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Sotto la lente Le fiabe

l’altraitalia

numero 44 - ottobre 2012

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la voce e l’immagine degli italiani nel mondo

SOCIETÀ

I grandi cervelli in fuga dall’Italia ENOGASTRONOMIA

SPETTACOLO

Lo speck

Miss Italia

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Tra le tante me ne è piaciuta particolarmente una, brevissima, di Leonardo Da Vinci: I gufi e la lepre Appollaiati sul ramo, due gufi guardavano una lepre correre nel campo. - Povera lepre, disse un gufo. Non ha nemmeno il coraggio di tornare nella sua tana. - Perché? Domandò l’altro. - Perché ha paura. - Paura di entrare in casa sua? - La lepre è fatta così, replicò il gufo che aveva parlato per primo. Vive sempre nel terrore e ora che l’autunno cambia il colore delle foglie e le stacca dai rami, essa non osa nemmeno guardarle; scappa di qua e di là, terrorizzata da questa pioggia di colori. - Ma allora è vile! - Certo. E a forza di correre finirà in qualche tagliola, o sotto il tiro dei cacciatori. Provo sempre “un’emozione” nuova quando mi imbatto in persone vili, costrette alle peggiori bugie perché incapaci di affrontare la vita e di assumersi le responsabilità che ne derivano. È incredibile osservare il loro comportamento! Li ascolto incredula mentre, per abitudine o per viltà, ma con uno scopo ben preciso, mentono spudoratamente nel tentativo di sistemare le cose a proprio piacimento. Ti guardano negli occhi e, candidamente ma con fermezza, smentiscono ciò che un istante prima avevano affermato. E di codardi ce ne sono molti tra di noi, cosa di cui, nel corso degli anni, ed ancora di recente, ho dovuto prendere atto. Siamo circondati da una grande quantità di piccoli “Schettino” (ricordate senz'altro il comandante della nave Concordia naufragata il 13 gennaio 2012. Schettino, vigliaccamente, abbandonò la nave mentre affondava quando i passeggeri erano ancora tutti a bordo, provocando così la morte di numerose persone ed in seguito mentendo oscenamente sulle effettive cause che avevano provocato quella catastrofe). Purtroppo viviamo in una società, dove dietro i sorrisi e la cordialità, si celano codardi patentati. Ma non andate a dirglielo perché non ammetteranno mai di esserlo e neppure, ne sono convinta, si riconosceranno mai nella lepre del racconto. Una riflessione, però, è d'obbligo: forse si diventa così per proteggersi da qualcosa? O forse perché si sono subite delle violenze, oppure è uno stato che ci si porta dietro dalla nascita? Non so, in ogni caso costoro spesso proteggono la loro vigliaccheria mascherandola con qualcos'altro, quindi non è facile individuarli e difendersi dai dispiaceri che derivano da questa tendenza perché essi esercitano la loro natura subdola contro chi si fida. Quando la “vittima” inizia a prendere consapevolezza di quello che ha intorno, probabilmente, è già troppo tardi. Ma forse sto sbagliando tutto ... vuoi vedere che, invece, abbiamo a che fare con delle persone estremamente coraggiose nel calpestare la dignità umana, l'amicizia e il rispetto per il prossimo? Quel che è certo è che avere rapporti con questi individui può diventare davvero pericoloso. Purtroppo non c'è un antidoto contro la vigliaccheria e non esiste neppure nessuna formula magica! Auguro comunque a tutti i codardi di mia conoscenza e non, di non finire in qualche tagliola o sotto il tiro di un cacciatore.



Un elicottero della Protezione civile ha portato il Governatore del Lazio da Roma a Rieti, in tempo per inaugurare la Festa del peperoncino. Più di 15 mila euro per un viaggio di 60 chilometri, la strada statale Roma-Rieti è un girone dantesco con curve bastarde, code irritanti, fameliche prostitute e simpatici autostoppisti. Poco tempo prima il governatore aveva tenuto un mini vertice di maggioranza sui costi della politica. Governatore che ci dice a proposito dell'utilizzo dell'elicottero per recarsi alla Festa del peperoncino di Rieti? “Non c'è nulla da spiegare” risponde la Polverini prendendosela con i giornalisti invitandoli a “studiare”. “Da parte mia non c'è stato nessun uso improprio. Se volete vi mostrerò tutti gli elicotteri che i presidenti di questa Regione hanno preso, con le relative spese e anche altre voci”. “Non ho nulla da spiegare. Pago tutte le spese che faccio, non scoprirai nemmeno una cena a mio carico. L’importante è che non vado con i soldi pubblici, vai tranquillo caro”. L’affettuoso “caro” del presidente regionale al giornalista è accompagnato da spintoni e insulti di Rositani: “Vada via, cretino, altrimenti la prendo a schiaffi. Non ha capito? Le do uno schiaffo”.

Governatore che ci dice a proposito della sua partecipazione alla festa? “Sono stata invitata ad una festa da un consigliere che mi aveva detto che dava l'addio ad un suo vecchio incarico a Bruxelles, credo abbia rapporti con Tajani questo ragazzo”. Così la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, interpellata dai cronisti mentre usciva di casa, in merito al party dato dal consigliere regionale Carlo De Romanis. “Le foto - ha aggiunto - mostrano il mio sconcerto e me ne sono andata via subito”.

Farà un bel rumore l’ennesimo colpo di scena nell’ambito del mandato di Renata Polverini: stavolta il Fatto ha beccato la Polverini a offrire auto blu per la partecipazione alla sua festa di compleanno. Riporta il giornale di Padellaro: “La location romana per i festeggiamenti è quella ora in voga per la casta, l’Open Colonna di Via Milano, la bellissima terrazza ristorante del palazzo delle Esposizioni. La stessa dove ha celebrato il matrimonio Luigi Lusi, senatore ed ex tesoriere della Margherita che, secondo i magistrati romani, avrebbe pagato 31.700 euro per la cena di nozze con i soldi del partito. “Una pubblicità che ci saremmo risparmiati - dice il padrone di casa, lo chef Antonello Colonna - sono attesi 400 invitati, ci sono anche ministri e deputati” Governatore , faccia il favore, non ci dica più niente! Ne abbiamo abbastanza! 3


OPINIONI di Giovanni il Battista

Gratta, gratta e vinci


FRECCIATINE Cosa ne pensate ? La storia ci insegna che i partiti, e più recentemente le coalizioni, annunciavano i loro programmi, stampavano vagonate di volantini di varie dimensioni, con le facce dei loro leaders e quest'ultimi facevano a gara a mettersi in belle mostra, sciorinando previsioni, promesse, sondaggi ecc. Non vi sembra che in questa occasione, per contro, tutte queste indispensabili, consolidate componenti manchino all'appello o avvengano con un profilo basso, distaccato, impreciso, ipotetico, fra un se e un ma, tra una precisa affermazione e una immediata smentita dell'affermazione stessa? Se questa sensazione vale per la strategia comportamentale dei valori e contenuti che vengono espressi, ancor più eclatante, questo fenomeno, lo si riscontra nella presentazione che i partiti fanno dei loro candidati, delle persone che vengono proposte quali rappresentanti di fazione. I nomi e le facce dei candidati erano, nel passato, la premessa, il punto di partenza, il presupposto per partire, lancia in resta, in battaglia; in questa occasione sembra quasi che vi sia stato un accordo tacito fra i vari partiti per non parlarne, nemmeno accennarne, quasi fosse un argomento off-limits, illecito, negativo.

A ben pensarci mancano i nomi dei candidati, i loghi ed i simboli, i programmi. Insomma, manca tutto: mancano … probabilmente anche i partiti, questa volta, quelli veri ... “Ma Giovanni Battista di quali elezioni e di quale campagna elettorale volevi quindi parlare?” “Mi sa” rispondo io “che avete ragione: di cosa sto parlando?” Sono imbarazzato. Non so che dire. Certo che qualche cosa che non funziona c'è. Probabilmente il famoso “teatrino della politica”, malgrado le infinite qualità di funambolismo, di fantasia estrema, di virtù sbandierate ai quattro venti dai coinvolti, non riesce a far tornare i conti. Questa volta i partiti, pur disconoscendolo, non sanno come e da dove cominciare. Questa volta si trovano di fronte a dei fenomeni "tecnici" che non riescono a manovrare a loro piacimento. Per Loro sono nuovi, sconosciuti. Sono stati colti di sorpresa! L'Europa, la crisi, la Merkel, Mario Monti. È un percorso ad ostacoli da affrontare per raggiungere i loro obiettivi, che, per una volta, non hanno, barando e facendo i furbi, preparato loro e quindi, ad ogni piè sospinto, cozzano contro qualche birillo birichino … Non è facile! Per 60 anni hanno manipolato il loro mondo come volevano. D'improvviso, non lo ritrovano più. Le regole sono cambiate, le prospettive non dipendono più solo da loro, gli orizzonti sono bui perché gli obiettivi che si dovrebbero porre non sono più loro a stabilirli! Mica facile Italiani! Se si affronta il tema del nome del partito non trovi consenso (non si vuole offendere la storia, la Chiesa, i principi sociali, il liberalismo). Se si tenta di creare una bozza di logo o simbolo vi è una sollevazione popolare (basta con l'asinello, il campanile, l'ulivo). Se si presenta una lista di possibili candidati scattano dei veti incrociati letali (ci si rifugia, per il momento, proponendo la formula miracolistica: allora facciamo le primarie!). Se si parla di programma, per chi eventualmente un embrione ce l'ha, i possibili Partner di coalizione o di storia (sindacati, magistrati, amministrazione pubblica), minacciano di mandare tutto all'aria (si vuole prima il programma e poi la coalizione o viceversa?) 5


OPINIONI È nato prima l'uovo o la gallina? Se si parla di coalizione, si cozza contro il problema che non si sa esattamente quali partiti saranno ancora in vita fra qualche settimana e comunque a chi ed a che cosa faranno riferimento (le prime dieci formule che si sono azzardate recentemente sono state puntualmente tutte affondate). Ditemi voi ! L'ottica storica e psicologica è completamente cambiata: il croupier che stava al banco non c'è più. Il “volemose bene”, gli intrallazzi, gli accordi sottobanco, il “dopo vedremo”, sono strade che apparentemente non sono più percorribili. Ecco la battaglia che si sta combattendo di questi tempi. Una tenzone che deve avere un vincitore o un vinto. Un pareggio è escluso dalle regole del gioco: o si vince percorrendo la strada delle nuove regole (quelle citate sopra, che in fondo vogliono dire trasparenza, attendibilità, sincerità, correttezza e quindi programma, partiti, uomini chiari e puliti e quindi camminare nel solco tracciato dall'Europa, purtroppo dalla crisi, dalla Merkel e da Monti) o si perde (e quindi a mio modesto parere, per l'Italia, sarà sicuro suicidio!), perché ancora una volta avrà avuto la meglio il macchiavellismo all'italiana (tutti assieme, nuovamente, appassionatamente, contro il nemico: quello che non ci lascia fare gli intrallazzi e schifezzuole che vogliamo noi) . E poi c'è l'imbarazzante/ingombrante figura di Mario Monti: potrà fare a meno l'Italia, in Italia e nel Mondo, dell'attuale precario Presidente del Consiglio? A naso direi: “mi sa proprio di no!” Monti dice che a fine legislatura lascerà senza ripensamenti. Dice anche che non si iscriverà ad alcun partito o movimento o lista civica. E quindi ? Forse sono troppo cattivo: ma lo vedete voi Vendola al posto di Monti presentarsi dalla Merkel? O Bersani con il toscanello in bocca a qualche consesso economico/finanziario in Europa? O ancora il Berlusca, pur essendosi ritirato a lucido in queste ultime settimane, ad una conferenza stampa fra Merkel e Hollande? O il cardinal Casini che nemmeno lui crede a quello che dice? Dove è il carisma dei sopra elencati?Ahi!Ahi!Ahi! D'altra parte, lo scenario, per esempio a livello della qualità dei candidati, proponibili allo stadio attuale dei giochi dai vari schieramenti è desolante. Berlusconi: a parte le controindicazioni maturate negli anni, è pluri indagato e inviso ai pari grado europei. Formigoni: uno pseudo delfino, è pluri indagato. Bersani: è quello che intanto che Penati (e non solo lui …) rubava milioni di Euro giocava a salire le scale delle università italiane con il toscanello in bocca, dicendo di non essersi accorto di nulla. Renzi: è quasi un comico come Grillo … ma è indagato … Vendola: è indagato e sconosciuto anche al concierge dell'Euro tower o del parlamento di Bruxelles. L'orecchino glielo lasciamo passare. Casini: gioca a fare il cherubino di Monti. Monti lo ignora: volete cheAnghela o François, Camerum ed affini gli dedichino uno sguardo? Tanto belloccio ... ma tanto vuoto! Grillo: … un comico … (meglio che indagato ...) ma ... 6

Di Pietro: non lo capiscono gli italiani quando parla … vuoi che in Europa ... Fini: indagato e intrallazzatore ... aveva MSI, ha voluto AN, si è inciuciato con PDL, ha divorziato passando al trio di centro, durato 6 mesi. Ora, lasciato solo dagli ultimi amici, cerca casa (magari a Montecarlo). Rutelli: è quello che intanto che Lusi rubava milioni di Euro si pavoneggiava proclamandosi pietra fondamentale del centro democratico e dei miracoli, dicendo di non essersi accorto di nulla e che quasi Lusi non lo conosceva e non lo incontrava praticamente mai (eccezionale per un Presidente/Segretario di un partito; quando mai controllare qualche volta i conti? Per quale motivo? Forse Lusi si sarebbe potuto offendere?). Passera: attuale ministro del governo Monti, brava persona ma è indagato … Maroni: della storia di Bossi & Co. non ne sapeva niente? È stato da sempre il numero due del movimento ma non sentiva nè vedeva niente … ma guarda un po’ questi varesotti … ! “O ragassi”, come direbbe Bersani, “non siamo mica qui a far la ceretta allo yeti!” Mah … ridiamoci su!Ad maiora !


ATTUALITÀ di Umberto Fantauzzo

Un gruppo di giovani accademici, con un brillante iter di studio universitario per il conseguimento di una ottima laurea, partecipando recentemente ad un convegno di giovani imprenditori, nel corso dello svolgimento dei lavori congressuali, è stato confrontato con l’amletico quesito “esiste nell’immediata prospettiva una soluzione di salvezza per il nostro paese per poter uscire dall'attuale situazione di torpore economico”? A tale domanda i giovani convegnisti hanno saputo replicare con intelligenza e saggezza fornendo la seguente risposta: “Si, una via di uscita esiste, basterebbe dare adeguato spazio all’enorme potenziale di energie che cova sotto le ceneri di una nazione morta”. L’Italia dispone nella sua eccellente tradizione accademica di efficienti strutture universitarie in grado di formare professionalmente giovani talenti come l’alma mater studiorum Università di Bologna, storicamente la più antica istituzione accademica del mondo occidentale, fondata nel 1088, il politecnico di Milano dove nei vari ambiti tecnici si sono laureati i migliori talenti d’Italia ai quali il comune di Milano e numerose imprese private, non riconoscendo le loro elevate competenze professionali, sfacciatamente offrono retribuzioni iniziali da Europa dell’Est. Numerosi giovani neolaureati si pongono il critico interrogativo: “Perché il mio paese non riconosce ciò che mi sono conquistato con enormi sacrifici da parte dei miei genitori? Perché sono costretto all’umiliazione per questuare una raccomandazione nel tentativo di ottenere un posto di lavoro che costituzionalmente sarebbe un mio diritto?” 7


SOCIETÀ L’ipotetica risposta d’obbligo a tale domanda dovrebbe recitare: “Non te la prendere più di tanto, se il tuo paese non vuole offrirti una degna sistemazione di lavoro in quanto non sa apprezzare la tua ottima potenzialità professionale, allora non ti merita!” Dalle precedenti considerazioni dei neolaureati si potrebbe evincere che in Italia attualmente domina sovrana la “demeritocrazia”; per questo motivo il talento non ottiene nessun riconoscimento poiché un collaboratore competente ed intelligente costituirebbe un rischio potenziale per l'autorità dell’ipotetico superiore, essendo costui totalmente incompetente e come tale assunto in virtù delle sue forti raccomandazioni come precedentemente asserito.

L’impiego statale fungendo da famigerata sede di facile “imboscamento” rappresenta il maggior bacino di accoglienza per i numerosi imbelli super raccomandati, ossia parassiti della nazione, che costellando tutti gli ambiti della pubblica amministrazione, ne determinano l’eterna disfunzione della gestione dello stato da cui ne consegue la ben nota borbonica burocrazia italiana. La vigente “demeritocrazia” nel nostro paese ha determinato la storica genesi di una nuova tipologia emigratoria che il medesimo rotocalco britannico, denominando tale fenomeno “brain drain” (salasso di cervelli) unitamente allo “OECD” (organisation for economic cooperation and development), suppone che nell’ultimo ventennio oltre trecentomila “super cervelli” siano stati costretti a lasciare l’Italia per recarsi all’estero alla ricerca di una degna occupazione congruente con la loro elevata specializzazione professionale. Sul versante della ricerca scientifica, nel confronto europeo, l’Italia costituisce il fanalino di coda per miseria d’investimenti, inoltre i docenti universitari in numerosi atenei (ad eccezione di alcune università che storicamente si sono distinte e si distinguono al presente per eccellenti risultati) vengono selezionati con una prassi “da nepotismo” di edizione medievale o per vie traverse in virtù di oscure protezioni politiche, sindacali o possibilmente “malavitose” senza trasparenza alcuna, contribuendo al potenziamento di una sacra lobby di privilegiati e intoccabili “professoroni” i quali, con la loro incompetenza professionale, monopolizzando feudalmente la gestione della ricerca scientifica e della didattica universitaria a loro immagine e somiglianza, cagionano la proliferazione di un 8

“ingente proletariato accademico” scarsamente qualificato: il tipico fenomeno di laureati in psicologia, lettere o giurisprudenza che trovano un’occupazione come spazzini. La gestione politica della giovane repubblica italiana sin dall’immediato periodo postbellico ha intenzionalmente prodotto un’endemica arretratezza nel campo scientifico e della ricerca per superficialità, strafottenza e irresponsabilità della casta dirigente appartenente alla vecchia democrazia cristiana operante sotto l’egida del Vaticano causando scientemente l’esodo di preziosi cervelli a beneficio del loro egoistico tornaconto e a enorme detrimento dell’economia e cultura della nazione. Volendo tracciare retrospettivamente l’evoluzione millenaria dell’emigrazione italiana in un contesto mitteleuropeo, possiamo reperire il suo inizio, storicamente documentato, in epoca medievale tra il 1100 e il 1250. Diverse comunità montane dei cantoni Uri, Svitto, Untervaldo e Glarona, nella Svizzera centrale, per carenza di giovani uomini autoctoni, recatisi all’estero per servizio militare alle dipendenze di feudatari, principi e potenti europei come il papato, stipulavano accordi bilaterali con numerose municipalità cisalpine e traspadane; il comune di Bergamo fu uno dei primi interlocutori contrattuali. I trattati regolavano annualmente lo spostamento di numerosi giovani artigiani e agricoltori dalla zona padana in direzione della Svizzera interna, costoro per promessa contrattuale si assumevano l’impegno di convolare a felici nozze con una “ bionda donzelletta delle regioni montane elvetiche” con garanzia di un lavoro ed un’abitazione nella nuova sede di accoglienza. Nel corso dei secoli successivi hanno avuto luogo numerosi spostamenti Sud-Nord ed Est-Ovest nell’intera Europa, esodi cagionati per motivi di lavoro o a causa di persecuzione politiche e religiose, dei quali uno dei più cruenti la fuga degli Ugonotti, protestanti francesi ed elvetici di tendenza calvinista che durante il XVI e XVII secolo sono stati costretti ad abbandonare la Francia in direzione della Prussia orientale, dell’Inghilterra e dell’Olanda.

Con l’inizio della seconda metà del XIX secolo la nuova tecnica di navigazione a vapore consentendo con potenti imbarcazioni la traversata dell’Atlantico, si delineò una nuova frontiera per l’emigrazione dall’Europa: la chimera americana.


ATTUALITÀ Il quattro ottobre del 1852 a Genova venne fondata la “Compagnia Transatlantica” per la navigazione a vapore con destinazione America, data in cui la medesima compagnia commissionò ai cantieri navali della capitale Ligure due grandi piroscafi gemelli, il primo dal nome Genova varato il 12 aprile 1856, il secondo dal nome Torino varato il successivo 25 maggio del medesimo anno; il principale azionista della compagnia transatlantica era il regno sabaudo nella persona del re Vittorio Emanuele II. A seguito dell’Unità d’Italia nel 1876 venne effettuata ufficialmente la prima statistica dell’emigrazione a cura della direzione generale di statistica del Regno. Durante la prima fase migratoria dall'Unità nazionale fino al 1910 oltre quattordici milioni di cittadini italiani, su una popolazione di trentatrè milioni, abbandonavano dolorosamente il loro paese per ignote destinazioni prevalentemente verso le Americhe. Nella seconda fase migratoria tra le due guerre mondiali 1918-1940 durante il fascismo, per effetto della proclamata autarchia, l’emigrazione diminuì notevolmente e un’enorme quantità di lavoratori disoccupati venne dirottata verso le nuove colonie del presunto “impero fascista”: Eritrea,Abissinia e Libia. Durante l’emigrazione postbellica diversi milioni di cittadini italiani, letteralmente per fame, sono stati costretti a lasciare i loro affetti ed il paese per raggiungere, oltre alle tradizionali mete dell’America del nord e del sud, nuovi orizzonti come la Mitteleuropa , l’Inghilterra, la Francia e l’Australia. L’arrogante strafottenza politica del Governo De Gasperi e della sua democrazia cristiana induceva numerosi disoccupati meridionali a raggiungere il Belgio, la Francia del nord e il bacino della Ruhr in Germania per lavorare nelle miniere di carbone dove un gran numero di minatori italiani sono morti o si sono ammalati gravemente per silicosi; questa vergognosa strategia di sbarazzarsi facilmente del fastidioso problema politico della disoccupazione era nel precipuo interesse della classe dirigente del momento. Sarebbe opportuno evidenziare il fatto che l’Italia, nel periodo finanziariamente critico della fine anni quaranta e nei decenni successivi cinquanta, sessanta ed oltre, abbia enormemente beneficiato per le ingenti quantità di denaro che i suoi emigrati, “politicamente per decenni ignorati”, puntualmente inviavano alle loro famiglie in virtù dei loro risparmi realizzati con enormi sacrifici e sofferenze. La recente affermazione del ministro per gli affari esteri Giulio Terzi “vogliamo valorizzare l’immenso capitale umano che abbiamo all’estero” e con specifico riferimento ai cervelli in fuga “così lavoreranno anche per l’Italia” attesta una persistente sfacciata arroganza con l’inaudita pretesa di collaborazione da parte di quei poveri giovani accademici che sono stati cacciati fuori dalla loro terra natia quasi a pedate nel sedere. Il quotidiano La Repubblica, nella sua edizione del 20 ottobre 2011, in un articolo dal titolo “Requiem per una classe uccisa del ceto medio…..” con riferimento alla recente pubblicazione dell’opera del sociologo Giuseppe De Rita “Dov’è finita la borghesia” costata che dal 2001

circa cinquantamila ex studenti di scuola secondaria superiore, dopo aver conseguito il diploma di maturità, hanno preferito recarsi all’estero per affrontare una formazione accademica presso università straniere come Inghilterra, Francia, Germania, Svizzera e Stati Uniti, considerando le Università Italiane inefficienti ai fini della loro aspirazione di formazione professionale. Un quesito informativo all’indirizzo dei senatori e deputati, principalmente a Razzi Antonio, eletti nelle circoscrizioni estere con l’incarico politico di rappresentanti parlamentari di tutti i lavoratori italiani emigrati: “Egregi signori deputati e senatori, cosa avete concretizzato dal lontano aprile 2006 a beneficio dei vostri elettori emigrati e in particolar modo per i trecentomila giovani scienziati italiani erranti per il mondo, oltre ad esservi adagiati sulla comoda poltrona parlamentare per intascare parecchi soldini provenienti dalle misere tasche di poveri cittadini contribuenti? Avete forse goduto la vita in barba ai vostri elettori emigrati?????”; se così recitasse la vostra risposta sarebbe più conveniente per il vostro minimo senso di pudore e onestà morale tornare tutti a casa unitamente all’immediata restituzione dell’ingente somma di denaro all’erario italiano a beneficio dei dieci milioni di cittadini poveri e della nazione intera”. 9




ATTUALITĂ€ di Chiara Morassut

Nostradamus

La fine del mondo? La Rambla

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MISTERI Signori e signore: il mondo sta finendo. O forse no. Perché ecco, bisogna dirlo, le prove scientifiche lo dimostrano (e chi siamo noi a dubitarne), ma tutte le varie teorie apocalittiche concordavano sul fatto che catastrofi naturali di impatto violentissimo si sarebbero susseguite fin dall'inizio di questo 2012 e beh, non se ne è vista molta traccia. Ma parliamo di fatti. Una volta ogni 26000 anni il sole si allinea con il centro della via lattea. Se la terra ruotasse perfettamente attorno al suo asse la nostra visuale del cielo sarebbe sempre la stessa, ma poiché la terra ruota leggermente fuori asse, con movimento oscillatorio come una trottola, la nostra visuale delle stelle cambia lentamente, circa di 1 grado ogni 72 anni. Ogni 26000 anni quindi, il sole, visto dalla terra sembra sorgere proprio al centro della galassia creando quello che alcuni chiamano allineamento galattico terra, sole e via lattea. Questo raro fenomeno astrologico, che dovrebbe aver luogo proprio il 21 dicembre 2012, provocherebbe enormi cambiamenti o addirittura la fine del mondo. Alcuni scienziati sostengono che 26000 anni fa, in corrispondenza dello scorso riallineamento, siano scomparse moltissime specie animali e sia comparso l'uomo di Neanderthal.

Da parte loro, gli studiosi delle antiche civiltà, riportano profezie molto simili tra loro, fatte da popoli geograficamente e temporalmente molto distanti, che indicano il 2012 come un anno di radicale cambiamento. Sconcertano gli esperti, soprattutto in campo astronomico, i risultati raggiunti migliaia di anni fa da genti altrimente primitive. E c'è chi sostiene che questi popoli abbiano voluto in qualche modo metterci in guardia rispetto all'enorme sconquassamento che vivremo a breve.

Le interpretazioni però, pur tutte similari, hanno delle fondamentali differenze. Il calendario Maya, lo sappiamo tutti, dopo migliaia di anni, si conclude proprio il 21 dicembre 2012. E questo, come avvertimento sembra alquanto chiaro.

Calendario Maya

La grande croce di Hendaye, colonna corinzia in pietra sormontata da una croce greca, nella regione dei Pirenei Atlantici, nel sudovest della Francia, al confine con i Paesi Baschi, costruita, sembra, nel tardo secolo XVII, presenta incisioni di simboli alchemici con riferimenti massonici che in qualche modo conterrebbero informazioni molto elementari ma decisive rispetto alla data e modalità di una futuribile catastrofe globale, che dovrebbe avvenire, indovinate un po', alla fine del 2012. Nostradamus, dal canto suo, nel suo “Libro perduto”, riportato alla luce nel 1994, ci lascia sette immagini che farebbero riferimento alla fine del mondo contenenti simboli come l'agnello dell'apocalisse, il libro della vita, tre lune eclissate a simboleggiare le tre eclissi di luna che si dovrebbero verificare nel 2012 ecc. Ma se nelle sue quartine precedenti, il profeta morto 500 anni fa, aveva già fatto riferimento in vari modi alla fine del mondo a causa del surriscaldamento globale, delle guerre e in generale, della stoltezza dell'uomo, queste immagini lascerebbero forse sperare in un futuro alternativo. Anche se in effetti nel libro troviamo più domande che risposte, più paure che speranze, questo sarebbe il modo di Nostradamus di dirci che abbiamo ancora una scelta, che è l'uomo a decidere il suo destino. Nonostante questa sorta di consapevolezza universale che l’allineamento dei corpi celesti, alla fine del prossimo dicembre, metterà l'umanità di fronte a un evento di transizione molto più grande di tutti quelli a cui abbia mai assistito e che non abbiamo i mezzi né l'esperienza per affrontare tutto ciò, emerge quindi anche una sorta di fatalismo positivo sul fatto che sì, in fondo, possiamo farcela. Anche gli indiani Hopi, popolazione amerinda che vive in Arizona, sono dello stesso avviso. Ritengono che siamo nella quarta di sette ere (il Quarto Mondo) e che ci stiamo 13


ATTUALITÀ avvicinando alla transizione nel Quinto Mondo. Nella mitologia Hopi alla fine di ogni mondo si sono verificati eventi catastrofici. Il Primo Mondo venne infatti distrutto dal fuoco; il secondo finì quando la terra “perse equilibrio”, con conseguenti inondazioni e l'inizio di un'era glaciale; e il terzo finì sommerso dalle acque. “Messaggi” del popolo Hopi

Prima dell'inizio del Quinto Mondo sembra che debba avvenire una “grande purificazione” che corrisponderebbe a una sorta di transizione, a una nascita. Nella loro roccia della profezia gli esseri umani percorrono un sentiero, ma questo si biforca, dando vita a due futuri opposti: di prosperità il primo, carestie e morte il secondo. Secondo gli Hopi, quando sarà il momento, chi non sarà in grado di celebrare il cambiamento morirà a causa della paura di quel cambiamento.

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MISTERI Ci sono inoltre studiosi della Bibbia che nel decodificarla hanno trovato un riferimento diretto al calendario Maya, e per il calendario ebraico 7000 anni dopo il diluvio universale un'altra grande tragedia avrebbe scosso l'umanità, e indovinate quando cade? Se da un lato quindi le antiche culture descrivono eventi allarmanti che sembra si stiano per verificare, e danno o meno, la speranza di un futuro per l'umanità, più concretamente c'è chi associa a questa fine le situazioni che stiamo vivendo: crisi economica, guerre, sconvolgimenti naturali. Siamo, sembra, a un punto di svolta in tutti i sistemi fondamentali: finanziario, della produzione alimentare, energetico, climatico, delle risorse idriche. Tutti i problemi convergono e potrebbero peggiorare. A questo si aggiunge chi teme una tempesta magnetica, l'inversione dei poli, la ripresa in attività di un super vulcano o una super onda galattica … il tutto a causa del solito riallineamento galattico, con conseguente morte dell’attuale genere umano.

Il Tempio di Cuculcàn con i suoi 365 scalini

La coerenza di fondo tra tradizioni indiane, egizie, bibliche o maya certo colpisce, e anche se ci sono ovviamente sempre gli scettici che non vi danno peso, ci sono altri che sul business della fine del mondo si stanno arricchendo, anche se forse ancora per poco. Rifugi sotterranei, viaggi verso mete apparentemente più sicure, rimedi più o meno casalinghi popolano il web ormai da anni. Chi lo sa chi ha ragione. Certo è che se le antiche civiltà volevano dirci effettivamente qualcosa era probabilmente che il nostro modo di vivere, giusto o sbagliato, ci mette di fronte a esiti positivi e negativi, e forse simbolicamente hanno semplificato questi ultimi nell'evento peggiore in assoluto, appunto la fine del mondo. Insomma, una sorta di esasperazione del solito vecchio karma. Se invece vogliamo credere agli astrologi e alle varie coincidenze storiche forse davvero abbiamo davanti a noi una catastrofe, magari una scelta. E allora prendiamola come un'opportunità e ricominciamo dall'inizio, unendo saggezza del passato e conoscenza del presente. Non dovesse succedere niente di tutto questo, beh che vi devo dire, fate come facevano gli antichi: bruciatemi sul rogo! 15



Fiabe

Un mondo magico sulle ali della fantasia


LE FIABE dalla Redazione

Le fiabe popolari

La fiaba, proprio perché raccontata o letta, permette al bambino di soffermarsi su tutti i punti particolarmente interessanti, richiedendo un'elaborazione personale degli eventi che aiuteranno il bambino a superare i passaggi verso una crescita armonica. Le favole racchiudono l'idea che la vita sia in realtà più semplice di quanto non la si immagini, o meglio, aiutano a credere che dentro di noi possediamo tutti gli strumenti utili per affrontarla, in particolare quando, inevitabilmente, ci presenta le sue difficoltà, perché crescere è un compito che richiede impegno e tante risorse; in queste condizioni le favole ci insegnano a non cadere mai nella disperazione, perché ci ricordano che ci sono sempre opportunità e risorse impreviste che entrano in gioco proprio nei momenti in cui l'eroe è sul punto di sentirsi sconfitto.

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Questa filosofia della fiaba permette di sviluppare la fiducia nelle proprie risorse, lascia nel lettore, di qualsiasi età, la sicurezza che la vita è bella e che, cosa importante, ci riserva sempre delle opportunità. La morale della fiaba è che si può riuscire in qualsiasi situazione!. Un'altra importante dimensione della fiaba è la non negazione del “male” e dell'ombra anzi, spesso queste parti vengono fissate in maniera molto forte ed incarnate dai personaggi della storia: questo insegna al bambino che il bene e il male sono due dimensioni della vita e che non si può prendere il bene senza necessariamente venire a contatto con il male. Insegnano, soprattutto, che il bene e il male, sono due qualità presenti in ogni essere umano e che, proprio queste due qualità, sono il filo conduttore e la causa della maggior parte delle sfide e delle lotte che nella fiaba si susseguono. La favola insegna quanto sia seducente ed attraente il “male” poiché questo è sempre rappresentato da qualcuno o qualcosa di molto potente, abituato ad usare i suoi poteri con maniere subdole, (la strega, il drago, l'orco, il serpente, ecc.). Nelle fiabe troviamo spesso gli usurpatori che “rubano” il posto che spetterebbe di diritto all'eroe; e quando troviamo queste situazioni la conclusione ci offre la morale, sempre chiara, che il “crimine”, di fatto, non paga, perché alla lunga chi rappresenta il male è un perdente. La morale è molto forte, non perché l'eroe risulta vincente, bensì perché la vita dell'eroe (il bene), alla lunga è molto più attraente di quella del suo antagonista (il male), in questa situazione il bambino si identifica con la capacità di lottare e con il coraggio che l'eroe mostra. Le favole possiedono un vero e proprio bagaglio ricco di sfaccettature a livello pedagogico e di interpretazione psicologica; le favole rappresentano un patrimonio estremamente importante per noi e per i nostri bambini, abituati a vivere in un'era tecnologica, dove altri strumenti tendono a soppiantare questa fantastica dimensione che ci arriva intatta dal nostro passato.


SOTTO LA LENTE di Roberto Bianchi

Propp ci ha illustrato con i suoi dotti studi la valenza culturale della trasmissione orale e di quella scritta, Piaget ha descritto l'importanza del fantastico per l'essere in età evolutiva, Bruno Bettelheim ha approfondito l'esigenza di comunicare attraverso l'incantato e il fatato, sino a giungere alla nostra epoca, con i giovani che possono fruire di vari tipi di messaggi, attraverso cd, dvd, Tv, cinema e videogames. Tanti sono gli stimoli che possono sollecitare i ragazzi ad acquisire virtÚ o peculiarità positive, sia per scoprire il mondo e quindi per una crescita personale, sia per trovare una falsa riga da loro tanto richiesta e da seguire, in un momento storico paradossalmente povero di valori, nonostante sia l'epoca della comunicazione. Fondamentale è adoperare gli strumenti pedagogici sempre vivi sotto al sole e quindi soprattutto far uso di tanto amore. 35 19


LE FIABE di Rossana Costantino

Esiste un mondo in cui i bambini si rifugiano per sopravvivere alle brutture della vita, è un prodotto della loro fantasia, della loro vitalità, ma è anche frutto di ciò che di buono rimane in noi adulti, che abbiamo un compito arduo: difendere quel mondo incantato che per i bambini diventa una fortezza. Viene subito in mente la storia di “Peter Pan”, il ragazzo che non voleva crescere, perché un adulto che difende il castello delle favole a volte può essere definito “infantile”. Lo stesso autore della storia di Peter Pan, infatti, curiosamente è stato considerato una persona incapace di crescere proprio per la sua poetica visionaria e disincantata e per la sua capacità di saper giocare anche in età adulta. Tutte sciocchezze! Chi lotta per difendere la fantasia dei bambini è un autentico eroe, e non certo un bambino incapsulato nella sua fanciullezza. Ben vengano i ricordi di un infanzia felice, per chi è stato così fortunato, ma chi non porta con se le immagini preziose di una giovinezza serena, a maggior ragione deve assumersi l'impegno di garantire la felicità ai bambini che meritano di essere bambini. Questo è il preziosissimo insegnamento di un grande autore del secolo scorso, Bruno Bettelheim, che indica nelle fiabe la chiave di lettura del vivere bene, e se leggere le storie fantasiose fa bene ai bambini, forse in qualche modo anche l'anima tiepida degli adulti può risvegliarsi grazie a quei personaggi che, prima dell'avvento delle videocassette e dei DVD, tutti quanti abbiamo immaginato. 20

Da Hänsel e Gretel a Cappuccetto Rosso, da Cenerentola a Biancaneve alla Bella Addormentata nel bosco, dai Tre porcellini al Brutto anatroccolo, ogni personaggio ha lasciato un'impronta nella vita di tutti noi. È anche vero che per imparare a cavarsela nella vita e a superare gli ostacoli quotidiani senza aggirarli, il bambino, così come l'adulto, ha bisogno di conoscere se stesso e il complesso mondo in cui vive e in cui si relaziona.

Per questo occorre impartire un'educazione che non sia violenta, ma quanto più possibile incisiva, e ciò può accadere anche grazie alla morale delle favole, all'insegnamento dei racconti magici dove il bene vince sul male perché così dovrebbe essere. I bambini così maturano le loro idee sul mondo dando ordine e coerenza alla dimensione interiore ed imparando ad ascoltare ciò che li circonda. Cosa può giovare più che una


SOTTO LA LENTE fiaba, che cattura l'attenzione, diverte, suscita interesse e stimola l'attenzione? Qualunque fiaba essa sia, trasmette messaggi sempre attuali e conserva un significato profondo che passa attraverso il cuore e la mente dei bambini ... e degli adulti. Ogni storia, irreale e assurda che sia, tratta di problemi umani universali, offrendo esempi di soluzione alle difficoltà. La fiaba è un sistema di messaggi che i bambini recepiscono al di là di ogni ragionamento logico. Le fiabe, rispettando la visione magica delle cose, allontanano gli incubi inconsci, placano le inquietudini, aiutano a superare insicurezze e crisi esistenziali, insegnano ad accettare le responsabilità e ad affrontare la vita. È giusto quindi sottolineare l'importanza fondamentale della fiaba, la capacità anche di ricrearla di nuovo e di inventarla ex novo. La fiaba sviluppa la creatività, e crea una barriera nella quale il bambino andrà sempre a nascondersi. Streghe malvagie, Draghi, Mostri e Matrigne e Orchi, Sirene, Fate e folletti alati per secoli hanno accompagnato i dormiveglia dei più piccini, e sono ancora personaggi che custodiscono un patrimonio di risorse e promesse: le fiabe sono un tesoro di valore inestimabile, e rappresentano un punto di riferimento per la vita del bambino e nel suo rapporto con gli adulti. Nelle storie per giungere a lieto fine occorre seguire un percorso a volte anche difficile, è necessario sconfiggere il drago, ingannare il lupo, ascoltare il consiglio del mago e giocare d'intelligenza. Queste disavventure che il bambino affronta insieme al protagonista della fiaba sono un invito all'azione, a destreggiarsi attivamente nelle difficoltà. La sana fantasia aiuta ad interagire con la realtà e a sfruttare nel modo migliore le risorse che si hanno a disposizione. Per ciò al di là del patrimonio culturale che fiabe e favole rappresentano, diffondere il senso delle storie di fantasia è un impegno che dovrebbe essere sancito dalla “Carta dei diritti del bambino”.

La favola deve partire come una freccia schioccata con inesauribile energia, e fare il giro del mondo, attraversare paesi e città. Ogni bambino, di qualsiasi nazionalità, che abbia gli occhi a mandorla o la pelle scura come il cioccolato, qualunque sia la sua religione, ha il diritto di ascoltare una fiaba prima di andare a dormire, ha diritto di vivere nel bello, ha diritto di essere un bambino. 35 21


LE FIABE di Barbara Camilli

Con la fiaba si possono creare speciali occasioni di incontro, confronto e relazione oggi difficili da stabilire data la frenesia in cui si è immersi. Nel mio lavoro, spesso, riscontro con le mamme ed i papà il bisogno e la necessità di stare di più con i propri figli. I genitori infatti lamentano di avere pochi spazi da dedicare ai loro bambini, vuoi per il lavoro o per la scuola o per le attività in cui sono impegnati i figli nel doposcuola. In tutti questi casi la lettura della fiaba, dei racconti o delle poesie diventa la via maestra per entrare in contatto con il mondo emotivo dei propri figli; quel contatto che tanti lamentano di non avere. Aprire le porte al mondo della fantasia permette di stabilire una relazione speciale, e questo perché si libera la creatività dei sentimenti che fa sentire tutti più uniti, vicini e sereni. Provate ad accennare l'inizio di un racconto ad un bambino di tre/quattro anni: questi vi guarderà con gli occhi spalancati pronto ad ascoltare. 22

Come si fa in taluni casi a non lasciarsi andare alla fantasia? Se si osserva un bambino, dopo che ha visto o sentito qualcosa per lui molto interessante, si potrà notare che non rimane passivo di fronte agli stimoli ma inizia a sperimentare ciò che ha visto. Ci sono bambini che dopo aver guardato un cartone animato iniziano, sull'onda della


SOTTO LA LENTE fantasia, a giocare e a muoversi come hanno visto fare dai personaggi; altri possono mettersi a disegnare, altri ancora possono rivolgere al genitore tutta una serie di domande … perché … che cos'era … ma perché è successo quello! Domande e giochi che hanno il fine ultimo di drammatizzare le scene che li hanno colpiti in maniera catartica (liberatoria), scaricando tutta la tensione emotiva accumulata durante la visione del film/cartone animato. Ogni bambino ha la sua modalità ma un fatto è certo: i bambini non sono mai passivi di fronte alle cose della vita. Se un bimbo dovesse esserlo vuol dire che sta lanciando dei messaggi importanti per segnalarci un disagio che lo affligge. Oggi più che mai si sta assistendo ad una riscoperta e valorizzazione della fiaba, dei racconti e delle storie riconoscendone il grande valore educativo e terapeutico. Una volta la narrazione era solo verbale ed era la via maestra per tramandare tradizioni e riti.

In questo modo si aiuta il bambino a capire cosa sta provando in quel momento e perché, dando un significato e un valore alle sue emozioni. Il bambino così non ne avrà paura, bensì imparerà a riconoscerle e a gestirle quando si ripresenteranno senza esserne sopraffatto. Inventare dei racconti fiabeschi aiuta ad elaborare le proprie emozioni condendo la storia con avvenimenti squisitamente personali. Io lo propongo sempre senza nulla togliere alle fiabe di lunga data. Inventare, creare, costruire delle storie spalanca la via all'intelligenza emotiva/creativa di cui tanto si sente parlare (Goleman) ma di cui poco in concreto si sa. Con l'invenzione di un racconto, una fiaba, una storia si aiuta il bambino a sentirsi: a sentire e dare voce alla propria fantasia, a sentire e dare voce ai propri ed esclusivi sentimenti, a sentire e dare voce ai propri sogni, desideri ma soprattutto ai bisogni. Il bisogno di essere rassicurato, coccolato, amato, protetto. Aiutare il bambino ad identificare lo stato d'animo che vive senza averne timore è molto importante, e questo perché la paura delle emozioni e di quello che il corpo ci vuole comunicare tramite loro, porta a non conoscersi. La conoscenza emotiva di sé, di quello che si prova in determinate circostanze aiuta a vivere bene il mondo che ci ospita senza sentirsi in balia degli altri o degli eventi che ci accadono.

A tutt'oggi nelle popolazioni primitive dell'Africa o nel cuore dell'America Latina si utilizzano ancora i racconti per iniziare i giovani alla vita adulta. Nel nostro mondo, al contrario, si sta sempre più perdendo il senso della continuità generazionale, e questo va a scapito dei piccoli che sempre più si sentono senza radici. La fiaba dunque ha un importante valore educativo e terapeutico. Educativo perché induce il bambino ad accostarsi alla realtà, osservando ciò che accade senza sbilanciarsi troppo. Terapeutico perché, attraverso l'osservazione creativa della realtà, il bambino sperimenta emozioni nuove, o familiari, mantenendo la giusta distanza che lo aiuta a rafforzare la propria identità. Questo è possibile poiché la fiaba dà risalto e valore alle risorse personali sia a livello individuale che relazionale. Nelle fiabe viene data molta importanza alla capacità del singolo nell'affrontare i problemi che la vita pone, dando anche risalto alle persone a lui vicine: spesso si tratta di amici, compagni, precettori, maghi; non di frequente è la mamma o il papà. Per aiutare il bambino in questa delicata fase della sua vita e giungere ad una maturazione interiore, non solo intellettiva, ma affettiva ed emotiva si possono creare dei racconti insieme a lui partendo dallo stato d'animo che preme più in quel momento: ad esempio la paura di essere abbandonato, la gelosia, l'angoscia di morte, la rabbia verso i genitori, il senso di inadeguatezza, la paura di crescere, ecc.. 35 23


LE FIABE dalla Redazione

importante. La parola “contatto” deriva dal latino: cum, con cactus, tocco, contatto, toccato; “tenersi in contatto”, significa comunicare. In relazione ad un sano sviluppo del sistema nervoso del bambino, non vi è alcun dubbio che la stimolazione tattile sia indispensabile. Le filastrocche sono proprio, come Rodari amava definirle, dei veri giocattoli che adempiono a tutte le funzioni di un buon giocattolo, non solo quelle affettive e cognitive, ma anche quelle di divertire, di far ridere, di cogliere il lato umoristico, nel saltellare e ripetersi di rime che sembrano assurde e senza senso per la logica adulta, ma che sono così care a quella del bambino. E allora perché non giocare con le parole?

Quando si è in contatto con bambini molto piccoli, i modi di comunicare cambiano rispetto ai normali modi di comunicazione tra adulti, infatti l'obiettivo di comunicare una serie di messaggi importanti, ci induce ad utilizzare toni di voce, gesti e sguardi particolari, finalizzati a catturare l'attenzione del bambino. Spesso, una delle caratteristiche, in queste particolari modalità di comunicazione, è la verbalizzazione ritmica delle parole, delle quali non ha tanto importanza il significato, (pare che queste siano incomprensibili per un bambino molto piccolo, ma noi non ci stupiremo se così non fosse), quanto il ritmo e l'affettività che ne contengono e trasmettono. La filastrocca è il risultato della somma di rima e ritmo: e nel piccolo mondo del bambino il ritmo è dappertutto; è nel giorno e nella notte, nell'alternarsi delle stagioni, nella comunicazione fatta di sguardi e gorgheggi con la mamma, nei battiti del cuore, è nella melodia della ninna nanna, è nel dondolio che lo culla, è nel battito delle manine. La ripetizione ritmica, il suono delle parole, così come la ripetizione delle filastrocche, sono i primi passi per la costruzione di un rapporto di comunicazione. Parlare delle prime filastrocche giocate con i bambini, significa, infatti, parlare di un fitto intrecciarsi di rapporti, di contatti, di scambi, che si costruiscono sempre uguali ma sempre profondamente diversi poiché, pur usando le stesse parole e gli stessi gesti della medesima filastrocca, cambiano le mille sfumature degli sguardi, del tono della voce e del ritmo del corpo, che fanno di ogni singola filastrocca “qualcosa di assolutamente personale e privato”, in un contesto in cui il contatto affettivo ne è, indubbiamente, l'elemento più 24

Le parole danno un significato a tutto, dunque giocare con esse, manipolarle, spostarle o metterle in fila, dando loro un ritmo, come fossero i vagoni di un trenino, costituisce un passaggio fondamentale che porterà il bambino dal mondo degli oggetti a quello dei concetti. La filastrocca, quindi, rappresenta un'importante e complessa esperienza nello sviluppo armonico infantile. Il bambino, così facendo, diventerà protagonista di un doppio e simultaneo processo: - di individualizzazione come emergere del sé, - di socializzazione come partecipe elemento in un gruppo di suoi pari. Ricche di saggezza antica, le filastrocche da giocare, portano con sé le memorie di gesti e affetti che si sono ripetuti nel tempo, facilitano l'interazione con l'adulto e con la realtà; aderendo in pieno alle necessità del bambino, diventano importanti mezzi di comunicazione, di contatto, di espressione e di affetto.


SOTTO LA LENTE hanno potuto stabilire che le filastrocche svolgevano soprattutto una funzione educativa, servivano cioè ad accrescere le conoscenze dei bambini e introdurli a poco a poco nel mondo degli adulti. Alcune filastrocche, per esempio, dovevano far apprendere i nomi delle parti del corpo, o quelli dei mesi dell'anno, o contenevano elenchi di oggetti: tutti strumenti per aiutare i bambini a dominare la realtà circostante, arricchire il linguaggio e sviluppare la capacità di osservazione. Altre filastrocche servivano a tramandare le tradizioni che la comunità aveva elaborato nel corso dei millenni: gli scongiuri, per esempio, erano vere e proprie formule magiche che la gente pronunciava nella speranza di allontanare malattie o fenomeni naturali dannosi (siccità, gelo, inondazioni, ecc. ). In Italia con la rivoluzione industriale, tra l'800 e la seconda metà del '900, sono avvenute profonde trasformazioni sociali: flussi di popolazione si sono spostate dalla campagna alla città e dal sud al nord della penisola, spesso cambiando il proprio mestiere, ma soprattutto modificando radicalmente il proprio modo di vivere. Il livello di istruzione è notevolmente cresciuto e l'analfabetismo si è notevolmente ridotto, poiché quasi tutti sanno ormai leggere e scrivere. L'istruzione dei bambini e degli adolescenti non è più affidata solo alla famiglia ed agli anziani, adesso l'impegno maggiore è affidato alla scuola. ... tre civette sul comò ...

Secondo alcuni studiosi la ripetizione di determinati suoni nella filastrocche nasce dai rapporti che si stabiliscono tra madre e figlio fin dalla nascita. I bambini, infatti, ripetono duplicandole, le sillabe che la mamma pronuncia per avviare l'apprendimento del linguaggio (mam-ma, pa-pà, pap-pa, ecc.). In questa specie di gioco di affettuose relazioni, prendono forma delle catene di suoni che diventano uno degli elementi costitutivi delle filastrocche. Altri studiosi affermano che alcune filastrocche derivano da antiche formule magiche, forse dai responsi ambigui degli indovini, da vecchi riti e cerimonie andati perduti col tempo e perciò, oggi, incomprensibili. Gli studiosi, poi, classificando i testi popolari in base al loro scopo,

Una conseguenza inevitabile di questa “rivoluzione”, è stata il crollo dei dialetti a favore della lingua italiana, ed i testi in dialetto, tramandati dalla tradizione popolare, sono stati considerati meno importanti. Anche la tradizione del dialetto “parlato” va perdendosi, ed in queste condizioni il rischio di smarrire un patrimonio culturale antico di secoli 35 25


LE FIABE è molto alto. Tuttavia, le filastrocche e le conte sono ancora oggi, più che mai vive, tra i bambini ed i giovani; quando i ragazzi si trovano insieme a giocare e devono decidere “a chi tocca”, ricorrono alle conte, e immediatamente a tutti sarà venuta in mente la filastrocca delle “tre civette sul comò che facevano l'amore con la figlia del dottore?”. Ma non solo i giovani, poiché le tradizioni del dialetto e delle rime sono state riscoperte e recuperate, anche da scrittori contemporanei, che si cimentano in questo genere di scrittura con successo; Andrea Camilleri, con i suoi 10 milioni di libri venduti, ne è un esempio tangibile: “La lingua che uso nei miei libri non è la trascrizione del dialetto siciliano. È una reinvenzione del dialetto ed è il recupero di una certa quantità di parole contadine, che si sono perse nel tempo”. Le filastrocche hanno da sempre una loro funzione anche in ambito scolastico, poiché educano alla creatività, sviluppano la fantasia, abituano l'orecchio al ritmo e ai suoni, ed in particolare, aiutano a prendere confidenza con la lingua, giocando a formulare poesie e contribuendo allo sviluppo del linguaggio nel bambino; e noi tutti sappiamo bene come questo aspetto influisca sulla crescita complessiva dell'individuo. La musicalità della composizione è fondata sulla rima, sulla ripetizione di versi ed espressioni, sul gioco di invenzioni fantastiche che sollecitano nel bambino ulteriori percorsi di fantasia; infatti, non è raro che una filastrocca sia continuata dai bambini stessi in un susseguirsi di parole e fantasia che generano un gioco divertente e educativo. La tradizione che viene da lontano e ne sono testimonianza le filastrocche di origine dialettale, nate e diffuse nella tradizione popolare, spesso trascritte in musica per diventare canti significativi del tempo e dell'ambiente. Di una stessa filastrocca si possono avere varianti diverse, secondo le diverse aree geografiche di provenienza. Oggi il progresso e la modernizzazione sfornano una varietà incredibile di canzoni e musiche per l'infanzia che distraggono le memorie degli adulti, che, involontariamente, rischiano di causare un'interruzione della “memoria storica”. In loro aiuto, gli studiosi delle tradizioni popolari hanno raccolto e trascritto moltissime filastrocche e Ninne nanne, con l'obiettivo di conservare la testimonianza di testi e musiche, originarie di ogni parte d'Italia e del mondo, e di offrire un contributo alla conservazione della memoria delle persone, che va pian piano cancellandosi.

Un altro rituale che ha mantenuto la sua funzione nel tempo è la ninna nanna. Ancora oggi, le mamme che cercano di addormentare i propri piccoli si affidano al patrimonio di filastrocche e ninne nanne ereditato dalla famiglia. Le ninne nanne fanno parte integrante dell'esperienza personale e vengono “alla luce” nel momento del bisogno, che quasi sempre coincide con la nascita di un figlio o di un nipotino. Ogni mamma conosce bene l'importanza delle ninne nanne, e del loro effetto tranquillante sui piccoli. La stimolazione tattile/ritmica che accompagna i movimenti 26

della ninna nanna, ha nel bambino un effetto calmante e rassicurante. Parlare al bambino, cantare, tenerlo in braccio, quando ne sente il bisogno, cullarlo, toccarlo, comunicare con lui, non solo il contatto delle mani, ma il ritmo di tutto il corpo, significa dimostrargli affetto, "nutrirlo di affetto", tranquillizzarlo. La dolcezza delle parole, del ritmo e del tono, consente al bambino irrequieto di addormentarsi tranquillamente ed alla mamma di “ritrovare tempo” per fare le mille cose che dovrebbero essere fatte in casa o più semplicemente per riposare anch'essa.

A proposito dell'importanza delle cantilene infantili, nello sviluppo del linguaggio verbale e del linguaggio musicale nei bambini Roberto Goitre e Ester Seritti (Canti per giocare - Suvini Zerboni, Milano 1983) scrivono: Il bambino, fin dai primi giorni di vita, riceve le prime informazioni di linguaggio verbale per mezzo dell'ascolto ripetuto e costante di lallazioni verbali (...) di facile ricezione, di elementare accezione e di semplice imitazione basata su ripetizione ritmica (le stesse consonanti) e melodica (le stesse vocali). A poco a poco, con il trascorrere dei mesi, dalla fase dell'ascolto il bambino passa a quella dell'imitazione sempre più precisa dei suddetti fonemi, (...) fino a pervenire in breve tempo alla terza fase, quella della creatività elementare ... Se l'apprendimento del linguaggio verbale trae la sua origine dall'ascolto delle prime lallazioni verbali, l'apprendimento di quello musicale trova il suo riscontro nelle prime lallazioni cantate che fanno parte del patrimonio musicale, sociale, ambientale, linguistico e dialettale, storico ed etnico del popolo. Quali potrebbero essere per noi italiani queste lallazioni musicali? Senza dubbio alcune ninna nanne di struttura elementare. A proposito della ninna nanna Tito Saffioti, nel libro “Le ninna nanne italiane” (Einaudi - Torino 1994) scrive: La funzione primaria della ninna nanna è ovviamente quella di indurre al sonno il bambino grazie a una reiterazione ritmica e melodica che tende a introdurre un effetto ipnotico, secondo un procedimento che richiama l'antico rito dell'incantamento. A questa prospettiva contribuiscono sia l'aspetto melodico sia quello verbale fortemente ripetitivi e sostanzialmente monotoni. Una seconda funzione, certo non meno importante, è quella di acculturazione linguistica e musicale del bambino: questi, infatti, stabilisce il suo primo contatto con la musica e con la realtà che lo circonda proprio attraverso la voce della madre e delle donne di casa.



LE FIABE dalla Redazione

La fiaba solo per i più piccoli?

Oggi, nel mondo degli adulti il “significato” e “l'importanza” delle fiabe è spesso frainteso o sottovalutato; l'adulto “pensa” che le fiabe siano utili solo ai bambini, pertanto, si limitano a leggerle ai loro figli, senza riservare troppo interesse ai messaggi che queste contengono; e poi, non appena questi crescono, le fiabe non utili, sono portate in soffitta. Questo atteggiamento comune verso la fiaba è fortemente riduttivo nei confronti del loro “significato”; le fiabe ci offrono la possibilità di leggere, all'interno di ogni racconto, dei diversi percorsi di vita che celano, importanti tracce di quello che è stato il cammino dell'umanità, dei 28

problemi, delle difficoltà e delle ingiustizie in cui si è imbattuta e del modo in cui le persone, (i personaggi), coinvolte hanno affrontato e, spesso, superato le loro fasi più difficili. Le fiabe sono preziose perle di saggezza che possono aiutare bambini ed adulti a crescere in maniera equilibrata, trovando il significato e le giuste motivazioni del “quotidiano” vivere. I nuovi mali si stanno ormai diffondendo ed impossessando delle menti dei popoli delle “civiltà” industrializzate; adulti e bambini sono sempre più spesso vittime di stress e depressione, si sentono demotivati ed hanno perso di vista il vero significato della vita. Mali sottili, spesso trascurati e che, inevitabilmente, portano a vivere grosse crisi esistenziali. Un rimedio naturale per queste “menti stanche” potrebbe essere quello di riprendere contatto con la fiaba, al fine di riappropriarsi delle preziose perle di saggezza in cui sono racchiuse le nostre “esperienze di crescita”. La fiaba svolge un'azione importantissima nei bambini poiché la descrizione dei personaggi di una fiaba e delle loro azioni può essere il sottile filo di Arianna che li accompagna nella comprensione di quello che gli accade dentro e che giorno dopo giorno, può contribuire a favorire la loro crescita armonica, in tutti i suoi aspetti: (emotivo, affettivo, cognitivo, linguistico, sociale, ecc.). Negli adulti può essere altrettanto utile ed importante perché attraverso la fiaba, una persona adulta può provare a recuperare significati che non erano stati interamente compresi. Le fiabe creano e risolvono situazioni di paura, di inadeguatezza, di solitudine, di mancanza di autostima, sconfiggono angosce e fanno svanire conflitti e fantasmi; le fiabe trovano soluzioni miracolose per ogni sofferenza. La maggior parte di noi cela, tra i suoi segreti, la propria fiaba preferita, fiaba che è spesso paragonabile alla trama della nostra vita, ai nostri desideri ed alle nostre nostalgie. Le storie raccontate nelle fiabe, spesso ci raccontano le nostre grandi difficoltà e come qualcuno, (al nostro posto), riesce a trovare la soluzione. Se solo provassimo a credere un di più in noi stessi, negli altri e nelle coincidenze, se solo riuscissimo a credere ... che la vita è bella!


SOTTO LA LENTE

I fratelli Grimm

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LE FIABE dalla Redazione

C'era una volta una vecchia capra che aveva sette cuccioli, ed essa li amava tutti, proprio come una vera madre ama i suoi bambini. Un giorno volle recarsi nei boschi a procurarsi del cibo, così, chiamò a sé i suoi sette capretti e disse loro: “Bambini cari, io devo andare per boschi; state molto attenti al lupo, fate buona guardia, perché, se entra qui, vi mangerà uno per uno, con tutto il pelo e la pelle. Attenti, perché quel furfante ha l'abitudine di mascherarsi, ma voi potrete riconoscerlo subito dalla sua voce rauca e dalle zampe nere.” I capretti risposero: “Mamma cara, ci staremo attenti. Va' pure tranquilla e non preoccuparti.” La vecchia capra belò, e se andò tranquilla. Era appena uscita, quando si sentì bussare alla porta e gridare: “Aprite, bambini cari, vostra madre è qui, e ha portato qualcosa per ognuno di voi”.

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Ma i piccoli capretti riconobbero la voce cavernosa del lupo, e risposero: “Noi non apriremo la porta. Tu non sei la nostra mamma: lei ha una voce dolce e gentile, mentre la tua è rauca. Tu sei il lupo”. Allora, il lupo andò da un negoziante e comprò un grosso pezzo di gesso che mangiò, per ammorbidirsi la voce. Poi tornò a bussare alla porta dei sette capretti, gridando: “Aprite, miei cari, la vostra mamma è tornata e vi ha portato tante belle cose.” Ma il lupo aveva appoggiato una delle sue zampacce nere sulla finestra, così, i figli della capra la videro e gridarono: "Noi non ti apriamo! Nostra madre non ha le zampe nere come le tue: tu sei il lupo! “ Allora il brigante andò dal fornaio e disse: "Mi sono distorto un piede, massaggiamelo con un pò della tua pasta." Dopo che ebbe la zampa impastata, il lupo andò dal mugnaio e disse: "Spargimi un po’


SOTTO LA LENTE

Cenerentola

della tua farina bianca sulla mia zampa”. E il mugnaio pensò: ‘il lupo sta cercando di fregare qualcuno’e si rifiutò di farlo; allora il lupo lo minacciò: “Se non fai subito quello che ti ho chiesto, ti divoro in un boccone.” Il mugnaio si spaventò, e gli sbiancò subito la zampa con la farina. Eh sì, così è fatta la gente. Ora, quel furfante tornò a bussare per la terza volta alla porta dei sette capretti, e disse: “Aprite la porta, bambini miei, la vostra mammina è tornata, e ha portato dei regali per ognuno di voi”. I capretti dissero: “Prima facci vedere la zampa, per capire se sei veramente nostra madre”. Mise la zampa dentro, e quando videro che era bianca, credettero che fosse veramente la mamma, e aprirono la porta; ma ad entrare fu il lupo.

Terrorizzati, cercarono in tutti i modi di nascondersi. Uno saltò sotto il tavolo, il secondo s'infilò nel letto, il terzo nella stufa, il quarto nella cucina, il quinto nella credenza, il sesto sotto il lavello, mentre il settimo si nascose nell'orologio a pendolo. Ma il lupo li trovò tutti, e senza indugiare li divorò uno dopo l'altro. Soltanto quello che si era nascosto nell'orologio si salvò, perché il lupo non l'aveva trovato. Dopo aver soddisfatto il suo appetito, uscì nella campagna, e si riposò sotto un albero e si addormentò. Poco dopo, mamma capra fu di ritorno. Oh, che terribile spettacolo ebbe davanti agli occhi! La porta era spalancata; tavolo, sedie, e panche erano tutte sottosopra. Il lavello era frantumato, il letto disfatto. Cercò i suoi bambini, ma nessuno rispose; quando chiamò l'ultimo, ecco che una vocina flebile rispose: “Mamma cara, sono nascosto nell'orologio a pendolo”. Andò ad aprire, ed esso le raccontò che era venuto il lupo e si era mangiato tutti i suoi fratelli. Potete immaginare quanto pianse la capra le sue creature. Alla fine, disperata, uscì dalla capanna insieme al piccolo che la seguiva. Arrivarono alla verde pianura, fino all'albero sotto il quale dormiva il lupo, russando così fragorosamente da far tremare i rami. Si avvicinò, e l'osservò da capo a piedi, e vide che qualcosa si agitava tutto dall'interno della sua enorme pancia. “Oh, divina grazia” pensò, “vuoi vedere che i miei poveri bambini, ch'egli ha divorato, siano ancora vivi?” Allora, mandò il minore a casa a prendere forbici, ago e filo, e aprì la pancia del mostro. Aveva appena fatto un piccolo buco, che già uno dei suoi piccoli mise fuori il capo; allora continuò ad allargare la pancia, ed ecco che uno ad uno uscirono fuori tutti e sei, saltellando di gioia, tutti e sei ancora vivi. Non si erano fatti niente, in quanto il lupo, per via della sua enorme ingordigia, li aveva inghiottiti interi. Che felicità provarono! Abbracciarono la loro mamma, e saltellarono festosamente. Ma mamma capra disse: “Adesso andate a cercare tutti delle pietre molto grandi: gli riempiremo la pancia mentre dorme”. I sette capretti portarono subito i massi, e misero nello stomaco del lupo tutti quelli che ci entravano; poi mamma capra si affrettò a chiudere e a ricucire, e il lupo non si accorse di niente. Quando finalmente si svegliò, e si mise in piedi, sentì il bisogno di andare alla fonte a bere, poiché le pietre che aveva nello stomaco gli avevano messo addosso un gran sete; ma quando cominciò a camminare e a muoversi, le pietre cozzarono una contro l'altra, sbatacchiando rumorosamente.Allora esso gridò: Rombano e ruzzolano Nella mia pancia credevo fossero Sei caprettini, invece sono pietroni Belli e buoni Quando arrivò alla sorgente e si chinò per bere, i pesantissimi massi che aveva dentro, lo fecero cadere nell'acqua, ed esso annegò miseramente. Quando i sette caprettini videro la scena, accorsero tutti fuori e gridarono: “Il lupo è morto! Il lupo è morto!” E con la loro madre ballarono di gioia intorno alla sorgente. 35 31


CULTURA di Manuel Figliolini

Il mondo visto da laggiù

Akiyoshi Ito

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Figlio d’arte, Akiyoshi Ito iniziò la sua attività di fotografo 40 anni fa addentrandosi tra le bellezze naturali dei fondali marini a lui vicini, nell’arcipelago di Okinawa nel sud del Giappone. Fin da subito Ito si impegnò per coniugare la pratica artistica e la sensibilità estetica con un messaggio chiaro che ponesse al centro la magnifica essenza della natura e la sua salvaguardia. Ambasciatore ad honorem dell’isola di Chura, archipelago di Okinawa e membro del “World Wildlife Fund”, nell’arco della sua carriera Akiyoshi Ito si è dedicato molto anche all’educazione infantile ed importante è stato il suo contributo in merito. Ha pubblicato molti libri e saggi ed è stato direttore di diversi istituti e scuole di formazione del Giappone orientale. Da un’intensa passione per il mare e il mondo sottomarino, infatti, nascono le sue fotografie che ritraggono i mari del Giappone, delle Filippine, delle Hawaii, la barriera


ARTE corallina australiana, i fondali delle Maldive, il mar Rosso e, più in generale, tutti quei luoghi in cui è riuscito a catturare la bellezza degli incredibili ecosistemi marini. Le immagini che ne derivano svelano al pubblico un mondo che ha del meraviglioso e che rimane nascosto allo sguardo dei più. Al di là delle onde, il mare mostra la sua ricchezza fatta di forme e colori. In “Sogni sott’acqua” le 48 opere esposte danno l’illusione, anche tramite l’utilizzo di lightboxes (ovvero fotografie retro illuminate), di trovarsi immersi ed avvolti dalle acque di questi mari lontani: immense distese dalle infinite sfumature di blu che contrastano con le barriere coralline ricche di innumerevoli abitanti. Lo sguardo di chi osserva si perde nella ricchezza e nella vicinanza dei particolari di queste grandi fotografie che catturano un attimo di una vita che, a nostra insaputa, scorre sott’acqua. Per Akiyoshi Ito la fotografia “consiste nel potermi avvicinare quanto più è possibile a cogliere la bellezza delle forme e dei colori degli essere viventi. Cerco di rendere ancora più bello quanto già lo è, alle volte avvicinandomi ad un’immagine surreale che possa emozionare ed appassionare il pubblico. Credo che questa sia una delle mie missioni”. Continua il fotografo giapponese: “Mi sono ripromesso di adorare la natura, di lasciarmi emozionare dalla bellezza della vita divenendo un interprete dello splendore sotto le onde e un evangelista della bellezza, di manifestare continuamente la sua essenza attraverso il mezzo artistico della fotografia. Coloro che hanno avuto modo di vedere la vera bellezza della natura non possono che mettersi al servizio di essa e continuare a creare lavori che portino il suo messaggio al mondo”.

chiaro: “in quanto amministratori di tanta ricchezza è doveroso ricordarsi di rispettarla e salvaguardarla”. Una marea di colori reali e surreali che travolgono e trasportano ipnoticamente all’interno dei fondali marini. Una mostra da vedere e assaporare, un artista da seguire … soprattutto per gli amanti della natura e del mare.

Immergendosi a 8-10 metri di profondità e facendosi aiutare solo dalla luce del sole, Ito realizza fotografie dai colori tanto vivaci e brillanti e le composizioni così perfette da sembrare surreali e modificate al computer. Si tratta, al contrario, di scatti autentici in cui è la luce a disegnare le forme e la natura, con le sue leggi, ad ordinare la realtà. Nelle sue composizioni la fotografia si rivela ancora come la ‘matita della natura’, capace di fissare su un pezzo di carta sensibile all’azione della luce l’immagine della realtà. Rispettoso della sacralità della natura, l’artista ci conduce in un mondo difficile da descrivere a parole, integro e autosufficiente. Il messaggio rivolto a chi osserva sembra 33


CULTURA di Armando Rotondi

Mostra del cinema di Venezia Con questi due premi il cinema italiano non esce a mani vuote, ma non è comunque soddisfatto. Secondo noi a torto, poiché la Mostra di Venezia di quest’anno ha visto un livello qualitativo davvero notevole e nulla hanno potuto, davvero, Bellocchio e Ciprì contro le opere di autori quali Kim Ki-duk o Paul ThomasAnderson. Si parta dal primo. Il regista coreano, tra i più importanti, interessanti, difficili e avanguardisti dell’attuale scena internazionale, ha con Pietà, titolo ispirato a Michelangelo, un’opera violenta, ambigua e poetica allo stesso tempo, in cui, nella vicenda di Gang-do, violento esattore per conto di strozzini, e della sua presunta madre, si mescolano simbologie cristiane e atti profani di violenza e sesso. Difficile che ci sia gara con uno come Kim Ki-duk, abituato a sfornare opere eccezionale e non poche volte autentici capolavori, di fascino estremo. Un Leone d’Oro, quindi, annunciato e atteso.

Perdere è sempre difficile, ma un regista come Bellocchio lo aveva messo in preventivo, altrimenti non si sarebbe messo in gioco e non avrebbe partecipato alla competizione ufficiale. Competizione che ha visto comunque la giuria, presieduta da un signor regista come Michael Mann, premiare il cinema italiano con ben due riconoscimenti. Il primo, l’Osella per il contributo tecnico, a Daniele Ciprì, regista di “È stato il figlio” che ha precisato che per lui non si tratta certo di un premio minore. Il secondo, il Marcello Mastroianni, è stato consegnato a Fabrizio Falco, come giovane attore emergente per la “Bella Addormentata” di Bellocchio e, nuovamente, per “È stato il figlio”, pellicole che lo hanno visto entrambe al fianco di Toni Servillo, ormai il più gettonato attore italiano. Sicuramente tra i migliori, anche se non osannato da chi scrive, preferendogli in genere un più duttile Pierfrancesco Favino. 34


CINEMA

Una scena di “Pietà”

Per il cinema italiano, che era in gara anche con “Un giorno speciale” di Francesca Comencini, non è andata poi così male. Anzi. Altri riconoscimenti sono andati a Paradise: Faith di Ulrich Seidl (Gran Premio della Giuria), Hadas Yaron per l’interpretazione in “Fill the Void” di Rama Burshtein, Olivier Assayas per “Après mai” (Osella per la sceneggiatura).

Il Mulino delle Pile

Stessa cosa si può dire di Paul Thomas Anderson, che, con il suo The Master, ha fatto incetta di premi, vedendosi assegnare il Leone d’Argento per la regia e la Coppa Volpi ai due protagonisti Joacquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman. Ispirato a Scientology e al suo fondatore, “The Master” è un film controverso, che farà discutere ad Hollywood dove i seguaci della setta religiosa non sono certo pochi (si pensi a Tom Cruise) e che non stupirebbe se fosse candidato all’Oscar per la miglior pellicola, sebbene sia prematuro parlarne ora. E “guerre di religione” permettendo. Una Mostra agguerrita, come detto, con una sezione competitiva di alto profilo che ha visto, fra l’altro, produzioni quali Outrage beyond di Takesh Kitano, Passion di Brian De Palma, To the Wonder di Terrence Malick e la sorpresa Thy Womb del filippino Brillante Mendosa, che ha firmato un autentico capolavoro. 35


CULTURA dalla Redazione

Miss Italia

La ricerca della bellezza

Patrizia Mirigliani, patron di Miss Italia, ha aperto le porte agli esperti che hanno sottoposto le concorrenti ad una particolare tecnica in 3D per studiare l’attrattività facciale, scoprire, in buona sostanza, quali siano i canoni di bellezza di viso e sorriso. Intorno al concorso di bellezza più famoso in Italia, succede anche nel resto del mondo, ci sono sempre state molte polemiche. Le ragazze sono disposte a qualsiasi cosa pur di sfilare in passerella, dalle diete pericolose agli interventi chirurgi per eliminare questo o quel difetto, sognano di rifarsi già a 18 anni, per aiutare laddove la natura non è arrivata. Le cose stanno, però, cambiando, per quietare le polemiche che ogni anno accompagnano il concorso, Patrizia Mirigliani ha apportato molte modifiche al concorso, così, a Miss Italia 2012 si è tornati al costume intero, aboliti i provocanti bikini. Bellezza, che fa rima con autostima, non significa esporre il proprio corpo agli occhi di tutti, si può dimostrare di essere belle anche con un costume intero, tornando in questo modo agli anni 50, quando l’ombelico era ancora una parte intima del corpo. Ed ancora, la bellezza perfetta, deve essere naturale, per questo a Miss Italia sono rigorosamente vietati i ritocchini, 36


SPETTACOLO

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CULTURA niente chirurgia plastica, meno che meno i tatuaggi e, per la lotta contro l’anoressia, la magrezza a tutti i costi che ha effetti disastrosi sulla salute, Patrizia Mirigliani ha aperto le porte anche alla taglia 44. La bellezza perfetta, dunque, si è cercata anche fra le miss. C’è chi non considera affatto la matematica come chiave di lettura ideale per l’essenza stessa della bellezza, tra questi, il professor Mario Dini, specialista di Chirurgia Plastica ed Estetica a Firenze e Milano, che sottolinea quanto non sia affidabile la teoria che il viso perfetto sia quello “con uguale proporzione tra la fronte, il naso e la distanza tra il mento e la radice del naso”, come quello di Florence Colgate.

Alessandra Mollo, la giovane bellezza originaria si Bari, si è aggiudicata due fasce: Miss Miluna e Miss Tv Sorrisi e Canzoni. La Mollo è sta l'unica, tra le miss in concorso, ad aver ricevuto due riconoscimenti.

Se ne sono accorti anche pittori, scultori e chirurghi plastici, dice l’esperto: “I lineamenti ideali non sono reali e se anche lo fossero non è affatto detto che vengano percepiti come gradevoli o interessanti. La bellezza non è ricerca di un ideale, di un canone cui uniformarsi: un naso “sproporzionato” può essere bello lo stesso, e di certo sarà più interessante di uno che rispecchia pedissequamente formule matematiche elaborate ad hoc. Come chirurgo, per bellezza intendo ciò che il nostro corpo e il nostro cervello riconoscono gradevole in base alle esperienze che ognuno ha vissuto: anche nella società dell’immagine, il fattore soggettivo è troppo importante per poter rientrare nelle 38

proporzioni vuote di un’attrattività teorica. Attrattività e bellezza, - conclude il professore - sono due cose diverse, è una questione di gusti personali, la matematica ha poco a che vedere con quello che in realtà ognuno di noi vuole, compito difficile anche per i chirurghi capire fino in fondo cosa vuole la paziente che si affida alle loro mani. La bellezza perfetta si riconosce nella simmetria delle forme: Parlerei di armonia più che di simmetria perché in natura questa è illusoria, apparente, finta. Troppa perfezione non esiste nemmeno in natura, ed è per questo motivo che un eccesso di simmetria viene percepita dall’occhio umano come qualcosa di innaturale, dunque da guardare con sospetto. La simmetria assoluta non può essere ottenuta, né tanto meno promessa, nemmeno con gli strumenti tecnologici della chirurgia plastica attuale”.



CULTURA di Simona Guidicelli

Si distingue nettamente dalla maggiorana comune, nota anche come origano cretico, per le foglie vellutate e biancastre, ma soprattutto, per l'aroma molto piÚ forte, fragrante e caratteristico. Per quanto perenne, è veramente rustica solo in zone a clima invernale mite; altrove si coltiva come annuale. 40


BENESSERE E SALUTE Curiosità

Quando si raccoglie Per uso di cucina si scelgono i germogli più teneri e le foglioline novelle, che hanno un aroma più dolce e gradevole; per uso erboristico si impiegano le sommità fiorite, recidendo gli steli erbacei nel momento della fioritura, che può avvenire da maggio a settembre. Come si utilizza È una delle erbe odorose più importanti e, infatti, si può impiegare in cucina come aromatizzante per molti piatti; inoltre la si usa a scopo terapeutico per le spiccate proprietà digestive e antispasmodiche.

coperto per 10 minuti. Filtrare, addolcire con miele o poca melassa e bere a piccoli sorsi, varie volte, durante la giornata. Per debellare la cefalea: versare in mezzo litro di acqua calda 2 cucchiai di foglie di maggiorana e bollire per 1 minuto. Filtrare e berne una tazzina da caffè al mattino a digiuno e una alla sera, preferibilmente prima di coricarsi. Impacchi contro il mal di testa: far bollire per 3 minuti, in un quarto di acqua calda, un cucchiaio di foglie di maggiorana. Filtrare ed applicare sulla fronte un telino inzuppato nel liquido ancora caldo. Ripetere l'operazione più volte al giorno.

Ricetta

Come si riconosce È una pianticella perenne e cespitosa a steli sottili e alti 3040 cm. Le foglie sono piuttosto piccole, spatolate, arrotondate all'apice, intensamente odorose, tomentose e biancastre per la fitta e assai corta peluria che le ricopre. I fiori, bianchi, sono ben poco appariscenti e riuniti in racemi di forma ovoidale. Come si prepara per la conservazione Si fanno essicare le sommità in luogo ventilato e si conservano in vasi di vetro o sacchi di carta.

Nei casi di astenia: versare un cucchiaino di maggiorana in una tazzina da caffè di acqua calda. Coprire e filtrare dopo 5 minuti. Addolcire con miele e bere 15 minuti prima dei pasti. Per facilitare la digestione: in una tazzina da caffè di acqua tiepida versare un po' di maggiorana e bollire 1 minuto. Bere subito dopo i pasti. Un bagno corroborante: versare 100 gr. di foglie di maggiorana in un litro e mezzo di acqua calda e far bollire lentamente per 10 min. Filtrare e versare nell'acqua della vasca. Contro la tensione nervosa: in un quarto di acqua calda versare un cucchiaio di foglie di maggiorana e tenere 41


CULTURA di Gian Maria Bavestrello

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ENOGASTRONOMIA Esiste ormai uno spaccato tra noi e il cibo che viene colmato dalla pubblicità o dalla grande distribuzione, talvolta dalla televisione. Un esempio: quanto sappiamo di quel prosciutto noto come speck, piuttosto “esotico” al di sotto dell'arco alpino, entrato a far parte dei menu di tutti gli italiani? Poco? Ecco come rimediare. Lo speck è un prodotto tipico della zona di Bolzano, tanto che l'Unione Europea, dal 1997, tutela col marchio IGP lo speck dell'Alto Adige. I primi documenti in cui compare questa dicitura risalgono al 1700, ma sembra che con nomi diversi fosse presente sulle tavole dei principi tirolesi già dalla fine del 1200, quando si utilizzavano tecniche di produzione similari per ricavare un salume chiamato “bachen”. La logica che spinse l'uomo a produrre salumi era simile ovunque e ovunque stringente: non disponendo di tecnologie per la conservazione della carne, si ricorreva a quanto metteva a disposizione la natura. Lo speck, a questo proposito, è un prodotto culturalmente affascinante, perché nasce dall'unione di due metodi di conservazione: la stagionatura, tipica dell'area mediterranea, e l'affumicatura, propria del Nord Europa.

Ricetta Risotto al radicchio con speck

Lo speck rappresenta quindi un prodotto di confine, dove la linea unisce e non divide ciò che è separato. E che questo accada in Sud Tirol / Alto Adige non è cosa da sottovalutare ma, anzi, da sottolineare con forza per cogliere l'essenza e la vocazione, ancora inespressa, di questa splendida fetta di terra. Unendo le due tradizioni, i sud tirolesi hanno infatti creato un prodotto inconfondibile che si basa su una regola aurea: “poco sale, poco fumo e molta aria”. Ricavato dalla coscia di maiale, lo speck dell'Alto Adige segue un processo di produzione rigoroso di salatura e aromatizzazione a base di sale, pepe, ginepro, rosmarino e alloro. Le baffe vengono salmistrate a secco, controllate per tre settimane e girate più volte per agevolare una penetrazione uniforme della salamoia. La miscelazione degli aromi è la fase in cui ogni produttore può conferire alle baffe una firma personale segreta, una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, che contraddistingue il suo speck. Dopo la salmistratura, le baffe vengono sottoposte alternativamente a fasi di affumicatura e asciugatura. L'affumicatura è leggera e avviene con legna poco resinosa per non conferire al prodotto un'impronta troppo decisa e garantirgli quell'aroma finemente speziato che ne rappresenta il valore aggiunto e distintivo.

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CULTURA Le baffe, quindi, restano appese in locali pervasi dall'aria delle valli altoatesine: la stagionatura dura in media 22 settimane, durante le quali si forma uno strato naturale di muffa aromatica che viene rimossa alla fine del processo e che arrotonda il gusto del prosciutto. Lo speck può essere ovviamente assaporato al naturale, affettato come antipasto, oppure come ingrediente in numerosissime preparazioni. Il “Brettljause”

È, in particolare, un ingrediente fondamentale della tipica merenda altoatesina, il “Brettljause”, un piatto costituito da salsicce, speck, formaggi e cetrioli serviti su tagliere e accompagnati da pane e vino, ma è anche alla base dei famosi canederli alla tirolese, i Knodel, grossi gnocchi composti di un impasto a composizione variabile di pane raffermo, farcito con speck (o formaggio) e cotte nel brodo di carne. I canederli sono frutto di una ricetta antichissima, di derivazione contadina, basato su avanzi di pane e quanto l'allevamento offriva loro. Una delle prime rappresentazioni di questo piatto è raffigurata addirittura nel ciclo di affreschi romanici che decorano la cappella di Castel d'Appiano. Spaghetti alla carbonara con speck

Di gran tendenza è l'utilizzo dello speck in luogo della pancetta nei celeberrimi spaghetti alla carbonara: il gusto è più deciso ma anche più delicato, e maggiore è la sensazione di consistenza al palato. 44

AGENDA DI SETTEMBRE




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