Completo gennaio 14

Page 1


Chi ha testa previene anticipatamente la vulnerabilità alle malattie

www.bio-strath.ch Contro la forza della natura i virus e i batteri non hanno possibilità

Bio Strath AG Mühlebachstr. 38 8032 Zürich


di Maria C. Bernasconi

L'apice lo si tocca, appunto, nel periodo natalizio quando i carrelli della spesa (oggi diventati enormi, tanto enormi che fai persino fatica a spingerli!) traboccano di cose non necessariamente utili, che non vanno a sostituire quelli “vecchi” ma ne prendono semplicemente il posto perchè più nuovi, più sofisticati, più all'avanguardia. Il telefono cellulare non viene sostituito quando si rompe, ma quando un modello nuovo promette prestazioni strabilianti. L'auto, dopo un po' che la si possiede, non soddisfa più la nostra smania di novità e il desiderio, plasmato da martellanti spot televisivi, corre già a qualche modello più recente che non ha quasi più bisogno dell'autista perchè va da sola. E cosa dire degli acquisti per i nostri figli e nipotini? Basta osservare il numero di giocattoli che possiede un bambino di oggi. Ne possiedono talmente tanti che non fanno in tempo a fissare la loro attenzione su di un preciso giochino perchè il loro desiderio è già rivolto a qualche stravagante novità propagandata alla televisione. Ecco! La pubblicità ci induce, tramite spot che trasmettono immagini di esistenze perfette quanto irreali, a consumare sempre di più prodotti di cui non abbiamo alcun bisogno. Di più: essa non si limita a vendere prodotti, bensì propaganda sogni, modelli di vita, da perseguire e imitare (avete in mente lo spot del Mulino Bianco? Ma quando mai a quell'ora del mattino si può essere così impeccabili?) Dal canto loro, gli economisti ci assicurano che soltanto incrementando i consumi costruiremo un'economia sana e vincente. Un tempo, quando il televisore non funzionava più si poteva riparare, oggi va sostituito, perché è economicamente più conveniente. È questa la filosofia del consumismo, quella che ci obbliga a comprare sempre di più e con frequenza sempre maggiore, perchè guarda più alla produzione che all'utilizzo. Un oggetto diventa vincente se può essere cambiato spesso. Dagli oggetti costruiti per durare, siamo passati alla realizzazione di apparati sempre più sofisticati ma spesso con tempi di vita brevissimi e da cambiare con “frequenza”. Non abbiamo scampo! Non saranno solo le nostre tasche a svuotarsi, ma questo meccanismo porterà un senso di frustrazione e di vuoto interiore. Siamo arrivati ad accantonare il senso del focolare domestico come punto di ritrovo ed incontro per amici e parenti, sostituendolo con la gara agli acquisti che punta tutto sull'ultima novità appena sfornata appositamente per l'occasione. Probabilmente il consumismo risponde, almeno in parte, a un'esigenza umana. Forse è un fenomeno insito nello sviluppo maturo della civiltà occidentale, così scettica, individualista, priva di ideali e di certezze. Si tratta di modularlo, di arginarlo, di trovare un rimedio ai disastri che sta producendo, incentivando la solitudine e la competizione, portandoci alla sordità nei confronti dei veri valori di cui curarsi (sensibilità, affettività, intelligenza). Male non farebbe fermarsi un momento a riflettere e provare a riavvicinarsi al senso del sociale e del bene comune, riappropriandosi dei ritmi reali individuali, delle vere emozioni, nel rispetto del corpo, della mente e del cuore per provare a ritrovare il giusto equilibrio con se stessi, gli altri e il mondo intorno.



FRECCIATINE di Giovanni il Battista

Renzi mi fa venire in mente, nella fisionomia, nel modo di atteggiarsi e di porgere i messaggi, un imbonitore che avevo imparato a conoscere curiosando nelle prime tv private degli anni '70. Anche lui toscano; se ben ricordo vendeva partecipazioni a iniziative immobiliari che promuoveva con filmati, testimonianze di vari specialisti che con lui realizzavano le opere ed esibiva certificazioni confermanti l'esistenza di quanto reclamizzava. Ogni volta che capitavo sul suo programma ne rimanevo affascinato ed il giorno successivo lo riandavo a cercare. Ero letteralmente incantato. A confronto, io con i miei fratelli predicatori, alla nostra epoca, eravamo veramente dei dilettanti. Ma ahimé, come quasi tutti questi tipi di favole

anche questa mia “infatuazione” subì una grande delusione ed ebbe un miserabondo epilogo. Il mio “eroe” venne indagato, perseguito e poi condannato ed incarcerato. Tutto il suo dire risultò del tutto falso ed inesistente nei fatti, avendo così, come risultato finale, che le centinaia di persone che avevano aderito ai progetti persero i loro risparmi in quel progetto fasullo. Ingannati e defraudati. Brutta fine, per tutti. Beninteso il mio parallelo è molto maleducato ed irriverente nei confronti del nuovo segretario del Partito Democratico, ma mi è venuto spontaneo, mi ha addirittura smosso un retaggio di più di 40 anni fa, segnale quindi che qualche cosa ci azzecca, come suole dire il noto ex pubblico ministero del pool mani pulite. 3


OPINIONI Nei suoi corposi pubblici interventi, Renzi, pur facendo sforzi sovraumani per nasconderlo, non riesce a dissimulare completamente le sue genetiche origini, diciamo, democristiane. Questo dire e non dire, quel modo di parlare come un fiume in piena, quel farcire di concetti triti e ritriti del tipo: “Noi faremo! Che problema c'è! Noi non vogliamo far cadere Letta! Basta che faccia (mentendo, sapendo di mentire e sapendo che, comunque, Letta non potrà oggettivaGiovanni Cuperlo mente fare!). Quello sfidare Grillo, proponendo fave e chiedendo ceci. Quell'usare le espressioni forzatamente “giovanili” per sembrare (!) ancor più giovane! Parla di “versione 2.punto 0”. Lo dico con un SMS, con una pillola, con un hashtag, lasciatemelo dire cosi, tutto easy, con una “scheggia”. Quell'usare la bicicletta uscendo dalla casa municipale di Firenze a piena velocità, svoltando poi a sinistra e dopo 500 metri depositare il biciclo per salire su una vettura con tanto di autista.

Quel farsi vedere all'inzio ed alla fine di una gara podistica ma non dando riscontri della sua presenza sul percorso. 4

Quel citare dei grandi personaggi, soprattutto economisti, per infarcire i suoi discorsi, quasi mai mandandoli a memoria ma sbirciando il bigino che i suoi amici gli hanno preparato. Quell'avere, già a 38 anni, la tipica pancetta mediterranea del bischero viziato. Ecco: ora ci sono! Ma perché proprio Renzi invece, per esempio, del suo avversario/compagno Cuperlo? Ma è chiaro! Renzi è l'emblema dell'italiano medio. Come si veste. Al polso l'orologio da finto proletario. Le scarpe puntute. Il tanto parlare, l'avere, per tutto, tutte le soluzioni, (facili e semplici ) in tasca, il “non c'è problema”, il “se vinciamo facciamo tutto in sei giorni” (povero il Buon Dio; il suo record verrà inesorabilmente battuto!) Già, perché non Cuperlo? Ma è evidente! Cos'ha di italiano l'ottimo Gianni? Niente o quasi! È un vero intellettuale, è sognatore, è educato, non interrompe quando parlano gli altri, è biondo, ha gli occhi celesti, piuttosto che rispondere in malo modo al suo interlocutore si taglierebbe le vene seduta stante, veste in modo simildimesso, in bus si alza per far sedere i nonnini, per dire che non è d'accordo con Renzi o con altri, propone e propone una parabola di Gesù magari al getsemani. È comunista (e non se ne vergogna) ma adora Papa Francesco. Ha sempre pagato regolarmente le tasse. Non porta il Rolex ma nemmeno lo swatch proletario di Renzi. Non calza scarpe da simil-jogging, nè quelle con la punta ed è persino laureato inArte e Musica. Dicono che sia onesto. Non è indagato e sembra aver anche fatto voto di castità. Aborrisce le frasi fatte ed i tic linguistici di Renzi! Ma poverino, come avrebbe mai potuto vincere l'impari tensone con questi handicaps? Oltre a quelli mortali e sfigati di avere avuto il supporto di Bersani (comunque tanti auguri di pronta guarigione!), di D'Alema & Co, questi ultimi, come si sa, noti strateghi di battaglie perse! Il Mondo che circonda Don Matteo (chiedo scusa a Terence Hill), d'altra parte, è quantomeno strano, anche se, a ben riflettere, non è per niente strano !


FRECCIATINE Se vogliamo sposare le sensazioni che racconto qui sopra, annotiamo chi ha per fans il Sindaco gioioso! Tra l'altro tutti (o quasi) RIGOROSAMENTE del PD! Sentite! Dario Franceschini: Ieri: “Renzi, quel virus che ci ha indebolito dall'Ulivo in poi”. Oggi: “sono pronto a votare Renzi perché quando in squadra ci sono talenti, vanno utilizzati”. Nicola Latorre: Ieri: “non passerà la sinistra alla Renzi”. Oggi: “Basta ostacolare Matteo Renzi, è la risorsa migliore che il PD ha”. Alessandra Moretti: Ieri: “Renzi come Berlusconi, primadonna, egocentrico e maschilista”. Oggi: “Renzi: una forza dirompente!”. Marina Sereni: Ieri: “Renzi ha un'ottima capacità di comunicazione ma gli elettori sanno che dobbiamo scegliere quella personalità di governo e Bersani rappresenta una sintesi affidabile”. Oggi: “Opportunisti? No, diciamo si a Renzi perché vuole innovare”.

Giuseppe Fioroni: Ieri: “Renzi deve collegare lingua e cervello”. Oggi: “Conosco Matteo da quando era segretario della Margherita e presidente della provincia. Lo ritenevo un giovane di grande valore già allora, e i fatti mi hanno dato ragione”. Walter Veltroni: Ieri: “A me la parola rottamazione non piace perché si rottamano le cose. Non si possono rottamare le persone, le idee,

le storie, i valori, le fatiche che ciascuno ha compiuto”. Oggi: “Nelle sue idee, nei contenuti del suo programma, ci vedo sintonia con l'ispirazione originaria del PD, quella che decidemmo al Lingotto”. Michele Emiliano: Ieri: “Renzi? È andato in bancarotta totale, in default politico”. Oggi: “Renzi è bravo. Facciamolo segretario e premier”. Nichi Vendola: Ieri: “Renzi è un giovanotto sull'orlo di una crisi di nervi. Idrolitina nell'acqua sporca. Uno che piace ai giornali della famiglia Berlusconi, che non ha molto da dire oltre la rottamazione, rivoluzionario dei poteri forti, conservatore allergico alle regole come Berlusconi. Uno che prende i voti da Santanché e Lele Mora”. Oggi: “Parlo molto con Matteo. Il più critico verso questo governo (Monti). Matteo è un politico puro e una persona intelligente; prezioso alleato e protagonista della sinistra”. Deborah Serrachiani: Ieri: “Renzi dovrebbe restare a fare il sindaco di Firenze” Oggi: “Renzi è il nome giusto: Lo aiuto”. Certo che il “voltagabbanismo” italico e la “salita sul carro del vincitore” da me citati in qualche commento apparso su questa rivista, da quelle parti, è imperante. D'altro canto, ancora una volta, non dovrei assolutamente sorprendermi perché questo tipo di atteggiamento conforta, in qualche modo, la mia tesina sopra esposta. Cosa si vuole di più dalla vita! Per la seconda volta e di seguito, con questa mia imprudente dissertazione, mi discosto presumibilmente dal pensiero che l'editrice della nostra rivista ha a proposito del signor Matteo Renzi. Quest'ultimo, infatti, gode delle simpatie della Dottoressa Bernasconi. Mi sa che questa volta mi gioco davvero e definitivamente la mia paginetta mensile. Intanto prego il mio figlioccio Gesù per una Grazia salvatrice illuminando il cuore della succitata nostra padrona. Si suol dire in Toscana (faccio riferimento al mondo renziano): “Fai come i ladri di Pisa: di giorno litigavano e la notte andavano a rubare assieme”. 5


OPINIONI di Giovanni il Battista

Anna Cancellieri: perché cosi Calimero?

“Ma Giovanni Battista, non ti riconosco più - mi fa notare gentilmente un mio compare Quassù - Malgrado le ultime novità e l'invio del fascicolo che la riguarda da Torino a Roma resti ancora della tua opinione?“ “Si - rispondo - la Cancellieri è limpida ed Immacolata, a mio parere. Proprio così. Fra l'altro, appare Giunonica, ma in verità è un dolce batuffoletto. Leonessa, ma in verità è una mite gattina ron ron. Granitica, ma in verità è tutta latte e miele”. “Non ti riconosco più Battista - mi dice il compare - cerca di farmi capire, mi preoccupi ...”. D'accordo. Va bene. La Ministra, in virtù della sua carica, direttamente o attraverso il suo staff, riceve giornalmente delle richieste di supporto come quelle, nei contenuti, ricevute dalla famiglia Ligresti. A quanto è dato sapere, que6

ste domande vengono tutte evase (sembra, nel recente, più di 100) seguendo rigidamente la prassi che vuole come, operativamente e formalmente, non sia il suo Ministero a doversi attivare, ma la magistratura, i giudici, le autorità carcerarie, i periti medici e giudiziari e via di questo passo. La nostra amica Anna, fino a qualche tempo fa acclamata come la “nonna di tutti gli italiani”, a causa dei conosciuti contatti telefonici, è diventata improvvisamente la Crudelia De Mon (la cattiva della carica dei 101), un'approfittatrice, un’assetata di potere poltronifero, una prevaricatrice, una collusa con dei delinquenti, addirittura con persone in sentore di mafia … Chi le ha mosso critiche in questo periodo, prima di dipingerla come sopra raccontato, ha sempre, d'entrata e di


FRECCIATINE premessa, decantato il suo passato, il suo profilo ed il suo curriculum eccellente. Bravo Prefetto, bravo Questore, bravo Ministro, brava nonna, brava amica. Sono “loro” un pochino ipocriti ad utilizzare questa faccenda per i loro personali fini (politici su tutti!?). Se una persona viene davvero apprezzata, allora, penso io, la deve fare veramente grossa prima di venire mandata al confino. In pochi giorni i suoi detrattori ne hanno raccontate di tutti i colori, soprattutto in relazione al suo passato, diciamo remoto. Roba da dossieraggio.

“Loro”, dicono che prima di addivenire a integerrimo servitore dello Stato, Lei fu collaboratrice o consulente della famiglia Ligresti. Quando assurse alla carica di Ministro fu “raccomandata” da Berlusconi e spalleggiata da Monti. Chiese sostegno a Ligresti per “sistemare il figlio”, a detta di alcuni, un po' tonto (quello che a detta del clan precitato ha poi fatto andare in malora la loro Sai/fondiaria anche se non si capisce come, avendolo allontanato dalla società, la famiglia ha poi comunque ripagato con più di 3,5 milioni di Euro di buonuscita o di tangente). Per la pura cronaca, a detta di molti (anche avversari) il figliolino è (ora in Telecom) ed era un bravo manager e non il solito povero balordo figlio di sua madre … Sono di nuovo “loro” un po' ipocriti e un po' confusionari, oltreché, come già ricordato, tiratori d'acqua al loro mulino ... L'amicizia L'accusa mossa “all'imputata” è quella di aver, in qualche modo, favorito la risoluzione del caso Ligresti perché, appunto, la figlia di Don Salvatore era sua amica. A quanto risulta, la Cancellieri non ha fatto altro che seguire le procedure da percorrere in questi casi senza prendersi alcuna, particolare licenza. Domanda: come ci si deve comportare con degli amici? Uno non può o non deve più esserlo perché gli stessi sono diventati dei pregiudicati o dei condannati? A mio modesto avviso, se la persona mia amica non mi ha fatto niente di personale ed il legame è vero e forte, non vedo perché non gli si debba più parlare e/o si debba cancellarlo dall'agenda e dalla nostra vita. Se fosse mio fratello, mio figlio, un parente, cosa faccio? Lo elimino fisicamente per evitare di incontrarlo o di parlargli (fra l'altro il fratello el Ligresti “cattivo” è il medico

personale della Cancellieri ...)? “Loro” si comportano così con gli amici, con i parenti? Sicuramente possiamo in cuor nostro rimproverare ai nostri amici le loro eventuali, provate malefatte, magari dicendoglielo, facendo un predicozzo, ma, io penso, tutto li! Perché non dovrei restargli vicino? È necessario censurarli e rifiutarli a tutti i costi? Come si dice: “un vero amico lo si vede nel momento del bisogno”, o no? O forse perché non è più un vincente o una persona di successo o di potere (come fanno tanti “loro” che prima li ossequiavano e poi, perchè questi non sono più sul carro dei vincenti, quindi non più in auge, li denigrano e li distruggono? Rispetto umano niente? Tanto ora non contano più niente, che m'importa, diamogli addosso! Facciamogli vedere come si fa! Questo atteggiamento mi richiama tanto alla memoria (povero me, uomo senza creanza! quale azzardo!) un po' il sistema, la storia, l'educazione, la cultura italica sciorinata l'8 settembre di tanti anni fa quando 24 ore prima tutti (o la maggior parte) erano con Benito eAdolfo, e subito dopo, nessuno più li conosceva anzi, tutti a precisare che, “loro” erano stati, da sempre, anti-fascisti, filo-americani. Pesante il parallelo, non è vero? D'improvviso tutti Partigiani? Gli altri: una schifezza da annientare! “Ma Giovanni Battista ti sembra il caso di essere così estremo valutando un caso, in fondo, un pò fine a se stesso nel quale è incappata la tua miciona ron ron? In fondo, vedi che non se ne parla quasi più, che tutto è passato?” Salvatore Ligresti con le figlie Jonella (a sin.) e Giulia Maria

Da parte mia rispondo: “OK capisco. Ma più mi dici così, più mi arrabbio. Pensa a me ed a molti dei miei Fratelli cristiani alla nostra Epoca! Eravamo apostoli, amici, parenti, fratelli di Gesù. Lui vilipeso, condannato, delinquente. Cosa avremmo dovuto fare noi di fronte all'orda ebrea dei Saggi? Rifiutare l'amicizia di Gesù, disconoscerlo, essere e fare come Giuda? Quasi tutti noi ci abbiamo rimesso la pelle ma non abbiamo fatto i voltagabbana, non abbiamo fatto finta di non conoscerlo, non abbiamo fatto i populisti, gli ipocriti ... o no?” 7


OPINIONI Nel merito È stato appurato che la decisione di mandare ai domiciliari la signora Ligresti (stante il suo provato precarissimo stato di salute) fu presa dal Giudice competente, senza aver avuto indicazioni dalla Cancellieri e senza sapere del suo “Interessamento”, cinque giorni prima che le telefonate avvenissero. Quindi una delibera in piena autonomia e questo fatto proscioglie Cancellieri da tutte le eventuali accuse d'intervento. Il Giudice Giancarlo Caselli

Pensiamo, fra l'altro, che il pronunciatore fu il Giudice Caselli, uno che di protagonismo se ne intende e che, a mio modesto parere, se avesse potuto dare fiato alle trombe con un suo grande gesto per mettere al pubblico ludibrio una non “comunista” e una che, forse, gli poteva aver soffiato il posto di ministro di Giustizia, non ci avrebbe pensato un secondo! Quindi nessuna influenza del Ministro con il timbro D.O.C. direzionata al Grande Gian Carlo rosso! Il comportamento Rispetto al suo ruolo costituzionale, la Cancellieri avrebbe potuto essere più accorta, avveduta e furba? Magari! Calimero però mi sembra molto intelligente e con qualche esperienza in merito alle spalle. Se avesse avuto qualche cosa da nascondere, sapendo che poteva essere intercettata o/e che la “Famiglia” lo poteva essere, non lo avrebbe evitato? A mio modesto parere, la buona fede e la sua trasparente tranquillità non le hanno fatto porre questa domanda. Nessuna pressione a terzi e/o ad Istituzioni. Perfetto! Cosa volete di più? Ricevere una telefonata, rispondere ai Ligresti è un reato? È un problema di forma perché lei è il ministro? A mio modesto parere, non credo proprio!. Cosa avrebbe potuto fare la Cancellieri? Rispondere loro che non si permettessero di chiamarla? Che lei non li conosceva? Che “voi non sapete chi sono io”? “Loro” sono un po' ipocriti, non credete? Pensateci … ! Tutti gli esempi fatti, in questa circostanza, sempre da “loro” (alé con la strategia del fango!) di ministri soprattutto (solo!) stranieri che si sono dimessi per aver denunciato piccole, minime “marachelle”, a mio avviso non reggono, in quanto loro avevano comunque commesso qualche cosa di concreto, di “auto-denunciato”! Il nostro ingombrante Calimero cosa ha fatto di male e di nascosto? 8

Quali bugie ha raccontato? D'altra parte (e del tutto inattesa a mio parere) è arrivata la solidarietà della famiglia del giovane Cucchi, deceduto in carcere, in circostanze fin qui misteriose, un caso che aveva fatto molto discutere qualche anno fa ... Sono d'accordo con Luigi Manconi, sociologo e da sempre impegnato nella lotta per i diritti civili, quando ci ricorda che dovremmo indignarci per i diritti calpestati di tutta la popolazione carceraria e non quando la norma viene applicata come è avvenuto correttamente nel caso di Giulia Ligresti. E che poi a sentenziare ed a condannare siano i politici (ed i giornalisti) su un eventuale “interessamento umanitario” della nostra micina ron ron, invece di vergognarsi e tacere per le problematiche che non hanno mai saputo risolvere da 40 anni, legate alle persone che vivono nelle carceri, questo si che è veramente uno scandalo. E tutti loro, se avessero un po' di senso della responsabilità e delle Istituzioni, dovrebbero subito dimettersi. Sono triste oggi, perché questo mio modesto parere contrasta con quello, sicuramente più autorevole, della Direzione di codesta Rivista, quello apparso sul no. 54, del novembre 2013, sotto il titolo “Ma veramente il ministro Cancellieri è ancora lì?”. Faccio questa annotazione per fare un complimento alla mia Direttrice, la quale ospita nelle sue pagine pareri anche “diversi” (in questo caso addirittura che si contrappone in toto al commento proposto dal suo staff!!), dalle persone che glieli propongono. Un grande gesto di libertà e di democrazia: complimenti! Giulia Ligresti in carcere

“Se nessuno dicesse niente a meno che non sappia di cosa sicuramente sta parlando, un silenzio terribile scenderebbe sulla Terra”. (Alan Patrick Herbert, intellettuale e … umorista inglese)


SOCIETĂ€ di Umberto Fantauzzo

9


ATTUALITÀ Una melodia canora dal titolo “Zwei kleine Italiener aus Napoli” (due piccoli italiani provenienti da Napoli) è stata appositamente composta per denunciare l'inumano fenomeno di dolorosa quotidianità esistenziale dei numerosi “Gastarbeiter” (lavoratori ospiti), soprattutto nei decenni sessanta e settanta. Il testo della summenzionata composizione melodica, come di seguito, recita: “Zwei kleine Italiener, die träumen von Napoli, von Tina und Marina, die warten schon lange auf sie. Zwei kleine Italiener die sind so allein. Eine Reise in den Sueden ist für andre schick und fein, doch die beide Italiener möchten gern zu Hause sein. Oh Tina!, oh Marina! wenn wir uns einmal wiedersehen? dann wird es wieder schön. Zwei kleine Italiener am Bahnhof, da kennt man sie, sie kommen jeden Abend zum D-Zug nach Napoli”; (due piccoli italiani napoletani che sognano Napoli e le loro fidanzatine Tina e Marina, le quali attendono da tempo. Due piccoli italiani che sono soli. Un viaggio verso il sud è per tanti altri bello e meraviglioso, certamente i due piccoli italiani vorrebbero trovarsi a casa. Oh Tina! oh Marina! quando ci rivedremo? Allora sarà bello per noi. Due piccoli italiani alla stazione sono conosciuti, loro si recano lì per veder partire il treno direttissimo con destinazione Napoli).

Questa canzone, musicalmente interpretata dalla cantante tedesca Cornelia Froebess, il 18 marzo 1962 qualificatasi al sesto posto alla “Eurovision Song Contest”, diffondendosi a macchia d'olio nell'intero spazio mitteleuropeo, sede di una consistente presenza di immigrati italiani di provenienza meridionale, per la sua rilevanza sociale divenne uno dei più quotati “HIT canori” a livello europeo. La summenzionata canzone, con specifico intento allegorico, emanando musicalmente un grido di umana sofferenza, focalizza in pieno la scottante tematica della calamità occupazionale nei tre decenni cinquanta, sessanta e settanta in Italia ed il conseguente massiccio spostamento per fame di giovani lavoratori provenienti dall'arretrato meridione. Coraggiose creature umane”, come li descriveva Leonardo Sciascia nelle sue memorie professionali, alla ricerca di un'attività lavorativa con salario sicuro, prevalentemente 10

Leonardo Sciascia

nelle miniere di carbone, nelle fabbriche e in agricoltura all'estero europeo per sfamare i loro congiunti, affrontavano con dignità morale un'amara realtà costellata da solitudine comunicativa e sofferenza affettiva in un contesto di nostalgica rimembranza dei congiunti e del loro paese. Il medesimo scrittore Leonardo Sciascia, docente presso la scuola elementare nel suo paese natale Racalmuto, costatando nell'arco dell'anno scolastico 1956 che la sua scolaresca andava scemando progressivamente per oltre il sessanta per cento e descrivendo con sublime illustrazione letteraria la commovente scena di commiato dei suoi cari alunni, considerava tale distacco come un pezzo del suo cuore che lo abbandonava. Il maestro racalmutese, con coerenza sociologica analizzava nella sua narrativa letteraria, dall’impronta neorealistica, la crisi strutturale dell'agricoltura nell'intera provincia agrigentina, considerando l'emigrazione come il fenomeno culturalmente più deleterio e socialmente denigrante per le vittime di una lurida e vergognosa politica del tempo, spudoratamente praticata dalla Democrazia Cristiana. I furbi politici, membri del partito clericale, spaziando politicamente ai limiti della legalità, favorivano il massiccio esodo migratorio vendendo giovani meridionali agli stranieri per liberarsi dai numerosi disoccupati la cui presenza in territorio nazionale infastidiva la loro cupidigia di carriera, di tasca, di ventre e di capitale genitale, per tali meriti da falsi cristiani costoro ottenevano persino la benedizione papale dal compiacente “sua santità” Pacelli, un papa che addirittura possedeva la spudoratezza di scomunicare tutti gli affamati operai, vittime di un'abietta forma di selvaggio capitalismo “cattofascista” all'italiana, i quali, nell'auspicio di un possibile miglioramento sociale e morale della turpe politica italiana, optavano per il partito comunista. Quell'infame politica veniva praticata dal primo presidente del consiglio Alcide De Gasperi nell'immediato dopoguerra, che rivolgendo sfacciatamente il seguente


SOCIETÀ invito, ipocritamente esortativo: “imparate le lingue straniere ed emigrate per trovare un lavoro sicuro” all'indirizzo dei disperati indigenti, abilmente negoziava con le autorità straniere tonnellate di carbone in cambio di giovani lavoratori del proletariato agricolo del sud. La città più moderna d'Europa Wolfsburg, unitamente alla Volkswagen, dispone di un'originale genesi storica gravemente maculata da una triste nota di emanazione nazionalsocialista. Il Führer Adolf Hitler nel corso del suo cruento regime nazista degli anni trenta nella sua satanica immaginazione contemplava la creazione di una macchina utilitaria ovvero una “Volkswagen” (macchina del popolo) che non costasse più di mille “Reichsmark” per essere alla portata del salario di un operaio medio. A tal uopo il dittatore un giorno convocò l'ingegnere meccanico Porsche per esporre la sua intenzione e imponendogli autoritariamente di trovare entro un limite di tempo ristretto una formula di raffreddamento del motore a combustione che fosse adatto al rigido clima del nord, diversamente “guai all'ingegnere!!!”. L'uomo Ferdinand Porsche, ovviamente sollecitato dal terrore del campo di concentramento, si affrettò a concepire un modello di macchina utilitaria con sistema di raffreddamento ad aria rispondente alla richiesta del Führer, al quale presentò all'inizio del 1938 il progetto del celeberrimo “Maggiolino” la cui produzione sarebbe avvenuta in uno stabilimento da costruire nel circondario di un castello trecentesco “Wolfsburg” (castello del lupo).

Il cinque maggio del 1938 Hitler pose la prima pietra per la costruzione dello stabilimento Volkswagen, ivi su esplicita sua intenzione, venne immediatamente fondata “die gottlose Stadt” (la città senza Dio), come contemplato nel progetto satanico del Fuehrer, conferendole la denominazione: “Stadt der Kraft durch Freude-Wagens” (la città della potenza veicolata dalla gioia della macchina), un'espressione, per la sua originalità demoniaca, quasi intraducibile. La nuova città, costruita con il valido contributo di un forte contingente di abili lavoratori italiani, cosiddetti “volontari”, in realtà coatti, nello spirito di stretta collaborazione ideologica nazifascista tra i due supremi dittatori Hitler e Mussolini, è socialmente ed economicamente addentellata con l'azienda VW. L'edificazione della nuova città, fu interrotta con l'inizio della seconda guerra mondiale, durante la quale, unitamente alla casa automobilistica, venne radicalmente distrutta dai bombardamenti. Nell'immediato dopoguerra la Volkswagen, su autorizzazione del comando delle truppe di occupazione militare

inglese, iniziò la produzione del maggiolino, mentre la città venne ricostruita e, nel tentativo di estinguere ogni traccia di sapore nazista, veniva ribattezzata con un nuovo nome “Wolfsburg” derivante dal castello circostante di edizione trecentesca. Essendo stata “la città del castello del lupo” urbanisticamente concepita in esclusiva funzione dell'azienda VW, venne edificata con criteri di estetica industriale le cui strutture abitative, amministrative e scolastiche rispecchiavano un'architettura di elevata efficienza funzionale al punto da essere considerata nel suo primo ventennio postbellico “il dormitorio aziendale”. In questo lasso di tempo l'esistenza dei suoi cittadini, tutti dipendenti dalla “mamma VW”, era unicamente finalizzata al lavoro in fabbrica, conseguentemente la morbosa dipendenza si palesava nel loro modo di vestire, ragionare, nel comportamento in pubblico e in privato, nel modo di relazionare socialmente, nel linguaggio comune e nella mimica; elementi che accompagnavano i messaggi verbali nel corso della comunicazione interpersonale, tutte manifestazioni umane plasmate a modello del ritmo della catena di montaggio, recando nella loro mente il totalitario marchio “VW”. In una oscura serata glaciale dell'inverno 1962 un primo treno aziendale arrivava alla stazione di Wolfsburg, da cui sbarcavano numerose centinaia di “Gastarbeiter”, provenienti dall'Italia meridionale. Una tragica scena i cui protagonisti erano poveri disgraziati malnutriti, dai visi emaciati e pallidi per la stanchezza del lungo “viaggio della speranza” e con leggerissimo abbigliamento, possibilmente senza cappotto, non adatto alla temperatura siberiana dell'inverno nordeuropeo, portando a stento sulla spalla le loro pesanti valige di cartone rafforzate da una legatura di spago. 11


ATTUALITÀ raggiungimento del primato mondiale nella dura compeAlcuni operatori aziendali, col megafono e tono di voce tizione internazionale di produzione automobilistica. “germanofonamente” autoritaritaria, con simultanea traNel novembre 2013 viene celebrata nella “Città del Castelduzione, davano il benvenuto ai nuovi lavoratori “ospiti” lo del Lupo” la nascita della quinta generazione della VW impartendo istruzioni per essere trasportati al “Berliner Golf che rappresenta una circostanza di enorme rilevanza Bruecke”, l'alloggio aziendale, dove poter ristorare “le pur economica e storica, occasione opportuna per conferire stanche membra e la stressata psiche”. Il giorno seguente i alla cittadina più moderna d'Europa la denominazione di nuovi “Gastarbeiter” venivano invitati a fare il primo giro in sostituzione di Wolfsburg. Golfsburg da “amarcord” lungo le immense sale di produzione ed il L'integrazione interculturale a Wolfsburg viene praticata in giorno successivo venivano assegnati ai loro ruoli produtprima linea da una peculiare istituzione scolastica concepitivi in un rapporto interattivo con una macchina oppure con ta “ad hoc”: la italienische-deutsche Gesamtschule, che la chilometrica catena di montaggio. Uno spettacolo di comprendendo l'intero arco scolastico dalla scuola materna accoglienza da fantascienza che segna l'inizio di una masalla superiore può ospitare al momento circa quattrocento siccia ondata migratoria nord/sud Europa. alunni e studenti dai tre ai diciotto anni, di cui 40% di Nel corso storico di oltre un decennio giungevano nella città del “castello del lupo” oltre undicimila italiani, tutti lavoratori dipendenti VW, di cui il novantacinque per cento in produzione e la rimanente sparuta minoranza di privilegiati in amministrazione. “Wir haben Arbeitskräfte gerufen und es sind Menschen gekommen” (noi abbiamo chiamato forze lavoro e sono giunti esseri umani), un'affermazione del drammaturgo elvetico Max Frisch, il quale con fine empatia umana esprimeva in una poetica metafora letteraria la tribolazione di un tragico calvario cui erano stati destinati i poveri agricoltori del sud Italia grazie alla gloriosa politica del partito clericale. La “VolkswaIl “Castello del Lupo” gen Stadt” costituiva una comunità sterile madrelingua italiana, 40% di madrelingua tedesca e 20% che fino alla caduta della “cortina di ferro” spaziava con figli di matrimoni misti. Le discipline scolastiche più poca consistenza culturale alla periferia orientale della importanti, per avere deliberatamente adottato una didattica Germania Federale a dieci chilometri dalla linea di più confacente alla competenza linguistica/comun-icativa demarcazione tra Europa libera ed il granitico blocco degli alunni italiani di terza generazione, vengono insegnasovietico. te prevalentemente in tedesco; la comunicazione in lingua Dopo lo smantellamento del “muro della vergogna”, che italiana ha luogo nell'ambito della discipline meno impedal 13 agosto 1961 fino alla data storica del 9 novembre gnative come educazione motoria, attività ludico/ricreative 1989 divideva in due parti l'ex capitale del terzo Reich hite teatro mentre per le rimanenti discipline come educazione leriano e la Germania, Wolfsburg, avvantaggiandosi della all'immagine ed educazione civica s'inserisce sua favorevole posizione logistica tra la nuova capitale dell'insegnamento bilingue per tutto il percorso scolastico; dal la Bundesrepublik Berlino ed altre grandi metropoli della terzo anno obbligatorio l'apprendimento della lingua ingleGermania del nord, divenne un importante nodo di conse. Wolfsburg dispone attualmente di un'economia multigiunzione ferroviaria e stradale e commerciale tra est ed strutturale, infatti intorno alla casa automobilistica ruotano ovest, con collegamenti di treni ad alta velocità che concirca 269 piccole e medie imprese che lavorano nell'indotsentono di raggiungere Hannover in 20 minuti e la capitale to i cui titolari sono prevalentemente cittadini italiani di federale Berlino in 59 minuti. seconda e terza generazione. Al momento una minoranza di La città della VW essendo stata recentemente proclamata la cittadini di lingua italiana lavora come operaio qualificato classica “Autostadt del 2000” ebbe modo di assurgere in presso la VW, mentre la prevalente maggioranza svolge virtù delle sue nuove attrazioni a dignità culturale con singoli musei per ogni tipo di macchina nell'ampio ventaglio mon- un'attività lavorativa come impresario o impiegato. La moderna Wolfsburg presenta un valido paradigma di diale di produzione automobilistica e a dignità scientifica: in integrazione interculturale per l'intera Germania e le virtù del planetario “Phoeno Science Center”, il più impornazioni limitrofe ospitanti lavoratori stranieri. Nella sua tante museo di sperimentazione scientifica a livello europeo. esemplarità di formazione interculturale la “VolkswagenOvviamente tale repentino processo evolutivo è stato forstadt” potrebbe fungere da modello nella formulazione temente desiderato e sponsorizzato dalla VW, a totale concettuale di una “Identità Europea” in un contesto di beneficio pubblicitario di dimensione mondiale della un'efficace pedagogia europeista. medesimacasa automobilistica che attualmente aspira al 12



2013 IN PILLOLE

14


SOTTO LA LENTE

15


2013 IN PILLOLE

16


SOTTO LA LENTE

17


2013 IN PILLOLE

Ma anche dall'Oltralpe arrivano importanti novitĂ : il 23 aprile l'Assemblea Nazionale francese dice sĂŹ ai matrimoni e alle adozioni per le coppie gay. 18


SOTTO LA LENTE

19


2013 IN PILLOLE

20


SOTTO LA LENTE

21


2013 IN PILLOLE

22


SOTTO LA LENTE

23


2013 IN PILLOLE

24


SOTTO LA LENTE

25


2013 IN PILLOLE

26


SOTTO LA LENTE

27


CULTURA di Generoso D’Agnese

Tarantella, vino e castagne Montemarano

Fortezza inaccessibile per i barbari, grazie alla sua posizione naturale difesa da precipizi e burroni e da un castello, Montemarano nel 1059 divenne sede vescovile e nel 1138 fu assaltato da Ruggero II il Normanno, duca di Calabria e di Puglia. Centro storico di Montemarano

Montemarano, appisolato sulla sinistra dell'alto corso del fiume Calore vive da oltre 2000 anni. Secondo lo storico Appiano d'Allessandria il borgo fu infatti fondato da Mario Egnazio, guerriero sannita irpino capace di infliggere durissime perdite all'esercito romano durante le guerre italiche. 28

Il massacro perpetuato dal normanno portò alla distruzione di numerose testimonianze storiche del paese, tra le quali anche molte relative al cittadino vescovo Gio-vanni (poi divenuto Santo), strenuo protettore dalle prime invasioni barbariche e acuto agronomo del territorio. Dell'età medioevale rimane ancora oggi visibile il castello, orgoglio


ECOTURISMO della cittadinanza che attraverso l'associazione etno culturale Pro Montemarano, la sezione dell'Archeoclub Irpino presieduta da Ilenia D'Oria e la sincera passione del parroco Don Mauro Perullo e di volontari come Renato Gallo, si pone come fulcro di una valorizzazione storica, architettonica e culturale che affonda le radici nella naturale bontà del territorio. Raggiungibile facilmente grazie alla rete viaria dell'Ofantina e dell'Ofantina-bis, in poco più di un'ora è possibile lasciarsi alle spalle gli stupendi tramonti sul Tirreno per raggiungere gli 820 metri sul livello del mare e sdraiarsi su colline tappezzate da vigne o all'ombra di castagni secolari. Il borgo ha subito importanti danni nel sisma che colpì duramente nel 1980 inducendo una nuova pianificazione urbanistica in quella che all'epoca era considerata una zona periferica del paese. Oggi però tutto il centro storico è tornato all'antico splendore, con sapienti interventi che negli anni hanno saputo mantenere intatta l'antica struttura architettonica.

Il labirinto viario del nucleo storico meriterebbe una visita “a prescindere”, meglio se fatta nei giorni del Carnevale, acclamato appuntamento che da secoli attira migliaia di persone nel centro irpino. Considerata la più importante manifestazione folkloristica del centro, il carnevale monte maranese si distingue dalle tante altre manifestazioni similiari per la genuina spontaneità che pervade tutto il paese, capace di esplodere di gioia e di divertimento. Dai più piccoli ai più anziani partecipano fattivamente travestendosi e lanciandosi nella danza della “tarantella monte maranese” girando a mo' di processione per le strade del centro. La festa, nel paese inizia in realtà il 17 gennaio con Sant'Antonio Abate, per poi terminare la domenica successiva alle ceneri con “Carnevale morto”. La particolarità di tale festa ha indotto numerosi emigrati a rivivere l'atmosfera nei propri luoghi di residenza e New York da anni ospita la vivacissima attività dei fratelli Mariano e Generoso D'Agnese (un gruppo di musicisti della tarantella si esibì a Times Square nel 2009, il Bronx ha ospitato diversi sodalizi folkloristici). Percorrere in tutta allegria le strade di Montemarano aiuta ad apprezzare al meglio anche i luoghi storici del borgo. Nel paese che ebbe come governatore Gian Battista Basile, considerato un grande poeta dialettale e autore de “Lo cunto de li cunti trattenimento de le peccerille” (definito

da Benedetto Croce il più antico, più ricco e più artistico fra i libri di fiabe popolari), le tradizioni popolari camminano di pari passi con la devozione cristiana. Chi decide di visitare il paese irpino in estate, potrà farlo nella seconda metà di agosto, quando nello spazio di pochi giorni vanno in scena la festa dell'Emigrante e del Bosco (17 e 18 agosto) e la solennità del patrocinio di San Giovanni(dal 20 al 22 agosto), in un ideale percorso capace di unire la gioia per i conterranei che vivono nel Mondo, l'amore spontaneo per la selva ubertosa e la fede nell'eroe e patrono cittadino. Importante tappa del percorso è rappresentata dalla visita al Museo dei Parati Sacri, allestito nell'ex Chiesa del Purgatorio, in Piazza Mercato.

Il Museo, presieduto da Concetta Corso, costituisce uno dei primi esempi in Italia meridionale di raccolta e catalogazione di paramenti sacri e ospita tra gli altri , il parato del vescovo Celestino Labonia (1670-1720), le donazioni di Papa Benedetto XIII in occasione dell'anno giubilare 1725 ed un vestito della Madonna del sec. XVII di manifattura siciliana. 29


CULTURA Inaugurato nel 2002, grazie all'impegno dei volontari dell'associazione culturale “Hyrpus Doctus” il museo etnomusicale (presieduto da Luigi D'Agnese e diretto da Patrizia Di Dio) rappresenta un'altra fermata obbligatoria nella scoperta del centro irpino. Il museo è dedicato a grandi interpreti della tarantella locale e raccoglie numerosi strumenti musicali legati alla danza conosciuta a livello mondiale (l'etnomusicologo americano Alan Lomax scriverà di aver ritrovato nel paese una intensità espressiva arcaica e primordiale, molto vicina allo spirito del blues americano) nonché costumi tradizionali legati al Carnevale.

Maestosi cerri e grandi castagneti contrappuntano un territorio intervallato anche da piani carsici ideali per il pascolo. La scoperta del territorio montemaranese passa quindi attraverso i suoi paesaggi naturali e i prodotti della natura. Il paese fa rima, con il suo toponimo, con una rinomata cultivar di castagna (albero che copre 81 ettari boschivi del comune) , considerata dal Ministero delle politiche agricole prodotto agro alimentare tradizionale italiano. Funghi (porcini, gallinacci, ovuli, chiodini), fragole e lamponi permettono di apprezzare al meglio il maestoso scenario della Natura di questo angolo di Alta Irpinia capace di far spaziare lo sguardo dal Gran Sasso abruzzese alle pianure pugliesi. L'attività zootecnica, concentrata in alcune contrade (Macchia del Monte, SS.Giovanni e Paolo) permette di degustare ottimi prodotti caseari tra i quali vanno segnalati i bocconcini, i provoloni e la rinomata scamorza. Salami, prosciutti e “soppressate” rappresentano un altro all'occhiello la viticoltura. Montemarano è inserita infatti nella D.O.C.G ( denominazione di origine controllata e 30

San Francesco, Giotto e Montemarano San Bonaventura da Bagnoregio ne “la vita dei Santi” e San Tommaso da Celano nel “Trattato dei miracoli” narrano un significativo episodio della vita di San Francesco immortalato in un affresco di Giotto nella Basilica superiore di Assisi. Nel 1228, a “Monte Marano”, nei pressi di Benevento, venne a morire una donna devota di San Francesco. Di notte, mentre il clero si era riunito per il canto delle esequie e delle vigilie con i salteri, ad un tratto, sotto gli occhi di tutti, la morte si pose a sedere sul letto. Chiamò uno dei sacerdoti presenti che era suo padrino e così gli parlò: “Accostatevi, o padre, e udite una mia colpa che non confessai in vita. Avrei dovuto scontarla un un carcere duro, ma San Francesco, in premio della mia devozione, mi ha ottenuto di svegliarmi nel sonno di morte per poter così confessare il mio peccato e volarmene defilata in cielo”. Al sacerdote che tremava quanto lei, manifestò ogni cosa. Dopo aver ricevuto l'assoluzione, si distese sul letto e si spense placidamente nel bacio del Signore. A ricordo del legame indissolubile che lega Assisi e San Francesco al paese irpino, nel 2008 l'amministrazione comunale, d'intesa con il parroco Don Mauro Perillo e con il sostegno dell'intera comunità residente ed emigrata ha finanziato una riproduzione dell'affresco di Giotto, che esposto nella cattedrale romanica di Santa Maria Assunta è stata benedetta da Monsignor Francesco Alfano vescovo della diocesi di Sant'Angelo dei Lombardi, Nusco e Bisaccia. punto di forza di un settore che vanta però quale fiore garantita) del “Taurasi”, uno dei grandi vini italiani più adatti a lunghissimo invecchiamento. Il vino, ottenuto dalla vinificazione dell'aglianico e viene esaltato dalla Sagra che in ottobre da oltre 25 anni richiama migliaia di persone nel borgo sannita. Particolarissima la produzione di uva bianca denominata “coda di volpe”, che da qualche anno impegna i viticoltori in una nuova affascinante avventura permettendo al viaggiatore di accompagnare con un ottimo vino la degustazione della cucina locale. “Maccaronara”, “Scecolatielli e iormano” “Cecaluccoli”, “Lachene e ciciri” si presentano come ottimi primi piatti di una cucina tipica incentrata su prodotti strettamente locali. Arrosti di agnello e di maiale, scamorza, “pollastro mbottito”, “panzetta c'àmbuttitura” arricchiscono l'offerta di secondi piatti che però trovano nei “Mugnitielli” (interiora di agnello arrotolate) la pietanza per eccellenza della cucina montemaranese. Da assaggiare senza indugio, per ripartire carichi di un'esperienza indimenticabile nella scoperta dell'Italia da amare.



CULTURA di Generoso D’Agnese

Questa è la terra dell'uva da vino, una terra che annovera 17 varietà tipicamente regionali e una sapienza nella vinificazione che affonda le proprie radici nelle prime colonie greche formatesi quando l'Italia era ancora in gran parte terra di popolazioni primitive. Ed è proprio nel nome del “Primitivo” che una fetta di Puglia affida la propria memoria ai viaggiatori che cercano un'Italia lontana dai villaggi vacanze e dal turismo chiassoso della costa. Viaggiatori che preferiscono la memoria della sapienza alle vacanze fast food e che approfittano della peculiare conformazione orografica per parcheggiare l'auto e inforcare la bicicletta. Per arrivare nella terra del Primitivo, vero e proprio ambasciatore dell'enologia regionale, non c'è bisogno dell'auto. Una collaudata formula permetterà infatti di usufruire del trasporto della bici in treno fino a Taranto (la città dei due mari merita una visita al Museo Archeologico Nazionale e una sosta imperdibile in uno dei ristoranti sul mare per degustare le rinomate “cozze di Taranto”), da dove si partirà alla volta di San Giorgio Jonico, paese fondato nel 1300 da coloni albanesi e custode di antichi insediamenti risalenti all'età del ferro. La visita ai resti di una necropoli sarà punteggiata dalle grandi distese di vigne che dal paese arrivano fino a Carosino e che accompagnano il cicloturista in direzione di Monteparano, Roccaforzata e Faggiano. Tappa successiva a Torre. Castelluccia, nel territorio comunale di Pulsano, ne permette di scoprire i resti archeologici risalenti all’età del bronzo. 32

Leporano accoglie i viaggiatori con le sue reminiscenze greche e prepara il percorso in direzione di Fragagnano, la cui Chiesa Matrice e il sito archeologico di Santa Sofia meritano una piacevole sosta prima di riprendere il viaggio alla volta di San Marzano, l'unico paese fra quelli ripopolati dagli arbreshe nel territorio detto “dell' Albania tarantina” a conservare ancora l'uso della lingua albanese. La fisionomia del territorio Sanmarzanese, con la cittadina affastellata intorno al suo castello cinquecentesco, è quella tipica della provincia Jonica, contrappuntata da morbidi rilievi, detti monti, e brevi incisioni, dette lame.

Taranto, Museo Archeologico Nazionale


ECOTURISMO Queste, altro non sono che solchi incisi nei banchi calcarei da antichi corsi d'acqua che raccoglievano piogge delle parti alte delle Murge o acque sgorganti da sorgenti.

San Marzano, trulli del Santuario Madonna delle grazie

(l'antica Mandonion), una delle più importanti città della Messapia. Il Parco archeologico delle “Mura messapiche”, testimonia la potenza dell'antica civiltà messapica. Le mura, costituite da tre cerchie murarie sono circondate da ampi e profondi fossati, e risalgono al III secolo a.C., ovvero al periodo della guerra contro Annibale e alla definitiva conquista romana. Accanto alla grande necropoli, sempre all'intero del parco, sorge la chiesetta paleocristiana di San Pietro Mandurino, composta da un vano superiore da cui si raggiunge una composita cripta ipogea. A pochi metri è possibile ammirare il “Fonte Pliniano” che deriva il suo nome da Plinio il Vecchio, risalente all'epoca messapica. Si tratta di una grande caverna naturale di 18 metri di diametro e 8 di altezza, accessibile da una larga scala a due rampe, scavata nella roccia. Nel sommo della volta si apre un grande lucernario, che illumina l'ipogeo e che in superficie presenta un muro circolare da cui fuoriesce un albero di mandorlo che la tradizione vuole esistente dall'antichità. All'interno della grotta è possibile ammirare una vasca fronteggiata da un pozzetto quadrato, da cui tuttora sgorga l'acqua narrata con stupore e meraviglia dallo stesso Plinio, visto che il livello si mantiene perennemente costante.

In una regione che grazie anche alle peculiarità territoriali negli ultimi anni ha sposato la mobilità sostenibile e che attraverso azioni legislative intende programmare e realizzare sempre più infrastrutture ciclabili (particolare attenzione alla segnaletica verticale e orizzontale, promozione e comunicazione di servizi al servizio dei ciclisti), l'itinerario della strada del vino Primitivo conduce nel paese di Sava, legato strettamente al vitigno autoctono di questo angolo di Puglia (la prima denominazione del vitigno afferiva proprio questa cittadina). Prima ancora però vale la pena Mura messapiche, fonte Pliniano soffermarsi a Lizzano, entro i cui confini si produce un vino di pregevole qualità che fin dal 1988 ha ottenuto la DOC. Situata sul margine meridionale delle Murge tarantine, si presenta ai visitatori con la località turistica di Marina di Lizzano e con la zona umida della palude Mascia. Membro dell'Unione dei Comuni “Terre del mare e del sole”, la città esibisce con orgoglio le proprie radici salentine ed ha nella sua storia numerose invasioni e distruzioni che costrinsero la popolazione cristiana a nascondere gli oggetti sacri (e se stessi) nelle gravine e in alcune grotte come quella di Sant’Angelo. La tappa successiva della strada del vino permetterà di conoscere Manduria

33


CULTURA vigneto fu impiantato in località Liponti (Gioia del Colle). Nel comprensorio di Manduria il vitigno approdò verso la fine del XIX secolo grazie ad alcune barbatelle portate dalla contessa Sabini di Altamura, andata in sposa a Tommaso Schiavoni Tafuri che ne avviò la coltivazione nelle sue terre sulle dune di Campomarino. Chiamato inizialmente “Vino di Sava” o “Primitivo di Sava”, dopo poco tempo assunse la denominazione di “PriIl “Museo della civiltà del vino Primitivo” mitivo di Manduria”. Nel 1967 un professore A circa 500 metri dal parco archeologico è ubicata la californiano, conducendo analisi del DNA e studi ampelopiù antica cantina di produzione di Primitivo, la “Cantina grafici, stabilì la stretta parentela tra Primitivo e il famoso Produttori Vini Manduria”, che ospita a sua volta il “Muvino americano Zinfande (coltivato ampiamente anche in seo della civiltà del vino Primitivo” con una ricca esposiAustralia)l: i due vitigni erano tanto simili da essere fratelzione di oggetti che ricordano la civiltà contadina e antichi li gemelli. Il vino Primitivo di Manduria si fregia dal 1974 strumenti di vinificazione e oggetti domestici. dell'attestazione DOC (Denominazione di Origine ConLasciata Manduria e superata Avetrana, con i suoi monutrollata). Esistono quattro diverse versioni del Primitivo di menti architettonici e le numerose “grave” e grotte, la Manduria: il classico vino da pasto, il Dolce naturale, il Strada del Vino Primitivo di Manduria conduce a Erchie e Liquoroso dolce naturale e il Liquoroso secco. Le versioni liquorose di questo prodotto sono ottenute aggiungendo al Torre Santa Susanna per concludersi infine a Oria, antica capitale dei Messapi. La città affascina con il suo profilo vino acquavite o alcool di origine vitivinicola, che confefatto di torri, cupole e case arroccate sulla collina, con il riscono corpo e sostanza al vino nonché un accresciuto tesuo centro storico occupato da gioielli quali il Castello nore alcolico. Svevo, la Basilica Concattedrale e il Palazzo dei MissioUna particolarità del tutto interessante è il fatto che, a dinari e rappresenta la degna conclusione di un percorso stanza di soli venti giorni dalla vendemmia, questi vitigni che ha nella buona tavola un degno corollario. sono in grado di dare una seconda produzione di uve, utilizzate in passato per correggere e migliorare l'acidità totale dei mosti ottenuti dalla prima vendemmia. Considerato oggi uno dei vini più raffinati della Puglia, il Primitivo di Manduria rappresenta una vera e propria istituzione storica del territorio. La presenza della vite nell'area di Manduria , vanta grandi tradizioni secolari e ha origini remote come dimostrano i numerosi vitigni autoctoni presenti, fra i quali , oltre al Primitivo, vi sono anche il Negroamaro e la Malvasia. Si narra che furono gli Illiri della Dalmazia a portarlo in Puglia, oltre duemila anni fa. La nascita ufficiale di questo pregiato prodotto della terra nasce però alla fine del ‘700, grazie alla perspicacia di Don Francesco Filippo Indellicati di Gioia del Colle, che rinvenne nei vecchi vigneti coltivati nella zona fin dal Seicento dai monaci benedettini la presenza di viti con precoce maturazione delle bacche (si tratta di uve dal colore blu scuro, ricoperte da un abbondante strato di pruina). Seguendo le indicazioni della Natura, l'uva venne chiamata Primativo o Primaticcio il primo 34

La conservazione ottimale del Primitivo di Manduria deve avvenire al buio, con temperature comprese fra 10 e 15°C. I luoghi ideali sono naturalmente le cantine, che offrono anche il vantaggio di avere una consistente umidità ambientale (costante ed attorno al 75%) che consente al tappo in sughero di rimanere ben umettato. Infine, le bottiglie vanno conservate in posizione orizzontale, preferibilmente su appositi supporti di legno.



CULTURA di Armando Rotondi

36


CINEMA Qui Pif dà vita a veri e propri reportage, malinconici, divertenti e intelligenti, su vari aspetti della realtà moderna sia nazionale che estera, dal Giappone delle meraviglie e stranezze ai neomelodici napoletani sino alla mafia.

Ci troviamo di fronte alle stragi mafiose che dagli anni '70 arrivando ai primi '90: dalla strage di Viale Lazio del 1969 all'omicidio del generale Dalla Chiesa, di Boris Giuliano, di Pio La Torre e Rocco Chinnici fino alle stargi di Capaci e di via D'Amelio del 1992. Questo lo sfondo, ammesso che di sfondo si tratti, su cui si muove la storia d'amore per la compagna di classe Flora e gli omicidi che vede in giro sono tutti per motivi passionali, di donne, perché, come dice il padre del protagonista, “la mafia uccide solo d'estate”. Si sente l'amore di Pif per la sua terra, per la Sicilia e per quella Palermo martoriata dalle sparatorie e dalli morti, si vede una mafia strisciante e silente e il rapporto che si crea con la vita di tutti i giorni di un bambino la cui prima parola non è “mamma” o “papà”, ma “mafia”, riconoscendo un mafioso. Un film da vedere, da far distribuire non solo in Italia e un artista di rara intelligenza. Da applausi.

Pif ai tempi delle”Iene”

Ecco, la mafia. Un argomento a cui Pif, palermitano, è sempre stato attento e che è al centro della sua opera cinematografica d'esordio: La mafia uccide solo d'estate, vincitore del premio del pubblico all'ultimo Festival di Torino. Molti sono i film sulla mafia, e alcune volte si è anche cercato di riderne, in maniera dissacrante e allo stesso tempo, come con Tano da morire di Roberta Torre, e, senza mezze parole, La mafia uccide solo d'estate è un film straordinario. Anche qui si ride e si piange, le risate del film di Pif sono serie, tristi, con cognizione di causa, perché la vicenda che racconta l'autore, la vita di Arturo a Palermo dall'infanzia all'età matura, è tutt'altro che divertente. La protagonista femminile Cristiana Capotondi

37


CULTURA di Armando Rotondi

Per tutti gli amanti del cinema quello che è uscito nelle librerie italiane, per la Bompiani, è sicuramente un volume da non perdere, occupandosi per la prima volta, in maniera esaustiva, di quella che è sicuramente tra le icone del grande schermo italiano: Anna Magnani. Probabilmente la più grande attrice cinematografica del Belpaese.

Sulla Magnani è stato scritto tanto, da un punto di vista di storia del cinema e accademico. Volumi su volumi, articoli e saggi che ne hanno analizzato la capacità attoriale, la grandezza, così come alcuni aspetti della sua vita, ma mancava ancora un libro che questa sua vita la raccontasse per intero. Ci ha pensato Mathilde Hochkofler che, non nuova ad occuparsi della Magnani, era già stata curatrice della mostra “Ciao Anna”, presentata nel 2004 ai Musei


CINEMA

Anna Magnani, la sua vita in un libro Capitolini di Roma. Ora, con il suo “Anna Magnani - La biografia”, pubblicato in occasione del quarantennale della scomparsa dell’attrice, traccia un profilo forte di ben 400 pagine della grande interprete, mostrando documenti e attraverso interviste, come ad esempio al figlio Luca. Si passano in tal modo in rassegna gli esordi, il passaggio dal cinema comico, insieme ad Aldo Fabrizi, a quello drammatico in “Roma città aperta”, che inaugura la grande

stagione del Neorealismo, così come l'amore travolgente per il regista di quella pellicola: Roberto Rossellini. Un amore e odio, che vedrà la Magnani gelosa per la relazione dell'ex marito con Ingrid Bergman e uno degli scontri cinematografici più famosi di sempre: la produzione rosselliniana di “Stromboli terra di Dio” con la Bergman, appunto, e il contemporaneo “Vulcano” con la Magnani. Ma non solo: l'Oscar per la “Rosa tatuata” e il complesso 39


CULTURA

La Magnani con Roberto Rossellini

rapporto con il drammaturgo Tennessee Williams, omosessuale dichiarato ma anche profondamente innamorato di lei; e ancora Fellini e Pier Paolo Pasolini, che la renderĂ per sempre Mamma Roma.

Il volume su Anna Magnani colma un vuoto e si profila come un libro che non dĂ solo un resoconto di ampio respiro sulla vita di un'artista, ma coglie anche parte della storia, culturale e non, dell'Italia. Dalla Guerra al secondo dopoguerra sino agli anni '70. Un volume prezioso, quindi. 40



CULTURA

Da questa specie sono derivate numerose varietà orticole di bietole a radici molto sviluppate e carnose, più o meno ricche di saccarosio e sfruttate per l'alimentazione del bestiame o per ricavare lo zucchero. Negli orti si coltivano due varietà ben distinte, ossia le biete da coste o da erbette (var cycla) e le barbabietole rosse (var esculenta). Delle biete si consumano le foglie intere o le coste carnose, mentre delle barbabietole rosse si utilizzano solamente le radici molto tenere e carnose, di colore tipicamente rosso sanguigno e di sapore assai dolce. Si conoscono diverse varietà di barbabietole da radice, che differiscono per vigoria vegetativa, colore delle foglie, forma, grandezza, colore e sapore delle radici. Quelle precoci si seminano tra marzo e aprile per la raccolta estiva e quelle tardive tra maggio e luglio per poter effettuare la raccolta in autunno. Le radici di queste barbabietole hanno un elevato valore biologico e interessanti proprietà curative; sono molto ricche di zuccheri e vitamine. COME SI COLTIVA La barbabietola rossa da orto si coltiva secondo un ciclo annuale; potrete seminare direttamente a dimora da febbraio a luglio, per avere (già 3 - 4 mesi dopo la semina) un raccolto scalare per il consumo estivo o autunnale. Per ottenere buoni risultati il terreno dovrà essere fertile, sciolto, fresco e a pieno sole; prima dell'impianto, lavorate il terreno con stallatico maturo, se possibile; altrimenti utilizzate concimi minerali completi, ricchi di fosforo e potassio. Annaffiate con regolarità ma senza eccedere per evitare pericolosi ristagni d'acqua. 42

Effettuate trattamenti antiparassitari specifici per prevenire e combattere la cercospora, un parassita che produce macchie rosse sulle foglie. Come abbiamo detto sopra, la barbabietola da orto ha un ciclo colturale annuale ma di solito si lasciano nel terreno alcune piante per due anni, in modo che completino il ciclo vegetativo e quindi fioriscano, per fornire i semi che si potranno raccogliere all'inizio dell'estate del secondo anno. QUANDO SI RACCOGLIE Le radici delle barbabietole rosse si estirpano d'estate o in autunno, quando sono sufficientemente ingrossate e affiorano sul terreno. COME SI UTILIZZA Le radici di queste barbabietole hanno un elevato valore biologico e interessanti proprietà curative; sono ricche di zuccheri, vitamine, sali minerali e amminoacidi COME SI RICONOSCE La barbabietola rossa è una pianta erbacea biennale che negli orti si coltiva secondo un ciclo annuale; ha radici


BENESSERE E SALUTE ingrossate, molto tenere, zuccherine e di colore rosso sanguigno. Le foglie basali hanno nervature rossicce, mentre il lembo è verde o appena rossastro. I fiori verdognoli sono riuniti su steli floreali alti fino a 2 metri.

COME SI PREPARA PER LA CONSERVAZIONE Si possono conservare in un luogo fresco e asciutto, dopo essere state cotte in forno, oppure si possono mantenere, anche per diversi mesi, stratificate nella sabbia. UN'INSALATA GUSTOSA Tagliare a cubetti due barbabietole ed una patata lessata. Emulsionare in una tazza 2 cucchiai di olio, uno di aceto, sale ed un grosso pizzico di dragoncello (estragone). Unire il tutto alle barbabietole lasciando riposare per un'ora. UNA MARMELLATA ADATTA Al CONVALESCENTI Affettare delle barbabietole crude, ricoprirle di zucchero e lasciarle macerare per una notte. Cuocerle lentamente, rimescolando spesso, sino ad ottenere una normale consistenza. CONTRO L'ANEMIA Tagliare a fettine delle barbabietole ben mature; cospargerle di zucchero e lasciare riposare per 30 minuti circa. Mangiarne un cucchiaio almeno mezz'ora prima dei pasti principali.

Ingredienti: 1 litro di brodo vegetale, 500 gr. di barbabietola rossa precotta, 250 gr. di cipolla, 150 gr. di farina0, 150 gr. di latte, 130 gr. di farina di mais fioretto, 90 gr. di carote, 80 gr. di sedano, 70 gr. di burro, 50 gr. di semola grano duro, 10 gr. di lievito di birra secco, panna acida, alloro, chiodi di garofano, prezzemolo, zucchero, sale e pepe in grani. Per la zuppa Ridurre in dadolata la barbabietola, sciacquarla sotto l'acqua. Tagliare a cubetti anche la carota, il sedano e la cipolla. Farli rosolare in un tegame con il burro rimasto, 3 foglie di alloro e 2 chiodi di garofano pestati insieme a un cucchiaino di pepe in grani. Unire la barbabietola, aggiungere il brodo e far cuocere per 25 minuti. Distribuire la zuppa nei piatti con un cucchiaio di panna acida e una spolverata di prezzemolo tritato.. servirla coi grissinotti.

PER PREVENIRE I RAFFREDDORI È utile consumare molte barbabietole all'insorgere di un raffreddore, perché il loro contenuto di vitamina C aumenta notevolmente le capacità di difesa naturali dell'organismo umano. PER RINFORZARE LA VISTA Tagliare a cubetti una barbabietola, condirla con olio e limone, volendo anche sale. Mangiarne un cucchiaio almeno tre volte al giorno, magari prima di cominciare i pasti principali.

Per i grissinotti Impastare la farina 0, la semola e 100 gr di farina di mais fioretto col lievito, un pizzico di zucchero e uno di sale e 35 gr di burro morbido. Aggiungere lentamente il latte fino ad ottenere un composto omogeneo. Mettere a lievitare coperto per circa 2 ore. Dividere l'impasto in strisce e farne dei filoncini, spolverizzando il piano di lavoro con la farina di mais. Dividerli in tronchetti, disporli su una teglia con carta da forno e farli raddoppiare di volume. Infornere a 200° per 25 minuti. 43


CULTURA

Chi scrive ha due convinzioni: la prima è che quella italiana sia, senza ombra di dubbio, la gamma di cucine migliore al mondo per completezza, equilibrio, delicatezza e bio diversità naturale e culturale. La seconda è che questa gamma di cucine, di cui non si sottolineerà mai a sufficienza la naturale vocazione al “localismo”, abbia ancora margini di evoluzione e di arricchimento della propria offerta. La tradizione è fondamentale per identificare una cucina e promuovere un territorio sul piano turistico, ma la tradizione non deve essere intesa come museificazione: é piuttosto un approdo di partenza, dal quale partire e al quale tornare al termine di un “viaggio” che sollecita la nostra curiosità, la nostra fantasia e il nostro desiderio di sperimentazione. E non è detto che il viaggio debba avere come meta terre inesplorate. Può anche focalizzarsi, infatti, su lidi già noti ma poco bazzicati o dimenticati. La digressione introduttiva è utile per invitare coloro che cucinano per amore o per professione a considerare un ingrediente sotto svariati aspetti, cercando di intuirne 44

potenzialità inespresse o espresse solo in ambiti ristretti e d'avanguardia. È il caso della pera. In Italia esistono due qualità di pere a indicazione geografica protetta: la pera dell'Emilia Romagna e la pera mantovana. Tra le altre cultivar la pera coscia, con buccia verde che vira al giallo quando il frutto raggiunge la piena maturazione, sottile e di dimensioni medio piccole, dalla polpa bianca, dolce e granulosa, è annoverata tra i prodotti tradizionali toscani. La pera cocomerina è invece presidio slow food dal 2003, e ad essa è dedicata una sagra annuale a Ville di Montecoronaro. In Emilia Romagna, e in particolare nella bassa parmense, è diffusa anche una pera, la nobile, che è alla base del “tortel dols”, una tipologia agro-dolce di tortelli natalizi che rimane eccessivamente chiusa dentro i propri confini e gli eventi ad essa dedicati. Come anticipato, i viaggi di scoperta possono essere anche viaggi di ri scoperta. La tradizione vuole infatti che la nascita del Tortél Dóls (sotto) risalga all'incirca all'epoca della Duchessa Maria Luigia d'Austria.

Il ripieno è formato da pan grattato, vino cotto (ricavato facendo bollire lentamente per 24 ore il mosto d'uva fino a che di tre parti ne rimanga una) e mostarda a base di pere, cocomero bianco, mele cotogne, limoni, zucchero e senape.


ENOGASTRONOMIA Il condimento più diffuso è a base di salsa di pomodoro e burro, anche se c'è chi preferisce ricorrere alla moda dei tortelli alla parmigiana: in bianco con acqua di cottura, burro fuso e ampia spolverata di parmigiano reggiano.

Quante pizzerie che propongono la pizza pere, speck e brie conoscete? Poche, immagino. Ed è un vero peccato, perché si tratta di una pizza straordinaria che esalta le papille gustative unendo la dolcezza della pera alla sapidità di un formaggio che sprigiona un intenso aroma di funghi porcini e nocciola e al sapore speziato e lievemente affumicato dello speck. Che il formaggio con le pere sia buono si sa, c'è anche il detto che suggerisce di non farlo sapere al contadino per mantenere bassi i prezzi. Due formaggi, facilmente reperibili, si abbinano così bene con le pere che il loro accostamento dovrebbe diventare consueto: il gorgonzola e la scamorza affumicata.

Se la scamorza accompagna le pere insieme alla pasta secca, il gorgonzola è ideale per il risotto in ragione della sua straordinaria cremosità. Il modo migliore per descrivere la preparazione di un risotto è elencare gli ingredienti che dovranno essere versati in padella in rigida successione: burro, scalogno, riso, vino bianco, brodo vegetale a piccoli mestoli fino alla cottura e, a 5 minuti dalla fine, pere frullate e gorgonzola a cubetti. Con un'ultima noce di burro si mantecherà il risotto prima di spolverarlo abbondantemente di parmigiano. Infine, a guarnizione di piatto, un trito di noci. Propriniamo, infine, un terzo formaggio ideale per accompagnare le carni, dal filetto all'entrecote fino al petto di pollo e tacchino: il taleggio. In questo caso le pere dovranno essere tagliate finemente e passate in padella insieme al taleggio, tagliato anch'esso a piccoli dadi, e a una quantità di latte aggiunto a piccole dosi e sufficiente a creare un composto cremoso. Una spolverata di pepe e di noci, anche in questo caso, aiuteranno ad esaltare la sapidità del piatto.

Quest'ultima, insieme a pere e noce moscata, può dar vita a un primo piatto rapido e semplicissimo ma ricchissimo di sfumature organolettiche: sarà infatti suficente cuocere la pera tagliata in padella nel succo che rilascia, regolarla di sale e pepe, quindi aggiungere insieme alla pasta già cotta (preferibilmente penne o maccheroni) i dadini di scamorza fino ai primi segnali di filatura. Olio extra vergine e grattata di noce moscata completeranno la preparazione. 45


CULTURA

46


Focaccia leva di Gallicano

47


CULTURA

Trota affumicata e funghi

48




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.