Comunale di Castiglione Falletto e la Bottega del Vino di Serralunga d'Alba: anche per questa edizione sarà possibile trascorrere un week-end unico e ricco di appuntamenti che porterà il pubblico a conoscere "sul campo" la nuova annata di uno dei più grandi vini del mondo. Il programma prevede banchi d'assaggio, degustazioni, visite in cantina, e abbinamenti enogastronomici.

Nectaris Creative Cocktail Festival 26 e 27 aprile a Firenze Sbucciate e tagliate alla julienne del sedano rapa, scottandolo per 2-3 minuti in acqua salata. Sbucciate la mela, asportate il torsolo e quindi tagliate anch'essa alla julienne, spruzzandola con del succo di limone. Tritate le noci. Dentro la vostra ciotola amalgamate maionese, succo di limone e pepe bianco macinato. Alcune ricette prevedono, a discrezione del cuoco, anche un paio di cucchiai di panna acida. Versatevi mele e sedano rapa, quindi mischiate fino a creare una piacevole amalgama. In ultimo, e solo in ultimo, aggiungete le noci. E buon appetito. 40

Nel corso del weekend, in occasione del Florence Design Week, un nuovo evento coinvolgerà i più prestigiosi locali del centro storico di Firenze. Nectaris, creative cocktail festival, un evento che presenterà un nuovo modo di vivere il cocktail. Il festival richiamerà i migliori barman, i brand di categoria e tutti gli appassionati del genere. L'idea cardine è promuovere un “bere consapevole”, responsabile, sofisticato e divertente, attraverso la fusione di cocktail d'autore con arte contemporanea, design e video.


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Il fenomeno della stanchezza primaverile si sviluppa perché l'organismo ha bisogno dei propri tempi per adattarsi al diverso clima. Con un'alimentazione sana e gocce essenziali naturali la si può scacciare. Vitamine e sostanze nutritive sono principi fondamentali per il risveglio di primavera

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