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Sol LeWitt

San Carlo a Negrentino

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between the lines

Sonnenstube Lugano in conversazione

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Andreas Gysin e Sidi Vanetti l’incontro

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Da non perdere adriana beretta balthasar burkhard

nella valle di blenio

L’agenda 25

Mirabilia



Sol LeWitt Between the Lines Testo: Stefano Menichini

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(MoMA, 1978) il quale, sibillino, predicava d’altronde che anche «le idee possono essere opere d’arte; esse si trovano in una catena di sviluppo che può infine trovare qualche forma. Non tutte le idee necessitano una realizzazione fisica». Pensiamoci su: non è forse il fatto fisico, per esempio, del Partenone, infinitamente meno importante dell’idea del Partenone, per la millenaria pratica architettonica successiva? Non è forse il credo nella perfezione del pensiero, opposto alla corrotta transitorietà della materia, ciò che ha agito schiere di architetti, scultori e pittori rinascimentali, tesi a restituire un mero baluginìo della superiore bellezza delle opere greche e romane, tanto decantata dalle fonti classiche? Si tratta di oggetti che, oggi come in passato, risultano in qualche modo inaccessibili alla fruizione, perché troppo lontani, ormai in rovina oppure perduti per sempre… Di essi, ciò che più stimola il nostro sentire è piuttosto il concetto che ne modellava le forme, sopravvissuto al loro decadimento. «Nell’arte concettuale, l’idea o il concetto è l’aspetto più importante dell’opera […]. L’idea diventa una macchina che produce l’arte», spiega LeWitt, riferendosi alla propria poe-

n occasione del decennale della scomparsa, la Fondazione Carriero dedica a Sol LeWitt (Hartford, 1928 - New York, 2007) una retrospettiva attentamente curata da Francesco Stocchi e Rem Koolhaas. L’esposizione è gradita per diverse ragioni: nessuna collezione italiana possiede un nutrito corpus di opere dell’artista americano, il cui pensiero diviene facilmente intuibile mano a mano che se ne esperiscono le opere; queste stesse opere acquistano un valore aggiunto nel dialogo con la peculiare architettura dell’istituzione milanese, progettata internamente da Gae Aulenti e divisa fra i palazzi Parravicini e Visconti; infine l’evento consiste in una piacevole scusa per rinnovare la lettura dei Paragraphs on Conceptual Art, pubblicati da LeWitt su Artforum nel 1967. A distanza di quarant’anni il manifesto dell’arte concettuale, assieme razionale, mistico e ironico, ha conservato immutata la propria forza. «Arte concettuale? Il solo suono di queste parole raggela e confonde gli spettatori che si domandano, nei fatti, in che cosa esattamente quest’arte consista e persino se risulti visibile agli occhi», ammette Robert Rosenblum in un testo su LeWitt

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Appena percepiti, questi elementi modulari iniziano a riprodursi sino a occupare, con l’immaginazione, l’interezza delle superfici e dei volumi che li ospitano concretamente. Queste opere stimolano associazioni di tipo biologico e linguistico, poiché si parte da singole cellule o unità per giungere a complessi organismi o sintassi, così come fantasie di natura irrazionale e spirituale: contemplare le trame bidimensionali di un wall drawing può aprire lo sguardo sulla vastità di un paesaggio, quasi ne fosse un affresco; scrutare nelle profondità di una structure può far perdere la scala umana,

tica — chi è sensibile può scovare in queste parole che la radice della storia dell’arte risiede in quella del pensiero e, ripercorrendone il corso, può comprendere che il flusso delle epoche artistiche è continuo, privo di drastiche cesure anche di fronte alla smaterializzazione dell’opera, del suo corpo palpabile. Lo stesso artista dichiara d’ispirarsi a Giotto e Piero della Francesca ed è per questo che le sue opere risuonano negli antichi ambienti Carriero. L’arte di LeWitt è basata sul principio di moltiplicazione che linee, griglie e cubi inducono nella mente di chi osserva.

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A pagina 4 e 6 Installation view: Sol LeWitt,Between the Lines, 2017 Fondazione Carriero Photo: Agostino Osio Courtesy: Fondazione Carriero

dando accesso a una dimensione maestosa e perturbante. «Gli artisti concettuali sono mistici piuttosto che razionalisti. Saltano a conclusioni cui la logica non può arrivare», si legge infatti nel manifesto. Il lavoro dell’artista concettuale tende quindi a riconciliare gli opposti, qualità espressa, nella mostra, dal contrappunto fra spaziosi e sgrombri ambienti con piccole e costipate sale. Il ricorso alla terminologia musicale non è improprio. I due grandi saloni, al piano terra e al secondo piano, sarebbero perfetti per le collaudate coreografie di Lucinda Childs sulle musiche minimaliste di Philip Glass e con scenografie di Sol LeWitt — artisti che hanno sperimentato un’affinità elettiva in grado di trascendere gli specifici media. Nelle salette al primo piano, invece, le sculture sono affastellate secondo analogie ritmiche e formali: la deambulazione è ridotta a pochi e calcolati passi, sufficienti a cogliere, di ogni oggetto, le potenzialità cinetiche e la raffinata importanza dell’ombra in virtù dei particolari giochi duplicativi e illusionistici. Qui l’allestimento potrebbe evocare la disposizione degli strumenti in un’orchestra: l’occhio dello spettatore, carezzando i tratti e gli spigoli, lega idealmente tutte le opere assieme, come la bacchetta del direttore coordina i vari suoni in un’unica sinfonia. Culmine dell’esposizione è il gran-

dissimo Wall Drawing #1104 a pennarello che, originalmente pensato per la finestra di un museo, è qui riprodotto su di un muro specchiante, posto a schermare parte della sala Visconti. Le implicazioni di tale scelta sono molteplici. Lo specchio, riflettendo e ampliando l’ambiente, permette alle linee rette di sovrapporsi alla circostante decorazione tardobarocca e, infine, di attraversare lo stesso corpo del fruitore, che vi si ritrova inserito come capita nell’Uomo vitruviano di Leonardo o in certe tavole del De Divina Proportione di Luca Pacioli. Seguendo attentamente il pennarello, tuttavia, ci accorgiamo che la tipica ortogonalità della griglia è venuta meno, che esso ha tracciato segni storti, spesso non intersecantesi nei punti di supposta tangenza… LeWitt, in questa esecuzione, consente l’errore umano per veicolare un preciso messaggio: realizzare i canoni di perfezione e bellezza al di fuori della sfera dei concetti è impossibile.

Sol LeWitt Between the Lines 17.11 – 03.06.2018 Fondazione Carriero Via Cino del Duca 4 20122 Milano +39 02 3674 7039 www.fondazionecarriero.org

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Sonnenstube Lugano IN CONVERSAZIONE

Marta Margnetti, giovane artista ticinese, è co-fondatrice e co-direttrice dello spazio d’arte Sonnenstube. Chi è e cos’è Sonnenstube? Fondata nel 2013, Sonnenstube è una stanza, spazio d’arte, artist-run-space, dedicato principalmente alla produzione e promozione dell’arte contemporanea svizzera e italiana, aperto anche alla musica di ricerca. Ci dedichiamo alla produzione di 5-6 mostre l’anno coinvolgendo artisti cosiddetti giovani, diciamo under 40. L’intento di Sonnenstube è quello di portare anche a Lugano realtà conosciute nel resto della Svizzera e nel Nord Italia. Cerchiamo anche di dare spazio agli artisti ticinesi. Facciamo quindi confluire queste realtà in una zona geografica che fa da ponte tra il nostro Nord e il nostro Sud. Inoltre, siamo chiamati un paio di volte all’anno a partecipare, o a collaborare, a progetti al di fuori del Ticino, dove organizziamo esposizioni o eventi. È divertente pensare che prima della nostra apertura, la sala espositiva fosse una palestra. In un qualche modo lo è ancora, perché qui ci siamo allenati tutti: noi organizzatori, nell’affrontare ogni giorno problematiche diverse nella gestione, gli artisti, nell’avere così tanta libertà di azione e creazione, il pubblico, nello scoprirsi curioso e capace di confrontarsi con le nostre proposte. Attualmente i componenti sono: Marta Margnetti, Gianmaria Zanda, Gabriel Stöckli, Damiano Merzari, Giacomo Galletti, e i nuovi arrivati: Sandro Pianetti e Giada Olivotto. Il gruppo è quindi composto da artisti, musicisti e curatori tra i 24 e i 38 anni. Raccontaci la nascita e l’evoluzione di questo progetto che quest’anno compie i cinque anni di vita. Fino all’inizio del 2013, se non sbaglio, realtà come Morel, Abanda e Turba non esistevano ancora, poi, grazie a questi luoghi, e grazie alle offerte culturali di cui sono promotori, la città è cambia-

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a cura di Daniele Agostini


ta notevolmente. In maniera molto naturale, il primo gruppo fondatore (che comprendeva allora anche Sébastien Peter e Salvatore Vitale) si è trovato accomunato dalle stesse necessità, ovvero aprire un luogo di espressione che riflettesse quello che tutti noi già stavamo facendo in modo indipendente. Incoscientemente, senza una strategia definita e senza un soldo, abbiamo affittato il locale in Via Canonica 12. Durante i primi due anni abbiamo navigato a vista, ma, successivamente, le cose sono cambiate: oggi beneficiamo di sostegni annuali grazie ai quali ci è possibile pianificare la programmazione sul lungo termine. Nel tempo ci siamo perfezionati, lavoriamo con un grafico che cura l’immagine (il bravissimo Leonardo Angelucci). Insomma, ci abbiamo preso la mano! Credo che oggi a Lugano l’offerta culturale sia abbastanza soddisfacente, considerando le dimensioni della città. Per quanto riguarda la cultura alternativa, perlomeno, sento che c’è un movimento d’intenti comune. Per esempio, Morel sta facendo un lavoro importantissimo dal punto di vista di offerta, autogestione e impatto. È un’esperienza importante per tutti, da non dimenticare quando lo stabile verrà abbattuto. Come nascono le mostre che organizzate? Una volta all’anno, durante la pausa estiva, ci incontriamo per un paio di giorni e prepariamo la programmazione dell’anno successivo. Ognuno propone dei nomi, compiliamo una lista che diventa il punto di partenza. Devi sapere che non siamo tutti curatori, e lo scopo principale è quello di mostrare, produrre e promuovere il lavoro degli artisti. Non sempre abbiamo un concetto curatoriale forte. Inoltre agli artisti diamo spesso carta bianca, permettendo loro di fare esperienze anche potenzialmente fallimentari. Fa parte dell’allenamento di cui parlavo all’inizio. Non dovendo vendere per sopravvivere e non sottostando alla richiesta del mercato, possiamo permetterci di soddisfare le necessità degli artisti,

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dando loro la possibilità di rischiare, cosa che in istituzioni più grosse, spesso, non si può fare. Che tipo di legame si è instaurato con la Città di Lugano? Abbiamo un buon rapporto: oltre a riconoscere il nostro lavoro e sostenerci, essa ci patrocina attraverso un importante aiuto finanziario, senza il quale sarebbe difficile coprire i costi che un progetto di questo tipo richiede. Credo che la nostra forza derivi dal nostro lavoro professionale, investendo su una fascia importante dell’arte contemporanea che la città riconosce ma non contempla nei suoi musei. Lavoriamo, infatti, con artisti under 40, principalmente tra i 20 e i 30 anni, differentemente dalle istituzioni cittadine e cantonali, concentrate principalmente su un altro tipo di proposta, più mainstream o più adulta/affermata. Collaboriamo, inoltre, assieme al comune, anche per alcuni eventi, come il Fresh Festival di febbraio. Sperimentazione e multidisciplinarietà sono le caratteristiche che accompagnano i progetti da voi presentati, possiamo un po’ definirvi come la Kunsthalle cittadina? Non credo ci si possa definire così, e nemmeno che il nostro scopo sia mai stato divenire quel tipo di istituzione. Non che non ci abbia mai pensato - anzi sarebbe importante avere una Kunsthalle anche in Ticino - ma a differenza di un artist-run-space, bisognerebbe pianificare dall’inizio con un progetto a lungo termine e avere un sostegno certo e maggiore da Città, Cantone e Confederazione. Cambierebbero le responsabilità, il tipo di offerta e il modo in cui faremmo le cose, e forse anche la libertà con cui le facciamo. Come spegnerete le candeline quest’anno? Stiamo organizzando un mini festival a maggio di arti performative con performance e dj incredibili. Posso solo dirti questo per ora!

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Sonnenstube Via Luigi Canonica 12 6900 Lugano www.diesonnestube.ch


Andreas Gysin e Sidi Vanetti L’incontro

Potete raccontarci come nascono i vostri lavori? Ci sono diversi approcci. Alcuni progetti nascono da un’idea, altri da possibilità, un concorso per esempio. Perlopiù partiamo da un oggetto industriale. Lo studiamo, consideriamo le sue potenzialità e le sue caratteristiche visive (forme, colori, meccanica) e lo sconvolgiamo nella funzione e nel linguaggio, cercando i limiti della sua rappresentazione. Per un progetto abbiamo utilizzato gli stessi pannelli meccanici usati sui bus per mostrare le destinazioni; ma noi non riproduciamo delle scritte: li abbiamo riprogrammati per esprimere altre forme. In un altro caso abbiamo usato i cartelli stradali, il cui scopo è chiaro, per esempio segnalare un divieto. Abbiamo messo completamente da parte la loro funzione originale e ci siamo concentrati solo sulla forma e sui colori. Il fatto di essere grafici ci porta a essere attratti da forme e da oggetti che servono per comunicare, che hanno una loro bellezza essenziale e una loro onestà. La vostra arte decontestualizza gli oggetti comuni e l’effetto di straniamento viene amplificato dal fatto che i vostri interventi sono spesso legati a edifici pubblici o al contesto urbano. Cosa volete stimolare negli spettatori? È un po’ difficile da dire… Abbiamo sempre voluto fare delle cose non esclusive, accessibili a tutti, cercando di stimolare delle riflessioni. Credo che grazie al nostro lavoro di grafici, in cui non si può essere ambigui e l’attenzione al fruitore è fondamentale, il ruolo dello spettatore sia stato interiorizzato così tanto da non essere più al centro delle nostre ricerche. La domanda mi è sorta anche perché in alcuni lavori l’effetto sonoro è una parte attiva. Sto pensando in par-

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a cura di Valeria Frei


“Il fatto di essere grafici ci porta a essere attratti da forme e da oggetti che servono per comunicare, che hanno una loro bellezza essenziale e una loro onestà.” ticolare all’opera del MuDA di Zurigo, in cui avete recuperato il teleindicatore a palette degli orari dei treni della stazione di Zurigo e l’avete posto a livello del suolo, per cui lo spettatore sente il rumore del roteare dei singoli elementi e, come avete spiegato in un’altra intervista, percepisce lo spostamento dell’aria prodotto da questo movimento… Sì, in quel caso abbiamo tolto il pannello dalla situazione per cui era stato pensato facendo in modo che lo spettatore sia indotto a rileggere l’oggetto sotto un’altra forma. Ora se lo trova davanti e lo può anche toccare, volendo. La prima caratteristica di quel lavoro è la decontestualizzazione dell’oggetto: sarebbe bastato questo passo, ma siamo voluti intervenire anche sulla sua funzione, eliminando il carattere informativo e andando a creare dei pattern in movimento. Abbiamo voluto mettere al centro della nostra opera ciò che nel tabellone, nella sua funzione originale, risulta essere un effetto collaterale legato al suo funzionamento meccanico: il movimento di rotazione orizzontale delle singole palette (per cambiare l’orario o la destinazione) e il rumore che quest’ultimo produce. Lavorate spesso sul ripetersi di moduli, creando quasi un effetto ipnotico. Anche questo aspetto coinvolge il tema della percezione. La ripetizione è anche un modo per creare un’immagine astratta. Nella musica è il ritmo. Quando l’oggetto è meccanico questo ritmo diventa anche acustico. Ma è anche un modo per eliminare il senso: se prendi una forma e la ripeti all’infinito dopo un po’ perde il suo significato.

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Dietro alle vostre opere c’è molto spesso anche un importante lavoro di programmazione e/o un intervento meccanico. Non sono mai cose particolarmente complesse e nelle nostre opere la tecnica non è messa in evidenza. È solo un mezzo per ottenere il risultato. Il bello è che in ogni progetto c’è qualcosa di nuovo da imparare e ci sono nuovi problemi da risolvere. I nostri progetti sono molto diversi tra loro; forse dovremmo fare delle serie per approfondire e migliorarci in un particolare ambito… Però è intrigante cercare sempre delle nuove strade. I vostri lavori combinano immagini, movimento, suono e, appunto, persino un coinvolgimento percettivo fisico. Vi siete posti il problema di come documentare le vostre opere? Sì, è una questione che ci siamo posti e ultimamente stiamo cercando di impegnarci. Usiamo spesso il video, che cattura il suono e l’immagine in movimento. Ma alcuni lavori vanno visti live perché si legano molto allo spazio che li ospita e per cui sono stati concepiti e alcuni effetti legati al funzionamento meccanico sono sottili e si percepiscono solo attraverso un’esperienza diretta. C’è poi anche il grosso tema della conservazione. Questi lavori sono spesso molto fragili. Il nucleo è un programma, che può essere conservato, ma il problema è reperire a lungo termine le macchine che possano leggerlo. È una grande questione, ma forse non è nemmeno così necessario che vengano conservati in eterno… possono vivere la loro vita finché è possibile, e poi possono sparire.

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www.gysin-vanetti.com


Da non perdere

Adriana Beretta, 4 punti di vista - NORD EST SUD OVEST, inkjet print Fine Art su carta cotone, 59 x 70 cm, (dettaglio) serie di tre elementi

Adriana Beretta Stanze e distanze Alla Fondazione d’Arte Erich Lindeberg, Adriana Beretta espone un nucleo di opere realizzate negli ultimi anni, caratterizzato da un equilibrio fra poesia e concettualità infuso di richiami al minimalismo, allestito in maniera armonica negli spazi, o stanze, del piccolo museo. Privilegiando vari medium, dall’installazione al disegno, dalla fotografia alla scultura, i lavori dell’artista spingono il fruitore verso nuove chiavi di lettura della realtà - epifanie cangianti e sfuggevoli -, spunti per una riflessione sul tema della percezione e visione di ciò che ci circonda.

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26.11.2017 – 15.04.2018 Fondazione d’Arte Erich Lindenberg Museo Villa Pia Via Cantonale 24 6948 Porza +41 91 940 18 64 www.fondazionelindenberg.org


Balthasar Burkhard, Mexico City, 1999 © Estate Balthasar Burkhard

Balthasar Burkhard Retrospettiva Burkhard (Berna 1944, ivi 2010) è senza ombra di dubbio fra i più interessanti fotografi svizzeri del XX secolo, figura chiave per l’emancipazione del medium fotografico come riconosciuto mezzo artistico. Iniziando da una fotografia di reportage e illustrativa, documentò la scena artistica bernese degli anni 60-70 gravitante attorno a Harald Szeemann, sviluppando successivamente la propria ricerca confluita nei monumentali tableaux e nell’interpretazione del corpo umano come un oggetto scultoreo. La mostra, approderà al MASI di Lugano il 10 giugno 2018.

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10.02 – 21.05.2018 Fotostiftung Schweiz Grüzenstrasse 45 8400 Winterthur +41 52 234 10 30 www.fotostiftung.ch



San Carlo a Negrentino nella Valle di Blenio Testo: Daniele Agostini Fotografie: Muriel Hediger

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a chiesa di San Carlo di Prugiasco-Negrentino, piccola frazione di Acquarossa, o Sant’Ambrogio vecchio, sorge lungo l’antica mulattiera che conduce al passo di Nara, anticamente anello di congiunzione fra Nord e Sud. La prima notizia della sua esistenza, compare in una fonte datata 1224, seppure la sua fondazione risalirebbe a qualche lustro precedente. La semplice architettura esterna, è dominata dal campanile movimentato da bifore eretto nel XII secolo, ornato dagli stemmi di Uri, Blenio e Leventina, valle che fu Baliaggio di Uri fino al 1798. Un bassorilievo romanico raffigurante un pavone, simbolo di resurrezione e vita eterna, cinge la finestrella dell’abside. L’interno, a cui si accede da una porta sormontata da una lunetta con una Pietà e nella parte superiore l’Arcangelo Michele, è un tripudio di simboli, colori e figure, di commovente bellezza. Osservando gli affreschi, si possono individuare tre campagne decorative: la prima, romanica, risalente alla metà del

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XI secolo, con influssi bizantino-carolingi, rappresenta il Cristo in gloria che regge la corona del martirio, affiancato dagli Apostoli, sormontati da una greca interrotta da due agnelli; la seconda, tardogotica, è attribuita ai Seregnesi - una bottega di pittori molto attiva in Lombardia, Canton Ticino e Grigioni a partire dalla metà del Quattrocento - e contempla, nell’abside, Cristo in mandorla, attorniato dai simboli dei quattro evangelisti, sotto il catino absidale alcuni santi e sulla parete sinistra Sant’Ambrogio, una Madonna col Bambino a cui segue un riquadro dove è nuovamente raffigurata la Madonna in trono col Bambino mentre benedicono il donatore, affiancato dai Santi Antonio Eremita e Bernardino da Siena e una Crocifissione; la terza, si dipana nella navata e nell’abside più recenti. Fra il Quattro e Cinquecento, infatti, la chiesa viene ampliata: alla navata unica, ne è aggiunta un’altra, trasformando così il piccolo luogo di culto in una chiesa gemella. La decorazione, attribuita ad Antonio da Tradate, è ispirata principalmente alla vita della Vergine,



Antonio da Tradate, Sant’Ambrogio (centro), San Protasio (sinistra) e San Gervasio (destra) L’abside della chiesa originaria affrescato dai Seregnesi

con episodi, per lo più desunti dai Vangeli apocrifi, che si espandono dall’abside fino alla parete, culminando nella scena dell’Assunzione della Vergine, circondata da angeli musicanti. In controfacciata, invece, è nuovamente raffigurato il santo a cui è dedicata la chiesa originariamente, Sant’Ambrogio, sul dorso di un destriero bianco che si scaglia contro gli ariani frustandoli con vigore. La scena è circondata ai lati dalle figure ieratiche dei santi Gervasio e Protasio,

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abbigliati alla moda rinascimentale. San Carlo è un contenitore che rappresenta un unicum nel Canton Ticino, scrigno di pregevoli affreschi, veicolatori di messaggi cristiani attraverso un linguaggio semplice, senza alcun orpello, di immediata lettura e facile identificazione da parte dei fedeli e viandanti, che qui spesso sostavano anche per riprendere le forze durante il loro lungo e impervio viaggio.


Bottega dei Seregnesi, dettaglio con santi affrescati nell’abside

L’abside gemello aggiunto fra Quattro e Cinquecento con affreschi di Antonio da Tradate dedicati alla Vergine

Chiesa di San Carlo Negrentino-Prugiasco 6723 Acquarossa recuperare la chiave presso il ristorante Rubino di Acquarossa

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L’agenda

Burri | Fontana | Afro | Capogrossi Nuovi orizzonti nell’arte del secondo dopoguerra

Autori della galleria fino al 02.03.2018

24.03.2018 – 05.08.2018

CRISE Fotografie di Jean-Marc Yersin 11.03.2018 - 28.04.2018

Museo Civico Villa dei Cedri Piazza San Biagio 9 6500 Bellinzona

CONS ARC / GALLERIA Via Gruetli 1 6830 Chiasso

+ 41 91 821 85 20

+41 91 683 79 49 www.consarc.ch

www.villacedri.ch

AMERICAN DREAM mostra corrente visitabile su appuntamento Fondazione Rolla Rolla.info la Stráda Végia (ex via Municipio) 6837 Bruzella

Francesco Vella visioni dell’arte: la ricerca del segno in pittura 10.03.2018 – 29.04.2018 Spazio Officina Via Dante Alighieri 4 6830 Chiasso +41 91 695 08 88 www.centroculturalechiasso.ch

Ercolano e Pompei: visioni di una scoperta

MARIO BOTTA SPAZIO SACRO

25.02.2018 – 06.05.2018

25.03.2018 – 12.08.2018

m.a.x.museo Via Dante Alighieri 6 6830 Chiasso

Pinacoteca comunale Casa Rusca Piazza S. Antonio 6600 Locarno

+41 91 695 08 88 www.centroculturalechiasso.ch

+41 77 474 05 49 www.rolla.info

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+41 91 756 31 85 www.museocasarusca.ch


Per gli orari di apertura si prega di contattare i musei e le gallerie o di consultare il loro sito.

FONDI ORO E SCULTURE 05.02.2018 – 30.03.2018 Galleria Canesso Lugano Piazza Riforma 2 6900 Lugano +41 91 682 89 80 www.galleriacanesso.ch

MARIO RADICE 13.12.2018 – 14.03.2018

GIANNI MELOTTI LAVORI IN CORSO

NANDA VIGO 22.03.2018 – 28.04.2018

24.02.2018 – 28.04.2018

Galleria Allegra Ravizza Via Nassa 3A 6900 Lugano +41 91 224 31 87 www.allegraravizza.com

ALEX DORICI PORTUGAL AL CUBO #729 01.12.2017 – fino a fine aprile Buchmann Lugano Via Della Posta 2 6900 Lugano +41 91 980 08 30 www.buchmanngalerie.com

BLIND DATE #1 ALESSANDRO POLO + LÉONIE VANAY 31.01.2018 – 24.02.2018 BLIND DATE #2 MATHIEU DAFFLON + CLEO FARISELLI 24.03.2018 – 22.04.2018 Sonnenstube Via Luigi Canonica 12 6900 Lugano +41 75 407 38 04 www.diesonnenstube.ch

Studio Dabbeni Corso Pestalozzi 1 6900 Lugano +41 91 923 29 80 www.studiodabbeni.ch

IL CERCHIO INVISIBILE 01.12.2017 – 03.03.2018 DANIELE FABIANI MARTA MARGNETTI 09.03.2018 – 28.04.2018 Galleria Daniele Agostini Via Cattedrale 11 6900 Lugano +41 76 452 81 87 www.danieleagostini.ch


WOLFGANG LAIB 03.09.2017 - 18.03.2018 MASI Lugano (LAC) Piazza Bernardino Luini 6 6900 Lugano +41 58 866 42 00 www.masilugano.ch

COLLEZIONE BOLZANI 24.03.2018 - 15.07.2018

ADRIANA BERETTA STANZE E DISTANZE

FRANCA GHITTI 14.04.2018 - 15.07.2018

26.11.2017 - 15.04.2018

Museo d’arte Mendrisio Piazzetta dei Serviti 1 6850 Mendrisio +41 58 688 33 50 www.museo.mendrisio.ch

PICASSO UNO SGUARDO DIFFERENTE

CSIA 02 textile design textile sensations

18.03.2018 - 17.06.2018

24.03.2018 - 21.04.2018

MASI Lugano (LAC) Piazza Bernardino Luini 6 6900 Lugano

OnArte Via San Gottardo 139 6648 Minusio

+41 58 866 42 00 www.masilugano.ch

+41 91 735 89 39 www.onarte.ch

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Fondazione d’Arte Erich Lindenberg Museo Villa Pia Via Cantonale 24 6948 Porza +41 91 940 18 64 www.fondazionelindenberg.org


Mirabilia Fiere ARCO Madrid 21-25.02.2018

The Armory Show New York

MiArt Milano 13-15.04.2018

08-11.03.2018

Art Brussels 21-23.04.2018

Mostre César

Georg Baselitz

PICASSO CERAMICS

13.12.2017 - 26.03.2018

21.01.2018 - 29.04.2018

01.02.2018 - 27.05.2018

Centre Pompidou, Parigi

Fondation Beyeler, Basilea

Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk

FRIDA KAHLO OLTRE IL MITO

ALBRECHT DÜRER e il Rinascimento fra la Germania e l’Italia

POST ZANG TUMB TUUUM ART LIFE POLITICS: ITALIA 1918-1943

21.02.2018 - 24.06.2018

18.02.2018 - 25.06.2018

Palazzo Reale, Milano

Fondazione Prada, Milano

01.02.2018 - 03.06.2018 MUDEC, Milano

Joan Jonas 14.03.2018 - 15.08.2018 Tate Modern, Londra

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Im pres sum Rivista trimestrale cartacea fondata a Lugano nel 2014, d’Arte è diffusa gratuitamente in una selezione di gallerie d’arte e di musei ticinesi e all’Istituto Svizzero di Milano. è uno strumento di turismo culturale legato alle arti visive. issuu.com/darterivista facebook.com/darterivista

Direttore & Editore Daniele Agostini daniele@darte.ch

Pubblicità & Advertorial Stefano Menichini hello@darte.ch

Direzione Artistica & Grafica Muriel Hediger

In copertina Sol LeWitt Inverted Spiraling Tower, 1988 Legno dipinto di bianco 375,3 x 73,7 x 73,7 cm Collezione privata Courtesy Pace Gallery Installation view Sol LeWitt, Between the Lines, 2017, Fondazione Carriero Photo: Agostino OsioCourtesy Fondazione Carriero

Progetto grafico Ennes Bentaïba Contributi Daniele Agostini Valeria Frei Stefano Menichini

Scriveteci! Per contattarci o semplicemente dirci Ciao! hello@darte.ch

© 2014-2018 d’Arte, Tutti i diritti riservati.



NANDA VIGO ___

Opening 21 marzo 2018, ore 18.00 Galleria Allegra Ravizza | Via Nassa 3/A | 6900 Lugano www.allegraravizza.com


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