FASHION ISSUE #2 Outermania
Il bomber come identità Renato Stasi
Fango, tortora, celeste, bianco calce, erano i colori degli anni 90’, i materiali erano grezzi e i tessuti si giuntavano a taglio vivo, con punti di cucito che rifinivano un prodotto incompleto. Questo periodo è stato uno degli ultimi momenti in cui la moda, e gli stilisti che l’hanno calcata, ha avuto un solido significato identitario, periodo in cui si raccontava ancora la ribellione delle sub culture giovanili, forse l’ultima ribellione non vestita dal marketing. La moda aveva ancora un significato. Forse, in questo periodo si è assistito ad una sorta di nouvelle vague del prodotto moda, legata ad un’iconicità di contrasto. Nel cinema francese degli anni 50’ gli attori diventavano “di strada”, con tutti i loro difetti, a contrasto delle patinate narrazioni di vite perfette. Contestualizzando il periodo degli anni 90’, in un segmento fatto di top model, nate negli anni 80’, come star, con vite a bordo piscina, adulatrici della bellezza e della ricchezza, nel mood di questo periodo affiora la narrazione caleidoscopica di una realtà non ancora “vera”. Negli anni 80’ il lusso imperversava come modello di vita, la moda creava nuove professioni, l’alta finanza dava nuove opportunità di lavoro, la rappresentazione sociale di quel periodo era data dal griffa-
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