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numero 15 -dicembre 09

Fr. 2.80 Euro 1.80

la voce e l’immagine degli italiani nel mondo

POLITICA

Fare politica: ne vale la pena? CULTURA

ASTROLOGIA

I sentieri degli angeli

Oroscopo 2010

www.laltraitalia.eu



ITALIANI NEL MONDO Parlamentari in erba

3

SOCIETÀ Scuola, formazione, corsi di Lingua e Cultura italiana 4 Immigrazione e popolo sovrano 26

RECENSIONI Quaderno di un tempo felice 7

l’altraitalia SOMMARIO

EVENTI 20 Il calendario Lavazza

CHIARAMENTE NO 23 Spirito natalizio

POLITICA 24 Fare politica: ne vale la pena?

CINEMA Fenomenologia del cinepanettone Cineturismo

8 9

ENOGASTRONOMIA 28 Mettiamoci a tavola 36 Volterratoscana

CULTURA I sentieri degli angeli 1a puntata

10

MOTORI 30 Nuova Alfa Romeo Giuliettta

MUSICA Mina: “Facile” “Fotografie” di Giusy

13

TURISMO 32 Porto Azzurro

PSICOLOGIA Dopo l’incidente

14

BENESSERE & SALUTE 34 L’anice verde

FRECCIATINE Orologi precisi a cucù

16

ASTROLOGIA

RACCONTI Ventre rigonfio

18

38 Oroscopo 2010 40 Il segno del mese


l’altraitalia Editore l'altraitalia Postfach CH 8636 Wald (ZH) info@laltraitalia.eu www.laltraitalia.eu di Maria C. Bernasconi Direttore Responsabile Maria Bernasconi Co-Direttore Gianni Lorenzo Lercari Direttore di Redazione Rossana Paola Seghezzi

Collaboratori Giovanni il Battista Paola Carcano Sabrina Dionisio Simona Guidicelli Marco Minoletti Chiara Morassut Chiara Panzera Armando Rotondi Christian Testori

Foto rsp futura sagl

Redazione grafica e stampa VisualFB - Magliaso

Webmaster Alfredo Panzera

Contatti redazione@laltraitalia.eu

Mentre in redazione si stava lavorando per dar vita alla rivista di questo mese, tra articoli da correggere e fotografie da adattare, fuori dalle finestre, in silenzio e segretamente, è arrivato l'inverno. L'inverno che addormenta gli animali, spoglia gli alberi, strappa le foglie, copre il sole con le sue nuvole grigie, apre la sua scatola di colori scuri, ma che porta con sé quella magica, dolce atmosfera natalizia. Le strade del centro si sono accese di mille lucine, piante speciali, palline, ghirlande e decorazioni per tutti i gusti, ovunque mercatini e bancarelle che vendono oggetti natalizi e dolciumi a tema. C'è chi addobba l'albero e chi preferisce le decorazioni alle finestre: a ognuno il suo stile. Le antiche tradizioni ci hanno tramandato leggende e storie in grado di affascinare genitori e bambini. L'avvincente Babbo Natale, la misteriosa Befana, la nascita di Gesù, sono tutte tematiche oggetto di abitudini, leggende e racconti popolari di Natale, spesso legati alla natura e al ciclo della vita. E inevitabilmente ci vien da pensare al presepe. Il primo fu creato nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Roma. Questa usanza divenne così popolare che presto tante altre chiese vi aderirono. E poi le leggende dell'albero di Natale. Molte descrivono l'abete come uno degli alberi dal giardino dell'Eden. Una narra che l'abete è l'albero della Vita le cui foglie si avvizzirono ad aghi quando Eva colse il frutto proibito e non fiorì più fino alla notte in cui nacque Gesù Bambino. Questo ramoscello più tardi divenne l'abete che fu usato per l'albero di Natale e per la Santa Croce. Bello anche il racconto dell'agrifoglio: un piccolo orfanello viveva presso alcuni pastori quando gli angeli araldi apparvero annunciando la lieta novella della nascita di Cristo. Sulla via di Bethlemme, il bimbo intrecciò una corona di rami d'alloro per il neonato re. Ma quando la pose davanti a Gesù, la corona gli sembrò così indegna che il pastorello si vergognò del suo dono e cominciò a piangere. Allora Gesù Bambino toccò la corona, fece in modo che le sue foglie brillassero di un verde intenso e cambiò le lacrime dell'orfanello in bacche rosse. Ma proprio su quest'ultima leggenda i nostri visi si incupiscono: il Natale non è uguale per tutti. Non dimentichiamoci che ci sono milioni di persone meno fortunate di noi, non solo barboni, ma anche famiglie disagiate, Paesi in guerra, persone ammalate.. ognuno di noi potrebbe purtroppo diventare potenzialmente un nuovo povero o semplicemente qualcuno che non è in grado di godersi il Natale come festa dell'armonia e della famiglia! Per questo motivo in questo periodo si moltiplicano iniziative di volontariato, regali solidali, donazioni… ma il mio augurio più sincero va a coloro che, come recita una poesia "non aspettano il Natale per essere più buoni" ma lo vivono giorno dopo giorno!

Pubblicità info@laltraitalia.eu

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di Sabrina Dionisio

ITALIANI NEL MONDO

Parlamentari in erba Gli alunni della SEIS partecipano alla sessione basilese del Parlamento die bambini Venerdì 20 novembre numerosi alunni delle scuole elementari di Basilea-Città, in rappresentanza dei loro compagni di classe, impegnati come ogni giorno a scuola con le loro attività, si sono dati appuntamento al municipio di Basilea, comunente noto come la casa rossa, per la sua facciata di color rosso, che si mostra ai suoi cittadini e non, che ogni giorno attraversano la famosa piazza del mercato, e che non risparmiano mai uno sguardo di ammirazione ad uno degli edifici più belli e rappresentativi della nostra città di adozione.

Marcia, anche lei della classe 3°, ci dice con grande entusiasmo: “ il nostro lavoro è stato sì faticoso ma anche molto interessante e soprattutto importante, dal momento che rappresentiamo tutta la nostra scuola”.

I commenti degli altri bambini sono più o meno simili a quelli di Marcia e Clay sia nel contenuto che nella forma, tra sentimenti di entusiasmo, senso di responsabilità e quella sensazione di sentirsi per un giorno un po' più adulti e meno bambini.

Alle 8 in punto si sono incontrati e aggiunti agli altri bambini anche gli 11 rappresentanti della nostra piccola scuola bilingue “SEIS Sandro Pertini”. Raccontano di essere stati accolti da alcuni signori e accompagnati nella parte interna della casa rossa e lì essere stati salutati dal signor Eymann, ministro della pubblica istruzione del Cantone Basilea-Città. Il signor Eymann ha augurato a tutti i piccoli parlamentari un buon lavoro, sottolineando il grande valore di questo e l'impegno con cui esso deve essere svolto.

Ma l'impressione che io, come insegnante ho raccolto, è che essere adulti per un giorno è più che sufficiente, e che poter tornare bambini è ancora più bello. La giornata di lavoro termina alle ore 16.00 e i nostri parlamentari si danno appuntamento alla prossima sessione parlamentare. Intanto, a scuola, oltre a riferire dell'esperienza vissuta sui ranghi parlamentari, potranno approfondire con i compagni la tematica, conoscere altre istituzioni e autorità italiane e svizzere nell'ambito del progetto didattico “Kinderparlament” inserito nel POF della scuola.

E così è stato!!! Poche pause e tanto tanto tanto lavoro: i progetti presentati, discussi e poi scelti nella prima fase dei lavori in settembre vengono elaborati e arricchiti da ulteriori idee e proposte degli alunni. I nostri piccoli rappresentanti sono impegnati nel progetto “ Un giornale dei bambini per i bambini della città”. Fatto degno di nota, e che merita essere evidenziato, questo progetto è stato proposto dagli alunni della SEIS ed è stato uno dei quattro progetti ad essere accettato dalla maggioranza. Clay, alunno della 3° classe, racconta il giorno dopo a scuola con un'aria solenne: “ È stata un'esperienza molto bella.... ma , maestra, abbiamo dovuto lavorare tantissimo... abbiamo prima dovuto ascoltare tanto... e poi scrivere molto più che a scuola”. ... l’altraitalia 3


di Marco Minoletti

SOCIETÀ

Scuola, formazione, corsi di Lingua e Cultura italiana: una risorsa o un problema?

In Italia, il problema della scuola non è recente. Per farsene un'idea basta introdursi in un edificio scolastico qualunque! Lo scrittore francese André Gide sosteneva che per cogliere lo spirito di una città si devono visitare il cimitero, i giardini pubblici, il palazzo di giustizia e la biblioteca cittadina. Da noi, per testare il grado di avanzamento del senso civile, etico e culturale della nazione - per poi poterlo comparare con quello degli altri paesi del mondo civilizzato - sono sufficienti la caserma, l'ospedale e la scuola. Senza scomodare Foucault, chiunque abbia avuto a che fare con una di queste strutture sa di cosa stiamo parlando. Di luoghi non soltanto repressivi, ma soprattutto di luoghi atti ad ingenerare nei loro fruitori sensi di colpa. Il senso di colpa per la propria condizione di ammalato; la malattia come vergogna e dipendenza. Il senso di colpa per non essere in grado di pervenire al grado di animalità desiderato dai superiori; la bestialità e l'annullamento di sé come valori. Il senso di colpa per non essere all'altezza di memorizzare la montagna di nozioni che ci vengono imposte; il nozionismo come veicolo del vero sapere Al di là dell'approccio di tipo psicologizzante per sua natura invisibile all'occhio, per rendersi conto de visu della serietà del problema è sufficiente inquadrarlo dal punto di vista architettonico. Le tre istituzioni in oggetto presentano, infatti, delle sorprendenti analogie anche dal punto di vista formale. Per una strana complicità degli organi preposti alla trasmissione dei dati genetici, pare che da almeno due secoli in nessun altro paese europeo il Dna dei funzionari e degli architetti coinvolti nella costruzione di questi edifici abbia subito un così brusco arresto evolutivo come in Italia.

Misteri della genetica! In effetti "nel paese della fantasia" scuole, caserme ed ospedali paiono spesso progettati dalla stessa mano infelice. Una mano priva di sensibilità, gusto estetico, senso dell'intimità, calore umano, empatia. Avete mai visitato una scuola o un ospedale in Germania, Svizzera o Svezia? ... Fermiamoci qui! Non è certo questa l'occasione per disquisire dal punto di vista sociologico e architettonico sulla necessità o meno di dar corso ad un ripensamento critico di queste tre strutture, anche perché vogliamo limitarci alla scuola. Pur tuttavia, questo brevissimo excursus ci è parso doveroso per rendere l'idea della complessità delle problematiche ad esso connesse. Che l'attuale crisi economico-finanziaria richiedesse delle contromisure è fuori di dubbio, ma da lì al fatto che a farne le spese fosse uno dei settori strategici dai quali dipende il futuro di una nazione ce ne corre. Il destino di una nazione non lo si gioca soprattutto sul terreno della formazione? Non sono forse la scuola, l'università e la ricerca i settori "improduttivi" nei quali una nazione lungimirante e orientata al bene futuro della cosa pubblica dovrebbe investire? È mai possibile che il senso di responsabilità e la capacità di proiettare delle visioni da parte di governanti, politici ed elettori si siano affievoliti al punto da non poter più essere in grado di andare oltre il proprio limitato orizzonte spazio-temporale? I tagli operati dall'attuale governo italiano nel settore della pubblica istruzione ammontano, euro più euro meno, a 7 miliardi e 800 milioni spalmati nell'arco di tre anni a partire dal 2009. Per il comparto scolastico estero, la cui gestione attualmente è affidata al Ministero degli Affari Esteri, il taglio complessivo è di circa 12 milioni. Tradotto in costi umani ciò significa

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una riduzione della forza-lavoro pari a 87mila docenti e 42mila dipendenti Ata per l'Italia e al settanta percento degli insegnanti assunti con contratto locale per l'estero. Risultato: la trasformazione della scuola da risorsa in problema! Il regista di questa strategia è il Ministro dell'economia Giulio Tremonti, le cui idee in merito alla cosa pubblica in generale e all'economia in particolare sono contenute nel saggio La paura e la speranza. Il saggio merita un po' di attenzione critica per la semplice ragione che il redattore del testo oltre ad essere Ministro dell'economia è anche l'estensore del programma del Popolo delle Libertà. In esso sono contenute, a livello embrionale, le idee guida della politica economica italiana dei prossimi anni. Il libro, che a tratti parrebbe essere stato scritto a quattro mani con un esponente dei no-global, è diviso in due parti. La prima, in cui vengono presi criticamente in esame i costi sociali della globalizzazione, è in parte una rimasticatura di tesi già sostenute in altri scritti del professore-ministro. In essa l'A. riflette sulle debolezze del libero mercato e sulle conseguenze dei processi innescati dalla trasformazione dell'economia planetaria tout court. In un calderone non privo di effetti pirotecnici, ma certamente non supportato da un'adeguata capacità di analisi, vengono cucinati a temperatura troppo elevata i mali della globalizzazione. Si passa dagli effetti negativi per l'ambiente naturale, per i prezzi che lievitano, per l'uomo troppo consumista, per le inadeguate e disumane condizioni dei lavoratori dei paesi emergenti per poi approdare all'elogio della civiltà contadina prima dell'avvento del libero mercato. Nella seconda parte del saggio il novello Rousseau sostiene la necessità di un consenso e di un sostegno convinto più ampio da parte del popolo, e ciò per ridare linfa vitale ad alcuni valori cardine della società occidentale quali: ordine, famiglia, federalismo, Dio, identità. Tremonti, dopo aver dipinto nella prima parte del libro un quadro a tinte fosche, dopo aver ventilato lo spauracchio della imminente catastrofe, dopo aver evocato le forme della paura, si trasforma nella seconda nel demiurgo presuntuoso, dispensatore di speranze e creatore del nuovo ordine europeo. L'autore individua gli elementi della rifondazione della politica europea non tanto sul piano dell'economia, bensì su quello - per lui ben più insidioso della filosofia politica, quando afferma la necessità di ritornare alle "radici giudaico-cristiane dell'Europa". La risposta del filosofo non si è fatta attendere: "Se la salvezza dell'Europa è una questione di potenza, allora la salvezza può farsi avanti solo se ci si allontana dalla tradizione europea, dunque solo se si recidono le radici giudaico-cristiane dell'Europa."[...] “La morale autentica è oggi l'adeguazione alla maggiore potenza, che non può,

essere quella di Dio, ma è quella della tecnica." (Emanuele Severino, Platone, la Tecnica e il Mondo Globale, "Corriere della sera", 22.03.2008). (1) Ed inoltre: cosa vuole esprimere Tremonti quando scrive: "occorre montare la fortezza Europa contro l'attacco dell'Asia e contro la tempesta sempre più violenta che sta arrivando dalla globalizzazione e dal mercatismo" ? Vuole forse "far emergere" il bisogno di protezionismo tanto caro ai suoi amici della Lega, per fronteggiare l'avanzata delle economie cinese ed indiana che stanno progressivamente mettendo in crisi il primato economico dell'America e l'immobilismo dell'Europa? Suvvia! Non saranno sicuramente né la sospetta critica del ministro Tremonti alla globalizzazione e al liberismo, né la sua ricetta per una ripresa dei "valori tradizionali" che potranno contrastare l'avanzata dei mercati asiatici ed il progressivo declino di quelli occidentali. Le speculazioni filosofico-politiche del ministroscrittore, voltate nella prassi e tradotte in legge, hanno avuto, tra le varie conseguenze, non tanto quella di impedire l'avanzata dei mercati asiatici, quanto quella di contrastare la diffusione della lingua e cultura italiana in Svizzera come nel resto del pianeta. Come si è potuti giungere a tale scempio? Per capirlo è necessario fare alcuni passi indietro nel tempo! I corsi di lingua e cultura, regolati dalla Legge 153/71, sono stati pensati sia per tutelare e garantire il diritto costituzionale al compimento del ciclo di studi dell'obbligo (licenza media) ai connazionali residenti all'estero, sia per promuovere la diffusione della lingua e della cultura italiana. Le finalità didattico-pedagogiche sono evidenti: a m p l i a m e n t o d e l l e c o m p e t e n z e l i n g u i s t i ch e, apprendimento della propria cultura d'origine, potenziamento del livello di integrazione sia nel Paese di accoglienza che nel Paese d'origine in caso di rientro. Si tenga infine presente l'importanza dei corsi per lo sviluppo personale degli scolari, soprattutto per quanto attiene la sfera delle emozioni e, non da ultimo come veicolo atto a promuovere una formazione più aperta e tollerante. L'utilità e la validità dei corsi è riconosciuta, non a caso, anche dalle autorità elvetiche preposte al settore. Nell'introduzione ai Programmi didattici di orientamento del Cantone di Zurigo, nel novembre 2003, è lo stesso Consigliere di Stato Prof. Dr. Ernst Buschor a far notare che "negli ultimi anni si è riconosciuto ai corsi di lingua e cultura un valore sempre crescente ai fini dell'integrazione e del successo scolastico degli alunni di lingua straniera o plurilingui.” Nonostante i gratificanti riconoscimenti da parte svizzera, tra gli addetti ai lavori serpeggia da tempo un certo malessere nei confronti della Legge 153, ormai ritenuta obsoleta e superata dai fatti. Se si prende in esame il contesto socio-culturale di riferimento si scopre che gli

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italiani residenti in Svizzera tendono progressivamente a radicarsi e sono pervenuti ad un grado di integrazione molto più elevato rispetto a quello raggiunto dai primi migranti. Non parliamo poi degli adolescenti! Le nuove generazioni di scolari, che frequentano i corsi di lingua e cultura, sono nate e cresciute all'estero, parlano con sufficiente competenza le lingue nazionali nonché gli idiomi locali ed hanno pienamente acquisito usi e costumi locali. Per far fronte al mutato scenario, alcuni anni or sono, alcuni enti gestori dei corsi hanno dato coraggiosamente il via ad un processo di trasformazione in fieri sfociato nell'introduzione del progetto di Certificazione dell'italiano come seconda lingua (L2). Parallelamente alcuni parlamentari eletti nella circoscrizione estera presentavano ben sette proposte per riformare la Legge 153/71. Non a caso già durante l'ultimo governo Prodi era emersa la necessità e l'urgenza di rimettere mano alla legge che regola l'insegnamento e la diffusione della lingua e cultura italiana al di là dei confini nazionali.

La Riforma Gelmini ha spazzato via anche questi tentativi di riformare una Legge che definire desueta ci pare, ormai, un eufemismo. Se, come ha fatto notare Walter Benjamin nella Metafisica della gioventù, "la riforma della scuola non è solo riforma dei modi di propagazione dei valori, è revisione dei valori stessi", in Italia, la riforma Gelmini ha mortificato anche l'ultimo pseudo-valore che ancora tiene saldata la scuola alla società dei consumi; quello utilitaristico. In un'epoca in cui all'assioma cartesiano del cogito ergo sum si è andato vieppiù sostituendo quello falsamente edonistico messo in onda dalle reti di Mediaset e dei grandi magnati della pace sociale: consumo, dunque sono, in un'epoca in cui la scuola si è gradualmente, ma inesorabilmente trasformata in un'istituzione che riflette specularmente le istanze dell'unico valore su cui poggia la società dello spettacolo, quello della merce, non c'è da stupirsi più di tanto che proprio la scuola, in sintonia col resto della società, non creda più alla potenza dello spirito, della parola, del pensiero, dell'arte, ma solo alla scienza della pubblicità come reale programmatrice degli umani destini, dei sogni, delle aspettative, dei desideri e dunque come regolatrice occulta e occultata dell'iter scolastico dei giovani

in età scolare. La scuola da trampolino di lancio e promessa di un futuro professionale facilmente convertibile in moneta sonante si è trasformata in un girone infernale per insegnanti precari a vita e studenti di belle speranze senza futuro, ormai uniti dalla medesima penuria e dallo stesso obiettivo: i fondi per tenere a galla una barca che, dal dopoguerra in poi, non ha conosciuto altro che vortici e mulinelli, correnti spaventose e venti contrari. L'Arca di Noè che doveva traghettare la specie studentesca, il nerbo della futura nazione, verso il paradiso dei consumi in terra, si è trasformata nell'incubo del Titanic che affonda. Non saranno né i grembiulini blu o rosa, né il voto in condotta, né la redistribuzione dei fondi alle università a seconda dei gradi di meritocrazia didattico-aziendale a risparmiare gli studenti dall'assenza di futuro e dal vuoto di prospettive che li attende. E i giovani e i loro docenti queste cose le provano sulla loro pelle! Non a caso sono scesi insieme nelle piazze a prendersi le sprangate dai bravi ragazzi col tricolore. Ragazzi che, a differenza di queste teste calde che contestano, non hanno tempo che per lo studio, le sane amicizie, il tifo nelle curve la domenica, le processioni agli altari della Patria. Oggi "l'onda" lunga della contestazione non schiumeggia più di rabbia risentita contro l'autoritarismo dei padri-edipici da uccidere a tutti i costi, non ha conti da regolare con le mentalità antiquate, non ha nulla da contrapporre alle inadeguate idee politiche dei governanti e dei loro elettori, non si scompone di fronte ai fanatismi religiosi, ma si infrange e si spegne coscientemente o meno - contro le barriere del tempo, mettendo a nudo i limiti di un'economia reale dominata dalla tecnica e quindi sempre più impaludata nelle sabbie mobili della contraddizione epocale che oscilla tra razionalizzazione da un lato e bisogno di lavorare, dall'altro. Se dunque il postulato della piena occupazione è già da anni messo radicalmente in crisi dall'inarrestabile, ma non illimitata, crescita del livello tecnologico, com'è possibile razionalizzare ulteriormente i fondi necessari alla scuola, alle università e alla ricerca senza causarne il definitivo collasso? Cos'altro volevano dimostrare gli alunni dei corsi di lingua e cultura italiana in Svizzera, quando lo scorso anno, sotto la Casa d'Italia di Berna, gridavano a Mantica "i tagli non li vogliamo" se non l'ira dei futuri esclusi dal mondo del lavoro?

NOTE: (1) Onde evitare possibili equivoci occorre precisare che, secondo Severino, economia e tecnica non sono identificabili. La tecnica è lo strumento di cui il capitalismo si serve per perseguire la sua strategia vincente, cioè essa "è la sponda della volontà di potenza vincente". (N.d.R.)

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di Paola Carcano

RECENSIONI

Quaderno di un tempo felice di Piero Chiara Il libro, pubblicato nel 2008 da Nino Aragano Editore, presenta una serie di prose apparse sulla rivista ticinese “Ore in famiglia” tra il 1947 ed il 1961, cioè prima del successo del romanzo “Il piatto piange”. Raccolte in volume per la prima volta, queste prose comprendono generi diversi: si va dai racconti ai reportage di viaggio, dai riassunti delle opere di grandi romanzieri agli scritti di critica letteraria, fino a quelli di carattere informativo più vario. Tra i testi spiccano tuttavia i racconti, genuina espressione dello scrittore in fieri. Molti di essi, come Il povero Bram, Ortensio, Lettera ad un amico d'infanzia, Una vocazione sbagliata ed Il giorno della Cresima, vengono ambientati nell'alta Lombardia e più precisamente a Luino, in via dei Mercanti, dove Chiara ha appunto trascorso l'infanzia.

E nella minuziosa descrizione di questi luoghi, l’autore si avvale di verbi al presente per sottolineare l'immutata bellezza di quei paesaggi: “la via dei mercanti ospita le più antiche botteghe del borgo e l'odore delle drogherie vi stagna mescolato a quello delle cucine e delle pasticcerie a tutte le ore del giorno. Per quella specie di crepaccio aperto tra le case scende dall'alto lo stormire delle campane, e l’onda sonora entra dai balconi fioriti e da tutte le finestre a riempire la stanza” (p. 27). I ricordi d’infanzia vengono dunque modulati attorno a questo piccolo borgo ricostruito con dovizia di particolari. Ma se il paesaggio viene descritto con i verbi al presente, tutti gli eventi raccontati si avvalgono dell'uso del passato remoto e dell’imperfetto, come se lo iato temporale non potesse essere sublimato dall'elemento spaziale. E forse grazie anche a questa doppia scelta espositiva, Chiara è in grado di mettere bene in evidenza vizi e virtù dei suoi personaggi, sempre con un sorriso ironico, spregiudicato, ma mai irrispettoso. Traspare, dunque, dalle sue pagine un senso di nostalgia, non però improntato al desiderio di tornare indietro, perché è ben consapevole che questo ritorno non è realizzabile.

Un discorso a parte va fatto per il racconto Il navigante involontario, l’unico a recare un’altra firma, quella di Pietro Comito. Tuttavia gli argomenti e l’andatura del racconto lasciano supporre, come dice lo stesso Andrea Paganini nella Prefazione al libro, che altro non si tratti di uno pseudonimo dello stesso autore. Ai racconti seguono i reportage di viaggio e molti di essi vengono incentrati sulla Spagna, meta amata dallo scrittore. In particolar modo in uno di questi diari turistici si sofferma sulla corrida e ne parla come se fosse un dramma in tre atti, descrivendo minuziosamente i protagonisti, i riti, le regole, i segreti di quest’arte richiesta al torero. Seguono scritti di critica letteraria, ma come afferma Paganini “il giovane scrittore luinese, già promettente narratore, non convince come critico ed ancor meno come traduttore” (Prefazione , p. 19). Sono dunque i racconti in prosa, in prima persona, la parte più interessante dello scritto, cioè quelle storie incastonate nel microcosmo luinese che non solo sono vivamente sentite, ma sono ben strutturate sia dal punto di vista sintattico sia narrativo. Nessuna prolessi, nessuna analessi, ma semplicemente il lento fluire del ricordo che, attraverso l'uso del passato remoto, si staglia nell'eternità di quei luoghi cari all'autore. Dopotutto come ha detto in una intervista Roberto Gervaso: “la leggibilità è una dote piuttosto rara fra i nostri narratori, intenti più a lanciar messaggi, patrocinare avanguardie, inseguir mode che render digeribile la loro prosa. Piero Chiara è un’eccezione. Scrive come parla, e parla come scrive. Il suo stile può anche non piacere, ma non resta sulla stomaco. I suoi libri, una volta aperti, non si chiudono più, cioè si chiudono solo alla fine. Le sue storie, pur circoscritte al microcosmo luinese e varesino, sono piene di plasma e di umori”.

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Piero Chiara nel 1953


CINEMA

di Armando Rotondi

Fenomenologia del cine-panettone I cine-panettoni, spesso volgari, ripetitivi, con battute e situazioni sempre riproposte, conservano ancora un appeal indiscutibile sul grande pubblico, che puntualmente li premia con il miglior incasso italiano dell'anno e sono gli unici che se la vedono, su questo versante, con le grandi produzioni americane. Come mai tanto successo? Prodotti da Aurelio De Laurentiis, che è anche uno dei più arguti distributori italiani con la sua Filmauro, e diretti da Neri Parenti, i film comici natalizi non mostrano segni di cedimento al botteghino e non si può spiegare il loro successo solo affermando che in Italia, ormai da anni, c'è una sorta di imbarbarimento culturale. In fin dei conti l'Italia è, per tradizione cinematografica, patria della commedia e, in ogni sua manifestazione filmica, la commedia ha sempre mostrato un volto della nostra realtà. Come dire, da Poveri ma belli (1957) di Dino Risi ai film di oggi, sono tutti ritratti dell'Italia, bella o brutta che sia, colta o popolare non ha importanza.

Ormai giunti alla soglia dei venti anni, i cine-panettoni possono essere definiti, al di là di ogni pregiudizio, come parte integrante della tradizione natalizia e della cultura popolare italiana. Al di là di ogni pregiudizio, infatti, perché è innegabile che la critica sia stata e sia ancora il più delle volte ostile nei confronti di questi film comici dalla cadenza annuale, tipicamente nostrani, e che abbia coniato il termine “cine-panettone” con una valenza negativa per tutta la serie. “Panettone” che indica non solo il periodo natalizio, quando la pellicola esce nelle sale, ma vuole mettere in risalto anche che si tratta di un prodotto pre-confezionato, sempre uguale a se stesso, con minime varianti, partendo dal primordiale Vacanze di Natale '90 (1990) che diede inizio al sodalizio tra Massimo Boldi e Christian De Sica fino alla pellicole dell'anno scorso Natale a Rio (2008) con il solo De Sica. La collaborazione, e forse l'amicizia, con Boldi si interruppe infatti all'indomani di Natale a Miami, campione d'incassi della stagione 2005. E proprio in tal modo che si tocca un punto importante.

Lo stesso Christian De Sica afferma che i cine-panettoni sono ordinari, grossolani. Li chiama i discount del cinema, ma dichiara pure che sono onesti. Onesti perché senza pretese e per questo non si può sottovalutarli semplicemente storcendo il naso. Un genere sempre coerente con se stesso, ma la cui pecca, forse, è di avere troppo successo. Un successo in termini economici che non è stato accompagnato nei decenni scorsi da quello di pellicole italiane più impegnate, più autoriali, come avveniva in passato, quando il cinema italiano si diversificava per generi, standard e target.

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Cineturismo: Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi

Ma questa pecca non è da imputare a De Sica, Boldi o Neri Parenti (e prima di lui Carlo Vanzina autore del precursore Vacanze di Natale del 1983), o almeno non solo a loro. Fatto sta, che anche quest'anno Natale a Beverly Hills, con De Sica, Massimo Ghini, Sabrina Ferilli, Michelle Hunziker, Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi, si preannuncia come il più papabile campione d'incassi di produzione interna. Che un giorno il genere venga rivalutato e studiato non sta a noi dirlo. Ma bisogna ricordare che anche un mostro sacro come Totò (facendo le dovute differenze con i film con Boldi e De Sica, ovviamente) è stato riconosciuto solo in seguito e che l'interesse critico e anche accademico per i film di serie B italiani (dal poliziottesco allo spaghetti-western, dall'horror di Fulci sino alle commedie sexy con Edwige Fenech, Gloria Guida, Nadia Cassini etc.) è nato solo sulla lunga distanza. Chi può dire che ciò non avverrà anche con i cine-panettoni? Non ci sarebbe nulla di strano.

Valle d’Aosta, Cervinia e Gran Becca Con l’obiettivo di dare una visibilità maggiore ai suoi splendidi paesaggi e aumentare il numero di pellicole, finora esiguo, girate nella regione, la Valle D’Aosta ha sponsorizzato Figli delle stelle, il fim di Lucio Pellegrin, già regista de I liceali, una delle migliori serie televisive italiane fatte in tempi recenti. Così, proprio nei mesi passati, un nutrito e prestigioso cast, che vede Pierfrancesco Favino, Fabio Volo, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Paolo Sassanelli e Giorgio Tirabassi, si è riunito a Cervinio, nel superbo scenario della Gran Becca, per iniziare le riprese. Figli delle stelle racconta una storia surreale e, allo stesso tempo, attuale: un portuale di Marghera, un uomo appena scarcerato, una gioranlista televisiva, un precario e un ricercatore sono pieni di incertezze riguardo la loro vita. Decidono di dare un taglio netto a tutto, rapiscono un ministro, chiedono un riscatto da dare alla famiglia di un morto sul lavoro. Ne nasce, così, una rocambolesca fuga prima a casa della giornalista ai piedi del Cervino e poi per le montagne valdostane in cui il paesaggio e le bellezze naturali sono splendida cornice per la vicenda e la fanno davvero da padrone. Davvero un’ottima scelta per valorizzare il territorio. Le premesse sono ottime. Speriamo che il risultato lo sia altrettanto. La Gran Becca (Valle d’Aosta)

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di Marco Minoletti

CULTURA

Henry Corbin, cenni introduttivi sul pensiero e l’opera Capitolo 1 (prima parte)

Mentre la crisi del pensiero occidentale vedeva consumarsi fino in fondo la frattura tra filosofia e religione, il pensiero eretico islamico, in particolare quello iraniano, pur prendendo le mosse da una situazione in certo qual modo paragonabile sul piano spirituale e intellettuale a quella dell'Occidente, sceglieva strade completamente divergenti. A riflettere in modo originalissimo su questi "sentieri interrotti" della filosofia occidentale fu il primo traduttore francese di Martin Heidegger, Henry Corbin. Chi era costui? Cosa cercava in oriente? Corbin era nato nel 1903, apparteneva quindi anagraficamente alla generazione dei Sartre e degli Aron. Discepolo di Etiene Gilson e Jean Baruzi all'Ecole pratique des Hautes Etudes, si laureò nel 1928 con una tesi su Stoicismo e agostinismo nel pensiero di Luis de Léon. Successivamente intraprese studi di germanistica, culminati in un periodo di viaggi in Germania tra il 1930 e il 1936. Questo periodo si concluse con la traduzione di una selezione di testi heideggeriani pubblicata col titolo Qu´est que c'est la métaphisique (1938). Dopo un soggiorno ad Istambul, in cui mise a fuoco il suo interesse per l'Oriente, Corbin fu incaricato di costituire il dipartimento di iranologia dell'Istituto francese di Teheran.

Nel corso di questa esperienza gli nacque l'idea di creare una Biblioteca iraniana, in cui venissero pubblicati e raccolti i testi di una grande tradizione filosofica e religiosa quasi completamente ignorata in Occidente, quelli cioè della teosofia shi'ita. Corbin, affascinato dall'eresiologia islamica, dedicò a questi studi la sua vita di ricercatore e pensatore. Punto di partenza della riflessione dell'autore è stata la situazione di crisi in cui si dibatteva la filosofia in Occidente. Crisi che col suo svilupparsi ed evolversi aveva portato alle estreme conseguenze l'impasse tra filosofia e religione. Nelle pagine seguenti, senza alcuna pretesa di dare un quadro esaustivo di un'opera vasta, complessa, e ricca di interessi e curiosità originalissime, ci limiteremo a tratteggiare quelli che ci paiono essere i punti salienti attorno a cui si è andata articolando la sua ricerca. L'universo del pensiero eretico iraniano porta alla superficie, come vedremo, sia zone affatto originali, sia l'eco di strade neglette, trascurate o marginalizzate in Occidente. Per questa ragione la riflessione dell'orientalista prende perciò spesso la forma di una riflessione sui "sentieri interrotti" della filosofia in Occidente.

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Secondo Corbin, le tracce di questi percorsi dimenticati e minoritari da noi sono ripercorribili seguendo le vicende dei movimenti ereticali, dei visionari e dei mistici. (1) Non si tratta qui comunque di un facile comparatismo, né del percorso intellettuale di un "transfuga" del pensiero occidentale. Pur così profondamente coinvolto e affascinato dal pensiero islamico, Corbin è sempre rimasto fedele alle proprie matrici culturali e religiose. Lettore attento e appassionato di Lutero, non ha mai abbandonato il cristianesimo per l'Islam, convinto che, pur sensibile alle suggestioni degli altri percorsi e delle altre culture, l'Occidente debba trovare al proprio interno i motivi del suo rinnovamento. (2) Questo fine ricercatore poco amante del sapere accademico si è mosso sempre sulla linea di una restituzione di vita ad antiche idee, alla luce di problematiche attuali. Non si tratta quindi di un recupero "archeologico" dei testi di volta in volta considerati, né di una loro esegesi, ma di un tentativo di partecipazione simpatetica ai valori spirituali ed ai percorsi intellettuali degli autori oggetto dell'attenzione dell'autore. L'Oriente che ha suscitato l'interesse di Corbin non è stato un Oriente generico, ma l'Oriente che ha proposto alternative spirituali, l'Oriente dei teosofi e dei mistici. Troppo a lungo si è creduto che nell'Islam la filosofia si fosse estinta con Averroé (1198). Corbin ha riportato alla luce, con un trentennio di pazienti studi, tutta la parte sommersa di una tradizione filosofica e di scuole di pensiero di cui erano noti soltanto pochissimi pensatori. Particolarmente fertile ed originale fu l'Islam iraniano. Corbin individua la causa principale di questo differente sviluppo filosofico nella diversità che intercorre tra l'universo religioso statico del sunnismo, ortodossia dell'Islam, estremamente legata alla lettura del Corano, e quello vivace e mosso dello shi'ismo, variante ereticale del sunnismo, particolarmente diffusa (in varie forme) in Iran. Naturalmente anche la filosofia religiosa shi'ita si evolve all'interno del contesto di una religione rivelata, quella appunto dell'Islam, e rimane per questa ragione una filosofia di teologi, che non conoscerà mai la progressiva laicizzazione ed autonomizzazione della filosofia caratteristiche dell'Occidente. Per il pensatore francese la peculiarità - così affascinante - del pensiero iraniano risiede proprio in questo unicum, in questa singolare continuità di filosofia e teologia, in virtù della quale i filosofi iraniani affermano la loro vocazione a trattare del divino prendendo spunto dalla rivelazione. È un orizzonte di pensiero, questo, ben diverso da quello in cui si sono venuti a trovare i filosofi occidentali. La filosofia dell'Occidente finisce per contrapporre ragione e rivelazione collocandole in posizione antitetica. La filosofia dell'Iran shi'ita, invece, in una prospettiva che richiama il neoplatonismo, elabora una concezione illuministica della conoscenza, che svela la struttura gerarchica degli universi, schiudendo al contempo all'anima la possibilità di risalirli di livello in livello, di mondo in mondo. È questa la dottrina della riconduzione, del ta ' wil. La rivelazione giunge di là da dove giunge l'anima. L'Angelo della conoscenza è simultaneamente anche l'Angelo della rivelazione. Fede e ragione, a differenza che

nel pensiero occidentale, sono illuminate dalla medesima luce. La tradizione angelologica, mutuata dal neoplatonismo, trova qui una rinnovata fecondità. Stella e Henry Corbin

Questa conciliazione tra fede e ragione non è logicamente così semplice. Occorre perciò chiarire preliminarmente alcuni aspetti della peculiarità religiosa dello sciismo. Nell'Iran sciita infatti, la parola divina ha un duplice aspetto, essoterico ed esoterico. Se da un lato la discesa della parola è compiuta per sempre, essa per contro va continuamente reinterpretata. Infatti, esistono infinite, inesauribili possibilità di riconduzione della "lettera", della rivelazione e dei significati spirituali. È necessario da parte di ogni uomo di fede che voglia veramente dirsi tale uno sforzo personale di comprensione che trasfiguri in simboli il contenuto del Corano, liberando così la riflessione filosofica. [...] Il simbolo non è mai spiegato una volta per tutte, ma sempre da decifrare di nuovo, come una partitura musicale non è mai decifrata una volta per tutte, ma richiede sempre un'esecuzione nuova. (3) L'avventura spirituale diventa un fatto estremamente personale, l'esperienza religiosa contiene un quid di assolutamente individuale. Il filosofo e mistico Sohrawardi (4), scrive in proposito: "Recita il Corano come se fosse stato scritto per il tuo caso particolare". La distinzione tra essoterico ed esoterico è ripresa e simboleggiata nell'Iran shi'ita dalle due figure del Profeta e dell'Imam. La parola Imam vuol dire Guida, persona che si deve seguire; lo shi'ismo designa l'insieme di coloro che seguono l'Imam, i suoi adepti. (5) Per l'Islam shi'ita infatti ognuno dei sei profeti che si sono succeduti da Adamo a Maometto (il profeta finale, dopo di cui non ve ne saranno altri), è stato accompagnato da un Imam, una guida appunto che aveva la funzione di iniziare i veri credenti ai significati nascosti della profezia. Questa necessità di interpretazione della parola rivelata permane quindi immutata anche dopo l'ultimo profeta (Maometto). Si succederanno infatti ben dodici Imam. Dalla potenzialità, implicita in questa figura, guida e interprete, la filosofia sciita trae la possibilità di porsi come una vera e propria gnosi islamica. (6) La rivelazione è conclusa [...] Mohammad è il Sigillo dei profeti, ma invece di intendere questa conclusione come il segnale di arresto e di una fissazione, che imponga una fine all'eterna ricerca degli uomini, esso accoglie, con tutta la sua risonanza patetica, l'affermazione che gli umani nella loro sventura non hanno più da attendere alcun profeta.

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Le epoche della Rivelazione profetica sono chiuse, è vero. Ma resta da portare a compimento il Ciclo dell'Iniziazione al loro senso rimasto nascosto, che troverà il suo compimento solo con il Sigillo degli IniziatiIniziatori. Donde questa inquietudine contenuta nella coscienza sciita, questa mobilità segreta, coesistenza simultanea di pessimismo e d'indomabile speranza, che non credo si possa caratterizzare più felicemente che applicando ad essa l'espressione di Lutero: “desperatio fiducialis, una confidente disperazione.” (7) I dodici Imam sono collocati dalla metafisica sciita assieme al Profeta ed a sua figlia Fatima in un unico "Pleroma" di luce eterna ad indicare che la profezia eterna non è mai, come si è visto, separabile dalla sua dimensione esoterica. Le vicende degli Imam storici (i primi undici) sono caratterizzate da violenti contrasti con il potere temporale, il dodicesimo scompare ancora bambino, ma alla sua scomparsa storica tiene dietro la sua trasfigurazione. Il dodicesmio Imam diviene l'Imam nascosto, l'Imam atteso, figura iniziatica, volutamente occulta e occultata, eppure tramite indispensabile per la comprensione dei mondi superiori e l'ascesa verso di essi. In questo modo è per sempre evitata la ricaduta della spiritualità esoterica dello shi ' ismo nell'essotericità del dogma. Il dodicesimo Imam, l'Imam nascosto, è cifra del disvelamento, conclusione mai conclusa del ciclo degli iniziatori. Ritorna il parallelo con Maometto, Sigillo dei profeti. Tra lui e il Profeta vi è anche un rapporto di esemplarità unica: portano lo stesso nome; apprenderemo che l'uno è il Sigillo della profezia, l'altro è il Sigillo dell'Iniziazione. (8) L'Imam nascosto è quindi l'altro versante della rivelazione, ponte di un non interrotto rapporto tra terra e cielo, perenne riattualizzazione della vertà rivelata. Il Ciclo dell'Iniziazione è cominciato con la chiusura del Ciclo della Profezia, e la terra non può mai restar priva di un Imam, magari invisibile, perchè sarebbe senza comunicazione con il cielo. (9) Già si accennava come l'Imam, oltre a questo ruolo di risveglio ed iniziazione spirituale sia, proprio nella naturale prosecuzione di questo percorso mistico ed intellettuale insieme, anche psicagogo delle anime sulla strada dei mondi superiori. Infine l'Imam, la Guida occulta, è la chiave di volta delle gerarchie spirituali di cui il sufismo shi ' ita conosce la ripartizione e l'azione invisibile. (10) In effetti, spiega Corbin, questa iniziazione spirituale esoterica e l'incontro personale con l'Imam rischierebbe di non essere altro che illusione soggettiva o astrazione arbitraria senza il riconoscimento di un livello ontologico che la fondi. Esiste perciò un "ubi consistam", un livello intermedio tra il nostro mondo, in cui acquistano senso e realtà gli insegnamenti della dottrina esoterica. In questo mondo di mezzo, che Corbin chiama mondo immaginale, l'anima incontra le forme intraviste tramite la guida dell'Imam. Ma questo non è un mondo di pura astrazione, infatti, esso conserva la possibilità di essere percepito con i sensi. È il mondo dei simboli e delle visioni, dotato di una sua temporalità, di un suo spazio. Questo termine chiave, mundus imaginalis, regge tutta la rete di nozioni che si ordinano sul piano preciso dell'essere e del conoscere che esso connota:percezione immaginativa, conoscenza immaginativa,

coscienza immaginativa. Mentre noi constatiamo in altre filosofie e spiritualità una diffidenza nei riguardi dell'immagine, il mundus imaginalis ne è in qualche modo l'esaltazione, perché ne è l'articolazione senza la quale lo schema dei mondi si disarticola. I nostri autori ripetono instancabilmente che ci sono tre mondi: 1) il mondo intelligibile puro [...] o mondo delle pure intelligenze cherubiniche, 2) il mondo immaginale, mondo dell'Anima e delle anime, 3) il mondo sensibile [...] La funzione del mundus imaginalis [...] è definita dalla posizione mediana e mediatrice tra il mondo intellilgibile e il mondo sensibile. Per un verso dematerializza le forme sensibili, per l'altro "immaginalizza" le forme intelligibili a cui dà forma e dimensione [...], ciò significa che il mundus imaginalis è il luogo, e di conseguenza il mondo in cui hanno luogo, e il "loro luogo" non solo le visioni dei profeti, le visioni dei mistici, gli accadimenti visionari, [...] ma anche le gesta delle epoche eroiche e delle epopee mistiche, gli atti simbolici di tutti i rituali di iniziazione... (11) È questo dunque lo spazio di una materializzazione dell'intelligibile, specchio che rimanda i riflessi di un altro mondo su quello sensibile, luogo dove si mostra un'immagine del divino. Questo spazio è anche la dimora dell'Imam, guida delle anime ed ermeneuta. Prima di addentrarci più dettagliatamente nel pensiero di Corbin, vorremmo ritornare sull'affermazione dell'autore che individua nello sciismo e nelle sue varianti una vera e propria gnosi islamica. Abbiamo appena visto come, tramite il mundus imaginalis, teologia, filosofia e mistica finiscano per convergere e l'esperienza del visionario, del mistico sia fondata su questa realtà metafisica. Lo sciismo rappresenta la gnosi in Islam. Questo sentimento iniziatico si esprime in una tesi fondamentale che, sin dalle origini, è stata sufficiente, da sola, a provocare l'allarme e la riprovazione di tutti i dottori dell'Islam ortodosso, rappresentanti lo spirito legalitario della religione letterale. Tale tesi afferma che tutto ciò che è esteriore, ogni apparenza, ogni essoterismo, ha una realtà interna, nascosta, esoterica. L'essoterico è la forma apparente, il luogo epifanico, dell'esoterico. É quindi necessario, reciprocamente, un essoterico, per ogni esoterico; il primo è l'aspetto visibile e manifesto del secondo; l'esoterico è l'Idea reale, il segreto, la gnosi, il senso e contenuto soprasensibile dell'essoterico. L'uno prende sussistenza e consistenza nel mondo visibile; l'altro nel mondo soprasensibile. (12) ... segue sul prossimo numero

NOTE: (1) CFR: Henry Corbin, En islam iranien, 4 voll., Paris, 1971-72, vol. I, p. 24. (2) Ne testimoniano i saggi raccolti nel volume postumo Hamann, Philosophe du Luthéranisme, Paris, 1985. (3) H. Corbin, L'Imagination créatrice dans le soufisme de Ibn Arabi. (4) Sohrawardi, filosofo e mistico persiano, nacque nel 1155 a Sohraward e fu giustiziato come eretico ad Aleppo nel 1211. (5) H. Corbin, l'Imam nascosto, Milano, 1979, op.cit., pp. 18-19. (6) Il termine gnosi significa: la perfetta conoscenza delle supreme verità filosofiche e religiose. Tale conoscenza è attingibile solo attraverso la rivelazione iniziatica. (7) H. Corbin, l'Imam nascosto, op. cit., p. 27. (8) H. Corbin, L'Imam et la rénovation de l'homme en théologe shi ' ite, in Eranos Jahrbuch XXVIII, 1959, op. cit., p. 19. (9) Ibidem, op. cit., p. 27. (10) Ibidem, op. cit., p. 20. (11) H. Corbin, Corpo spirituale e terra celeste, Milano, 1986, op.cit., pp. 15-16-17. (12) H. Corbin, L'Imam nascosto, op. cit., p. 21.

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di Chiara Panzera

MUSICA

È da poco uscito il nuovo album di Mina, “Facile”. 12 le canzoni (più una traccia fantasma) che ci regala la grande interprete. Chi scrive, ha avuto un “colpo di fulmine” uditivo con “Adesso è facile”, il singolo attualmente on air, cantato in duetto con Manuel Agnelli degli Afterhours. Una musica accattivante, un testo non banale per una delle canzoni più armoniose oggi in circolazione. E da qualche giorno, un'ulteriore novità, molto appetitosa: un video nuovo di zecca interpretato da Benedetta Mazzini, secondogenita di Mina alla quale assomiglia in modo impressionante, e non solo nel fisico. L'auspicio è che le varie reti musicali se ne accorgano e trasmettano il clip, a dimostrazione che oltre Lady Gaga c'è di più. Il resto dell'album è un susseguirsi di ballate e canzoni arrangiate in modo moderno e asciutto da Franco Serafini, Nicolò Fragile, Gabriele Comeglio e Massimiliano Pani. Nell'insieme, emergono l'intensa “Con o senza te” nella quale Mina commuove cantando con un filo di voce, alla “molleggiata” “Volpi nei pollai”, alla rarefatta e suggestiva “Non ti voglio più” scritta da Boosta dei Subsonica, fino a “Ma tu mi ami ancora”, esempio lampante di come la voce di Mina sia davvero eccezionale, nel senso di fuori dalla norma. Facile conferma la voglia di sperimentare di Mina, il suo coraggio professionale che l'ha portata negli ultimi anni ad abbracciare strade difficilmente collocabili sul mercato (tanto per usare le parole della sanguigna Maionchi), passando dalla musica sacra in latino, al jazz di Sinatra, alla canzone napoletana.

“Fotografie” è un disco nato grazie al confronto e alla collaborazione con Tiziano Ferro che ha proposto a Giusy brani di grandi autori internazionali, riadattandoli in chiave italiana, con lo scopo di poter omaggiare alcuni paesi del mondo: “Vilarejo” (“Piccolo Villaggio”) della cantautrice brasiliana Marisa Monte, “Como Quieres Que Te Quieras” (“Come Pensi Possa Amarti”) di Rosario Flores, “Dy-Na-Mi-Tee” (“Miss Dinamite”) di Ms. Dynamite e “I Was Made To Love Magic” (“La Magia È La Mia Amante”) di Nick Drake, quest'ultima canzone scelta direttamente da Giusy, che a sua volta ha selezionato: “Con Una Rosa” di Vinicio Capossela, “Il Mare Verticale” di Paolo Benvegnù, “Yesterdays” di Jerome Kern (interpretato in passato da Billie Holiday), “Ciao Amore Ciao” di Luigi Tenco e “Estate” di Bruno Martino. A completare le undici tracce che compongono il disco anche “Ma Il Cielo È Sempre Più Blu” di Rino Gaetano, “E Di Amare Te” (brano scritto da Charles Aznavour ed interpretato nel 1971 da Iva Zanicchi) e “Besame Mucho” di Consuelo Velázquez. Il CD inoltre conterrà un codice con il quale sarà possibile effettuare il download della suoneria de “Ma il cielo è sempre più blu”, senza alcun costo aggiuntivo. L'album, presente su tutte le piattaforme digitali online e mobile, è disponibile da oggi in anteprima esclusiva su iTunes in una special edition che contiene il brano “Miss Dinamite”. Il nuovo album di Giusy Ferreri segue il grande successo di pubblico e di critica ottenuto un anno fa con il cd-ep “Non ti scordar mai di me” (triplo disco di platino con oltre 290 mila copie vendute e numero uno della classifica Fimi/Nielsen per 11 settimane consecutive) e con il primo disco “Gaetana” (5 volte disco di platino con oltre 400 mila copie vendute). “Gaetana”, inoltre, è stato pubblicato in Spagna (in lingua spagnola), Germania, Belgio e Francia (in italiano) ed è presente nella classifica Fimi-Nielsen dei dischi più venduti in Italia da 50 settimane consecutive. Questa la tracklist del disco: “Ciao Amore Ciao”, “La Magia è La Mia Amante”, “Il Mare Verticale”, “Ma Il Cielo è Sempre Più Blu”, “Estate”, “Come Pensi Possa Amarti”, “E Di Amare te”, “Con Una Rosa”, “Piccolo Villaggio”, “Besame Mucho”, “Yesterdays”. ... l’altraitalia 13


di Gianni Lorenzo Lercari

PSICOLOGIA

Dopo l’incidente

Un treno in viaggio. Lo scompartimento declassato di una vettura di prima classe. I sedili sono di velluto rosso, come gli schienali. Qua e là tracce di bruciature di sigaretta. La retina del portabagagli è strappata, i poggiatesta bianchi sono lisi e sporchi. La tendina verticale parasole è aperta a metà. È sera e fuori è quasi buio. La luce dello scompartimento è accesa, ma illumina solo uno dei sei sedili; gli altri sono in ombra. Nel posto illuminato siede un viaggiatore. “Sa, cerchiamo una risposta…alle volte anche un significato. Quale??” Osservi come i cavi elettrici della linea si muovono verso di noi, con quale ritmo e quale grazia. In realtà però sono fermi, si tratta solo di un’illusione ottica che ce li fa apparire metallici elfi danzanti con la musica cadenzata del ferro sul ferro. La magia del movimento! E il suo significato! Parole? Solo parole? Ma quante sono le parole? Per ogni parola un concetto, per ogni concetto un significato, per ogni significato un’emozione, per ogni emozione un tempo … Sa, io credo che anche il tempo sia un’illusione, una sorta di invenzione umana per contarci come fossimo numeri e definire così il movimento del divenire. Lei pensa che non sia così? Il treno sfreccia fra strisce gialle e buchi neri,

ondeggiando sugli scambi, quasi per sfuggire alla notte che sopravviene. Ah si, il divenire; quello reale è stranamente diverso dal suo gemello della memoria: l’uno va in una direzione e l’altro in quella inversa. Partono da un punto comune scelto a caso e iniziano i loro percorsi allontanandosi sempre di più l’un l’altro, immersi in due sorte di tempo: quello che è già appartenuto al suo proprietario e quello che gli apparterrà. Guardi quelle nuvole sparse nel cielo ai confini della notte; sembrano immobili ma cambiano continuamente la loro sembianza e si spostano a seconda del vento, alte e lontane, lunghe e sottili, goffe e panciute. Presto il buio impedirà che le si veda, ma chi ci assicura che nel frattempo non si siano dissolte? Il movimento: ogni cosa è fugace, come le parole che usiamo continuamente per sopperire al fatto che abbiamo dimenticato il linguaggio dell’anima. Sa, mi sono spesso chiesto se anche l’amore sia in fondo solo una parola che spesso pronunciamo per esprimere uno stato emotivo che ci affascina e imprigiona il nostro essere. Mi scusi, mi ha chiesto qualcosa? Pensa che io ponga troppe domande?

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Il treno si infila in un tunnel ed il frastuono cresce fino a rendere incomprensibile le frasi dell’interlocutore. Ora mi è chiaro; lei non apprezza le mie disquisizioni, ma vorrebbe conoscere la mia storia. Non le sembra un po’ avventato? Siamo casuali compagni di viaggio ma non ci conosciamo affatto e… la propria storia è una sorta di confessione dell’intimo … Lei sostiene che io abbia incominciato a parlare ed investirla con concetti complicati; ne sono dispiaciuto, non avevo né intenzione di importunarla, né di strapparla alle sue riflessioni silenziose. Ma adesso mi incoraggia a parlare? Crede veramente che la mia storia la interessi a tal punto da volerla ascoltare? Sono stati i cerchi nell’acqua. Erano 33. Li ho contati uno per uno, dopo che gettai la pietra nella pozzanghera…poi o i cerchi erano troppo grandi o la pozza troppo piccola. Ho perso il conto…ma in che stazione siamo? Il treno rallenta ma non vedo passeggeri, né edifici né segnali. Ah si, i cerchi. Mi scusi, mi ero distratto…i cerchi si erano talmente dilatati e la pietra sul fondo, scura, inerte, qualcosa di terrificante. La tendina parasole viene spinta verso l’alto. Fuori è ormai completamente buio. È già notte. Ma per fortuna il buio non è così buio da impedire del tutto di vedere; questa oscurità lascia un po’ di spazio all’immaginazione, per farci vivere le sequenze che ci scorrono davanti. Guardi quei puntini gialli agglomerati sulla collina…si, a destra dopo quella grossa macchia nera. Case; finestre su giardini, su strade, su tetti, su altre finestre; dietro quei vetri si vivono storie appena considerate, così fuse nel ritmo cadenzato del giornaliero da non essere quasi recepite come reali. Appartengono alle isole senza tempo nelle quali non ci sono aspettative, ma solo l’anestesia dell’abitudine. Il finestrino specchia il viso in ombra del viaggiatore, mescolato ai fantastici caleidoscopi che la velocità e l’esterno mettono in scena. Poi la polarità si inverte, lo scuro diventa chiaro ed il chiaro, scuro. Ora il sedile prima illuminato è in ombra ed il resto dello scompartimento viene invaso da una luce violetta. La sua intensità è però così flebile che le scene all’esterno sembrano aver scambiato le prospettive e appaiono in primo piano, attraverso gli astratti riflessi del finestrino a doppio vetro. L’oscurità…ha qualcosa di magico in sé. Osservi, mio silenzioso compagno di viaggio, ci vediamo nella lastra del finestrino e, come tutto intorno a noi ci siamo sdoppiati. Che sia l’inizio della metamorfosi? Anche questo mi stanca, si aggiunge alla fatica di dover ricordare, di voler dimenticare, di cercare di immaginare, di valutare, di sognare … Certo, per lei è tutto molto più facile…lei tace e riflette. Le parole…forse lei ha ragione, in fondo sono superflue ma così radicate in noi da averci fatto scarnificare il regno dei simboli , in nome dell’infestazione intellettuale. Anche la memoria ne è stata contagiata e le sue stesse evasioni sono di breve durata e riprendono volontariamente la via della cella, troppo angusta però per poter essere divisa con gli spazi della fantasia. Il treno rientra in un tunnel ed il frastuono si fa insopportabile. Ne riesce e passa tra una miriade di punti luminosi appesi nel buio, al di là della piatta e trasparente lastra del finestrino. Stelle. Sembrano stelle. Stelle che

rimangono visibili a lungo affinché ci venga concesso più tempo per poter esprimere i nostri desideri. Lei non ha un desiderio? Come, prego? Sa, con questo sferragliare insistente si riesce a fatica a sentire…cosa?! Se io ne ho uno? Si, penso di si: sconvolgere l’ordine del tempo ridotto a schedario della memoria per ridargli quella sembianza che più gli si addice. Già, l’incidente. Con l’asfalto sdrucciolevole è facile sbandare…in più quell’ubriaco idiota…paff, un palloncino che scoppia. Poi sangue, relitti di metallo e cristalli infiniti. Le macchine che si fermano, la gente che spia, l’ambulanza, la luce torbida e occhi inespressivi che fissano il nulla. Poi freddo. Freddo, freddo, freddo. E l’odore del vomito. Questo scompartimento è invece così accogliente, col vibrare delle r uote sui binari che centellina meticolosamente il tempo. Vede, la notte è magia, spinge via le cose, mescola forme e colori in un’enorme macchia scura per ridartele poi quando se ne sarà andata. Ha mai amato qualcuno? Prego? Comincia a piovere ed il finestrino confonde la notte con una miriade di piccole gocce brillanti che si inseguono sulla sua superficie. Vede, qui inizia la favola. Finalmente ci saremo liberati della fuga e questo piccolo scompartimento diverrà un’enorme sala al di fuori del tempo, un luogo dove ogni cosa sarà resa possibile. Se lo immagina? Il viaggiatore si alza mentre lo scompartimento si riempie di luce. Non ci sono compagni di viaggio. Accosta il viso al finestrino e parla a qualcuno al di là del vetro. Via da te per tornare con te … Vivi la Notte delle Stelle … cosa hai pensato quando sei arrivata? Casa hanno visto i tuoi occhi? La neve così bianca da sembrare nera, i visi così lisci come se indossassero maschere, la notte così dolce…era tua amica? La porta dello scompartimento si apre d’improvviso. Entra un uomo vestito di bianco. Credo che lei sia salito sul treno sbagliato, sa? Questo non va da nessuna parte, è un convoglio immaginario che ha capovolto la favola che lei tanto desiderava; ma, al di là di essa c’è sempre e ancora la favola. Entra un ubriaco. Non berrò più…mai più. Barman! Porti qualcosa di forte … e faccia presto! Entra un’infermiera Non è successo niente…stia calmo, non è successo niente… Entrano varie persone che si accalcano al finestrino. Guarda! Accidenti! Presto, fate qualcosa… Andiamo via, non sopporto la vista di una cosa del genere … Ah, non avrebbe dovuto toccare il pedale del freno … Dio mio! Togliti di lì, fammi vedere … Con la pioggia … l’ho sempre detto … Questi giovani …

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di Giovanni il Battista

FRECCIATINE

come quelli svizzeri … Con l'espressione Cosa Nostra si è soliti indicare un'organizzazione criminale di stampo terroristicomafioso, presente in Sicilia dagli inizi del XIX secolo e trasfor matasi nella seconda metà del XX in un'organizzazione internazionale (non per fabbricare orologi a cucù!). Cosa Nostra nacque dal ceto sociale dei massari, dei fattori e dei gabellotti, che gestivano i terreni della nobiltà siciliana, avvalendosi dei braccianti che vi lavoravano. Cosa Nostra, come tutte le altre mafie, nacque per la scarsa presenza dello Stato sul territorio e per lo strapotere del latifondismo. Era gente che faceva da intermediario fra gli ultimi proprietari feudali e gli ultimi servi della gleba d'Europa e, per meglio esercitare il loro mestiere, si circondavano di scagnozzi prezzolati. Con lo smantellamento della struttura feudale ancora esistente nelle zone rurali e nelle campagne, la cultura e l'attività conseguente di Cosa Nostra proseguì la sua esistenza come struttura a sè stante, prima per dare protezione ai grandi latifondisti isolani, per salvaguardare le loro proprietà, e poi, venendo meno questa esigenza da parte dei “Padroni”, diventando una “società di servizi”, si direbbe ai nostri giorni, per fornire protezione e controllo del territorio (non per vendere orologi svizzeri): in questa ottica l'attività si svolgeva, e sempre più si svolge, in un'opera di protezione … anche se non richiesta … una di quelle offerte che non si possono rifiutare … Se quindi da un punto di vista storico Cosa Nostra aveva ragione di essere nata e di aver avuto un suo ruolo quasi sociale e di equilibrio nel tessuto della Sicilia del novecento, Cosa Nostra conosciuta ai nostri giorni ha unicamente perpetuato l'ultima parte della sua evoluzione qui sopra evocata e cioè la parte, purtroppo consolidata, “non legale” della sua attività: - esisto e mi devi considerare ( r a d i c a m e n t o s u l territorio e rivendicazione dell'entità) - devo sopravvivere e quindi mi devi finanziare (connivenza) - dove non riesco con un accordo mi prendo quanto voglio (pizzo o azione violenta) - chi mi ferma ne subisce le conseguenze (soppressione fisica o distruzione averi) - chi vuole i miei servizi mi paga l'onorario (connivenza, sottomissione, pizzo) Da quei lontani tempi cosa è successo per Cosa Nostra da parte dello Stato e dei Governi e/o regimi che si sono succeduti? Tutti e da sempre hanno promesso di debellare questa cosiddetta “piaga”. Nessuno ci è finora riuscito. Come mai ? Cosa Nostra, dal periodo qui sopra descritto, si è consolidata sul territorio, i vari Gruppi facenti parte la Grande Famiglia si sono spartiti, all'epoca, più o meno

amichevolmente il territorio, le sue attività si sono espanse a livello internazionale. Con i principi che reggono la sua filosofia di attività, Cosa Nostra ha creato, nel tempo, un intreccio di accordi e connivenze di persone “prezzolate” che ne hanno perpetuato la loro esistenza ed il suo agire. In epoca più recente tutti i tentativi (quanto veri e di buona fede) del Fascismo, del post-fascismo, dell'epoca della Democrazia cristiana, dei partiti di sinistra non hanno portato (ma era veramente l'obiettivo) a risultato alcuno. L'entrata in scena dei “servitori eccellenti dello Stato” da Dalla Chiesa a Falcone e Borsellino, da Pio La Torre a I giudici Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 -19 luglio 1992) e Giovanni Falcone (Palermo, 18 maggio 1939 - 23 maggio 1992)

Rocco Chinnici, per citarne i più conosciuti, è valsa solo a offrire in pasto questi grandi uomini e i loro collaboratori e scorte alla fine tragica che hanno fatto. Perché cosi duro, critico e per certi versi quasi sarcastico? Perché purtroppo questa è la storia vera che ha un “file rouge” logico, addirittura banale. Proprio per la forza penetrativa a tutti i livelli nel tessuto sociale di Cosa Nostra sempre c'è stato, e sempre ci sarà, l'intreccio di cui sopra parlo e niente potrà spezzarlo perché il percorso di vita di ognuno di noi e dell'intero universo, puntualmente, si ripete. Cosa Nostra non verrà mai sconfitta, e questo non ha nulla a che vedere con la buona volontà di buona parte della Società, ma ne è l’impregnatura ineluttabile della sua storia… Dai vertici alla manovalanza Cosa Nostra non avrà mai momenti d'inflazione o di bassa congiuntura: la sua cifra d'affari è fatta di decine di miliardi di Euro l’anno! Come poter dire quindi che Cosa Nostra è sconfitta o è sulla via della dissoluzione? L'Organizzazione è talmente rodata che per ogni suo membro che esce di scena almeno altri dieci, a vari livelli, concorrono per rimpiazzarlo. Vale solo per i picciotti?

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No, assolutamente. Cosa Nostra ti lascia entrare nell'Organizzazione, ti lascia fare carriera, ti lascia arrivare ai gradini importanti della gerarchia, ti lascia diventare Boss ma poi, a sua convenienza, ti toglie dall'organigramma, ti sostituisce. E quasi sempre l'uscita di scena è cruenta: non servi più: OK.

Allora ti fanno fuori o ti consegnano alla concorrenza o ti regalano allo Stato ed anche lì tutto è calcolato: tolgo questa pedina o te la faccio trovare ma tu cosa mi dai in cambio? O meglio ancora: “però io voglio questa contro-partita”! OK? (precisi precisi come un cucù svizzero) Se un cambiamento c'è stato in Cosa Nostra sicuramente è che sta finendo l'era del Boss “facilmente riconoscibile” dagli avversari e/o inquirenti dello Stato. È solo, umilmente, una mia idea, forse solo una provocazione. La nuova generazione ha il colletto bianco, è colta, è preparata e sempre più sta abbandonando l'antico stampo dell'Uomo d'Onore. Perché lo Stato pensa di aver ottenuto di recente importanti successi nella lotta a Cosa Nostra o si illude di ottenerli? Perché la nuova generazione dei contendenti sta volutamente lasciando sul terreno parte della matura (vecchia) generazione che disturba, che più nulla conta. I colletti bianchi hanno in mano ora tutta l'organizzazione: è probabilmente un'altra Cosa Nostra, un altro umus, un mondo che vive all'interno della normale società a tutti i livelli e quindi è lei che, paradossalmente, guida ora i destini dello Stato, per quanto a lei serve, e quindi non ha nemmeno più bisogno, a parte qualche picciotto vecchia maniera per risolvere qualche fastidiosa marginale pendenza, di avere connivenze o infiltrazione in quanto, da tempo è in qualche modo lo Stato, la forza economica, finanziaria, addirittura culturale e del costume. Palermo, 29 luglio 1983 il luogo della strage dove fu ucciso il magistrato Rocco Chinnici

Si sta stabilendo una specie di processo simbiotico fra la cosiddetta società civile e il suo mondo “parallelo”, nei Partiti, nelle Istituzioni, nell'informazione, nella cultura, nel clero. Quanti uomini delle Istituzioni sono stati uccisi da Cosa Nostra negli ultimi anni? Posso dire brutalmente nessuno?! Quanti Boss sono stati arrestati negli ultimi anni che attivamente avevano ancora in mano il timone del potere delle nuove leve del comando? Cos'è cambiato dall'arresto di Riina, di Provenzano, di Bagarella di Liggio? Quanti recenti pentiti hanno parlato “non con lingua biforcuta” per essere concretamente utili alla causa della vera Giustizia? Dicono la verità vera o dicono quello che i loro Capi gli dicono di dire? O dicono quello che gli inquirenti li portano a dire ? Come mai ci sono retate eccellenti a orologeria (da qui il cucù svizzero …) subito prima, durante o dopo certi avvenimenti, certi momenti particolari, certe situazioni della vita sociale e politica del Paese? Cosa Nostra è moribonda? Assolutamente NO! Cosa Nostra è più forte e potente di prima! È diversa, ha cambiato pelle! È diventata conformista: non più lupare ma malaugurati incidenti, non più pizzi ma compartecipazioni societarie, non più assoldamento di politici ma elezione diretta di loro persone di fiducia!

Corleone - Le nozze della figlia di Riina Oltre cento gli ospiti che hanno partecipato al banchetto nuziale di Lucia Riina, figlia minore del boss mafioso Totò Riina, che si è sposata nella Chiesa dell'Immacolata di Corleone (Palermo) con Vincenzo Bellomo. Il pranzo nuziale della giovane, 28 anni lei e 34 lui, si è svolto al ristorante “La Schiera” di Corleone. Visibilmente emozionata, ma anche innervosita dalla presenza dei giornalisti, la moglie di Riina, Ninetta Bagarella, sorella del capomafia Leoluca Bagarella. Lucia Riina, secondo quanto hanno accertato gli investigatori, avrebbe scoperto la vera identità del padre Totò Riina soltanto dopo l'arresto, avvenuto il 15 gennaio del 1993. La ragazza, che allora era una bambina, era convinta di chiamarsi Lucia Bellomo. (Foto Palazzotto)

Come mai tutto questo è possibile? Perché la storia italica è fragile, senza uguale identità su tutto lo stivale, senza principi di collegialità per perseguire un fine comune, completamente scoperta per fini legati alle lusinghe del potere, del danaro, della lussuria, del pro domo mia. Ecco i mezzi: “si può fare” “non c'è problema” “telefono io” “fammi un favore” “ci penso io” “di che ti mando io”. Sono da scomunica, dico solo eresie, sono blasfemo? Con il massimo rispetto ed in ricordo delle vittime di questo sistema e per i loro famigliari! Vi benedico e prego per voi come ho fatto per il figlio di nostro Signore. ... l’altraitalia 17


di Paola Carcano

RACCONTI

Ventre rigonfio Michela passa tantissimo tempo davanti all’armadio aperto; ogni mattina sceglie i vestiti per andare a scuola, li prova e li osservava con gli occhi dei suoi compagni che in classe spiano le sue gambe da sotto la gonna. È contenta di essere guardata, si sente bella, forse addirittura la più bella della seconda F. Con il suo pigiama di flanella ancora addosso prende una camicia azzurra e cerca un bell'abbinamento tra le gonne appese: tutti le dicono che l’azzurro le dona molto. In cucina, la mamma la sta chiamando per la colazione di sempre, ma a lei non sono mai piaciuti i corn flakes e medita di non rispondere. Allinea sul letto sfatto la camicia, la gonna, un paio di mutandine pulite e le calze e raduna i fogli sparsi sulla scrivania per infilarli in cartella; prima ora geografia, seconda ora interrogazione di storia, terza ora matematica, ultima ora ginnastica, deve prepararsi anche la tuta. Michela apre la doccia mentre ripassa la lezione di storia, Annibale varca le Alpi con migliaia di soldati e centinaia di elefanti, butta il pigiama nella cesta della biancheria sporca, arriva vittorioso a Capua dove si ferma, si sfila le mutandine mentre con l'altra mano cerca di legarsi i capelli, intanto l'esercito romano attacca a sorpresa Cartagine. Michela osserva terrorizzata il suo ventre leggermente tondeggiante e cerca di chiamare sua madre, ma non lo fa, non vuole, si vergogna. Corre davanti allo specchio e si guarda i lunghi capelli bagnati e piange, si sente male da morire, il suo corpo l’ha tradita. La sua mano scivola sullo stomaco, lo sente rigonfio, innaturale. Gli occhi le si inzuppano nuovamente di lacrime, che scendono piano piano sulle sue guance rosee e squadrate. Osserva la gonna e capisce che è troppo stretta, non è più adatta a lei e pensa a … Luca un pensiero fisso, un'immagine che non vuole svanire. Più braccia, più labbra, più tutto. Sì, questo aveva cercato da Luca, questo aveva voluto da lui. Aveva sempre la sua immagine lì presente come un’ossessione: lui che la stringeva, lui che la baciava e lei che osservava terrorizzata i suoi slip macchiati di sangue, il suo sangue. C'erano momenti in cui il dolore che si portava dentro rappreso come un grumo, di colpo si scioglieva e la invadeva tutta. Questo era uno dei quei momenti. Era un misto di felicità e di pena per tutto quello che era stato, era rimpianto per tutto quello che avrebbe potuto essere e che la sorte non aveva voluto che fosse. Era una sorriso di scherno per quei pochi istanti in cui, da essere umano, si era trovata a pensare che la vita era bella, bella anche senza Luca. Lui l’aveva guardata perplesso e le aveva detto “arrangiati” ed era quello che lei aveva cercato di fare. Aveva tentato di urlare, senza emettere parola, si era sforzata di andare avanti, senza in effetti sapere come. Sapeva solo che non doveva permettere al senso delle cose perdute di guastare quelle che si potevano ancora recuperare. Si passa, distrattamente, una mano tra i capelli, li

tampona un po' con l'asciugamano e li lega accuratamente sotto la nuca. Mette via la gonna e la camicetta, cerca nell'armadio un paio di pantaloni ed un maglione abbondante; ha paura che tutti capiscano cosa le sta succedendo, si vergogna e non vuole essere guardata. Con il cappotto e la cartella esce di casa senza una parola con la madre che la guarda incuriosita. Dopotutto lei non può capire. Michela sbircia quell'immagine scolorita di donna dalla finestra e si domanda se anche sua madre un tempo abbia provato quel groviglio indecifrabile di emozioni che ora la sta divorando. Il pensiero però sfugge via subito , come se si vergognasse quasi di averlo immaginato. Dopotutto sua madre non è una donna qualsiasi, è sua madre, punto e basta. A lei non si possono associare pensieri impudichi. Lei è solamente quella dei consigli, dei rimproveri, dei regali, lei è semplicemente quell'essere che la sostiene, che la giudica, che è presente. Michela scruta ancora per l'ultima volta tra i bagliori della finestra, poi volta lo sguardo e cammina velocemente sul marciapiede bagnato sperando immensamente di non incontrare nessuno che la conosca, si sente troppo brutta. In lontananza vede i suoi compagni e pensa a Cartagine ed ad ancora tutte quelle battaglie che dovrà affrontare.

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E LA FOTOGRAFIA I migliori fotografi internazionali hanno raccontato con le loro immagini un aspetto ogni volta diverso del caffè. Il piacere, il colore, l'energia della bevanda più diffusa al mondo sono stati trattati con il linguaggio raffinato ed evocativo del bianco e nero nelle prime 9 edizioni del Calendario Lavazza e con stile energico e innovativo nelle successive edizioni. Diciotto anni durante i quali Lavazza ha voluto coinvolgere fotografi di fama mondiale nell'interpretazione artistica del proprio calendario. Come una musa ispiratrice, il caffè ha stimolato in questi anni la creatività e l'espressività di fotografi che hanno nel proprio DNA il desiderio e la capacità di elevare la quotidianità a momento eccellente di grazia, dolcezza e piacere. L'edizione curata da Miles Aldridge vuole proseguire un ciclo interpretativo che, partito con Helmut Newton e passato attraverso Elliott Erwitt, David LaChapelle, Ellen Von Unwerth fino ad Annie Leibovitz che ha firmato l'edizione del 2009, ha indubbiamente reso Lavazza un partner di riferimento nella fotografia d'autore. In tutto il mondo il Calendario Lavazza sta ormai diventando un appuntamento fisso per gli appassionati di fotografia che lo seguono e lo attendono da ben 18 anni.


EVENTI

dalla Redazione

Il calendario LAVAZZA Intervista a Miles Aldrige

Miles Aldrige tra Francesca e Giuseppe Lavazza

Il Calendario Lavazza è stato interpretato dai più importanti fotografi al mondo. Cosa ha pensato quando le hanno chiesto di realizzare l'edizione 2010? Quando sono stato chiamato da Lavazza ho sentito un entusiasmo indescrivibile perché sono perfettamente a conoscenza della storia e della tradizione dei suoi calendari e delle campagne legate. Mi sono pertanto sentito lusingato di avere l'opportunità di entrare a far parte di questo progetto, una tradizione iniziata con Newton (del quale sono un grande fan), passata attraverso Ellen Von Unwerth, David LaChapelle, Annie Leibovitz. Sono felice di far parte di questa bella schiera di nomi. Il tema del nuovo Calendario Lavazza è l'italianità. Qual è, da inglese, la sua idea di italianità e qual è la sua interpretazione di questi scatti del calendario? Tutte le idee che mi sono fatto dell'Italia le ho tratte dai film che ho visto e dalle opere nei musei e nelle gallerie d'arte, ma soprattutto si è formata attraverso i film di Fellini, Pasolini, Rossellini, De Sica e persino di Scorsese, che però è italoamericano. Ed è stata quindi questa prospettiva che rende lo stile e il modo di vivere degli italiani amplificato, un'interpretazione della vita moderna molto espressiva, esuberante ed eccentrica, ad avermi attratto e ad aver dato forma al progetto. Canzoni, musica, italianità, una sintesi di tutto ciò e, ovviamente, Cinecittà, la location scelta per lo shooting. Ed è stato davvero fantastico per me sentire fin

dall'inizio che le idee erano pervase dallo spirito di Fellini, dalla sua vitalità e dalla sua straordinarietà. E le mie immagini rispecchiano la realtà amplificata. Ha parlato di musica, il tema del calendario di quest'anno: lei è cresciuto in una famiglia di artisti. Qual è il suo rapporto con la musica e in che modo la pop art e la musica rock hanno influenzato il suo stile fotografico? Mio padre è stato, ed è tuttora, un famoso art director e illustratore; mi ha iniziato alla musica e alla cultura pop, infatti casa nostra e lo studio di Londra erano spesso frequentati da musicisti e quindi sono sempre stato circondato da immagini molto sexy, patinate, pop, che apparivano sulle copertine degli album o sui poster ai quali stava lavorando. Sono fermamente convinto che un simile background abbia profondamente influenzato il mio modo di fare fotografia. E ovviamente mi sono ispirato moltissimo a ciò che avevo intorno mentre crescevo; come la musica, solitamente grande fonte di ispirazione. Credo che la scelta di canzoni italiane per questo progetto sia stata davvero una splendida idea, poiché ha infuso agli scatti quel ritmo particolare ancora prima d'iniziare. Com'è stato lavorare con Lavazza e con l'agenzia Armando Testa? Qual è stato il rapporto con il team del progetto?

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è possibile qui. E poi ovviamente la storia che pervade questi luoghi è unica: trovarsi per caso davanti ad alcune delle statue dei film di Fellini è stato commovente, come anche passeggiare attorno al grande teatro 5 in cui ha lavorato. Posso affermare che lo spirito di Cinecittà è ancora vivo; è stata una grande lezione di professionalità e dedizione al lavoro. Ho notato che, ovviamente, ogni cosa che viene realizzata è fatta con una elevata capacità estetica propria del gusto e della cultura italiana. In Italia questo senso della bellezza è istintivo e io ne sono un autentico sostenitore.

È stata una splendida esperienza, davvero gratificante. Sono sicuro che ogni fotografo sognerebbe di realizzare un progetto come questo, in cui si ha piena libertà di esprimere se stessi e le proprie idee. Lavazza e l'agenzia Testa sono stati davvero fantastici. Il team Lavazza poi mi ha sempre sostenuto con grande fiducia e si è dimostrato davvero rispettoso del lavoro che abbiamo fatto. Lei ha affermato di aver preso spesso spunto per le sue opere dai lavori di Fellini e Antonioni: immagino sarà stato elettrizzante per lei lavorare a Cinecittà. Molto più che elettrizzante: mi sono innamorato di Cinecittà e di tutte le persone che vi lavorano, dal primo istante in cui ho messo piede nel teatro 15 e ho visto realizzati i disegni che avevo eseguito a Londra, con un'attenzione incredibile ai dettagli. Tutto era perfetto, tutto

La sua teoria di bellezza estetica ha influenzato la scelta delle modelle? Cosa cerca in una modella? Sono sempre alla ricerca di volti interessanti, quindi che non esprimano necessariamente una bellezza perfetta, perché la bellezza ideale non mi trasmette nulla: preferisco un tipo di bellezza sorprendente ed enigmatica. Prendiamo ad esempio Giorgia Frost, la modella dello scatto Nessun Dorma. Il suo carattere e il suo spirito sono talmente splendidi che quando abbiamo finito di montare lo sfondo e lei ha cominciato a immedesimarsi nel personaggio, sono stato travolto dalla sua energia e dal modo in cui ha reinterpretato i miei suggerimenti per entrare nel personaggio di Nessun Dorma. Può raccontarci qualcosa della storia che c'è dietro ogni foto? Per Nessun dorma ho ideato l'immagine di una donna, di notte, in una città viva, piena di luci colorate; una donna che

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non riesce a dormire perché è contagiata dalla vitalità della città. Baciami piccina: baci, tanti baci. Mi piaceva l'idea che la protagonista di questa foto fosse innamorata del caffè e delle tazzine. Siamo in pieno pomeriggio, lei chiude la porta della sua stanza da letto, prende tutte le sue tazzine da caffè e le bacia in una sorta di relazione erotica. Va' pensiero non si basa semplicemente sull'idea del volo ma su quella degli elementi che trascendono la realtà, fluttuano nell'immaginazione e volano in un mondo parallelo di fantasia. Mi è venuta in mente l'immagine di bellissime statue che si addicono perfettamente al mio gusto estetico. Mi piaceva anche l'idea della ragazza che fluttua verso questa statua maschile.

Guarda che luna rappresenta naturalmente una donna di notte: immaginavo che la protagonista fosse scesa in giardino senza farsi notare, che non riuscisse a dormire, che soffrisse d'insonnia. È distesa vicino a una piccola pozza d'acqua, guarda la sua immagine e quella della luna riflesse sulla superficie dove galleggiano le tazzine. Con te partirò si basa sull'idea di un mare che separa la vita dall'idea di avventura che è sull'altra sponda. In quest'immagine ho utilizzato un linguaggio visivo simile a quello di Hitchcock e Fellini, impostandola su questa distinzione di carattere psicologico tra vita reale e sogno. Con 'O Sole Mio volevo creare un'immagine che fosse sfacciatamente gioiosa, vivacemente colorata come un musical hollywoodiano, ma anche sexy.

Guarda che luna rappresenta naturalmente una donna di notte: immaginavo che la protagonista fosse scesa in giardino senza farsi notare, che non riuscisse a dormire, che soffrisse d'insonnia. È distesa vicino a una piccola pozza d'acqua, guarda la sua immagine e quella della luna riflesse sulla superficie dove galleggiano le tazzine. Con te partirò si basa sull'idea di un mare che separa la vita dall'idea di avventura che è sull'altra sponda. In quest'immagine ho utilizzato un linguaggio visivo simile a quello di Hitchcock e Fellini, impostandola su questa distinzione di carattere psicologico tra vita reale e sogno. Con 'O Sole Mio volevo creare un'immagine che fosse sfacciatamente gioiosa, vivacemente colorata come un musical hollywoodiano, ma anche sexy. ... l’altraitalia 22


Quest'anno lo sento lo spirito natalizio. Ma già mentre lo scrivo so che non è vero. Lo spirito natalizio io non lo sento mai, tanto meno lo sto sentendo in questo dicembre greco che sembra sempre primavera e nei pomeriggi di sole giro in maglietta. Clima a parte comunque, del mio non spirito natalizio riconosco anche a questa latitudine tutti i tratti: trovo irritanti le pubblicità, sopravvalutata l'atmosfera, pacchiane le decorazioni, ingrassanti i dolciumi, stressante la corsa ai regali del 24 pomeriggio, che ci sarò anch'io (già lo so) fra le schiere dell'acquisto all'ultimo momento, qualsiasi cosa sia. Quest'anno, però, Natale sono contenta che arrivi e questa è cosa ben diversa dal sentire lo spirito natalizio. Natale quest'anno sarà, fondamentalmente, un ritorno a casa e dato che rivedrò il mio gatto e berrò tanti aperitivi, pazienza se ci saranno anche albero e presepe. Del delirio natalizio quest'anno però mi godo un aspetto nuovo: la gente. Chi ha detto che a Natale siamo tutti più buoni doveva avere un gran senso dell'umorismo, e di sicuro non rispondeva a un call center. La gente, moderatamente strana nel corso di tutto l'anno, a Natale peggiora. L'utente medio sotto Natale assume un tono più arrogante del solito, fa quantomeno delle richieste assurde, si lamenta per qualsiasi cosa e pretende più di quanto gli sia dovuto. Lo pretende, attenzione, non lo ottiene. Non so come sopportino questa situazione negozianti, ristoratori, in generale figure di contatto con il pubblico, sotto Natale. Loro non so come facciano, io personalmente litigo di più, limito la mia disponibilità e sono gentile solo con chi veramente lo merita, però cerco di salutare tutti con un “Buon Natale” che suona tanto finto. Che altro che più buoni, siamo tutti più cattivi, è così che ci stanno facendo diventare. O forse sono solo io che inizio a odiare la gente. “Le feste sono un gigantesco evidenziatore che sottolinea la nostra solitudine” ha detto qualcuno, e di certo è vero. Quindi la gente sola a Natale è incattivita e insoddisfatta e con qualcuno si deve pure sfogare, ma non è detto che quel qualcuno per questo debba essere più buono, al contrario: è una catena, un domino di persone che si indispongono a vicenda e ne vanno a indisporre delle altre, fino al pranzo di Natale, ai regali sotto l'albero, a quando si potrà tirare il fiato per un paio di giorni in attesa di fingere il grande divertimento che dovrebbe essere Capodanno. Di conseguenza, personalmente, mi limiterò a vedere parenti stretti e amici selezionati nel periodo di Natale, perché odio la gente e mi manca il mio gatto, e probabilmente sono già cattiva di mio. Che comunque per me l'atmosfera natalizia comincia nel momento esatto in cui “Buon Natale … se non ci vediamo più”, non un secondo prima. E anche a voi quindi: Buon Natale, se non ci vediamo prima, con l'augurio di essere tutti più buoni a inizio 2010, quando l'atmosfera natalizia, finalmente, si sarà esaurita da un po'.

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Chiaramente ... no

di Chiara Morassut


di Maria Bernasconi

POLITICA

Fare politica: ne vale la pena?

Chi si avvicina alla politica mosso da ideali e con spirito partecipativo, deve purtroppo scontrarsi con logiche perverse che sovente lasciano davvero allibiti. Le cantonate da prendere sono innumerevoli: si scopre che persone ritenute intelligenti ed altruiste, disposte ad aiutare il prossimo, in fondo, pensano solo a se stesse. Ciò che più sconcerta è come vengono gestite le cose all'interno dei “gruppi” da parte di individui che si riempiono la bocca delle parole democrazia, etica, morale, regole, correttezza, rispetto. La regola vigente, all'interno di questi “quadri” è, invece, “o con me o senza di me” o “se non la pensi come me sei un nemico da sconfiggere, da emarginare”. In troppi ambienti politici, chiedere chiarezza, trasparenza, applicazione delle regole, condizioni che sono alla base del rispetto reciproco, è sinonimo di contestatore, di non allineato, di rompiscatole, di persona da allontanare. E così, all'indesiderato, si toglie il saluto; si cerca ogni appiglio per screditarlo, per farlo apparire ridicolo. Questi saccenti, incontestabili "detentori della verità politica” (così si atteggiano!) hanno un concetto molto particolare del fare politica che non è di certo quello di

mettersi in discussione, esporsi personalmente con le proprie idee e i propri valori, dopo che queste sono state democraticamente vagliate e approvate, di interessarsi ai problemi di tutti nè, tantomeno, di aprirsi, togliere il paraocchi per tentare di mutare il modo di concepire le cose e la vita. Costoro gestiscono i partiti, i congressi, le assemblee in modo chiuso, come se fosse una proprietà privata, ad uso e consumo proprio, in netto contrasto con quella grande parola che, come detto sopra, molto spesso usano adoperare ma di cui non conoscono il significato: democrazia. Chi cerca un approccio con la politica deve fare i conti, molto spesso, con coloro che, alla politica si sono avvicinati unicamente per raggiungere il proprio prestigio o interessi personali e non, invece, per mettersi a servizio della comunità, difendere i diritti di ogni singolo cittadino, farsi carico dei suoi problemi e cercare di risolverli, dare voce infine a chi non ne ha. Troppo spesso, coloro che richiamano all'ordine con la frase “è ora di fare vera politica”, non conoscono il valore della condivisione, della solidarietà: sanno ma fanno finta di non sapere, non se ne curano: “sto bene io, me ne frego del prossimo”. E per mascherare il loro egoismo, la loro non volontà di

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adoperarsi per il prossimo, spendono ffiumi di incantevoli parole per confermare il loro pieno appoggio, sostegno, solidarietà a questa o a quella causa. Ma per fare politica lo schieramento è indispensabile: da soli non si conta nulla! Occorre dunque fare una scelta con la certezza di essere genericamente etichettati, con la consapevolezza che si sentirà parlare e sparlare di se all'interno del proprio partito e che, con ogni probabilità, notevole sarà il numero di concorrenti o addirittura di nemici. Premesso ciò occorre quindi comprendere quale sia la motivazione per decidere se dedicare una parte della propria vita all'attività politica. Vale la pena di scendere in campo? Ognuno faccia un esame di coscienza: se pensa di essere in grado di cimentarsi col modo arrogante, ipocrita, interessato e gretto di fare politica di alcuni e se ritiene di riconoscersi in quei valori fondamentali, non solo indispensabili in politica, ma nella vita stessa, allora potrà seriamente pensare di attivarsi politicamente mettendosi al servizio del prossimo. Fare politica non è obbligatorio, non è un mestiere e nemmeno una ricetta medica: è avere nel cuore il senso della giustizia, della difesa dei deboli, del volere che tutti i concittadini possano vivere meglio fisicamente e moralmente e il dar loro una sicurezza sociale e garanzia di libertà, significa attivarsi solamente con la forza delle proprie convinzioni, dopo averle democraticamente discusse nelle giuste sedi, deve essere preciso impegno verso il prossimo a perseguire obiettivi con vero spirito di altruismo. Senza i principi di umanità, di tolleranza, di onestà, di solidarietà e di giustizia sociale non può esserci fruttuosa esistenza della vita di partito, evoluzione politica, progresso civile e sereno futuro.

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di Chiara Morassut

SOCIETÀ

Immigrazione e popolo sovrano «Le leggi sull’immigrazione dovrebbero essere generose, dovrebbero essere giuste, dovrebbero essere flessibili. Con leggi di questo tipo potremmo guardare il mondo, e il nostro passato, con la coscienza e le mani pulite». Era il 1958 e Kennedy, non sfugga, in questo ispirato intervento usava il verbo al condizionale. Sono passati 50 anni e il 57% degli elettori svizzeri vieta, con un referendum promosso dall’estrema destra nazionalconservatrice, l’edificazione di ulteriori minareti (piccole torri, in genere vicino alle moschee dalle quali il muezzin chiama i fedeli a pregare), oltre ai quattro già esistenti sul territorio elvetico. I buoni propositi di Kennedy evidentemente hanno fallito. Una proposta che secondo i più era destinata alla bocciatura è diventata legge, un nuovo capoverso nella Costituzione: «L’edificazione di minareti è vietata». Ma un capoverso di una certa rilevanza, e lo testimoniamo le reazioni del dopo voto, la preoccupazione generalizzata all’esterno, dall’ONU ad Amnesty International, alla Commissione Europea. Mentre sul fronte interno si nota un’affrettarsi a specificare, quasi cercando una giustificazione, come tale risultato sia una sorpresa. Il tutto con un vago tono di accusa verso quella maggioranza dei partiti, quegli ambienti economici e quelle Chiese, che pur essendosi chiaramente espressi contro l’iniziativa, non si sono fatti sentire molto nel prevoto contando su quella che è stata definita “un’impossibile saggezza popolare”che evidentemente non ha dato i risultati sperati. Governo e Parlamento, secondo i commentatori del giorno dopo, avrebbero fatto meglio ad assumersi le loro responsabilità e a ricusare una simile iniziativa. Non è successo. Basti pensare a come, pochi giorni prima del referendum, in risposta alle polemiche, il Presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz si era rivolto alla nazione con un messaggio tv per sottolineare che «ai musulmani dovrebbe essere garantito il diritto di praticare la propria religione anche in Svizzera», ma avvertendo anche che nelle valli elvetiche «non echeggerà mai il canto del muezzin». Un atteggiamento quantomeno confuso che fa riflettere, se non altro, sulla veridicità di un’idea di Svizzera multi culturale, schiacciata in questo caso invece dalla paura, i fantasmi, l’ignoranza. «Un segnale d’allarme e di difesa nei confronti di un mondo globalizzato nel contesto di crisi economica», sostiene il Ministro degli esteri Micheline Calmy Rey, che si proclama delusa e scioccata dall’esito del referendum. Dall’altra parte ci sono i promotori che cantano vittoria affermando come per anni il malcontento della popolazione non abbia potuto esprimersi e sottolineando come solo ora il popolo elvetico abbia avuto la possibilità di dire la sua. La verità è che oggi ... l’altraitalia 26


viviamo nel tanto in voga mondo globale, cioè in un mondo privo di spazi politici determinati, che costringe tutti a essere sempre a contatto con tutto e con tutti; e questo non è facilmente accettabile. Il collasso delle funzioni statali che in epoca moderna erano destinate a definire l’identità e l’alterità, ha portato a un “eccesso” di mescolanza nel medesimo territorio fra soggetti provenienti da universi culturali diversi, che non la libertà ma la necessità ha spinto fra “noi” e che oggi non è filtrato da alcuna istituzione neutralizzante, né da alcuna precondizione culturale. Aggiungiamo a questo come il confronto fra culture stia vivendo attualmente un’evoluzione importante che sta cercando di lasciarsi alle spalle, ma con fatica, una visione che interpretava le diverse culture in base a una scala evolutiva di cui l’Occidente rappresentava il massimo grado. È in una forzata e poco compresa convivenza fra culture, e a causa della conseguente crisi delle tradizionali categorie di appartenenza sociale, che si creano quelle incomprensioni e scontri di vedute che, se non filtrati, portano infine all’intolleranza e a volontà popolari, cioè del popolo privilegiato che può votare, di questo genere. Il filosofo francese Alain Finkielkraut, promotore della difesa a oltranza dei valori dell’Occidente, in un’intervista dice: «Io credo che in Europa vi sia molto spazio per la diversità, per un pluralismo di tradizioni e di regole religiose, ma la legge deve restare una per tutti. L’Europa non può tollerare che vengano messi in discussione i suoi principi fondamentali. L’Islamismo pone oggi il problema più grave. Le rivendicazioni degli islamisti, infatti, non si limitano alla richiesta di una legislazione separata per la loro comunità, ma chiedono che nelle scuole non vengano insegnati autori Alain Finkielkraut

considerati blasfemi. Queste richieste sono irricevibili. Al giorno d’oggi di fronte a questa “nuova immigrazione”, che non chiede di integrarsi, ma vuole imporre le sue leggi (…) si tratta semplicemente di difendere i valori fondamentali europei, che poi si traducono in leggi, nei principi costitutivi della Comunità Europea. Chi accetta di vivere nella. Comunità Europea deve anche accettarne le leggi fondamentali. Le leggi dell’ospitalità sono sempre state intese in una prospettiva di reciprocità. Chi è ospite deve accettare le regole fondamentali di chi lo sta ospitando, mai si è vista un’ospitalità unilaterale.» Luis Maria de Puig

Sostiene Luis Maria de Puig, presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: «Se da un lato questa decisione riflette le paure della popolazione svizzera e dell’Europa, nei confronti del fondamentalismo islamico, dall’altra, mentre non aiuterà ad affrontare le cause di questo fondamentalismo, è molto probabile che incoraggi sentimenti di esclusione e approfondisca le spaccature all’interno della nostra società» Le preoccupazioni interne alla Svizzera sono ora svariate, l’esito del voto potrebbe suscitare infatti incomprensione all’estero e nuocere all’immagine del Paese, rischia di danneggiare i rapporti della Svizzera con il mondo arabo e c’è chi teme anche eventuali misure di boicottaggio da parte dei Paesi musulmani. Secondo la maggioranza dei quotidiani all’indomani del sì, questo è un segnale brutale di ostilità e un’amara sconfitta per la pace religiosa nel Paese. “Hanno vinto - scrivono - la paura dell’Islam e le semplificazioni” Semplificando: l’integrazione va bene come concetto, ma poi non voglio estranei a casa mia, o per lo meno non voglio che abbiamo i miei stessi diritti. In realtà non esiste un’evoluzione della società che non parta dal cambiamento dei singoli, e in questo caso i singoli, il popolo, si è espresso chiaramente contro un’idea di uguaglianza e parità che starebbe alla base di quel multi culturalismo ispirato nel quale fingiamo di vivere. Se ogni cultura è un’esperienza umana, la vera sfida di oggi, del mondo globalizzato o, se vogliamo, della nostra Europa, dovrebbe essere quella di costituire uno spazio in cui l’uomo e la donna vedono sempre riconosciuti i propri diritti di specie, di genere, di individuo; ciò che li fa uguali e ciò che li fa diversi. Sono i nostri parametri, in primis quelli personali di ognuno, a dover essere ridefiniti in un senso più ampio che inglobi e rispetti quelle alterità che sono tra noi. E che vi resteranno a lungo, perché la globalizzazione, positiva o negativa che la si consideri, è un orizzonte non superabile, e c’è poco da semplificare.

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Flan di peperoni alla marchigiana Ingredienti 2 peperoni rossi 2 peperoni gialli 300 gr di ricotta 4 cipollotti 250 gr di erbette 30 gr. di grana grattugiato 2 uova origano, olio d'oliva, sale e pepe quanto basta Preparazione Pulire i peperoni dopo averli arrostiti. Dividerli poi in falde piuttosto larghe. Pulire le erbette, scottarle per pochi minuti in acqua bollente salata e scolarle. Pulire i cipollotti e farli stufare in una padella antiaderente con un cucchiaio di olio ed un poco di acqua. Lavorare con un cucchiaio di legno la ricotta con le uova, il grana, un pizzico di origano, sale e pepe. Rivestire una teglia rotonda con carta da forno e disporre sul fondo parte dei peperoni e delle erbette, versare un poco di composto di ricotta, fare un altro strato con le verdure e metà dei cipollotti, proseguire con la ricotta e terminare con peperoni e cipollotti. Cuocere in forno a 180° per 40 minuti. Servire tiepido.

Risotto al limone Ingredienti gr. 400 riso un pezzetto di cipolla 2 cucchiaiate di burro il succo di un limone ½ bicchiere di vino bianco un pezzetto di scorza di limone grattugiata 2 cucchiaiate di prezzemolo tritato 1 litro di acqua 2 dadi per brodo sale e pepe quanto basta Preparazione Tritare la cipolla finemente e soffriggerla con il burro. Versare il riso, lasciarlo insaporire ed aggiungere il vino bianco e la scorza di limone. In una pentola a parte si sarà fatta bollire dell'acqua in cui saranno stati sciolti due dadi vegetali. Unire quindi il brodo bollente con un mestolo poco per volta. Attendere che il riso abbia assorbito il brodo e proseguire ripetendo l'operazione finché il risotto non sarà cotto. Toglierlo la pentola dal fuoco, unire il prezzemolo, il succo di limone, aggiustare di sale, pepe e servire.

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Torta all’arancia Ingredienti gr. 100 di burro gr. 400 di farina 00 gr. 300 di zucchero 4 uova 1 bicchiere di latte succo di 2 arance scorza di 2 arance non trattate 1 pizzico di sale 1 bustina di lievito vanigliato (per mezzo kg di farina) zucchero vanigliato Preparazione: Mescolare lo zucchero con i tuorli d'uovo. Aggiungere il burro sciolto, il succo e la scorza di arance e mescolare. Aggiungere poi la farina, il latte, lavorare bene l'impasto. Montare le chiare d'uovo a neve ferma, unirle all'impasto. Aggiungere il sale ed infine il lievito. Imburrare una tortiera e versare il composto ottenuto. Cuocere per 55 minuti in forno preriscaldato a 180°. Sfornare, decorare con lo zucchero vanigliato e servire.

Ravioli di zucca alla lombarda Ingredienti per 4 persone gr. 350 farina 00 4 uova, Sale Per il ripieno Kg. 1,250 di zucca gialla gr. 150 mostarda piccante di frutta ( meglio se di sole mele ) gr. 150 di grana grattugiato 4 amaretti sbriciolati noce moscata, sale, pepe quanto basta Per condire 160 gr. di burro 80 gr. di grana grattugiato qualche fogliolina di salvia Preparazione Preparare il ripieno con un giorno di anticipo, ne acquisterà in sapore. Passare al setaccio la zucca cotta lasciando cadere il passato in una terrina. Unire gli amaretti sbriciolati, la mostarda di frutta tritata insieme al suo sugo, 4 cucchiaiate di grana grattugiato, un pizzico abbondante di noce moscata, sale e pepe. Mescolare con un cucchiaio di legno, il composto dovrà riuscire ben asciutto. Coprire e porre in frigo. Preparare la pasta formando una fontana in un ripiano con la farina, farvi un buco al centro, rompere le uova e tuffarle nel buco e mescolare con le mani. Aggiungere un pizzico di sale, continuare a impastare con le mani fino a quando l'impasto sarà divenuto omogeneo. A questo punto si potrà tirare una sfoglia sottile aiutandosi con un mattarello. Versare della farina sul ripiano in cui si andrà a lavorare in modo che la sfoglia non si appiccichi. Una volta tirata la sfoglia tagliarla a quadrotti sfrinzati (aiutarsi con l'utensile adatto). Porre al centro di ognuno il ripieno aiutandosi con un cucchiaio, chiudere bene i bordi per evitare che fuoriesca. Lessare i ravioli in abbondante acqua salata, scolarli dopo qualche minuto e versarli in una padella con burro fuso e qualche foglia di salvia. Saltare i ravioli e spolverizzate con abbondante grana grattugiato. Disporli in una teglia da tavola larga e servire.

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Alfa Romeo Giulietta: anteprima mondiale

Nuova architettura per esaltare tenuta di strada e agilità in totale comfort e sicurezza Sportività e comfort declinati secondo lo stile italiano Motori innovativi per una guida entusiasmante e rispettosa dell’ambiente Sicurezza e comportamento dinamico ai vertici del segmento


Al prossimo Salone di Ginevra debutterà, in anteprima mondiale, la nuova Alfa Romeo Giulietta che in primavera sarà commercializzata progressivamente in tutti i principali mercati, rilanciando così il Brand in uno dei segmenti più importanti d’Europa. Nell’anno del Centenario, il nome è un tributo ad un mito dell’automobile e dell’Alfa Romeo. Giulietta è la vettura che, negli anni Cinquanta, ha fatto sognare generazioni di automobilisti, rendendo per la prima volta accessibile il sogno di possedere un’Alfa Romeo e unendo fruibilità e comfort di alto livello all’eccellenza tecnica. Oggi nasce dal Centro Stile Alfa Romeo una nuova Giulietta, una vettura sportiva capace di esprimere sia grande agilità sui percorsi più impegnativi che doti di abitabilità e comfort sulle strade di tutti i giorni.


di Silvana Lenzo

TURISMO

Verona ... non solo la città degli innamorati Verona non è solo la città degli innamorati ma è una delle città italiane più belle e ricche di storia. È vero si che Shakespear ha ambientato il più famoso dramma romantico di tutti i tempi, Romeo e Giulietta, proprio a Verona ma la città si offre al visitatore per mille sfaccettature interessanti e suggestive. Oltre a questo Verona è da sempre una città laboriosa e vivace, dove il futuro ha sempre avuto grande peso così come il passato. L'Arena romana di Verona, uno dei centri musicali più importanti d'Italia, è un monumento conosciuto in tutto il mondo e l'offerta culturale della città è sempre di altissimo livello e per tutte le stagioni. Visitare Verona e soggiornarvi per una vacanza o per un week end significa avere la possibilità di visitare un centro storico molto antico e, forse, uno dei più belli d'Italia. Mentre visitate la città non potete non recarvi a visitare l'Arena di Verona, il suo simbolo nel mondo. L'antico anfiteatro che risale all'epoca dell'Imperatore Augusto, meta immancabile del turismo a Verona, è oggi famosa in tutto il mondo per gli spettacoli di musica lirica che vi si svolgono. Si trova nel centro storico di Verona, icona della città veneta assieme alle figure di Romeo e Giulietta.

Piazza delle Erbe

Continuando la nostra visita di Verona incontriamo le sue piazze principali: Piazza delle Erbe, il cuore antico della città che sorge dove un tempo si trovava il Foro Romano. Ospita un mercato ortofrutticolo che si svolge quotidianamente, mentre alla sera, in particolare il mercoledì, è affollata di persone che si incontrano per il rito dell'aperitivo, oramai tappa fissa del turismo a Verona. Adiacente a piazza delle Erbe troviamo Piazza dei Signori, chiusa come un cortile da edifici monumentali collegati tra loro con arcate, conosciuta anche come Piazza Dante, è una piazza situata nel centro storico di Verona. L'ultima piazza, oggi centro della città e luogo di incontro dei veronesi, è Piazza Brà. Il suo nome significa “grande” e infatti questa piazza è la più grande della città, come si avrà modo di constatare nel corso della visita di Verona.

L’Arena di Veronae

L'interno dell'Arena è visitabile nei periodi in cui non ci sono rappresentazioni o concerti di qualche artista famoso: tra gli eventi più famosi ricordiamo il Festivalbar, che trova spazio nelle dirette televisive nella sua serata conclusiva e l'apertura della stagione lirica. Nel periodo invernale invece, l'arena diventa sede della Rassegna dei Presepi del mondo, impossibile da mancare se si viene a visitare Verona. ... l’altraitalia 32


Visitando Verona si incontra il Duomo, dedicato a Santa Maria Matricolare V. Il Duomo di Verona è nato dalle ceneri di due chiese paleocristiane a causa di un terremoto. Ăˆ stato completamente ricostruito in stile romanico. Il duomo si trova nella zona medievale di Verona, all'interno dell'ansa dell'Adige meta suggestiva del turismo a Verona. Piazza dei Signori, conosciuta anche come Piazza Dante

Imboccando l'attuale Via Cappello, si trova l'androne completamente ricoperto da bigliettini d'amore, firme e frasi di innamorati che qui si trovano a passare: attraverso questo androne si accede al cortile della casa stessa dove, spostando gli occhi al cielo, si scorge il notissimo balcone di Giulietta carico di poesia per chi viene a visitare Verona. Stiamo parlando della famosissima Casa di Giulietta. Che deve essere una meta obbligata nella visita di Verona. Il bellissimo balcone della casa trecentesca (oggi restaurata) è meta ogni anno di migliaia di turisti. La statua di Giulietta vi accoglierà per la foto porta fortuna di rito per ricordarvi della bella vacanza a turistica a Verona. Il Ponte di Pietra


di Simona Guidicelli

BENESSERE & SALUTE

Anice verde (Pimpinella anisum) Questa pianticella aromatica viene estesamente coltivata nelle regioni più calde dell'Europa meridionale e in Italia, soprattutto nelle Marche; non va confusa con la pimpinella o salvastrella (Poteriom sanguisorba) e l'anice stellato (Illicium anisatum), una magnoliacea esotica e sempreverde, che ha in comune con il vero anice unicamente il sapore aromatico dei frutti, dovuto alla presenza di una forte percentuale di anetolo.

L'anice presenta foglie con spiccata “eterofillia”, cioè ben diverse per forma e altre caratteristiche a seconda del punto in cui sono inserite; quelle basali, riunite in rosette, sono arrotondate e appena dentate; quelle mediane sono trisette e assai simili alle foglioline del prezzemolo, mentre quelle apicali sono strette e lineari. Si coltiva in posti caldi e in terreni permeabili, con semina a primavera in file distanti 40-50 cm. Impiego terapeutico: dispepsia, spasmi gastrointestinali, meteorismo; catarri vie aeree. Le preparazioni a base di anice, dal sapore gradevole, contribuiscono a migliorare i processi digestivi aumentando la secrezione salivare e gastrica. Le proprietà antispasmodiche si evidenziano con dosaggi sufficientemente elevati; tale azione è accompagnata da proprietà antisettiche che contribuiscono a inibire il formarsi di processi fermentativi a livello gastrointestinale (aerofagia e flatulenza). II miglioramento delle funzioni digestive, unitamente all'azione antispasmodica, si traduce in uno stato di benessere (assenza di sonnolenza postprandiale, migliorata assimilazione dei principi nutritivi ecc.) rende l'uso di preparati a base di Anice raccomandato per combattere l'astenia accompagnata da cefalea e affaticamento cerebrale. Le proprietà carminative dell'Anice sono meno potenti di quelle del Cumino e del Finocchio. La medicina popolare utilizza i semi di Anice in tisane galattagoghe che stimolano la portata lattea. Tali tisane danno al latte materno un sapore gradevole ed esercitano un'azione sedativa-antispamodica anche nel lattante.

Biscotti all’anice I biscotti sono i dolci più semplici (ma anche quelli più sani), possono essere gustati alla fine di un pasto come durante la giornata. Uno spuntino gustoso e genuino da non farsi mancare! Ingredienti 50 gr. di semi di anice 6 uova 500 gr. di farina “00” 350 gr. di zucchero (se preferite 275 di fruttosio) Montate a neve i 6 albumi delle uova e, in una scodella sbattete le uova con lo zucchero, per questa operazione potrete anche servirvi di una frusta piccola che userete come un cucchiaio di legno. Aggiungete ai tuorli la farina ed infine incorporate gli albumi montati a neve. Unitevi i semi di anice e girate l'impasto fino a farlo divenire omogeneo. Scaldate il forno a 150° e preparate una teglia che ungerete di olio o burro, a questo punto potrete sistemare nella teglia dei “mucchietti” d'impasto che lascerete cuocere per 20 o 25 minuti. ... l’altraitalia 34


Per purificare l'alito: mescolare 50 gr di anice, 10 gr di chiodi di garofano, 10 gr di menta piperita e 5 gr di basilico. Macerare in 200 gr di alcool a 90 gradi. Filtrare con carta filtro dopo 10 giorni. Qualche goccia diluita in acqua è ottima per profumare l'alito. Digestioni difficili: bollire per 5 minuti un cucchiaino di semi di anice e due cucchiaini di semi di finocchio sempre nella quantità di una tazza da tè di acqua. Filtrare e bere dopo i pasti principali, al posto del caffè. Gonfiori di stomaco e di addome: un cucchiaino di semi bolliti per 5 minuti in ¼ di acqua calda. Filtrare e bere una tazzina al mattino e una alla sera.

L'estratto di anice viene di solito usato come correttivo in molti preparati farmacologici: più semplicemente noi vi consigliamo di aggiungere qualche seme a tutte quelle tisane o decotti che hanno un sapore piuttosto amaro, specialmente quando questi sono destinati al consumo dei bambini. COME SI IMPIEGA

Un liquore semplice: le nostre nonne maceravano 40 gr di semi in un litro di buon vino bianco secco per 24 ore, poi lo filtravano e lo bevevano a bicchierini dopo i pasti.

I frutti e l'essenza che si ricava servono per molteplici scopi, ma soprattutto come aromatizzanti nell'industria dei liquori e anche per dare un sapore molto gradevole al pane, ai dolci o ad altre vivande. L'essenza ha inoltre proprietà digestive, carminative e stimolantiti, ma in forti dosi può risultare tossica e quindi va usato solo sotto controllo medico.

QUANDO SI RACCOGLIE

COME SI PREPARA LA CONSERVAZIONE

I caratteristici acheni dell'anice, fortemente aromatici, vengono comunemente detti semi anche se in senso botanico sono dei frutti; si raccolgono quando sono ben maturi recidendo le piante al piede.

Stendere i semi su tele all'ombra. Conservarli chiusi in vasi di vetro o in sacchi di tela o di carte, che li proteggono pur conservando una buona aerazione.

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ENOGASTRONOMIA

di Christian Testori

Volterratoscana accortezze economiche e dietetiche della Liguria che alla pomposità dell’Emilia. Quella toscana è una cucina maschia, rude, "addolcita" solo da alcuni piatti poveri come la ribollita, che a fronte dell’importanza storica rivestita nel paniere degli strati più disagiati, erroneamente ne vengono sovente elevati ad essenza. La qual cosa non significa che sia sconsigliato mangiarla. Anzi, la ribollita è uno straordinario piatto di recupero, nel suo genere tra i più interessanti del bel paese: il suo nome nasce proprio dal fatto che gli

Taglierini al tartufo Se il settore alimentare rappresenta il vero avamposto italiano contro la crisi, capitalizzando la crescita di investimenti e di attenzione alla qualità che si è registrata negli ultimi due lustri, c’è una cucina regionale che sembra non conoscere limiti nella ricerca dell’eccellenza. E con essa, ovviamente, il suo territorio. Benvenuti nel cuore pulsante della Toscana, nelle Colline Metallifere, nella regione del Chianti e nella val di Chiana, da cui il nome della celebre razza bovina. I suoi centri non abbisognano di presentazioni: Volterra, San Gimignano, Siena, Montepulciano sono solo quattro esempi di quanto l’uomo, in altri tempi, abbia saputo riscattare con la maestria e le arti un territorio invero monotono quanto a paesaggi e tratti morfologici. Un paesaggio oggi reso unico da questi paesi arroccati come una fortezza sui colli, popolati da botteghe di prodotti tipici che offrono tutto il ben di Dio di cui questa terra rigogliosissima è capace. È difficile se non impossibile sintetizzare in poche righe la cucina toscana, a base prettamente carnea, dove agli animali di allevamento si sposa abbondantemente la cacciagione, che molto spesso nei menù la fa da padrone: lepre e cinghiale sono infatti menzionati non meno di bovini e suini, benché a questi ultimi siano dedicati apposite macellerie (chiamate norcinerie da norcino, colui che macella il maiale e si occupa di lavorarne le carni). Ad aprire un menù toscano, immancabili, i crostoni tipici che hanno la missione di educare il palato a gusti tendenzialmente più decisi e maturi di quelli a cui è abituato l’ospite, che per tal via ha modo anche di degustare il pane toscano, completamente privo di sale. Sicuramente l’unica cosa insipida e neutra che può toccar di mangiare da quelle parti. I fegatini di pollo e coniglio, uniti al macinato misto di bovino e suino e quindi alla pasta di acciughe e ai capperi tritati, conferiscono infatti alla salsa che vi si spalma sopra sentori artificialmente selvatici, che predispongono il gourmet a un’esperienza gastronomica antitetica sia alle

La Toscana è terra di tartufi. Ne esistono diverse tipologie, bianche o nere, che variano a seconda della zona e dei mesi. Tutti, però, si possono degustare e apprezzare con la seguente ricetta che vuole esaltarne l’inconfondibile aroma, rendendolo protagonista incontrastato del piatto. Si noti che gli ingredienti riportano genericamente il termine "pasta". Col tartufo sono consigliabili molto paste fresche (a patto che siano lunghe) e, soprattutto, gli gnocchetti di patate. Ingredienti per 4 persone gr 400 di pasta gr 100 di tartufo 2 spicchi d'aglio olio extravergine d'oliva gr 50 di burro sale, pepe Preparazione Si mettano i tartufi puliti in un tegame con 4-5 cucchiai di olio, il sale e l'aglio intero: a fuoco molto basso far insaporire prestando massima attenzione a non far bollire l'olio e a far rimanere bianco l'aglio, che alla fine dovrà essere tolto. Cuocere la pasta scolandola al dente, metterla in una zuppiera e condirla con la salsa di tartufo. Girare accuratamente il tutto, regolando di sale e grattando ancora un po' di tartufo a piacere.

Abbinatelo con ... San Gimignano Rosso Vino DOC della provincia di Siena, a base di uva Sangiovese, modestamente alcoolico (11,5%) e fermo. Di colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l'invecchiamento, presenta un odore vinoso e al contempo delicato. Al palato appare asciutto, armonico e giustamente tannico. È consigliabile a tutto pasto, specialmente per degustare i funghi che necessitano di un vino non troppo alcoolico, di struttura media ma con un bouquet intenso.

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ingredienti principali sono le verdure cotte avanzate dai giorni precedenti che vengono, appunto, fatte ribollire tutte insieme, con l'aggiunta di pane raffermo. Essendo un piatto regionale, ed essendo le pur piccole regioni italiane ancora troppo vaste per esprimere la ricchezza degli usi e costumi in voga nel nostro paese, della ribollita non esiste un'unica ricetta. Alcuni ingredienti, tuttavia, sembrano essere essenziali per poterla definire tale: i fagioli e il cavolo nero.

Agenda Eventi 2010 Miacce Valsesiane Specialità locali dolci e salate Scopello Valsesia (VC) dal 24 dicembre 2009 al 12 gennaio 2010 Gli alpini della sezione di Scopello sono lieti di farvi assaggiare la specialità valsesiana preparata e farcita come desiderate, dolce o salata, nella baita sita nel centro del Paese, sotto la Chiesa. Mostra del Radicchio Rosso “Fiori d'inverno” Zero Branco (TV) dall’ 8 al 17 gennaio 2010

Di ben altra ascendenza, come si può facilmente constatare, primi piatti come le pappardelle fresche, condite con ragù di lepre o cinghiale. Le ricette possono subire alcune variazioni, ma la base dei ragù è piuttosto ricorrente e comprende sedano, carota, cipolla, alloro, bacche di ginepro, rosmarino, timo, aglio e – ca va sans dire – vino rosso. A tal proposito è consigliato stappare una bottiglia di Chianti che, sebbene aperta, potrà essere scaraffata e servita durante il pranzo o la cena. Vale la pena sottolineare che nel ragù di cinghiale molte ricette indicano anche di non lesinare una spruzzata di peperoncino. Si diceva testé dell’importanza che per la Toscana assume il maiale, una centralità che non costituisce un unicum in Italia ma che, come sovente accade nello stivale, viene declinata secondo gusti e usanze specifiche. Si vedano, a tal proposito, le costolette di maiale alla toscana, su cui al termine della rosolatura si aggiungerà vino bianco e semi di finocchio. Particolare l’abbinamento di mele di qualità dura, con un buon indice di acidità, cotte a spicchi nel burro. E poiché del maiale non si butta via nulla, tantomeno il fegato, in Toscana hanno ideato uno tra i miglior piatti di frattaglie italiani: i fegatelli di maiale con la rete. Anche in questo caso la ricetta è elementare prevedendo il solo spezzettamento del fegato, da condire con sale, pepe e semi di finocchio. Ogni trancio dovrà essere infilato nella rete, quindi infornato in una teglia unta con poco olio. La cottura dovrà durare trenta minuti circa. Per concludere il pasto, un dolce attinto dalla ricca gamma di tipologie toscane di dessert. Varrà la pena ricordare i più celeberrimi: panforte, cantucci e ricciarelli, che pongono la regione ai vertici della pasticceria secca. Meno note le pesche al cioccolato, dolce della tradizione pasquale, che per il gusto esplosivo e la facilità di preparazione meritano maggior diffusione. Le pesche vengono tagliate a metà e svuotate. L’interno deve essere frullato insieme al cacao, allo zucchero, agli amaretti e al liquore strega. Con il composto così ottenuto si riempiono le pesche svuotate, che deposte in una teglia vengono cotte in forno per 20 minuti circa, a 180 gradi. Possono essere servite appena sfornate, oppure dopo 3/4 ore di frigo.

Diciassettesima Mostra del Radicchio Rosso Tardivo di Treviso. Presso gli stand, la cucina propone ai visitatori un ampio menu caratterizzato da piatti tipici, come gnocchi e pasticcio al radicchio, radicchio ai ferri, pizza con radicchio e pancetta. Si possono inoltre degustare ed acquistare prodotti a base di radicchio, quali grappe, amari, liquori e formaggio. Tutte le sere saranno allietate da balli con orchestra. Informazioni su: www.fioridinverno.tv Prima del Torcolato Breganze (VI) il 17 gennaio 2010 La prima ed unica spremitura in piazza del grande passito di Breganze, giunta alla quindicesima edizione. La Prima del Torcolato riunisce un pubblico che va dalle famiglie e semplici curiosi agli appassionati di vino. Avvio previsto sabato 16 gennaio, con la cerimonia d'investitura e la cena di Gala per l'ambasciatore del Torcolato nel mondo per l'anno 2010, anche quest'anno un importante personaggio pubblico. Domenica pomeriggio, in piazza Mazzini, appuntamento con la sfilata della Magnifica Fraglia del Torcolato e il tradizionale mercatino dei prodotti tipici della Pedemontana Vicentina. Concluderà la manifestazione la spremitura pubblica del "Primo" Torcolato D.O.C. Breganze Vendemmia 2009, accompagnata da momenti folcloristici. Ulteriori informazioni: www.stradadeltorcolato.it Cene Galeotte 22 gennaio 2010 Dove: Volterra (PI) Dal 18 settembre 2009 al 23 aprile 2010, per una sera al mese, il carcere di Volterra aprirà nuovamente le porte al pubblico e i suoi detenuti vestiranno gli insoliti panni di chef, maitre e camerieri. Circa trenta i detenuti impegnati nella organizzazione delle otto cene che non hanno nulla da invidiare ai ristoranti più blasonati. La cena sarà servita nella cappella sconsacrata del carcere, per l'occasione trasformata in una perfetta sala da pranzo con tanto di candele, tavole impeccabilmente apparecchiate, camerieri/carcerati sempre attenti e disponibili, sommelier e vini importanti (a cura della Fisar di Volterra). In cucina i detenuti potranno contare sull'esperienza e la maestria di un rinomato chef individuato dall'enogastronomo Leonardo Romanelli in collaborazione con lo Studio Umami. Venerdì 22 Gennaio è prevista una cena in favore della Diocesi di Fiesole per la Palestina.

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di Simona Guidicelli

OROSCOPO 2010

21 marzo - 20 aprile

ARIETE

Buon inizio d’anno per voi del segno, con Marte e Mercurio in aspetto positivo e con un favorevole Saturno. Dopo un anno passato con alcuni insuccessi è arrivato il momento di rimboccarvi le maniche. Come vostro solito, di energia ne avete da vendere ma, ogni tanto un po’ di tatticismo e di saggezza non guastano. Fate attenzione però, lo stress è in agguato, meglio riservare una parte delle vostre energie. Nel mese di Febbraio, sarebbe il momento buono per concedersi un bel viaggio. Divertente e alquanto trasgressiva, la successiva fase primaverile in quanto da Aprile a Giugno ci sarà un alleggerimento dagli aspetti Astrali. A Ottobre, state attenti a non commettere errori di valutazione e attenzione all’alimentazione: è necessario seguire un corretto equilibrio. Sarà un anno piuttosto intenso, dal punto di vista dei sentimenti, per voi dell'Ariete. Ci saranno tanti cambiamenti, ai quali dovete essere in grado di reagire prontamente.

21 aprile - 20 maggio

23 luglio - 22 agosto

LEONE

Nessun transito negativo per il vostro segno. Procedete con sicurezza lungo una strada che per voi è sempre definita, piacevole. Quest’anno il super-IO del senso del dovere diventa meno inflessibile. Può essere l’anno di una nuova forma di leggerezza, uno spirito più naturale e disinvolto nelle relazioni d’amicizia e d’amore. La vita è rispetto dei ruoli e dovere ma anche premio, gioia, tenerezza, slancio. Marte nel segno farà sentire i suoi benefici. Avanzate, non perdete un millimetro del terreno conquistato. Avete il permesso dei pianeti di vivere con maggior naturalezza. Sempre scrupolosi e puntuali nell’affrontare la quotidianità, vi regalate spazi di respiro, quelli che appartengono al cuore. La primavera è particolarmente fortunata per coloro che sognano di stabilizzare i propri legami, creare qualcosa di concreto con la persona amata. Negli ultimi due mesi dell’anno i nati del segno affronteranno un periodo pieno di soddisfazioni nel lavoro e sotto il profilo finanziario.

GEMELLI

Questo nuovo anno vi favorirà in tutti gli ambiti, senza lasciarvi indulgere agli eccessi e alle sfide esagerate che tanto vi attirano. Il bottino potrà essere piuttosto adiposo, soprattutto per ciò che concerne i sentimenti: le love stories nate quest'anno dovrebbero godere di un'apprezzabile longevità. Anche il settore lavorativo godrà di un periodo fruttuoso e propositivo. Si può dire certamente che per voi sarà un anno eccellente e che l’appoggio di Saturno sarà un’altra carta importante, basilare nel vincere la mano e l’intera partita nelle situazioni che vi stanno a cuore! Le stelle vi suggeriscono qualche traccia di malizia in più: in qualche campo vi renderanno più possibilisti e spregiudicati del solito e quindi le opportunità di trarre il meglio dal messaggio celeste diventano maggiormente consistenti. Forte la carica di profondo rinnovamento che comporta Plutone, che vorrebbe vi reinventaste l’intera vita dalle sua redici, in amore, in casa e anche nel settore delle amicizie.

CANCRO

L'anno 2010 si annuncia impegnativo anche per via delle diverse dissonanze planetarie che vi obbligheranno a fronteggiare situazioni non sempre facili. Grandi decisioni bussano alla vostra porta nel 2010: il percorso non sarà semplice, dovrete sfoderare un grande spirito di adattamento per fronteggiare cambiamenti e novità che, in qualche caso, vi prenderanno in contropiede. Affronterete le difficoltà con grinta, decisi a risolverle; se non ci riuscirete non ve la prenderete molto perché avrete nuove idee da inseguire. Il nuovo anno vi vedrà trionfare in molte situazioni grazie all'eccellente appoggio di alcuni astri che stimolano il vostro spirito di iniziativa e la fantasia. Avrete una carica formidabile di energia e di ottimismo, sarete propositivi come non mai, senza tuttavia perdere il controllo delle situazioni in cui vi troverete. Un po' in salita verso la fine. Non dovrete mettere il carro davanti ai buoi e accontentarvi di più. Non accettate una situazione per cui non siete preparati.

TORO

Se, durante l'anno passato, vi siete impegnati nel raggiungimento dei vostri obiettivi e se siete stati capaci di cogliere al volo tutte le opportunità che vi sono state date, vivrete sicuramente più sereni il vostro cammino durante il 2010, in quanto non avrete il peso di tanti pensieri e meno ansie da sfogare. Se invece vi siete lasciati andare, credendo che tutto vi fosse comunque dovuto o che la felicità avrebbe bussato alla vostra porta, senza il minimo sforzo per cercare di raggiungerla, allora vi attende un anno molto faticoso. Già dai primi mesi dell'anno aumenteranno la vostra ambizione e anche la vostra voglia di mettervi in gioco. Vi procureranno un notevole stress fisico ed emotivo, quindi dovrete fare attenzione a non esagerare mai, nemmeno quando credete di avere la situazione in pugno e che un paio d'ore di lavoro in più non possano nuocere né al vostro fisico, né tanto meno alla vostra situazione sentimentale o familiare!

21 maggio - 21 giugno

22 giugno - 22 luglio

23 agosto - 22 settembre

VERGINE

Anno importante il 2010 per i nati del segno. Dovrete affrontare dure prove e prendere decisioni fondamentali per la vostra vita. Scrollatevi di dosso quei pesi che ormai portate dietro da troppo tempo, e che vi hanno imposto troppe rinunce e sacrifici. Un anno all’insegna del rinnovamento e della razionalità, che vi metterà in condizione di assumere maggiori rischi e individuare quello che realmente vi interessa ed è prioritario per voi. Sebbene Giove in opposizione dai Pesci sembrerà esservi d’intralcio nel vostro cammino, troverete a soccorrervi, sia Mercurio che Plutone: risolverete diversi problemi, soprattutto grazie ad una qualità che non pensavate di avere, l’astuzia. Tutto dipenderà dal modo in cui vi approccerete alle diverse situazioni; sarà utili sviluppare una scala di valori che racchiuda i vostri bisogni più reconditi. Aprite voi stessi con chi vi sta intorno, ne avrete un arricchimento sia sotto il profilo materiale che sotto quello spirituale.

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OROSCOPO 2010

23 settembre - 23 ottobre

BILANCIA

L’anno 2010, per i nati sotto il segno della Bilancia, si accende sotto gli auspici di Saturno. Energia e vitalità saranno gli ingredienti essenziali per risolvere tutte quelle situazioni in sospeso che vi portate dietro dall’anno appena trascorso. Le problematiche che minavano il vostro stato d’animo ed incupivano la vostra spensieratezza, potrebbero finalmente trovare una soluzione definitiva. E' arrivato il momento di giocare, di essere protagonisti della vostra vita, non più spettatori. Saturno vi dona razionalità e saggezza: chiudete quei rapporti che non vi porteranno niente di buono, coltivate amicizie giuste, raggiungete i vostri obbiettivi! Importante sarà comunque mantenere lealtà e affetto verso chi vi è amico e prova per voi sentimenti sinceri. Con l’arrivo della stagione estiva, Giove, in transito momentaneo in Ariete, renderà caotica e complessa la vostra vita sentimentale. Le vacanze saranno bollenti: incontri piccanti all’orizzonte che stimoleranno completamente la vostra carica erotica. Fine dell’anno all’insegna di un sorprendente exploit finanziario.

24 ottobre - 21 novembre

Tutto questo è causato da un movimento astrale a voi poco favorevole, infatti, Saturno, che è il vostro pianeta guida, ha terminato il soggiorno in Vergine al trigono del vostro Sole ed è entrato in Bilancia in aspetto poco piacevole, ma non preoccupatevi troppo, poiché Sarà Giove nel segno dei Pesci a compensare questo squilibrio. Nella prima parte dell’anno sarete portati a fare dei cambiamenti sostanziali dovuti a delle scelte drastiche che potrebbero cambiare di netto la vostra vita, prendete coscienza di ciò che si vuole prima di affrontare qualsiasi passo.

21 gennaio - 19 febbraio

ACQUARIO

Cari Amici dell’ Acquario, non poteva iniziare meglio questo 2010, con Saturno, uno dei vostri Astri guida installato in Bilancia già dallo scorso Ottobre ed in transito in eccellente aspetto di trigono al vostro segno. Questo fa si che le vostre qualità siano tutte schierate e pronte all'uso, quindi cercate di sfruttare al meglio questa occasione, magari per risanare o riequilibrare delle questioni che fino ad ora avete un po’ trascurato, mi raccomando però, fatelo con la consapevolezza che le situazioni non si cambiano in un solo giorno. Infatti sarà necessario del tempo per affrontare responsabilità e battaglie di ogni genere, che vi attenderanno in questo primo semestre dell’anno, dovute all’influenza di Marte in lungo transito nell’opposto segno del Leone fino ai primi di Giugno. Nella seconda parte dell’anno ed in particolar modo nel mesi estivi, le stelle vi vogliono felici quindi potete stare tranquilli poiché per voi ci saranno delle bellissime sorprese.

SAGITTARIO

Il primo periodo dell’anno sarà molto interessante, soprattutto utile per rimettere a posto un po’ di situazioni danneggiate negli ultimi mesi dello scorso 2009. Tutto questo grazie all’influsso positivo di Giove, Marte e Venere che vi invitano a ritrovare la fiducia in voi stessi e quindi ad affrontare e risolvere situazioni che fino ad oggi sembravano irrisolvibili. I mesi invernali saranno quelli più fortunati sotto l’aspetto economico-finanziario, mentre per l’amore bisognerà aspettare l’estate per sentire il vostro cuore battere all’impazzata. State attenti soprattutto alla prima metà dell'anno poichè non mancheranno colpi di scena riguardanti principalmente questioni familiari che vi porteranno a scontrarvi con persone a voi care, ma se usate al meglio le vostre qualità riuscirete a superare anche questi piccoli “incidenti di percorso”. A differenza degli anni passati, la vostra forma fisica e mentale sembrerà in leggero calo, non spaventatevi poiché tutto tornerà come prima, in primavera l’energia che avete dentro uscirà e vi sentirete rinati.

CAPRICORNO

Anno non facile per gli amici de Capricorno, il vostro cammino sarà pieno di ostacoli e di sfide che, se affrontati nella giusta maniera, saranno superati senza gravi conseguenze. Pazienza e caparbietà saranno le armi vincenti per uscirne fuori vittoriosi.

SCORPIONE

Dire che il 2010 sarà un anno fantastico, per voi amici dello scorpione, è poco! Da circa metà Gennaio Giove, al trigono del vostro Sole nei Pesci, diventerà vostro alleato per tutto l’anno, tranne che per una piccola pausa, da giugno a settembre. Proprio in questo periodo dovrete affrontare qualche piccolo inconveniente sia in campo lavorativo che in quello affettivo. Urano, agli ultimi gradi del segno dei Pesci, vi sarà però di aiuto. Vi darà il coraggio di chiarire malintesi con un vostro superiore, e di parlare chiaro con il vostro partner riguardo a diverse questioni che rischiano di mettere a repentaglio la stabilità del rapporto. Tutto sarà quindi alla vostra portata, basterà saper essere decisi e disponibili ai cambiamenti repentini di rotta. Vedrete finalmente i vostri sogni concretarsi nella stagione autunnale, quando Giove, pianeta amico, ritornerà a servizio del vostro segno, e, con l’appoggio di Venere, darà una svolta decisiva alla vostra vita sentimentale.

22 novembre - 21 dicembre

22 dicembre - 20 gennaio

20 febbraio - 20 marzo

PESCI

Si prevede un 2010 strepitoso per voi nati sotto il segno dei Pesci visto che già dall’inizio dell’anno, nonché da Gennaio accoglierete Giove, che sarà molto generoso e vi porterà molte sorprese interessanti per non parlare di Mercurio e Venere che vi saranno favorevoli fino a Maggio. Questi ultimi, vi caricano di passione e vi rendono molto fantasiosi soprattutto in amore. La comunicazione diventerà brillante e riuscirete ad ottenere ciò che non avete avuto fino a questo momento, proprio per la vostra scarsa capacità di comunicare. Non mancherà una buona dose di fortuna e grazie all'intuito spiccatissimo saprete sfruttare non solo le vostre qualità, ma anche ciò che vi offre il destino. L'Estate sarà bollente, farete molta fatica a trattenere il vostro istinto, fate attenzione a non suscitare eccessive gelosie soprattutto tra Giugno e Luglio, quando Marte, termina il soggiorno in Leone e si sposterà in Vergine all'opposizione del vostro Sole. Verso la fine dell’anno, il vento degli astri cambierà direzione, ponendovi spesso di fronte a situazioni più impegnative.

... l’altraitalia 39


di Simona Guidicelli

ASTROLOGIA

Pianeta: Saturno Elemento: Terra Colore: Grigio Metallo: Piombo Pietra: Perla

Caratteristiche generali: Fra i segni zodiacali il Capricorno è detto segno cardinale, di terra, il cui pianeta dominante è mercurio. Il segno opposto al Capricorno è il Cancro, e il suo colore è il nero. Segno zodiacale passivo per la classificazione binaria i Capricorno hanno un temperamento egoista e spesso introverso. Segno cardinale per il ternario, i Capricorno sono dotati di spirito pratico e di una spiccata vivacità intellettuale. Trigono di terra per la classificazione quaternaria, questo segno è denotato da una forte impronta al senso del dovere. Saturno, pianeta dominante conferisce ai nati sotto questo segno un temperamento tendenzialmente prudente, vagamente diffidente, e con un forte senso del sacrificio. Il Capricorno è la più alta emanazione del trigono di terra, ciò significa che in questo segno sono dominanti l'umanità e il senso del dovere. I metalli e i minerali per questo segno sono l'oro e l'onice. Le piante e i profumi che meglio si sposano ai Capricorno sono: il narciso per infondere prudenza, il giacinto che stimola le doti della saggezza, e la menta, che aumenta la tempra del carattere. Il colore astrale è il verde, mentre il numero fortunato è il 3: questo numero da sempre considerato il numero perfetto, conferisce ai suoi protetti una provvidenziale influenza. Simbologia e indole: Il Capricorno è simbolo del sacrificio, a volte rappresentato anche come mezzo capra e mezzo pesce. Il Capro è da sempre stato l'animale emblema del sacrificio e della via per l'espiazione di un peccato, non è un caso oltretutto, che anche la religione Cattolica faccia nascere il Redentore nella notte in cui il sole entra nel segno del Capricorno, e si

verifica il solstizio d'inverno. I Capricorno sono considerati persone ombrose, dal carattere molto chiuso, spesso introverse, molto malinconiche, ma dal profondo spessore culturale e intellettuale e,. non da meno, ottimi amici molto affidabili. I Capricorno hanno un carattere ambizioso e determinato, e si impegnano negli obiettivi che si sono prefissi con molta costanza e assoluta serietà. Il loro forte senso del dovere, li porta a non mettersi mai in posizioni di padronanza, ma a stare al livello degli altri. Sono molto orgogliosi e raramente perdonano l'inganno. Altre caratteristiche dell'indole di un Capricorno possono essere: la timidezza, la severità, l'autorevolezza, il dinamismo, spesso sono molto sensibili, prudenti, dal carattere difficile e spesso con una tendenza ad un estremo autocontrollo. Persone e corpo: L'uomo del Capricorno tende ad essere adattabile ma molto egoista, si adatta troppo facilmente alla vita facile. Si impegna per i propri obiettivi ma tende a dimostrarsi un po' tirchio nella gestione della vita domestica. È possessivo nei confronti della propria compagna e raramente è incline a sperperi e ad uscite serali. Molto sedentario segue una quotidianità controllata e regolata, salvo poi dimostrare un temperamento decisamente passionale. La donna del Capricorno è dotata di ottimo buon senso, affabile e sensibile, ha un ottimo senso sociale, è profondamente leale ma ama la sua libertà ed ha delle profonde caratteristiche di ribelle, spesso esigerebbe dominare coloro che ama. I Capricorno devono fare molta attenzione alle giunture e alle fratture, i nati sotto questo segno dovrebbero quindi tenersi in costante attività fisica e controllarsi con una buona dieta regolata.

... l’altraitalia 40


caseificio artigianale

Sa Mura Bianca Strada comunale Nulvi-Laerru Tel.079/576204 Cell.338/5483338 www.samurabianca.altervista.org samurabianca@tiscali.it

Nulvi, centro di grandi tradizioni agropastorali, nei primi decenni del novecento vede l'iniziativa nelle vie del paese di aziende toscane, laziali e locali nella produzione del Pecorino Romano. Nel dopoguerra, accanto alla produzione artigianale del "casu frittu" e del "casu ruju", si affermò l'imprenditoria locale con la costituzione di tre gruppi pastorali che negli anni '60 diedero vita alla locale lattiera sociale. La famiglia Sechi da oltre cinquant'anni alleva nei pascoli di Sa Mura Bianca pecore di razza sarda la cui produzione lattea veniva ceduta negli anni '50 a caseifici privati. La trasformazione casearia avveniva comunque anche in famiglia con la produzione di formaggi semicotti e di "casu frittu"da destinare alla provvista casalinga.



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