Italia Ornitologica - Numero 2 - 2020

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVI numero 2 2020

Canarini di Colore

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Didattica & Cultura

Considerazioni Standard Isabella jaspe

Scotch Fancy Day

Diamante Mandarino Bruno Ino e Grigio Ino

Osservazioni sul piumaggio degli uccelli



ANNO XLVI NUMERO 2 2020

sommario In bella mostra Maria Carla Bianchi

Considerazioni sullo Standard dell’Isabella jaspe Giovanni Canali

I nettarinidi sudafricani (Vigor, 1825): studio e curiosità

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Il Nasturzio

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Argomenti a tema

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Guglielmo Petrantoni

Pierluigi Mengacci

Pagina aperta Gli uccelli fantastici nella tradizione Bruno Novelli

“Siete una famiglia pazzesca” Ignazio Sciacca

Orni-flash News al volo dal web e non solo

L’ornitologia per la tutela della biodiversità in Sardegna Pier Franco Spada

Dove si dovrebbero collocare gli allevatori?

Canarini di Colore

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

Diamante Mandarino mutazione Bruno Ino e Grigio Ino C.T.N. E.F.I.

La razionalità nella vita scolastica Francesco Di Giorgio

Spazio Club Club del Fiorino

L’importanza delle Mostre divulgative Isidoro Bruzzese

Osservazioni tecniche e scientifiche sul piumaggio degli uccelli (1ª parte)

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Gli Alarossa o Astri montani

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Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 22-23 novembre 2019

Canarini da Canto

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Didattica & Cultura

Luigi Gazzola

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Enrico Grammatico

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Pensieri in libertà In ricordo di Giovanni Chillè Massimo Natale

Scotch Fancy Day

Giorgio de Baseggio

Giovanni Canali

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Editoriale

In bella mostra di MARIA CARLA B IANCHI

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e mostre sono il momento principale per la vita dell’allevatore, vale a dire la constatazione della qualità del lavoro fatto e dei risultati ottenuti. Le chiacchiere sono chiacchiere, ma i soggetti esposti sono sotto gli occhi di tutti. Ma ogni mostra ha, o dovrebbe avere, almeno tre funzioni. 1) Rappresentare la F.O.I. e farne conoscere la ragion d’essere, i fini, le risorse e le attività. 2) Migliorare la qualità e la funzionalità degli allevamenti attraverso lo scambio di esperienze e i confronti tra gli espositori. Per i visitatori e gli allevatori provenienti da fuori saranno inevitabili i paragoni, perché no, con altre mostre. Tutto è utile per stimolare la sana competizione, scoprire soluzioni nuove e diffondere le informazioni qualificate dei più esperti. 3) Stabilire il contatto con il pubblico dei non (ancora) allevatori per promuoverne l’interesse, diffondere la cultura del corretto trattamento e allevamento degli uccelli e degli animali, soprattutto domestici, ma non solo; attivare collegamenti con le autorità e le organizzazioni locali e nazionali, con i mezzi di comunicazione; stabilire e rafforzare la cooperazione con le associazioni affini,

stimolare le sinergie nel reciproco interesse della pubblicità e della frequentazione di visitatori, organizzare eventi congiunti (mostre, proiezioni, conferenze ecc.); avviare e rafforzare contatti con il mondo scolastico, con scambio di visite nelle aule, concorsi e conferenze e tour guidati all’esposizione. Ogni mostra è quindi anzitutto, come dicevo, l’ambasciatore della FOI e il biglietto da visita delle Associazioni federate, del loro ruolo sociale e culturale, della loro abilità organizzativa e della loro capacità di comunicare. Perciò, va organizzata con anticipo nei minimi particolari, con ordine, pulizia e giusto decoro (anche, ma non solo, nelle giornate di apertura al pubblico). Fin dall’ingresso, dovrebbero essere visibili e/o messi a disposizione dei visitatori cartelli, manifesti e pubblicazioni che illustrino la nostra Onlus, forniti preferibilmente, per ragioni di uniformità, dalla stessa FOI. La cerimonia di inaugurazione dovrebbe essere pubblicizzata senza ingiustificati pudori o false modestie sui mezzi d’informazione (stampa, radio, TV e, compatibilmente con le risorse disponibili, suggestivi manifesti da esporre in posizioni “strategiche” ben visibili in città e nelle principali strade di accesso). Lo scopo è sempre

Campionato Mondiale Cesena 2018, foto: E. del Pozzo

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Editoriale

Campionato Mondiale Piacenza 2009

di conferire adeguata risonanza all’evento. Si devono sempre invitare le autorità e le istituzioni locali, come anche le USL, i Carabinieri Forestali, le Associazioni protezionistiche ecc. Un rappresentante della Federazione, o almeno dell’Associazione organizzatrice, dovrebbe cogliere l’occasione del taglio del nastro per illustrare brevemente – a chi non ci conosce o non ci conosce abbastanza – l’attività della FOI: storia e struttura della Federazione, gli aspetti più rilevanti come impegno nel protezionismo e difesa dall’estinzione, diffusione di regole per il corretto trattamento dei soggetti, definizione degli standard e loro funzione, guida all’allevamento e alla selezione, rapporti internazionali, dati sulle Associazioni aderenti. Meglio aiutarsi con materiale significativo, come foto della Sede e del museo, magari tutto riassunto in un breve video da mettere in rete e proiettare all’interno durante l’intero orario di apertura al pubblico. Nei confronti degli espositori e degli allevatori, lo scopo principale è naturalmente quello di aiutarli e stimolarli a migliorare la qualità, riconoscere e affrontare le proprie carenze, individuare e collaudare i punti di forza, arricchirsi paragonandosi agli altri, raccogliere idee e suggerimenti, facendo tesoro soprattutto delle analisi dei giudici e, non ultimo, procurarsi o scambiare qualche esemplare. Quanto alle classifiche e ai giudizi ottenuti, naturalmente c’è chi continua a raccontare “la favola del mago”, come ad esempio: “a casa ne ho di migliori”, ma ormai non ci crede più nessuno. Le schede di giudizio restano un valido riferimento, anche quando suscitano discussione. L’importanza delle esposizioni, però, non è data solo dall’aspetto, pure fondamentale, di sottoporre a giudizio e confronto i propri migliori soggetti, per valutare i progressi, scoprire novità, imparare soluzioni diverse visitando le

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mostre altrui, ascoltando gli esperti e molto altro. Le mostre servono anche, mi vien quasi da dire “soprattutto”, a esercitare nei fatti la solidarietà con i colleghi allevatori, a creare nuove amicizie e consolidare quelle vecchie, a collaborare con le mani e col cervello con la Direzione Mostra e così rafforzare il senso di appartenenza all’Associazione. Un contributo importantissimo dei soci è anzitutto l’assistenza all’allestimento e installazione degli arredi e della segnaletica di tutti i tipi. Poi alle operazioni di ingabbio e sgabbio, giudizio dei soggetti, manutenzione e somministrazione di acqua e cibo, ricovero dei soggetti indisposti, verifica delle misure di sicurezza antipanico e antincendio, premiazione, sorveglianza continuata non solo nei giorni di apertura ai visitatori. Quest’ultima attività richiede molto personale, specie nelle ore di visita, e non sempre sono disponibili abbastanza volontari tra gli iscritti. Benché la soluzione ideale sia quella di impiegare personale competente, che possa fare anche un po’ da guida, a volte bisogna ricorrere all’aiuto di altre Associazioni, anche non ornitofile, del contesto cittadino. La mostra è però anche una vetrina esposta al pubblico, che non è tutto o soltanto fatto di allevatori. Per quanto concerne il nostro ambiente, rimango particolarmente preoccupata dell’opinione pubblica/generica che vede nelle mostre la nostra immagine. In una società dove l’immagine conta moltissimo, forse perfino troppo, è essenziale – volenti o nolenti – dedicarle la dovuta attenzione. Oggi fortunatamente si è diffusa una notevole attenzione ai temi ambientali: la tutela della natura, la biodiversità, l’attenzione agli animali come esseri senzienti ed altro ancora. Ma ci sono aspetti perfino eccessivi, come certe forme estreme di umanizzazione degli animali. Inoltre, ci sono anche ecologisti improvvisati che farebbero meglio ad informarsi bene prima di esprimersi. Dobbiamo controbattere queste distorsioni, divulgando e sottolineando la nostra concezione del protezionismo e il nostro contributo in questo campo, per esempio nella salvaguardia delle specie a rischio di estinzione e nella conoscenza scientifica della biologia, delle esigenze e dei comportamenti delle specie che alleviamo. Ho notato, ad esempio, che non tutti hanno capito quanti danni possa fare una specie inserita in un ambiente che non è quello d’origine e pochi sanno che una nicchia ecologica può essere occupata da una sola specie. Quando sopraggiunge una specie che viene da lontano ed ha necessità e capacità adattative nasce la competizione, finché una sola specie sopravviverà. E spesso è quella straniera, avvantaggiata talora dal fatto che i predatori del


Editoriale posto non sono specializzati nel catturarla, che può quindi espandersi senza freni. Penso ai danni provocati da passeri e storni europei in America, ai parrocchetti dal collare in Inghilterra, alle nutrie sudamericane che sforacchiano indisturbate le rive dei nostri corsi d’acqua e ai pesci stranieri, come il siluro, che stanno sterminando le specie indigene dei nostri fiumi. Nelle nostre mostre dobbiamo certo occuparci di mettere in bella mostra i nostri campioni, ma anche di far capire al pubblico generico che cosa e come stiamo allevando, almeno nelle linee essenziali. Un compito da affidare ai molti soci di buona cultura e di buone capacità espressive, che facciano da ciceroni, specialmente quando vi sono comitive ed in particolare i ragazzi. Le scolaresche è bene siano invitate con regolarità e, sempre nei limiti del possibile, preparandole in anticipo a quel che potranno vedere, magari in collaborazione con gli insegnanti, specie quelli di scienze. In qualche caso hanno riscosso successo concorsi per ricerche o piccoli saggi a tema, magari da premiare con diploma, gadget o perfino una coppia di uccellini per chi ha scritto il miglior tema su loro e su come trattarli. Si potrebbe organizzare anche una sorta di guida, un pieghevole che illustri per sommi capi la disposizione e i contenuti della mostra, da dare a chi ne faccia richiesta, per aiutare il pubblico a orientarsi nella foresta delle decine o centinaia di canarini, che il profano fatica a distinguere, o delle specie di indigeni ed esotici che non tutti conoscono. Utilissime e certamente gradite foto e illustrazioni con i nomi delle specie, razze e varietà dei soggetti esposti, da esporre settore per settore. La F. O. I. ha prodotto dei buoni cartelli esplicativi, che possono essere richiesti, ma anche altri si sono cimentati con risultati interessanti, come ho constatato in alcune mostre. Tra parentesi, si tratta di materiali che possono essere reimpiegati e arricchiti ogni anno e che potrebbero essere passati in collaborazione con altre associazioni consorelle. Ci sono poi strutture (voliere, display, simulacri ecc.) che possono rappresentare i vari habitat con inseriti esemplari vivi, magari non campioni ma indicativi delle specie presenti nei vari ambienti. Si possono esporre anche vari reperti di interesse ornitologico, come nidi, uova, penne, foto, riproduzioni tipo statue, dipinti e chi più ne ha più ne metta. Mi rendo perfettamente conto che nell’organizzazione di una mostra ci sono un’infinità di problemi. Del resto, ho collaborato parecchie volte alla preparazione di mostre; porsi impegni ulteriori può essere difficile e per taluno perfino fastidioso.

Tuttavia, ove ci fossero persone adatte per preparazione ed impegno, un allargamento di ottica sarebbe di sicuro interesse ed utilità. Si possono stabilire anche collaborazioni con associazioni diverse ma con interessi affini che potrebbero arricchire la mostra ornitologica con temi naturalistici. Vi potrebbero essere ad esempio interventi con stand, banchi e materiale illustrativo di enti, associazioni e aziende che si occupano di mangimi e accessori per animali, minerali, conchiglie, animali diversi dagli uccelli, fotografie, fiori, cespugli da bacche, piante grasse o bonsai, che qualche negozio o ditta di giardinaggio potrebbe essere ben felice di esporre, libri su argomenti attinenti ecc. Naturalmente, facendo sempre la dovuta attenzione, come per la gestione degli scambi e degli acquisti, alle norme che regolano il commercio e la pubblicità. Insomma, bisogna esercitare la fantasia per stuzzicare la curiosità e moltiplicare i contatti con l’esterno. È bene comprendere che l’isolamento non è opportuno né produttivo. Ho già segnalato che abbiamo avversari che ci vorrebbero far chiudere, perché hanno di noi un’idea errata e superficiale. Pertanto, dobbiamo far meglio conoscere la nostra passione e le nostre attività per superare pregiudizi infondati ed ottenere ascolto anche ad alti livelli culturali, sociali e politici. Presentarci semplicemente come siamo, un’Associazione sostanzialmente ambientalista, collaborativa con gli organi e le autorità del settore ed impegnata a diversi livelli culturali, scientifici, divulgativi e soprattutto di salvaguardia per evitare le estinzioni. Questo può solo giovare alla nostra immagine e suscitare maggiore interesse, adesioni e considerazione. Inoltre, anche il franco confronto e lo scambio di opinioni possono aiutarci a crescere e migliorare.

Campionato Mondiale Bari 2014

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CANARINI DI COLORE

Considerazioni sullo Standard dell’Isabella jaspe di GIOVANNI CANALI, foto FERNANDO ZAMORA (fotosdecanarios.com)

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o letto lo standard preparato per l’Isabella jaspe. Non faccio una esegesi completa, ma vorrei disquisire sull’aspetto che ritengo più delicato ed importante; vale a dire la tonalità del disegno. È stato detto nell’ottimo: “disegno eumelanico di colore beige, tonalità fredda, ecc..”. Ebbene, non trovo felice tale espressione. Anche nella descrizione generale si insiste sul “freddo”. Il termine beige ritengo sia meglio non utilizzarlo in generale, poiché si

Isabella Jaspe intenso giallo

Il termine beige ritengo sia meglio non utilizzarlo in generale

presenta in diverse tonalità e l’esatto significato non corrisponde a quello che si intende nel linguaggio comune. Di conseguenza favorisce equivoci. Il termine beige si è usato in origine per indicare una lana al colore naturale, vale a dire di un marroncino chiaro con una sfumatura grigia. Nell’accezione comune invece si intende un marroncino più o meno chiaro senza componente grigia. Quanto al colore caldo o freddo, di regola i beige, come del resto i mar-

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Isabella Jaspe Bianco SF, con presenza di molto bruno e disegno argenteo

roni, sono considerati colori neutri al pari del bianco, nero ed altri. Sono considerati caldi in particolare: rosso, arancio e giallo; freddi ad esempio: blu, azzurro, verde. Vi è poi tutta una gamma di colori diversi e con diversi toni, che gravitano verso il caldo o il freddo. Fra l’altro non tutti hanno la stessa esatta valutazione, del resto l’ottica non è una scienza esatta. Segnalo che nella cosmesi, di solito i beige ed i marroni sono più spesso considerati verso il caldo. Non vado molto oltre, mi piace però segnalare che il violetto non è sinonimo di viola, poiché i due colori hanno lunghezze d’onda diverse, come pure diverse frequenze. Il violetto è freddo, il viola anche, ma in misura variabile; può avere toni diversi a seconda delle componenti per-

centualmente diverse di blu e rosso. Si considera anche che la vicinanza di altri colori può virare verso il freddo o il caldo. Alcuni ritengono che il marrone o il beige, di regola considerati neutri, siano più sul freddo vicino a colori caldi e più sul caldo vicino a colori freddi. Attenzione però a questo aspetto, l’azzurrino si perde e degrada sul grigio, nelle striature dell’Agata opale intenso rosso; evidentemente ci sono casi particolari. Inoltre l’opale nei fondi bianchi non è mai azzurrino ma grigio, talora grigio tendente all’argenteo. Insomma sono belle sabbie mobili! Per evitare di essere fraintesi ed esprimersi il più possibile in modo preciso, bisogna avere degli accorgimenti. Secondo me

Nuovo Consiglio Direttivo per l’Ass. di Capitanata “Federico II”

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uovo consiglio direttivo per l’Associazione Ornicoltori di Capitanata “Federico II”. Piero Russo è il nuovo presidente. Il giornalista garganico succede a Stefano Minese. Completano il direttivo il vicepresidente Piercarlo Rossi, il segretario Michele De Filippo, il tesoriere Giuseppe Pascucci e i consiglieri Agostino Folliero, Luigi Lupi e Federico Sardella. L’associazione, fondata esattamente 20 anni fa, aderisce alla Federazione Ornicoltori Italiani e raggruppa 130 allevatori amatoriali di uccelli domestici provenienti da tutta la Capitanata, ma anche dal resto dello Stivale. L’obiettivo è quello di allevare per proteggere le migliaia di specie presenti sulla Terra, molte di esse a serio rischio estinzione. Gli associati svolgono anche attività didattiche e di sensibilizzazione sociale nelle scuole e in diversi istituti, ma anche esposizioni, viaggi ed escursioni a carattere ornitologico, convegni ed attività ricreative. Tra i soci anche molti campioni italiani, internazionali e mondiali di ornitologia, oltre a diversi giudici qualificati, italiani ed internazionali. Per info e contatti, Piero Russo (320.0878257 - ornifoggia@gmail.com)

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un accorgimento è quello di non usare termini equivocabili. Io preferirei non usare il termine beige poiché equivocabile, come dicevo. Preferirei dire: “marroncino chiaro con sfumatura grigia”. Certo è la stessa cosa, ma si evita un possibile equivoco. O almeno, volendo usare il termine beige per brevità, si sarebbe dovuto spiegare la caratteristica di questo colore nel discorso introduttivo. Quello che, secondo me, proprio non va bene è parlare di tendenza al freddo, come si è fatto nello standard. Chi legge non so cosa possa capire, forse cose diverse l’uno dall’altro lettore. Io avrei detto chiaramente: “che può virare verso l’azzurrino o in taluni casi all’argenteo chiaro”. Mi stupisce che la CTN non abbia parlato chiaramente di azzurrino, poiché ne avevamo parlato in sede di campionato italiano a Parma. Mica in modo teorico, ma di fronte ad alme-

no un soggetto con tale caratteristica. L’anno dopo si sono visti a Correggio due soggetti Isabella jaspe, uno senza effetto azzurrino e l’altro con tale effetto. Il giudice, che era Diego Crovace, secondo me, ha molto giustamente premiato quello con l’effetto azzurrino, indubbiamente piacevolissimo. Volendo, su questo aspetto si potrebbe anche discutere, visto che su questo tipo siamo in una fase iniziale, tuttavia mi sembrerebbe molto difficile preferire il disegno privo del tono azzurrino. Si badi però, che ritengo sia necessario fare confronti in base alla varietà ed alla categoria, che potrebbero interferire moltissimo. Ricordiamoci ad esempio che l’opale presenta interferenze molto rilevanti sull’azzurro, in rapporto alla varietà ed alla categoria. In altri termini l’azzurrino, anche nel-

l’Isabella jaspe, potrebbe esserci o non esserci in base alle caratteristiche suddette o esprimersi in modo diverso. È tutto da vedere. Lavorare troppo di fantasia non va bene ma, chiedendo venia, vorrei proporre un vago pensiero. Visto che l’azzurro è un colore strutturale su base di eumelanina, mi sembra logico ipotizzare l’azzurro come pregio nell’Isabella jaspe; questo perché, in analogia con altri tipi, l’azzurro dovrebbe richiedere presenza adeguata di eumelanina e con granuli ridotti. Cioè disegno nitido, ma ridotto. Nel caso mi sbagliassi, ho già chiesto venia, è solo un pensiero buttato li. Certo dovremo approfondire a tutto campo, ma con il “freddo azzurro” l’aspetto è piacevolissimo e, se poi fosse atipico (non credo proprio), sarebbe deliziosamente atipico e da rifiutare con il massimo rammarico.

Considerazioni del Presidente della C.T.N. Canarini di Colore

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n varie occasioni ho ammesso una certa difficoltà soggettiva, perfino un disagio, nel trovare la giusta definizione della tonalità delle melanine, ma anche a livello oggettivo credo che le definizioni abbiano sempre un margine considerevole di approssimazione (ecco la ragione del “disagio”). Grigio, grigio scuro, grigio chiaro, ad esempio non dicono assolutamente nulla perché è infinita la scala delle tonalità di grigio; beige, nocciola, sabbia, cioccolato, ambra, rossiccio... sono altre definizioni alle quali spesso si fa ricorso ma che, consentitemi, hanno in comune il dato di essere inesaustive, se non proprio fuorvianti in alcuni casi. Apprezzo molto l’intervento di Canali, senza dubbio preciso e impeccabile nella sua esposizione in materia di colorimetria che ha contribuito ad arricchire le mie conoscenze, ahimè limitate sull’argomento, ma pur sempre interessanti. Vorrei parlare, però, di canarini. Non ho alcuna remora ad ammettere

che nella redazione dello standard dell’Isabella Jaspe Singolo Fattore la maggiore difficoltà sia stata riscontrata nel trovare la giusta definizione della tonalità del disegno melaninico (situazione comprensibile, d’altronde, quando si è chiamati a formulare uno standard completamente nuovo). Badate, allevo i Jaspe dal 2009, molto tempo prima del suo riconoscimento, prima internazionale e poi italiano, soprattutto nei tipi Agata, Nero e Isabella. Sono anche consapevole dei limiti e dei pericoli di una definizione univoca conoscendo le differenze fenotipiche che emergono a seconda della varietà e della categoria dal momento che allevo mosaico, intensi, brinati e bianchi, sia nel singolo che nel doppio fattore. Da anni ho le idee chiare sulle caratteristiche dell’Isabella Jaspe ma per quanto riguarda le definizioni vale quanto detto in premessa. In occasione della redazione dello standard ho fatto ciò che ritenevo

più giusto: contattare allevatori e colleghi che sapevo impegnati nella selezione dell’Isabella Jaspe per un confronto sulle caratteristiche e per avere una dritta sulla definizione senza peraltro scartare la possibilità di un riferimento all’azzurro, non condivisa da nessuno delle persone contattate. Sulla questione “azzurro” ritengo sia doverosa una certa prudenza anche per le dispute e le incomprensioni sorte intorno ad essa. Riguardo allo standard di un “certo tipo di canarino” discutevo con un collega straniero sul tema “azzurro”: per me l’azzurro era un connotato di tipicità, per lui no. Siamo andati a visionare il canarino vincitore in quella categoria ed entrambi ci siamo ritrovati d’accordo sul fatto che fosse un gran bel canarino. Ci eravamo persi nei meandri delle definizioni! Per me era azzurro, per lui no, ma eravamo d’accordo su come doveva essere quel canarino. Non intendo perdermi negli stessi meandri e aprire una disputa con gli

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Isabella Jaspe SF mosaico giallo femmina

“azzurrofobi” ma preferisco puntare alla sostanza. Avverto subito il lettore di evitare inutili ricerche su google digitando “azzurrofobo” o “azzurrofobia”: non troverà nulla, mentre potrà trovare qualcosa digitando “beige freddo” o “beige tonalità fredda” e scoprire in quali ambiti si fa ricorso a tali definizioni. È utile, a questo punto, riportare in sintesi il risultato del dibattito svoltosi in occasione dell’ultimo congresso OMJ, quando la Spagna ha proposto l’ammissione a concorso dell’Isabella Jaspe Singolo Fattore proponendo “disegno (…) di tonalità nocciola tendente al grigio azzurro”. Al termine della discussione si è optato per cassare la definizione “azzurro” e di identificare il canarino eccellente nella voce tipo con la seguente descrizione: Disegno eumelaninico sottile, corto e simmetrico, il più uniforme possibile di tonalità nocciola tendente al grigio chiaro ben visibile. Per inciso è bene Isabella Jaspe SF mosaico giallo femmina

Isabella Jaspe SF mosaico giallo femmina

avvertire chi fosse in possesso della versione spagnola degli standard OMJ 2018 che la definizione ivi riportata (tonalidad avellana tendiendo al gris azulado) rappresenta la proposta iniziale e non è aggiornata al testo approvato in congresso. Fedele all’impegno di questa CTN di superare i limiti e le incomprensioni legati alle mere definizioni attraverso un impegnativo quanto ambizioso lavoro appena avviato di predisposizione di nuovi standard con una più moderna impostazione anche mediante illustrazioni fotografiche chiare ed eloquenti, ritengo opportuno corredare queste considerazioni con le foto della femmina Isabella Jaspe SF mosaico di Emilio Tarraga Flores, giudice e allevatore spagnolo che stimo tantissimo, vincitore all’internazionale di Reggio Emilia, campione spagnolo COE come singolo e componente dello stamm campione mondiale a Matosinhos.

È un canarino oggettivamente bellissimo, molto tipico, che ho ammirato dal vivo e che propongo agli allevatori quale traguardo selettivo da inseguire e ai giudici quale modello di riferimento per individuare la tipicità. Rispetto alla tonalità credo che dieci persone diverse proporrebbero altrettante definizioni per descriverla, ma tutti sarebbero d’accordo sulla sua tipicità. Su tale tema, tuttavia, io e la CTN tutta siamo disponibili a recepire suggerimenti da parte di allevatori, tecnici e, soprattutto, da parte del Club di specializzazione. Ogni indicazione proveniente da fonti qualificate è, pertanto, ben accetta. Ovviamente raccolgo e tengo in considerazione quelle di Giovanni Canali, al quale riservo stima e affetto, condividendo le sue considerazioni sul disegno eumelaninico che richiederebbero maggiore attenzione e un dibattito più approfondito. Lo ringrazio per aver stimolato questo confronto. GAETANO ZAMBETTA

In ricordo di Fabio Forgione Lo scorso 8 novembre è venuto a mancare il fraterno amico Fabio Forgione, vice presidente della Neapolis Orniculta 2000. Una gran bella persona che avevo l’onore di avere come amico da più di trent’anni; entrambi giovani abbiamo condiviso le varie tappe della vita oltre alle innumerevoli passeggiate alle mostre ornitotogiche. Ci mancherai Fabio, riposa in pace. CIRO TRANFICI, Presidente NEAPOLIS ORNICULTA 2000.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

I nettarinidi sudafricani (Vigor, 1825): studio e curiosità testo e foto di GUGLIELMO PETRANTONI

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ornato da un breve viaggio in Sudafrica, dove ho potuto ammirare le specie meno conosciute del sottogenere Nectarinia in natura, ho deciso di proporre al lettore notizie e osservazioni sul comportamento e sulle caratteristiche di questi meravigliosi uccelli da me osservati e che si discostano dal più noto Colibrì (Spix,1824), dal quale differiscono anche per il comportamento riproduttivo. Essi formano un gruppo di uccelli abbastanza uniforme, la cui lunghezza totale varia da 9 a 25 centimetri; il becco è quasi sempre all’ingiù, di colore nero, e la lingua allungata e protrattile, profondamente incisa sulla punta a formare due tubicini che ricordano quelli del Colibrì (Trochilidi), con affinità abbastanza superficiali; i due gruppi, infatti, si manifestano fondamentalmente diversi e non imparentati. L’anatomia degli arti è completamente differente da quella dei colibrì, i tarsi sono abbastanza lunghi e sottili, le dita sono munite di artigli ricurvi di media lunghezza e sono diseguali tra loro, come nei Passeriformi; le ali hanno la struttura tipica degli uccelli di quest’ordine, con gomito ben sviluppato, la superficie portante è arrotondata. Delle dieci remiganti primarie, la quarta e la quinta sono più lunghe; la coda non è mai forcuta, ma quadrata, rotonda o cuneata ed è sempre

Essi formano un gruppo di uccelli abbastanza uniforme, la cui lunghezza totale varia da 9 a 25 centimetri

costituita da dodici timoniere ben sviluppate. Il dimorfismo, per quanto concerne il piumaggio, è maggiore rispetto a

quanto si osserva tra i Colibrì; le femmine non presentano la colorazione cangiante dei maschi adulti o altre tinte vistose. I Nettarinidi sono presenti in tutte le regioni tropicali del Vecchio Mondo, come persino l’unica della specie in Israele (Cinnyris oseus, Nettarina della Palestina, vedi Diario di viaggio in Israele, Italia Ornitologica, dicembre 2016) sia sul continente sia sulle isole, ove vi siano abbondanti fiori e insetti, dalle coste atlantiche dell’Africa occidentale sino alle coste australiane del

La nettarina regia tra il fogliame sul versante montuoso ugandese

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Nettarina posata su una pianta di Lobelia wollastonii

Pacifico. L’Africa, tuttavia, è la più ricca di tali uccelli (145 specie); essi si sono adattati agli ambienti più disparati: alcuni vivono ai margini dei deserti o nelle regioni semidesertiche dell’Africa tropicale meridionale, altri nelle umide foreste che ricoprono i bassopiani, altri ancora si trovano sulle fasce montane alquanto elevate ove le nebbie frequenti favoriscono lo sviluppo rigoglioso della vegetazione. Unico esemplare a queste altitudini, sul Ruwenzori da dove nasce il Nilo, è la Nectarina johstoni (vedi ancora Diario di viaggio, Italia Ornitologica 16 luglio 2016). . Questi uccelli dai colori sgargianti sono ghiotti di nettare, come il nome stesso indica. Pertanto, quando scoprono un’abbondante fonte di fiori, nel loro cervello si imprimono le forme e le tinte dei fiori che li hanno soddisfatti, cosicché nella stagione successiva sanno subito riconoscere la pianta da visitare. È, per contro, d’importanza assolutamente secondaria il fatto che i fiori odorino o no, perché gli uccelli sono guidati solo dalla vista e, a differenza degli insetti, non hanno odorato. Tutte le specie hanno un becco lungo e sottile, spesso ricurvo, e una lingua estensibile, bifida. I nidi dei Nettarinidi sono generalmente a forma di borsa. All’epoca della fioritura di una fra le piante preferite, essi limitano le loro

Maschio di Nettarina di Johnston - Cinnyris regius

Nettarina al nido… sotto casa e all'interno di una costruzione

Coppia di Nettarine su una pianta di Lobelia bequaertii impegnata nella ricerca del nettare. Altopiano del Ruwenzori

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ricerche essenzialmente a questa, fungendo anche nel contempo da impollinatori. La lingua raggiunge l’interno dei fiori mentre gli uccelli restano aggrappati ad essi. Occasionalmente ghermiscono insetti al volo e integrano la dieta con polpa o succhi dei frutti. Il loro volo è rapido e rettilineo, ma poco resistente, e nonostante la loro versatilità non sono in grado di spostarsi a ritroso, come invece fanno i Colibrì (Trochilidi) e neppure possono restare a lungo fermi a mezz’aria. Possono saltellare tra i rami servendosi solo dei piedi, senza l’aiuto delle ali. In linea di massima vivono soli o in coppie, ma a volte si riuniscono in piccoli stormi per visitare cespugli in fiore. In tale frangente si inseguono tra loro, emettendo brevi e acute grida di richiamo metallico del tipo chwingchwing chwhing oppure chweechwee-chwee, senza però mostrare una reale aggressività. Anche nel comportamento riproduttivo si differenziano dai Colibrì, restando uniti in coppia, sia pure per il solo periodo di cova, ed entrambi i sessi partecipano alla costruzione del nido e all’allevamento dei piccoli. L’opera di nidificazione mostra in modo chiaro con quale spirito inventivo il mondo delle nettarine sappia adattarsi alle più disparate circostanze ambientali, riuscendo a sfruttarle a proprio vantaggio.


Occorre però specificare che la singola coppia di nettarine non arriva d’intelligenza propria nelle trovate: ogni “invenzione” è il frutto di una selezione che, generazione dopo generazione, ha modificato i comportamenti. Ai tropici, la protezione contro i predatori di nidiate mediante mimetizzazione o inaccessibilità e la difesa delle covate dai danni del calore, della pioggia e del vento, assume importanza maggiore che nei nostri territori europei. A quelle latitudini si trova un gran numero di serpenti e di lucertole che vivono sugli alberi, molte specie di scoiattoli e di scimmie che si aggirano per la foresta: tutti questi animali sanno che le uova e i piccoli costituiscono cibo ricco di proteine; pertanto, non dobbiamo meravigliarci se in quelle zone molti volatili abbiano eletto a proprio domicilio sicure cavità oppure se si siano costruiti nidi a volta con

Mimetizzata tra il fogliame la Nettarina maschio johnstoni

Nettarina palestinese maschio, nei pressi del fiume Giordano

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Nettarina maschio

Oasi di un Ghibuz in Israele

entrata laterale o nidi appesi in forma di borsa o ancora nidi attaccati sotto una foglia. Ogni covata produce due uova dal guscio chiarissimo, picchiettato di fini macchie brune o nere.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI: C.J. Skead, Sunbirds of southern Africa, 1967, S.A. Bird Book Fund, Cape Town Robert A. Cheke, Clive F. Mann, A guide to the Sunbirds of the words, 2001, Helm, London Silva – Bilderdienst, Sunbirds and Colibrì,1955, Zurigo J. Berioz, G.F.Mees, D.L.Serventy et al., Uccelli, vol. III, 1970, Grizimek, Germany D.A. Bannerman, The birds of tropical West Africa, vol. 6, Crown Agent, London.

“Il Malavasi” non c’è più

In memoria di Giulio Miccoli

V

enerdì 17 è da sempre considerato un giorno sfortunato e da ora lo sarà ancora di più! È mancato all’affetto della sua famiglia Giancarlo Malavasi, uno dei soci fondatori dell’Associazione Ornitologi Varesini, “IL MALAVASI” per tutti gli allevatori di canarini che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, di averne ricevuto un prezioso consiglio o, meglio, di ottenerne qualche esemplare sapientemente riprodotto. Io lo ho conosciuto mille anni or sono, più di mezzo secolo fa, quando, con un’inserzione pubblicitaria sulla rivista federale di quei tempi, tentavo di estorcergli ben 30.000 lire per un “carciofo ad occhi isabella” nato per caso nel mio allevamento. Una risata fragorosa ha fatto iniziare un’amicizia che dura ancora e durerà! Mi ha insegnato tutto e mi ha permesso di ottenere risultati. Così ha fatto con tutti coloro che lo hanno conosciuto ed apprezzato e che ora lo piangono. Era un agonista nato; non era geloso perché pensava di essere superiore a tutti e quasi sempre aveva ragione. I suoi canarini di colore spaziavano in ogni angolo possibile dei cataloghi ed erano sempre vincenti. I suoi titoli innumerevoli per decadi hanno ottenuto annualmente più riconoscimenti ai Campionati Mondiali, agli Italiani e in ogni dove gli sia venuta la voglia di partecipare ad una mostra. Era bravo a individuare con un colpo d’occhio un possibile riproduttore campione e altrettanto bravo a riconoscere immediatamente un futuro fiasco. In poche parole, la canaricoltura italiana ha perso un Principe per la bravura, un Maestro per la competenza ed un grande Amico per chi lo ha conosciuto umanamente e lo ha apprezzato. Un abbraccio forte alla moglie Maddalena, una che è riuscita tra i primi a fare covare ed allevare le cardinaline, oltre che a sopportare gli umori alterni di un “canarinaro”. Questo abbraccio stringe forte anche i figli Simona e Mauro che sono riusciti in modo encomiabile ad accompagnare Giancarlo in questi ultimi anni tribolati. Ciao “MALAVASI”, non ti dimenticheremo! FRANCO GHIRARDI

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È

stato il nostro Presidente, il nostro mentore, era sempre pronto a dispensare consigli e ad accoglierci nel suo allevamento per due, chiacchiere. Da oggi il grande Giulio Miccoli non c’è più. È una notizia che non avremmo mai voluto scrivere. Negli ultimi anni, Giulio ha sofferto tanto ma ha cercato sempre di essere presente ad ogni nostra manifestazione. Non ha mai fatto mancare il suo apporto e buona parte dei soci, grazie a Giulio, è stata invogliata ad iscriversi alla Foi e alla nostra Associazione, che lui stesso ha fondato insieme ad altri amici. A Giulio dobbiamo tanto: se siamo diventati un’associazione di alto livello, se organizziamo le mostre nei bei locali della fiera, se possediamo un ingente patrimonio in attrezzature, il merito è di Giulio Miccoli. Il suo ricordo non ci lascerà mai. Grazie, Presidente, arrivederci! IL CONSIGLIO DIRETTIVO ED I SOCI A.O.C. FEDERICO II


CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Scotch Fancy Day di ENRICO GRAMMATICO, foto N. D’ANGELO

Scotch Fancy giallo lipocromico brinato

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a cinque anni a questa parte lo Scotch Canary Club Italiano organizza, esclusivamente per i propri soci, una giornata dedicata allo Scotch Fancy, una splendida razza appartenente al gruppo dei Canarini di Forma e Posizione a piumaggio liscio. La 5ª rassegna dello Scotch Day (così denominata dagli organizzatori), trainata da Camillo Napolitano, instancabile promotore di tutte le precedenti edizioni, si è svolta nella mattinata del 12 gennaio a Somma Vesuviana (Na), all’interno di una sala concessa dal ristorante Cortigiana del Re. Venti i soci espositori che hanno partecipato alla gara, 50 i canarini esposti, suddivisi in 9 intensi e 41 brinati. Presenti all’evento, invitati dal Club, anche l’amico e collega Maurizio Capuani insieme al sottoscritto e la CTN dei CFPL con Salvatore Alaimo e Carmelo Caroppo, che sono anche soci del Club.

Venti i soci espositori che hanno partecipato alla gara, 50 i canarini esposti, suddivisi in 9 intensi e 41 brinati

Le originalità di questa “mostra” sono molteplici, perciò analizziamole nel dettaglio. Ogni allevatore può esporre due canarini per le sole Categorie consentite, ovvero brinati e intensi, presentando i soggetti con gabbie di proprietà e l’obbligo della gabbia a mezza cupola, contenente mangiatoia, beverino e posatoi. I soci espositori sono anche gli unici giudici votanti ed esprimono, secondo le personali competenze, le proprie preferenze ai soggetti esposti, con un’unica clausola:

il divieto assoluto di votare per il proprio canarino. La CTN fornisce anch’essa una propria valutazione ai soggetti, che viene confrontata, a fine gara, con quella dei soci espositori per constatare la competenza e la conoscenza dello Standard selettivo. Ma entriamo nel merito della mostra: i soggetti (ricordiamo: 9 gli intensi e 41 i brinati) sono posti separatamente su scaffali idonei alla visione; nella prima fase della votazione i soci espositori sono chiamati a scegliere i migliori 5 brinati e i migliori 3 intensi. Segue il controllo della validità delle schede e il conteggio dei voti da parte del comitato: sono esclusi dalla seconda fase tutti i soggetti che hanno ricevuto pochissime preferenze, o nessuna, da parte dei soci espositori. Nel secondo turno della votazione le preferenze da assegnare si riducono a 3 per i brinati e a una per gli intensi;

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risultano idonei al passaggio del turno 13 brinati e 4 intensi. Nella terza e ultima votazione, oltre alle preferenze, ridotte questa volta a una sola per entrambe le Categorie, c’è il vincolo di assegnare il punteggio al canarino preferito. Alla fine del giudizio i vincitori di Categoria risultano i soggetti lipocromico giallo brinato dell’allevatore Aniello Covone e il lipocromico giallo intenso dell’allevatore Carmine Settembre. Per la conclusione di questo articolo vorrei riproporre una mia riflessione già pubblicata in un articolo di I.O: “Se ai Giudici spetta la responsabilità di osservare, valutare e considerare ogni connotato della scala valori dello

Alcuni Soci

Panoramica dei partecipanti

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Scotch Fancy, è agli allevatori che tocca il difficile compito di migliorarne le caratteristiche fondamentali dettate dallo Standard di eccellenza. È proprio dal binomio giudici/allevatori, dalla loro pazienza e dedizione che derivano le capacità e l’intuito necessari a migliorare e a valorizzare lo sviluppo delle nostre razze e, nello specifico, a fare in modo che queste ultime continuino a esistere e a riprodursi”. In qualità di Giudice FOI e allevatore dello Scotch Fancy, finalmente mi sento di affermare che grazie agli allevatori campani la razza è rinata dalle proprie ceneri. Oggi gli Scotch Fancy circolanti in Italia presentano una serie di caratteristiche eccellenti che riguardano la posizione e la forma del

corpo. La tipica forma del corpo a “spicchio di luna” è diventata una caratteristica costante, come anche la sezione circolare del corpo, stretto e lungo, reso così da un piumaggio aderente e corto. Ma ciò che come Giudice noto da molto tempo è la tranquillità dei soggetti all’interno della gabbia espositiva rispetto a 20 anni fa. Gli allevatori hanno compreso che una buona preparazione alla gabbia espositiva è fondamentale per permettere ai Giudici di valutare appieno le caratteristiche tipiche della razza. Lo Scotch Fancy negli anni ha corso il rischio di estinguersi; l’unica cosa che gli possiamo augurare è un futuro radioso e ricco di consensi.

Fasi del giudizio

I Giudici F.O.I.: M. Capuani, E. Grammatico, C. Caroppo, S. Alaimo, C. Napolitano


ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Diamante Mandarino mutazione Bruno Ino e Grigio Ino di C.T.N. E.F.I., foto S. GIANNETTI

Diamante Mandarino Grigio Ino femmina

Scheda tecnica del D. Mandarino Bruno Ino BRUNO INO MASCHIO Disegni - Striscia dell’occhio (lacrima): bruno. - Striscia del becco (mustacchio): bruno. - Zona tra le due strisce: bianco.

- Disegno della coda: quadri alterni bruno/bianco di uguali dimensioni. - Disegno della guancia: bruno arancio, il più intenso possibile. - Disegno del fianco: bruno arancio intenso con regolari punti rotondi bianchi. - Fianco all’altezza del codione: bruno.

- Disegno del petto: barra pettorale bruno, zebratura bruno/bianco ininterrotta fino all’attaccatura del becco. Colore - Capo e nuca: crema. - Dorso e ali: crema. - Codione: bianco.

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Ventre: bianco puro. Penne della coda: crema. Becco. rosso corallo. Zampe e unghie: rosso/arancio. Occhi: rossi, è ammesso un colore leggermente più scuro, ma la caratteristica fenotipica deve rimanere ben visibile per rendere riconoscibile la mutazione.

BRUNO INO FEMMINA Disegni - Striscia dell’occhio (lacrima): bruno. - Striscia del becco (mustacchio): bruno. - Zona tra le due strisce: bianco. - Disegno della coda: quadri alterni bruno/bianco di uguali dimensioni. - Fianco all’altezza del codione: bruno. Colore - Guancia: crema chiaro. - Fianco: crema leggermente più chiaro del dorso. - Petto: crema leggermente più chiaro del capo. - Capo e nuca: crema. - Dorso e ali: crema. - Codione: bianco. - Ventre: bianco puro. - Penne della coda: crema. - Becco: rosso/arancio. - Zampe e unghie: rosso/arancio. - Occhi: rossi, è ammesso un colore leggermente più scuro, ma la caratteristica fenotipica deve rimanere ben visibile per rendere riconoscibile la mutazione. Diamante Mandarino bruno ino maschio

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Difetti del Bruno Ino - Il colore degli occhi troppo scuro da non poter riconoscere la mutazione e confonderla con altre. - I disegni maschili della guancia e del fianco devono avere una intensità la più intensa possibile. - I disegni : lacrima, mustacchio, barra pettorale, zebratura e disegno della coda devono avere la stessa intensità di colore. Nelle femmine è più difficile ottenere la tonalità del disegno della coda uguale agli altri disegni (lacrima e mustacchio). - Presenza di una zona incompleta della zebratura in prossimità della mandibola inferiore, nelle femmine il colore del petto deve arrivare fino alla mandibola inferiore. - Barra pettorale con i bordi non netti. - Punteggiatura dei fianchi poco evidente e rada. - Presenza di screziature melaniche nel petto delle femmine. Caratteristiche di pregio - Gli occhi i più rossi possibile. - La massima ossidazione delle guance e dei fianchi mantenendo una tonalità crema della testa e del dorso. - I disegni bruno i più ossidati possibile. - I disegni ben definiti. Scheda tecnica del D. Mandarino Grigio Ino GRIGIO INO MASCHIO Disegni - Striscia dell’occhio (lacrima): bruno diluito.

- Striscia del becco (mustacchio): bruno diluito. - Zona tra le due strisce: bianco. - Disegno della coda: quadri alterni bruno diluito/bianco di uguali dimensioni. - Disegno della guancia: bruno arancio, il più intenso possibile. - Disegno del fianco: bruno arancio intenso con regolari punti rotondi bianchi. - Fianco all’altezza del codione: bruno diluito. - Disegno del petto: barra pettorale bruno diluito, zebratura bruno diluito/bianco ininterrotta fino all’attaccatura del becco. Colore - Capo e nuca: avorio. - Dorso e ali: avorio. - Codione: bianco. - Ventre: bianco puro. - Penne della coda: avorio. - Becco. rosso corallo. - Zampe e unghie: rosso/arancio. - Occhi: rossi, è ammesso un colore leggermente più scuro, ma la caratteristica fenotipica deve rimanere ben visibile per rendere riconoscibile la mutazione. GRIGIO INO FEMMINA Disegni - Striscia dell’occhio (lacrima): bruno diluito. - Striscia del becco (mustacchio): bruno diluito.

Diamante Mandarino bruno ino femmina


Diamante Mandarino grigio ino maschio

- Zona tra le due strisce: bianco. - Disegno della coda: quadri alterni bruno diluito/bianco di uguali dimensioni. - Fianco all’altezza del codione: bruno diluito. Colore - Guancia: avorio chiaro. - Fianco: avorio leggermente più chiaro del dorso. - Petto: avorio leggermente più chiaro del capo. - Capo e nuca: avorio. - Dorso e ali: avorio. - Codione: bianco. - Ventre: bianco puro. - Penne della coda: avorio. - Becco: rosso/arancio. - Zampe e unghie: rosso/arancio. Diamante Mandarino grigio ino maschio

Diamante Mandarino grigio ino femmina

- Occhi: rossi, è ammesso un colore leggermente più scuro, ma la caratteristica fenotipica deve rimanere ben visibile per rendere riconoscibile la mutazione. Difetti del Grigio Ino - Il colore degli occhi troppo scuro da non poter riconoscere la mutazione e confonderla con altre. - I disegni maschili della guancia e del fianco devono avere una intensità la più intensa possibile. - I disegni : lacrima, mustacchio, barra pettorale, zebratura e disegno della coda devono avere la stessa intensità di colore. Nelle femmine è più difficile ottenere la tonalità del disegno della coda uguale agli altri disegni (lacrima e mustacchio).

- Presenza di una zona incompleta della zebratura in prossimità della mandibola inferiore, nelle femmine il colore del petto deve arrivare fino alla mandibola inferiore. - Barra pettorale con i bordi non netti. - Punteggiatura dei fianchi poco evidente e rada. - Presenza di screziature melaniche nel petto delle femmine. Caratteristiche di pregio - Gli occhi i più rossi possibile. - La massima ossidazione delle guance e dei fianchi mantenendo una tonalità avorio della testa e del dorso (quasi bianco). - I disegni bruno diluito i più ossidati possibile. - I disegni ben definiti.

Diamante Mandarino grigio ino femmina

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CANARINI DA CANTO

La razionalità nella vita scolastica di FRANCESCO DI GIORGIO, foto GIANLUCA MARSON

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maestri di canto con cui i canarini allievi vengono a contatto non sono i soli agenti formativi. Un notevole effetto sullo sviluppo e sull’organizzazione della personalità dei futuri cantori, viene, infatti, esercitato dai compagni di gruppo. Nel contatto con loro gli allievi imparano a mettersi in relazione, ad affrontare le contrarietà, a confrontarsi e tutto questo li aiuta ad ampliare il loro repertorio di competenze e a sviluppare un concetto di sé stessi. Data l’importanza che il gruppo-scuola riveste per la crescita e l’integrazione di ogni condiscepolo, è importante che il gestore della scuola di canto sia capace di riconoscere, comprendere e promuovere la dinamica di gruppo tra gli allievi affinché questa risulti costrut-

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Senza la conoscenza delle relazioni interne al gruppo ogni processo educativo può risultare inefficace

tiva e facilitante i processi di apprendimento e formativi. Mentre la cultura di gruppo tende ad enfatizzare gli aspetti di omogeneità tra i membri che lo compongono, la struttura ne sottolinea, invece, le caratteristiche di eterogeneità. Nel grupposcuola possono distinguersi una struttura formale, con ruoli e norme ufficiali, e una struttura informale, nascosta, che regola l’interazione tra i soggetti edu-

cativi. È questa seconda struttura, per lo più poco nota al canaricoltore/addestratore, che condiziona fortemente il clima di apprendimento, in quanto è quella a cui più spesso gli allievi fanno riferimento. Nella vita scolastica alcuni compagni risultano più graditi di altri. Sono i più “attempati”, i più allegri, i più inclini alla cooperazione. Quando un canarino in giovane età non è accettato, gli stati emozionali che si creano in lui tendono ad ostacolare lo sviluppo della sua personalità. Osservando gli apprendisti nelle diverse situazioni scolastiche si può notare come non tutti possiedano le stesse condizioni per partecipare alla comunicazione: alcuni non ne prendono parte, altri si fanno avanti frequentemente,


altri ancora non vengono ascoltati oppure ridicolizzati nei loro interventi. Si richiede che il cultore del bel canto conosca coloro che nel gruppo esercitano un elevato potere, facendo attenzione a non rinforzare atteggiamenti di dominanza e a promuovere, per quanto è possibile, la corresponsabilizzazione. Senza la conoscenza delle relazioni interne al gruppo ogni processo educativo può risultare inefficace. Gli allievi dovrebbero essere portati a scoprire i vantaggi derivanti dalla partecipazione al gruppo e dal lavorare insieme, comprendendo che la loro autostima può accendersi non tanto nell’essere migliori degli altri, quanto piuttosto nel contribuire insieme agli altri a creare un gruppo efficiente. In sintesi, si richiede a chi accudisce di mobilitare le forze del gruppo affinché queste giovino allo sviluppo dei singoli e non pongano resistenza alla sua azione educativa. La relazione con gli altri è un luogo esistenziale ed educativo molto importante. Partendo dal presupposto che ogni giovane canarino specialista nel ruolo canoro può essere paragonato ad una spugna in grado di assorbire qualsiasi odore emotivo, affettivo, relazionale, cognitivo, e che la capacità di assorbimento è inversamente proporzionale all’età, l’intreccio educativo può rappresentare, se efficacemente monitorato, un giardino paradisiaco, mentre in caso di trascuratezza e scarsa attenzione una “discarica a cielo aperto”. Alla base di ogni forma di convivenza ci sono sempre delle regole che disciplinano la vita comunitaria, che aiutano gli individui a rispettare la libertà altrui, ma soprattutto che insegnano a riconoscere i confini dell’altro, la sua personalità, la corporeità. Ogni regola è causa di frustrazione ma ogni frustrazione mette in atto quell’energia che indirizza l’individuo verso obiettivi di crescita, di affermazione individuale e di sviluppo della propria identità.

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S pazio Club Il nostro Fiorino risorge! ome tutti sapete, l’Italia la fa da padrone tra le razze di Canarini di forma e posizione arricciati, avendo la “paternità” di ben sei razze su quattordici. Ogni razza è per noi un piccolo grande orgoglio, una ricchezza inestimabile che possiamo, anzi, dobbiamo, tutelare al meglio delle nostre possibilità, allevandola, esponendola, confrontandoci e selezionando accuratamente i vari aspetti peculiari. Chi, più di ogni altro, ha il compito e l’onere di tutelare una razza è certamente il Club, che non è altro che una comunità di allevatori e appassionati, i quali si impongono delle regole e decidono di conciliare le idee, riversandole in un qualcosa di costruttivo, al fine di promuovere e proteggere la razza stessa. Siamo in un’era strana in cui i social network si sono un po’ sostituiti al ruolo dell’esperto da interpellare. I Club pertanto hanno purtroppo subito una notevole battuta d’arresto, in quanto il neofita non si iscrive più al Club per ricercare le risposte ai suoi quesiti o per imparare da veri esperti del settore, ma si fida di ciò che legge sui famigerati gruppi Facebook, che però non sempre elargiscono informazioni affidabili. La veridicità di una informazione non viene quasi mai verificata, ma presa per buona e tante volte applicata senza una valida motivazione e senza l’esperienza necessaria. I Club non hanno quindi solo il compito di tutelare le razze, ma hanno, o almeno dovrebbero avere, soprattutto il compito di istruire e di fungere da fonte attendibile di nozioni applicabili sul campo. L’importanza di un Club è proprio questa. Un Club che abbia all’interno del consiglio direttivo o comunque tra i suoi associati degli allevatori esperti e dei Giudici, ha senza alcun dubbio un grande valore aggiunto, poiché vi sono tutti i presupposti per far emergere indicazioni veritiere e radicate nella competenza. In questi ultimi trent’anni, dato il mio ruolo di Giudice Internazionale e la mia carica di Presidente di Collegio F.P.A., ho avuto modo di seguire da vicino e di “toccare con mano” i vari Club affiliati alla FOI nella mia specializzazione. In questo mio articolo vorrei trattarne uno in particolare, il “Club del Fiorino”. Questo Club ha avuto una storia un po’ travagliata, poiché dopo la mancata ricandidatura dell’exPresidente Federico Vinattieri, il quale ha portato a termine ben due mandati triennali alla guida del Club, non si era trovato un valido sostituto. All’ultima assemblea elettiva, circa due anni fa, nessuno dei soci presenti si era fatto avanti, nessuno si era candidato nonostante i vari solleciti preventivi, nessuno voleva assumersi la responsabilità della Presidenza di questo Club nazionale. Sia chiaro, assumersi tale responsabilità non è da tutti: essere Presidente di un Club non è un titolo di prestigio, come molti forse interpretano, bensì una carica che esige dedizione, un gravame di compiti che non possono essere delegati, che impegnano anche più del dovuto e sottraggono tempo alla famiglia e sì, anche al proprio allevamento; è perciò assolutamente lecito che chi per tanti anni ha svolto egregiamente il proprio ruolo non si voglia poi riproporre ulteriormente per la medesima incombenza. Federico Vinattieri, nominato da poco Giudice Nazionale FOI, per svariati motivi non voleva giustamente ricandidarsi per l’ennesima volta alla guida del Club del Fiorino, e così è stato costretto a rimettere la decisione all’Assemblea dei soci, organo sovrano con potere esecutivo, che ha deliberato di sciogliere definitivamente il Club, con la riserva che, nell’eventualità che qualcuno si fosse fatto avanti, anche all’ultimo momento, si fosse potuto riprendere in mano questa comunità e portarla avanti nel tempo. Dopo questa decisione, tale delibera fu inviata regolarmente, con comunicazione ufficiale, alla segreteria FOI.

Club di specializzazione

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S pazio Club

Club di Specializzazione

Il Presidente Sposito, comprendendo le difficoltà di tale situazione, decise di dare sia a me in qualità di Presidente di Collegio F.P.A. sia alla direzione della Commissione Tecnica Nazionale, l’incarico di ricercare qualcuno che avesse la volontà di assumersi l’onere della responsabilità di questo Club. Dopo svariate ricerche e diverse telefonate, io ed altri colleghi riuscimmo a trovare dei possibili candidati, che si resero da subito disponibili. Ripartì subito il tesseramento. Alla prima assemblea ufficiale venne poi regolarmente eletto il nuovo Presidente del Club, l’allevatore e allievo Giudice Bartolo Cozzolino. Adesso il Club del Fiorino annovera tra i suoi associati una buona parte degli allevatori italiani d’eccellenza e una buona parte dei Giudici di questa specializzazione. Un successo. Il Club del Fiorino è uscito dal baratro. Il Club del Fiorino è risorto! Una razza italiana come il nostro Fiorino non poteva non avere un’associazione di tutela. Il Club del Fiorino non poteva e non doveva finire nel cassetto dei ricordi. L’impegno dei nuovi dirigenti del Club sta portando un considerevole incremento degli associati. Le ultime due rassegne hanno raggiunto risultati considerevoli, con la riedizione del prestigioso Trofeo Umberto Zingoni, premio di grande prestigio per tutti gli allevatori “fiorinisti”, in memoria di colui che ha creato la razza. La tradizione continua, quindi. Tutto il lavoro svolto dal 2009 ad oggi non è andato perduto. Il nostro Fiorino ora è in buone mani e noi allevatori possiamo attingere ed essere coinvolti in questa nuova realtà. D’altronde, come affermava Jim Morrison: “Non arrenderti mai, perché quando pensi che sia tutto finito, è il momento in cui tutto ha inizio”. ANGELO CECCARELLI

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Rassegna Specialistica Fiorino

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nche quest’anno è giunto il tanto atteso momento per la rassegna specialistica del Club del Fiorino, ormai alla sua decima edizione. Tale mostra è la più importante per chi alleva questa piccola opera d’arte tutta Italiana chiamata Fiorino, creata a Firenze dal professor Umberto Zingoni e dal sig. Michele Del Prete, riconosciuta dall’Italia nel 1985. Quest’anno, dopo anni di grande impegno del vecchio direttivo, capeggiato dal novello giudice di FPA Federico Vinattieri, c’è stata la rielezione del C. D. al Campionato Italiano di Parma 2018, dove alla Presidenza è stato eletto Bartolomeo Cozzolino. Sotto la sua Presidenza si sono tenute due rassegne specialistiche, nonostante sia stato un periodo non proprio dei migliori. A discapito del contesto sfavorevole, le mostre hanno goduto di una buona affluenza, la risposta degli allevatori è stata eccellente, è stato un rilancio del Club e anche un’occasione per valorizzare una specie così particolare. La prima rassegna si è tenuta alla mostra ornitologica della città di Reggio Calabria, dove ha presieduto in qualità di giudice il professore Emilio Sabatino, segretario della C.T.N, noto anche nel settore internazionale e grande conoscitore della razza con riconoscimenti di livello mondiale. La seconda rassegna si è svolta al Meeting Ornitologico Campano, nella città di Roccapiemonte, in provincia di Salerno. Qui il Dottor Antonio Altobelli ha svolto il ruolo di giudice, anch’egli di fama internazionale, grazie alla sua lunga esperienza nel mondo ornitologico. I due esperti hanno voluto sottolineare quanto i soggetti presentati alla gara siano stati di qualità eccellente. Parere condiviso anche dal Presidente del Club e dai soci. E proprio grazie alla lunga e maturata esperienza degli esperti che si è potuto dare così tanto risalto a tale razza. Gli ingabbi hanno sfiorato quota 100, una grandissima ripresa da parte del Club, proprio perché non è stato possibile organizzare rassegne nell’anno precedente.


Al Meeting Ornitologico Campano si contavano ben 16 Club di specializzazione, circa 2500 ingabbi, canarini provenienti da tutta Italia. L’organizzazione è stata curata nel minimo dettaglio, con convogliatori partiti da diverse regioni Italiane, da Trapani a Torino, per ingabbiare ad una specialistica che ormai ha raggiunto la 7° edizione. Il premio più importante per un allevatore di Fiorini è il trofeo Umberto Zingoni, giunto alla sua decima edizione dal 2009 ad oggi; è certamente il riconoscimento più ambito assegnato ad un allevatore, che deve ottenere un punteggio uguale o superiore ai 362 punti, esponendo almeno quattro soggetti singoli. Quest’anno è stato assegnato al socio Emilio Sabatino con 368 punti per il totale di 4 canarini non dichiarati all’ingabbio, come riportato dal regolamento per l’assegnazione. Al secondo posto l’allevatore laziale Luca Fondi con 366 punti. Tra tutti i soggetti “testa liscia” è risultato vincitore con ben 93 punti un Fiorino della categoria verde, di Emilio Sabatino, il quale si è aggiudicato il best testa liscia, mentre tra tutti i soggetti “testa ciuffata” è risultato vincitore un Fiorino della categoria bruno con 93 punti di Luca Fondi, il quale si è aggiudicato anche il titolo non solo di best testa ciuffata, ma anche quello di best in show. Molti i Fiorini ingabbiati risultati vincitori in altre categorie con 91 e 92 punti. Una specialistica di valore dove a gareggiare c’erano molti Club, molti gli allevatori che hanno ingabbiato, tanti quelli presenti per il giudizio a confronto dove il dottor Altobelli ha spiegato con cura, nei minimi particolari, lo standard della razza e ha riportato più volte che sono pregiati i Fiorini al di sotto dei 13 cm, anche se molto rari. Si è acceso un vivace dibattito: tante le spiegazioni da parte del giudice a togliere qualsiasi dubbio agli allevatori, un giudizio davvero raffinato ed elegante quello da parte del Dottore, per cui l’ammirazione per le sue qualità professionali è stata unanime. Alla mostra ornitologica della città di Reggio Calabria a giudicare è stato il professore e segretario della C.T.N FPA Emilio Sabatino, che alla specialistica di Roccapiemonte si è aggiudicato anche il trofeo Umberto Zingoni ed è riuscito ad entrare nell’albo d’oro del trofeo. Molti i Fiorini in gara anche a Reggio Calabria, dove il giudizio è stato di tipo analitico, più dettagliato nell’osservazione dei parametri dello standard; complesso, in quanto richiede più tempo nella compilazione della scheda. Tale capacità si sviluppa grazie ad un colpo d’occhio che solo esperti conoscitori della razza possono avere. La categoria “testa ciuffata” ha visto la partecipazione di soggetti eccellenti di ottima forma e taglia; in questa categoria il best testa ciuffato è stato assegnato ad Isidoro Bruzzese con 92 punti.

Il Presidente del Club alla specialistica di Rocca Piemonte insieme ad Antonio Altobelli

Emilio Sabatino alla Specialistica di Reggio Calabria

Club di specializzazione

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In tale occasione, l’occhio attento di Emilio Sabatino è ricaduto su determinati difetti per quanto riguarda la categoria “testa liscia”, nella quale alcuni canarini sono stati subito scartati dal tavolo di giudizio, poiché non rispecchiavano completamente lo standard. Invece, sono stati colti determinati pregi di taglia e di forma della testa che hanno fatto emergere tre soggetti da podio, dove l’allevatore Raffaele Pasquino si è classificato primo con ben 93 punti, presentando un soggetto melanico 100% aggiudicandosi sia il best testa liscia, che il best in show. L’allevatore Isidoro Bruzzese si è aggiudicato, come detto sopra, con 92 punti il best testa ciuffata, ma anche il trofeo di Club di specializzazione con un totale di 366 punti su 4 canarini non dichiarati all’ingabbio; secondo, dopo di lui, Raffaele Pasquino con 364 punti. Rinnoviamo il nostro invito a tutti gli allevatori di questa razza, soprattutto a coloro che hanno aderito da quest’anno al nostro Club, a partecipare alle prossime edizioni, per ammirare i soggetti più rappresentativi dell’anno e per confrontarsi con alcuni tra i migliori allevatori nazionali; un vero e proprio raduno degli appassionati di questo splendido piccolo arricciato, una vera e propria festa del Fiorino. Albo d’oro Trofeo Umberto Zingoni edizione 2009 Firenze - Vincitore: Buonomo Bartolomeo edizione 2010 Firenze - Vincitore: Buonomo Bartolomeo edizione 2011 Firenze - Vincitore: Iovine Giacomo edizione 2012 Bari - Vincitore: Curci Sebastiano edizione 2013 Firenze - Vincitore: Vinattieri Federico edizione 2014 Firenze - Vincitore: Iovine Giacomo edizione 2015 Roma - Vincitore: Di Giovanni Adolfo edizione 2016 Marina di Massa - Vincitore: Dumitru Olimpia edizione 2017 Calenzano - Vincitore: Fondi Luca edizione 2019 Roccapiemonte - Vincitore: Sabatino Emilio Colgo l’occasione per ringraziare tutti i soci e tutti gli allevatori che hanno partecipato a questo evento, soprattutto coloro che sono venuti da molto lontano, e complimenti vivissimi a tutti i vincitori di questa rassegna. Arrivederci all’edizione 2020! BARTOLOMEO COZZOLINO, Presidente Club Del Fiorino

Il Presidente del club con il vincitore del trofeo Umberto Zingoni

Luca Fondi vincitore del trofeo club di specializzazione offerto dalla F.O.I.


S pazio Club • Due Fiorentini i creatori della Razza Michele Del Prete e Umberto Zingoni L’idea del Fiorino nasce a Firenze nella prima metà degli anni Settanta da un’intuizione di Michele del Prete e Umberto Zingoni, i quali iniziano a selezionare alcuni meticci frutto di accoppiamenti fra Arrricciati del Nord e Gloster. Del Prete accompagnerà Zingoni durante tutto il processo selettivo fino e durante la fase di riconoscimento ufficiale. Poi dall’inizio degli anni Novanta si dedicherà esclusivamente all’allevamento di altre razze Arricciate. • Il riconoscimento della Razza da parte della F. O. I Il riconoscimento della razza da parte della F.O.I. (Federazione Ornicoltori Italiani) avviene nel 1985. Il riconoscimento a livello mondiale e cioè da parte della C.O.M. (Conféderation Ornithologique Mondiale) avviene nel dicembre del 1989 in occasione dei Campionati Mondiali di Ornitologia di Pordenone. • Razze Italiane Il Fiorino è una delle attuali 5 razze di canarini riconosciute da parte della C.O.M. e, fra queste, la terza in ordine cronologico: Gibber Italicus, Arricciato Padovano, Fiorino, Arricciato Gigante Italiano, Rogetto • I principali connotati del Fiorino - Ciuffo; Taglia - forma piena, lunghezza 13 cm. , pregiata la lunghezza inferiore, proporzioni perfette; Spalline. - Portamento - eretto; testa, tronco e coda in linea; angolatura sull’orizzontale di 55° - Piumaggio - serico, voluminoso, composto; addome liscio; tutti i colori ammessi - Spalline - ben spartite, simmetriche, voluminose (folte, larghe ed estese a tutto il dorso); jabot - Fianchi - voluminosi (folti ed ampi), sostenuti, simmetrici, ricurvi verso l’alto fino ad oltrepassare il margine delle spalline - Jabot - pieno, simmetrico, ben rilevato, senza cavità superiore; fianchi - Testa e Collo - Ciuffato: ciuffo completo, ben centrato e simmetrico che lascia vedere l’occhio. - Testa Liscia: testa rotonda, sopracciglia accennate, collo liscio, ben staccato da testa e jabot - Piume di gallo • Taglia Il connotato più importante risulta la taglia che, ovviamente, comprende anche la lunghezza. Noi, come altri, sappiamo benissimo che la taglia e la lunghezza sono connotati fra loro ben diversi, tuttavia nella descrizione dello standard di molte razze di Canarini si continua a indicare la taglia in centimetri (basterebbe sostituire “taglia” con “lunghezza”). Nel caso del Fiorino la taglia è quella dell’Arr. del Nord, la lunghezza dei migliori soggetti 5 centimetri di meno. In effetti, se si misura la lunghezza secondo i canoni dell’ornitologia scientifica, cioè dalla punta del becco alla punta della coda nell’animale disteso sul tavolo con il collo totalmente esteso, si vede che la lunghezza degli Arricciati del Nord attuali, molti dei quali, dopo tanti anni di sapiente selezione hanno raggiunto veramente la perfezione richiesta dallo Standard, è di 18 centimetri. Nel Fiorino la lunghezza va da 13 a 13,5 cm, specialmente in relazione al sesso. Ciò comporta che, nel Fiorino il connotato “lunghezza” dovrebbe in futuro consolidarsi soltanto intorno ai 13 centimetri. Nonostante lo standard ben dettagliato, in alcune mostre sono stati portati a premiazione Fiorini di taglia superiore, ma questo non deve essere d’esempio in quanto lo standard del Fiorino è di 13 cm. • Portamento Il portamento che più si addice a questa piccola razza è quello eretto che permette di evidenziare bene lo jabot e il collo totalmente privo di qualsiasi arricciatura.

Club di specializzazione

Parlando del Fiorino

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Club di Specializzazione

S pazio Club • Piumaggio Sul piumaggio dobbiamo dire che ci sono delle piccole divergenze di vedute. Alcuni preferiscono soggetti molto piumosi, anche perché il maggior volume li fa apparire più corti; altri li preferiscono più “sobri”, acciocché le arricciature risultino più scolpite. Come sempre, una via di mezzo può essere preferibile. Ciò che conta moltissimo è che le piume dell’addome, come è la norma in tutte le razze, siano chiaramente rivolte indietro, cioè non dovrebbe esserci alcun accenno di “colpo di vento”. Tanto più grave sarebbe se, nel caso l’addome fosse a “colpo di vento”, il fianco verso cui si dirigono le piume dell’addome fosse più sviluppato dell’altro e la spallina meno sviluppata dell’altra. In altre parole, si avrebbe come una rotazione di tutte le arricciature, che interessa talvolta anche lo jabot, il quale si presenta anch’esso a “colpo di vento”. Per chiarezza ancora maggiore, se sussiste la suddetta situazione delle piume addominali che, ad esempio, vanno verso sinistra, guardando il canarino dal davanti si vedrà il fianco sinistro più sviluppato del destro e la spallina sinistra meno sviluppata della destra. Un tale soggetto è quanto di più sgraziato sia dato vedere. Un minimo di piume di gallo deve essere presente. • Spalline La descrizione delle spalline è semplice: devono essere abbondanti e perfettamente simmetriche, come le pagine di un libro aperto a metà. Purtroppo, invece, talvolta l’una è più sviluppata dell’altra; la ragione sta nel fatto che queste arricciature, pur essendo due, nascono entrambe da uno stesso pterilio (pt. dorsale), tantoché può verificarsi che, dopo una muta, appaiano differenti, in meglio o in peggio, da come erano precedentemente. • Fianchi I fianchi sono, senza tema di smentita, le arricciature più caratteristiche e caratterizzanti di un qualunque Arricciato. Normalmente nei Fiorini sono di buona fattura, cioè, formati da molte piume e ben rivolti verso il dorso, fino a lambire sul dietro le spalline. • Jabot Compreso fra i fianchi è presente lo jabot che deve essere ben rilevato e “chiuso”, cioè non deve presentare una cavità superiore, come, invece, deve essere nell’Arricciato del Sud, nel quale, appunto, viene definito come “cestino”. Fra fianchi e jabot non deve essere interposta alcuna piuma, cioè il cosiddetto “stacco” fra le due arricciature deve essere netto. Spesso, invece, soprattutto nei soggetti più piumosi sono presenti alcune piume, per cui le due arricciature, jabot e fianchi, appaiono confuse fra loro, nuocendo all’eleganza del soggetto. Verso l’alto lo jabot deve essere ben staccato dal collo in modo da permettere a quest’ultimo di apparire in tutta la sua eleganza. • Testa e collo Per quanto concerne la testa, il ciuffo, sul dietro, deve raccordarsi totalmente con le piume del collo, mentre deve essere ben evidente sul davanti e sui lati, ma non così esteso da raggiungere gli occhi. Ovviamente le sue piume, come in ogni altro canarino ciuffato, devono partire da un centro ben evidente e irradiarsi da questo a mo’ di raggiera.Un ciuffo ben fatto, cioè ben raccordato sul dietro non è frequente. I difetti più comuni sono la calvizie nucale più o meno estesa e le due “crestine” ai lati della nuca, più accentuate nei maschi. Nel soggetto privo di ciuffo la testa sarà semplicemente liscia e, in particolare, priva delle suddette crestine. Il collo sarà di lunghezza tale da apparire ben distanziato dal sottostante jabot e dovrà essere totalmente liscio. Ogni traccia di arricciatura (cravattino od altro) è grave difetto. • Il Fiorino oggi A quasi trent’anni dal suo riconoscimento il Fiorino è, insieme all’Arricciato del Nord, la razza arricciata maggiormente presente nelle più importanti mostre. La sua ampia diffusione negli allevamenti di tutto il mondo è principalmente dovuta alla sua rusticità. È generalmente un canarino prolifico ed ha una buona tendenza a svezzare la propria prole senza particolari accorgimenti o interventi umani. Non necessita di “balie” e per un aspirante allevatore, spesso alle prese con problematiche relative allo spazio disponibile, ciò non è certamente cosa di poco conto. La razza, grazie alla rigorosa selezione praticata da Zingoni, è fissata ormai da moltissimo tempo e le “sorprese” sono quindi sempre più rare.

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CRONACA

L’importanza delle Mostre divulgative testo e foto di ISIDORO BRUZZESE

Q

uando si avvicina il periodo espositivo, ogni allevatore si affretta a visualizzare il calendario delle mostre, guarda con attenzione le date e programma la partecipazione a quelle che reputa più interessanti. È risaputo che alcuni di questi appuntamenti sono irrinunciabili: Internazionale di Reggio Emilia, Campionato Italiano e Campionato Mondiale, fanno sempre storia a sé.. Certamente non dico niente di nuovo e comunque non è di questo che mi voglio occupare. L’argomento, invece, che mi preme evidenziare è l’importanza che possono rivestire le mostre ornitologiche divulgative in questo periodo di leggera crisi d’identità che il nostro hobby sta attraversando.

Esposizione divulgativa di Reggio Calabria

È palese quanto le mostre divulgative sino ad oggi siano state sottovalutate, snobbate dagli allevatori affermati, e non solo. A mio avviso, questo trend deve cambiare e le associazioni devono trarre nuova linfa da queste piccole manifestazioni che potranno avere un ruolo nuovo e sicuramente più importante nell’immediato futuro. Divulgativa con una nuova veste, per le associazioni del territorio che le organizzano e che sempre più spesso – lo sappiamo bene - non riescono a gestire più la classica mostra locale a causa dei notevoli costi da sostenere ed i pochi introiti derivanti dalla difficoltà di raccogliere sponsor ed anche dalla riduzione del numero di ingabbi. Un nuovo ruolo di promozione ed attenzione per le esposizioni divulgative deve essere riconosciuto anche e

soprattutto dagli Organi Federali Nazionali (F.O.I.). È sotto gli occhi di tutti il crescente calo di soci verificatosi negli ultimi anni. L’età media dell’allevatore si aggira intorno ai 56 anni e solo parzialmente ci possiamo consolare con il fatto che è una tendenza in linea con una più ampia e generale situazione. L’età per il raggiungimento dell’agognata pensione aumenta continuamente, collegata come è al naturale miglioramento delle aspettative di vita. Resta il fatto che siamo sempre più un paese di anziani, senza un adeguato ricambio generazionale, da qualche decennio a questa parte, nel mondo del lavoro. Per cui non c’è alcuna meraviglia se anche in F.O.I. i soci sono diminuiti ed i giovani che si iscrivono non sono numerosi quanto tutti noi auspicheremmo.

L’allestimento presso il Centro Commerciale “Le Ninfee” di Reggio Calabria

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Ed allora, cosa possiamo fare? Proviamo iniziando a DIVULGARE con maggiore convinzione. Come? Entrando nelle scuole, ad esempio. Riconosco che, prima di ogni stagione espositiva, se ne parla sempre con ottimi propositi ma purtroppo non si riesce quasi mai a trasformare le intenzioni in realtà, vuoi per mancanza di tempo o per mancanza di mezzi economici e di risorse umane. Uno sforzo maggiore va comunque fatto: adoperiamoci affinché nei prossimi anni ciò possa realizzarsi avvicinando al nostro hobby i futuri allevatori di domani. La Federazione ci è vicina e ci supporta già con il materiale e gli opuscoli predisposti ad hoc: sta a noi Associazioni fare opera di promozione e divulgare sul territorio. Le mostre divulgative possono aiutarci molto ed a tal proposito voglio raccontarvi la recente esperienza vissuta con la mia associazione, la “Fata Morgana” di Reggio Calabria. Il Consiglio Direttivo dell’A.O.F.M., in fase di programmazione annuale delle attività associative, ha inserito in calendario, oltre alla consueta mostra ornitologica, anche una mostra a carattere divulgativo in data 4 e 5 gennaio 2020, senza ancora avere chiaro come o dove realizzarla ma con in mente un’idea ben precisa. In primis, sfruttare il periodo favorevole delle festività natalizie e poi trovare una location in centro città in

modo da attrarre ed avvicinare un numeroso pubblico. La priorità non era certo quella di fare il solito raduno tra allevatori o ridurre il tutto ad una mostra scambio. Di poca rilevanza anche il numero di soggetti da esporre; importante invece avere varietà di razze e soprattutto soggetti in perfetta salute. Fortunatamente si sono create delle circostanze favorevoli che ci hanno permesso di allestire una piccola area espositiva (circa 100 soggetti di varie razze e diverse cromie di colori) presso un’importante area commerciale cittadina. Canarini di colore, lisci ed arricciati, indigeni, esotici e qualche pappagallo hanno destato immensa curiosità tra i numerosissimi visitatori del centro commerciale. Nelle due giornate di apertura, grandi e piccini si sono avvicinati, affollandosi eccitati attorno agli uccelli. Tantissime le domande ai soci e dirigenti dell’associazione che per l’occasione si sono avvicendati allo stand F.O.I., appositamente predisposto con il materiale promozionale fornito dalla Federazione. Gli opuscoli divulgativi, i calendari, i

quaderni da colorare sono letteralmente stati presi d’assalto dai bimbi… ma non solo da loro. Tanti sono stati coloro che si sono avvicinati per chiedere spiegazioni - dalle più elementari a quelle di carattere più tecnico. Moltissimi coloro che notavano le diversità tra le diverse razze. Perché quello è spettinato, come è bello quello con il ciuffo , mi piace quello di colore rosso, che buffo quello magro che tiene il collo in giù. Ed ancora… non si contano quanti “nostalgici” ricordavano il nonno che amava tanto sentire in balcone il canto dei suoi uccellini. In alcuni dei visitatori è nata o si è riaccesa la passione, forse a lungo sopita ed hanno chiesto informazioni su come diventare soci. Qualcuno ha effettuato, ex novo, l’iscrizione all’associazione. Tanti hanno richiesto l’acquisto di un canarino e tutti sono stati accontentati ricevendo in regalo un uccellino. Nessuno tra i componenti del direttivo e tra i soci si è tirato indietro ed ha offerto con il cuore parte del surplus del proprio allevamento. Per noi è stata soltanto una piccola buona azione e soprattutto un modo di dare gioia ad un bambino. Ma la divulgazione che abbiamo offerto è stato anche il mezzo migliore che avevamo per incentivare e diffondere la passione per questo hobby che, in questi anni difficili, ha ancor più bisogno di crescere… crescere in maniera positiva.

Momenti di intrattenimento e promozione dell’attività sociale svolta dalla F.O.I.

L’associazione Fata Morgana attiva e propositiva nell’opera di divulgazione

Il segretario Marco Potitò consegna in regalo l’uccellino scelto dal neo allevatore

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Proviamo iniziando a DIVULGARE con convinzione e consapevolezza


DIDATTICA & CULTURA

Osservazioni tecniche e scientifiche sul piumaggio degli uccelli testo e immagini di Giorgio de Baseggio

Si precisa che le argomentazioni trattate in quest’articolo si riferiscono alle Razze arricciate escluse le seguenti di recente riconoscimento ufficiale: Giraldillo Sevillano, Rogetto, Benacus Introduzione sul piumaggio degli Uccelli: il corpo degli Uccelli è rivestito di penne che sono produzioni della epidermide (pelle) formate da una radice infissa nella pelle detta calamo, da una parte sporgente costituita dal rachide (un asse mediano che ha la funzione di sostenere la penna) e dal vessillo (insieme delle barbe situate ai lati opposti del rachide). A seconda che il vessillo sia più o meno compatto e il rachide più o meno sviluppato si distinguono vari tipi di penne: le penne propriamente dette, le pennopiume e le piume. Il rachide, è suddiviso nelle seguenti parti: ombelico inferiore ombelico superiore - iporachide - barbe - barbule - uncini. La penna è costituita da: calamo - rachide rigida - barbe coerenti - barbule tra loro rese compatte dagli uncini. La pennopiuma ha calamo e rachide forte, ma le barbe non coerenti. La piuma ha un piccolo calamo ed è priva del rachide e le barbe sono incoerenti. Le penne di contorno (dette anche “penne del corpo” o “piume”) costituiscono la gran parte del piumaggio che copre il corpo

Prima parte

del volatile. Si distinguono due gruppi di penne più grandi e più sviluppate: le remiganti delle ali e le timoniere della coda; sono chiamate anche le “penne forti” perché possiedono, ai lati delle barbe, particolari strutture, dette barbule, tra loro molto uncinate

Figura 1 - struttura del tegumento

e il tutto mantiene ordinato e compatto l’intero vessillo e ciò conferisce una particolare rigidezza che serve per fare presa nell’aria durante il volo. Le piume possiedono un vessillo più o meno incoerente per la maggiore o minore assenza di barbule e il loro rachide è breve o assente. Esistono vari gradi intermedi che collegano le piume alle penne; ad esempio le semipiume in cui il rachide è più lungo delle barbe; anche le vere penne hanno alla base del vessillo un certo numero di barbe sciolte piumose le quali, nel loro insieme, costituiscono il cuscinetto termoisolante degli Uccelli. Le setole sono penne con rachide rigido e barbe assenti o limitate alla porzione basale; in genere si trovano attorno alla base del becco e attorno agli occhi, oppure sulla testa o sulle dita. Le filopiume (o plumule) sono penne sottili con poche barbe alla estremità libera e hanno il rachide molto corto e flessibile: pare che abbiano funzioni sensoriali legate a mantenere in ordine le penne di contorno. Il piumino (costituito da piume che hanno il calamo debole e barbule prive di uncini) e le barbe si inseriscono attorno al calamo a livello della cute; il piumino è il rivestimento del pulcino (prole atta) e del nidiaceo (prole inetta). Formazione delle piume e delle penne Sia nei Rettili, sia negli Uccelli e sia nei

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Mammiferi la pelle è composta da tre strati principali che, procedendo dall’interno all’esterno, sono: derma che si appoggia sul muscolo - strato germinativo (detto anche strato del Malpighi) che è un epitelio costituito da più ordini di cellule che si moltiplicano attivamente e che sostituiscono le cellule più esterne che muoiono e si disidratano e vanno a forare il terzo strato, chiamato strato corneo. Nei Rettili lo strato corneo è organizzato in particolari strutture chiamate squame che possono essere piccole a forma di tubercolo; più grandi a forma di scudo ravvicinate come delle piastrelle di un pavimento, oppure parzialmente sovrapposte (appoggiate una all’altra come un embrice). Sulle zampe degli Uccelli si trova lo stesso tipo di squame (embricate); mentre nelle altre parti del loro corpo la pelle è uniforme e sottilmente corneificata in certe zone (apterili) e in altre zone (pterili) si presenta una serie di penne. Le penne si originano da papille dermiche che sono a forma di cono e inclinate e sono costituite quasi interamente da beta-cheratina.

Figura 2 - sviluppo delle piume e delle penne

Sviluppo della piuma Il derma (papilla dermica) provvisto di vasi sanguigni, stimola il sovrastante epitelio a moltiplicarsi con la formazione di una papilla epidermica rivestita da uno strato cuticolare detto periderma. Le due papille (dermica ed epidermica) formano il germe della piuma e la sua parte inferiore si infossa nella pelle formando il follicolo. La parte della papilla epidermica inferiore dà luogo ad una zona basale a forma di anello che prolifera modellando delle pieghe longitudinali che danno origine alle barbe della piuma. Il germe cresce e la piuma sporge dal corpo dell’uccello; il periderma si rompe e le punte delle pieghe epidermiche corneificate si seccano e si aprono a raggiera formando le barbe. La piuma cresce, le barbe si allungano mentre la parte più interna della papilla dermica (quella che giace al di sotto della pelle) forma il calamo che tiene unite le barbe e incastra la piuma nella pelle. Alla base resta sempre una piccola papilla dermica che formerà una nuova piuma quando la precedente sarà caduta.

Sviluppo della penna Le piume che si sono formate nel modo sopra descritto sono tipiche dei nidiacei appartenenti alle Specie la cui prole è in grado di abbandonare il nido poco dopo la schiusa dell’uovo (esempio: pulcini di Galliformi come i Fagiani) e dette piume in certe parti del corpo resteranno tali (funzione termoisolante), ma nelle restanti parti verranno sostituite dalle penne. Lo sviluppo della penna segue il medesimo processo descritto in precedenza; alla caduta della piuma la piccola papilla dermica induce alla proliferazione epidermica. L’epitelio germinativo anulare (quello sotto alle pliche longitudinali) subisce una crescita differenziale e le cellule epiteliali si accumulano e si dirigono verso l’esterno trascinando le pieghe epidermiche ai due lati opposti dell’asse centrale. Quest’ultimo, in seguito alla cheratinizzazione e alla rottura del periderma, diverrà il rachide della nuova penna; le pieghe, anch’esse cheratinizzate, si appiattiscono e si distendono con la formazione delle barbe simmetriche rispetto al rachide. Il piccolo tubo infossato nella pelle è detto follicolo e avvolge come una guaina la parte inferiore della penna e ha la funzione di sostegno delle parti soprastanti. La pterilosi Ad eccezione di poche Specie di Uccelli (esempio: Emù, Struzzi, Pinguini, ecc.) le piume e le penne non emergono da tutta la superficie della pelle, ma seguendo dei tratti prevalentemente lineari (solo quelli della testa e del dorso sono compatti) che si chiamano pterili. Le zone senza pterilii si chiamano apterili che possono essere nude o con piumini o con piume sofficissime. Le penne di contorno coprono tutto: sia le zone con pterilio e sia quelle con apterilio. Tipi di pterili nei Canarini con riferimenti alle Razze arricciate PTERILIO CRANIALE: distribuito su tutta la testa. Nella Razza “Arricciato Padovano Testa liscia” le piume che sorgono sui due lati del pileo della testa si espandono fino a costituire i “sopraccigli” che si trovano con la porzione

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Figura 3 - vari tipi di piume e di penne

anteriore sopra l’occhio che viene in parte coperto e con la parte posteriore formano una sporgenza detta “cornicione” che conferisce al Canarino l’“occhio da rapace”. Nella Razza “Arricciato Gigante Italiano” (noto anche come “A.G.I.”) il pterilio craniale può partecipare in forma variabile sia ai vari tipi di testa (cappuccio pieno e sue varabili; doppia cuffia; incudine allargata, ecc.), sia al bavero rialzato, sia al collare, sia ai favoriti e sia alle piume del mento e della gola. Nella Razza

“Arricciato di Parigi” il pterilio craniale concorre alla formazione dei vari piumaggi della testa: elmo, calotta, favoriti, mento, gola e nei migliori soggetti il margine inferiore (basale) anche alla formazione del collare che attornia tutta la base della testa. PTERILIO DORSALE: parte dalla porzione posteriore e mediana dello pterilio craniale e, mantenendo pressoché costante la larghezza, attraversa tutto il collo e inizia ad allargarsi a circa metà della regione delle scapole e, man

Figura 4 - vari tipi di pterili nel Canarino: 1. pterilio craniale - 2. pterilio ventrale - 3. sfiocco - 4. gamba - 5. pterilio anale - 6. pterilio caudomarginale - 7. pterilio sottocaudale - 8. pterilio dorsale - 9. piccolo pterilio omerale - 10. grande pterilio omerale - 11. mandorla - 12. pterilio femorale - 13. pterilio sopracaudale - 14. pterilio sopraalare - 15. pterilio marginale - 16. pterilio sottoalare

mano prosegue, si allarga e poi gradualmente si restringe sagomando una area a forma di mandorla che si allunga verso la regione della coda. Il tratto iniziale a larghezza uniforme forma delle piume che si rivolgono sui lati verso l’esterno dando origine alle spalline. La mandorla origina piume più o meno lunghe di colore carico che rivestono la regione del groppone. Nelle due Razze molto arricciate (Arricciato di Parigi e Arricciato Gigante Italiano) dalla mandorla si dipartono lunghe piume che formano, sopra alle remiganti dell’ala, sia un evidente ciuffo di piume allungate chiamato mazzetto della groppa (o bouquet) e sotto l’ala, un ciuffetto chiamato paracerco. PTERILIO OMERALE: costituito da due tratti; un tratto che attraversa l’omero ed è più lungo e più folto di piume (grande pterilio omerale); l’altro tratto segue il margine anteriore della plica detta “patagio” ed è più corto (piccolo pterilio omerale). Questi due tratti danno origine alle piume che formano le spalline. PTERILIO FEMORALE: è un tratto che si trova alla altezza del femore e forma un rigonfiamento di piume ad andamento antero-posteriore e ricoprenti la gamba. Questo mazzetto rigonfio è chiamato “culotte” nell’Arricciato di Parigi e “calzone” nell’Arricciato Gigante Italiano.

Figura 5 - vari tipi di pterili e zone di essi con le varie arricciature (disegno di G. de Baseggio): a. collare alto - b. spalline (mantello) - c. bouquet (mazzetto) d. culotte (calzone) - e. paracerco - f. piume di gallo (lancette) g. collare basso - h. jabot (pettorina) - i. fianco

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Figura 6- primo Canarino arricciato sul petto nato in Olanda nel 1700 - Canarino comune (da J. Jannin)

PTERILIO CAUDALE: è la pterilosi della coda. È costituito dai seguenti tratti: 1) pterilio caudomarginale che forma un orlo sui margini esterni del codione e origina l’impianto delle 10 timoniere – 2) pterilio sovracaudale ed è un tratto trasversale che dà origine alle piume di gallo - 3) pterilio sottocaudale, tratto nella parte inferiore del codione e forma le piume del sottocoda. PTERILIO ALARE: è costituito da tre

tratti: 1) pterilio sopraalare (fornisce le copritrici sulle ali) - 2) pterilio sottoalare (dà origine alle piume sottoalari) - 3) pterilio marginale che si trova sull’orlo di pelle marginale che copre le ossa distali dell’ala (carpo, metacarpo, dita) e formano le penne remiganti. PTERILIO DELLA GAMBA: si trova sulla regione della gamba. PTERILIO VENTRALE: si diparte dalla parte mediana inferiore del pterilio

Figura 7 - Canarini olandesi arricciati nati nel 1780 (da E. Budan)

Figura 8 - copertina del libro di P.Aubac con Arricciato Olandese di Parigi (Serin Frisé Parisien) come era nel 1830

Figura 9 - sopra Arricciato di Parigi a forma di croissant (Foto G. de Baseggio) Sotto Arricciato Padovano (disegno di G. de Baseggio)

craniale (gola) un tratto unico che si allunga sotto al collo e si sdoppia sui lati del petto e si allarga gradualmente fino a formare lo sfiocco; poi si restringe di colpo e ogni parte si allunga sui lati dell’addome e si avvicina all’ano. La porzione della prima parte doppia compresa tra il punto di sdoppiamento e lo sfiocco fornisce le piume del petto (jabot, pettorina) e le piume dei fianchi. I doppi tratti che partono dallo sfiocco e costeggiano i lati dell’addome forniscono le piume che coprono la regione addominale. PTERILIO ANALE: è distribuito sui

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Figura 10 - Arricciato Gigante Italiano (A.G.I.) con fianchi mediali (Foto G. de Baseggio - Allevamento A.Casasola )

margini della cloaca e dà origine a piccole piume che si aprono, in forma circolare, sia durante la copula e sia per la emissione delle feci. Brevi cenni di storia sulla comparsa dei primi Canarini arricciati Consultando antichi libri abbiamo appreso che le prima segnalazione della comparsa di piume arricciate nel Canarino domestico sembra sia avvenuta verso l’anno 1700, in Olanda. In un allevamento olandese nacque un Canarino diverso dagli altri normali Canarini; era più lungo, più curvo, si teneva sul posatoio piegato in avanti e aveva un gruppo di piume arricciate sul petto. La improvvisa comparsa delle piume arricciate, alla luce delle acquisizioni di Genetica, è dovuta ad una mutazione di geni nel patrimonio

ereditario dei Canarini. Detta mutazione influenza tutto l’organismo e agisce in particolare sulla ghiandola endocrina ipofisi che a sua volta regola e stimola l’attività sia della ghiandola tiroide e sia quella delle ghiandole gònadi (ovaie e testicoli). Le predette tre ghiandole hanno molte funzioni e tra esse anche quella di intervenire nella formazione delle piume e penne. La luce influenza direttamente l’attività della ipofisi la quale, a sua volta, regola e stimola l’attività delle altre ghiandole. Nel caso specifico della mutazione genetica che aveva colpito nell’anno 1700 il Canarino olandese, probabilmente essa ha agito sulle ghiandole endocrine potenziandone l’azione dei vari ormoni con il conseguente allungamento del corpo, degli arti posteriori, delle remiganti e delle timoniere, e la formazione delle prime piume arricciate sul petto. L’allevatore olandese, presumibilmente, ha accoppiato il nuovo esemplare con le arricciature ai fratelli e al genitore di sesso opposto al suo allo scopo di fissare geneticamente la nuova caratteristica. I suoi figli furono selezionati accoppiando tra loro i soggetti con il maggiore sviluppo delle piume arricciate le quali si estesero ad altre parti del corpo. Nei decenni gli olandesi selezionarono Canarini di maggiore lunghezza, più eretti dei Canarini normali, con aumento delle arricciature sul petto e loro estensione alle piume dell’addome. Gli olandesi, nei decenni successivi all’anno 1780, selezionarono Canarini arricciati con le arricciature, oltre a quelle del petto, sempre più sviluppate ad altre parti del corpo: fianchi, dorso, ecc.. Vari esemplari di “Frisé Hollandais” furono acquistati da allevatori belgi che

Figura 12- mantello a rosa di Arricciato Gigante Italiano bianco pezzato ardesia (foto: Paul Putz). Questo mantello a rosa mostra un andamento delle piume che gira da destra a sinistra (vedi testo caso della sezione della Figura 2). Questo andamento porta ad un abbassamento del fianco sinistro, il “colpo di vento” delle piume dell'addome rivolto verso destra e un rafforzamento del ciuffo di piume del fianco destro che si rivolge verso l'alto

li accoppiarono ad altre Razze: a Malinois allungati da canto e a Bossu a forma di “1” dalle spalle alte con forma-

Figura 13 - Canarino AGI bianco pezzato ardesia con mantello a rosa regolare (foto Paul Putz). Essendo l'andamento delle piume regolare ed equilibrato ciò comporta una simmetria generale che facilita l’innalzamento verso l'alto di entrambi i fianchi (vedi sezione numero 5)

Figura 11- sezioni del corpo di Canarini arricciati che mostrano varie combinazioni del rapporto tra spalline e fianchi (disegni di G. de Baseggio)

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zione di due tipi: quello di “tipo Malinois” e quello di “tipo Bossu”. Tanti esemplari di variabili caratteristiche morfologiche, ma con maggiore lunghezza, colli allungati e piegati in avanti o in basso, spalle alte e posizione più eretta. Secondo il Signor Jules Janin (Autore del libro “Les Serins - Canaris et Hollandais - Editore Tissot, Paris, anno 1852) nel suo libro sostiene che l’Arricciato Olandese per la prima volta fu allevato in Olanda e fu introdotto in Francia tra gli anni 1730-1733. Nel 1740 la Duchessa francese de Berry (appassionata di Canarini e di Fringillidi), in compagnia del Signor Hervieux De Chanteloup (noto esperto di quei tempi e curatore delle voliere di uccelli della Duchessa), si recarono in Olanda per acquistare Canarini “olandesi” di qualità presso i migliori allevatori che portarono in Francia. Durante una esposizione di Uccelli a Lilla vari allevatori acquista-

rono alcun Canarini arricciati della Duchessa con lo scopo di accoppiarli e selezionare nuovi Canarini più arricciati e di maggior taglia. Altri allevatori francesi, acquistarono dal Belgio i due tipi predetti (tipo Malinois e tipo Bossu) che fusero insieme e selezionarono esemplari con piumaggio sempre più arricciato ma di due tipi della posizione: tipo “Bossu” stilizzati a “7” e con arti posteriori lunghi e rigidi (ossia con scarsa o nulla angolatura tra gamba e tarso-metatarso) e il tipo “curvo o a croissant” (cornetto), ma con arricciature più lunghe e più soffici. Nei decenni successivi, nei vari distretti della Francia si allevarono contemporaneamente Canarini arricciati di taglie e forme variabili che furono così chiamati: Frisé Hollandais - Trompetter du Roi - Hollandais Belge - Frisé Bossu Serin Bossu-Hollandais du Nord- Frisé de Roubaix o Roubaisien - Frisé Lillois Frisé Munichois - Brabançons - Brussel-

Figura 14- Arricciato del Nord con le 3 arricciature principali (disegni di G. e de Baseggio)

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lois - Frisé Hollandais jambes de chenille- F.H. jambes culotté - Hollandais Parisien a croissant. Da questo ultimo tipo, con il passare di vari decenni, si ottenne il tipico “Frisé Parisienne croissant” (Arricciato di Parigi a “cornetto”: tipico dolce francese a forma di mezza luna). Col passare dei decenni molte varietà e sottorazze sparirono e, in tempi relativamente recenti, in Francia si riconobbero solo tre Razze: Frisé Parisienne - Frisé Hollandais du Nord Frisé Hollandais du Sud. Piume e penne lisce e arricciate Negli Uccelli, di norma, il piumaggio è liscio e le “piume di contorno” sono piegate e rivolte all’indietro (ossia assumono la stessa direzione dell’asse del corpo), e l’asse della piuma forma un angolo rispetto alla superficie del corpo e le piume si devono giustapporre le une sulle altre per costituire un piumaggio liscio in modo da ridurre al minimo l’attrito con l’aria durante il volo. Alla base (radice) delle piume si incastrano due piccoli muscoli (muscoletti pennomotori): uno dei muscoli avvicina la piuma al corpo e l’altro la allontana (sollevamento). L’azione dei due piccoli muscoli è importantissima: se fa caldo le piume vengono compresse al corpo (per ridurre al minimo il cuscinetto d’aria isolante) e se fa freddo le piume vengono sollevate tanto più quanto è bassa la temperatura (ciò amplifica il cuscinetto d’aria che isola il corpo dall’ambiente esterno riducendo il pericolo del congelamento). Le penne “forti”, remiganti e timoniere, si allargano durante il volo e si restringono se il volatile non vola. Le piume arricciate hanno una direzione diversa da quella normale del piumaggio liscio sopra descritta; ciò è dovuto al fatto che nel follicolo della piuma riccia la sua radice subisce una “torsione” in seguito alla quale l’asse delle piume forma un angolo con l’asse del corpo. Questa rotazione si manifesta per raggruppamenti di piume che emergono da uno stesso pterilio e ciò forma dei mazzetti compatti di piume; ossia dei gruppi di piume arricciate che hanno diverse denominazioni. Continua sul prossimo numero


ALIMENTAZIONE

Il Nasturzio

L’orto-ornitofilo

Fiori belli da guardare, molto buoni da mangiare e… (per chi non si arrende mai) da regalare! testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI

Premessa - Nonno…. Nonna… mi venite ad aprire il cancello? La voce di Sahumi rimbalza tra una zolla e l’altra (sto zappettando le nuove piantine di insalata) e tra il gorgoglio dell’acqua che Angela fa scorrere tra le zucchine ed i cetrioli…- Vado io, Gigi…- mi dice mia moglie, e dopo un po’ ecco che mi trovo le braccia della nipotina attorno al collo ed un bacio sulla guancia! - Ciao, nonno! - Cosa sono queste effusioni? Stai attenta, mi calpesti le piantine di insalata! - Nonno, nonna, il babbo e la mamma mi hanno regalato una bicicletta nuova… la volete vedere? È lì, fuori dal cancello. - Adesso ho da fare, fra un po’…- le rispondo. - Dai nonna, vieni tu… è molto bella! Ti faccio vedere come si va… Mentre la nonna va su con la nipote, prendo il tubo di gomma e seguito ad innaffiare. Giunto vicino all’aiuola delle erbe aromatiche e fiori officinali, tra cui spiccano più alti i fiori del nasturzio, ecco che Sahumi si fa nuovamente viva e, avvicinandosi quatta quatta: - Nonno, posso aiutarti ad innaffiare questi bei fiori?... La nonna è rimasta a parlare con la mamma… e così tu puoi finire di zappettare l’insalata! - Va bene… ma devi star attenta a non bagnare foglie e fiori… anzi, ti faccio vedere una cosa… Prendo la gomma e con un piccolo getto d’acqua cerco di bagnare alcune

Fiori di Nasturzio appena raccolti

foglie di nasturzio, poi dico a Sahumi: - Adesso tocca una foglia della piantina che ho bagnato - Ma… nonno, non è bagnata! - Ecco,- le rispondo- è una caratteristica di questa pianticella… L’acqua scivola via e le foglie non si bagnano, ma se bagni i fiori questi si rovinano e non possiamo più raccoglierli per utilizzarli in cucina. Ti sono piaciute le frittatine della nonna? – Sahumi annuisce – Ebbene, alcune erano preparate con questi fiori, altre con quelli di zucca... Inoltre il nonno, con le foglie ed i fiori fa anche degli infusi, utili per… - Come quelli che dai anche ai canarini? – mi interrompe Sahumi – Brava, proprio così! Cedo la gomma a Sahumi e la invito

nuovamente a stare attenta e a non sporcarsi. - Nonno, come si chiamano queste pianticelle con questi fiori a più colori e le foglie che non si bagnano? Perché le hai piantate in queste aiuole, nell’orto, e non nei vasi vicino al portico? Mentre le rispondo che si tratta del nasturzio la mia mente collega le origini delle pianticelle con quelle di mia nipote (Otto anni fa, all’età di poco meno di due anni, è arrivata la nostra nipotina Sahumi Estrella, direttamente dal Perù….); le dico che è una pianticella proveniente dal Perù, dove è nata, e dove è molto diffusa e conosciuta non solo come erba da mangiare, ma anche curativa: con le sue foglie venivano curate le ferite.

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Nasturzio salmone

Nasturzio rosso arancio

Nasturzio rosa ciliegia

- Ma, nonno, come è arrivata qui da noi? - Ecco, ascolta… e le racconto che nel ‘500 alcuni esploratori spagnoli giunti in Perù furono colpiti dalla bellezza di quei fiori multicolori a forma di campanula; presero perciò diverse pianticelle e dei semini e li portarono in Spagna e da qui, data la sua bellezza, il nasturzio si diffuse in tutta Europa ed anche in Italia. Inizialmente, vista la bellezza e varietà dei colori dei fiori, venne utilizzata come pianta ornamentale, ma negli anni successivi alcuni studiosi di erbe medicinali resero più famosa la pianticella, avendone scoperto molte proprietà sia culinarie che medicinali e si iniziò a coltivarla negli orti, soprattutto dei monaci; si scoprì anche che la sua presenza allontanava gli insetti nocivi dalle colture orticole. - Oh, che bello, nonno! Mi puoi dare alcuni fiori che li porto alla mamma dicendole che sono del Perù? Le raccolgo alcuni fiori e Sahumi corre via felice dalla sua mamma mentre io… rimango con il tubo di gomma nelle mani. La chiacchierata con mia nipote, che ha appena finito la IV^ elementare, mi ha dato lo spunto per descrivere questa pianticella dai fiori non solo belli da guardare ma anche molto buoni da mangiare.

Classe: Magnoliopsida Ordine: Genariales Famiglia: Tropaeolaceae Genere: Tropaeolum Specie: T. majus Volgare: Nasturzio, Tropeolo, fiore Cappuccio, Cappuccina Origine: America del Sud - Perù - Ecuador

naria dell’America Meridionale, coltivata in Italia a scopo ornamentale”.

Classificazione Botanica Regno: Plantae Divisione: Magnoliophyta

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Etimologia da: www.treccani.it/vocabolario/nasturzio “nastùrzio s. m. [dal lat. nasturtium, interpretato, secondo un’etimologia pop. accolta da Varrone e poi da Plinio (Nat. hist. XIX, 155: «nomen accepit a narium tormento»), come comp. di nasus «naso» e tortus, part. pass. di torquēre «torcere», per l’odore piccante del crescione]. 1. In botanica, genere di piante erbacee delle Crocifere comprendente alcune specie originarie dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa settentrionale, rappresentate da piante perenni, con foglie a segmenti di grandezza diversa e piccoli fiori bianchi riuniti in racemi, che vivono in ambienti acquatici o su suoli umidi, come il n. acquatico o crescione d’acqua (lat. scient. Nasturtium officinale), comune in tutta Italia; la maggior parte delle specie assegnate nel passato a questo genere sono attualmente incluse in altri generi. 2. Nome comune di piante appartenenti a generi e famiglie diversi e in particolare del nasturzio comune (Tropaeolum majus), detto anche n. del Perù o cappuccina, erba annua della famiglia Tropeolacee, origi-

Descrizione e Coltivazione Nel mio orticello, ogni primavera semino il Nasturzio comune alternato tra la Calendula ed il Tagete, sia per allontanare i vari insetti che possono infestare le colture, sia per avere un orto di variopinti fiori, ma anche per sfruttarne le proprietà culinarie e fitoterapiche. Ed è di queste proprietà che, di seguito, faccio una descrizione sommaria. Il Tropaeolum majus (nome dato da botanico Linneo e deriva del termine greco tròpaion che significa “trofeo”) è una pianta erbacea annuale, molto rustica, da non confondersi con il Nasturtium officinale (crescione d’acqua) con il quale condivide lo stesso sapore agro-piccante ma rispetto al quale possiede caratteristiche diverse. Si adatta molto bene anche nei terreni poveri, ma non disdegna un concime biologico e un terreno ben drenato: nel complesso ha poche esigenze se non un terreno leggermente umido e teme le temperature rigide. Nella mia zona già ai primi di novembre con le prime brinate sparisce, lasciando nel terreno i suoi semini, da cui, nella primavera successiva con i primi raggi caldi del sole, nascono in poco tempo nuove e vigorose piantine. La semina sia in vaso che in pieno campo va fatta generalmente dal mese di marzo, fino a giugno. Quando le temperature nei mesi più caldi sono elevate, è oppor-


Nasturzio rosa

Nasturzio fuxia

Nasturzio giallo

tuno tenere il terreno sempre umido. La piantina si sviluppa su di un fusto molto gracile che nella varietà orticola non supera i 30-40 cm, mentre nella varietà rampicante, o strisciante, può raggiungere anche i 2-3 metri di altezza. Le foglie crescono alternate ed hanno un lungo picciolo; sono piatte, di forma rotondeggiante, di color verde lucido, con il margine intero e con nervatura palmata di colore giallo-verdastro ed emanano un odore intenso, pungente e speziato. Le foglie sono molto particolari, in quanto non si bagnano, sono idrorepellenti. L’acqua che arriva a contatto con le foglie non le bagna, ma forma dei goccioloni che rotolano sul lembo della foglia fino a cadere: si tratta del cosiddetto effetto loto che è molto scenografico. I fiori, che hanno 5 petali, sono sostenuti da rametti molto fragili, e compaiono da giugno a novembre inoltrato; hanno la forma di un elmo o cappuccio (capucine secondo i francesi) che termina con un lungo sperone posteriore. Il colore della corolla è molto variabile secondo la varietà: dall’arancio al bianco, dal rosso o color mogano fino ai più particolari crema, pesca, salmone, rosa ciliegia o sfumati ottenuti attraverso selezioni ed ibridazioni, ben visibili nelle fotografie allegate. Il profumo ricorda quello del miele e il fiore è molto bottinato dalle api. Il frutto, infine, è costituito da un piccolo baccello di colore verde, all’interno del quale sono racchiusi 3 grossi

semi che si raccolgono appena iniziano a seccare.

fibra alimentare e di proteine vegetali ed inoltre l’alto quantitativo di clorofilla depura il sangue e stimola la produzione di globuli rossi, nonchè l’appetito e la digestione. Nella medicina popolare le foglie fresche del nasturzio vengono consigliate per una cura primaverile ricostituente. Grazie agli oli essenziali, che hanno anche caratteristiche antibatteriche e antimicotiche, il nasturzio svolge un’efficace azione battericida e, appunto, antimicotica senza danneggiare la flora intestinale come potrebbero fare i medicinali sintetici.

Proprietà fitoterapiche Il nasturzio, oltre ad essere una pianta molto apprezzata in campo ornamentale e gastronomico, possiede particolari proprietà curative che la rendono una pianta medicinale molto preziosa e molto considerata in erboristeria ed omeopatia. È ricca di acido folico, calcio, manganese, ferro e fosforo, ma soprattutto di vitamina K, vitamina C, betacarotene, luteina e zeaxantina. Contiene buone dosi di

Aiuola con Nasturzio

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lizzante soprattutto per chi lavora oppure è esposto molto davanti al PC, tablet, telefonini, televisori ed altri sistemi audiovisivi, per contrastare i danni dell’inquinamento dati dalla luce blu. Una curiosità per chi ha problemi con i capelli: per contrastarne la caduta o per ridare vigore al cuoio capelluto e vitalità al bulbo dei capelli, il tricologo consiglia un infuso di foglie fresche di nasturzio, con l’aggiunta di un cucchiaio di sidro (bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione alcolica di mele o di pere) o di succo di limone per capelli biondi!

L’intera pianta viene inoltre indicata nei casi di infiammazione dei bronchi e delle vie urinarie. È scientificamente documentato che il Tropaeolum majus è una delle pianticelle con il più alto contenuto di vitamina C; infatti, 100 grammi di nasturzio contengono 500 mg di vitamina C (il fabbisogno giornaliero di un adulto è di 75 mg). Infine, in caso di ferite, piaghe e ulcere della pelle, un decotto di foglie di nasturzio agisce come disinfettante e antibiotico, riducendo notevolmente il rischio d’infezioni. Proprietà culinarie e cosmetiche Portare in cucina i fiori e le foglie del nasturzio, dietro il consiglio dell’amico agronomo, per me è stata una vera novità. Una novità piacevole quanto la bellezza dei suoi fiori. Tutte le parti del Tropaeolum majus sono commestibili ed hanno un sapore leggermente piccante, simile al crescione. Vediamo come possiamo utilizzarle. Fiori e petali di fiore Partendo dall’utilizzo dei fiori freschi in insalata e nelle frittate, possiamo proseguire con il ripieno per ravioli, per arricchire tramezzini e antipasti, per dare un tono particolare a minestre; inoltre, possiamo abbinarli ai formaggi, alle uova, alla bresaola aggiunti alla classica rucola, ecc... Con le gemme dei fiori possiamo anche sostituire i capperi ad esempio nelle insalate di riso o per aromatizzare e decorare l’aceto. Foglie Come per fiori e petali possiamo utilizzarle in insalata, nelle frittate, per tramezzini e antipasti, per arricchire le minestre, tenendo presente che il sapore è più intenso. Semi immaturi (raccolti quando i petali del fiore sono secchi) Messi sotto aceto di vino, aromatizzano l’aceto stesso e si possono usare al posto dei capperi. Semi maturi secchi Se tostati in forno e macinati possiamo usarli in sostituzione del pepe. Anche i pesti si prestano ottimamente ad essere realizzati con foglie e fiori di nasturzio in sostituzione del classico

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Nasturzio con sperone

basilico con le varie aggiunte di aglio, pinoli, noci, mandorle, olio extra vergine di oliva e parmigiano. In dermocosmesi, l’estratto di nasturzio è un potente bio-attivo ad azione ossigenante, riattivante e purificante della pelle. Viene consigliato (clinicamente testato su pelli caucasiche ed asiatiche) come attivo detox e rivitaFrittatina con fiori di Nasturzio

Il mio utilizzo L’amico agronomo, che mi consigliò, quando impiantai l’orticello, di creare aiuole per erbe aromatiche e fiori officinali, aveva perfettamente ragione. - Gigi, avrai due grandi benefici: primo, allontanerai afidi, nematodi e altri insetti nocivi alle colture orticole che pianterai; secondo, avrai per la tua tavola una varietà impagabile di aromi particolari di piante con grandi proprietà salutistiche. Oggi, onestamente, utilizzo ancora qualche macerato di ortica o di aglio su alcune colture (soprattutto per gli afidi delle rose), ma la mia tavola si è arricchita sicuramente di gusti ed aromi particolari che fino a qualche anno fa erano impensabili e, da incallito ornitofilo, volete che non abbia sperimentato tisane ed infusi anche nell’allevamento dei canarini? Ebbene sì! Con fiori e foglie di nasturzio in infuso, che di seguito descrivo e rispetto al quale confidavo nell’azione antibatterica e antimicotica, ho inumidito per alcuni giorni il pastoncino secco che ho somministrato durante le cove ai canarini; genitori e piccoli hanno gradito, senza alcuna controindicazione! Ecco come realizzare l’infuso di nasturzio: in ½ litro di acqua bollente metto 15 foglie fresche (pari a circa 30 gr.) con 4 o 5 fiori e lascio in infusione per 1520 minuti; quando è ancora tiepido filtro il tutto con un colino ed aggiungo uno o due cucchiai di miele millefiori per togliere il sapore amarognolo-piccante. L’infuso così ottenuto, messo in una bottiglia di vetro, si può mantenere in frigorifero per circa un mese.


Conclusione Per chiudere, anche il nasturzio nel linguaggio dei fiori e delle piante ha un significato proprio che viene da molto lontano, ed è dovuto alla forma di piccoli elmi dei suoi i fiori, per cui questa pianta è sempre stata considerata pronta per la lotta! Infatti, anticamente, questi fiori venivano incisi sulle armi, negli elmi, sugli scudi e sulle spade dei cavalieri e di coloro che si apprestavano a scendere in campo per combattere. Regalare una pianta di nasturzio ha assunto il significato anche di resistenza, di non arrendersi, di lotta e di buon auspicio per tutti quelli che stanno per iniziare una nuova attività, o un’impresa reputata difficoltosa. Chi ha dello spazio, o nel giardino o in un vaso sul davanzale della finestra o sul balcone, non disdegni di adornarsi di una cascata di questi fiori, dei quali, oltre alla possibilità di decorare gli ambienti con i loro meravigliosi petali

Aiuola di Nasturzio con Calendule

dalle più svariate tonalità, potrà sfruttare le proprietà culinarie e fitoterapiche e attingere, secondo il linguaggio dei fiori, forza e coraggio mentali

per superare le avversità che si possono incontrare nel corso della vita, come veri lottatori, senza arrendersi mai. Ad maiora, semper!

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P agina aperta A

bbiamo ricevuto con molto piacere un messaggio dagli organizzatori della prima esposizione ornitologica svoltasi in Cina, i quali avevano fatto visita allo stand della F.O.I. in occasione della scorsa mostra internazionale di Reggio Emilia, sancendo l’inizio di una collaborazione confermata dalla presenza in Cina del nostro allevatore e giudice Fabrizio Varriale. Di questi tempi, il Paese orientale è purtroppo alla ribalta di tutti i media a causa della diffusione del Coronavirus, che sta destando non poca preoccupazione a livello globale. Proprio per questo motivo, come segno tangente di solidarietà e vicinanza al popolo cinese, ospitiamo volentieri in questa rubrica il testo e le immagini relative a tale evento, auspicando che la prossima edizione della mostra possa essere organizzata senza alcuna difficoltà, sperando che sia definitivamente superata l’odierna emergenza sanitaria.

La Cina ornitologica o scorso anno ha sancito l’inizio di una nuova era per la cultura ornitologica cinese: infatti, il giorno 2 ottobre 2019, la Cina ha ospitato il primo “China Yuan International Hibiscus Bird Expo” che ha assunto un significato epocale e ha aperto un nuovo capitolo sull’allevamento e la protezione degli uccelli nel territorio cinese. Tutti gli appassionati dell’allevamento di uccelli a scopo ornamentale si sono radunati a Qingdao, dando vita a un turbine di scambi culturali – anche internazionali - senza precedenti in terra cinese; l’evento ha attirato l’attenzione di tante persone di ogni estrazione sociale, decretando un grande successo e unanimi consensi. Con il rapido sviluppo della società cinese, gli standard di vita delle persone sono stati continuamente migliorati. Di conseguenza, anche l’industria degli animali domestici è ora in forte espansione! Gli organizzatori e i collaboratori di questa prima esposizione ringraziano il presidente della Bird Federation per il supporto nella realizzazione del “China Yuan International Hibiscus Bird Expo”. Nel mese di Novembre 2019, gli organizzatori Yuan Yuan e Huang Xiaoyong hanno poi incontrato a Reggio Emilia il Presidente e i vertici della Federazione Ornicoltori Italiani, auspicando in un forte sostegno per il prossimo China Bird Show 2020. HUANG XIAOYONG

Argomenti a tema

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DIDATTICA & CULTURA

Gli uccelli fantastici nella tradizione di BRUNO NOVELLI, foto INTERNET (AUTORI VARI)

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a brillante visione di immagini ornitologiche raffigurate in tante leggende antiche, pitturate su famose tele, scolpite sui capitelli di antichi templi, il senso della verticalità espressa dal volo, è data proprio dalle ali che costituiscono lo strumento ascensionale per eccellenza. Da questa interpretazione risulta che l’uccello non è quasi mai considerato come un animale, ma come un semplice accessorio delle ali. È per questo che l’immagine ornitologica richiama l’idea di elevazione e di sublimazione, come di una volontà che sta in alto. Salvo quella degli uccelli notturni, che rinvia ad una idea di forma e di essenza divina, considerando le loro misteriose presenze notturne, i loro canti lamentosi: tanto che spesso sono stati chiamati con i nomi di alcune divinità pagane; per esempio, la Civetta si chiama, con termini linneiani, Athene noctua. Sostanzialmente, l’uccello viene “disanimalizzato” a vantaggio della funzione del volo, come, per esempio, l’Aquila, che presso gli antichi romani era messaggera di una volontà che stava in alto, a simbolo dell’Imperialismo romano; così come, in alto, simbolo di orgoglio razziale, stava il Corvo presso le popolazioni germanoceltiche. Gli uccelli fantastici, “disanimalizzati”, sono in genere simbolo della speranza e della rigenerazione e rappresentano le forze buone e le migliori aspirazioni dell’uomo. Non potrebbe essere altrimenti, poiché in virtù della loro capacità di volare sono gli ovvi intermediari tra terra e cielo dove in genere abitano le divinità: il cielo, sede tradizionale delle divinità pagane.

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Ippogrifo, immagine tratta da: www.artstation.com, autore: Lois Simonse

Quando l’uomo si mette a fantasticare, alienandosi dalla realtà circostante per affidare ad altro, al divino sicuramente, riesce a creare con la sua immaginazione una folta e fantastica schiera di

L’immagine ornitologica richiama l’idea di elevazione e di sublimazione

creature alate. La natura stessa ha sovente ispirato l’uomo nei suoi sogni e nella costruzione delle mitologie. In questo movimentato universo umano il mondo degli uccelli è certo il più suggestivo: angeli, demoni piumati ed eroi celesti si muovono tra cielo e terra con ali multicolori ereditate da antenati mitici che furono un tempo animali veri e propri. Nella stessa tradizione cristiana i grifoni ed i rapaci fenici si trasformano in simboli mistici, ma non abbandonano l’aspetto di animali neppure dopo aver assunto il significato allego-


Balletto classico “L’uccello di fuoco”, immagine tratta da: danzaeffebi.com

rico e misterioso, promosso dalla religione cattolica. In una ipotetica ricerca dell’origine degli uccelli mitici oppure “utilizzati” per un significato simbolico o sacro, si può risalire fino a 25.000 anni fa. Nella grotta di Lescaut, in Francia, che custodisce alcuni dei dipinti rupestri più antichi, si trova una suggestiva scena di caccia: un grande bisonte ha appena ferito a morte un cacciatore, che giace disteso a terra; poco distante, assiste alla scena un uccello. Questo non è altro che il totem, cioè il Dio protettore dell’uomo ferito; lo si capisce perché il volto umano somiglia a quello dell’essere alato, così il totem ghermisce il malcapitato e lo salva da sicura morte. Senza dubbio, ciò che ha colpito sempre di più la fantasia umana è la capacità di volare: gli uccelli, infatti, possono passare con facilità dalla terra al cielo, divenendo così i messaggeri e il tramite tra l’uomo e gli dei. Gli Uccelli fantastici sono numerosissimi e variegati: animali sacri e mitologici, ma pure inventati da artisti, scrittori, poeti, o pittori. Altri invece, descritti in passato dai naturalisti come realmente esistiti, sono oggi considerati frutto di pura fantasia degli stessi ornitologi, sia per l’errata interpretazione della documentazione scientifica disponibile sia per man-

canza di riscontri con esemplari veri. In molti casi, però, c’è sempre un nocciolo di verità o di verosimiglianza in queste descrizioni, per quanto improbabili possano sembrare. Anche al di fuori di miti e religioni sono state inventate creature immaginarie, che sono diventate così famose da essere ricordate attraverso i secoli e da trasformate in simboli. Tra esse troviamo uccelli totalmente frutto del-

la fantasia popolare, come il mitico Grifone, l’Ippogrifo, l’Uccello di fuoco, l’Uomo avvoltoio, l’Araba fenice, gli Angeli del cristianesimo ecc. Il grande storico Erodoto (V secolo a.c.) definisce i Grifoni solo mostri alati; altrettanto fa Plinio, che vi accenna solo per le lunghe orecchie e per il becco ricurvo. Una descrizione più dettagliata ci dice che essi hanno, dell’Aquila, la parte anteriore del corpo, del leone la posteriore, ma sono più grandi di otto leoni e più robusti di cento aquile. Così un Grifone può afferrare un cavallo col suo cavaliere o due buoi aggiogati all’aratro e portarli in volo al suo nido, perché ai piedi ha unghie grandi come corna di bue. Nel Medioevo la sua simbologia portò a rappresentarlo come il Demonio in persona. Il cavallo per Astolfo. Nell’Orlando Furioso, Ariosto inserì una fantastica creatura, l’Ippogrifo. Similmente al Grifone, di cui ho parlato in precedenza, convivevano nella creatura ariostesca un’aquila ed un leone, ma il poeta, per ottenere un effetto ancor più dinamico, vi inserisce le sembianze del cavallo. L’ippogrifo è la cavalcatura di Astolfo, un eroe dell’Orlando Furioso, che sale sulla luna per recuperare il senno di Orlando, impazzito per amore di Angelica. Così L. Ariosto descrive l’Ippogrifo: “Non è finto il destrier, ma

L’enorme uccello di cui narrano le avventure di Simbad il marinaio, immagine tratta da: www.artstation.com, autore: Kenneth Solis

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La Fenice, immagine tratta da: www.lanotizia2.it

naturale, ch’una giumenta generò d’un Grifo: simile al padre avea la piuma e l’ale, li piedi anteriori, il capo e il Grifo; in tutte le altre membra parea quale era la madre, e chiamasi Ippogrifo...” L’Uccello di fuoco è il titolo di uno dei più famosi balletti che il musicista russo Igor Stravinskij compose all’inizio del Novecento. La trama è molto semplice: il principe Ivan vuole conquistare la donna che ama, ma viene ostacolato dal cattivo Kascei. Tuttavia, Ivan riuscirà nell’impresa con l’aiuto di un mitico uccello di fuoco. Sinbad il Marinaio. Nelle straordinarie avventure di Sinbad il marinaio trova posto un rapace di dimensioni immense. Infatti, egli narra che, abbandonato dai suoi compagni su un’isola, vide in lontananza una enorme cupola bianca; avvicinatosi si rese conto che era un uovo gigantesco. Al tramonto giunse un uccello di straordinaria grandezza per covare l’uovo. Sinbad allora si legò all’enorme zampa dell’uccello; la mattina dopo questo spiccò il volo portando via Sinbad, che così riuscì a lasciare l’isola. Per forma assomiglia ad un’aquila, ma è incomparabilmente più grande ed è così

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forte che può afferrare con gli artigli un elefante, volarsene con la pesante preda e lasciarlo cadere, uccidendolo, per poi divorarlo. Chi l’ha visto assicura che le sue ali misurano venti passi (un passo circa 74 cm) da punta a punta e che le sue piume hanno dodici passi di lunghezza. Le grosse uova (circa 50 x 35 cm di diametro) del gigantesco uccello estinto, noto come uccello elefante, insieme alle grandi foglie di una palma, scambiate per le piume dell’uccello, hanno sicuramente contribuito a dare origine e localizzare questo gigantesco uccello. L’Araba Fenice. Un antico adagio recita così: “Come una Fenice, risorgerò dalle mie ceneri; tutto ciò che mi colpisce, un giorno mi fortificherà”. La Fenice è un uccello favoloso, famoso, un mito quasi poetico. Esso è descritto da Plinio come un animale dalle dimensioni di un’aquila, con il collo dorato, il corpo rosso, la coda azzurra ed il resto del piumaggio crestato. È stato identificato di volta in volta con specie reali, dall’airone rosso al falco pellegrino. Generalmente, sembra essere diventata una metafora che rappresenta il sogno dell’im-

mortalità dell’uomo. L’uccello sacro associato al Sole, fonte di energia vitale per la terra. Ma assomigliava a un’aquila reale, possedendo una forza incredibile. Anche il suo canto melodioso faceva incantare le divinità: era dotata di tutte le qualità umane in positivo ed essa viveva per molti secoli, per poi morire e rinascere con nuova vita e con un nuovo temperamento. La leggenda vuole che essa sia nata dalle fiamme che ardevano in cima al sacro salice di Heliopolis (antica città dell’Egitto) e che il suo nome derivi dal termine greco “Phoinix”, il cui significato è “rosso” come la passione, la forza, come il fuoco che la creò. Quando, dopo cinquecento anni di vita, sentiva il sopraggiungere della morte, si costruiva con dei rami di erbe aromatiche una pira funeraria, per adagiarvisi e aspettare che il sole le desse fuoco. Dopo l’incendio, trascorsi nove giorni, emergeva dalla cenere una nuova piccola fenice che, alimentata dall’energia solare, cresceva rapidamente fino a trasformarsi in una nuova radiosa, giovane e possente vita. La fenice è divenuto così il simbolo della morte e della risurrezione; si dice infatti “come l’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri”, ma è anche un segno di rinascita spirituale, cambiamento e trionfo di una nuova vitalità. In fondo, la storia di ognuno di noi è fatta di piccoli e grandi viaggi, di piccole o grandi rinascite. Momenti in cui arrivi, altri in cui parti. Ma l’anima rimane sempre dentro di noi. Lo storico greco Erodoto ci fornisce dettagli sul suo comportamento: esisterebbe infatti una sola Fenice per volta che vive in un Paradiso situato oltre l’orizzonte ad oriente. Ogni mille anni la Fenice abbandona il suo rifugio e vola verso occidente. Durante il viaggio raccoglie delle piante aromatiche che trasporta in cima ad una palma altissima dove costruisce il nido. Da qui, all’alba, canta una canzone così bella che il dio del Sole ferma il suo carro per ascoltare. Ma quando riprende la corsa, le scintille prodotte dagli zoccoli dei cavalli alati, incendiano il nido della Fenice che muore in un rogo profumato. Dalle ceneri sorgerà


la nuova Fenice che volerà verso il suo paradiso dove trascorrerà altri mille anni. Così termina l’antico adagio che riprende i versi del Metastasio: “… come l’Araba Fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa” (“Così fan tutte”, ndr). Gli Angeli. Già presso l’antica civiltà dei Faraoni d’Egitto, veniva riconosciuto agli avvoltoi il compito di portare in cielo l’anima dei defunti. Alle fanciulle con ali di avvoltoio rappresentate sul sarcofago di Amenofi, ritrovato nella Valle dei Re, è da far risalire l’immagine degli angeli alati. Tale figurazione si ritroverà poi nella tradizione assira e successivamente in quella cristiana. Secondo la religione cristiana, gli angeli sono messaggeri di Dio. Essi vengono raffigurati già in epoca paleocristiana come giovani in candida tunica e con le ali. Essi sono messaggeri e tramiti tra Dio e gli uomini. Successivamente, nel V secolo d.c. si defi-

Fanciulle dell’antico Egitto con ali da avvoltoio, immagine tratta da: aminoapps.com

nirà una loro gerarchia. I Cherubini sono rappresentati con quattro ali, i Serafini con sei. Dopo, nel Rinascimen-

to, si arriverà a fornirli anche di variopinte ali di pavone. Eugenio Montale, un esimio interprete della poesia italiana, premio nobel per la letteratura nel 1975, durante i suoi soggiorni alle Cinque Terre, dalla sua casa protesa alle vedute mozzafiato di Monterosso al Mare, osserva un’Upupa. Estasiato dalla sua grazia e bellezza, pensa ai poeti e alle leggende sull’uccello. Montale in questi versi propone l’immagine dell’upupa come messaggero della primavera, riscattandola dalla brutta fama attribuitale dalla letteratura medievale e dalla poesia: “Upupa, ilare uccello calunniato dai poeti, che roti la tua cresta sopra l’aereo stollo del pollaio e come finto gallo giri al vento; nunzio primaverile, upupa, come per te il tempo s’arresta, non muore più il Febbraio, come tutto fuori si protende al muover del tuo capo, aligero folletto, e tu lo ignori”.

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CRONACA

“Siete una famiglia pazzesca” di IGNAZIO SCIACCA

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dirla così, estrapolata dal contesto del discorso, potrebbe essere interpretata come una offesa alla FOI. Si tratta invece di un apprezzamento estremamente gratificante per la nostra Federazione, per i suoi Soci, per i Dirigenti delle Associazioni interessate, per tutti gli Attori di quanto avvenuto in Sicilia, in provincia di Ragusa, alcune settimane addietro. Ecco i fatti: Ricevo una telefonata da parte di una signora di Vittoria (RG), gentile e cortese, che aveva cercato il mio recapito sul sito della Federazione e mi racconta di avere ritrovato ed accudito un pappagallo amazzone fronte gialla regolarmente anellato. Su suggerimento dei Carabinieri della Forestale della sua provincia di Ragusa, cui si era immediatamente rivolta, mi ha chiamato non prima di aver tentato di leggere i dati riportati sull’anello in acciaio dell’amazzone, al fine di risalire al proprietario. La signora mi dice subito che malgrado si fossero immediatamente affezionati all’amazzone, sia lei che tutta la sua famiglia (soprattutto il figlio), era sua doverosa intenzione restituire il soggetto al legittimo proprietario adoperandosi in ogni modo per rintracciarlo. La signora mi riferiva che si trattava di un soggetto del 2010 con un RNA che mi veniva dettato telefonicamente. Cercando sul sito FOI nella funzione “ricerca RNA” scoprivo che si trattava di un soggetto di un allevatore pugliese, Presidente della sua Associazione di appartenenza. Mi mettevo in contatto con lui, avendo

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Apprezzamento estremamente gratificante per la nostra Federazione

ottenuto il cellulare grazie all’interessamento del collega Presidente del Raggruppamento pugliese e gli raccontavo la vicenda e se poteva essere in grado di risalire alla cessione che avesse potuto riguardare il soggetto in questi anni.

Il signor Denaro con la coppia di inseparabili donata alla famiglia Migliorisi


L’allevatore pugliese mi riferisce immediatamente che non alleva pappagalli ma che possibilmente il soggetto è nato nell’allevamento del suo amico e socio in allevamento, che alleva pappagalli, e che ha un RNA (ultima cifra è 8) immediatamente prima del suo (ultima cifra è 9) e che nel corso degli anni magari l’RNA si sia limato ed è stato letto 9, piuttosto che 8, ed il soggetto magari appartiene al suo amico. Metto in contatto il Socio pugliese con la signora che detiene l’amazzone, i quali mi riferiscono che cercheranno di capire cosa sia successo. Dopo qualche ora mi chiama ancora la signora, alquanto preoccupata del fatto che con ogni probabilità l’anello al piede dell’amazzone possa essere un anello “clonato” o comunque contraffatto, in quanto i due soci/amici pugliesi hanno comunicato che nessun pappagallo amazzone è nato nel loro allevamento nell’anno 2010; La signora è preoccupata e mi chiede se sia il caso di sporgere denuncia per questo anello “misterioso”; Capisco che c’è qualcosa che non quadra ed invito, accoratamente, la signora a tergiversare e riflettere sul da farsi e soprattutto di evitare di avanzare ipotesi di potenziali reati, almeno fino a quando la situazione non fosse divenuta chiara. Intanto l’amazzone viene amorevolmente accudito in casa della signora e tutti i componenti della famiglia si affezionano ad esso; Decidiamo, insieme alla Signora, di rimandare ogni decisione all’indomani. Nel corso della mattinata dell’indomani la signora mi chiama ancora e, scusandosi per quanto successo, con evidente imbarazzo mi comunica di avere letto con più attenzione e scrupolo il codice RNA del pappagallo e di avere capito di aver letto male, il giorno prima, e che trattasi di altro codice. Respiro di sollievo! Altro controllo sul sito e si scopre che il proprietario del soggetto è un allevatore di Ragusa, distante (solo) alcune decine di chilometri dalla residenza della signora. Tramite il segretario dell’associazione Ragusana, che metto in contatto con la signora, risa-

In quattro parole un mix di organizzazione, passione, sentimenti, solidarietà, efficienza, collaborazione… e tanto altro ancora!

liamo al recapito telefonico del proprietario del soggetto e si scopre che trattasi di un soggetto volato via alcuni giorni prima. È un’amazzone femmina di 4 mesi, si chiama Eva, è il migliore amico della piccola figlia di pochi anni, la quale aveva già subìto un trauma per la precedente fuga di un altro amazzone qualche mese prima. La signora Migliorisi (questo il suo cognome) si incontra con il Signor Denaro, proprietario di Eva e, soprattutto, con la figlia visibilmente felice e commossa, per l’inatteso e tanto sperato ritrovamento del suo adorato amico pappagallo. Il Signor Denaro, per sdebitarsi, regala una coppia di inseparabili alla famiglia Migliorisi, che “scopre” la famiglia FOI e, probabilmente, diventerà “una delle nostre”. Una vicenda che, a mio avviso, va raccontata per gli spunti di riflessione che crea. “Siete una famiglia pazzesca”, ripete con enfasi la signora Migliorisi sintetizzando in 4 parole un mix di organizzazione, passione, sentimenti, solidarietà, efficienza, collaborazione ...e tanto altro ancora! Seguono i messaggi whatsapp ricevuti dalla Signora Migliorisi a conclusione della vicenda: Messaggio 1 Carissimo Sign. Sciacca, avevo il piacere di mandarle questa foto, il momento in cui ho riconsegnato Eva ai suoi legittimi proprietari... In particolare della bambina che vede in foto. Il signore non sapeva come sdebitarsi per il gesto, dato che aveva perso (e poi mai ritrovato) un altro amazzone fronte blu, mesi fa. Eva

infatti ha 4 mesi. Io gli ho spiegato che non volevo nulla in cambio, e gli ho raccontato che avevo smosso mezza Italia per trovare i proprietari di Eva. Così oggi questo signore, mi contatta e mi dice che vuole sdebitarsi e vuole regalarmi una coppia di inseparabili... Gli ho detto si. Perché adoro gli animali. Domani me li porta. Ed è davvero l’inizio di una nuova avventura. Io non finirò mai di ringraziare tutti voi. Mi avete aiutato a trovare la piccola proprietaria di Eva. Siete una famiglia pazzesca. Grazie davvero di cuore. Messaggio 2 Buongiorno Sign. Sciacca come vede in foto il signor Denaro è stato gentilissimo e mi ha portato, come promesso, la coppia di inseparabili. Lui ieri sera mi ripeteva in continuazione che quello che ho fatto non lo fa nessuno. Io invece penso di aver fatto la cosa più naturale del mondo. Restituire un animale non mio al legittimo proprietario. E parlando mi sono accorta di quanto effettivamente ho fatto una cosa che non tutti fanno... Beh le dico una cosa: io non sono gli altri. Faccio le cose che ritengo giuste. Senza che debba esserci profitto alcuno. Le persone sono convinte che tutto gira intorno i soldi. È vero ma non per me. Se avessi voluto non avrei detto nulla e possibilmente avrei venduto il pappagallo illegalmente. Ma non l’ho fatto perché non lo ritengo giusto. Quindi per me non c’è ricompensa più grande di questi 2 piccoli animaletti che già mi fanno una compagnia assurda. Sono fatta così. E scusi questo poema. Ma volevo dirle come mi sento in questo momento. Io stamattina intanto mi sono iscritta alla pagina Facebook e al relativo gruppo FOI nell’attesa che faccio tutto il necessario per iscrivermi ad una associazione e quindi iscrivermi alla FOI. Lo ripeto: Grazie grazie grazie per tutto. Non vedo l’ora di conoscervi di persona. Grazie Signora Migliorisi, siamo noi della “famiglia FOI” che Le siamo grati per la bella lezione di correttezza ed onestà che ha regalato, soprattutto ai due piccoli della foto.

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O rniFlash Telecamere di sorveglianza per la protezione del Parrocchetto di Cuba

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oro Parque Fundación continua a lavorare per la conservazione delle specie di pappagalli all’interno e all’esterno delle sue strutture. E così sta facendo anche a Cuba per un progetto di protezione del Parrocchetto di Cuba (Psittacara euops), guidato dalla biologa Maikel Cañizares, in cui vengono utilizzate telecamere di sorveglianza poste ad altezze estreme. Queste telecamere sono uno degli strumenti che danno risultati migliori nello studio della fauna minacciata e il loro posizionamento è la chiave per ottenere più dati sulla biologia delle specie. Nel caso specifico del Parrocchetto di Cuba, la non semplice collocazione di questi dispositivi di registrazione è stata possibile grazie all’esperienza di ricercatori, addestrati nelle tecniche di arrampicata, che li hanno posizionati sulle scogliere verticali dove nidifica la specie, fornendo risultati molto positivi sul monitoraggio dei nidi di fango che questo Parrocchetto utilizza per allevare. E sebbene in questa zona di difficile accesso la presenza di bracconieri sia scarsa, le telecamere servono anche a proteggere le aree di nidificazione, perché grazie a loro viene registrata qualsiasi attività umana o predatrice che si svolge nel perimetro monitorato. Fonte: Ufficio Stampa Loro Parque Fundación

Pinguini, il loro linguaggio è simile a quello umano

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pinguini possono fare affidamento su un linguaggio dalle caratteristiche simili a quello umano. È quanto rivela un nuovo studio, così come specifica l’Independent, condotto dall’Università di Torino e pubblicato sulla rivista scientifica Biology Letter. Questi simpatici animali seguirebbero, nelle loro comunicazioni quotidiane, dei pattern e delle leggi decisamente affini a quelle umane. I ricercatori hanno registrato e analizzato 590 vocalizzi di 28 pinguini africani – appartenenti alla specie Spheniscus demersus – ospitati negli zoo italiani, durante la stagione degli accoppiamenti tra il 2016 e il 2017. Dallo studio è emerso come queste comunicazioni seguano delle regole tipiche delle conversazioni umane: la legge di Zipf sulla brevità – ovvero l’uso frequente di parole brevi – e la legge di Mezerath-Altmann, che vede l’uso di parole più lunghe con sillabe però ancora più brevi. In altre parole, anche i pinguini sceglierebbero forme comunicative compresse, poiché più efficaci nel trasmettere informazioni e ideali per la loro comprensione. Così come spiegano i ricercatori, tra cui Livio Favaro dell’Università di Torino, si tratta di una scoperta importante: è la prima volta che si osserva questa tendenza al di fuori dell’universo dei primati. Così come sottolineato sempre dall’Independent, non è solo la comunicazione vocale ad avvicinare straordinariamente i pinguini agli esseri umani. Questi uccelli, i quali non sono in grado di volare, stringono infatti delle relazioni quasi esclusivamente monogame e, ancora, ammettono rapporti dello stesso sesso. Fonte: https://www.greenstyle.it/pinguini-loro-linguaggio-simile-quello-umano-318283.html Fonte immagine: USO via iStock


O rniFlash La fisica del volo degli uccelli, spiegata con le bolle di sapone razie a questo espediente, un team di ricercatori londinesi è riuscito a costruire un modello più preciso della dinamica del volo di alcuni rapaci. L’aspetto più interessante riguarda l’uso della coda. Un gufo che plana attraverso una nuvola di bolle di sapone: questo è ciò che si vede in un video appena pubblicato sul Journal of Experimental Biology. È l’esperimento che un team di scienziati del Royal Veterinary College di Londra ha messo a punto per ricostruire le leggi fisiche del volo di questi rapaci. Ciò che i ricercatori hanno visto, in particolare, è che grazie allo studio della traiettoria delle bolle (20mila, piccolissime e piene di elio) si è potuto indagare l’uso strategico della coda per liberarsi di una parte di resistenza in aria e riuscire a planare più agilmente. Un trucco che questi uccelli impiegano per raggiungere velocemente le prede ma che, da un punto di vista tecnologico, potrebbe fornire un utile spunto per rivoluzionare la progettazione – tanto per iniziare – di piccoli aeroplani e droni. Fonte: https://www.wired.it/scienza/lab/2020/02/18/video-volo-uccelli-bolle (Credit video: Nature/Credit immagine: Getty)

Primavere sempre più calde, migrazioni sempre più precoci

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e alterazioni nei tempi di fioritura e conseguente disponibilità degli insetti, provocate dall’aumento delle temperature conseguente agli attuali cambiamenti climatici, sarebbero responsabili delle sempre maggiore precocità delle migrazioni aviarie notturne sul territorio americano, soprattutto in primavera. A sostenerlo è uno studio pubblicato su Nature Climate Change da un gruppo di ricerca guidato da Kyle Horton della Colorado State University e Daniel Sheldon della University of Massachussets Amherst. Le migrazioni degli uccelli, soprattutto quelle che coprono lunghe distanze (i cosiddetti migratori a lungo raggio), dipendono da molti fattori endogeni ed esogeni. Gli uccelli migratori tendono a sincronizzare le partenze con la disponibilità stagionale di cibo. Come fanno notare gli autori, l’anticipo degli eventi primaverili e della conseguente disponibilità di risorse dovuti a temperature più alte potrebbero avere un impatto anche sui tempi di migrazione degli uccelli. Come fanno notare gli autori, la portata di questo studio è inedita sia per il periodo considerato che per il numero di specie diverse intercettate dalla copertura radar. Per elaborare una mole di dati di questa entità, il gruppo di ricercatori si è avvalso di sofisticati strumenti statistici, soprattutto per confrontare le alterazioni nei tempi di migrazione con quelle delle temperature medie stagionali. Questo studio, concludono i ricercatori, si aggiunge alla sempre maggiore mole di dati sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. Gli autori sottolineano la necessità di studiare ulteriormente questo modello, estendendolo a latitudini ancora più settentrionali, come ad esempio quelle che attraversano l’Alaska. Si aspettano, infatti di poter approfondire ulteriormente l’impatto del global warming sui fenomeni migratori degli uccelli, per avere una comprensione più ampia delle sue conseguenze. Fonte: https://pikaia.eu/primavere-sempre-piu-calde-migrazioni-sempre-piu-precoci/ Immagine: da Wikimedia Commons

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CRONACA

L’ornitologia per la tutela della biodiversità in Sardegna di PIER FRANCO SPADA, foto CRISTIAN SIREUS

Il programma dell’evento

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ei giorni di Sabato 14 Settembre e Domenica 15 Settembre 2019, l’Associazione Ornitologica Arborense è stata invitata a partecipare all’evento annuale “Orto Bio Fest-Il Ruolo delle Comunità locali nella tutela e progettazione delle aree Urbane” giunto alla sua III edizione. L’evento organizzato dall’Associazione di Promozione Sociale Qedora si è svolto presso S’Ortu de Tziviriu, in una cittadina di 8.483 abitanti chiamata San Gavino Monreale e situata a circa 50 km da Cagliari.

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L’importanza degli alberi

Salvaguardare, rendere vivibile e valorizzare le numerose zone verdi comunali

L’Associazione Qedora nasce nel 2011 e svolge attività di sensibilizzazione e salvaguardia del territorio. La presenza e la tradizione degli orti a San Gavino Monreale è antica; dall’incontro di un gruppo

Foto illustrativa dell’orto di Tziviriu

spontaneo di cittadini che condividono l’idea di salvaguardare, rendere vivibile e valorizzare le numerose zone verdi comunali nasce il progetto di Tziviriu (da” Silva” e “Riu” Selva del Rio). Questo progetto parte con un’azione di cittadinanza attiva, coinvolgendo direttamente gli abitanti di San Gavino Monreale, creando in un’area di proprietà comunale non solo uno spazio verde, ma anche un luogo di socializzazione, di responsabilità e di attenzione alla cosa pubblica, nonché di piacere e incontro in un ambiente naturale.


Attualmente è in costruzione il Parco Multifunzionale della Felicità e si sta dando vita alla prima Food Forest o bosco commestibile in Sardegna su area pubblica, con una continua, periodica e strutturata progettazione partecipata. L’Associazione Ornitologica Arborense è stata invitata a partecipare nel dibattito aperto dal tema “Il Ruolo delle Comunità locali nella tutela e progettazione delle aree urbane” che si è svolto nella serata di Sabato 14 Settembre e al quale sono intervenuti docenti e relatori esperti. La nostra Associazione è stata rappresentata dal Presidente Giorgio Vaccargiu e dal Vicepresidente Pier Franco Spada che, in qualità di relatore, per l’occasione ha illustrato alla numerosa cornice di pubblico e autorità presenti i risultati di un suo studio e ricerca dal titolo “AVIFAUNA PRESENTE A SAN GAVINO MONRELALE, BREVI CENNI SULL’ALIMENTAZIONE E NIDIFICAZIONE”, nella convinzione che, trattando il tema della biodiversità, anche le specie di uccelli insettivori e granivori possano rappresentare delle soluzioni ecologiche permanenti per la produzione agricola. Dallo studio e dalla ricerca svolte, sono risultate ben 41 le specie di uccelli insettivori e granivori presenti nel centro abitato e nelle zone rurali di questa cittadina sarda: Rondine, Rondone, Balestruccio, Usignolo, Pigliamosche, Cinciallegra, Cinciarella, Occhiocotto, Strillozzo, Ghiandaia, Martin Pescatore,

Laboratorio di panificazione

Da sin.: Giorgio Vaccargiu, Daniela Inconis, Pier Franco Spada

Merlo, Upupa, Tortora Selvatica, Passero domestico, Storno, Taccola, Cornacchia Grigia, Cardellino, Verdone, Verzellino, Venturone, Fringuello, Lucherino, Colombaccio, Pernice Sarda, Quaglia, Germano Reale, Alzavola, Moretta, Volpoca, Capinera, Pettirosso, Tordo Bottaccio, Codirossone Spazzacamino, Allodola, Pavoncella, Piviere Dorato, Chiurlo, Pittima Reale, Tortora dal Collare. Alcune di queste specie di uccelli sono stanziali, cioè per tutto il periodo dell’anno rimangono sempre nella stessa zona poiché i cambiamenti climatici non fanno variare in modo significativo la quantità e la qualità del cibo e quindi non si rende necessario uno spostamento in altri territori. Altre specie dell’avifauna presente a San Gavino Monreale sono migratorie, ovvero specie che migrano subito dopo lo svezzamento insieme ai loro genitori verso regioni a clima più mite. Altre ancora invece fanno la rotta inversa, cioè migrano verso le regioni in cui sono

nate e che durante la riproduzione hanno un clima più fresco e una quantità di cibo superiore, come nel caso delle specie migratorie invernali; infine, esiste il caso dei cosiddetti uccelli accidentali, volatili le cui apparizioni in determinati ambienti sono rare e non regolari, considerate quindi un incidente. Negli ultimi anni lo studio di questi uccelli sta diventando sempre più importante; molti studiosi del settore e molti ornitologi stanno elaborando delle teorie che spiegano bene queste apparizioni accidentali e la teoria più interessante è quella che vuole che qualche giovane volatile sbagli la rotta di migrazione e che, quindi, si ritrovi in zone non abituali per lo svernamento di quella specie; trovando, però, un ambiente ideale, questo memorizza tale rotta e l’anno successivo vi tornerà, portandosi dietro altri uccelli della sua specie. Di recente, ad esempio, nelle zone rurali di San Gavino Monreale si sono ripetuti gli avvistamenti di un Rigogolo. Per quanto riguarda invece l’alimentazione, è stato brevemente ricordato che gli uccelli granivori e Insettivori, da un punto di vista morfologico, si differenziano per le caratteristiche del loro becco che dovrebbe essere, almeno in teoria, un segno inequivocabile per capirne il tipo di alimentazione e cioè: un becco robusto e tozzo nei granivori e sottile e appuntito negli insettivori. La logica deduzione sarebbe che i cosiddetti uccelli granivori mangino semi e grani, mentre quelli insettivori si cibino

Spazio gioco bambini

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Prodotti locali

Scorcio del mercato contadino

di insetti e delle loro larve. A tal proposito è stato ricordato che i nidiacei delle specie di uccelli granivori come quelli delle specie insettivore, dalla loro nascita fino al loro svezzamento, hanno bisogno di cibo altamente proteico e che quindi i loro genitori provvedono a fornire ai loro piccoli cibi di origine animale come insetti, larve, bruchi e vermi. A causa del poco tempo a disposizione sono state citate a titolo di esempio soltanto tre specie di uccelli numericamente molto presenti nel luogo di osservazione per le loro caratteristiche, cioè la cinciallegra, la cinciarella e l’upupa. Delle prime due è stata messa in evidenza la particolarità di essere degli uccelli voracissimi, che si cibano prevalentemente di coleotteri, lepidotteri, ragni e bruchi, che continuano ad uccidere anche quando sono sazie e quando il cibo abbonda, tenendone da parte delle riserve per i giorni di magra.

Dell’upupa invece si è ricordato di quanto ingiustamente questa specie sia stata calunniata nella cultura e nella nostra letteratura; venne descritta infatti da Ovidio nella sua opera “Metamorfosi” come un uccello impuro di cui era severamente vietato nutrirsi delle sue carni. Il poeta Ugo Foscolo nella sua opera “I Sepolcri” la definiva invece un uccello notturno e carnivoro, che la notte andava in giro per i cimiteri in cerca dei cadaveri dei morti per nutrirsene: in realtà, è stato ricordato che l’upupa è un uccello diurno la cui alimentazione si basa esclusivamente di insetti, con una preferenza verso cavallette, crisalidi, grilli e grillitalpa, tutti insetti dannosi per le colture agrarie della cittadina sarda. Sulla nidificazione è stato soltanto ricordato che queste specie sopra citate e la maggior parte dell’avifauna presente a San Gavino Monreale costruiscono i loro nidi soltanto in determinate condizioni e cioè al riparo dalle

intemperie e soprattutto al sicuro dei predatori, che si nutrono di uova e di nidiacei nelle cavità degli alberi morti, pali, muri, fienili, edifici abbandonati e nelle cassette nido, come nel caso ad esempio dell’upupa, oppure nelle cavità protette degli alberi, muri, ceppi e nidi artificiali, le cince. Il Presidente Giorgio Vaccargiu ha brevemente ricordato quali siano le finalità della nostra associazione, facendo riferimento anche allo statuto. La serata è trascorsa molto velocemente e piacevolmente; ci siamo congedati non soltanto con i formali saluti e ringraziamenti, ma con la speranza di proseguire in maniera attiva e condivisa la collaborazione con l’Associazione Qedora nella prossima realizzazione di un’area ornitologica nell’orto di Tziviriu, con la collocazione di nidi in legno artificiali e mangiatoie per uccelli in un progetto strutturato che coinvolga anche gli alunni delle scuole elementari e secondarie di primo grado.

La zona dedicata alle piante grasse

Uno degli slogan della manifestazione

Scorcio dell’orto di Tziviriu

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CRONACA

Dove si dovrebbero collocare gli allevatori? di GIOVANNI CANALI, foto F.O.I.

Ingabbio al Campionato Mondiale di Cesena 2018

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ome noto, nei confronti della natura e soprattutto degli animali, possono esserci posizioni diverse e talora fortemente contrapposte. Se è difficilissimo trovare qualcuno che non sia sensibile alle tematiche ambientali, è facile trovare qualcuno su posizioni diverse, come l’animalismo o l’esercizio della caccia. Ci sono poi anche gruppi politici, che fanno delle tematiche ambientali il loro tema principale, se non unico. Sorge il problema, dove si collocano gli allevatori? Ci sono gli allevatori di specie o razze da reddito, che non possono non occuparsi del

reddito. Talora gli allevamenti, specialmente se intensivi, non possono essere considerati certo molto confortevoli, per gli animali stabulati, magari in batteria. Altre volte vi sono allevamenti allo stato semi brado che sono del tutto confortevoli. Semmai si può dire che la tutela della salute degli animali allevati, in questi casi, sia importante per gli utili ottenuti; è ovvio che con animali che muo-

Per noi allevatori di uccelli il reddito non conta, salvo pochissimi casi

iono o si ammalano si guadagna meno. Discorso a parte l’uso di antibiotici sistematico. Per noi allevatori amatoriali di uccellini, il reddito non conta, salvo pochissimi casi di grossi allevatori così bravi da riuscire a guadagnare qualcosa anche con canarini e simili. Tuttavia, anche in questi casi, se si dovessero fare bene i “conti della serva”, considerando cioè le ore di lavoro, a guadagnare qualcosa sarebbero ancora in meno, probabilmente nessuno. Ora, per un allevatore professionale non è indispensabile l’amore per gli animali e la natura, poiché può bastare la competenza; quando c’è

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passione, però è certo meglio. categoria nefasta dei bracconieri che Per gli allevatori amatoriali, invece, sparano a qualsiasi cosa. diventa difficile pensare che si possa Va detto che lo statuto della F.O.I. non fare a meno di motivazioni profonde, esclude i cacciatori, anche se si che non possono prescindere almeno esprime a favore della fauna in vari dalla sensibilità verso la natura e gli modi. Ritengo giusto che si sia deciso animali in genere. così. Bisogna ammettere che, talora, anche Personalmente sono contrario alla nell’allevamento amatoriale vi sono caccia e mi schiero su posizioni fortespinte eccessive al successo espomente protezioniste. sitivo che possono indurre a comporTuttavia, non cado in eccessi come di tamenti almeno discutibili, come l’alichi talora pensa di proteggere anche mentazione colorante già da nido. specie alloctone invasive, le quali Il tema che considero in questa sede possono arrecare danni molto gravi è sostanzialmente questo: dove si colall’ecosistema e possono perfino comlocano gli allevatori, nelle diatribe che portare pericoli ulteriori, come le ci sono sugli animali sopra accennate? nutrie. Per gli allevatori da reddito non saprei Se ho fatto il servizio militare è perché dire, ma per quelli d’affezione direi di non sono obiettore di coscienza e, si. quindi, ritengo lecita la legittima difeNon ho fatto statistiche scientifiche, sa contro l’uomo, pertanto è logico tuttavia “salta agli occhi” che la magche sia favorevole alla legittima difesa gior parte degli allevatori amatoriali pure contro taluni animali quando ha notevole sensibilità verso la natura sono pericolosi, anche se innocenti e gli animali in particolare. per la loro natura. È quindi logico che la maggior parte Precisata la mia posizione personale, degli allevatori doverosamensia su posizioni te e per non di tipo protecreare equivoLa maggior parte degli zionistico. ci, penso che la allevatori ha notevole Tuttavia non si posizione di sensibilità verso la natura può negare che noi allevatori dovrebbe esseesistano anche re ben chiarita, allevatori che troppo spesso ho dovuto rilevare esercitano la caccia. Un fatto indubbiaequivoci che ci mettono in una luce mente tale da indurre a considerazioni pessima, che non ci appartiene. non facili. Purtroppo l’allevatore è spesso guarNon tenterò di fare lo psicologo senza dato come un nemico degli animali, esserlo; certo, pensare ad un allevatouno schiavista, ed assimilato al bracre che cura amorevolmente i suoi coniere o suo complice. uccellini e poi va a caccia, lascia perOra dovrebbe essere ben chiaro che plessi. Ritengo che non si debba fare nascere è cosa ben diversa daldimenticare che la natura umana è l’uccidere! Lapalissiano? Troppo complessa e talora perfino contradovvio? Pare di no, visto che più volte dittoria. protezionisti non informati e con preUna cosa però posso dirla: quelli che giudizi ci considerano più o meno ho conosciuto, allevatori di uccellini negativamente. che vanno (o andavano) a caccia, non È bene ricordare sempre che l’allevaarrecano gran danno alla natura. Di mento ha aspetti utilissimi; in primo regola sparano solo a lepri e fagiani, luogo, si proteggono dall’estinzione magari di recente immissione. Non ho le specie a rischio; sempre da citare il conosciuto nessuno che sparasse a caso dell’Oca delle isole Hawaii piccoli pennuti. (Branta sandvincensis) detta “nene” Appare quindi evidente che gli allevatori in grande maggioranza siano protezionisti, ed anche quando non lo sono, non appartengono certo alla Nido di Canarini di Forma e Posizione Lisci

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dai nativi con una onomatopeia, per via del verso, salvata da soggetti allevati in Inghilterra e rimessi in libertà. L’Ara di Spix (Cyanopsitta spixii) è considerata estinta in natura, ma sopravvive allo stato domestico e, se non è


Scolaresca in visita alla voliera della F.O.I.

stata salvata in natura, è solo per un ritardo e forse qualche errore. Allo stato controllato, si possono fare studi scientifici accurati che in natura non sarebbero possibili; già i nidi artificiali consentono osservazioni altri-

ottimismi che non mi appartengono, ritengo che i più aperti e colti potrebbero comprendere le nostre buone ragioni. menti non fattibili. Sulla genetica, poi, Certo ci dovremo far rappresentare da l’allevamento è indispensabile ed persone colte ed eloquenti, in grado interessantissimo. di interloquire anche ad alto livello, Fondamentale considerare che si rencon competenze sia biologiche che dono inutili la cattura ed il bracconaggiuridiche. gio, mettendo a disposizione soggetti In caso di insuccesso, allora ”à la già domestici e migliori. Quale falcoguerre comme à la guerre”, si potranno niere spenderebbe decine di migliaia fare passi diversi. di euro e con rischi penali per un GirNoto che talora certi protezionisti non falco selvatico, quando potrebbe tengono conto di tutti gli aspetti, ad averlo domestico, più addestrabile, a esempio non considerano la nicchia poche migliaia e senza rischi? ecologica, non valutano che in una sola Infine, c’è l’aspetto dei pet utili per la nicchia ci può stare una sola specie. Da compagnia di persone sole. qui un protezionismo ad oltranza. Tralascio gli aspetti di tipo artistico A loro attenuante possiamo dire che che si conseguono con l’allevamento, il termine, nicchia ecologica, in effetti simile alla musica la selezione per il non è felice, anzi fuorviante. canto, alla scultura la forma ed alla pitLa nicchia fa pensare a qualcosa di chiutura il colore. so, come il territorio o perfino la tana, Ora, a mio avviso, c’è da chiedersi: in ma non riguarda affatto tutto ciò. La ambito politico, inteso in senso lato, nicchia ecologica attiene al ruolo che quindi non partitico, come dovrebbero una specie ha in un bioma ed è strettacollocarsi gli allevatori? Quando ci sono mente collegadiscussioni a dito alla rete aliversi livelli, anmentare. In pache di ministeL’allevamento ha aspetti role povere è ro, come comutilissimi: si proteggono principalmenportarsi? dall’estinzione specie a rischio te: cosa manPer l’intransigia e da chi è genza di alcuni mangiata. protezionisti, a Ebbene, in una nicchia ecologica può molti viene la tentazione di allearsi stare una sola specie; se ve ne fossero con i cacciatori. due o più, prima o poi ne rimarrebbe C’è da chiedersi, è un’alleanza utile? solo una, non necessariamente la più Possiamo discuterne. Secondo me, forte fisicamente, ma la più competiun’alleanza con i cacciatori, a livello tiva. Dove ci sono i conigli, le lepri e le tattico, non è da escludere. Potrebbe capre finiscono con l’andarsene. Lo dare nell’immediato anche qualche Scoiattolo grigio americano soppianta buon esito, tuttavia è un’alleanza per il nostro stupendo scoiattolo rosso. molti imbarazzante e che potrebbe Ben difficilmente si può pensare al esserci rinfacciata. Ritengo che ritaglio di una sorta di sotto nicchia. accordi con i cacciatori, di volta in volta Da qui il pericolo di immissioni di e non troppo enfatizzati, si possano specie alloctone che vanno combattufare, se produttivi, ma sono del tutto te, salvo eccezioni. contrario ad un’alleanza strategica di Esiste anche l’estinzione da incrocio, largo respiro, poiché ci renderebbe ed è ciò che sta rischiando di accadere ostili irreparabilmente gli ambienti al Gobbo rugginoso euro asiatico, protezionisti. sovrastato dal sopraggiunto Gobbo Pur rendendomi conto delle difficoltà, della Giamaica. Già verificata l’estinritengo che con tenacia e pazienza si zione del Fagiano comune (senza coldebba cercare di far capire ai protelare) in seguito a meticciamenti con zionisti che l’allevatore può essere un altre sottospecie, principalmente il utilissimo interlocutore, anzi, assai Fagiano mongolo. spesso è protezionista pure lui! Senza

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si collochino nel modo giusto. Pertanto certe difese ad oltranza Non si dovrebbe estendere Abbiamo perfino situazioni paradi qualsiasi animale ovunque sia dossali. Soggetti che, sebbene e sempre, appaiono quantomeno il concetto di specie protetta anellati con anello inamovibile assai discutibili. Molto pericolosa a quella parte della specie metallico, necessitano anche di la messa in libertà di soggetti di che si trova allo stato domestico documentazione cartacea! Inolspecie o sottospecie alloctone, tre tutta la burocrazia richiesta, per le ragioni suddette. Fatto con sanzioni pesantissime, questo di cui si sono resi responmente di far mettere in libertà galli e finisce con lo scoraggiare l’allevamensabili coloro i quali hanno messo in galline livornesi o padovani, ma poiché to, con evidente danno per la specie libertà specie o sottospecie alloctone si è messo in protezione il Pappagallo stessa che si vorrebbe proteggere. per assecondare la caccia, con danni cenerino, come è accaduto, vengono Da qui il disperato bisogno di comperilevanti (cinghiale). fuori guai enormi. tenza da parte del legislatore che Un concetto fondamentale è che non Eppure basterebbe un po’ di buon sendeve farsi consigliare da esperti veri, si dovrebbe estendere il concetto di so semplicemente non estendendo la quali sono anche gli allevatori. Che specie protetta a quella parte della protezione di una specie alla parte deldevono quindi porsi e proporsi come specie che si trova allo stato domestila specie già allevata e domestica. sopra indicato. co, soprattutto per quella parte che vi Sono andato leggermente fuori tema, Tutto ciò, certo, a mio parere. è nata. portando aspetti di possibili discussioPertanto, rispondendo alla domanda Se uscisse una normativa protettiva ni, per far capire quanto sia imporiniziale, io ritengo che gli allevatori del Gallo bankiva, progenitore dei tante che gli allevatori si presentino e debbano collocarsi, con equilibrio, polli domestici, a nessuno verrebbe in fra le persone preparate e quindi competenti (dovranno però esserlo davvero). Con attenzione e sensibilità politica per quanto riguarda tattica e strategia che è bene non confondere. Abbiamo qualche punto debole ove potrebbero attaccarci con successo? Si, possiamo facilmente difenderci dalla storia dei carcerieri di cui sopra, ma tre punti deboli li abbiamo. Il primo è quello della propensione eccessiva all’incrocio fra specie e sottospecie. L’inquinamento genetico che può derivarne è un vero problema. L’allevamento è protettivo della specie e della sottospecie se mantenute pure, altrimenti non sono utilizzabili per la reintroduzione in natura. Allevare è proteggere, solo con riferimento alle linee pure. Un secondo punto di minore gravità, è dato dall’alimentazione colorante che potrebbe essere considerata da taluno una forma di maltrattamento. Sarebbe bene attivarsi in C.O.M. per superare almeno quella da nido. Poi ci sono le selezioni troppo spinte, del resto presenti anche in certe razze canine e feline, da vedere di volta in volta. Va da sè che quelle espresse sono opinioni strettamente personali.

Il compianto Presidente Cirmi mentre istruisce dei bambini su come accudire i novelli

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P ensieri in libertà In ricordo di Giovanni Chillè inalmente, potevo nuovamente allevare. Appena laureato, già trasferito a Galati Mamertino, sui monti Nebrodi, in provincia di Messina, vivevo nuovamente le condizioni di stabilità che mi avrebbero consentito di ricominciare l’allevamento degli uccelli, la grande passione della mia vita, e che avevo interrotto per gli studi universitari. I miei avevano acquistato casa al Serro, nella parte bassa di questo borgo di montagna. Una bella casa su tre piani, e con un doppio terrazzo, servito da uno stanzino piccolo ma comodo e soleggiato. Mia madre ci stendeva i panni quando pioveva e ci teneva qualche riserva di olio e salsa. I miei genitori stravedevano per me e io per loro. Così, via lo stendino e le riserve, e su con 2-4-8-16 gabbie, secondo un indice esponenziale che nel giro di qualche mese vedeva l’intero stanzino tappezzato di gabbie. Qualche Canarino, qualche indigeno (Fanelli, Verzellini, Fringuelli) e gli immancabili Cardellini. Siamo nella preistoria dell’allevamento del Cardellino. Impossibile trovare qualche soggetto d’allevamento, men che meno in mutazione. Ma un saettante esotico cominciava ad affacciarsi alla ribalta: piccolo, rosso e cattivo (nel senso più “focoso” del termine): il Cardinalino del Venezuela. Lo desideravo ardentemente. Il primo viaggio a Paola, presso il sig. Petrungaro, parrucchiere con un fantastico indice piumato: i suoi Cardinalini erano piccoli, rossi, sfilati, in salute, domestici. Una meraviglia. Alle mostre si riconoscevano per l’immancabile linguetta di semi germinati che il sig. Vincenzo distribuiva loro quotidianamente. Già in quegli anni sfoggiava ibridi meravigliosi e coloratissimi con l’Organetto. Così, le prime due coppie. Poi, un secondo viaggio, sempre in Calabria, a Catanzaro, presso un allevatore di cui non ricordo assolutamente il nome. Altre due coppie. E infine, altre due coppie da Sante Stragliotto. Così, avevo le mie sei coppie di Cardinalini, alcune più belle, altre meno, ma comunque sicuramente in salute e provenienti da ceppi non consanguinei. Partenza a febbraio, e il grande miracolo si avvera: quell’anno faccio oltre 30 giovani, tutti bellissimi, tutti amatissimi. Era uno spettacolo allevare quei Cardinalini: piccoli, agili, sempre in movimento, molto prolifici e assolutamente dediti alla cura della prole. Settembre del 1994, squilla il telefono di casa. Risponde mia madre: “Massimo, è per te”. Penso a qualche paziente. Dall’altro lato del telefono mi sento dire: “Pronto è il dr. Natale? Sono l’ing. Giovanni Chillè”. Un attimo di turbamento. Non riuscivo a credere che il mitico Giovanni Chillè, grande esperto di genetica e di Canarini di Colore, nonché già vicepresidente FOI e sicuramente personaggio di primo piano dell’Ornitologia mondiale, fosse dall’altro lato del telefono. E fu subito amore. Giovanni passava l’estate a Longi, un piccolo paese dei Nebrodi molto vicino al comune dove allora risiedevo. Così, fu semplice darci appuntamento al giorno dopo. Ricordo l’incontro, in piazza, e l’incedere in direzione di casa, verso la terrazzina dove custodivo i miei Cardinalini. Già allora aveva qualche problema di schiena, camminava con lentezza e difficoltà, ogni tanto aveva bisogno di fermarsi, e io vivevo con preoccupazione la stretta scala a chiocciola in ferro battuto che ci aspettava, e che dal primo piano ci avrebbe portato allo stanzino degli uccelli in terrazza. Con qualche piccolo sforzo, e qualche inevitabile lamento, richiamato dal canto delle Muse di Ulisse, Giovanni riuscì ad arrampicarsi lungo la scala a chiocciola e a raggiungere lo stanzino. Eccoci finalmente seduti in allevamento davanti ai soggetti. Oltre ad osservare gli indigeni e i saettanti esotici rossi, gli occhi di Giovanni si posarono sulle coppie di Canarini spesso utilizzati come balie. Appassionato anche di ibridazione, gli spiegavo che quella Canarina verde sarebbe stata utilizzata con un Verdone maschio. Subito mi corresse:

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“Non è una verde, è un’Agata giallo brinato”, sentenziò il maestro. Una delle prime fondamentali lezioni di selezione e genetica. Giovanni, oltre che un grande esperto di Canaricoltura di colore, era un grande appassionato di Cardinalini del Venezuela. Aveva vissuto per intero la storia dei primi arrivi in Italia di questo esotico. E aveva mille aneddoti da raccontare. Il più succulento era quello di un prete in Campania, amico di un pilota dell’Alitalia, che negli anni ’60 si faceva portare i Cardinalini direttamente dal Venezuela. Giovanni raccontava di quel Cardinalino maschio di importazione, uno dei primi in suo possesso (“Andai a Napoli con la nave per prenderlo”), che per oltre 5 anni fecondò ripetutamente e senza mai sbagliare un colpo, tutte le femmine di Canarino con cui fu accoppiato. In quegli anni, stava lavorando alacremente sulla selezione dei Canarini rossi, e sulla spiegazione del fattore Mosaico. Il Cardinalino è un uccello meraviglioso, ed evidentemente io e Giovanni ne eravamo letteralmente stregati. Questo minuscolo uccellino aveva catalizzato la nostra conoscenza, che in breve si trasformò in amicizia. E si, fu subito amore, perché oltre a darci del tu, ci invitammo reciprocamente a mangiare nelle rispettive case. Conobbi Lidia, la moglie di Giovanni, con cui si creò un legame affettivo immediato. Negli anni seguenti, non c’era estate nella quale non passavamo del tempo insieme. Seduti davanti agli uccelli, o sotto a una pergola d’uva, nei caldi pomeriggi d’agosto, ci raccontavamo aneddoti, esperienze, storie di uccelli, di quella femmina che proprio non ne voleva sapere di imbeccare, e di come avevo salvato quella nidiata preziosa, o di come si era raggiunto quel tipo di selezione in quella determinata specie di uccelli. Ma soprattutto, Giovanni, oltre a darmi il suo tempo, il suo affetto, la sua esperienza, mi iniziò ai fondamentali della genetica. Mi parlava lungamente del gene “nb+”, ossia del Nero Bruno, e da lì “nb” ossia Bruno, e così via, lungo la strada della genetica, parlando di meiosi, di diluizione, di allelomorfia, di Mosaico, di pleiotropia e dominanza intermedia. Io ovviamente avevo studiato le basi della genetica, avevo dato un esame all’università, superato con lode, e applicare quelle regole di base, mendeliane, ai miei beniamini, mi sembrò fantastico oltre che naturale. Nacque così la mia passione per la genetica e le mutazioni che hanno accompagnato e scandito questa mia passione per l’allevamento dei volatili ornamentali. Ma ancor di più, Giovanni fu il motore di un evento indelebile e fondamentale nel corso della mia vita: la conoscenza con l’ing. Leone Giuliano Pidalà, il mio amico Lillo, con cui creammo la rivista Alcedo. Sapevo che a Longi (sempre là, luogo evidentemente mistico), in estate, trascorreva le vacanze un ingegnere, originario del posto, ma che viveva a Milano da tanti anni. Grande fotografo e grande ornitologo, e appassionato di Aquile reale. Sapeva come raggiungere posizioni privilegiate per osservare e fotografare questo magnifico rapace. Mi affascinavano le Aquile, mi affascinava la fotografia, mi affascinava l’ingegnere. Avrei voluto conoscerlo, ma non sapevo come. Mi venne in aiuto Giovanni, che conosceva Lillo fin dall’infanzia. E sempre per la solita ragione: gli uccelli e ancor di più i Cardellini. Da gentiluomo qual era, Giovanni chiese prima il permesso di potermi passare il numero. A permesso ottenuto, me lo girò, e io telefonai. Avrei potuto decidere, infine, di non compiere quella telefonata ad uno sconosciuto. Avrei potuto non trovarlo, e non ritentare. Avrebbe potuto rispondermi di non potere, per qualche ragione, declinando dunque la possibilità dell’incontro. Insomma, cosa sarebbe accaduto se non ci fossimo mai incontrati? E invece ci incontrammo, e anche lì, fu subito amore. Forse, se escludiamo gli eventi che stazionano al di sopra del percorso di vita (genitori, nascita dei figli etc.), quello fu per certo un momento fondamentale della mia e credo anche di quella


P ensieri in libertà di Lillo. Quell’incontro in alta montagna, tra due sconosciuti, fotografando Aquile reali, scatenò un domino di eventi bellissimi, che portò non tanto o non solo la nascita di Alcedo, ma mille viaggi, visite in allevamento, fotografie, esperienze, entusiasmo, emozioni, condivisioni, che credo entrambi ci portiamo e ci porteremo per sempre nel cuore. E soprattutto decretò la nascita di una vera amicizia tra due persone che hanno potuto sempre contare l’uno sull’altro, e che sanno di poterlo fare ancora, per il resto dei loro giorni. E anche quell’evento, e i 15 anni di storia dell’Ornitologia che seguirono a quell’evento, e che in qualche modo hanno segnato non solo un’amicizia importante, ma anche una parte della moderna ornitologia mondiale, fu catalizzato dal caro Giovanni. Al quale va il mio ricordo, la mia gratitudine, le mie emozioni, il mio affetto. E al quale sempre lascerò un piccolo spazio nei miei ricordi e nel mio cuore. Talvolta, si ritiene che questa passione per gli uccelli sia inutile, inconsistente, e propria dei perditempo. Non si riesce a percepire l’amore che vi è alla base. E come questo amore possa catalizzare emozioni forti, esperienze di vita e amicizie indelebili e indimenticabili. Così è stato per me, Lillo e Giovanni. Questa dote abbiamo ricevuto e sempre la porteremo nei nostri cuori. Ti saluto Giovanni, so che prima o poi ci rincontreremo, seduti su una nuvola, per parlare di genetica, di Cardellini e di Cardinalini del Venezuela. MASSIMO NATALE

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Giovanni Chillè, secondo da destra, abbracciato dall’allora Presidente Federale Salvatore Cirmi

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

I loro luoghi d’origine e le loro abitudini di vita non hanno sempre permesso una facile importazione europea

Gli Alarossa o Astri montani di LUIGI GAZZOLA, foto da Internet (autori vari)

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Alarossa di Shelley, da rarefinch.com, autore: Wille Lippens

Alarossa di Jackson da lesoiseauxdufaucigny.centerblog.net, autore: Wille Lippens

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li Astri montani sono piccoli esotici, abitanti tipici delle montagne (lo dice lo stesso nome), e sono stati battezzati tutti coi nomi di grandi ornitologi. Gli Alarossa di Shelley (Cryptospiza shelleyi) e quelli di Jackson (Cryptospiza jacksoni) hanno due zone di diffusione assai ristrette, nel Congo orientale e in Ruanda; le altre due specie, l’Alarossa di Reichenow (Crytospiza reichenovii) è originaria del monte Camerum e nella Rhodesia, mentre l’Alarossa di Salvadori (Cryptospiza salvadorii) è diffuso dagli altopiani del lago Tanganyika, nel Kilimangiario sino all’Etiopia. A loro volta su tanta ampiezza di montagne questi uccelli hanno formato numerose sottospecie, a seconda della loro zona e del loro ambiente naturale. Tutti gli Alarossa sono uccelli un poco scuri, se vogliamo, ma pur sempre di colori assai gradevoli. I loro luoghi d’origine e le loro abitudini di vita non hanno sempre permesso una facile importazione europea. Molti anni fa ebbi il piacere di acquistare in Olanda dei C. salvadorii, forse meno appariscenti dei C. reichenovii, ma sempre graziosissimi, dal bel piumaggio verde-oliva scuro, la gola giallastra, dorso rosso con piume alari orlate di cremisi. In tutto non supera i 12 cm. Di questa specie, ho letto che ne sono state classificate tre razze, che però differenziano ben poco l’una dall’altra. Gli uccelli dell’Etiopia e dei monti del Kenia mostrano un alone giallastro attorno all’occhio ed in genere sono più verdi degli altri, denominati Cryptospiza salvadorii salvadorii.


Alarossa Abissino, da commons.wikimedia.org autore: MpGoodey

A nord-ovest del Tanganyka vive la sottospecie Cryptospiza salvadorii ruwenzori, molto più grigia, con alone verdastro intorno agli occhi. Nel Sudan sino all’Uganda ed in poca parte del Kenia si incontra la sottospecie Cryptospiza salvadorii kilimensis, ancor più grigia. Tutti questi uccelli abitano i fitti boschi di montagna, i canneti di bambù, le macchie presso i fiumi ad un altezza non inferiore ai 2600 m. Tuttavia ne sono stati catturati esemplari anche molto più in basso, in cerca di cibo, nelle zone erbose dove trovano i piccoli semi, soprattutto di erbe, che sono il loro cibo principale. In alcuni testi si parla anche di cibo animale: piccoli insetti. Alloggiati in voliera gli Alarossa di Salvadori li ho mantenuti con varietà di miglio, sia allo stato secco che germogliato, ma si erano assuefatti anche alla scagliola. Semi di erbe prative sono per essi un cibo eccezionale, sia immaturi che secchi. Pastoncino morbido privo di grassi, uova di formica o vermi della farina (sempre bolliti). Non ho più visto questi uccelli nelle mostre né ai mercatini, ma se qualche allevatore ne alleva ancora qualche specie, sarebbe bene che inviasse alla Rivista le sue esperienza. Sono Estrildidi africani molto interessanti, e nessuna allevatore dovrebbe lasciarsi sfuggire l’occasione di aggiungerli al proprio allevamento.

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del consiglio direttivo federale del 22-23 novembre 2019 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Incontro con lo staff dei Convogliatori ufficiali, definizione dei punti di raccolta del convogliamento al Campionato Mondiale 2020 in Portogallo: determinazioni; Si è tenuto alle ore 15,00 del giorno 23 novembre 2019 l’incontro con lo staff dei convogliatori volto a definire i dettagli della trasferta al Campionato Mondiale di Matosinhos (Portogallo). É stata presentata la nuova formazione della squadra, tenuto conto dell’inserimento di nuovi elementi, nonché l’affidamento dei compiti e le mansioni ad ognuno dei componenti. Sono state affrontate le problematiche relative al convoglio degli uccelli fino a Piacenza ed in particolare quelle afferenti ai percorsi attraverso la dorsale tirrenica e la dorsale adriatica. Sono stati altresì precisati e concordati i diversi punti di raccolta degli uccelli dislocati nei vari Raggruppamenti che saranno successivamente resi pubblici mediante apposito comunicato sui canali ufficiali. Sono state apportate alcune modifiche e migliorie alle attrezzature utilizzate per il trasporto, per garantire maggiormente il benessere degli uccelli durante il lungo viaggio di andata e di ritorno da Matosinhos. - Il CDF delibera, su parere favorevole del competente raggruppamento regionale siciliano, l’affiliazione dell’Associazione Ornitologica di Promozione Sociale Peloritana, con sede in Rometta Marea e dell’Associazione Ornitologica di promozione sociale Val di Noto, con sede in Noto. Dispone che la Segreteria Federale provveda, a stretto giro, all’assegnazione del codice, alla generazione dell’indirizzo pec ed all’invio dei codici di accredito nei programmi informatici federali. - Il CDF, nell’esaminare il contenuto della missiva del 25/9/2019 a firma del Presidente del Raggruppamento Regionale Lombardo, osserva quanto segue. Per il convogliamento al Campionato Italiano è previsto l’intervento della Federazione relativamente alla procedura di ingabbio e non pure per quella di rientro. Pertanto, prevedendosi una spesa a carico dell’intera comunità federale, non potrà negarsi il convogliamento di sola andata agli allevatori/tesserati FOI che, pur essendo iscritti in

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associazioni al di fuori della regione Lombardia, risiedono nella stessa. Al più si potrà prevedere di dare precedenza agli allevatori iscritti alle associazioni lombarde e, in caso di disponibilità di trasportini liberi, accogliere gli allevatori iscritti fuori regione. Per quanto attiene al convoglio per il Campionato Mondiale, essendo quest’ultimo a totale carico della Federazione, dovranno essere accolti tutti gli allevatori. Tale determinazione viene assunta in applicazione di principi generali, non essendovi alcuna disciplina che allo stato regolamenti la fattispecie in termini specifici. Il CDF prende atto con piacere della conclusione dei lavori progettuali sul “Veterinario di Prossimità” realizzati dal dott. Domenico Borrelli, Presidente del Raggruppamento Regionale Campania. Quest’ultimo ha fatto pervenire un elenco di medici veterinari, tutti da lui consultati ed esperti in patologie aviarie, dislocati in varie regioni italiane, che hanno offerto la loro disponibilità ad assistere i tesserati FOI, praticando loro agevolazioni sulle prestazioni eseguite. L’elenco è corredato da recapito telefonico, da indirizzo mail e dall’indicazione della regione di riferimento. Il CDF dispone la pubblicazione del predetto elenco sul sito istituzionale. Il CDF delibera la stampa del volume sugli Ondulati scritto da Giovanni Fogliati nella versione a doppio tomo. Verranno stampati tremila esemplari ai quali verrà imposto il prezzo di copertina di 30,00 euro cadauno. Accetta il preventivo pervenuto dalla TEP Arti grafiche srl con sede in Piacenza che ha praticato il costo più conveniente. Il CDF, in occasione del 70° anniversario della Federazione, delibera la stampa di n. 20.000 calendari, da inviare come inserto all’interno di Italia Ornitologica a tutti gli allevatori soci FOI, accettando il preventivo di TEP arti grafiche srl con sede in Piacenza. Il CDF delibera l’acquisto di un ISOPALET 1100L dotato di ruote, dimensione esterne 800X1200X2000, attrezzatura utile per il convogliamento dei Campionati Mondiali, accettando il preventivo mail di Tranformados Torres Marti S.L. con sede a Monzon (Spagna), del 15 ottobre 2019.




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