Queste frasi mi sono apparse chiare quando, tempo fa, ho appreso della vicenda Penati (ex presidente della provincia di Milano-Pd), in seguito del caso Lusi (tesoriere della Margherita) e, qualche settimana fa, della vergognosa vicenda della Lega. Ho pensato alle persone implicate in queste vicende come a dei geni, per la loro grande abilità nel mettere in atto progetti finalizzati all'utilizzo improprio, per proprio conto o per conto terzi, di danaro altrui (sempre che i reati vengano confermati dalla Magistratura). Giri e raggiri di danaro, che al solo sentirne parlare ti viene la pelle d'oca. Imbrogli, donazioni fantasma, finte caparre, falsi pagamenti, cartelle “the family”, “the parents”, “the conoscent e lontani discendent”. Nel caso della Lega la genialità non ha confini: sono stati, negli anni, così geniali da far credere alla gente di essere i soli messaggeri della verità. Loro? Integerrimi. Tutti gli altri? Ladri. Ricordate lo slogan “Roma ladrona”? Ora i poveretti, geni incompresi, devono fare i conti con le scritte a caratteri cubitali “Lega ladrona”. L'Italia è traboccante di geni del tipo sopra descritto. Ma c'è un'altra categoria che, a mio modo di vedere, è altrettanto pericolosa: quella degli sprovveduti. Sono quelli che si trovano ad abitare in appartamenti con vista Colosseo e che, purtroppo, non sanno chi lo ha pagato e perché; sono quelli che non sanno spiegarsi come mai dalle casse del partito mancano cifre astronomiche. Sono quelli che non sapevano e quindi non portano conseguenza: la colpa è degli altri! Ma se non sanno badare alle loro cose, come possono pretendere di governare un intero Paese e pretendere di essere creduti? Ritornando alla genialità: la sfrontatezza (o la genialità, come preferite) di taluni politici italiani con la quale estorcono danaro ai cittadini (perché di questo si tratta!) ha davvero superato ogni limite. Ora, a fronte del marciume dilagante si parla di trasparenza, di regole per il finanziamento ai partiti quando, in realtà, gli italiani si erano già espressi dicendo chiaramente NO al finanziamento pubblico dei partiti, nel lontano 1993, con un referendum ad esito plebiscitario. E mentre gli italiani comuni, quelli dal QI normale per intenderci, continuano a fare sacrifici, perché, oramai, non solo non arrivano a fine mese ma hanno le tasche vuote già dall'inizio del mese, la categoria dei geni che fa? Assolutamente niente! Chiacchiera, chiacchiera, chiacchiera ... fa un gran parlare nei vari salotti televisivi di quanto e come ridurre il finanziamento ai partiti, di cosa andrebbe eliminato per ridurre la spesa pubblica, della trasparenza che occorre nella gestione delle enormi cifre provenienti dal finanziamento ai partiti, quelli che esistono e quelli che non esistono più da anni, delle denunce che presenteranno nei confronti di chi li infanga, delle vacanze pagate da altri, degli appartamenti in cui vivono, pagati dal partito ma che utilizzano per lavoro, del fatto che i parlamentari italiani, tutto sommato, non percepiscono stipendi alti, del fatto che la legge consente di percepire una pensione da ex parlamentare, una da ex consigliere regionale e una da ex docente, discutono sul numero della auto blu che in Italia sono ancora 72.000 ecc. ecc. Intanto l'indignazione della gente sale di giorno in giorno. Quest'ondata di antipolitica non serve, pare, a far riflettere e, soprattutto, a far prendere decisioni concrete alla classe politica che pare essersi bloccata, per un guasto tecnico, su un binario morto. Si troveranno mai, in Italia, i tecnici esperti nel riparare il guasto? Al momento sembra proprio di no! Che bello sarebbe avere un'Italia popolata da meno geni degli intrallazzi, delle collusioni, degli imbrogli, delle truffe, dei raggiri ... !!!
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se non fuggire da un mondo dove non solo viene imbrogliato il presente ma viene anche frodato anche il futuro, quello delle nuove generazioni che non avranno più ragioni per nutrire fiducia nella società, nelle istituzioni e nemmeno in se stessi. Questa nostra abitudine di ritenere normale il violare le regole, il barare, il pensare di essere furbi, deve finire! Dobbiamo adoperarci tutti nel far capire che è giusto premiare quelli che meritano. Essere indifferenti di fronte a questo problema significa trasmettere ai nostri figli, ai nostri nipoti, l'idea che tutto ciò è normale. Pare, però, che qualcosa stia cominciando a cambiare. Casi come questo, in Italia, costituiscono la regola. Il merito soccombe e prevale il privilegio. Nell'immaginario collettivo italiano il fatto di cercare favori, raccomandazioni o protezione è considerato un piccolo peccato veniale da furbacchioni, quelli che, per intenderci, pensano che il mondo sia diviso nella categoria dei furbi e quella dei fessi dove, ovviamente, i fessi sono sempre gli altri. Un abuso dietro l'altro ed i cittadini, sdegnati ma stanchi, si sono ormai rassegnati al fatto che in Italia ... è così ed è sempre stato così: non ci si può far niente! È una logica perversa accettata ormai da tanti che non hanno più né la forza né la voglia di lottare. Certo è che la politica non aiuta a migliorare la situazione. Nichi Vendola, ad esempio, è indagato per concorso in abuso d’ufficio per aver favorito la nomina di un primario all’ospedale San Paolo di Bari. L’abuso di ufficio è sempre fumoso, il concorso ancor di più, ma è grave il ragionamento che ha usato Nichi Vendola per discolparsi. Vendola rivendica il suo intervento in favore del primario perché, parole sue, i suoi “unici, rari, interventi relativamente ai concorsi, sono stati sempre mirati alla raccomandazione che potesse vincere il migliore”. Che significa? La raccomandazione diventa legittima se tu ritieni (in base a cosa?) di raccomandare il migliore? Premesso che ogni volta che un politico “interviene” in un caso del genere commette un reato e comunque si pone (anche solo moralmente) al di sopra della legge, non sta al politico stabilire se il suo raccomandato è bravo o meno. Ci sarà una commissione esaminatrice che potrà valutare la bravura o meno del candidato! Dicevamo che gli italiani sono stanchi di farsi prendere in giro, ma forse vi è una categoria di persone che, nonostante tutto, ha ancora la capacità di ribellarsi: sono coloro che chiamiamo “i cervelli in fuga”. E cosa devono fare d'altro
Sulla Rai è andata in onda la puntata pilota di un nuovo format televisivo: “Socrate - Il merito in tv”. Lo show è condotto da Tiberio Timperi e Sofia Bruscoli. Il programma è nato da un’idea di Cesare Lanza, il noto autore televisivo che oltre un anno fa aveva lanciato un “manifesto su internet” per fondare una sorta di movimento dedicato alla “premiazione del merito” in tutte le sue forme: “Un luogo virtuale di rinnovamento con porte aperte a tutti coloro che desiderino cambiare finalmente qualcosa in Italia - si legge sul sito - e siano disponibili ad impegnarsi affinché i cittadini meritevoli tornino ad avere la possibilità di emergere, affermarsi e, all’occorrenza, governare”. La Rai ha deciso di trasformare questa dichiarazione d’intenti in un programma da prima serata, senza casi umani, ma con testimonianze reali di persone che grazie alle loro capacità sono riuscite ad affermarsi nella vita. Che sia l'inizio di un percorso di “ravvedimento” generale? 3
Nel tempo, l'avevamo accettata come Legge quella sul finanziamento pubblico ai Partiti. E quando Craxi parlò, a mio parere con grande coraggio e grande franchezza nella imminenza di Tangentopoli, fu scandalo e segnò, di fatto, la fine della prima Repubblica. Fu promosso un referendum (introduzione su iniziativa dei radicali -1993 - del principio dei “Rimborsi elettorali”). Infatti la nuova legge parla di “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici” che reintrodusse il Finanziamento pubblico ai Partiti. Poi seguirono modifiche a ritmo battente fino alla Legge no. 51 del 2006 la quale stabilisce che l'erogazione è dovuta per tutti i cinque anni di legislatura indipendentemente dalla sua durata effettiva. Nel 2008 i partiti percepiscono, in effetti, il doppio dei fondi a suo tempo stabiliti giacché (udite udite!) ricevono contemporaneamente le quote annuali relative alla XV ed alla XVI Legislatura. Per di più, per far elargire soldi a tutti, comunque, si è abbassato il quorum necessario per accedervi (dal 4% all' 1%). Se proprio qualche piccolo partito non ce la fa in base ai voti raccolti, i contributi non restano nelle casse pubbliche (disturberebbero!): vanno invece proporzionalmente distribuiti ai Partiti sopra la soglia dell' 1 %!!! Un vero tuffo nella piscina di Paperon de' Paperoni bella piena di dollaroni! Bersani ha precisato nei giorni scorsi che bisogna varare una legge seria! Quindi, secondo lui, esistono leggi pro4
FRECCIATINE mulgate che non sono serie? Forse mi sbaglio, ma un testo di legge onesto già esisterebbe se andiamo a ritroso nel tempo: ma, evidentemente, di rispolverare un dispositivo che non fa comodo alle Lobby dei partiti ed aggregati nessuno ha interesse.
La storiella Per essere in Democrazia è necessario svolgere la vita democratica, appunto, attraverso la costituzione dei partiti. I partiti, per crearsi ed esistere, devono avere i necessari fondi. Da dove arrivano i fondi? Se dai soli “normali” iscritti non va bene, perché i contributi sono pochi, se da simpatizzanti “ricchi” non va bene, perché i “ricchi” foraggiano solo i partiti che possono utilizzare per fare i loro interessi e quindi altri schieramenti verrebbero annientati! Se dal contributo volontario del 4 per mille dell'imposta personale sul reddito (vedi Legge richiamata sopra) non va bene, perché non tutti la pagano e perché comunque questa norma indicava un tetto massimo di attribuzione globale. E quindi? Niente, si lascia in vigore una legge, una qualsiasi, basta che porti tanti soldi ai Partiti finché qualcuno, a caso, reclama oppure scoppia qualche scandalo. A quel momento la si cambia con un'altra, qualsiasi nella formulazione, basta che il risultato finale sia l'avere a disposizione sempre molti, tanti, troppi, soldoni da incassare.
Facciamo quindi, a caso, una legge ad hoc (una parte finanziamento libero, da privati, una parte finanziamento pubblico)? Dicono i partiti ... Il Buon Senso popolare stranamente manifestatosi solo di questi giorni insorge: ma non va bene lo stesso (sopratutto le regole applicate) visto che i partiti maggiori incassano un mucchio di soldi, incassano anche i potenziali rimborsi che non hanno avuti i partiti che non raggiungono un certo quoziente minimo per far parte del Parlamento (vedi sopra). Non va bene, perché il contributo per ogni elettore (Euro 5) è troppo ed i Partiti ne intascano 4, ma ne avrebbero bisogno solo di uno e, comunque ne utilizzano per 5 (per scopi di principio non compatibili con l'origine dell'attribuzione). Non va bene, perché i contributi li ricevono anche i Partiti che non esistono più e/o che scompaiono nel mentre. Non va bene, perché i partiti sono, o dovrebbero essere, comparati ad Associazioni no-profit e quindi non soggetti a controlli, bilanci, trasparenza ecc. ecc. Quindi, non va bene, perché il tutto è totalmente incontrollabile.
Su, proviamoci ancora: una nuova Legge? Quella che si sta delineando come sarà? Ovvierà a tutti questi inconvenienti ? Sia che il principio reggente i nuovi dispositivi sia il “Pubblico” sia che sia quello “privato” nulla cambierà! 5
Perché? Perché non sarà la soluzione per ovviare a quanto già sopra descritto, perché comunque la contabilizzazione da qualche parte sarà carente, perché continueranno o ri-inizieranno le iniezioni dirette o indirette di fondi privati, per non dire occulti, per non dire malavitosi, per non dire di origine “tangentistica”, per non dire che produrranno bilanci non trasparenti, ambigui, falsi o taroccati.
Perché, ammesso e non concesso che le regole saranno “accettabili” sotto forma della dignità e dell'etica, sicuramente i partiti faranno in modo, quantomeno, di non diminuire i contributi loro spettanti e quindi il risultato finanziario finale non cambierà! Quindi: di che cosa stiamo parlando? Avete già visto un imputato che alla fine di un processo stabilisce lui stesso la pena alla quale deve venire condannato? Se c'è un soggetto a livello delle Istituzioni che non può e non deve trattare questo argomento e fissare le regole sono proprio i partiti! Si è mai visto un impiegato che, senza discutere con il datore di lavoro, si fissa la sua funzione ed il suo stipendio? E chi allora, mi si dirà? Avete ragione: anche incaricando le più alte cariche o ordinamenti Istituzionali le stesse sarebbero composte da uomini di “parte” e/o “partiticizzati”. Proviamo allora con un referendum secco! Con le necessarie future garanzie d'applicazione si chiede al Popolo di proporre le Regole, di fare la Legge e di poterla controllare!!! Mi si dirà, ma chi controllerà i controllori delle Regole e l'applicazione della Legge se non, ancora una volta, i rappresentanti del Popolo che, presumibilmente, faranno capo a qualche politico, a qualche malavitoso, a qualche intrallazzatore? I controllori del Popolo potrebbero essere degli Alti Magistrati, la Corte di Conti, la Consulta! Ma anche loro sono “partiticizzati”! Potrebbero essere dei revisori esterni, grandi società, anche straniere, di respiro internazionale. 6
OK, ma come è successo recentemente in più di una occasione venuta alla luce, anche loro sono corruttibili! E quindi ... ? Speranza non vi è! La prova fresca fresca? A giugno scade il termine per lo Stato di versare l'ultima rata dei “contributi elettorali” per le ultime elezioni: 100 milioni di Euro! Visto quanto abbiamo raccontato sopra. cosa ci si aspetterebbe dai nostri politici? “...OK vista la grave situazione economica, vista la mancanza di soldi nella casse nazionali, visto che già abbiamo mangiato alla grande non vogliamo questi soldi! Usateli per scopi sociali, per la gente che non arriva alla fine del mese ...”! Invece (ma guarda guarda ...), i partiti non sono d'accordo o fanno dei distinguo!!! Il PD, per esempio, tramite l' onorevole Sereni, dice che non è giusto! Capite? È pur vero che qualche altro schieramento ha fatto sua questa idea di rinunciare (per esempio Di Pietro), ma anche in questo caso, o tutti o nessuno! Capite il gioco? “Facciamo così: io dico che sono d'accordo, tu dici che sei contrario cosicché ‘o tutti o nessuno’ e, non avendo l'unanimità, tutti prenderanno ... a malincuore ... il soldo ancora erogabile!!!”. Altro temine non trascurabile: ma la ricerca delle giuste regole tocca solo a quei cattivoni di politici e dei loro Partiti? Non stiamo dimenticando, per caso, a proposito di “finanziamento pubblico”, di menzionare gli aiuti statali ai sindacati di sinistra, destra e di centro, ai giornali, alla sanità, alla cultura (cinema e teatro in primis) ecc. ecc.? Come fanno negli altri Paesi? Semplice: finanziamenti privati documentati su internet con bilanci, contabilità e gestioni trasparenti! Punto! I loro partiti percepiscono di più? Assolutamente no: molto ma molto di meno! Ma sembra che questo basti! E allora? Cosa aspettate beneamati italiani? Ah ... dimenticavo: in tutti i casi, ma sopratutto col sistema del finanziamento “pubblico”, i soldini che vengono stanziati, ancora una volta, amici italiani, non arrivano ai partiti da Babbo Natale o dalla Befana, ma dalle vostre tasche sempre più vuote! Evito di aggiungere altre quattro pagine per elencare l'enorme quantità di soldi che girano attorno a questa “peste bubbonica”: le informazioni le trovate e/o le sentite in internet, in TV, alla radio ... Scommettiamo che niente di sostanziale cambierà, che tutto si quieterà e tutto sarà come prima? Come avrei piacere di venire clamorosamente smentito ! Che la Pace sia con voi !
ATTUALITÀ di Umberto Fantauzzo
La signora Valentina Sereni nel corso della sua dichiarazione sostiene che da numerosi decenni, conformemente ai vigenti programmi ministeriali, il poema dantesco viene dogmaticamente propinato, senza adeguata epurazione del testo poetico, a giovani studenti, i quali, non disponendo di alcuna capacità critica, sarebbero esposti ad un ipotetica manipolazione culturale con possibile effetto di deformazione etica, che casualmente determinerebbe l’insorgenza di attitudini e qualità umane deleterie di matrice xenofoba che potrebbero tramutarsi in atteggiamenti di odio e repellenza per il diverso. La commissione culturale ONU, criticando con particolare enfasi la prima cantica del poema: “l’inferno”, legittima il suo giudizio negativo sul capolavoro dantesco con inequivocabile riferimento alla collocazione di figure storiche di primo piano, appartenenti ai più svariati gruppi sociali, culturali, religiosi ed etnici, nell’inferno. I motivi più salienti che hanno ulteriormente indotto il gruppo di cultori Gerusch92 alla censura della Divina Commedia sono da imputare ai celebri protagonisti storici, sia reali che mitologici, ubicati nelle orribili località dell’inferno caratterizzate dalle più cruente sofferenze che immaginazione umana abbia mai potuto concepire, elemento rilevante sul quale il drappello di cultori ONU ha sollevato il dito indice in segno di repulsione e sdegno per il poeta, ritenendo la sua produzione letteraria opera satanica e come tale esageratamente inumana, a tratti perversa e riprovevole. L’ ingenerosa disapprovazione, che pesantemente gravita sulla Divina Commedia, intenzionalmente concertata dall’organizzazione accreditata presso l’ONU, reperisce le sue fondamenta nei seguenti spazi dell’infer-no in attinenza alle tipologie di colpe con le rispondenti pene, nello specifico: 7
ATTUALITÀ - canto XIV, nel terzo girone trovano posto i violenti contro Dio ed i sodomiti, destinati ad una corsa perenne sotto una pioggia di fuoco, per tale ragione il poema viene definito omofobo - nella terza bolgia, riportata nel canto XIX, vengono collocati i “ Simoniaci”, con riferimento alla Bibbia in Atti cap. 8 vv. 18-20 dove si narra di un certo Simone che cercò di comprare dall’apostolo Pietro il potere di trasmettere i doni dello Spirito Santo, luogo in cui Dante, accompagnato dalla sua guida Virgilio, incontra il suo acerrimo avversario papa Bonifacio VIII, Carlo d’Angiò e Costantino I; in quest’ambito infernale i residenti vengono puniti con i piedi in fiamme e la testa in giù conficcata in fossi, lentamente schiacciati nelle viscere del terreno; per la sua originale vendetta contro Bonifacio VIII Dante viene ritenuto anti papalino - l’ottava bolgia, per i consiglieri fraudolenti che bruciano all’interno di fiamme a forma di lingue, è il luogo nel quale Dante ha possibilità di conferire con Ulisse avvolto da un’unica fiamma biforcuta. Canti XXVI e XXVII per i quali il poeta verrebbe considerato anti epico e conseguentemente anti omerico - nella nona bolgia risiedono scismatici e seminatori di discordia, che vengono straziati e mutilati a colpi di spada con ferite che rimarginano prima di venire colpiti dai demoni, in questa sede illustrata nei canti XXVIII e XXIX il poeta incontra Maometto e il suo successore Alì Abi Talib; per l’ubicazione del profeta nell’inferno il genio fiorentino viene stigmatizzato islamofobo
Lo schema dell’inferno secondo Dante 8
- ultimando il suo itinerario poetico-spirituale della prima cantica Inferno, Dante perviene nell’infero ambito dove sono stati posti i traditori dei benefattori, la cui pena consiste nella totale sommersione nel ghiaccio; tale sede di sofferenza infernale, per effetto deonomastico, consegue l’appellativo “GIUDECCA” che scaturisce dal più famigerato protagonista dell’inferno GIUDA ISCARIOTA, l’apostolo che rinnegò Gesù per la sua cupidigia di trenta denari; un personaggio storico che Dante incontra volutamente per avere una breve conversazione prima di imbattersi con Lucifero.
Inferno Canto III
Dal nome GIUDA etimologicamente scaturirebbe la denominazione “giudeo”, etimo, che conformemente all’esegesi filologica della cultura cattolica e non dantesca, acquisisce una connotazione semanticamente pessima, essendo l’Isca-riota la raffigurazione storica del traditore del suo divino Maestro. Per questa ragione l’epiteto giudeo, conformemente ad un antico pregiudizio implicante l’identità di una tipologia umana etichettata da avidità di denaro, tirchieria e falsità, per antonomasia diviene dispregiativo e lesivo nei confronti dei cittadini della nazione d’Israele. Il canto XXXIV, illustrando la scena infernale del nono cerchio ruotante intorno al personaggio storico Giuda, viene tacciato di antisemitismo. La recente proposta di espungere la Divina Commedia dai programmi ministeriali e conseguentemente la sua interdizione didattica da parte dell’organizzazione “no profit” Gerusch92, promotrice del progetto internazionale “Human Diversity and Peace” nonché consulente culturale presso il consiglio economico e sociale delle Nazione Unite, ha semplicemente del ridicolo e mette alla gogna un capolavoro che oltre ad avere offerto genesi alla nostra lingua nazionale, il poema dantesco costituisce la somma vetta del patrimonio culturale dell’umanità, è un valore assoluto che la presidente e l’intera eletta schiera di “scienziati” ignorano per incompetenza culturale. L’opera dantesca nel corso dei secoli nella sua esemplarità di elegia poetica, fungendo da orientamento culturale per numerosi poeti e scrittori di tutti i tempi e di tutto il globo, ha ottenuto apprezzamento e riconoscimento da
SOCIETÀ continenti, elevandola a dignità di lirica metafisica di assoluto primato mondiale. La figura poetica di Dante, rappresenta la pietra miliare per la formazione di una coscienza letteraria europea, in quanto precursore di un’identità culturale del vecchio continente, la cui edificazione sulla sua scia è stata proseguita ed ultimata dai più eletti poeti e scrittori continentali come Goethe, Shakespeare, Kafka, Cervan e Thomas Mann: identità culturale europea realizzata prima ancora di quella economica, politica e monetaria, costituendone una premessa storica essenziale. La maestosa creazione letteraria nelle fattispecie della Divina Commedia, è stata consapevolmente concepita da Dante Alighieri con ben definita finalità di sollecitare i suoi contemporanei e posteri ad operare moralmente a esclusivo beneficio della collettività nel comune impegno quotidiano alla ricerca del massimo fattore di ordine metafisico. In tale contesto risulta evidente che censurare per omofobia, antisemitismo e razzismo l’opera dantesca è assolutamente arbitrario, intellettualmente incoerente e culturalmente misero; pertanto sarebbe opportuno rilevare in questa sede che tutti i geni di qualsiasi ambito dello scibile scientifico sono entità umane del loro momento storico e conseguentemente, per esigenze di obiettività valutativa, ogni loro opera letteraria andrebbe analizzata inserendola nel suo contesto cronologico/culturale in cui la medesima è stata creata. Nella seguente terzina, versi 118-120 canto XXVI, che il poeta lascia proferire a Ulisse durante la sua breve tregua nell’ottava bolgia dell’inferno:
“considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma a seguir virtute e conoscenza.” È contenuto in chiave esplicita il seguente messaggio etico: “contemplate la nobiltà della vostra natura e genesi, che costantemente vi solleciterà al compimento di azioni virtuose che nel corso del vostro itinerario terreno vi indurranno all’acquisizione di una crescente consapevolezza morale di ciò che è bene, giusto e del metafisico”; sublime esortazione che Dante ha intenzionalmente voluto inoltrare a tutti gli uomini di buona volontà. L’enunciato lirico summenzionato conferma l’elevata valenza educativa della poetica metafisica dantesca universalmente confermata dal letterato Primo Levi nella sua opera “Se questo è un uomo”; dallo scrittore americano Thomas Steams Eliot in “Essay on Dante” e poeticamente ammirata da
da Bertold Brecht nella sua estetica di epica teatrale. In tutta umiltà, personalmente,proporrei alla signora presidente Valentina Sereni “and company” che sarebbe più indicato per la loro competenza nella funzione di consulente ONU di auspicare una riedizione umana del genio Dante per concepire un aggiornamento del suo inferno con potenziamento della capacità ricettiva con l’aggiunta di un decimo cerchio con due bolge da adibire a due moderne tipologie di peccato mortale, inedite al tempo di Dante, attualmente costumanze molto diffuse in Italia:
- il BUNGA BUNGA, genere di peccato la cui punizione consisterebbe nel bruciare perennemente il membro virile in una corsa senza sosta sia dell’inventore di questo genere di diletto, sia di tutti i gaudenti partecipanti al bunga bunga di matrice biscioniana; - la corruzione politico/malavitosa, come nell’attuale caso di una folta schiera di senatori e onorevoli della Lega Nord, del PDL e di restanti partiti nella costellazione parlamentare; la corrispondente punizione consisterebbe nella mozzatura delle mani, con impedimento di maneggiare e intascare milioni di Euro dall’erario di stato. Costituisce dovere morale e culturale ascrivere a Dante il merito, per arguzia di intuito storico, perspicacia d’ingegno e lucida lungimiranza, di aver profetizzato otto secoli addietro nei seguenti versi 76-78 canto VI del purgatorio:
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello! Il pantano morale e culturale, l’emergenza sociale e pecuniaria in cui al momento versa il nostro paese; calamità nazionale che abbiamo ereditato a seguito del quindicenne regime berlusconiano a causa delle tipologie di peccati summenzionati. 9
I SEMI DELLA GIOIA di Patrizia Gioia
Un personaggio di Joseph Roth, attraversa l'esperienza bellica come la lenta, graduale, ma sempre bruciante rivelazione della verità dell'uomo e della storia, delle responsabilità dei singoli e delle inettitudini collettive. Dice di Vienna: “la variopinta allegrezza della città capitale e residenza imperiale si nutriva molto chiaramente del tragico amore dei paesi della Corona per l'Austria: tragico perché eternamente non ricambiato. Gli zingari della puszta, gli huculi subcarpatici, i vetturini ebrei della Galizia, i caldarrostai sloveni di Sipolje, i piantatori di tabacco svevi della Bacska, gli allevatori di cavalli della steppa, i sibersna osmanici, quelli della Bosnia-Erzegovina, i mercanti di cavalli della Hanà in Moravia, i tessitori dei Monti Metalliferi, i mugnai e i mercanti di corallo della Podolia, tutti costoro erano i munifici sostenitori dell'Austria; quanto più poveri, tanto più munifici”. Non dimentichiamoci di questa mutua fecondazione che avviene, nonostante, e non dimentichiamoci della nostra poca capacità di gratitudine, ricevere è l'arte più difficile perché presuppone - da entrambe le parti - la gratitudine della gratuità del dono ricevuto e il non avere potere alcuno; il pretendere e, spesso, anche il dare, si trasformano nel mettere “fuori casa” la nostra responsabilità d'essere ritmo dell'Essere. 10
Riflettendo in questi giorni sul volontariato è sorta in me un' evidenza che vuole essere anche una provocazione (perché nulla vuole togliere al volontariato, ma solamente interrogarlo): più diminuisce la capacità d'ascolto della nostra interiorità, più aumenta il numero dei volontari. Meno ci interroghiamo sulle nostre pulsioni, meno sappiamo chi siamo e a cosa aspiriamo, più siamo soffocati dal rumore, più siamo smarriti nel non sapere di sapere, più siamo ridotti a prodotto e numero, più conta la firma invece che il nome, più sale il numero dei volontari . Anche la guerra e ogni tipo di violenza arrivano infatti da questa incapacità d'ascolto, non è forse un caso che la prima immagine che viene alla mente del “volontario” arriva da lontano, da quei giovani ragazzi d'ogni tempo che, a dispetto d'ogni ordine sociale e regola famigliare, abbandonavano tutto per andare “volontari” in guerra. Ma anche quell' anelito lo abbiamo poi trasformato in “mercenario”. È sempre da tenere all'erta la nostra attenzione, in ognuno di noi vive - anche - il mercenario. Sempre viva in noi è l'arte della guerra, non è certo a caso che anche in tempo di pace si dice di: “fare pratica sul campo”. E certo la pratica vale, se insieme c'è anche l'ascolto, solo così il passo “è” in verità, dove la verità è relazione e relativa al momento da mettere “in campo”, un cammino pacificato mai una volta per sempre.
RUBRICA Quanto spesso invece riempiamo bisogni e vuoti buttandoci verso qualcosa o qualcuno senza questo profondo ascolto, mettiamo in atto una continua “fuga da casa”, una casa interiore, ma spesso anche esteriore, nella quale non sappiamo stare, ma nella quale tanto abbiamo da imparare. Saper vedere chi abbiamo “dentro” e chi abbiamo vicino, è cosa assai difficile, come il cammino dell'amore. Spesso confondiamo la scelta con l'agito, mandiamo a morire “sul campo” l'idealismo del giovane che c'è in noi, pur di evitare la fatica dell'ascolto e la gioia dell'incontro con le radici profonde dell'essere, un mortifero “patriottismo” che non “è casa”. L'ascolto di questa profondità costitutiva dell'essere, la dimensione mistica, che nulla ha di fuga dal mondo, ma che ne approfondisce invece l'esperienza, scioglie da ogni bisogno di patriottismo e di nazionalismo, da ogni bisogno di confini e di possesso, è qui che vive la libertà: gioia senza potere alcuno.
di buona volontà, in mercenari, con in mano il libro del dare e dell'avere. Non è certo a caso che stiamo via via portando a coscienza che le ONG sono diventate - e non parlo solo di danaro - divoratrici di sé stesse e dell'altro, inseparabili; succede sempre così quando l'aspirazione diventa desiderio, quando “desidero” qualcosa o qualcuno trasformo l'alterità in un oggetto, non ci sono più due soggetti che si parlano, che confidano, che “nascono insieme”, che amano in libertà e senza potere alcuno. Come un ferito bisognoso di cura, possiamo e dobbiamo ri-portare fuori dal campo di battaglia il valore dell'essere di ogni uomo e di ogni donna, quel valore che crea realtà, operando con la consapevolezza della responsabilità del proprio compito; ognuno di noi è persona “relegata”, ramificata in ogni altro essere, in ogni altra terra, in ogni altro fertile silenzio del divino, che non è nominabile o è nominabile in ogni cosa. Facciamo fiorire con gioia il nostro lavoro quotidiano, operiamo al meglio per la nostra
L'arte dell'ascolto è un movimento umile che ci fa toccare con la mano e col cuore che il bisogno di potere che nell'umano vive strumentalizza anche l'amore e la nostra stessa gioia di vivere, trasformandoci da uomini e donne di buona
casa che è inseparabile dalla casa comune, solo così trasformeremo ogni guerra, ogni violenza in una seria e gioiosa esperienza dell'arte del vivere: con tutti e tre gli occhi bene aperti e un cuore capace di ascolto. 11
ATTUALITÀ di Chiara Morassut
Money transfer
E un’altra idea di immigrazione
Certo ci saranno state le lettere e dopo anche i telefoni, ma qualsiasi scenario pre-internet, per noi figli della globalizzazione, è così poco credibile che stento quasi ad immaginarmelo. Ma i soldi? Che se ne facevano i nostri prodi emigrati dei soldi guadagnati in terra straniera? Li investivano per un futuro migliore o pensavano a casa, e se sì, come? La risposta è che pensavano a casa e molto anche; il termine “rimesse” come risorse finanziarie inviate dall’emigrato che risiede all’estero alla famiglia o, più in generale, nel proprio paese d’origine, è stato coniato apposta. Basti pensare che per l’Italia e per il Veneto in particolare fino ai primi anni ‘80 il flusso di denaro proveniente dagli emigranti ha costituito una fonte di reddito importante per molte famiglie e inciso sul Prodotto Interno Lordo (PIL). Oggi più che di rimesse parliamo di money transfer, ma non immaginatevi il cugino d’Argentina che imbusta un assegno che spedirà per posta aerea. L’evoluzione è stata ben più notevole, e non sempre in positivo. Per money transfer si intende un circuito alternativo alle banche che permette l’invio di denaro in qualsiasi parte del mondo, generalmente cash to cash, cioè da persona a persona. Esistono catene internazionali che offrono questo servizio, ma anche diverse strutture informali o “clandestine” che vanno dalla consegna personale a mano durante i periodici viaggi nel paese d’origine, all’invio tramite amici e familiari, al ricorso ad organizzazioni non registrate. Per questo la misurazione di questi flussi internazionali di denaro non è mai stata agevole. 12
SOCIETÀ Risalendo indietro nel tempo, i primi veri “gestori professionali” dei trasferimenti internazionali di capitali furono i Cavalieri Templari. Si deve a loro, infatti, l’organizzazione sistematica di trasferimenti di denaro da un luogo all’altro, sia per conto di clienti e ricchi committenti, sia per proprio conto. In epoca moderna, il servizio di trasferimento del denaro progredisce invece parallelamente allo sviluppo dei sistemi di trasporto ferroviario e di comunicazione via telegrafo, che caratterizzerà la nascita e lo sviluppo dell’economia industriale. Le rimesse hanno assunto nel tempo un ruolo sempre più importante per le economie di molti Paesi, contribuendo spesso alla crescita economica ed al sostentamento di ampie fasce di popolazione. In Italia, tra i Paesi al mondo in cui il sistema di trasferimento dei fondi del money transfer è più attivo, secondo solo all’America, si assiste ad una crescita costante dei volumi delle rimesse dirette verso l’estero, più che proporzionale rispetto alla crescita della popolazione immigrata residente. Una recente indagine sui bisogni finanziari degli immigrati ha inoltre confermato che le rimesse costituiscono una componente del comportamento economico che caratterizza il migrante in tutte le fasi del proprio percorso
sempre maggiore globalizzazione. Queste rimesse provengono da circa 150 milioni di emigranti che inviano regolarmente somme di denaro nei loro Paesi di origine. Di questi oltre 320 miliardi di dollari sono inviati proprio ai Paesi in via di sviluppo. L’Asia è il principale continente destinatario delle rimesse, seguito dall’Europa Orientale e dall’Africa. Il money transfer, anche legalizzato, appare però curiosamente un fenomeno in un certo qual modo sommerso, questo perché l’ “uomo della strada” laddove con questo termine indichiamo il nostro vicino di casa, o anche noi stessi, titolari di conto corrente e più o
migratorio e di integrazione, rimanendo sostanzialmente costanti anche a distanza di 10 anni dall’arrivo in Italia. Nel 2010 il mercato globale del money transfer stima trasferimenti di denaro per 440 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuale del 10 - 12% derivante dalla
meno avvezzi all’internet banking, nella sua vita non lo usa praticamente mai. L’immigrato invece, vuoi per le difficoltà burocratiche dall’Italia o nel Paese d’origine, o forse solo per semplicità, è disposto a spendere (molto) di più per far arrivare delle somme anche minime. 13
ATTUALITÀ Solo per fare un esempio, un invio di un centinaio di euro viene a costare, promozioni a parte, attorno ai 7 euro, che non è poco se lo paragoniamo ai costi di un normale bonifico bancario. E se questo magari può risultare quasi inevitabile se si parla di transazioni verso l’India o il Bangladesh dove in effetti i livelli di povertà precludono un utilizzo corrente dei sistemi bancari, farà invece pensare il fatto che fra i Paesi che più beneficiano delle rimesse dall’Italia c’è la Romania, ormai parte dell’Unione europea. Un sistema fiorente che si fonda, anche se è un po’ cinico dirlo, sull’ignoranza della gente. L’integrazione finanziaria degli immigrati in Italia si scontra infatti con le difficoltà di accesso alle informazioni e discriminazioni, a causa anche di ostacoli linguistici. Dall’altro lato a gestire queste agenzie di money transfer (spesso phone center o internet point) sono nella maggior parte dei casi stranieri connazionali degli stessi clienti, e se la cosa facilita il cliente (che spesso non parla la lingua e si rapporta ovviamente meglio con un suo compatriota) rafforzando anche il senso della comunità fra immigrati, va sicuramente anche a vantaggio delle società di money transfer stesse che proprio su questo puntano per attirare la clientela. Una guerra fra poveri, verrebbe da dire, anche perché i guadagni, le commissioni, dell’agente non sono sicuramente alti. Anche senza soffermarsi sugli aspetti illeciti che questi flussi di denaro (spesso sommersi) inevitabilmente portano con sé (riciclaggio di denaro e quanto altro), quello che appare più interessante da un punto di vista della comunicazione sono i messaggi veicolati dalle grandi società che si occupano di money transfer.
“Il tuo denaro in buone mani” ad esempio fa riferimento solo alla sicurezza nell’utilizzo di un sistema del genere, ma la maggior parte degli slogan sfrutta invece aspetti ben più emotivi: “Keep in touch”, “Sending so much more than money”, “Uniting People with Possibilities”, “Connecting you with anyone, anywhere” sono solo alcuni dei messaggi pubblicitari che, spesso veicolati 14
nella lingua dei migranti e sempre accompagnati da immagini appropriate (mani che si stringono, connazionali sorridenti in Patria ecc.) richiamano ben più della singola transazione monetaria, ma puntano tutto sul legame con il Paese di provenienza, andando in qualche modo anche a rafforzarlo in astratto. E viene da chiedersi se non siano proprio (anche) messaggi del genere a creare quelle situazioni di segregazione che portano l’immigrato stesso a isolarsi sempre di più in comunità ristrette e autonome e rifiutare in un certo qual modo un’integrazione già di per sé difficile. Chi lo sa dove sarebbe adesso il vecchio zio d’America se avesse pensato così tanto e così costantemente a casa? Avrebbe aperto le pizzerie o le gelaterie per cui siamo famosi in tutto il mondo o si sarebbe preoccupato più che altro di mettere da parte soldi sufficienti a tornarsene prima o poi al punto di partenza. Difficile dirlo. Che sia proprio, anche al di là del money transfer, questa facile connessione attraverso internet e altri mezzi, in una parola la globalizzazione, a volerci così attaccati alle nostre radici? A idealizzare in maniera così esasperata la Patria perduta tanto da non concentrarsi su quella attuale? Non è facile rispondere. Dove porterà questo costante guardarsi indietro che impedisce spesso di andare avanti, ce lo diranno le statistiche fra qualche decina d’anni. Per il momento ringraziamo tutti gli zii d’America che ci hanno fatto arrivare dove siamo ora e impariamo noi stessi a guardare avanti in questa società sempre più multiculturale, dove il concetto di confine, di vicino e lontano e di integrazione è tanto labile proprio perché lo stiamo creando, anche noi, giorno per giorno.
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SOTTO LA LENTE Dott.ssa Mormando, come li possiamo riconoscere? “Si riconoscono, secondo me, molto intuitivamente. È inutile inventarci una scienza che non esiste … è pur vero che ci sono dei parametri, nei loro limiti validi, e sono quelli misurati dai test di livello. Se i test di livello vengono effettuati bene possono indicarci molte cose, però devono essere fatti da persone di particolare intelligenza, esperienza nel settore, sensibilità e capacità di comunicare, interpretare e saper leggere tra le righe. In realtà se gli insegnanti e i genitori avessero gli strumenti e le tecniche per rispondere ai bambini, non ci sarebbe bisogno della valutazione. La valutazione è limitata, l'ascolto no. Per i genitori e gli adulti che volessero farlo vi lascio un test (NdR: articolo seguente) che può già darvi delle indicazioni molto importanti … comunque da approfondire, poi, con esperti.”
I bambini ad altissimo potenziale intellettivo sono quelli che noi comunemente chiamiamo geni? “No, il genio è un timbro che si dà a posteriori a qualcuno che ha fatto una scoperta utile alla società e può non essere un superdotato . La iperdotazione non coincide con il successo. La potenzialità (dono) all'espressione completa (talento) è fatta di un'infinita di fattori: motivazione, stimolo. Un passaggio nell'italiano è d'obbligo: dono è la potenzialità – talento la realizzazione della potenzialità – funzione crestica il passaggio dalla potenzialità all'attualizzazione. Esempio: io ho la tendenza musicale (dono) se faccio bene la mia funzione crestica divento una buona musicista, però questo passaggio coincide con un infinità di fattori che sono motivazione, per esempio, fattori di possibilità, ambiente familiare, ecc.” Quindi un bambino superdotato non per forza avrà successo? “La superdotazione ed il successo (inteso come piena realizzazione di se stesso) non coincidono affatto anche a causa delle disavventure scolastiche: non si abitua a studiare, o alla disciplina, comprende velocemente quello che si presenta molto spesso confondendo l'aver capito con l'imparare … e quindi non studia. Siccome il successo è dato dall'approvazione di quelli meno dotati di te, i superdotati che non hanno strumenti per comunicare con i normodotati non riescono ad ottenere questa approvazione”.
Il 3%, questa è la percentuale di bambini ad altissimo potenziale intellettivo. La percentuale varia a seconda della provenienza, dell'etnia di origine. Una percentuale analoga che oscilla tra il 3 ed il 5% è riferita ai bambini molto dotati. Che differenza c'è tra un bambino superdotato (NdR: ad altissimo potenziale intellettivo) e un bambino molto dotato? “I bambini superdotati si differenziano dai molto dotati per la mancanza di capacità di comunicazione con gli altri, mentre i molto dotati hanno tutti i mezzi per comunicare e capire gli altri … sapendosi rendere ammirati e rispettati. Loro non hanno gli stessi problemi dei superdotati. Hanno gli stessi problemi di noia a scuola. Ma in grado minore. Ricordiamoci che un bambino di 3 anni superdotato non è come un bambino di 10 normodotato ma è più dotato lo stesso. È così, tra i problemi di comunicazione con gli altri, che si sviluppa il senso di diverso, se si aggiunge poi che dal punto di vista motorio sono un po' impacciati, non perché essendo dotati intellettivamente hanno delle carenze fisiche ma perché sono attratti da attività intellettuali piuttosto che fisiche. Il loro rapporto con la società non ne trae vantaggio.”
E di fronte a questo mondo, la prima a confrontarsi con loro è la famiglia, che è molto importante per l'ascolto e la riconoscenza dei doni del bambino. Insieme ai genitori, gli insegnanti sono le figure più importanti del bambino, e devono avere più coraggio. I genitori non devono spaventarsi della precocità, anzi devono coltivarla permettendo lettura e scrittura in età prescolare.
Devono fare spesso giochi di approfondimento e creatività con il bambino cercando di mantenere vivo l'entusiasmo per l'apprendimento e ricordarsi una cosa molto importante: l'apprendimento è anch'esso un gioco e come tale non deve essere demonizzato, perché non è da “bambini normali”. 35
BAMBINI SUPERDOTATI In una famiglia con più bambini, il genitore deve trattare ogni figlio, anche normodotato, in maniera unica. I genitori sono la causa della differenziazione: tra fratelli e sorelle il rapporto è basato sulla relazione che si era creata, a prescindere dall'intelligenza, invece spetta al genitore trasmettere stima e cura ad ogni singolo figlio indipendentemente dalla dotazione intellettiva o dalle paure delle diversità. Fornire pari opportunità, e questo vale per tutti, non vuol dire dare a tutti la stessa cosa, ma fornire ad ognuno tutto quello di cui ha bisogno. Dott.ssa Mormando, abbiamo capito l'importanza della famiglia e i gravi problemi di comunicazione, ma come si pone la società nei confronti di bambini superdotati? “Alla società evoca prevalentemente timore ed immagini negative, il superdotato mette l'adulto normodotato in una posizione d'inferiorità … l'adulto sa di non aver nessun ascendente sul bambino e sviluppa la paura di non poter controllare o dominare le potenzialità intellettive.” “È diverso invece il ragionamento se si parla di superdotazioni fisiche, i bambini con speciali potenzialità sportive vengono esaltati, aiutati e assistiti … perché? Perché la loro superiorità è controllabile e circoscritta, la superiorità intellettiva no”.
La paura della società verso questi bambini genera 3 tipi di atteggiamenti: la negazione, la dequalifica e la strumentalizzazione, cosa sono nello specifico? “La negazione della società è data dall'assenza del termine per definire il bambino ad alto potenziale intellettivo … se si pensa ai termini conosciuti sono tutti molto particolari: “superdotato” che fa sorridere e pensare subito a qualcos'altro, “intellettivamente superdotato” lungo e 18
pensante, “ad altissimo potenziale intellettivo” … una bomba. La scuola italiana, che non riconosce tempi più brevi per i cicli scolastici, è un esempio di negazione del bambino superdotato … perché non posso fare le elementare in 3 anni invece di 5? La dequalifica avviene a causa di determinati atteggiamenti della società di fronte ad un bambino superdotato … faccio alcuni esempi: “se ha talento, verrà fuori comunque”(ignoranza del passaggio da dono a talento), “i bambini piccoli devono giocare, a studiare ci penserà la scuola” (ignoranza dell'identificazione infantile fra studio e gioco), “non diciamogli che è intelligente, sennò si monta la testa” (pregiudizio che il bambino superdotato non debba conoscere le proprie potenzialità). Un altro modo per dequalificare i bambini superdotati è abbinare loro una patologia per volerli rendere normali, anzi inferiori. Invece la strumentalizzazione si esprime principalmente nella fabbricazione del “bambino prodigio” (vedi box)”.
Ma la società non è fondamentale per la crescita e lo sviluppo di un bambino quanto la scuola, ed è appunto nella scuola, che si iniziano a scoprire le potenzialità … ma questo lo vedremo dopo.
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Ha imparato a leggere prima della scuola elementare? a) Sì, entro i tre anni b) Sì, entro i cinque c) No Manifesta grande interesse per enciclopedie e dizionari? a) Sì b) Solo se l'interesse viene stimolato c) No I suoi amici sono molto maggiori di età? a) Tutti b) Uno o due c) Nessuno
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BAMBINI SUPERDOTATI Ama dialogare con gli adulti? a) Sì, di sua iniziativa b) Sì, se l'iniziativa è degli adulti c) Non molto Pone moltissime domande diverse e originali? a) Spessisimo b) Talvolta c) Mai Vuole realmente sapere il perché di tutto? a) Sì b) In alcuni momenti c) No Si sa concentrare moltissimo e a lungo su qualcosa o qualcuno? a) Sì b) Solo se questo serve a qualcosa di concreto (scuola, gioco, scommessa) c) No Dà giudizi pertinenti alle persone? a) Sì b) Sì, se se ne parla in gruppo c) No Si annoia nelle attività di routine (tutto ciò che svolge in modo sempre uguale)? a) Moltissimo b) Un po' c) No, anzi vi trova sicurezza È molto sensibile all'ingiustizia anche se non ne è la vittima? a) Sì, sempre b) Si, se se ne parla in gruppo c) No Ama lavorare per suo conto? a) Sì b) Solo se non c'è proprio nessuno c) No Prova interesse per l'universo, per i problemi sull'origine dell'umanità? a) Sì, spontaneamente b) Sì, se l'interesse viene stimolato c) No Si appassiona a uno o più hobby che cambia di frequente, ma non perché si trova di fronte a difficoltà? a) Sì b) Sì, se li condivide con altri c) No
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Profili Da 13 a 21 punti: ti trovi di fronte a una dotazione intellettiva particolarissima, da coltivare e rispettare con serenità e attenzione. Da 22 a 30 punti: vi sono notevoli doti intellettive, che andranno incoraggiate e valorizzate anche favorendo l'autonomia del bambino. da 31 a 39: il bambino ha bisogno che gli venga comunicato più entusiasmo e che si dialoghi con lui su svariati argomenti, approfondendoli, coinvolgendolo con slancio nella ricerca.
Se poi volete approfondire queste risposte, confrontarvi o capire quali sono gli strumenti che vi servono, come genitore od insegnante, potete contattare la D.ssa Mormando alla seguente email:
fmormando@fastwebnet.it
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BAMBINI SUPERDOTATI Nelle classi di 25 alunni è facile confrontarsi con un bambino ad altissimo potenziale intellettivo, lo si può riconoscere (se ne si hanno gli strumenti) dalla rapidità di comprensione, la moltitudine di domande che pone perché le spiegazioni non erano abbastanza esaurienti … lo si riconosce perché sa andare oltre. Questo comportamento lo allontana dai suoi coetanei sfociando in un complesso d'inferiorità. Questo complesso, che viene anche accentuato dalla famiglia, il bambino cerca di stemperarlo con l'insegnante, cercando di farsi capire e valorizzarsi almeno ai suoi occhi. Allora il bambino pone molte domande, alza spessissimo la mano … praticamente disturba insegnante e compagni. D.ssa Mormando come può un'insegnante tenere sotto controllo una situazione del genere? “Semplicemente prendendo del tempo, parlando direttamente al bambino superdotato e spiegando che ha capito le sue capacità … ma che i suoi compagni hanno ritmi diversi e deve rispettarli. Ma gli insegnanti, questi strumenti non ce li hanno … e sgridano il bambino o non danno minimamente peso alle sue parole … Nasce così il sentimento di inadeguatezza …E sentendosi inadeguato spesso reagisce disturbando la classe perché si annoia, rifiutando lo studio perché non gli coincide, avendo cattivi rapporti con gli insegnanti.”
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Qual è il principale problema dell'attuale sistema scolastico? “Il principale problema è la formazione degli insegnanti … che non sono preparati per affrontare problematiche diverse dalla normalità. L'inserimento di tutti i tipi di handicap all'interno di tutti i tipi di classe ha peggiorato ulteriormente la situazione e con essa la formazione degli insegnanti… ha solo creato un calderone dove necessità diverse venivano esaudite dalla stessa persona.” Adesso nella scuola italiana ci sono gli insegnanti di sostegno, loro sono un passo avanti? “Certo … ma non sono abbastanza, innanzitutto nella loro accezione del termine: “sostegno” vuole dire che hai delle carenze e io ti devo sostenere, per i bambini superdotati non servirebbero, anzi servono degli insegnanti di “slancio” che approfondiscano tutto. E poi come può un'insegnante “sostenere” bambini dalle necessità diverse tra loro … sono diverse le esigenze come diversi sono gli handicap.” Ma che errori fanno gli insegnanti? “Il primo tra tutti è quello di vedere nei bambini più bravi, ottimo rendimento e comportamento esemplare delle iperdotazioni che non è detto esistano… anche confondere l'estroversione, la popolarità e le doti di leader con la
SOTTO LA LENTE superdotazione è un errore. Un altro sbaglio frequente degli insegnanti è non attribuire al bambino la capacità dimostrata … mi è capitato parecchie volte sentire dei bambini raccontare che l'insegnante non ha creduto che il lavoro svolto fosse stato realmente fatto da loro … vista la perfezione e la complessità applicata.”
L'insegnamento era fondato su processi montessoriani e montessoriano era il materiale didattico … una maestra fondamentale insegnava le basi, che si assicurava l'attuazione del programma ministeriale, e poi vi erano insegnanti specifici per l'approfondimento di determinate discipline: scienza, musica, arti figurative, lingua straniera, arte dello scrivere e psicologia. A due anni dall'inizio della frequenza della mia scuola, abbiamo riscontrato che i bambini avevano aumentato il loro QI del 20%. Quindi adesso mi dedico a creare dei corsi di formazioni per gli insegnanti … ne sto svolgendo uno attualmente all'università di Bergamo … ma ho intenzione di farne anche degli altri.” Quindi il problema sono gli insegnanti? “ No, il problema è la mancanza di preparazione degli insegnanti. Una volta gli insegnanti riuscivano ad occuparsi di tutto. Riuscivano a gestirsi meglio. Erano bravi, non ti annoiavi. La scuola era selettiva, non succedeva che qualcuna arrivasse all'università senza avere strutturato una mente capace. Adesso quello che non ha voglia di studiare non c'è più, adesso è una patologia. Adesso lo svogliato non c'è più. Dagli anni 70 in poi c'è stata una rivoluzione populista che non ha portato giovamento.” Ma se gli insegnanti non hanno strumenti, le famiglie normodotate non si accorgono dei figli … questi bambini come arrivano fino a lei? “Adesso molto difficilmente … per gli insegnanti sono elementi di disturbo quindi, molto probabilmente, affetti da patologie e consigliano ai genitori l'intervento di uno psicologo. Dall'altro lato il genitore porta il bambino dallo psicologo che gli attribuisce una patologia ingiustificata. Sono pochi i genitori che si rivolgono direttamente a me.
Ma allora cosa si può fare? La sua scuola serviva a questo, a dare una formazione corretta ai bambini superdotati? “Innanzitutto, ora come ora, l'unica soluzione possibile è la creazione di corsi di formazione per gli insegnanti … fornendogli gli strumenti per leggere le superdotazioni e aiutarle. La Emilio Trabucchi, fondata a Milano nel 1984, è stata l'unica scuola italiana dedicata a bambini dai 3 ai 10 anni, ad alto potenziale intellettivo. Purtroppo l'ho dovuta chiudere 10 anni dopo per difficoltà economiche … ma ricordo bene perché l'avevo aperta. In quel periodo, continuavano ad arrivare in studio da me dei genitori con dei bambini, definiti dagli insegnanti, autistici che invece avevano un alto potenziale intellettivo. Più il tempo passava e più ci si rendeva conto che sarebbe stato impossibile far istituire programmi e scuole attrezzate, né insegnanti formati per rispondere in modo adeguato alle esigenze di questi bambini … allora decisi di aprire la scuola in nome di Emilio Trabucchi (lo scienziato superdotato che ha trasformato i doni in talenti di tanti bambini). Lo scopo era di sviluppare la loro personalità, partendo dall'eliminazione della diversità eravamo certi di poter sviluppare le potenzialità in tutta serenità e gioia.
Obiettivi per il futuro? “Allargare questa mia conoscenza a più persone possibile, creare delle strumentazioni semplici ma efficaci che si possano usare sia in ambito scolastico che familiare … vorrei che i bambini ad altissimo potenziale intellettivo fossero felici di esserlo e non fossero dei complessati creati dalla società”. 23
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La mia infanzia è viva nella memoria, la risento intatta dentro, come chiusa in una scatolina. La mia infanzia è una mandorla ben difesa, fragile sotto il guscio. (…) Avevo due anni e mezzo quando imparai a leggere. A cinque avevo letto una libreria intera, molti titoli li ricordo ancora: I delfini, Pollicino, Il giro del mondo in 80 giorni … le storie continuavano nel mio pensiero e crescevano insieme a me. A sei anni leggevo, facevo a mente le operazioni a due cifre, scrivevo poesie e racconti. Contavo i libri che avevo letto, come Paperone le monete d’oro: erano 105. Mandarmi a scuola sarebbe stato strano: il programma della prima classe l’avevo strafinito. (…) La prima volta che entrai in una scuola fu per l’esame di ammissione alla terza elementare. Ero in una classe e dovevo scrivere dei compiti. C’era rumore: vocette cui non ero abituata. Me ne ero lamentata con la maestra. E lei: “I bambini oggi hanno dovuto cambiare la loro giornata per permettere a te di fare l’esame. Devono stare molto più in silenzio del solito, perché ci sei tu.” Rimasi folgorata: avevo scoperto anche il punto di vista altrui. Dopo l’esame, di nuovo a casa. Fino alla quinta. Quella l’ho frequentata. Ormai avevo letto una biblioteca. Avevo letto anche i volumi proibiti della libreria di famiglia, per esempio le poesie di Leopardi. A lui devo una scoperta fondamentale: anche gli adulti sbagliano. (…) A scuola ero sempre sorpresa. Prima di tutto delle limitazioni. Le tabelline si fermavano a quella del 10. I compiti proposti, di una banalità sconcertante. Intuivo che i bambini scrivevano perlopiù quello che la maestra voleva. Questo mi stupiva, come certi disegni stereotipi e quei raccontini di uccellini e assurdi animaletti dolcificati. I libri di scuola li avevo finiti tutti subito. Mi pareva strano che li dessero a pagine, come le medicine a gocce. (…)Ricordo perfettamente quando capii il ritmo, a poco di più tre anni. Mi avevano parcheggiato da qualche parte, in una stanza dove i bambini camminavano su un filo disegnato per terra al ritmo di musiche suonate al piano: mutava la musica, mutava il passo. Qualche momento di smarrimento, poi, la folgorazione: ecco il ritmo, camminare a tempo, a tempo anch’io! Il senso del ritmo non mi ha più abbandonato da allora. Un attimo prima non sapevo neanche cosa fosse, un attimo dopo ero perfettamente sintonizzata. La compressione è come un bottone automatico che si fissa: tac! (…) La scuola: una noia sconfinata. Imparai a cantarmi delle filastrocche, mentre la maestra parlava, per ingannare il tempo. Le filastrocche lasciavano spazio mentale sufficiente a rispondere se mi interrogavano e insufficiente per distrarmi del tutto. Un vizio pericoloso, però, che non mi sono del tutto tolta. Io non studiavo mai, non sapevo che cosa volesse dire. Dall’esame di ammissione alle scuole medie, che allora era una cosa seria, uscii con voti altissimi e con una borsa di studio. Non mi ero affatto accorta di aver fatto bene. Per me era sempre tutto normale. Ma quella mattina imparai a imitare il verso delle foche, che gridavano dallo zoo adiacente.
(…) Poi, in seconda media, il miracolo: un’insegnate sensibile e intelligente. Lei, semplicemente, capiva. Non si fermava mai alla superficie di nulla.Avevo scelto di andare avanti fin dove io la seguivo. Ne parlavano abbastanza male: dicevano che trascurasse chi restava indietro. In seconda media spiegava Paolo Uccello e la prospettiva, dalla poesia a lui dedicata dal Pascoli fino alla storia della pittura, Piero della Francesca e la ieraticità, Leonardo e lo sfondo della natura. Si fermava e ci insegnava a fermarci e soffermarci ricercando la parola esatta, l’aggettivo più adatto. Non mi annoiavo più. (…) Nella stessa classe, avvenne il primo scontro con lo studio: i verbi francesi. Non li sapevo mai. Non bastava leggerli, bisognava impararli, ma io non capivo come. Ripetere. Non avevo mai ripetuto. Li ho scritti cento volte. Ecco: studiare mi è stato sempre difficile, abituata com’ero a intuire o comprendere subito tutto e sapere, o credere di sapere. A studiare davvero, forse, non ho mai imparato. (…)
Come ex alunna della scuola Trabucchi ho solo bei ricordi e ringrazio la dottoressa Mormando per quegli anni. Credo sia stato uno dei pochi cicli scolastici in cui mi sono trovata veramente a mio agio, dove i maestri aiutavano ad ampliare le proprie doti, e dove non ci si annoiava mai. Ho avuto la possibilità di imparare un ottimo metodo di studio: ci hanno insegnato che già la lezione era un momento per studiare. Le attività extra offrivano a noi alunni la possibilità di andare oltre il normale iter scolastico, di imparare sempre cose nuove e di migliorare la conoscenza delle materie in cui ognuno di noi era portato. Finite le elementari, i problemi più grossi sono arrivati durante il ciclo delle medie. Ho avuto delle difficoltà a confrontarmi con una scuola pubblica e con insegnati troppo legati alle loro convinzioni, forse di menti ristrette. Però, nonostante le difficoltà incontrate, il mio ciclo di studi è andato avanti normalmente. La difficoltà era dovuto al metodo di studio diverso e soprattutto al fatto che gli insegnanti non sapevano, forse, gestire nel modo adatto la tipologia di noi studenti. I problemi con il passare del tempo sono stati superati, forse per via della mia crescita, e quindi del fatto che io ho imparato a sapermi gestire al meglio, come ho verificato durante l’iter del liceo e quello universitario. L’unica pecca che mi sento di trovare nei miei anni della scuola Trabucchi è che sono finiti troppo presto, e che forse sarebbe stato meglio se fosse proseguita anche nel ciclo delle medie.
Adesso che la scuola Trabucchi è stata chiusa la D.ssa Mormando sta cercando di fornire agli insegnanti della scuola pubblica gli strumenti per poter evitare la noia, narrata da Chiara, e risvegliare l’interesse dei bambini superdotati.
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Ecco lo scopo di Eurotalent dalle parole della D.ssa Federica Mormando: “Tutto nasce, in particolare Eurotalent, negli anni '80. Nasce dalla considerazione, e dall'esperienza, che ragazzi, bambini ma anche adulti, particolarmente dotati intellettivamente non hanno pari opportunità di formazione come gli altri. Questo deriva da pregiudizi di varia natura, principalmente dalla paura che il termine intelligenza suscita sia alla società sia alle persone singole, che lo identificano come un pericolo. Che sia una questione di paura e pregiudizio è evidente con il confronto con la super dotazione fisica, cioè bambini particolarmente bravi nello sport vengono presi a 7/8 anni e seguiti da maestri specializzati, vengono molto seguiti perché non fanno paura.
EUROTALENT
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SOTTO LA LENTE Il concetto di intelligenza libera fa paura. In particolare in Italia, dagli anni '70 è cominciata, ed oggi è nell'esplosione delle sue conseguenze, una massificazione e omogeneizzazione della scuola e dei messaggi trasmessi agli allievi che ha totalmente escluso l'importanza sia dell'eccellenza, di cui oggi si ricomincia un po' a parlare, sia proprio della particolare intelligenza dei bambini.” Come era la situazione in Europa, nei confronti dei superdotati, quando nacque Eurotalent? Io negli anni '80 ho avuto proprio tanti casi come psicoterapeuta, mi venivano presentati come se si trattasse di bambini con qualche disagio psichico o anche cognitivo ed erano invece bambini superdotati intellettivamente, solamente molto mortificati. All'epoca io avevo aperto una scuola per loro (NdR: la scuola Emilio Trabucchi fondata nel 1984), che è stata una buona scuola durata 10 anni e che poi è stata chiusa per motivi economici. La critica era: fai il ghetto. La risposta era: il ghetto lo fai quando hai un bambino iperdotato in una classe di 26, e questo è isolato, perché l'iperdotato è veramente diverso. E proprio uno diverso, che tale si sente, e sentendosi diverso vuol dire che si sente inadeguato e non superiore. Il percorso della D.ssa Mormando è stato, se così si vuol dire, parallelo e precursore a quello del dottor Brunault. Nel 1989, in occasione del 1° convegno internazionale di Eurotalent, la D.ssa Mormando portò una relazione molto interessante sulla sua scuola italiana. Quando poi, nel 1993, la scuola Trabucchi chiuse, per motivi economici, la D.ssa Mormando insieme a Brunault decise di fondare la sezione italiana di Eurotalent. Dottoressa, ho visto che Eurotalent è rappresentata a Strasburgo al Consiglio d'Europa, qual è stata la conquista più importante? Sono nella commissione cultura educazione del Consiglio d'Europa. Nel 1994 Eurotalent ha ottenuto una raccomandazione 1248 che incita ogni Ministero di ogni Stato a segnalare la necessità che gli insegnanti abbiano una formazione anche per quanto riguarda il riconoscimento e soprattutto la didattica per i bambini particolarmente dotati. In Italia sono stati creati i primi seminari, nell'Università di Bergamo, dedicati a questo argomento per insegnanti. È attualmente in corso il primo corso di perfezionamento, d'Italia e d'Europa, di formazione per gli insegnanti. Questo corso dell'università finirà in giugno e io intendo portare la formazione, anche a livello privato, nel sud. La soluzione attuale di un incontro a settimana a Bergamo, non permette agli insegnanti delle città più lontane di parteciparvi. Se ho ben capito Eurotalent è un associazione? Si, direi un associazione di associazioni. Siamo tutti indipendenti, non è il nostro unico lavoro, cerchiamo di formare, informare e fare ricerca per un futuro migliori per lepersone iperdotate. Ad esempio la scuola svizzera Talenta
partecipa al progetto Eurotalent, ma è indipendente, può raggiungere gli scopi di Eurotalent come meglio crede … Quindi Eurotalent non vi fornisce una direzione da seguire e dei metodi da applicare per lo scopo? Non siamo obbligati a seguire delle direttive specifiche, vogliamo solo favorire l'integramento dell'iperdotato nel società. Però al Consiglio d'Europa tutte le comunicazioni che io porto rappresentano Eurotalent. Deve quindi essere approvata dal Presidente e dal Consiglio Direttivo. L'obiettivo comune è quello di informare, formare, divulgare e fare ricerca. Ci troviamo ogni anno e presentiamo una relazione su quello che si è fatto annualmente, ci confrontiamo e cerchiamo di trovare nelle nostre esperienze il futuro. Le associazioni e organizzazioni che aderiscono a Eurotalent appartengono a Belgio, Francia, Germania, Italia, Kazakistan, Olanda, Portogallo, Romania, Russia, Scozia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria e Yakutia. Maggiori informazioni sul sito dell'ONG Eurotalent:
www.eurotalent.org 27
BAMBINI SUPERDOTATI
Ma in effetti questo “pieno sviluppo della persona umana” vuol dire anche dare l’opportunità a dei bambini superdotati di utilizzare al massimo i propri mezzi. Per gli alunni con disabilità è stata creata la figura dell’insegnante di sostegno, mentre per gli alunni superdotati non è prevista la figura dell’insegnante “di slancio” (NdR: termine coniato dalla Dott.ssa Mormando). All’esistenza di una legge che aiuti i disabili, dovrebbe contrapporsi una legge che aiuti i superdotati in quanto anche loro fuori dalla norma. La Legge n.517/1977 sancisce: “al fine di agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche di integrazione anche a carattere interdisciplinare, organizzate per gruppi di alunni della stessa classe o di classi diverse, ed iniziative di sostegno, anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”. Anche in questa Legge del 1977 si parla di “sostegno” e non di “slancio”. Dal 2000 in poi non si è più legiferato a riguardo dei “bisogni educativi speciali”. L’ultima Legge risale al 2000 ed è la cosiddetta “Legge Moratti” dove si ribadisce l’obiettivo della crescita e della valorizzazione della persona umana e dello sviluppo delle autonomie scolastiche; sempre in questa Legge Moratti, all’art.5 vi sono i presupposti per istituire la figura dell’insegnante di slancio: “le strutture didattiche di ateneo o 28
SOTTO LA LENTE interateneo promuovono e governano i centri di eccellenza per la formazione permanente degli insegnanti (…) curano anche la formazione in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative”. Questa è la situazione normativa in Italia, quindi alla luce di ciò le Leggi ci sono e possono essere applicate … ma forse c’è un altro tipo di problema che è di tipo formativo (gli insegnanti non sanno come comportarsi con i bambini superdotati) o sociale (come già detto precedentemente la società ha paura di un intelligenza libera e cerca di reprimerla). Ma vediamo cosa succede nel resto d’Europa. La normativa scolastica europea Ogni Paese tiene conto delle esigenze degli studenti che dimostrano abilità speciali. Ci sono tre tipi di atteggiamenti: - quelli che comprendono gli adattamenti e che promuovono l’apprendimento diversificato (Francia); - quelli che fanno dello sviluppo dei doni in talenti, un obiettivo importante della politica dell’istruzione (Gran Bretagna); - quelli che non considerano i bambini dotati come singoli casi; l’offerta scolastica rientra nella categoria delle opportunità educative per la differenziazione e per la personalizzazione che permettono a ogni bambino di progredire secondo il proprio potenziale (Paesi Scandinavi) È presente in molti paesi europei la possibilità di saltare le classi, di iniziare anticipatamente le scuole e perfino la possibilità di anticipare gli esami di fine ciclo (questo in Belgio, Gran Bretagna e Portogallo). Ma vediamo nel dettaglio tre Paesi vicino a noi: la Gran Bretagna, la Svizzera e la Francia.
In Gran Bretagna il Ministero dell’Istruzione destina delle risorse ai “gifted and talented children”, fin dall’asilo si sente parlare di “special education” e di “special needs” (bisogni speciali). Tutto ciò dimostra il coinvolgimento, a livello di politica nazionale, verso una tematica molto importante per gli inglesi: i potenziali intellettivi. In Svizzera, e precisamente in Canton Ticino, nel 2010 si sono approvate delle direttive che riconoscono le particolari esigenze degli alunni ad alto potenziale intellettivo. Le direttive riguardano: il diritto degli allievi intellettivamente precoci ad essere sostenuti, riconoscimento delle differenze nello sviluppo intellettivo dei superdotati, adozione di misure adeguate all’interno di realtà scolastiche classiche, esclusione dalla creazione di classi speciali, sostegno e aiuto ai bambini precoci per tutto l’iter scolastico della scuola dell’obbligo.
Anche in Francia, come in Italia, la Loi d’Orientation sancisce il diritto all’educazione garantendolo a tutti al fine di sviluppare adeguatamente la sua personalità. Per le scuole materne dichiara che non tutti hanno la stessa maturità e non bisogna né mettere i bambini con apprendimenti prematuri, né frenare il loro desiderio d’imparare. Le scuole elementari devono permettere allo studente di sviluppare le attitudini manuali, fisiche e artistiche, nonché sviluppare la sua intelligenza e la sua sensibilità. Per le scuole superiori cerca di far si che la scuola diventi per tutti ma anche di ciascuno a seconda delle dotazioni personali. 29
La Fiat Viaggio celebra la sua premiere mondiale al Salone Internazionale dell'Auto di Pechino. Fiat presenta oggi per la prima volta la berlina al grande pubblico. Fiat Viaggio, berlina a cinque posti e quattro porte, si basa sull'architettura CUSW (Compact US Wide) che oggi è la piÚ avanzata all'interno del gruppo Fiat e su cui si basa anche la nuova Dodge Dart, presentata lo scorso gennaio al Salone dell'Auto di Detroit. A sua volta, l'architettura CUSW è derivata dall'architettura Compact sviluppata originariamente per la pluripremiata Alfa Romeo Giulietta.
Nuova Fiat Viaggio: anteprima mondiale
Ed è proprio ciò che fa la poetessa ligure, muovendosi con profonda sensibilità ricettiva nel microcosmo di Sant'Ilario, tra gli ulivi e i limoni in perenne dialogo con le voci trasportate dal vento, con i passeri, i fringuelli, le cinciallegre, le api e le tortore. Tutte le sue opere paiono dettate dal cuore. Un cuore sensibile, vibrante e impregnato di fede e positività. Così, anche nell'attimo in cui il dolore pare trionfare sulla gioia di vivere Adua riesce, come per incanto, ad operare una trasformazione mediata dalle immagini colte osservando la natura. Come in quella sua lirica in cui il sentimento di tristezza che ci attanaglia per la morte di una foglia caduta dall'albero cede rapidamente il passo ad un sentimento di gioia, dopo aver appreso che la foglia che giace nel fango è divenuta la culla di una coccinella. Come ci ricorda il poeta, è difficile scrivere qualcosa sulla natura (1). Descrivere le persone è meno complicato, invece la natura è così sfumata, così delicata, così inafferrabile, così infinita. (2) Ad Adua questo compito riesce quasi naturale, come per gli uccellini, da lei tanto amati, viene naturale spiccare il volo per nutrirsi dell'anima dei fiori di glicine. In genere i poeti cominciano a scrivere in giovane età, Lei ha iniziato a scrivere poesie e racconti in età matura e in dieci anni di attività letteraria ha pubblicato venti libri. Cosa l'ha spinta ad addentrarsi nell'universo della rima? Dentro di me, in forma embrionale, ho sempre percepito la presenza di una sorta di tensione poetica, ma le vicende legate alla vita quotidiana non mi hanno concesso di cogliere le occasioni per scrivere. Ma non è mai troppo tardi per donare un magico sapore alla vita. Lei vive a Sant'Ilario, una paradisiaca frazione di Genova immersa nel verde degli ulivi e degli agrumi. Per scelta o per caso? Sono ormai trentacinque anni che mi sono stabilita in que32
LETTERATURA sto angolo incantato della Liguria. È stata al contempo una scelta e un'occasione, ... ma raccontarla tutta sarebbe una storia troppo lunga. Quali sono le esperienze che hanno maggiormente segnato la sua vita? I dolori e le ingiustizie patite. Come ho scritto nel racconto La Guerra: [...] L'anno 1944, non lo scorderò; è scolpito nel mio cuore a caratteri di fuoco. Vivevo con la mia famiglia, in un rione di Genova; padre, madre, due fratelli e una sorellina dal nome meraviglioso: Camelia. Allora i ragazzi scappavano di casa per raggiungere i partigiani sui monti; così fece mio fratello maggiore. Bel ragazzo, scuro di capelli, con gli occhi dolci color delle viole di primavera, col corpo da uomo, ma il volto da bambino; aveva quindici anni appena compiuti. Mio padre era già da tempo sui monti con i compagni. Mia madre, io e la mia sorellina, ci mettemmo in cammino per cercarlo; con mezzi di fortuna arrivammo in un paesino nei pressi di Voghera. Intanto passavano i giorni, i mesi. Chiedendo in giro, arrivammo ai piedi del Brallo, sopra Verzi. Lo trovammo il nostro caro, ma già sepolto in un piccolo cimitero di campagna, tutti lo ricordavano con affetto; c'erano tanti fiori sulla tomba. Ricordo la lapide sul posto, dove era caduto, trafitto da un colpo solo al cuore. C'era scritto: “Al caduto Aldo Casotti, detto il monello, morto nel difendere la patria dallo straniero, nato nel 1929, morto il luglio del 1944”. Leggendo le sue poesie si ha l'impressione che esse ruotano attorno a tre temi centrali: Dio, l'uomo, la natura Condivide? Sì. Ma non dimentichi il mio amore per gli animali. Li amo tutti, indistintamente. Sono i nostri "fratelli minori". Danno amore senza parole. La scrittura è anche un mezzo per lenire i dolori del percorso umano? Le parole esercitano senza dubbio un fascino e al contempo leniscono un pò i dolori del travaglio umano. Il tema dell'amore ricorre spesso nei suoi versi. Quale significato ha per lei questa parola? L'amore è l'essenza della vita... anche se esso, a volte, tradisce i veri sentimenti. Qual è il suo rapporto con la scrittura? L'atto di scrivere mi fa sentire viva e mi trasmette emozioni. Scrivo ogni notte. Ho composto duemilacentosessanta testi senza apprendere le “regole” della metrica. La mia è una forma di scrittura fondata su “leggi naturali”. Scrivo spontaneamente, senza studiare le parole. NOTE Robert Walser, I temi di Fritz Kochher, Milano, Adelphi, 1978, p. 35. (2) Ivi , p. 35. (1)
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CULTURA
Nel primo caso l'apprezzato, in particolare per “I cento passi” e “La meglio gioventù”, quando discontinuo Marco Tullio Giordana indaga sulla storia italiana recente, focalizzandosi su uno degli episodi più difficili, più contraddittori: la strage alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana in cui perdono la vita diciassette persone e più di ottanta rimangono ferite. E segue la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli nel 1969 e il ritratto di due uomini, Pinelli, per l'appunto, e il commissario Luigi Calabresi, ucciso nel 1972 come reazione alla morte di Pinelli, “precipitato” misteriosamente dal commissariato di Milano durante un interrogatorio. Giordana analizza lo stragismo di Stato e un'epoca di conflitti con un occhio asciutto, dando grande spazio ai due bravissimi attori che davvero reggono sulle loro spalle buona parte della pellicola: i bravissimi Pierfrancesco 34
Favino, a nostro avviso, e lo ripetiamo, il migliore attore italiano attualmente in circolazione che veste i panni di Pinelli, e Valerio Mastrandrea nel ruolo di Calabresi. Un'altra pagina tragica, sanguinosa, di un passato ancora più recente è quella che fa capolino in “Diaz - Non pulire questo sangue” di Daniele Vicari. Come si può intuire dal titolo, ci si riferisce ai fatti del G8 di Genova del 2001 e in particolare alla notte nella scuola Diaz dove erano raccolti i manifestanti e dove la polizia entrerà di forze. Un film ancora più difficile, che parla di un passato che brucia ancora, diretto benissimo da Vicari, che ha ben chiaro i suoi punti di riferimento nel panorama cinematografico nazionale e internazionale. Le produzioni di Francesco Rosi e Carlo Lizzani, padri del cinema di impegno e di denuncia nostrano, sono il luogo ideale in cui collocare il lavoro di Vicari, così come,
CINEMA dal punto di vista internazionale, chiare influenze provengono da quel capolavoro che è Z - L'orgia del potere di Costa-Gavras.
Il cinema civile in Italia, che indaga sull'Italia stessa, sta tornando ad essere sempre più un “genere” centrale della produzione del Belpaese. La bravura degli interpreti e così la tecnica sempre più affinata dei registi sono senza dubbio un buon segno per il futuro.
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CULTURA
Era il 2006 quando Lucio Dalla, tra i più grandi artisti che la musica leggera italiana abbia mai avuto, aveva dato il volto, la voce e l'anima al personaggio dello scudiero Sancho Panza nel visionario Quijote di Mimmo Paladino, importante artista e scultore di fama internazionale, con il ruolo di Don Chisciotte interpretato da Peppe Servillo. Un lavoro in cui la componente musicale e interpretativa ha un ruolo fondamentale se si pensa a Dalla e al fatto che lo stesso Servillo sia cantante, musicista e leader del gruppo Piccola Orchestra Avion Travel.
Era il 2006, come detto, e il film fece la sua apparizione alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Ora, a distanza di sei anni, la pellicola va finalmente in distribuzione, seppur limitata, a partire da marzo, grazie a Distribuzione Indipendente che unisce in un circuito alternativo più di venti sale sparse sul territorio nazionale e, contemporaneamente, attraverso la rete, rende i film disponibili on demand su www.ownair.it.
È sicuramente uno dei personaggi più amati nel panorama del fumetto italiano, al pari di Tex Willer e di Dylan Dog della rivale Bonelli. Diabolik, così come la sua compagna Eva Kant, è un personaggio di culto, un personaggio nerissimo che da cinquant'anni esalta generazioni intere di lettori. Era il 1962 quando le sorelle Angela e Luciana Giussani diedero vita al “re del terrore”, al ladro vestito di nero, fautore di sofisticate e avvincenti rapine, esperto di travestimenti, a bordo della sua Jaguar decappottabile, sempre braccato dall'ispettore Ginko, sua vera nemesi. 36
Pubblicato dalla Astorina, fa il suo esordio il 1° novembre 1962 con Il re del terrore, per l'appunto. Da quella data si sono succeduti un adattamento cinematografico con John Phillip Law, versioni radiofoniche, videogiochi, cartoni animati e molto altro. E ha dato vita ad un gran numero di personaggi a lui ispirati, in primo luogo Satanik. Due grandi mostre, una a Milano e l’altra a Napoli lo hanno celebrato in grande stile.
CULTURA di Alice Malerba
Cosa differenzia il Playback Theatre dagli altri generi teatrali? La scelta del cosa raccontare concessa esclusivamente al pubblico. Lo spettatore ha l'opportunitĂ di “vedereâ€? la sua storia messa in scena dagli attori sul momento, attraverso tecniche specifiche che permettono di teatralizzare il racconto subito dopo. Fondamentale importanza acquista il ruolo del conduttore: colui che si pone tra spettatori e attori per spiegare la dinamica dello spettacolo e invitare gli stessi spettatori a calarsi nel clima di condivisione. 38
TEATRO Si rende così possibile motivare anche i più timidi a raccontare la propria storia, al fine di fornire agli attori le informazioni necessarie per rappresentarla. Sul palco, insieme agli attori, è sempre presente almeno un musicista che completa la performance con suggestioni musicali e sonore. Ciò che contraddistingue ulteriormente il Playback Theatre dalle altre forme d'improvvisazione teatrale, come per esempio i match d'improvvisazione, è la sua forte componente psico/emotiva. Essa ha origine dall'impostazione data dal suo fondatore, lo statunitense Jonathan Fox, allievo di Jacob L. Moreno, l'inventore dello psicodramma. A metà degli anni Settanta, Fox diede vita alla prima compagnia di Playback Theatre “The Original PBT Company” sintetizzando e coniugando tecniche psicodrammatiche, teatrali ed espressive. Il risultato è un'esperienza di condivisione molto profonda data dall'empatia che l'attore prova verso il personaggio che gli è stato affidato, dalla ritualità dell'evento teatrale che produce un'attenzione quasi sacrale del pubblico e infine dalla catarsi che sopraggiunge nel “rivedersi” con la propria storia raccontata da altri. Questo fa il Teatro dell'Improvvisazione di Zurigo. Ogni spettacolo un tema diverso e tante storie portate dal pubblico a determinare le emozioni della serata che spesso passano dalle risate più sonore ai silenzi più commossi. Il tutto in un clima di assoluto rispetto per la dignità di ogni storia e del suo narratore.
Il gruppo teatrale, fondato nel 1998 da Michele Minutillo, psicologo, psicoterapeuta e psicodrammatista, comprende attualmente una decina di membri, tra i quali alcuni “storici delle origini”. Le “new entry” invece, dopo aver assistito da spettatori ad alcuni spettacoli del gruppo, sono rimaste profondamente colpite dal potere evocativo del Playback Theatre e hanno deciso di approfondire lo studio delle tecniche entrando attivamente nel gruppo.
Veterani e non, la passione per questa forma di rappresentazione teatrale, unisce tutti nel comune obiettivo di rendere ogni spettacolo unico e irripetibile, sia per il pubblico che per i teatranti. Per maggiori informazioni sulle attività del T.d.I. e per chi è interessato a corsi di formazione sulle tecniche di improvvisazione e del Playback Theater può consultare il sito:
www.improvvisazione.ch 39
CULTURA di Simona Guidicelli
Origine e diffusione Esistono numerose specie di leguminose da granella molto diverse come botanica e come origine che vengono ascritte al genere Phaseolus, tutte indicate con il termine fagioli. Il fagiolo per antonomasia è il fagiolo comune o Phaseolus vulgaris. Nel mondo risultano coltivati per la produzione di fagioli secchi oltre 25 milioni di ettari, per un totale di 18 milioni di tonnellate; tra le leguminose da granella, i fagioli risultano al 2° posto per importanza a livello mondiale, dopo la soia. Il fagiolo comune (Phaseolus vulgaris) originario dell’America meridionale (Perù, Colombia). È diffuso soprattutto in Asia, ma nel bacino del Mediterraneo. In Europa il maggiore produttore è la Spagna, seguita da Portogallo, Italia e Grecia. Esigenze ambientali Data la sua origine tropicale il fagiolo è esigente in fatto di calore. La temperatura minima per avere nascite accettabilmente pronte e regolari è di 13-14 °C. 40
Il fagiolo soffre moltissimo gli abbassamenti di temperatura: muore a 1-2 °C, per questi motivi in zone temperate il fagiolo può coltivarsi solo nel periodo primaverile/estivo o estivo. Teme molto la siccità: in questo caso la pianta appassisce durante le ore più calde, i baccelli abortiscono o contengono pochi semi, che non raggiungono il pieno sviluppo. Tenuto conto di questi fatti e della limitata profondità raggiungibile dalle radici, nel clima italiano, generalmente è necessaria l’irrigazione per realizzare produzioni soddisfacenti e costanti. Il clima ideale per il fagiolo è quello di tipo oceanico, con un’estate non eccessivamente calda nè secca, e poco ventosa. La maturazione è favorita dal tempo secco. Il terreno più adatto al fagiolo è quello sciolto, fresco e fertile; esso non deve essere troppo calcareo, altrimenti i semi che si ottengono sono duri e di difficile cottura per l’ispessimento del tegumento. Il fagiolo si adatta ai terreni pesanti, purché questi non siano soggetti a formare crosta perché questa è un ostacolo gravissimo alle nascite delle piantine, la cui germinazione è, come si è detto, epigea e i cui cotiledoni sono soggetti a rompersi al minimo ostacolo nella fase dell’emergenza. Il fagiolo ha una spiccatissima intolleranza per la salinità. Varietà L’enorme variabilità genetica della specie e la stretta autogamia che caratterizza la sua biologia fiorale hanno fatto sì che nei secoli passati siano state isolate innumerevoli varietà, dotate di adattamento alle condizioni locali ma soprattutto delle caratteristiche morfologiche e organo-
BENESSERE E SALUTE lettiche gradite ai consumatori. Solo in tempi recenti il miglioramento genetico ha iniziato programmi di selezione scientificamente basati, volti al conseguimento di importanti obiettivi: - Aumento della produttività e della regolarità di produzione; - Adattamento della pianta alle tecniche di coltivazione e trasformazione. Il primo obiettivo è perseguitato soprattutto attraverso l’aumento della resistenza a quelle avversità che attualmente falcidiano i raccolti. Il secondo attraverso la modifica del portamento delle piante per rendere contemporanea la maturazione e possibile la raccolta meccanica. La semina La semina del fagiolo si può fare su un lungo arco di tempo: da aprile alla fine di luglio- primi di agosto.
Proprietà Per quanto riguarda le calorie, i fagioli sono come tutti gli altri legumi, contengono quella lecitina che aiuta ad eliminare i grassi evitando che si fermino nel sangue, così che anche il colesterolo viene tenuto sotto controllo. Inoltre, l’azione della fibre che favorisce la digestione completa il quadro di un alimento che stimola la corretta assimilazione degli alimenti e la loro corretta gestione da parte del corpo umano. Al di là dell’alimentazione, il solo baccello di fagiolo, senza semi, può abbassare il picco massimo della glicemia mantenendolo costantemente basso per 2-3 ore. Infatti la faseolamina, legandosi all'alfa-amilasi pancreatica, impedisce la digestione degli amidi. Si possono fare impacchi con i semi contro le infiammazioni e infusi per uso interno. Il decotto della pianta quando i frutti non sono ancora maturi è indicato contro il diabete. Infine si può utilizzare un infuso di baccelli secchi contro l' arteriosclerosi, e un decotto di foglie secche per i reumatismi.
Raccolta e utilizzazione Nella piccola coltura i fagiolini e i baccelli freschi si raccolgono a mano scalarmene, mentre le piante di fagiolo da granella secca si estirpano a mano quando i baccelli hanno cominciato a disseccarsi, si lasciano completare l’essicazione in campo per essere poi sgranate. Nella grande coltura tutti i tipi di raccolta possono essere meccanizzati purché le piante siano nane e a maturazione contemporanea. I fagiolini si raccolgono con apposite macchine raccoglitrici (pettinatrici); i fagioli da seme fresco si raccolgono con macchine pettinatrici-sgranatrici semoventi; i fagioli secchi si raccolgono con le normali mietitrebbiatrici. Parti utilizzate: baccelli e semi. 41
CULTURA di Gian Maria Bavestrello
Vorremmo parlarne, piuttosto, come di una civiltà con la quale è utile prendere confidenza, come un orizzonte che lentamente ci avvolgerà e ci spingerà a confrontarci con il “diverso” e a scorgere in esso, al di fuori di ogni stereotipo e di ogni luogo comune, la via di fuga dalla “crisi” stessa. Non che non lo stiamo già facendo: dalla medicina tradizionale al cinema, dalla filosofia alla cucina, la Cina sta entrando nelle nostre vite e nel nostro universo culturale. Cucina, si è detto tra le altre cose, perché la cucina è ciò con cui i popoli imparano a conoscersi e a dialogare.Aquesto, dunque, accenneremo: alla filosofia cinese applicata alla dietetica. Della cucina cinese conosciamo quella versione standardizzata offerta dai molteplici ristoranti, molto simili tra loro, che da almeno 20 anni popolano
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ENOGASTRONOMIA l'Italia. In realtà, parlare di cucina cinese non è molto dissimile da ciò che facciamo quando parliamo di cucina italiana: utilizziamo un concetto astratto e semplicistico. Al pari della nostra e anche a maggior ragione, vista l'estensione territoriale, la cucina cinese è la somma di cucine regionali molto diverse tra loro. Il pollo saltato
Alle caratteristiche principali si associano poi caratteristiche minori, più o meno note: l'uso delle bacchette, che spiega almeno in parte perché le carni vengano servite sminuzzate, e l'assenza di coltelli sulla tavola; l'assenza di prodotti lattieri, dovuta a un'intolleranza al lattosio molto diffusa in numerosi paesi asiatici; l'assenza della nostra partizione del pasto in due o tre portate, sostituita da una ricerca di equilibrio tra i cinque sapori di base, contemporaneamente presenti sulla tavola ad eccezione delle pietanze esclusivamente dolci.
Una delle classificazioni più celebri è quella basata sulla divisione in quattro scuole: settentrionale o pechinese, caratterizzata dal largo uso della pasta, sia sotto forma di ravioli che di spaghetti, di manzo ed agnello; meridionale o cantonese, contraddistinta da ortaggi, riso e cotture in olio bollente in modo da rendere croccanti e leggeri i cibi; orientale o di Shangai, nota per i piatti a base di pesce, frutti di mare e crostacei, cotture lente, bolliti e stufati; occidentale o del Sichuan, che più si avvicina alla cucina indiana con piatti speziati e piccanti. Anche le cucine cinesi sono espressione di una visione metafisica che riconosce nell'universo due principi fondamentali , complementari e in continua trasformazione, l'uno dei quali non può darsi senza l'altro: lo yin, il principio femminile che rappresenta l'elemento tenebroso e lunare, e lo yang, il principio maschile riconducibile alla luce e al sole. Contrariamente a ciò che sarebbe indotto a credere l'Occidentale che ignorasse questa filosofia, ciò che deve fare l'Uomo non è coltivare lo Yang a scapito dello yin o viceversa, ma ricercare l'armonia dei poli opposti, che sono inscindibili e che non sono mai esperibili separatamente. Il concetto chiave della cucina cinese, ma non solo della cucina, è pertanto quello di armonia, di equilibrata compenetrazione tra cibi “freddi” come funghi, bambù, legumi e frutti, e “caldi” come carne, spezie e fritti. L'armonia dei sapori è dunque una conseguenza dell'armonia di yin e yang, dal cui rapporto dipende strettamente la salubrità dei cibi. Alla base della cucina cinese vi è inoltre la cottura breve, finalizzata a mantenere inalterata la proprietà dei cibi. I metodi più ricorrenti sono il soffritto, la frittura con pastella e la cottura al vapore, dove il cibo viene posto nell'apposito cestello che a sua volta viene quindi messo nella celebre padella “wok”. 43
CULTURA Molti dei piatti che siamo abituati a consumare nei ristoranti cinesi hanno radici nelle innumerevoli tradizioni della Cina antica, in particolare nelle feste. È questa una delle ragioni che rende la cucina cinese particolarmente affascinante. Ravioli a base di carne
Uno dei piatti cinesi più celebri, gli jiaozi, ossia i ravioli a base di carne, carne tritata di maiale, bovino, agnello, pollo, pesce o gamberi, spesso mescolati con verdure come cavolo, scalogna, cipollotti o erba cipollina cinese, accompagnati infine da salsa di soia con aggiunta di aceto, aglio, zenzero, aceto di riso, salsa piccante o olio di sesamo, sono uno dei principali cibi consumati durante il Capodanno. Centocinque giorni dopo il solstizio d'inverno, invece, si trova il nodo energetico detto ch'ing ming, “chiaro e brillante”, che segna l'arrivo della primavera. Segnando il rinnovamento del fuoco, uno o più giorni prima della data si spegne il vecchio fuoco e si “mangia freddo”. Il giorno della festa si accende il fuoco nuovo. Le famiglie, allora, si recano alle tombe degli antenati, sulle montagne o in luoghi silvestri. Si puliscono le tombe e poi, nello stesso luogo, si consumano i resti dei pasti freddi della vigilia, avvolti - notate bene - in frittelle di riso e fritti. Come è facile intuire, si tratta dei famosi “involtini primavera”. Involtini primavera
Uno dei piatti cinesi più celebri, e complicati, è la famosa anatra laccata alla pechinese, risalente alla dinastia Ming (1368 – 1644) e proposta anche in versione originale dai migliori ristoranti cinesi in Italia, previa prenotazione almeno 48 ore prima. Trattata secondo un preciso rituale, cosparsa di miele e tagliata a fette, la carne, insieme alla pelle, è inzuppata in una salsa, arrotolata in piccole crespelle con cipolla verde o bianco di porro e cotta in forno anche fino a 4 ore. Il tutto è accompagnato da un brodo e da verdure conservate nell'aceto, dal gusto leggermente aspro. 44