Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus
ANNO XLV numero 10 Ottobre 2019
Estrildidi Fringillidi Ibridi
Canarini di Colore
OndulBUi ed altri Psittaciformi
Cronaca
Il Diamante di Gould
Quesiti sui caratteri latenti
Il normale grigioverde
Yorkshire e Brasile
ANNO XLV NUMERO 10 OTTOBRE 2019
sommario 3 7 15
Essere Presidente Antonio Sposito
Il Diamante di Gould Sergio Lucarini
Quesiti sui caratteri latenti Giovanni Canali
Le Melanine (2ª parte) Umberto Zingoni
Orni-flash News al volo dal web e non solo
65° anniversario A.R.O.
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Alberto De Vita
Uccelli da conoscere e da proteggere: l’Ibis eremita
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Roberto Basso
Yorkshire e Brasile
Estrildidi Fringillidi Ibridi
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Canarini di Colore
Studio, ricerca e considerazioni sugli alimenti dannosi ai pappagalli Guglielmo Petrantoni
È nata una stella (1ª parte) Enrique Gómez Merino
Pagina aperta Argomenti a tema
Il normale grigioverde Giovanni Fogliati
Suggerimenti psico-educativi Francesco Di Giorgio
Nuove Regole espositive (1ª parte) Carmelo Montagno Bozzone
AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it
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Spazio Club Club Diamante Codalunga incontro di approfondimento a Correggio
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Attività FOI - Verbale Consiglio Direttivo del 12-14 luglio 2019
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Ondulati ed altri Psittaciformi
Gianluca Moroni
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975
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Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani
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Giuseppe Pepe
Estrildidi Fringillidi Ibridi
Inoltro postale in Italia: Effezeta srl Via Amilcare Mazzocchi, 36 - 29122 Piacenza
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Editoriale
Essere Presidente di ANTONIO S POSITO
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o sono il Presidente! Sembra un’espressione che ti riempie la bocca di zucchero e ti gonfia il petto di orgoglio. Ma così non è! Essere Presidente significa tutt’altro, vuol dire essere dotati di un altissimo senso di responsabilità, avere capacità in tanti campi dello scibile e saperle mettere in pratica, sapere intrattenere innumerevoli relazioni sociali ed amicali da coltivare e da mantenere vivide e, soprattutto, possedere un senso di equilibrio notevolissimamente superiore alla media. Essere Presidente vuol dire che quando un consigliere del tuo Direttivo “combina più danni della grandine” ed il tuo Direttivo ti indica soluzioni risolutorie immediate e traumatiche nonché di grande impatto, tu frapponi la tua persona e, attivando il meccanismo della tutela del rapporto personale, dell’amicizia, della collaborazione e della vicinanza sino ad allora intrattenuto, ti assumi la responsabilità di indicare una strada di uscita onorevole, dritta e senza infamia. Nulla accade per caso ed anche gli ultimi avvenimenti sono il frutto di disegni a tinte fosche e di beceri desideri di rivalsa. Per chiarire la posizione utilizzerò alcuni passi da me scritti in una serrata corrispondenza epistolare intrattenuta via mail con il n. 1. “Il giorno dom 28 apr 2019 alle ore 22:33 Presidente FOI Sposito <sposito@foi.it> ha scritto: Caro XXX,
… omissis … n.d.r. Nulla da nascondere, vi sono delle considerazioni di carattere personale non proprie di questa sede. È questo l’unico motivo per cui in questo punto ed in alcuni punti successivi si omettono alcune proposizioni. Da qui in avanti, il merito. La tua indole ti ha portato ad assumere una serie di comportamenti che oggi, tutti insieme, costituiscono l’emblema di una negatività che deve essere estirpata. Dobbiamo convenire sul fatto che alcune tue scelte sono state effettivamente non corrette e certamente non in linea con il profilo equilibrato da me posto a base del governo della Federazione. Soprattutto le tue troppo frequenti intromissioni negli ambiti elettorali riguardanti altri Organi federali e le tue successive esternazioni, talvolta pubbliche, per la mancata riuscita delle tue previsioni, hanno notevolmente contribuito alla creazione di un contorno di negatività sui tratti della tua figura.
Il potere pesante da te esercitato nella tua Regione ad esempio fortemente condizionando le scelte del candidato Presidente Pacetti nella formazione della sua lista - su mia contestazione, circostanza da lui stesso confermata - hanno caricato di alta tensione quel territorio che ha reagito alla tua persona, individuando in te il responsabile della rottura degli equilibri interni e della coesione che sembrava essere stata trovata dopo l’indicazione pubblica che mi ero permesso di dare al futuro candidato in ordine alla necessità di un radicale (o quantomeno molto sostanziale) cambiamento della compagine dei Consiglieri in occasione del convegno di Pianopoli. Il mantenimento del precedente establishment e l’aver completamente disatteso il mio spassionato consiglio hanno determinato la netta spaccatura della Calabria ornitologica con te non garante di un momento di equilibrio e di ricucitura dello strappo ma schierato da una parte che poi anch’essa ha ritenuto inappropriato il tuo intervento (in chiave istituzionale), oltre che contro le regole civili e federali. … omissis … Su tua indicazione ho richiesto che la mail di denuncia del tuo comportamento “sopra le righe” e della scomposta tenuta dell’ultima assemblea elettiva del Raggruppamento Regionale Calabria, originariamente inviatami con la sola indicazione della denominazione delle Associazioni dalle quali promanava, mi venisse nuovamente recapitata ma questa volta con firme autografe. La mail mi è regolarmente pervenuta anche in tale forma. Da ultimo mi risulta che anche la tua Associazione di appartenenza sembra essere orientata su posizioni esattamente opposte rispetto alla linea da te indicata, attestandosi su una prospettiva a te alternativa. Ormai esiste una volontà netta e precisa di prescindere dalla tua persona e dalla tua funzione di Consigliere Federale, circostanza quest’ultima a più riprese confermatami da tutti gli altri componenti del CDF. Non desidero fare nomi e cognomi dei tanti nostri comuni Amici che mi hanno sollecitato l’assunzione di questa determinazione e lo faccio unicamente per il tuo ed il mio bene ovvero per consentire a te ed a me di conservare rapporti interpersonali che prescindano da osservazioni e considerazioni sentimentalmente limitate alla circonferenza federale e non certamente alla qualità personale.
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Editoriale Credo ormai fermamente che il tuo tempo quale Dirigente FOI sia giunto al suo compimento. … omissis … Nel contempo ho particolarmente apprezzato la tua decisione di revocare la disponibilità alla ricandidatura alla Vicepresidenza della COM, decisione che mi ha sollevato dal dover gestire ulteriori problematiche. Sul piano funzionale sono costretto a chiederti e quindi ti chiedo la cortesia di fare un passo indietro e di rassegnare le tue dimissioni anche dal Consiglio Direttivo Federale. … omissis …”. Le dimissioni del n. 1 intervengono con una mail inviata a più persone in data 22 maggio 2019 con motivazioni pubbliche di tutt’altro segno, evidentemente già strumentali e funzionali al perseguimento di altro obiettivo. A questo punto già si fa avanti una prima riflessione interrogativa. Le dimissioni dal CDF vanno rassegnate esclusivamente nelle mani di chi (il Presidente) ti ha inserito nella propria lista elettorale e ti ha conferito la delega di funzione (coordinamento dei Raggruppamenti) o anche spiattellata a soggetti estranei a tale rapporto? Correttezza !?! Ma la ricostruzione dei fatti deve necessariamente descrivere un lungo percorso a ritroso. Si comincia con la prima seduta del neo eletto Collegio dei Revisori dei Conti nella quale viene nominato Presidente il Dott. Alberto Ferrara. Alcuni giorni dopo il Presidente del Raggruppamento Interregionale Abruzzo Molise Domenico Maione (testimone) – che aveva avanzato la candidatura di Alberto Ferrara – riferisce di aver ricevuto una telefonata dal n. 1 nella quale viene minacciato “di fargliela pagare” per non aver rispettato i “patti” secondo i quali il Presidente del Collegio non sarebbe dovuto essere Alberto Ferrara. Il Presidente Maione comunica con il Consigliere Maria Carla Bianchi (testimone) per renderla edotta del contenuto della telefonata e per manifestarle l’intenzione di abbandonare la sua funzione di Presidente Regionale in quanto non si sarebbe mai aspettato un comportamento così tanto aggressivo in un ambito hobbistico. Il n. 1 paventa la possibilità di avanzamento di una propria candidatura alla Presidenza COM. Il CDF si interroga sull’opportunità di una tale esposizione elettorale strutturalmente non necessaria ma da lui così tanto caldeggiata a motivo del fatto che il Presidente uscente (Ramoa) sarebbe stato, a suo dire, “in caduta libera” ed il suo ruolo in seno al Comitato Direttivo della COM fortemente messo in discussione da quasi tutti i componenti del medesimo. In particolare riferiva che le Nazioni dell’Emisfero Sud erano totalmente scontente della
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sua politica nonché contrarie alla sua linea ed avrebbero appoggiato la candidatura italiana. Il CDF, in ogni caso, manifesta assoluta contrarietà all’espressione della candidatura del n. 1 alla presidenza della COM. Sulle pressanti insistenze sul punto da parte del n. 1 il CDF conviene che, qualora l’Italia avesse dovuto esprimere una propria candidatura in quella carica, si sarebbe dovuto candidare il Presidente FOI nella mia persona. Testimoni: tutti i Consiglieri Federali ed il Presidente dell’Ordine dei Giudici (Andrea Benagiano). Archiviata la possibilità di candidarsi alla Presidenza della COM e dopo che il CDF aveva indicato alla COM-Italia la ricandidatura di Roberto Rossi alla Presidenza OMJ, il n. 1 richiede al sottoscritto e ad Ignazio Sciacca (testimone), nella sua qualità appunto di Presidente della COM-Italia, di modificare la scelta effettuata – nel caso del sottoscritto di concerto con tutti i componenti del CDF, lui compreso – proponendosi quale candidato anche in quella carica (presidenza OMJ al posto di Roberto Rossi). Ovviamente ottenendo da entrambi un netto rifiuto. Alla ricerca della poltrona perduta! Interviene, quindi, una mail inviata al sottoscritto il 16 aprile 2019 della quale appare opportuno riprodurre il testo: “Carissimo Antonio, ho riflettuto lungamente in questi, ultimi, giorni sulla eventualità di confermare la mia disponibilità alla candidatura per il ruolo di Vice presidente della C.O.M.. Il mio amore per questa Federazione, alla quale appartengo da oltre 40 anni, non può essere messo in discussione da nessuno; così come non può essere messa in discussione la mia indipendenza, il mio essere un uomo libero, non legato né a correnti di pensiero preconcetti né a interessi ornitologici di alcun genere; io sono ancora, e voglio continuare ad essere per tutti gli amici allevatori, iscritti della FOI, quello che sono stato sino ad oggi e, ti devo confessare, che mi hanno fatto piacere gli attestati di affetto e di stima che, ho ricevuto e, sto ricevendo quasi quotidianamente, particolarmente, in questi ultimi giorni. L’ultimo periodo è stato, ciononostante, per me particolarmente doloroso sia dal punto di vista personale che Federale; non si può restare indifferenti e distaccati di fronte ad accadimenti, e comportamenti, di siffatto genere. La mia decisione che giunge, come già ho scritto, al termine di un periodo delicato e doloroso anche dal punto di vista personale, presumibilmente deluderà alcuni amici che mi hanno sostenuto e stimolato in questi ultimi anni; sarà mia cura ringraziarli personalmente, tutti - uno ad uno, nei prossimi giorni. Cosi come sento, anche, il dovere di ringraziare la FOI ed i suoi dirigenti, che mi hanno indicato, tre anni or sono, come il loro candidato alla Vice Presidenza della COM.
Editoriale Nella mia vita federale (quale Presidente di associazione, di Raggruppamento e Giudice) ho vissuto le mie esperienze sempre “con spirito inclusivo e MAI divisivo” (questa condotta non mi appartiene né mai mi apparterrà!); per tutto ciò NON intendo, dunque, per amore della FOI e per rispetto del CDF, avere ulteriori preoccupazioni. Pertanto ti comunico la mia rinuncia alla candidatura al Ruolo di Vice Presidente della Confederation Ornitologique Mondiale. Ci tengo, altresì, ad assicurarti che qualora il CDF individuasse un candidato Italiano a tale delicato ruolo, potrai avere la certezza, sin dà ora, che non farò mancare il mio appoggio e il sostegno convinto, nella consapevolezza che egli saprà assicurare, in caso di auspicato successo elettorale, un’altrettanta vigorosa e produttiva presenza all’interno del Comitato Direttivo della COM nel solco di quanto fatto in questi ultimi anni. Un Abbraccio f.to”. In occasione della riunione COM avutasi in concomitanza con la tenuta del Campionato Mondiale dell’Emisfero Sud in Argentina, il n. 1 ha presentato la richiesta di autocandidatura alla vicepresidenza della COM, oggi ancora al vaglio di ammissibilità da parte del Comitato Direttivo della COM. Coerenza allo stato puro! Giungiamo alla elezione della Commissione Tecnica Nazionale dei Canarini di Colore tenutasi in occasione dell’Assemblea dell’Ordine dei Giudici 2018. Tra i candidati nella lista dei componenti della Commissione vi è il Giudice Nicolò Impollonia (da noi tutti conosciuto come Nico), amico personale del n. 1 e – evidentemente – sua diretta espressione elettorale in quell’ambito. Ebbene Nico Impollonia non riesce ad essere eletto per un solo voto. Dopo la proclamazione degli eletti si origina nella sala conferenze dell’Ente Fiera di Piacenza una impetuosa discussione nella quale il n. 1 inveisce contro il Giudice Alfonso Giordano in quanto quest’ultimo non aveva rispettato il “patto” con lui assunto sul collegamento elettorale con Impollonia che aveva ricevuto molti voti in meno e che, per questo motivo, non era stato eletto. Testimoni: Nico Impollonia, Alfonso Giordano ed almeno altri dieci Giudici ivi presenti. Correttezza !?! Antonio Altobelli, nel presentare la lista per l’elezione del Consiglio Direttivo del Raggruppamento Lazio vi inserisce anche Sandro Maestà che non possiede i requisiti previsti dall’art. 16 del Regolamento Raggruppamenti, in quanto iscritto in un’Associazione facente parte del Raggruppamento laziale solo da due anni. Quando arrivo a Frosinone per presiedere l’assemblea elettiva vengo inter-
cettato da Antonio Altobelli, da Maurizio Capuani e da Sandro Maestà nel corridoio latistante la sala che avrebbe ospitato la riunione. In particolare Altobelli (testimone) mi riferisce di aver avuto un colloquio telefonico con il n. 1, in viva voce ed alla presenza di Capuani (testimone), al quale veniva prospettata la situazione al fine di ricercare la soluzione. Di tutta risposta viene loro riferito dal n. 1 che nessuno si sarebbe mai accorto dell’inconveniente e che, anche qualora qualcuno se ne fosse accorto, sarebbe stato sufficiente sostituire la singola persona. Il risultato è noto a tutti: la lista con Altobelli candidato Presidente è stata dal sottoscritto dichiarata inammissibile ed esclusa dalla consultazione elettorale ed io additato come un Presidente che aveva, fra i suoi primi collaboratori, un delegato ai Raggruppamenti che neppure conosceva il relativo Regolamento. Correttezza, competenza !?! Ma il culmine viene raggiunto dal n. 1 in occasione dell’assemblea elettiva del Raggruppamento Calabria, della propria Regione, che su mia delega viene chiamato a presiedere. Risultano presenti i rappresentanti di quattordici Associazioni, sette delle quali, per esprimere il dissenso nei confronti dell’unico candidato Presidente Sergio Pacetti, decidono di votare scheda bianca. Il dissenso è stato originato dai motivi che si rinvengono nel testo della mia mail del 28 aprile 2019 innanzi riprodotto per stralcio (testimone Sergio Pacetti). Il n. 1, Presidente di Assemblea all’uopo delegato, effettua arbitrariamente lo scrutinio e conta otto schede a favore di Pacetti e sei schede bianche.
Il Presidente federale avv. Antonio Sposito
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Editoriale I sette Rappresentanti di Associazione che avevano votato scheda bianca, ritenendo che il n. 1 Presidente di Assemblea fosse incorso in errore, richiedono un nuovo conteggio delle schede. Il n. 1 Presidente di Assemblea riconta le schede ed ancora una volta ne attribuisce otto a favore di Pacetti e sei schede bianche. Quindi, nella consapevolezza che il n. 1 Presidente di Assemblea ne stesse “combinando un’altra delle sue”, i sette votanti scheda bianca chiedono un nuovo conteggio ma questa volta, come da regolamento, a cura di uno scrutatore. La conta dello scrutatore determina, quale risultato finale, poi formalizzato nel verbale, sette schede per Pacetti e sette schede bianche. Preso nelle strette il n. 1 si imburberisce, perde il controllo e comincia ad offendere ed a minacciare. Definisce vigliacchi e senza attributi i sette Rappresentanti delle Associazioni votanti scheda bianca e minaccia (lui) di commissariare il Raggruppamento e di tenerlo commissariato (sempre lui) per tutti gli anni (quattro) del mandato. L’assunto mi viene telefonicamente confermato anche da autorevolissimi esponenti dell’Associazione Ornitologica nella quale era tesserato il n. 1. Il risultato è che il Presidente neo eletto Dott. Sergio Pacetti rassegna le proprie dimissioni, il Raggruppamento Calabria viene commissariato e viene condotto dal sottoscritto Commissario a nuove elezioni che si terranno il 22 settembre 2019 ovvero solo dopo tre mesi. Testimoni: quattordici Rappresentanti di Associazioni facenti parte del Raggruppamento Calabria, il Presidente Sergio Pacetti, il segretario di Assemblea Marco Potitò ed ancora altre persone lì presenti. È necessario puntualizzare che nella riunione del CDF del 2223 marzo 2019 (vedi verbale pubblicato sul sito istituzionale), al punto n. 10) Relazione da parte dei Consiglieri sulle elezioni dei Presidenti dei Raggruppamenti Regionali, il n. 1 riferisce fatti diversi da quelli realmente accaduti in Calabria ed in relazione alle informazioni contrastanti provenienti da quel territorio, generando momenti di tensione fra i Consiglieri. Testimoni: tutti i Consiglieri Federali. Correttezza !?! La pagina ufficiale facebook della FOI, su mia indicazione e nello specifico intento di garantire pluralità di vedute e sintesi di intelligenze, prevede la presenza di diversi amministratori. Con manovra surrettizia il 29 aprile 2019 il n. 1 modifica senza alcuna autorizzazione del sottoscritto il ruolo dei Consiglieri Crovace e Nunziata da Amministratori a Membri, lasciando nel ruolo di Amministratori solo egli stesso e l’altro. Viene nel contempo inspiegabilmente inibito il libero inserimento di post da parte degli iscritti ed infine la pagina viene fatta archiviare (Prova documentale scaricata da facebook).
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Ancora in difetto di qualsiasi autorizzazione il n. 1 crea di sua iniziativa una nuova pagina facebook spacciandola per la nuova pagina ufficiale della FOI, alla quale invita ad iscriversi tutti i partecipanti alla pagina archiviata (o in corso di archiviazione) determinando una terribile confusione, un notevole sviamento degli allevatori aderenti, disordini e dissidi fra gli stessi. Correttezza !?! La pagina facebook FOI 2.0 viene creata in occasione della campagna elettorale del 2016 ed utilizzata nel corso degli anni successivi per l’attività comunicativa del CDF. A tale pagina si iscrive, pertanto, un cospicuo numero di allevatori evidentemente interessati all’iniziativa e desiderosi di essere parte integrante e fattiva del progetto FOI 2.0. Ebbene inopinatamente il n. 1, pensando di esserne il padrone in quanto, solo per questioni di praticità, venne all’epoca affidato a lui (o all’altro) il compito di aprire la pagina che quindi risultava verosimilmente a lui (o all’altro) intestata (mi hanno spiegato che in facebook funziona così ovvero che vi è l’obbligo di intestare e riferire le pagine a persone fisiche e non ad Enti), cambia la denominazione della pagina facebook FOI 2.0 in FOS 2019 modificandone arbitrariamente l’originaria identità, carpendo la buona fede e la scelta degli aderenti che si ritrovano, me compreso, ad esservi inseriti perché evidentemente iscritti a FOI 2.0, pur non avendo alcun interesse alle nuove combriccole oggi nella stessa propugnate. Correttezza, mala fede, raggiro !?! Il n. 1 detiene illegittimamente un personal computer portatile concessogli in dotazione dalla FOI e da quest’ultima acquisito a titolo di noleggio. Orbene, nonostante le dimissioni dal CDF siano intervenute in data 22 maggio 2019, fino a tutt’oggi, il n. 1 non ha ancora restituito il computer e conseguentemente la FOI è stata costretta ad erogare sino ad ora tre mensilità del canone di noleggio. Sarà stato mica rubato? Oppure viene quotidianamente utilizzato per altre finalità? Correttezza, indebita detenzione, indebito giovamento, indebita utilità, indebito vantaggio, o cos’altro !?! Per saper parlare in politichese o in avvocatese bisognerebbe essere verosimilmente un politico o un avvocato, insomma sarebbe necessario avere un ruolo, esercitare una funzione. Chi ci ha creati, ci ha nello stesso istante donato il libero arbitrio ovvero il potere di scegliere, di agire e di pensare senza alcun condizionamento, semplicemente per il tramite della nostra volontà. Il rispetto della libertà di ognuno è un diritto naturale! Siamo tutti Presidenti! N.B. Tutte le persone nominate ed indicate quali testimoni nel presente scritto sono state preventivamente contattate al fine di confermare la veridicità e la rispondenza alla realtà degli accadimenti narrati.
ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
Il Diamante di Gould Sul polimorfismo delle maschere di SERGIO LUCARINI, foto D. MATALONE, F. MUSUMECI, L. MONTINI
Edward Pierson Ramsey (1842-1916) il primo grande Ornitologo australiano, mantenne anni dopo una impostazione analoga denominando la forma a Testa gialla come Poephila armitiana (Ramsey, Proc. Linn. Soc. N.S.W., Vol.II, p.72, luglio 1877). Armitiana, il nome scientifico della Specie fu in questo caso tratto da William E. Armit., un ispettore di polizia che assistette per vari anni lo stesso Ramsey nelle sue ricerche ornitologiche. Il primo ad arrivare al riconoscimento di tre forme o fasi evolutive cromatiche entro la singola specie fu il Prof. Rei-
Diamanti di Gould a Petto bianco. A sinistra classica Testa arancio, a destra anomala Testa gialla, foto: Luigi Montini
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ra il 1 giugno 1844 quando John Gould descrisse la specie in oggetto dedicandola alla moglie Elisabeth da poco scomparsa (Gould, Birds Austr., pt. XV Vol. III, pl.88 e subito dopo in Proc. Zool. Soc. London, P. 5 luglio 1844 con una nota dal titolo, “On new species of Western Australian Birds: Psophodes nigrogularis – Amadina gouldiae”). Si trattava di un maschio dalla testa nera ascritto dal Gould nel Genere Amadina (dalla radice greca àmos = insieme, per le abitudini della Specie di vivere a coppie o in gruppo). All’epoca il Genere Amadina, creato da William Swainson (1789-1855), era sinonimo del Genere Poephila del Gould (Birds Austr., pt. VI, 1 marzo 1842), ma godeva
di più larga applicazione tra gli Ornitologi britannici. Attualmente ha perduto gran parte del suo valore tassonomico ed aggruppa soltanto due specie africane: il Gola tagliata, Amadina fasciata (Gmelin) e l’Amadina Testa rossa, Amadina erythrocephala (Linneo), ma ai tempi del Gould ne includeva molte altre anche di origine australiana. Hombron e Jacquinot, subito dopo, considerando le due forme Testa nera e Testa rossa come appartenenti a Specie diverse, ribaltarono la classificazione gouldiana ascrivendo il Testa rossa al Genere Poephila denominandolo Poephila admirable (Hombron & Jacquinot, Voy. Pole Sud Zool., pl.22, fgs. 1,2, gennaio 1845).
Il primo ad arrivare al riconoscimento di tre forme o fasi evolutive cromatiche entro la singola specie fu il Prof. Reichenbach
chenbach, (Heinrich Gottlieb Ludwig Reichenbach, botanico e Zoologo, Lipsia 1793 – Dresda 1879, direttore del Museo di Storia Naturale di Dresda) che creò allo scopo un Genere monotipico ad hoc il Chloebia, appunto comprendente soltanto il Diamante di Gould. (Giuseppe Paolo Mignone - Chiarificazioni sulla nomenclatura e sulla sistematica – “Italia Ornitologica” n.6-7/1982). Nella sistematica moderna, il Diamante di Gould è inserito nel Genere Erythrura coniato nel 1837 da William Swainson (1789 – 1855).
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Fino ad un recente passato, ci sono comunque stati ornitologi che hanno descritto le tre forme quali altrettante sottospecie, oltre alla tipica E. g. gouldiae, anche la E. g. kempi e la E. g. westra (Mathews, 1923). Una valutazione evidentemente errata, infatti tale suddivisione implicherebbe quanto meno diffusioni nel territorio differenziate; invece, in ogni distretto dell’areale di diffusione, si possono conteggiare le stesse percentuali: la forma a Testa nera, la più numerosa, pari a circa il 75% della popolazione, la Testa rossa rappresentata dal restante 25% e la Testa gialla con una rara presenza che alcuni
appare grigia, mostra già a modesti ingrandimenti un ordinato susseguirsi di tratti neri e tratti incolore. Le lamine, appiattite e relativamente lunghe rispetto alla estensione totale della penna, tutte con lo stesso orientamento, danno il massimo del risalto e della brillantezza al colore in esse contenuto. Per inciso, prima di passare alla descrizione del Testa nera, c’è da aggiungere che la punta del becco, in modo più vistoso nei maschi, presenta colorazioni analoghe a quelle della maschera. Avremo quindi becco rosso nel Testa rossa e becco giallo nel Testa gialla. Le
Femmine TR di tipo selvatico, foto tratta da: Auckland Zoo (aucklandzoo.co.nz)
autori rapportano ad un 2-3%, mentre altri la riducono attorno allo 0,05% che equivale ad un Testa gialla ogni 2000 soggetti. La morfologia Varietà a Testa rossa e gialla - Ingrandendo le penne della maschera dei Diamanti di Gould a Testa rossa o gialla, si nota che nella parte apicale delle barbe c’è una struttura compatta e compressa, una sorta di piccola lamina. Tale ispessimento cheratinico privo di melanina nera è l’unica zona della penna in cui è presente il lipocromo. La parte sottostante, che ad occhio nudo
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femmine, pur conservando una leggera presenza di lipocromi gialli o rossi, esternano una diffusione nera sulla punta del becco che si estende in modo considerevole nella fase di estro. La varietà a Testa nera – Paragonando le penne facciali del Testa nera a quelle delle precedenti varietà, risulta evidente una macroscopica diversità strutturale: gli ispessimenti apicali sopradescritti, che nel Testa rossa fanno da supporto al lipocromo, sono completamente assenti; al loro posto c’è una costruzione più convenzionale con barbe dalle quali si ripartono brevi barbule che all’approssimarsi degli apici
risultano progressivamente più corte e rade. Nella parte distale delle barbe c’è il massimo del deposito della melanina nera. La punta del becco non è coinvolta dalla mutazione, pertanto possiamo avere soggetti a Testa nera con la punta del becco rossa oppure gialla. A questo proposito, c’è da puntualizzare che dal punto di vista espositivo bisogna prestare attenzione nella formazione degli stamm: soggetti a Testa nera che presentano tra loro colorazione del becco difforme non costituiscono stamm. La genetica È indubbio quindi che la varietà a Testa nera non sia attribuibile né a un semplice blocco localizzato della produzione dei lipocromi, indicativo come detto l’apice del becco che continua a mostrare la sua tipica colorazione gialla o rossa, né all’azione coprente di una ipermelanizzazione, ma nasca da una deficienza strutturale causata da un fattore genetico che le esperienze di allevamento in ambiente controllato hanno indicato come recessivo e localizzato sui cromosomi sessuali. Oggi sappiamo anche che la sequenza genica coinvolta (“Red Locus” nelle note consultate) è una piccola regione di circa 72 chilobasi, non codificante, situata a monte del gene Follistatina (FST; KangWook Kim et al., 2019). “Non codificante” significa che non è preposta alla produzione di una particolare proteina ma ha una funzione regolatrice. All’interno di questa regione, tra gli altri, mappa il locus “testa nera” che con i suoi alleli tn+ e tn codifica per le forme a Testa rossa e a Testa nera. Gli studiosi che hanno sequenziato questo tratto di DNA si sono stupiti del fatto che in tale regione, a differenza di quello che risulta comparando il resto del genoma, …ci sia una elevata diversità e divergenza di nucleotidi e un eccesso di alleli a frequenza intermedia. Analoghe sequenze in altri Estrildidi (compreso il D. mandarino) non hanno rivelato per la medesima regione tali marcate divergenze. I ricercatori, a giustificazione di tale realtà, pensavano di trovare nel Diamante di Gould una inversione o un riarrangiamento, in definitiva un super gene (i super geni sono costituiti da
Testa rossa, Testa nera, Testa gialla, foto: Fabio Musumeci
grandi blocchi genomici con specifiche peculiarità), invece sono arrivati alla conclusione che a determinare la mutazione “testa nera” sia stata l’inserzione di un retrotrasposone1 (“…vicino alla regione altamente divergente, abbiamo identificato un inserimento con la caratteristica di un retrotrasposone a ripetizione terminale lunga, che è assente nel D. mandarino. Gli elementi trasponibili sono spesso associati al polimorfismo adattativo” – Kang-Wook Kim et al,. 2019). L’ipotesi è che l’inserimento di questa importante sequenza estranea vada ad interferire con la adiacente regione codificante per la Follistatina (“Non coding region near Follistatin controls head colour polymorphism in the Gouldian finch”– Matthew B. Toomey et al. 2018). La Follistatina è una importante proteina coinvolta come inibitore funzionale in diversi ed essenziali processi biologici. Nel Diamante di Gould, in una azione pleiotropica (interessante più caratteri), va ad inibire la formazione delle sopra descritte lamine apicali presenti nelle penne della maschera facciale dei Testa rossa. Al loro posto ripristina una atavica e convenzionale struttura dotata di barbule, altamente melanizzata. Una differenza nella carica melanica la si nota anche comparando i nidiacei in covate miste: quando a due/tre giorni di vita si attivano i melanociti, si nota sotto pelle nei piccoli TN una maggiore presenza di nero rispetto ai fratelli TR. Percezione che rapidamente si perde nel prosieguo dello svi-
luppo (Luigi Montini – Com. pers.). Oltre a produrre queste modificazioni morfologiche, l’azione pleiotropica si esplica anche a livello comportamentale: nelle interazioni intraspecifiche, i maschi a Testa nera risultano
decisamente meno aggressivi rispetto a quelli a Testa rossa. L’origine della divergenza Le analisi del DNA consentono anche di ricostruire e datare le varie fasi
Diamante di Gould TN - Best - Lanciano 2015 - 93 p., foto e allevamento Dino Matalone
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evolutive che hanno portato una determinata specie prima a dividersi e poi a differenziarsi da un antico progenitore. Nel caso in esame, due sono le considerazioni in premessa: 1) Il “Red locus”, cioè la sequenza genica sopra descritta, si è evoluta nel genoma degli Estrildidi molto prima che il Diamante di Gould si separasse dall’antico ceppo arcaico. 2) Dato che la speciazione degli Estrildidi australiani ha come denominatore comune il continuo aumento della complessità dei disegni caratteristici, anche per il Diamante di Gould è ipotizzabile un percorso analogo. Il confronto con gli affini rappresentanti del genere Erythrura, che hanno ripartizioni cromatiche vistose ma decisamente meno complesse, può dare un’idea di quello che è stata la base di partenza e la consequenziale progressiva evoluzione. Essendo la forma con penne rosse quella ancestrale, è presumibile che questa si sia evoluta partendo da una forma arcaica che ne era priva. Data la complessa morfologia e l’alta specializzazione delle penne interessate, è altrettanto intuibile che tale caratteristica non possa essere apparsa all’improvviso in seguito ad una casuale mutazione. Più probabile è una lenta progressione per accumulo di alleli
favorevoli. Indicativa in questo senso è la situazione cromatica in tale distretto delle attuali femmine Testa rossa selvatiche, le quali in taluni casi hanno una talmente bassa espressione di tale carattere da apparire in tutto e per tutto come delle Testa nera. Dalle analisi del genoma sappiamo che il “Red locus” manifesta una “...elevata diversità di nucleotidi e un eccesso di alleli (…) alleli che vengono eliminati con la selezione”. In milioni di anni, sotto la spinta della selezione sessuale, seguendo la preferenza delle femmine verso tracce di rosso nelle maschere dei loro compagni sempre più estese, una generazione dietro l’altra, si è arrivati al fenotipo rutilante che oggi conosciamo. In questo contesto, come suggeriscono le moderne datazioni, non molto tempo dopo rispetto all’inizio di questa progressiva divergenza dall’originale ceppo arcaico, nel mare d’erba del bush australiano è apparsa la variante a Testa nera. Modalità di bilanciamento della selezione Quando compare una variante fenotipica in una vasta popolazione, la norma è che questa venga rapidamente riassorbita. Ci sono però eventi eccezionali che a volte creano quelli che dagli evoluzionisti vengono definiti “colli di bot-
A sinistra classico Testa rossa, a destra Testa corallo, foto: Luigi Montini
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tiglia”, eventi cioè che isolando un piccolo gruppo di individui in possesso di peculiari frequenze alleliche, danno il via a cicli evolutivi alternativi. Ne è un esempio l’Ord Arid Intrusion, una epocale fase climatica di estrema siccità che in Australia ha spostato gli ecosistemi vivibili sempre più a nord suddividendoli nelle tre penisole dell’estremo settentrione australiano. Questo ha comportato la scissione di molti taxa in separate popolazioni biogeografiche. Tra gli altri, ad esempio, i Diamanti codalunga (Poephila acuticauda) che in quella difficile fase si sono divisi in due distinte sottospecie, ancora oggi tra loro separate geograficamente. I Diamanti di Gould, certamente coinvolti in quel drammatico evento, al ritorno di situazioni climatiche più favorevoli, hanno invece ripopolato i vecchi areali conservando il loro status di specie polimorfica. Distinte forme che continuano a condividere gli stessi territori. (Gilby et al., 2009 ) Esistono diverse ipotesi sulle cause che hanno favorito, almeno nella sua fase inziale, l’instaurazione e poi il mantenimento di un polimorfismo così ben bilanciato che si è mantenuto presumibilmente invariato nel corso di milioni di anni. Un dato è certo: la selezione sessuale sembrerebbe esercitare un ruolo primario; infatti, in generale tutte le femmine manifestano una predilezione per i maschi a Testa rossa i quali, grazie alla loro aggressività congenita e quindi godendo di uno status dominante nella struttura sociale, risultano avvantaggiati in caso di risorse limitate, sia a livello di siti di pastura che di nidificazione. Tale situazione porterebbe a supporre che nel giro di non molte generazioni la frequenza allelica per il rosso, salendo rapidamente, possa prevalere annullando il polimorfismo che qui stiamo analizzando. Questo, nel corso di milioni di anni non è successo, anzi, in un rapporto di circa uno ogni quattro individui, il fenotipo rosso risulta a più bassa frequenza rispetto al nero. Evidentemente ci deve essere una qualche selezione opposta tesa a garantire la sopravvivenza nel “Red locus” di aplotipi2 divergenti (“La divergenza dei nucleotidi risulta alta rispetto al resto del cromosoma Z”- Matthew B. Toomey et
al., 2018). Quello che dobbiamo ritenere più probabile è che in questo caso siamo di fronte ad un esempio di antagonismo nella selezione sessuale, in cui gli effetti di fitness3 della diversa colorazione della maschera non sono gli stessi nei due sessi. L’osservazione che porta a questa conclusione è che nei ceppi domestici la selezione verso la massima estensione della maschera rossa procede di pari passo e nella stessa direzione in entrambi i sessi: nelle femmine ricercata, nei maschi in qualche modo subita. Oggi nei nostri allevamenti abbiamo soggetti di sesso femminile che esternano maschere pari per estensione a quelle dei maschi. Parallelamente, in questi ultimi, tale selezione verso la massima estensione sta purtroppo portando alla quasi scomparsa del caratteristico tratto nero (filetto) che fa da cornice all’area di competenza dei lipocromi (Piccolo inciso: volendo, nulla ovviamente vieta di rivedere i criteri di giudizio in direzione di un minore spessore di tale tratto – NdA). Il gran numero di alleli segnalati dai ricercatori a livello del “Red locus” giustifica ed agevola tale nostra selezione tesa ad eliminare sistematicamente gli alleli indesiderati, quelli cioè che codificano per maschere poco estese e, all’opposto, privilegiando quelli per la massima estensione. Questo è quindi quanto accade nei ceppi domestici. Accertato che nelle popolazioni selvatiche le femmine hanno una spiccata preferenza verso partner dalla vistosa ed estesa maschera rossa, come mai in natura anche per loro non si verifica un analogo trascinamento verso la massima espressione? L’unica spiegazione possibile, come sopra ipotizzato, è che parallelamente sia in atto una selezione contraria che all’opposto privilegia femmine dalla minima presenza di rosso. In tale direzione, è probabile che i maschi vedano nel rosso un segnale di antagonismo, quindi per le femmine risulta funzionale una scarsa o addirittura nulla presenza di rosso. Ed ecco una possibile risposta su quale sia la causa che mantiene costante, generazione dopo generazione, nel corso dei milioni di anni il bilancio polimorfico: essendoci una selezione negativa verso le femmine a Testa rossa, le femmine
Diamante di Gould TG - Campione del Mondo - Bari 2014 - 94 p., Foto e allevamento Dino Matalone
geneticamente a Testa nera (e quelle a Testa rossa che fenotipicamente sembrano a Testa nera) risultano avvantaggiate nella scelta del partner più idoneo, quello in grado di dare migliori garanzie di portare a buon fine il ciclo riproduttivo. In tale direzione, soprattutto in periodi di risorse limitate in particolare a livello di siti di nidificazione confacenti, accoppiarsi con un maschio dominante diventa per loro una strategia essenziale per trasmettere i loro geni. Inoltre, gli accoppiamenti con le femmine geneticamente a Testa nera, che sfuggono alla ferrea selezione divergente sulla estensione delle maschere alla quale sono invece sottoposti gli esemplari a Testa rossa (i maschi verso la massima estensione, le femmine verso l’estremo opposto) risultano funzionali al mantenimento di quel lussureggiamento di alleli (anche intermedi) evidenziati in letteratura a livello di “Red locus”.
La varietà (detta) a Testa gialla Anche se i ricercatori hanno denominato (forse impropriamente) “Red locus” la regione codificante per le strutture che fanno da supporto ai lipocromi, dobbiamo essere consapevoli che in questo segmento genico non ci sono loci per la produzione di tali pigmenti. Il “Red locus” lavora solo per la parte strutturale: presenza o assenza delle piccole lamine tramite la coppia di alleli “tn+”e “tn” nel locus “testa nera” ed estensione della maschera tramite un imprecisato corollario di geni additivi sensibili alla selezione ed allo stato ormonale (che amplifica la differente espressione nei due sessi). Per quello che riguarda i colori giallo/arancio/ rosso, tipici dei pigmenti di origine lipoide, i terminali di codificazione mappano in siti discreti distribuiti su più cromosomi anche autosomici. I lipocromi sono composti costituiti da catene formate da 40 atomi di carbonio,
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Maschio selvatico a testa rossa, immagine tratta da: Save the Gouldian fund
legati con atomi di idrogeno e, talvolta di ossigeno. L’alternanza (variabile) dei legami, singoli e doppi (cioè la loro coniugazione), più la presenza o meno di atomi di ossigeno variamente aggregato, conferisce all’insieme della struttura, detta “cromoforo”, peculiari proprietà ottiche. Il cromoforo è in grado di assorbire alcune radiazioni della luce visibile riflettendo quelle complementari. Queste molecole sono assemblate dagli organismi vegetali partendo da molecole più semplici. Ingeriti dagli uccelli e veicolati dal plasma sanguigno, tali composti giungono alle cellule che costituiscono il germe della penna. A volte i lipocromi vengono inglobati nella cheratina tal quali come sono assunti. Altre volte, seguendo peculiari dettami genetici, vengono metabolizzati e trasformati. Si arriva così ad un diverso cromoforo che riflette un diverso colore. Analisi cromatografiche suggeriscono che nella maggioranza delle penne del Diamante di Gould sia presente luteina, un pigmento che viene ingerito con l’alimentazione e fissato nel piumaggio del ventre e del dorso senza subire modificazioni. Le cellule che si trovano a livello dei follicoli delle penne della maschera metabolizzano invece la luteina, ossidandola e trasformandola in cantaxan-
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tina4, la quale conferisce alle piccole lamine di cheratina il caratteristico colore rosso. (Alan H. Brush e Harold Seifried-1968). Altri studi, anche più recenti, indicano quale pigmento responsabile del rosso la astaxantina (Matthew B. Toomey et al - 2018). Il gene che “lavora” alla ossidazione della luteina si trova su un cromosoma autosomico. Ricerche in tale direzione, hanno individuato nel cromosoma 8, una regione di 2,9 cM (da 20,2 cM a 23,1 cM) che molto probabilmente è quella candidata al metabolismo del lipocromo della testa. Questa regione si trova nella stessa posizione di “CYP2J2-2” del Diamante mandarino, associata alla produzione del lipocromo rosso presente nel becco di questo Estrildide (Genetics of plumage colour polymorphism in the Gouldian finch - Hanyuan Zhang 2015). È in questo segmento genico che in tempi remoti è apparsa la terza delle varianti selvatiche costituenti il polimorfismo di cui stiamo trattando: la Testa gialla. In passato si pensava che la variante Testa gialla derivasse da una deficienza genetica capace di impedire il ciclo per la trasformazione della luteina in lipocromo rosso. La realtà è che, pur partendo dallo
stesso precursore, il meccanismo genetico in questo caso è diverso, invece di metabolizzare il classico pigmento rosso, ne metabolizza (sempre per ossidazione) uno tipicamente arancione, il Perossido di Xantofilla (Alan H. Brush e Harold Seifried-1968). A livello sportivo amatoriale questa consapevolezza è importante. Fino a ieri si era convinti che il colore arancio costantemente presente nella maschera dei cosiddetti Testa gialla fosse una situazione non ottimale da addebitare ad una impropria presenza di residuo rosso, e/o un anomalo eccesso di feomelanina; che si trattasse, in definitiva, di difetti metabolici capaci di inquinare la purezza di quella che si pensava fosse luteina, difetti da contrastare con una rigida selezione. Oggi, come detto, grazie a quello citato e a diversi altri studi sui pigmenti, sappiamo invece che l’arancio è il colore tipico della maschera della terza forma classica, una forma rarissima nei suoi areali di origine, ma molto apprezzata e diffusa negli allevamenti domestici. Nuovi alleli Esistono oltre seicento tipi di carotenoidi. Hanno tutti molecole tra loro molto simili, in possesso dello stesso numero di atomi di carbonio (40). A cambiare lo spettro della luce riflessa, come sopra detto, è la posizione dei doppi legami oltre alla posizione e il numero degli aggruppamenti ossigenati che possono essere in forma ossidrile (-OH) oppure chetonica (=O). Nel secondo caso c’è una maggiore ossidazione quindi un viraggio verso colorazioni nettamente rosse o, addirittura, violette. Le gradazioni sono, comunque, quasi infinite. C’è infatti da considerare che, ad ulteriore variabile, la qualità del colore percepibile è anche in funzione della concentrazione del pigmento e dall’impacchettamento, con conseguenti torsioni che questo subisce all’interno della cheratina. I carotenoidi che sono stati isolati nel piumaggio degli uccelli sono circa una dozzina ed al momento per noi non è possibile sapere quanti di questi possono potenzialmente essere codificati dalle sequenze geniche di un Estrildide. Quello che sappiamo è che saltua-
riamente appaiono Diamanti di Gould con maschere di colore anomalo. Spesso si tratta di uccelli con mutazioni che coinvolgono l’assetto metabolico di tutto il piumaggio, quindi con squilibri a monte delle sequenze in precedenza descritte che codificano per la colorazione delle sole penne della testa. Nelle maschere dei mutati “Avorio”, ad esempio, c’è un viraggio dal normale colore arancio verso un giallo limone. Un colore che percepiamo particolarmente limpido nei soggetti omozigoti anche per il fattore “Petto bianco”. In analoghi abbinamenti parimenti più chiaro e limpido appare il rosso. A volte però capitano soggetti a base classica, cioè non mutati nelle penne del corpo, con maschera nettamente gialla invece che normalmente arancio, oppure con maschere di un rosso più chiaro. In questo secondo caso l’anomalia è stata isolata, fissata e studiata. Gli è anche stato dato un nome: Testa corallo.
In passato si pensava che la variante Testa gialla derivasse da una deficienza genetica capace di impedire il ciclo per la trasformazione della luteina in lipocromo rosso
Ad approfondirne la conoscenza è stato Luigi Montini, uno dei più grandi esperti europei di Diamanti di Gould e di Estrildidi in generale. Dai suoi riscontri appare certo che la forma Testa coralloè recessiva rispetto alla Testa rossa, mentre risulta dominante rispetto alla Testa gialla. Come altrettanto certo è il fatto che le tre forme siano tra loro alleliche.
Se un domani venisse parimenti fissata la variante con la testa nettamente gialla, che a detta di molti già clandestinamente circola negli allevamenti (vedi foto allegata), quasi sicuramente potremo parlare di una sequenza di quattro alleli. Una sequenza che, qualora si realizzasse, potrebbe costringerci ad accettare anche nel nostro Paese per il tipo base che noi abbiamo da sempre chiamato (forse impropriamente) Testa gialla la denominazione internazionale OMJ Testa arancio. A molti, queste ricerche volte a riconoscere anche la minima sfumatura cromatica che abbia un qualche riscontro a livello genetico, appare una pratica velleitaria ed inutile. Invece questi approfondimenti sono importanti anche dal punto di vista pratico. Se ad esempio, non riconosciuto su un tavolo di giudizio in mezzo a dei tipici Testa rossa, ci trovassimo un Testa corallo, la cosa potrebbe non rivelarsi grave: il povero Testa corallo si prende la sua
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brava penalizzazione alla voce colore e l’incidente si chiude li. Se invece sottoposto a giudizio fosse un gruppo di (cosiddetti) Testa gialla, tutti con la loro canonica testa di colore arancio e in mezzo a questi (come a volte, anche se raramente, capita) si trovasse un anomalo soggetto dalla testa spiccatamente gialla, ecco che il problema diventerebbe più importante; questo perché il Giudice preposto potrebbe pensare che la colorazione della testa di quest’ultimo possa essere il risultato di quella stretta selezione verso il giallo sopra citata che da sempre tutti (sbagliando) abbiamo auspicato come ottimale. Ed ecco che il danno sarebbe fatto. A primeggiare si troverebbe un animale probabile frutto di una forma mutata diversa dalla atavica australiana, che quindi a rigore di logica non
dovrebbe neanche essere su quel tavolo. Ovviamente, non credo ci sia bisogno di rimarcare che la cosa non è grave solo perché si sta perpetrando una ingiustizia a livello sportivo, ma la vera gravità è nel fatto che, alla lunga, la moltiplicazione di tali accadimenti possa indurre gli allevatori ad abbandonare la selezione dei soggetti tipici, quelli con la testa arancio, a favore di una nuova forma dalla spiccata colorazione gialla che però, dal punto di vista genetico non avrebbe nulla a spartire con quella che originariamente è stata descritta nei “Criteri di Giudizio”. Il passaggio dalla forma classica con la testa arancio alla nuova con la testa gialla non avverrebbe, cioè, per quella stretta selezione fino a ieri (erroneamente) auspicata, ma per sostituzione di una varietà con un’altra.
Diamante di Gould TR - Lanciano 2015 – 93 p., foto: D. Matalone, all. L. Montini
1) Retrotrasposoni - Sono frammenti di DNA capaci di trascriversi autonomamente e, conseguentemente, in grado di replicarsi in diverse posizioni all’interno del genoma. Fanno parte di quella classe di elementi genetici chiamati “elementi trasponibili”. Particolarmente abbondanti, gli “elementi trasponibili” arrivano a costituire circa l’otto per cento del corredo genetico. 2) Aplotipo (dal greco haplóos= singolo o semplice) - definisce la combinazione di varianti alleliche lungo un cromosoma o un segmento genico. 3) Fitness - Quando due o più assortimenti di caratteri ereditari conferiscono ai rispettivi organismi un diverso successo riproduttivo, allora si dice che presentano una fitness diversa. La fitness si misura per mezzo del successo riproduttivo, cioè dal numero medio dei figli in grado, a loro volta, di riprodursi. 4) Cantaxantina - Studi relativamente recenti tendono ad escludere che a colorare di rosso la maschera del D. di Gould possa essere questo pigmento “in quanto il suo precursore è il Betacarotene che, pur essendo abbondante in natura, viene scarsamente assorbito e quindi scarsamente utilizzato per la produzione del colore” (Riccardo Stradi – “Italia Ornitologica” 2/1997).
Nota della C.T.N.-E.F.I.
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a CTN-EFI, a seguito di ricerche molto approfondite e capillari, precisa che il Genere riservato al Gould da parte della maggioranza degli studiosi e dei siti naturalistici è quello del Chloebia e non Erythrura.
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CANARINI DI COLORE
Quesiti sui caratteri latenti di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO e FOI
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gni tanto, anche recentemente, ricevo dei quesiti sull’incidenza dei caratteri latenti. Ho pertanto pensato di fare un riassunto. In molti ceppi di diluiti: agata ed isabella ed anche agata ed isabella pastello, si ritrova latente il phaeo. Il fatto è che molti attribuiscono al phaeo latente un effetto positivo sul fenotipo dei portatori. Di solito si dice che riduca il bruno o addirittura che favorisca il disegno. Va detto chiaramente che questa tesi è destituita di qualsiasi fondamento. Questo perché il phaeo è dato da una mutazione pienamente recessiva autosomica. Risulta davvero strano che sia così diffusa e tenace, nonostante che sia già
Il phaeo è dato da una mutazione pienamente recessiva autosomica Phaeo intenso giallo, foto E. del Pozzo
stato spiegato, da più parti, essere infondata. Ritengo, anche da osservazioni effettuate, che in passato, per ragioni del tutto casuali, il phaeo fosse presente in qualche ceppo di agata ottimi e che tale casualità sia stata confusa con un rapporto di causa effetto del tutto inesistente. Ci sono stati anche casi divertenti, come quello di nascondere i phaeo nati in quei ceppi, per non rivelare un segreto. Il fatto è che oggi c’è chi, credendo ancora in questa circostanza, inserisce
deliberatamente il phaeo nei ceppi suddetti per avere illusori vantaggi. Il guaio è che talora la tesi sembra esatta, poiché si inseriscono dei phaeo o loro portatori di ottima qualità e che quindi possono apportare vantaggi. Non si considera che i vantaggi apportati non sono legati al phaeo in sé, ma all’ottima qualità del tipo base dei phaeo o dei loro portatori utilizzati. Se venissero usati dei phaeo o loro portatori scadenti, non solo non ci sarebbe vantaggio, ma certo danno. Si ricordi anche che accoppiando due classici portatori di phaeo si ha il 25%
di phaeo il 50% di classici portatori ed il 25% di classici omozigoti. Mentre accoppiando un classico portatore di phaeo con un classico omozigote, non si hanno phaeo, ma: 50% di classici portatori e 50% di classici omozigoti. Fondamentale comunque è tenere conto della qualità dei soggetti. Sbaglierebbe gravemente chi privilegiasse i portatori di phaeo anche se difettosi. Il tipo base è determinante, portatore o non portatore. Ricordo che i phaeo diluiti, cioè agata ed isabella, un tempo erano classificati come “melaninici ad occhi rossi” e gareg-
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bella classici e pastello c’era latente il phaeo. Nulla di strano, vista la diffusione dovuta alla ragione sopra esposta. Io ho sempre scartato i soggetti phaeo, poiché non interessanti in quanto ben difficilmente competitivi con i lipocromici. Inoltre avevo meno soggetti dei tipi ricercati. Oggi me ne sono, spero, liberato, anche se qualche latenza potrebbe ancora esserci. Non sto neanche a consigliare di fare altrettanto; se qualcuno crede di avere qualche utilità nella presenza del phaeo, faccia pure, se non altro non fa danni, essendo completamente recessivo. Si badi però di considerare il tipo base e si tenga presente che un agata o un isabella phaeo puro per il pastello può apparire ottimo anche quando residua elevata feomelanina, poiché la riduzione del pastello la cancella apparentemente, quale che sia la quantità. Sull’opale si fanno confusioni anche maggiori. Si dice di tutto in tutti i sensi, i portatori sono: più brillanti,
Si insiste che l’opale aumenti il bruno nei portatori. Circostanza palesemente infondata Bruno opale bianco, foto E. del Pozzo
gianti assieme ai satiné senza disegno, ed erano confondibili con lipocromici ad occhi rossi. Oggi, giustamente si è soppressa tale categoria a concorso, ed eventuali soggetti del genere gareggiano con i “lipocromici ad occhi rossi”. Ricordo anche che, nei maschi phaeo agata ed isabella, il piumaggio può essere del tutto privo di melanine in superficie e tali soggetti sono distinguibili solo dalla parte vaporosa (il cosiddetto sottopiuma), pertanto ottimi e come tali venivano considerati in mostra. Nelle femmine, invece, permangono tracce più o meno evidenti di feomelanina brunella, per via del dimorfismo sessuale che vede maggiore feomelanina nelle femmine.
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Per evitare questo inconveniente, spesso veniva inserito il pastello. Le femmine agata ed isabella phaeo, se pure anche per il pastello, appaiono “pulite” come maschi ottimi. Si consideri come il phaeo latente non riduca certo il bruno nei neri o nei bruni portatori di phaeo. I bruni portatori di phaeo sembrano quasi marroni uniformi per carenza di disegno. Si badi che questa carenza non è data dal phaeo latente, ma da una selezione errata che esalta solo la feomelanina. Se il phaeo latente riducesse il bruno negli agata, dovrebbe agire parimenti nei bruni, ma ciò non accade. Anche nel mio ceppo di agata ed isa-
meno brillanti o con più bruno ecc... In particolare si insiste che l’opale aumenti il bruno nei portatori. Circostanza palesemente infondata; infatti, la mutazione opale riduce il bruno, quindi non si vede come potrebbe aumentarlo nei portatori. Inoltre, l’opale è come il phaeo mutazione nettamente recessiva ed autosomica, quindi non induce variazioni nel fenotipo dei portatori. Tuttavia una spiegazione per la diffusissima convinzione che aumenti il bruno può esserci. Nei neri ed agata opale, probabilmente per una questione di lunghezze d’onda dei colori, il bruno è come mascherato e non si coglie. Nei bruni
ed isabella opale, invece non accade e si nota bene. Ora, se qualcuno accoppiasse un agata classico con pochissimo bruno con un agata opale apparentemente, ma solo apparentemente, privo di bruno, ma in realtà con molto bruno non avvertibile, e vedesse nascere degli agata classici portatori, con evidente bruno, facilmente penserebbe che il difetto sia causato dal fatto che sono portatori di opale. Invece è una questione di tipo base, perché figli di un agata opale difettoso, anche se difettoso in modo occulto. C’è anche un ulteriore aspetto: infatti, errando in modo gravissimo, negli agata opale si privilegia un disegno duro, circostanza che non favorisce certo i portatori. Oggi anche nell’isabella opale si cerca il disegno… non aggiungo altro. Questa storia dell’aumento del bruno ha indotto ad inserire l’opale nel phaeo (ossidato), con la convinzione che giovi al phaeo stesso, che diventerebbe più bruno e quindi migliore. Anche qui, se qualcuno inserisse un
Agata cobalto bianco dominante, foto E. del Pozzo
Satinè bianco
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bruno opale con molta feomelanina in un ceppo di phaeo ed ottenesse buoni risultati, ci sarebbe il rischio che attribuisse all’opale latente il merito, e non al fatto che aveva molta feomelanina, come sarebbe in realtà. È sempre una questione di tipo base. Una vera incidenza c’è con il satiné latente in agata ed isabella. Il fatto è che la mutazione satiné recessiva e legata al sesso è nettamente recessiva verso la forma selvatica ossidata, però non è del tutto recessiva verso la forma
Agata intenso rosso, foto E. del Pozzo
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Una vera incidenza c’è con il satiné latente in agata ed isabella mutata agata che gli è allelica, quindi anche nei confronti dell’isabella che è data dall’interazione di bruno ed agata. Gli ossidati neri e bruni portatori di
satiné di solito sono scadenti, poiché derivano da selezioni anomale, non perché portatori di satiné. Del resto non sono diversi da scadenti omozigoti. Gli agata e isabella portatori di satiné invece sono distinguibili, quando sono brinati o mosaico. Gli agata portatori di satiné somigliano molto a degli agata pastello, anche gli isabella sono nettamente schiariti. Diverso il caso di agata ed isabella intensi; infatti, quando sono portatori di satiné, si differenziano molto meno dei brinati e mosaico di cui sopra. Il fatto è che, negli intensi, essendo la penna più stretta (accorciamento delle barbe) la melanina è più concentrata ed il disegno resiste; pertanto, i portatori agata intensi non si confondono con gli agata pastello. Ciò che risulta schiarita parimenti ai brinati e mosaico è la feomelanina. Questa situazione, in agata e isabella intensi portatori di satiné, crea delle apparenti grandissime tipicità che possono trarre in inganno, favorendo molto i portatori suddetti nei confronti degli omozigoti. Recentemente Gennaro Iannuccilli mi ha parlato di differenze negli agata portatori di cobalto. Io non ho notato evidenti differenze nei neri portatori di cobalto che ho sott’occhio, li ha il mio socio, ma Gennaro mi parla appunto di differenze negli agata portatori di cobalto. Non posso escludere una modesta interferenza del cobalto sul portatore, non rilevabile nei neri, ma rilevabile negli agata. Questo anche in assenza di allelicità, che non può esservi dato che il cobalto è una mutazione autosomica, poiché nei neri potrebbe essere così modesta da sfuggire, mentre negli agata no. È situazione da verificare, anche in considerazione del recente inserimento del cobalto nei diluiti. Spero di avere dato indicazioni utili. Spero altresì di aver fatto capire come sia necessario tenere sempre presente la situazione del tipo base e delle selezioni che vengono effettuate. Una variazione del tipo base può benissimo essere autonoma e non riconducibile ad eventuali latenze, anzi questa è la regola, con pochissime eccezioni. Per ora l’interferenza certa di una latenza è quella del satiné, per giunta parziale.
ONDULATI E ALTRI PSITTACCIFORMI
Studio, ricerca e considerazioni sugli alimenti dannosi ai pappagalli testo di GUGLIELMO PETRANTONI, foto G. PETRANTONI e WIKIMEDIA.ORG (autori vari)
Foto: G. Petrantoni
Premessa Dobbiamo tenere presente che molte piante, anche comuni, sono classificate velenose o tossiche e sono diffuse ovunque intorno a noi; di queste, abbiamo poche informazioni riguardo la loro possibile pericolosità e la loro capacità di causare problemi sia all’uomo che agli animali. Il grado di tossicità e la loro velenosità varia
entro limiti molto ampi, tanto che, attraverso specifiche ricerche e studi
Il grado di tossicità e la loro velenosità varia entro limiti molto ampi
sulle piante autoctone, si può affermare che la dose che fa varcare il sottile confine tra veleno e sostanza benefica varia da pianta a pianta. Quindi, non avendo tutti i vegetali le medesime caratteristiche, potrebbe risultare che le tossine siano concentrate solo in alcune parti: foglie, fiori, frutti, semi, radici, o addirittura tutta la struttura vegetale; bisogna consi-
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derare anche che contengono innumerevoli sostanze chimiche, alcune delle quali velenose, che possono variare durante il periodo di crescita della pianta, a causa di fattori climatici particolari. Le sostanze chimiche sono chiamate metaboliti primari e secondari. I primari sono grassi, proteine, zuccheri, mentre i secondari sono, alcaloidi, antocianine, carotenoidi, glicosidi (tannini e saponine) e infine gli oli essenziali. Per fortuna i danni che arrecano la maggioranza delle piante velenose sono modesti, ma non da sottovalu-
Foto da: Wikimedia.org, autore: Brian Ralphs
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tare; del resto questa loro particolarità può essere considerata un’arma di difesa atta a scongiurare l’ingestione da parte di animali, in aggiunta alcune piante emettono odori sgradevoli e repellenti allo scopo di dissuadere eventuali predatori da intraprendere qualsiasi azione contro esse. Addirittura, molte hanno un sapore amaro, sovente disgustoso, ma esistono eccezioni come frutti della Solanum dulcamara, che è dolciastra. In questa ottica i pappagalli che, a prescindere dall’odore, usano toccare con la lingua –dotata di innumerevoli
papille gustative per selezionare gusto e pericolosità- difficilmente vengono attratti se non vi sono chiari segnali di affidabilità; pertanto il pappagallo, dopo averne ingerito parti tossiche ed averne subito conseguenze più o meno gravi, farà tesoro della brutta esperienza e certamente non tornerà a ripetere il medesimo errore, anche perché il ricordo della pianta avrà lasciato ben impresso nella memoria visiva e olfattiva del pappagallo il proprio carattere identificativo. Questo è ciò che accade in natura sia nei siti tropicali di origine sia che si tratti di luoghi europei nostrani. I pappagalli in vero non subiscono l’azione delle tossine presenti anche nei rami degli eventuali posatoi, in quanto amano solo sbucciare, sfilettare il ramo e quasi mai farne cibo; si tenga presente che le tossine prodotte possono svolgere l’azione tossica per contatto, per inalazione e, per ultimo, per ingestione di una certa quantità! È emblematica la foto che viene riportata in molte riviste, raffigurante innumerevoli pappagalli che si lanciano sul fianco di un dirupo per cibarsi dell’argilla, proprio al fine di disintossicarsi dagli alimenti più o meno tossici che hanno ingerito in natura. Come mangiatori sociali, gli uccelli selvatici si nutrono in natura in stormi di centinaia o addirittura migliaia. Anche gli uccelli domestici amano condividere i pasti con i loro proprietari umani. Mangiare con compagni piumati è un ottimo modo per socializzarli; tuttavia, ci sono alcuni cibi che gli umani amano che non dovrebbero mai essere offerti agli uccelli da compagnia a causa della potenziale tossicità. I pappagalli rappresentano un notevole esempio di frugivoro/granivoro generalista che consuma semi in modo distruttivo. I pappagalli che dimorano nella foresta pluviale si cibano di una notevole varietà di alimenti nutrienti, anche nella stagione secca quando il cibo scarseggiava per altri frugivori e granivori. Al fine di dirimere ogni dubbio includo anche ciò che riguarda i rami che si
Foto da: Wikimedia.org, autore: Geoff Gallice
possono inserire in voliera e che potrebbero essere tossici, se ingeriti in certa quantità. Da tener presente che i rami dei posatoi sono un diversivo per i pappagalli, i quali si distraggono a sbucciarli e non ad ingerirli, anche quelli che sono tossici ! Tra gli alimenti più comuni che sono tossici per gli uccelli vi sono: Avocado Mentre gli avocado sono verdure e generalmente le verdure sono buone per gli uccelli, le foglie della pianta di avocado contengono persina (tossina fungicida), una sostanza simile ad acidi grassi che uccide i funghi nella pianta. Se ingerita da un uccello, questa sostanza può causare danni al cuore, difficoltà respiratoria, debolezza e talvolta morte improvvisa. Mentre alcuni tipi di avocado sono stati tranquillamente consumati da alcune specie di uccelli, è difficile sapere quali tipi di avocado possono essere nocivi ad una determinata specie. Inoltre, non è chiara la quantità che un animale da compagnia possa ingerire
senza averne ripercussioni sulla salute. Date le potenziali conseguenze, è meglio evitare di alimentare i nostri pappagalli con avocado e con cibi contenenti avocado (come il guacamole, salsa messicana a base di avocado in uso in Europa). In alternativa, offri al tuo uccello una carota, un baccello di pisello o un altro vegetale. Il Rabarbaro è altamente tossico e contiene acido ossalico, da evitare. Caffeina Tutti noi amiamo le bevande contenenti caffeina, come caffè, tè e bevande analcoliche, perché hanno un ottimo sapore, ci stimolano e ci svegliano. Potremmo pensare di offrire un sorso di queste gustose bevande ai nostri uccelli domestici, ma anche un sorso o due di queste bevande possono essere tossici per i nostri compagni piumati. La caffeina può aumentare la frequenza cardiaca, indurre aritmie e iperattività e persino causare l’arresto cardiaco negli uccelli. Quindi, da evitare i prodotti contenenti caffeina e optare per l’acqua.
Cioccolato Come noi, gli uccelli hanno difficoltà a resistere al cioccolato o ai cibi contenenti cioccolato. Tuttavia, anche in quantità molto piccole, il cioccolato può essere tossico per gli uccelli. Il cioccolato contiene sia teobromina che caffeina, che possono causare vomito e diarrea, aumentare la frequenza cardiaca, causare iperattività, causare tremori e convulsioni e persino la morte negli uccelli. Quindi, la prossima volta che sei tentato di condividere un cioccolatino con il tuo amico uccellino, offrigli invece un pezzo di frutta zuccherata, come un mango, una papaia o un chicco d’uva. Sale (Cloruro di sodio) Un tantino qui e un tantino lì, molti di noi aggiungono casualmente questo condimento amato a tutti i tipi di alimenti senza pensare. Amiamo anche patatine salate, popcorn e cracker. Ma, proprio come per noi umani troppo sale è nocivo, non è nemmeno buono per i nostri uccelli. Anche un chip salato o una patatina può sconvolgere l’equilibrio elettrolitico e dei liquidi nel
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corpo di un uccello, causando sete eccessiva, disidratazione, insufficienza renale e morte. Quindi, la prossima volta che vuoi offrire al tuo uccello un alimento salato, scegli invece per esempio dei popcorn senza sale o un cracker a basso contenuto di sale Grasso Sappiamo tutti che il consumo di cibi ricchi di grassi, come burro, olio, carni grasse e noci, può provocare l’accumulo di depositi di colesterolo nelle pareti delle nostre arterie (noto come aterosclerosi), che predispongono a malattie cardiache e ictus. L’ingestione eccessiva di questi alimenti può anche portare all’obesità e a tutti i problemi di salute che accom-
noce non salata ogni giorno è più che sufficiente per un uccello di taglia media come un pappagallo cenerino. Gli uccelli più grandi che mangiano più grassi in natura, come le Ara, possono mangiare poche noci al giorno, mentre quelli più piccoli, come le calopsitte e i pappagallini, dovrebbero ingerirne non più di qualche frammento o pezzetto. Vasetti di frutta e semi di mela Mentre la maggior parte dei frutti è sicura e generalmente sana per gli uccelli, da consumare in piccole quantità, alcuni frutti contenenti semi (come mele e pere) e noccioli (come ciliegie, albicocche, pesche, nettarine e prugne) non dovrebbero essere
Foto da: Wikimedia.org, autore: Danna Liurova
pagnano questa condizione. Gli stessi processi si verificano negli uccelli e alcune specie di uccelli, come i pappagalli amazzoni, sono inclini a sviluppare livelli elevati di colesterolo e trigliceridi e la conseguente malattia coronarica. Pertanto, proprio come noi umani dovremmo limitare il consumo di cibi ad alto contenuto di grassi, così dovrebbe essere anche per gli uccelli. Gli uccelli possono cibarsi occasionalmente di carne magra e cotta, ma non dovrebbero essere offerte quantità abbondanti di questi alimenti pieni di grasso, specialmente se sono piccoli rispetto alla dimensione della porzione. Gli uccelli amano le noci, ma una mandorla o
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offerti agli uccelli senza rimuovere prima i semi, poiché essi contengono piccole quantità di un composto di cianuro tossico per il cuore. Senza semi e noccioli, questi frutti sono completamente sicuri da consumare per gli uccelli. I semi di altri frutti come uva, agrumi, zucca, zucche, pomodori, meloni, mango, melograno e bacche, sono tutti sicuri per l’alimentazione degli uccelli e possono essere loro forniti senza preoccupazioni. Cipolle e aglio Molte persone si aspettano che le cipolle e l’aglio, come altre verdure, siano salutari per gli uccelli. Tuttavia, mentre queste verdure piccanti
hanno benefici cardiaci nelle persone, sia crude che cotte, sono tossiche per molti animali, inclusi uccelli, gatti e cani. Le cipolle contengono composti di zolfo che, una volta ingeriti, possono irritare il rivestimento della bocca di un uccello e dell’esofago, causando ulcere, e possono indurre la rottura dei globuli rossi con conseguente anemia. L’aglio contiene allicina (composto solforganico), un’altra sostanza chimica che può causare anemia e debolezza negli uccelli. Quindi, meglio fornire un pezzetto di peperoncino ricco di vitamina A al posto dell’aglio e delle cipolle. Xilitolo Questo dolcificante artificiale comune, che si trova nella gomma senza zucchero e molti alimenti dietetici, provoca ipoglicemia, danni al fegato e possibile morte nei cani e altri animali. Gli effetti di questo dolcificante non sono stati studiati in dettaglio negli uccelli. Essi hanno un metabolismo più veloce rispetto a molte altre specie e potrebbero, quindi, essere molto sensibili agli effetti tossici anche di piccole quantità di questa sostanza chimica. Pertanto, è meglio evitare di esporre del tutto gli uccelli allo xilitolo. Essi dovrebbero essere nutriti con frutta e verdura a basso contenuto di grassi, piuttosto che con prodotti dietetici, per aiutarli a perdere peso. Lo xilitolo può essere un’opzione dolce nel vostro programma di perdita di peso ma dovrebbe essere evitato nella dieta del vostro uccello. Una parte importante della socializzazione di un pappagallo è potergli permettere di uscire dalla sua gabbia al momento del pasto e offrirgli una piccolissima quantità di cibo mentre stai mangiando. Ricorda di condividere il cibo che non è stato in bocca (contiene batteri e lieviti estranei agli uccelli) e che non è tossico per gli uccelli. Questo comportamento può essere un ottimo modo per creare fiducia con il tuo animale domestico e farlo sentire a suo agio a casa. Se il tuo uccello dovesse ingerire uno di questi alimenti potenzialmente tossici, ricordati di contattare immediatamente il veterinario.
Alcuni esempi di colture vegetali alimentari (non tossiche) ottenute per selezione a partire da un progenitore selvatico velenoso: ANGURIA
Citrullus ecirrhosus Cogn.
Cucurbitaceae Sudafrica (Nabibia) Citrullus lanatus L.
BASILICO
Ocimum gratissimum L.
Laminaceae
CETRIOLO
Cucumis hystrix Chakrav
Cucurbitaceae Sudest asiatico
Cucumis sativus L
LATTUGA
Lactuca semola L.
Asteraceae
Mediterraneo
Lactuga sativa L.
MANDORLO Prunus fenzitana Fntsch
Rosaceae
Caucaso
Prunus dulcis MH.
MELANZANA Solanum campylacathum Hochst.
Solanaceae
Estafrica
Solanum melongena L. x Solanum incanum L.
MELONE
Cucumis sagit/atus Wawra & Peyr.
Cucurbitaceae Sudafrica
Cucumis melo L.
PEPERONE
Capsicum annuum (L.)
Solanaceae
Messico
Caspicum annum L.
Perù
Solanum licopersicum
POMODORO Solanum lycopersicum L. var. cerasiforme Solanaceae
Africa sud sahariana Ocimum basilicum L.
Dati forniti da G.Mazzara, da Manuale ragionato della flora velenosa
I pappagalli sono onnivori e mangiano semi, noci, frutta, piante, ortaggi e occasionalmente insetti. I semi e le noci sono preferiti, ma la dieta di un pappagallo in natura dipende dai loro habitat nutrizionali; pertanto i pappagalli mangiano cibi nutrienti nonostante le tossine presenti anche nelle ramificazioni degli alberi. L’unico studio scientifico che è stato fatto a livello internazionale e stato svolto dall’Universita di Lethbrige, Canada, dal dott. vet. Gilardi ed altri suoi collaboratori. Tale lavoro è stato effettuato sul campo all’interno della foresta pluviale nel Manu National Park (11 ° 57’S, 71 ° 17 ‘W, in seguito “Manu”) e nella zona riservata Tambopata-Candamo (13 ° 10’S, 69 ° 30W, qui di seguito “Tambopata”), con 224 osservazioni di pappagalli liberi, 8 generi di foraggiamento e 102 specie di alberi, sia nella stagione umida che in quella secca. A seguito di ciò, sono state effettuate analisi di laboratorio di parti di piante mangiate (frutti, fiori, insetti, larve) e non mangiate in varie fasi della maturazione. Il ruolo ecologico dei pappagalli nelle foreste tropicali può ancora essere sottovalutato, ma un numero crescente di studi recenti ha descritto purtroppo l’ecologia nutrizionale e le diete dei pappagalli con poca precisione.
Sebbene siano spesso classificati come frugivori, la maggior parte dei pappagalli mangia i semi in vari stadi e riso come componente principale della dieta, con pappagalli più grandi che mangiano una percentuale più elevata di semi che di polpa di frutta, consumata dai piccoli pappagalli. La maggior parte di questi recenti studi classifica i pappagalli come predatori di semi pre-dispersione, indipendentemente dalla regione geografica o dal tipo di habitat. Solo una specie di pappagallo, il pappagallo di Pesquet Psittrichus fulgidus,, è un frugivoro specializzato che si nutre esclusivamente di polpa di fichi. Sebbene i lorichetti consumino un po’ di polpa di frutta insieme ad altre parti vegetative, essi dipendono principalmente dal nettare e dal polline per la loro energia e nutrimento (chi fosse interessato a tutto lo studio svolto può scrivere a: guglielmo.petrantoni @alice.it). Considerazioni e conclusioni Si tratta di avvelenamenti che difficilmente avvengono nella vita libera. In natura gli uccelli eseguono un processo di selezione e di apprendimento di generazione in generazione, grazie al quale le nuove generazioni riconoscono i semi e i frutti consumati dai loro genitori.
In ambiente controllato, gli uccelli sono costretti a consumare alimenti che nella vita naturale non avrebbero accostato o avrebbero evitato. Inoltre, molti degli uccelli da compagnia vengono lasciati liberi nelle case in certi momenti della giornata da parte del proprietario, senza prestare seria attenzione a controllare se si corre il rischio che entri in contatto con prodotti realmente tossici per loro. Adattamento e traduzione: Guglielmo Petrantoni BIBLIOGRAFIA CONSULTATA: Mazzara G.,2015, Forme, sapori, colori e … veleni; ed. Laudense; Gilardi J D, and C.A Toft., 2002, Parrots eating nutritions food despite toxins, PLoS ONE 7(6) e38923; Toft C. A.and Wrigth T.F.2015, Parrots in the wild, ed. Università della California; Gilardi J D, Sean S. Duffey, Munn C. A and Lisa A., 1999, Biochemical functions of geophagy in parrots: detoxification of dietary toxins and cytoprotective effects, Journal of chemical Ecology 25(4):897-922; Hess dr. Laurie, Dipl. ABVP, 2019, Toxic food your bird should never eat, ZuPreem; Francisco Severo –Neto, 2012, Geofagia em duas especies de psitacìdeos no Pantanal Sul, Brasil, Biota Neotropica.; Vol 12 no. 2, Campinas Apr/June. Allevatori consultati: Salomon Harry, Micheloni S., Garani Claudio ed altri.
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ORNITOLOGIA INTERNAZIONALE
È nata una stella
PRIMA PARTE
Il Fanello comune mutazione “Pastello alagrigia spagnolo” testo di ENRIQUE GÓMEZ MERINO (*), trad. di G. FICETI. foto J. BORRAS. Pubblicato da: Nuestros pàjaros n. 42, 4/18 (COE-Espana)
1. Introduzione Abbiamo battezzato con questo nome una nuova mutazione che è apparsa nel Fanello comune per la sua somiglianza con altre mutazioni del canarino e nella avifauna europea, pur se il suo comportamento genetico è diverso. La nascita di una nuova mutazione è un’impresa e una realizzazione fra le più importanti che può verificarsi nella voliera di qualsiasi allevatore o hobbista. Una vera impresa per l’ornitologia sportiva, che dà varietà e biodiversità alla fauna europea, una branca del settore che sta aumentando le sue mutazioni in modo vertiginoso. Ci sono le molte mutazioni del Cardellino che sono apparse in un brevissimo lasso di tempo, del Carpodaco messicano e quelle di tante altre specie che osserviamo nei concorsi e nelle voliere del nostro ambiente.
Magnifico esemplare maschio di Fanello mutazione pastello alagrigia. Elegante e ad alta postura la posizione che prende. Il contrasto tra le ali e la coda con la sua bella livrea lo rendono un esemplare grazioso e spettacolare mai visto prima
2. La mutazione “pastello alagrigia” - Descrizione Agisce principalmente sull’eumelanina nera, riducendola drasticamente, fin quasi a farla sparire. Mantiene la eumelanina marrone e la feomelanina anche se queste sono ridotte per la mutazione appastellante che colpisce il soggetto. Il soggetto si mostra brunastro, soprattutto nelle femmine, a causa dell’azione degli ormoni sessuali (estrogeni) e per aumento della concentrazione feomelanica. Così le femmine hanno una espressività e una qualità più alta della mutazione rispetto ai maschi, al contrario di quanto accade nei canarini di colore nella mutazione “ala grigia”. La forte diluizione delle ali e della coda fa apparire il rachide leggermente scuro con i suoi stendardi o le barbe di color perla chiaro. Il dorso
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Bella femmina di Fanello alagrigia nata nella primavera del 2017. Si vedano gli ocelli nel dorso, la testa e i fianchi
avrà ocelli di color grigio perla corri2.1.Le mutazioni bruno e pastello spondenti ai vuoti lasciati nella penna nel Fanello per l’assenza del disegno eumelanico. Già dieci anni fa lo scrittore ed ornitoQuesti esemplari mancano di tracce o logo olandese Alois van Mingeroet ci smagliature bianche. Gli spazi fra quediceva, in uno dei suoi libri, che erano sti saranno di color marrone. conosciute due mutazioni del Fanello Gli ocelli saranno evidenti sulla testa, comune, la mutazione Bruno e la sulla nuca, sul collo, sulla schiena, sui fianchi e sul petto. Il migliore esemplare sarà quello che presenta questi più nitidi, simmetrici e completi. Le parti cornee (becco, zampe e unghie) saranno di colore leggermente più chiaro e carneo rispetto al colore dei fanelli ancestrali. La mutazione si apprezza meglio nelle femmine perché i maschi sono più ossidati e cioè più scuri. È ancora troppo presto per sapere se la mutazione sia quantitativa, anche se crediamo che potrebbe esserlo poiché gli esemplari con fenotipo mutato, ottenuti dall’incrocio di un soggetto mutato con un portatore, appaiono con fenotipo un po’ più chiaro che quelli nati da due portatori. Comprendiamo anche che il ripetuto incrocio tra esemplari mutati ci porterà ad un eccessivo schiarimento del colore, che però crediamo sia nell’interesse della mutazione, in quanto la maggiore luminosità e colore di questa Soggetti con ali aperte: osserviamo la extradiluizione delle penne di volo, ciò che rappresenta la caratteristica fondamentale di questa unica e nuova tonalità marrone della mutazione mutazione nel Fanello comune. apporterà beneficio alla stessa. Sopra il maschio e sotto la femmina
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Dettaglio dorsale di un maschio di Fanello ancestrale. Gli allevatori guardino attentamente il disegno nero eumelanico che sarà ridotto dalla super diluizione della mutazione. Le strie o le marcature nere dorsali daranno luogo agli ocelli che appariranno nella mutazione pastello “alagrigia” spagnolo che andiamo a conoscere
mutazione Pastello, aggiungendo che non sapeva esattamente se le due mutazioni esistessero ancora o si fossero estinte; dopo ciò, noi abbiamo visto questi esemplari esposti nei campionati più importanti dell’ornitologia sportiva e quello che noi conosciamo sono solo fotografie della mutazione, il cui autore è il conosciuto fotografo Rudy Driesmans. Alois ci diceva, nel suo libro, che la mutazione bruna era a carattere recessivo e legata al sesso, mentre la mutazione pastello era una mutazione recessiva e autosomica. Al momento non sappiamo con certezza se in qualche parte d’Europa esistano esemplari delle mutazioni citate. 3. Le mutazioni alagrigia conosciute Questa mutazione o fenotipo “alagrigia” già la conoscevamo in altre specie della canaricoltura e dell’ornitologia; il Canarino di colore e il Verdone presentano simili caratteristiche, nonostante il comportamento genetico, in entrambe le specie, sia stato sempre motivo di disputa tra gli appassionati (N.d.T.: forse una volta, ora non più). Per il Canarino, ci sono autori che considerano trattarsi di una mutazione recessiva e libera mentre altri
Buon giovane “pastello alagrigia” nato nel 2018, ancora in piumaggio giovanile
optano per una mutazione legata al sesso. Nel Verdone accade la stessa cosa, pur se si indica la mutazione legata al sesso come comportamento che non accade però in tutte le occasioni. In entrambe le specie, la mutazione si presenta con una super diluizione delle penne di volo, cioè delle remiganti e delle timoniere. Nel Fanello in questa mutazione “Alagrigia spagnolo”, nostro protagonista, si presentano le stesse extra diluizioni come sopra. Il resto delle piume dell’esemplare si presenta diluito, però non con appastellamento riscontrabile nelle penne alari e nelle timoniere. 4. Fattore di perdita Tanto in natura quanto nei nostri allevamenti si producono aberrazioni e mutazioni. Nei nostri allevamenti è sempre possibile dare continuità alle mutazioni geniche, mentre in natura, in libertà, i soggetti mutati hanno molta difficoltà ad accoppiarsi e continuare un percorso riproducendosi, per cui la maggioranza resterà solitaria o, nel migliore dei casi, quando si tratta di mutazioni recessive, i discendenti portatori della stessa la perderanno a meno che non s’incontrino con altro esemplare porta-
Docile e tranquilla molto attenta e vigilante questa femmina di Fanello sta covando le sue uova. Il rigo sopraccigliare così come il sotto cigliare dell’occhio sono caratteristiche molto marcate di questa specie
tore della stessa mutazione. Anche i predatori e i nemici faranno sì che questa mutazione vada a sparire dal mondo naturale. È come dire che la natura ha dei meccanismi per fare sparire queste forme mutate, e questo esemplare “raro”, differente, se
Primo maschio che dette origine alla mutazione pastello alagrigia spagnola, il patriarca del gruppo
ne andrà senza lasciare alcuna discendenza. Questo è ciò che viene chiamato “Fattore di Perdita”. È invece l’intervento dell’uomo che può dare continuità a questi nuovi fenotipi, a questi nuovi esemplari che prima non si erano visti, dando diversità e varietà nell’ornitologia sportiva. Questo è quanto ha fatto il nostro amico Jaime, che ha dato continuità ad una nuova mutazione del Fanello partendo da un esemplare nuovo, soggetto che dalla sua propria natura e con le cure dell’allevatore, attenzione ed assistenza è arrivato ad una stirpe domestica di esemplari che arricchiranno la nostra fauna europea, il nostro hobby e la nostra ornitologia. Senza dubbio Jaime è l’artefice di questo successo così importante per tutti. Evviva! 5. Vicissitudini e precedenti Nella stagione 2015 Jaime, il suo scopritore, è a conoscenza dell’esistenza di questo “nuovo esemplare di fenotipo”, di questo “esemplare aberrante o raro” come dicono gli appassionati di avicultura; il soggetto era di un amatore che abitava a Campo di Gibilterra. Jaime lo contattò e lui portò l’esemplare nella sua casa; quando Jaime lo vide, restò mera-
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vigliato dal suo fenotipo; gli fu ceduto e Jaime gli diede le sue migliori cure e iniziò la sua preparazione per sviluppare quell’idea che aveva sempre avuto. Lo acclimatò rapidamente e lo adattò alle sue nuove condizioni di vita. Fu trattato, sverminato e preparato per la susseguente stagione riproduttiva. Nel 2016 è stato messo in riproduzione con una femmina di questa specie di fenotipo ancestrale, esemplare accuratamente selezionato che aveva allevato con successo l’anno prima e che presentava le condizioni ottimali per realizzare “questa avventura”. Questa femmina depose otto uova, cosa insolita, ma che ci dà già il senso della sua buona salute e preparazione. L’ultima covata è stata interrotta. Due delle deposizioni furono di sei uova. Un totale di 28 pulcini (14 maschi e 14 femmine) che presentavano tutti il fenotipo classico degli esemplari selvatici. Questa femmina venne lasciata covare per 5 o 6 giorni fino a quando le uova mostrarono di essere state fecondate. Poi queste nidiate furono passate alle balie (Canarini) per cercare di avere il maggior numero possibile di soggetti, garantendosi così la continuità della nuova mutazione. Nel 2017 iniziò ad allevare il maschio aberrante o fenotipo modificato con una delle sue figlie “presumibilmente
Fanello comune nella voliera di Jaime. Spettacolare colore rosso del petto e della fronte ottenuto con il contributo di carotenoidi e cibo adeguato
portatrice” e si ottennero diverse covate. Jaime, eccitato, contò i giorni in attesa che le uova si schiudessero. Quando i pulcini nacquero osservò subito che tra loro c’era un soggetto che per il colore della pelle e il piumino sarebbe stato “mutato”. La gioia e la soddisfazione di Jaime furono molto grandi, in quanto quel risultato fu la ricompensa per la sua dedizione e impegno nell’allevamento del nostro protagonista. Solo un esemplare di fenotipo simile al
Osservatrice ma confidente questa femmina che cova. Sul fondo il maschio “patriarca della mutazione”
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padre, che in seguito si rivelò una femmina. Col prodotto del precedente incrocio vennero raggiunti anche diversi esemplari, logicamente portatori. Nello stesso anno, 13 coppie furono formate, anche tra fratelli, portatori, come è stato poi dimostrato. Questo allevamento in consanguineità avviene esclusivamente per fissare la mutazione, sapendo che in ornitologia sportiva non è il più conveniente. Delle 13 coppie citate, tre di esse deposero uova senza guscio e dalle rimanenti 10 si ebbero diversi esemplari mutati. Fra portatori e probabili portatori, si arrivò ad un totale di più di 100 soggetti. 6. Coppie poste in riproduzione nel 2018 Nell’anno 2018 Jaime ha messo in riproduzione 25 coppie. Una di queste è quella composta dal genitore mutato che ha dato origine a questa mutazione con una delle figlie ottenuta nel 2016, proprio con la femmina con la quale l’aveva accoppiato nel 2017 e che avrebbe dato solo una figlia “alagrigia” e un maschio portatore. Ha anche messo 13 coppie tra portatori, le 13 coppie accoppiate nel 2017 e, infine, ha messo in cova altre 11 coppie formate da un esemplare mutato e uno ancestrale.
Foto di una nidiata preziosa: due soggetti mutati ed uno portatore (che meraviglia!). Solo la mano dell'uomo, la mano di un allevatore esperto e perseverante è in grado di raggiungere una tale impresa
Una bellissima immagine di una femmina pastello alagrigia (2018), seconda generazione della discendenza, mentre sta incubando le proprie uova. Si noti il nido solo leggermente mimetizzato con piante artificiali e il fondo della gabbia di un metro
7. Esemplari realizzati Nella stagione 2017 sono nati in totale 24 esemplari mutati in “alagri-
In questo nidiata di fanelli non c’è alcun esemplare mutato. Tutti sono "probabili portatori", poiché i loro genitori erano portatori della mutazione
gia”, di cui 11 sopravvissuti, risultando in 6 maschi e 5 femmine. Gli altri sono morti nel giro di poche ore dalla
nascita, probabilmente a causa della consanguineità. Da questi esemplari venne migliorata
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la mutazione: migliori ocelli, colore, disegno, ecc. L’allevamento di questi anni, al fine di garantire una buona discendenza, è stato fatto con l’aiuto di balie (canarini) e i soggetti sono stati alimentati a mano con il pastone fatto dallo stesso allevatore. Alla fine della stagione riproduttiva 2018, Jaime è riuscito a rafforzare la mutazione, perché anche se non ha ottenuto molti esemplari, sono stati sufficienti per fissare definitivamente il ceppo. Ci sono 5 esemplari mutati e 11 portatori. Ha anche ottenuto altri esemplari di “probabile portatore”, individui che per Jaime sono di scarsa importanza.
L’allevatore deve vivere con gli uccelli, deve vederli continuamente questi esemplari saranno incrociati con l’agata, bruno, isabella, ecc. Sarà anche interessante fare altri test per vedere i fenotipi risultanti con canarini “ala grigia” e persino con il Verdone pastello comune “ali grigie”. Nella voliera, Jaime ha una femmina bruna che incrocerà con un maschio “alagrigia” per controllare risultati e fenotipi.
È una bella bruna di Fanello comune. Si può immaginare il fenotipo derivante dalla combinazione o sovrapposizione delle due mutazioni "alagrigia" e bruna
Pertanto, sono già disponibili 15 esemplari mutati e 37 portatori, oltre a un buon numero di esemplari “portatori probabili”. 8. Comportamento genetico Ad oggi è stato dimostrato che il comportamento genetico della mutazione sia di eredità autosomica recessiva, quindi nei prossimi anni sarà possibile verificare se i fenotipi siano regolarmente uniformi o se ci saranno cambiamenti importanti quando gli esemplari omozigoti saranno accoppiati insieme. Sarà anche necessario verificare, anche per ibridazione, quando
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incorporare, se possibile, il satiné al Fanello comune. Questa è un’altra delle mete da raggiungere nella voliera di Jaime. 9. Cambiamento di comportamento Nel giro di diverse generazioni, quando i Fanelli si saranno adattati e perfettamente addomesticati, saranno in grado di partecipare ai concorsi, perdendo o almeno riducendo il loro carattere irrequieto, sensibile o talvolta impulsivo che presentano oggi. Il Fanello comune è una specie che deve vivere continuamente con il suo allevatore; il fatto di essere
R2 satinè femminile (87,5% di Fanello e 12,5% di canarino), probabilmente fertile. Questo esemplare è stato realizzato da Jaime mediante ibridazione con canarino e ritorno al comune Fanello
Jaime ha anche nella sua voliera una femmina R2 ottenuta dall’incrocio iniziale “canarino satiné x femmina di Fanello comune”, il cui ibrido maschio F1 è stato nuovamente incrociato con una femmina di Fanello comune ottenendo così un maschio R1 (portatore di satiné) che ha incrociato di nuovo con la femmina del Fanello fino ad ottenere questo esemplare femmina R2 citata con fenotipo satiné (87,5% di Fanello comune e 12,5% di canarino). Questa femmina, probabilmente fertile come erano le sue sorelle ancestrali, verrà incrociata con un esemplare della nuova mutazione per
sempre con loro rende il comportamento più docile, mite e calmo. Sono convinto che il cambio di comportamento nel corso degli anni diventerà una realtà e che i fanelli perderanno quell’istinto selvaggio tipico della loro razza fino a diventare esemplari la cui mitezza non avrà nulla da invidiare a quella di altre specie domestiche. Abbiamo detto che l’allevatore deve vivere con gli uccelli, che deve vederli continuamente, così perderanno quella “paura” che esteriorizzano nel comportamento. In breve, hanno bisogno di abituarsi alla presenza umana. Continua sul prossimo numero
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Gent.mo Bellaccini, ecco di seguito alcuni chiarimenti ai suoi quesiti: 1 - Non mi pare che si possa dare una definizione lapidaria di pagina superiore ed inferiore della penna. Cercherò di dare una spiegazione, che sarebbe facilissima avendo in mano una penna e di presenza, meno facile in modo astratto. Spero di riuscire a spiegarmi. È come la pagina superiore ed inferiore della foglia: la pagina superiore è quella rivolta al sole, quella inferiore, rimane in ombra. Si rileva peraltro, spesso, colorazione diversa, caso evidente: il pioppo bianco (Populus alba), che ha la pagina superiore della foglia adulta, verde e quella inferiore argentea. Per la penna funziona allo stesso modo, ed anche qui la colorazione è spesso diversa. Se prendesse in mano un canarino e lo guardasse dal dorso, scendendo verso la coda, vedrebbe la pagina superiore delle timoniere, se rovesciasse il canarino a gambe all’aria, ed osservasse la coda, vedrebbe la pagina inferiore delle timoniere. Con le penne tettrici (le cosiddette piume) vedrebbe sempre la pagina superiore, per vedere quella inferiore dovrebbe sollevarle con il dito. Per vedere le timoniere nella pagina inferiore, senza maneggiare il canarino, bisogna sollevare la gabbia e guardare dal disotto; al fine appunto di scorgere la pagina inferiore delle timoniere stesse. Per quanto concerne il resto delle penne è indispensabile, come dicevo, prendere in mano il soggetto e sollevare le penne, o allargare l’ala (attenzione a non romperla!) altrimenti si vede solo la pagina superiore, tranne forse le penne dell’ala, se il soggetto in gabbia spiegasse le ali, ma sarebbe solo un attimo e non si potrebbero fare valutazioni precise. Un’ulteriore spiegazione è che: nella penna la pagina superiore è convessa e quella inferiore concava. 2 - Il canarino mogano, di cui sono per ora riconosciuti i tipi nero e bruno, a livello di giudizio non ha nulla a che fare con l’opale. Ha a che fare con l’opale solo per ragioni genetiche, in quanto allelico, cioè prodotto dallo stesso gene. Trattasi di mutazione recessiva autosomica verso la forma selvatica e codominante nei confronti dell’opale, vale a dire che accoppiando il mogano con l’opale (cosa peraltro da non fare nel modo più assoluto) nascono degli intermedi. Costituisce pertanto errore gravissimo sostenere che non sia mutazione e che non sia allelico all’opale. Cosa peraltro da me prontamente confutata e precisata. Le differenze fra l’opale ed il mogano sono le seguenti: - l’opale riduce e modifica l’eumelanina nera. L’eumelanina assume in certe condizioni effetti azzurrini. - Il mogano riduce l’eumelanina, ma in misura minore rispetto all’opale (quindi il disegno appare più scuro), non induce riflessi azzurrini in nessun caso.
Argomenti a tema
Gentile redazione, sono da un anno socio FOI (associazione A.R.O.) e abbonato alla vostra bella rivista. Dato che sono piuttosto inesperto, ho acquistato (e letto faticosamente) i libri di Zingoni e Canali per acquisire una conoscenza di base sui canarini di colore. I dubbi e le domande sarebbero molte, ma per ora ne pongo solo due: 1 - Negli articoli della rivista si parla spesso, a proposito delle penne, della pagina inferiore e superiore. Potreste darmene la definizione? 2 - Nel numero di Marzo 2019 della rivista, nell’articolo “L’Opale non ha alleli” si parla di un canarino Mogano. Dato che sto cercando di farmi uno schema mentale per orientarmi nel mondo dei canarini di colore, vorrei sapere se è considerato un ulteriore Tipo (magari provvisorio) legato all’Opale (come Nero, Bruno, Agata e Isabella) o altro. Grazie, SERGIO BELLACCINI
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L’opale riduce la feomelanina. Il mogano inibisce la feomelanina, quindi stavolta, ha un effetto maggiore, in quanto totale. L’opale abbassa gran parte della melanina nella pagina inferiore della penna. Il mogano lascia la melanina nella pagina superiore della penna suo luogo deputato naturale. La confusione terribile che viene fatta è da imputare al fatto che nei neri, fra opale tipici, opale atipici, mogano, intermedi, il tutto con interferenze varie e molto rilevanti del tipo base nero, si crea tutta una gamma che induce in errore, facendo pensare ad una selezione, invece che ad una mutazione ulteriore. Quello che rende particolarmente grave l’errore è che non si tiene conto abbastanza di una caratteristica unica dell’opale e cioè l’abbassamento di gran parte della melanina nella pagina inferiore della penna. Un fatto del genere è molto pregnante e richiede palesemente una rilevante e specifica mutazione. Non si può pensare assolutamente ad una selezione che alzi ed abbassi le melanine. La selezione incide nella quantità delle melanine; infatti ci sono, in tutti i tipi, soggetti con melanine più o meno espresse. Non si arriva però fino alla inibizione ed il mogano inibisce la feomelanina. A capire meglio queste circostanze, ci viene in aiuto il bruno mogano. Nel bruno mogano non si può fare confusione con il bruno opale vero; infatti oltre al già indicato determinante abbassamento o meno dell’eumelanina, il disegno del bruno opale è grigio azzurrino, mentre quello del bruno mogano, meno ridotto, è essenzialmente marrone, più scuro. Inoltre anche nei bruni mogano la feomelanina si conferma inibita. Semmai qui subentra un’altra mutazione subdola da pochi compresa che può indurre confusione ed è la misconosciuta ossidiana. Anch’essa allelica all’opale e quindi al mogano. L’ossidiana, nei bruni, riduce l’eumelanina rendendola grigio-brunastra e riduce la feomelanina in misura minore rispetto all’opale. Incredibile a dirsi c’è chi considera i bruni ossidiana o loro intermedi come opale d’avanguardia, nonostante la mancanza o carenza di azzurrino!!! Caratteristica tipica dell’opale. Un gravissimo ulteriore errore che viene commesso da chi parla solo di selezione, fra opale e mogano, è quello di dire che l’opale si limiti ad abbassare la melanina senza ridurla (fra l’altro, lo trovo abbastanza contraddittorio). Che l’opale riduca le melanine è palese; lo si vede in tutti i tipi, ma in alcuni è molto evidente. Nel bruno opale, il disegno è palesemente ridotto, come pure la feomelanina, lampante l’eumelanina nella parte vaporosa (il cosiddetto sotto piuma) che nel bruno classico è nera e nel bruno opale è di un debole marroncino. Nell’isabella opale, poi siamo al super lampante, poiché gli isabella opale, ad un occhio non esperto, si possono talora confondere con dei lipocromici; mentre gli isabella classici non sono certo confondibili con i lipocromici! Spero di non aver indotto difficoltà ulteriori, ma il guaio è che il tema è complesso e certi errori di valutazione rendono ancor più difficile il buon inquadramento. Sono, per ora, riconosciuti i neri mogano ed i bruni mogano. GIOVANNI CANALI Bruno mogano bianco, foto: E. del Pozzo
ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI
FORMA & POSIZIONE PARTIAMO DALLE BASI
Il normale grigioverde Testo e foto di GIOVANNI FOGLIATI
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el 1934 si assistette alla nascita dei primi Ondulati della mutazione Grigia e di lì a qualche anno fece la sua naturale comparsa il Grigioverde, dopo l’unione dei Grigi dominanti con i Verdi. Anche questa nuova variante si dimostrò dominante, esattamente come il genitore Grigio. Da notare che si tratta dello stesso gene mutato del grigio, quindi dominante rispetto al tipo selvatico, ma esprimendosi su un fondo giallo, proprio del fenotipo verde, da luogo ad uno specifico colore: appunto il Grigioverde. Nei soggetti a gene Grigio (Grigio e Grigioverde), l’inserimento del fattore scurente è meno sentito che in Verdi o Blu; per questo motivo, pur riconoscendo l’esistenza delle componenti chiaro, medio e scuro, non vi si fa riferimento negli standard e in esposizione. Descrizione del grigioverde La colorazione del corpo deve essere Grigioverde mostarda uniformemente distribuito e pulito.
Nei soggetti a gene Grigio (Grigio e Grigioverde), l’inserimento del fattore scurente è meno sentito che in Verdi o Blu
Coppia di maschi Grigioverde, adulto e novello
Le ondulazioni di testa, nuca, collo, guance e dorso devono essere nere su fondo Giallo (meno vivace che nei Verdi); ben parallele, nette, pulite e senza interferenze di colore del corpo. La faccia e il bavaglio della maschera saranno gialle ben pulite, i marchi guanciali grigi e le perle della maschera Nero profondo. Capita spesso di vedere soggetti dai marchi guanciali non propriamente grigi, ma piuttosto grigio bluastri; in tal caso, significa che la mutazione non si è espressa in maniera corretta e completa nel fenotipo. Le remiganti sono nere con soffusione verdastra sul vessillo esterno e presen-
tano sempre su di esso una sottile bordatura gialla sull’intera lunghezza. Le timoniere centrali sono nere con rachide nera; come nei Grigio, anche nei Grigioverde le timoniere centrali perdono il tipico riflesso metallico così comune in Verde e Blu. Il becco ha una tinta che può variare tra il corno chiaro e il giallo camoscio. Le zampe e le dita sono grigio chiaro bluastre sfumate di nocciola chiaro, mentre le unghie sono color grigio chiaro. Gli occhi sono neri con cerchio oculare bianco. La cera è blu nei maschi e marrone più o meno scuro nelle femmine.
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L’ereditarietà Il Grigioverde fa parte del gruppo detto Fondo Giallo, che comprende anche il Verde chiaro, il Verde scuro, il Verde Oliva e i fattori Viola a fondo Giallo (questi ultimi non ammessi nelle mostre a concorso, ma che possono tornare utili in allevamento nella selezione dei colori). Questo colore, nelle sue forme chiaro, medio e scuro è una mutazione autosomica dominante e non
Come nei Grigio, i Grigioverde sono presenti a singolo fattore (eterozigote) e a doppio fattore (omozigote)
si conoscono collegamenti noti di questo gene (alleli alternativi) con altre mutazioni. Come nei Grigio, i Grigioverde sono presenti a singolo fattore (eterozigote) e a doppio fattore (omozigote) senza sostanziali differenze fra i due tipi, sebbene vi siano alcune prove che il colore delle piume della zona anale sia cambiato da bianco (o giallo nel nostro caso) a grigio (grigioverde) nell’uccello a doppio fattore. Accoppiamenti ideali per ottenere il grigioverde • Grigioverde x Grigioverde • Grigioverde x Grigio • Grigio x Verde • Grigioverde x Verde Naturalmente, i ruoli di maschio e femmina nelle tabelle degli accoppiamenti possono essere invertiti, trattandosi di mutazione autosomica. Ovviamente se i genitori, negli accoppiamenti di cui sopra, sono a doppio fattore otterremo tutti novelli grigio verde, se a singolo fattore nasceranno anche dei piccoli senza fattore grigio, cioè non grigioverde. Chi utilizzerà l’opalino all’ottenimento dei Grigioverde trarrà giovamento dal fatto che in questa mutazione sono meno visibili le caratteristiche intermedie tipiche, in fase selettiva, di quando si inserisce una mutazione, come le sfumature del colore tra le ondulazioni o l’iridescenza del corpo, anche se un occhio attento ed allenato riesce comunque ad individuarle, ed eventualmente scartando quei soggetti Comuni con evidenti opalescenze proprie dell’Opalino. Occorre sempre fare molta attenzione a punti della maschera in sovrabbondanza e alla ticchiolatura. L’immissione del fattore Viola porta a una modifica della qualità del colore, che assume una tinta mostarda più accentuata e più fredda.
Maschio Grigioverde
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Esperienze personali Il Grigioverde, fondamentalmente, è un Verde che subisce una particolare mutazione in grado di modificare la struttura della melanina all’interno dell’architettura del piumaggio. È pre-
sente come chiaro, medio e scuro, con tutti i benefici e le argomentazioni che ne conseguono. Alla luce del fatto che questa mutazione ci appaia tale in conseguenza di quello che è denominato “Effetto Tyndall” (dispersione della luce causata dalle microparticelle modificate dalla mutazione GRIGIO nella struttura dell’eumelanina presente nel piumaggio), non è detto che tutti i Grigioverde siano soddisfacenti dei requisiti standard; di frequente è facile imbattersi in soggetti con marchi guanciali bluastri (dovrebbero essere grigi) o sfumature giallastre sulla livrea. È mio personale parere che in questi individui la mutazione si sia espressa in maniera incompleta, rendendo parzialmente inefficace la manifestazione visuale. Questa problematica non l’ho mai osservata in soggetti omozigoti (doppio fattore grigio). È pensiero corrente che i Grigioverde, così come i Grigio, essendo generalmente di buona struttura, siano più predisposti al miglioramento costitutivo di altre varietà carenti in questo requisito; per conto mio, ho sempre trovato conveniente l’inserimento di buoni soggetti Grigioverde o Grigio nelle mie linee selettive. Ottimo è pure il contributo a mascherare alcune irregolarità come tracce di colore del corpo tra le marcature alari, tipiche in soggetti provenienti dall’Opalino. Anche i Corpochiaro possono trarre profitto da questa mutazione; i migliori soggetti quasi totalmente privi di sfumature, infatti, sono spesso Grigio o Grigioverdi.
Coppia di grigioverde
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CANARINI DA CANTO
Suggerimenti psico-educativi di FRANCESCO DI GIORGIO, foto GIANLUCA MARSON
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rendersi cura di un’identità in sviluppo, quella canora, appunto, significa occuparsi anche di sé, della propria professionalità di canaricoltore. Un’educazione seria e attenta deve rispettare le diverse tappe di crescita del giovane canarino per aiutarlo a scalare la “montagna” del bel canto. I sentieri possono essere più di uno, ma la montagna è sempre la stessa. Le prime fasi di vita di ogni nostro alato sono importanti perché condizionano e orientano lo sviluppo successivo. Ciascuno di essi è unico e ha delle caratteristiche e passioni proprie. È attraverso sfoghi individuali e l’imitazione del comportamento di consimili adulti che l’aspirante cantore
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impara a rapportarsi con il linguaggio espressivo. Poi, con l’ingresso nella scuola di canto vera e propria, sfrutta pure l’apporto che dà il gruppo dei pari. Ora al giovane alato il mondo appare ancora più ricco di possibilità e cambiamenti e sente il bisogno di nuove idee, di espandere i propri oriz-
La canorità è ovviamente influenzata da genetica, temperamento, salute e ambiente.
zonti; in ogni caso, continua a nutrire una consistente necessità di sostegno. La canorità è ovviamente influenzata da genetica, temperamento, salute e ambiente. In altre parole, la cultura influisce sulla formazione della personalità dell’individuo, ma sempre a partire dai “mattoni” che lo stesso ha ricevuto in dotazione fin dalla nascita a livello biologico. Gli obiettivi di “competenze” che l’imberbe cantore deve raggiungere devono sempre essere agganciati ai suoi saperi d’ingresso, saperi che il canarino ha maturato nella sua storia individuale, sociale e culturale. Se si offrono ai fruitori del servizio scolastico dei contenuti disciplinari, i
migliori possibili, senza preoccuparsi di legarli al vissuto del loro apprendimento, di fatto i contenuti didattici restano esteriori al mondo dell’allievo e quindi a lui estranei, per il fatto che non vengono metabolizzati perché la sua esperienza va in un’altra direzione. Se invece la programmazione didattica parte dalla situazione d’ingresso, cioè dagli apprendimenti individuali e socioculturali degli educandi ed accompagna il processo di apprendimento verso il superamento dei condizionamenti dell’ambiente, la scuola raggiunge i suoi obiettivi e, soprattutto, funziona come struttura in grado di utilizzare le differenze per una discriminazione positiva delle diversità. Davvero, oggi non è più possibile seguire il vecchio concetto: come il tipografo, con una sola impaginatura, tira centinaia di migliaia di copie di un libro, così il cultore del bel canto canaricolo con gli stessi esercizi può impartire l’insegnamento a una moltitudine di allievi in un sol tempo e in una sola volta. È ugualmente sbagliata la dottrina che ha sostenuto che “quando parliamo di individualizzazione dell’insegnamento pensiamo a forme che isolino i canarini da addestrare gli uni dagli altri come dei reclusi”. Alle esigenze degli allievi, dunque, va coniugata la ricchezza delle elaborazioni culturali, pronta a sollecitare la riflessione, lo sforzo dell’applicazione e la gioia dell’invenzione. I nostri stimoli mirano a che i canaricoltori specializzati possano fronteggiare, con responsabilità pedagogica, la loro costante preoccupazione pratica per la quotidianità. Sottolineiamo: per sviluppare le potenzialità formative nei diversi settori del grappolo di canto, il tempo è poco, non va riempito di cianfrusaglie nozionistiche e, tantomeno, sprecato. A fine ottobre iniziano i concorsi per le nostre amabili creature!
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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
Nuove Regole espositive Stagione Mostre 2019 - C.T.N. E.F.I. 1ª Parte di CARMELO MONTAGNO BOZZONE, foto SIMONE OLGIATI
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a CTN-EFI attuale, dal momento in cui si è insediata, ad Aprile del 2018, ha deliberato una serie di iniziative che avranno certamente lo scopo di apportare ulteriore qualità al nostro Hobby. Le suddette Delibere, sono state rese esecutive dal Consiglio Direttivo Federale (previo parere positivo da parte dell’Ordine dei Giudici per il tramite del nostro Presidente di Collegio Gianni Ficeti), che ha provveduto a ratificarle in parte in data 24/11/2018 ed in parte in data 5-6-7/04/2019. A tal proposito riteniamo sia utile divulgare le novità che sono state introdotte e che avranno validità di applicazione, già a partire da questa stagione mostre 2019.
Crociere himalayano), si determina quanto segue: • Per gli esemplari di sesso femminile è ammessa esclusivamente pigmentazione non colorata, verde (data da lipocromo giallo). Le stesse pertanto saranno penalizzate nel caso in cui dovessero presentare colorazione aranciata o disomogenea. Per i soggetti del primo anno, la soffusione brunastra del vessillo esterno delle ali non è da considerarsi difetto di colore. • Gli esemplari di sesso maschile potranno essere esposti con livrea indifferentemente a lipocromo rosso (colorato) o giallo/verde (non colorato).
Saranno considerati difetti di colore, tutte le colorazioni di tono giallo/arancio, e pigmentazioni disomogenee e incomplete. Per i soggetti del primo anno, la soffusione brunastra del vessillo esterno delle ali non è da considerarsi difetto di colore. Tale nuova regola, vigente da quest’anno 2019 sia in ambito FOI che in ambito COM, ripropone una condizione naturale del Genere Loxia. Infatti sono stati condotti diversi studi, da parte di alcuni naturalisti studiosi del Crociere, in diverse parti del mondo ed è emerso che in natura il Crociere Maschio è sovente riscontrarlo in buona percen-
Lucherino T.N. maschio topazio
Delibera N°1 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 24/11/2018) Allineamento delle scelte tecniche (Standard e Regole) con gli indirizzi vigenti della COM-OMJ. La regola vigente che riguarda la Colorazione del Genere Loxia (Crocieri), da quest’anno avrà un nuovo indirizzo anche in ambito COM (essendo state recepite le proposte della nostra CTN-EFI in occasione della riunione COM/OMJ che si è tenuta a Cervia, il 29/09/2018). Genere Loxia Per tutti gli esemplari appartenenti al Genere Loxia, ma anche per tutte le sottospecie presenti, che attualmente stando alla recente classificazione tassonomica, interessano soltanto il leucoptera (2 sottospecie) ed il curvirostra (19 sottospecie, tra cui anche quella maggiormente presente negli allevamenti: Loxia curvirostra himalayensis -
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tuale anche in abito non colorato. Questa percentuale varia in funzione dell’età degli individui esaminati, della localizzazione geografica della popolazione presa in esame, ma anche del periodo di osservazione ed epoca di muta. Tuttavia, al di là di queste variabili, possiamo affermare con certezza che un numero rilevante di soggetti maschi di crocieri in natura presenta un piumaggio di colore giallo (non colorato). Delibera N°4 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 24/11/2018) Rielencazione dei Parametri di giudizio
Sono definite Specie a fattore rosso, fra quelle maggiormente allevate, le seguenti: il Cardinalino del Venezuela, l’Organetto, il Fanello, tutti i Carpodachi, tutti i Crocieri, tutti i Ciuffolotti, tutti i Trombettieri, il Ciuffolotto delle pinete, il Ciuffolotto fiammante ed il Ciuffolotto nuca dorata. Si dispone che: È OBBLIGATORIA LA COLORAZIONE CON PIGMENTI ROSSI PER QUELLE SPECIE CONSIDERATE PER L’APPUNTO A “FATTORE ROSSO” e ciò in aderenza con i relativi standard e/o orientamenti esistenti per le diverse specie. Ovviamente i rappresentanti di sesso femminile,
Lucherino femmina diluito s.f.
codificati come “DIFETTI GRAVI” nelle diverse specie, in presenza dei quali il soggetto non deve raggiungere i 90 punti. Si dispone per il futuro di sospendere la regola che introduceva il concetto di Difetto Grave, nonché la conseguente oggettiva regola che imponeva, in presenza di tale difetto grave, che il soggetto non doveva raggiungere i 90 punti totali. Delibera N°8 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 24/11/2018) Definizione delle Specie a fattore Rosso maggiormente allevate.
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delle specie a fattore rosso, dovranno essere colorati attenendosi rigorosamente agli standard di riferimento o alle indicazioni dettate per la specie esaminata (vedi Organetto, Cardinalino del Venezuela, Carpodaco Messicano, Crociere, Pyrrhula pyrrhula). Delibera N°10 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019): Rivisitazione dell’elenco di soggetti che mutano dopo due anni dalla nascita cui si accetta un prolungamento della loro esposizione in classe A fino a 3 anni di età.
Si Determina di modificare la vigente Delibera di CTN-IEI del 2010, a guida Gianni Ficeti, che aveva preso in considerazione il problema riguardante alcuni uccelli che mutano a due-tre anni di età, ed al fine di permettere loro di essere esposti nelle mostre, si era deciso che il giudizio di tali uccelli potesse essere spostato da 2 a 3 anni, in modo da poter vedere tali uccelli nelle mostre in abito adulto. Fu stilato un primo elenco di tali specie, suscettibile chiaramente di ampliamento, che era il seguente: 1)-Storno ametista (Cinnyricinclus leucogaster); 2)-Storni neri del continente asiatico (Genere Aplonis); 3)-Rigogolo (Oriolus oriolus); 4)-Codirossone (Monticola saxatilis); 5)-Passero Dorato del Sudan (Passer luteus); 6)-Combassù (Vidua chalybeata); 7)-Famiglia Viduidae (Vedove); 8) Papa e Ministro (genere Passerina); 9)-Passero Solitario (Monticola solitarius). A distanza di 8 anni da quella delibera, questa CTN-EFI ritiene di dover aggiornare il suddetto elenco, inserendo anche le seguenti specie: 1)Carpodaco del Pallas (Carpodacus roseus); 2)-Carpodaco Scarlatto (Carpodacus erythrinus); 3)-Ciuffolotto delle Pinete (Pinicola enucleator); 4)Carpodaco del Caucaso (Carpodacus rubicilla); 5)-Famiglia Ploceidae (Tessitore, Lavoratore, Napoleone, Vescovo, Foudia, Gendarme, Malimbo ed alcune Vedove). Delibera N°12 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Allineamento delle scelte tecniche con gli indirizzi vigenti della COM-OMJ – Esponibilità a concorso dei soggetti pezzati. Preso atto delle recenti scelte tecniche operate dalla COM, in merito alle categorie a concorso, che già dallo scorso anno prevedono la esponibilità di alcune specie a fenotipo pezzato, questa CTN-EFI, al fine di allineare le nostre scelte tecniche con quelle operate dalla COM, ha deliberato di istituire due categorie a concorso, dedicate ai soggetti pezzati, una da collocare nella sezione “F” delle categorie a concorso (Estrildidi Affini e loro Ibridi) e l’altra da collocare nella sezione “G” (Fringillidi Affini e loro Ibridi). In queste due cate-
gorie a concorso si esporranno tutti i soggetti pezzati delle specie che concorrono nelle rispettive sezioni, tranne per gli Ibridi pezzati, cui si dispone già di una categoria a loro dedicata e che rimane di loro esclusiva collocazione nella sezione di riferimento. Riguardo le Sezioni O (Tortore e Colombi) e P (Quaglie e Colini) delle categorie a concorso, si è deciso di lasciare tutto invariato, visto il numero esiguo di soggetti esposti e ancor meno di quelli pezzati. Pertanto per questo iniziale periodo di prova, continueranno a non essere ammessi soggetti pezzati in queste due sezioni “O” e “P” delle categorie a concorso. Inoltre sulla scorta di questa decisione, si è deliberato altresì di annullare l’attuale regola vigente facente parte della DELIBERA N. 01 DEL 5 Marzo 2016. Pertanto in futuro gli esemplari di cui sopra, che presenteranno Depigmentazioni di unghia, zampe, o di piccole porzioni di piumaggio, dovranno essere esposti e giudicati, nella categoria pezzati della sezione di Giudizio a loro riservata. Questa decisione assunta, deriva anche dal fatto che recenti studi scientifici hanno individuato 13 geni recessivi e 3 a carattere dominante che codificano per questa variante fenotipica (pezzata).
impedivano la esposizione a concorso di fenotipi chiaramente distinguibili si è determinato di porre in essere le seguenti modifiche, alla vigente regola generale che limitava: LA NON AMMISSIONE A CONCORSO PER LE MULTISOVRAPPOSIZIONI DI OLTRE DUE MUTAZIONI. In futuro la limitazione sarà riferita a due mutazioni che riguardano le MELANINE (Eu-Nera, Eu-Bruna, Feomelanina) E DI ACCETTARE IN OGNI SPECIE (tranne le elencate eccezioni) LA AMMISSIONE A CONCORSO DELLA ULTERIORE MULTISOVRAPPOSIZIONE
agli allevatori che ai colleghi giudici, di individuare le combinazioni ammissibili di mutazioni per le specie maggiormente allevate, sono state prodotte due Rappresentazioni Tabellari (una per gli Estrildidi e l’altra per i Fringillidi), cui hanno collaborato per la loro stesura i colleghi: Demetrio Pitasi (Giudice EFI della sottospecializzazione FRI) per le specie appartenenti ai Fringillidi, e Nunziato La Rosa (Giudice EFI della sottospecializzazione EST) per le specie appartenenti agli Estrildidi, che a breve saranno divulgate e messe a disposizione di tutti.
Lucherino maschio silice
Delibera N°13 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Diametro anelli, rivisitazione elenco ufficiale FOI per il 2020. Vedi Circolare FOI N°3 del 15/07/19 e Integrazione alla Circolare FOI N°3 del 18/07/19. Delibera N°14 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Proposte di Modifica Categorie a concorso per il 2019 (le cui novità introdotte sono già state pubblicate sul Numero 5 – Maggio 2019 di Italia Ornitologica). Delibera N°15 del 2018 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Esponibilità a concorso delle combinazioni di mutazioni (Rappresentazione tabellare delle Eccezioni, Deroghe, Ammissibilità espositiva). Al fine di superare alcune limitazioni contenute nelle regole vigenti, che
DI MUTAZIONE DEL LIPOCROMO. A titolo di esempio, sarà possibile esporre un CIUFFOLOTTO BRUNOPASTELLO-GIALLO oppure un CARDELLINO ISABELLA GIALLO. Si determina inoltre di rendere possibile la esposizione a concorso del Cardellino Testa Bianca anche nelle combinazioni con la mutazione Bruno e con la mutazione Agata, oltre alla ulteriore sovrapposizione di mutazioni del Lipocromo (Cardellino Testa Bianca Bruno Giallo, oppure Cardellino Testa Bianca Agata Giallo). Al fine di rendere agevole il compito, sia
Delibera N°16 del 2019 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Proposte di Modifica categorie a Concorso per il 2019 – Ibridi (le cui novità introdotte sono state già pubblicate sul Numero 5 – Maggio 2019 di Italia Ornitologica). Delibera N°17 del 2019 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Rivisitazione degli Standard esistenti e definizione di nuovi Standard e Criteri di Giudizio. In virtù della DELIBERA di CTN-EFI N°15 del 2018 scaturita dal 9° punto dell’Or-
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dine del Giorno di cui alla riunione N°2 di CTN-EFI del 15/12/2018, Esponibilità a concorso delle combinazioni di mutazioni (Rappresentazione tabellare delle Eccezioni, Deroghe, Ammissibilità espositiva), ove è stata modificata la regola generale che limitava LA NON AMMISSIONE A CONCORSO PER LE MULTISOVRAPPOSIZIONI DI OLTRE DUE MUTAZIONI, ridefinendo una nuova regola per il futuro, fissando la limitazione a due mutazioni che riguardano le MELANINE (Eu-Nera, EuBruna, Feomelanina), tranne le elencate eccezioni, E DI ACCETTARE IN OGNI SPECIE LA AMMISSIONE A CONCORSO DELLA ULTERIORE MULTISOVRAPPOSIZIONE DI MUTAZIONE DEL LIPOCROMO, si dispone di rivisitare gli Standard Ufficiali di alcune Specie e per alcune Varietà, al fine di renderli congruenti con il deliberato assunto, come segue: • L’attuale standard Ufficiale del Verdone, Varietà Mascherato e Pastello, dispone di non ammettere a concorso nessuna combinazione con questa Varietà. Si delibera di modificarne i contenuti, al fine di accettare a concorso la combinazione, con la Varietà Mascherato e Pastello, di una ulteriore mutazione che riguarda il Lipocromo (La Giallo, Becco Giallo, etc..). • L’attuale standard Ufficiale del Verdone, Varietà Diluito, la cui esponibilità risulta ammessa soltanto in condizione di Omozigosi (non possono essere esposti i Diluito S.F.) dispone di non ammettere a concorso nessuna combinazione con questa Varietà. Si delibera di modificarne i contenuti, al fine di accettare a concorso la combinazione, con la Varietà Diluito (Omozigote), di una ulteriore mutazione che riguarda il Lipocromo (La Giallo, Becco Giallo, etc..). • L’attuale standard Ufficiale del Lucherino Testa Nera, Varietà Diluito, dispone di non ammettere a concorso nessuna combinazione con questa Varietà. Si delibera di modificarne i contenuti, al fine di accettare a concorso la combina-
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Carpodaco messicano torba
Lucherino maschio diluito s.f.
zione, con la Varietà Diluito (sia S.F. che D.F.), di una ulteriore mutazione che riguarda il Lipocromo (La Giallo, L’Avorio, etc..). • L’attuale standard Ufficiale del Lucherino Testa Nera, Varietà Topazio, dispone di non ammettere a concorso nessuna combinazione con questa Varietà. Si delibera di modificarne i contenuti, al fine di accettare a concorso la combinazione, con la Varietà Topazio, di una ulteriore mutazione che riguarda il Lipocromo (La Giallo, L’Avorio, etc..). • L’attuale standard del Cardellino, Varietà Mascherato, divulgato tramite posta elettronica dalla precedente C.T.N. (Giusta Delibera di CTN-IEI del 19/11/2016) al Collegio di Specializzazione, da un riscontro eseguito con l’Ordine dei Giudici e la FOI, risulta non essere stato mai ratificato dal CDF-FOI, pertanto questa CTN-EFI, si impegna a deliberare in tempi ragionevoli e nel rispetto della procedura prevista dall’Art.7 del Regolamento CC.TT.NN., lo Standard del Cardellino, Varietà Mascherato, che va ad aggiungersi a quelli già avviati durante la riunione di CTN-EFI del 15/12/18 a Parma. Nel frattempo, fino a nuove disposizioni, tutti i soggetti esposti di Cardellino, Varietà Mascherato, subiranno le limitazioni a carattere generale, riguardo le combinazioni ammissibili di mutazioni, cioè potranno essere esposti in combinazione con un’altra Mutazione consentita di Melanine e con una Mutazione del Lipocromo. L’attuale standard Ufficiale del Cardinalino del Venezuela, per tutte le Varietà: Bruno, Pastello (ex Agata), Bruno-Pastello (ex Isabella), Diluito S.F., Diluito D.F. e Topazio, dispone di non ammettere a concorso nessuna combinazione con queste Varietà. Si delibera di modificarne i contenuti, al fine di accettare a concorso la combinazione, con tutte le Varietà, di una ulteriore mutazione che riguarda il Lipocromo (L’Avorio, etc..). • L’attuale standard Ufficiale del Lucherino Europeo, per tutte le Varietà: Bruno, Pastello (ex Agata),
Bruno-Pastello (ex Isabella), Diluito S.F., Diluito D.F. e Avorio, dispone di non ammettere a concorso nessuna combinazione con queste Varietà, ad eccezione dell’Avorio (mutazione del Lipocromo). Si delibera di modificarne i contenuti, al fine di accettare a concorso la combinazione, con tutte le Varietà che interessano le Melanine, di una ulteriore mutazione che riguarda il Lipocromo (L’Avorio, la Giallo etc..). • L’attuale standard Ufficiale del Carpodaco Messicano, per tutte le Varietà, dispone la non ammissione a concorso delle combinazioni e sovrapposizioni di mutazioni, ad eccezione per la combinazione di mutazione FEO-GRIGIO. Tenuto conto che ad oggi, in questa Specie, non sono ancora note mutazioni del Lipocromo, si decide di non apportare nessuna modifica ai contenuti dello standard, al fine di accettare a concorso la combinazione, di una
ulteriore mutazione che riguarda il Lipocromo (ad oggi inesistente). Delibera N°18 del 2019 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Diametro anelli, rivisitazione elenco ufficiale FOI per il 2020. Vedi Circolare FOI N°3 del 15/07/19 e Integrazione alla Circolare FOI N°3 del 18/07/19.
Carpodaco messicano maschio grigio
Delibera N°19 del 2019 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Esponibilità a concorso per gli Estrildidi e per i Fringillidi delle combinazioni di mutazioni (Rappresentazione tabellare delle Eccezioni, Deroghe, Ammissibilità espositiva). Si determina che il Passero del Giappone, sulla base degli attuali Standard esistenti, gode alla pari del Diamante Mandarino e del Diamante di Gould, della eccezione in deroga alla regola generale, che ne permette l’esposizione a Con-
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corso, con più di due mutazioni delle MELANINE. Si delibera inoltre che i soggetti Pezzati, riammessi a concorso con la DELIBERA N°12 del 2018 di cui al 5° punto all’Ordine del Giorno della riunione N°2 di CTN-EFI del 15/12/2018, possono essere combinati con tre mutazioni (due che riguardano le Melanine ed una del Lipocromo). Per esempio, un Ciuffolotto Bruno-Pastello-Giallo-Pezzato può essere esposto, così come un Cardellino
Lucherino T.N. maschio diluito S.F.
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Isabella-Giallo-Pezzato trattandosi di fenotipi facilmente distinguibili. Delibera N°20 del 2019 (ratificata dal CDF-FOI in data 5-6-7/04/2019) Si determina di modificare, fra le cause di Non Giudizio, l’attuale regola che attiene agli Stamm, in parte Intensi ed in parte Brinati, che recita: • Stamm con evidente differenza di categoria (tre intensi e un brinato, ecc.), tale norma va applicata solo con stamm in
cui non ci siano dubbi o discussioni e mai in presenza di forme apparentemente intermedie sia di intensità che di brinatura di piumaggio. Disponendo di doverla intendere per il futuro applicabile soltanto agli Stamm composti da Ibridi con il Canarino. Pertanto la causa di Non Giudizio viene riproposta come segue: • Stamm di Ibridi con il Canarino, con evidente differenza di categoria (tre intensi ed un brinato, ecc.), tale norma va applicata solo con degli stamm in cui non ci siano dubbi e mai in presenza di forme apparentemente intermedie sia di intensità che di brinatura di piumaggio. Allorquando si manifesta la condizione prima esposta di causa di Non Giudizio dello Stamm di Ibridi con il Canarino, i 4 soggetti vanno giudicati singolarmente (nella medesima categoria prevista per lo stamm) senza mettere alcuna indicazione numerica alla voce Armonia della scheda di Giudizio. I 4 soggetti che non costituiscono Stamm, non concorreranno per l’assegnazione del podio nella categoria ove sono stati ingabbiati, ma concorreranno soltanto per l’assegnazione del titolo di Campione Razza e per le eventuali assegnazioni di premiazioni speciali (migliori 10 soggetti per sezione etc…). Questa precisazione scaturisce dalla oggettiva considerazione che in natura tutti i soggetti sono dei Brinati, e in ambiente domestico, per ora solo i Canarini sono stati certamente interessati dalla mutazione Intenso (Autosomica Dominante e sub letale rispetto al Brinato). Pertanto in ambiente domestico, se escludiamo i Canarini, fra i soggetti Indigeni (Fringillidi e Non) e fra quelli Esotici (Estrildidi, Fringillidi e Non) possiamo avere soltanto soggetti Brinati e non Intensi, anche se in apparenza alcune specie potrebbero sembrare tali. Ovviamente sono fatte salve ipotetiche future mutazioni. Concludiamo augurandoVi una buona lettura a nome di tutti i componenti della CTN-EFI, rinnovandoVi l’invito a non esitare a chiamarci per ogni esigenza di chiarimento o semplicemente per proporci i Vostri preziosi suggerimenti. Continua sul prossimo numero
Dall’archivio storico F.O.I.
Le Melanine (2ª parte) di U. ZINGONI (ITALIA ORNITOLOGICA aprile 1997)
I melanociti Abbiamo già detto che l’ultima fase della melanizzazione è la formazione dei gra‐ nuli di melanina (melanosomi) più pic‐ coli, i quali, man mano, con un processo sul tipo di questo rappresentato in figura si aggregano fra loro formando granuli sempre più grossi, visibili in que‐ sto stadio finale, anche con un comune microscopio. Nel pulcino i granuli rag‐ giungono 1,3 micron di lunghezza. Sem‐ bra che i granuli di EU raggiungano dimensioni superiori a quelli di FEO. Nella pelle si vede che ciascun melano‐ cita, pur restando nel derma, si addossa strettamente alle cellule dello strato ger‐ minativo epidermico (cheratinociti) e, con i suoi prolungamenti che penetrano fra di esse, rifornisce un pool di circa 36 cheratinocidi che lo attorniano, forman‐ do la cosiddetta unità melano-epidermica (Fitzpatrick et Al. – Dermatol. Wochenschr., 1693, 147, 481). Anche per quanto riguarda le penne, sembra che i melanociti ed i cheratino‐ citi costituiscano fra loro un “sistema integrato” che, fra l’altro, spiegherebbe la maggior resistenza delle remiganti nere (ali di molti uccelli bianchi, quali Gabbiani ecc.). Alla base della papilla della penna in riposo c’è sempre una riserva di menoblasti pronti a trasfor‐ marsi in melanociti appenachè, durante la muta, la penna cade. Numerosissime osservazioni (che rias‐ sumiamo in poche parole) fatte su molte Specie di gallinacei, ecc., mostrano che nel germe della penna i melanociti si dispongono in 10‐11 file parallele nei due terzi distali, mentre alla base appaiono disposti a caso. Io non so se sia una coin‐ cidenza, ma sta di fatto che nel Canarino le piume “Brinate”, cioè le più vicine per struttura a quelle del Canarino selvaggio, hanno spesso iporachide formata proprio fra 10‐11 elementi.
Ondulato d’Australia lutino
Le stesse osservazioni hanno mostrato che le modalità dell’ingresso dei granuli nell’abbozzo e la quantità che entra nelle future barbe e barbole dipendono dall’intensità del colore finale della penna, con una grande variabilità da Specie a Specie. Comunque, la tendenza più comune è la carica melanica più forte delle barbe, variabile nelle barbole, assente nelle barbicelle. Le più interessate dai lipocromi restano le barbole. Come si vede, tuttociò è
abbastanza simile a quanto avviene nel canarino nel quale più raramente si trovano melanine nelle barbole, ricche, invece, di lipocromi. Come già sappiamo, nella penna adulta le melanine si trovano sempre nella zona corticale di essa, mentre nell’in‐ terno possono trovarsi quei piccolissimi granuli che nel loro insieme costitui‐ scono il “cloudy‐medium”, responsabile dei colori fisici, come è il caso, nel Cana‐ rino, dell’effetto “Opale”.
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Le ricerche sul Piccione Abbiamo lasciata per ultima la descrizione della ricerca fatta da Haase e Coll sui pic‐ cioni, perché ci è sembrato che i dati di fatto da essa emersi siano il contributo maggiore alle risposte sollecitate dagli allevatori di Canarini di Colore. La ricerca è basata sul dosaggio delle EU e delle FEO contenute in aree ben precise del vessillo delle remiganti secondarie e delle grandi copritrici alari del Piccione selvatico, di alcuni Piccioni viaggiatori di differente colore e di altre Razze (v. figura). Il dosaggio delle melanine viene fatto sui prodotti finali di degradazione chimica con una tecnica che omettiamo. Indiche‐ remo con E il prodotto derivato dalle EU e con F il prodotto derivato dalle FEO. Un nanogrammo (bg=un miliardesimo di grammo) di E corrisponde a 50 ng di EU; 1 ng di F corrisponde a 5 ng di FEO. Una cosa che ci ha vivamente sorpresi è la seguente. Poiché, quando il colore della zona di vessillo analizzata è scuro, vi è sempre EU e FEO, gli Autori hanno stabilito di considerare tale zona come eumelaninica per E maggiore di 100 ng/mg e per E/F maggiore di 1; feomelaninica per F maggiore di 100 ng/mg e per E/F inferiore a 0,1: tipo misto per E e F maggiori di 100 ng/mg e per E/F compreso fra 0,1 ed 1; infine tipo zero negli altri casi. Purtroppo il metodo dosa la quantità, ma non dice se si tratta di EU o FEO più o meno scura (più o meno polimerizzata). Nel vero piccione selvatico maschio (geno‐ tipo ++) le barrature nere contengono EU e FEO (!) nel rapporto di 2,7 (409 E/152 F=2,7); perciò quell’area è eumelaninica. Nelle aree adiacenti (grigie) E/F=2; perciò anche qui il tipo è eumelaninico (non lo sarebbe per il peso minore di 100 ng). In un piccione viaggiatore (perciò dome‐ stico) maschio (genotipo **) apparente‐ mente uguale al precedente, il rapporto è rispettivamente di 2,1 (contro 2,7 del pre‐ cedente) e di 0,87 (contro 2 del precedente). Ciò sta ad indicare che tutti gli accoppiamenti più o meno selettivi (sco‐ nosciuti) fatti in precedenza hanno “lasciato il segno”, nel senso che la dome‐ sticazione ha fatto aumentare la FEO a sca‐ pito della EU, anche se fenotipicamente non si notano differenze. In tutte le aree analizzate, anche apparentemente neris‐ sime, mai è stata trovata solo EU; così come in tutti i piumaggi bruni, sia scuri che chiari,
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si è sempre trovato almeno una minima quantità di EU. L’esempio estremo è stato quello di un maschio di razza “Capitombo‐ lante” omozigote per il fattore rosso‐bruno, in cui E/F = 0,013 (35/2.690). Ma ci sono tutti i casi di soggetti “Bruno cenere” nei quali le barre sono tutte di tipo feomelani‐ nico, pur contenendo sempre un po’ di EU, mentre le aree circostanti (B) contengono pochissima FEO e ancor meno EU, tanto da essere considerata di “tipo zero”. Per quanto riguarda questi casi, ci viene spon‐ taneo di fare una considerazione (del tutto gratuita): se quella minima quantità di EU rientrasse nella percentuale di errore del metodo, che potrebbe pur esserci, trattan‐ dosi di analisi su prodotti di degradazione,
allora, traslando il discorso sul Canarino, potremmo dire che un bel soggetto Bruno è tale per la sola presenza di FEO, più poli‐ merizzata nel “disegno”. Ma, questa ipotesi, a parte la mancanza di correttezza nei con‐ fronti degli Autori, non ci sentiamo di pro‐ porla, a causa del dato di fatto, sempre con‐ fermato, dalla quasi costante presenza di entrambe le melanine nei più diversi sub‐ strati studiati. E del resto, anche nel piccione bruno, come nel Canarino bruno, il sottopiuma è forte‐ mente eumelaninico, ciò che indica che i melanociti coinvolti sono pienamente capaci di produrre anche EU. Escluso l’errore, resta la possibilità che la EU presente sia meno polimerizzata e, perciò,
Stadi di sviluppo di un eumelanosoma, da Witkop C.f. Fitzpatrick et Al. - Mc. Grew - Hill. Inf. Serv. Co.
bruna. Questa eventualità ci sembra molto interessante, perché ci farebbe pensare che la mutazione “Bruno” consista, non in una assenza di EU per mancata formazione di DHICA e DHI, ma per assenza o grande ridu‐ zione della loro polimerizzazione, con l’eventualità che il colore bruno di queste EU meno polimerizzata si aggiunga al bruno della FEO aumentandone l’intensità. Questa pubblicazione sul Piccione contiene molti dati riferiti ad alcuni loci per il colore, identificati in questa Specie, ma, poiché io non conosco niente sul genoma di essa e non voglio crearmi altri problemi, lascio l’argomento nelle mani degli allevatori di colombi, eventualmente interessati all’approfondimento. Un’eretica proposta Eccoci adesso alle conclusioni di quanto esposto in queste due puntate. Il principale dato che emerge è che nessuna analisi chimica, fra tutte quelle impiegate dai vari ricercatori, è in grado di associare il colore delle penne (quello che si vede con gli occhi!) con una precisa composizione chimica, soprattutto eumelaninica, a causa di quella “benedetta” polimerizzazione che, in pratica, con una stessa composizio‐ ne chimica, è in grado di dare tutti i toni intermedi, fra il bruno chiaro ed il nero, che i nostri occhi sono in grado di vedere. Solo se potessimo riconoscere istologicamente la EU e la FEO (tricocromi e gallo feome‐ lanine indifferentemente) attraverso la forma e le dimensioni dei loro granuli, potremmo avere delle certezze, e questo potrebbe essere un programma per il futuro, poiché quel poco che adesso si sa sull’argomento non è minimamente suffi‐ ciente a darci delle indicazioni precise. Basta pensare che, mentre è fuori dubbio che i granuli di EU possono raggiungere le massime dimensioni riscontrate, gli stessi melanociti possono formare quei granuli piccolissimi di EU che sono responsabili dei colori fisici (claudy‐medium). In queste due puntate abbiamo fornito solo i dati principali. Di questi e di quelli da noi omessi (desumibili dai lavori origi‐ nali di cui abbiamo fotocopia) i lettori pos‐ sono dare interpretazioni diverse dalle nostre e, magari, più soddisfacenti. Alla stregua dei dati di fatto, questo noi possiamo dire agli allevatori ed ai tecnici del “Colore”. È arbitrario parlare di eumelanina nera
e di eumelanina bruna, perché dove c’è EU, nella grande maggioranza dei casi, c’è anche FEO, non visibile a causa del colore dell’EU che la sovrasta e la maschera. Il colore bruno più intenso del disegno del soggetto Bruno può essere dovuto sia alla EU meno polimerizzata che alla FEO molto polimerizzata. Così pure nelle altre aree del vessillo non si può escludere la presenza di EU meno polimerizzata. Una cosa che potrebbe valer la pena di approfondire è perché la Natura può dotare una penna dello stesso colore bruno, sia mediante un basso polimero di EU che uno alto di FEO. Una prima risposta potrebbe essere che le varie FEO (sembra ce ne siano otto o poco meno fra tricomi e gallofeomelanine; ma nel Canarino chissà mai come stanno le cose) impartiscano ciascuna un colore un poco diverso dall’altra, specialmente nelle componenti rossicce di cui è ampiamente dotato il piumaggio pollo New Hampshire. Certamente dove c’è il colore più scuro, definibile come nero, lì c’è EU fortemente polimerizzata e quanto più “nero” è questo “nero”, tanto più può esserci stata una poli‐ merizzazione, ma anche una maggiore produzione complessiva di EU da parte dei melanociti (come avviene quando espo‐ niamo la nostra pelle al Sole). In ipotesi, non tanto remota, quando future mutazioni riusciranno a far produrre al dopachinone, dopacromo a scapito della cisteinildopa, ancor più ci avvicineremo all’ottenimento del Canarino nero che, purtuttavia, conserverà sempre una certa
quota di FEO non visibile dai nostri occhi. Il canarino “Nero bruno moderno” potrebbe, perciò, essere una tappa iniziale di questo processo. Se lo credessimo opportuno, gli allevatori ed i tecnici interessati al “Colore” in futuro non dovrebbero più nominare i termini eumelanina e feomelanina ma indicare il tono di colore della melanina (omettendo i prefissi eu e feo). Ad esempio: melanina nera, melanina bruno‐ scura (l’attuale EU bruna), bruno‐nocciola, castagna, testa di moro, caffelatte, ecc.. Non si dica, per carità, che questa sarebbe un’eresia. Anche ai tempi dei tempi, dire che era la Terra che girava intorno al Sole era un’eresia (di quelle vere), ed anche dire che l’Uomo e le Scimmie avevano comuni origini, ecc., ecc., eppure … col passare del tempo … Una terminologia corretta è, invece, quella che indica con il termine di ossidazione lo scurimento di una qualunque melanina. In effetti, come abbiamo visto all’inizio, i processi metabolici che portano alla for‐ mazione dei granuli sono processi ossida‐ tivi veri e propri. Per concludere con una battuta, da valutare secondo lo spirito del Lettore, io per dare queste misere (ma obiettive) risposte ai quesiti postimi dai patiti del “Colore”, ho dovuto leggermi cen‐ tinaia di pagine di pubblicazioni scritte in varie lingue, reperite grazie anche all’In‐ ternet. Ma chi me lo ha fatto fare? Direi, comunque, che ho fatto i salti mortali; per i miracoli bisogna rivolgersi altrove.
Suddivisione delle aree di analisi nelle remiganti del Piccione
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O rniFlash Buon anniversario alla Loro Parque Fondación
News al volo dal web e non solo
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a Loro Parque Fundación ha celebrato 25 anni di amore per la natura e impegno per la sua conservazione. Sebbene la data ufficiale di registrazione della Fondazione sia il 13 settembre 1994, i suoi inizi risalgono al 1987, quando Loro Parque iniziò a finanziare un primo progetto di conservazione dei pappagalli con l’obiettivo di salvare due Amazzoni endemiche dell’isola caraibica di Dominica. Indubbiamente, il più grande successo della Loro Parque Fundación è stato quello di dimostrare che gli sforzi di conservazione danno i loro frutti e che è possibile salvare le specie dall’estinzione. Grazie al finanziamento esclusivo della Fondazione, o in collaborazione con altri donatori, il livello di minaccia di estinzione è stato ridotto per ben 9 specie di pappagalli inclusi nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura: il Conuro dalle orecchie gialle (Ognorhynchus icterotis), L’Ara di Lear (Anodorhynchus leari), il Parrocchetto di Mauritius (Psittacula eques), l’Ara dalla testa blu (Primolius couloni), l’Amazzone coda rossa (Amazona brasiliensis), il Parrocchetto cornuto (Eunymphicus cornutus), l’Inseparabile a guance nere (Agapornis nigrigenis) ), l’Amazzone di Cuba (Amazona leucocephala) e il Cacatua Tanimbar (Cacatua goffiniana tanimberensis). Questo successo non sarebbe stato possibile senza il generoso contributo di Loro Parque, che ha consolidato finanziariamente la Fondazione, senza il contributo dei suoi molteplici sponsor e donatori e senza quelli delle diverse migliaia di amanti dei pappagalli che hanno collaborato come membri negli ultimi anni. Fonte: Ufficio Stampa Loro Parque
Il declino degli uccelli canori è legato all’impiego di neonicotinoidi
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ell’America del Nord questi insetticidi, applicati direttamente sui semi, riducono l’appetito degli uccelli che vi entrano in contatto e ne compromettono la migrazione Uno studio ha verificato che i passeri dalla gola bianca perdono peso dopo aver mangiato semi trattati con neonicotinoidi. L’insetticida più usato al mondo è stato associato al drammatico declino che ha colpito gli uccelli canori dell’America del Nord. Il primo studio condotto sugli uccelli in natura mostra che gli uccelli canori migratori che hanno mangiato l’equivalente di uno o due semi trattati con un neonicotinoide hanno perso rapidamente peso e hanno dovuto ritardare la partenza. Nonostante gli uccelli si siano ripresi, il ritardo potrebbe compromettere le loro possibilità di sopravvivere e riprodursi, spiegano i ricercatori canadesi che hanno pubblicato lo studio su Science. La migrazione primaverile avviene durante il periodo della semina e molte colture di Stati Uniti e Canada derivano da semi trattati con neonicotinoidi. Gli uccelli potrebbero esservi esposti diverse volte in ciascun sito di stopover, dove si fermano per riposare e nutrirsi. Questo può allungare la durata delle migrazioni e le conseguenze che ne derivano, conclude lo studio. Fortunatamente, gli uccelli metabolizzano l’insetticida piuttosto rapidamente. Ma per un uccello 3,5 giorni di ritardo, in una migrazione, possono significare perdere l’opportunità di accoppiarsi e, quindi, portare al declino della popolazione. Fonte: http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2019/09/17/news/ il_declino_degli_uccelli_canori_e_legato_all_impiego_di_neonicotinoidi-4542252/ Fotografia di Education Images/ Universal Images Group/ Getty Images
O rniFlash Colibrì: un’intera specie confusa da una zona ibrida na zona ibrida precedentemente sconosciuta, lungo la costa della California e del sud dell’Oregon, è oggetto di una ricerca appena pubblicata su The Auk: Ornithological Advances. Di solito pensiamo che una specie sia isolata dal punto di vista riproduttivo, cioè non si accoppi con altre specie allo stato brado; invece, due colibrì strettamente collegati, Allen’s Hummingbird e Rufous Hummingbird, stanno confondendo i confini delle specie. I ricercatori sperano che studiare casi come questo possa migliorare la loro comprensione di come viene creata e mantenuta la biodiversità. Una zona ibrida è un’area in cui gli intervalli di due specie, strettamente correlate, si sovrappongono e si incrociano tra loro. Per mappare l’estensione della zona ibrida del colibrì, Brian Myers della San Diego State University e i suoi colleghi hanno raccolto dati sui tratti somatici e sul comportamento di corteggiamento di oltre 300 colibrì. I maschi di colibrì eseguono acrobazie aeree durante le quali le loro penne della coda producono vari suoni. I ricercatori hanno catturato i colibrì usando trappole nelle mangiatoie, mantenendo temporaneamente le femmine in gabbie, dove hanno attirato l’attenzione dei maschi territoriali. La maggior parte dei maschi riproduttori, appartenenti alla zona ibrida, presentava un mix di caratteristiche delle due specie. L’area in cui si incrociano i colibrì Allen e Rufous si estende per oltre 300 chilometri lungo la costa del Pacifico e 90 km nell’entroterra, e potrebbe avere implicazioni per il futuro della specie. Quando una zona ibrida è così grande, e quando una delle specie ibridanti ha una portata così piccola come il Colibrì di Allen, aumenta la possibilità che i geni del colibrì di Rufous li superino nella popolazione”, afferma Myers. Poiché la biodiversità continua a scendere, è più importante che mai capire come si formano le nuove specie e cosa ne mantiene le barriere. Fonte: https://focustech.it/2019/09/20/colibri-unintera-specie-confusa-da-una-zona-ibrida-258063
Anche Apice ha il suo museo ornitologico Nato dall’amore e la passione per l’avifauna del dott. Antonio Porcelli, il museo di ornitologia di Apice (BN) è ospitato in due ampi saloni dell’ex edificio scolastico ubicato presso il centro storico della località del beneventano. La collezione è composta da oltre 500 esemplari, provenienti da diversi tassidermisti, rinvenuti sul territorio e deceduti per varie cause, oltre ad alcuni esemplari esotici provenienti da allevamenti domestici. Notevole è la biblioteca ornitologica con oltre 2000 testi scientifici di autori nazionali e internazionali. Presente nel museo anche una collezione dei nidi, raccolti dopo l’involo dei piccoli nidiacei, nonché una raccolta di vari poster a carattere ornitologico e una videoteca dell’avifauna europea. Il museo ornitologico di Apice, seppure nelle sue ridotte dimensioni, vuole avere una triplice funzione: didattica, scientifica e museale. Pertanto, si auspicano visite anche da parte allevatori e appassionati di ornitologia. Per tutte le informazioni, è possibile consultare il sito del museo: http://www.museoornitologicodiapice.it/ Fonte: Museo Ornitologico di Apice (BN)
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CRONACA
L’ARO è stata una delle prime Associazioni nazionali a far parte della allora costituente F.O.I.
65° anniversario A.R.O. di ALBERTO DE VITA
I
l 23 Giugno u.s. l’Associazione Romana Ornicoltori, cod. 425 della FOI, ha organizzato presso il centro sportivo New Penta 2000 di Roma una serata per festeggiare il suo 65° compleanno. L’ARO, infatti, è stata una delle prime Associazioni nazionali che entrarono a far parte della allora giovane Federazione Ornicoltori Italiani. In questi 65 anni ci sono stati molti Presidenti e molti Direttivi che hanno operato nel settore permettendo, anno dopo anno, di portare avanti un’Associazione al servizio dei propri soci-allevatori. In questo ultimo decennio, esattamente dal 2011, abbiamo avuto alla guida della nostra Associazione Gennaro Iannuccilli, mentre dal Giugno
2018, quando è stato chiamato a collaborare come Consigliere della FOI, è stato lasciato a me, Alberto De Vita, l’incarico di guidare e proseguire su quanto fatto in questo ultimo decennio. Dal 2011, appunto, Gennaro in qualità di Presidente ed io, dapprima come Segretario e successivamente come Vice Presidente, ci siamo da sempre impegnati a divulgare un pensiero di onesta collaborazione verso tutte le altre Associazioni con fattiva operatività, concentrandoci sul FARE e non sul PARLARE e tanto meno SPARLARE, organizzando eventi di ogni genere che dessero agli appassionati ornicoltori elementi e punti di incontro e confronto su tematiche strettamente aviarie.
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Con Gennaro, prendemmo in mano l’Associazione e insieme iniziammo a lavorare prima di tutto sulla comunicazione. Cercammo in tutti i modi di ampliare le modalità di trasmissione delle informazioni e, piano piano, ne abbiamo raccolto i risultati. Dapprima cercammo di sfruttare la via telefonica, tramite una nostra socia che diede la sua piena disponibilità a chiamare capillarmente i nostri Soci, comunicando loro i prossimi impegni dell’Associazione. Successivamente, comprendendo la complessità del metodo, potenziammo il sistema di raccolta dati, creando una banca dati interna nella quale registravamo nominativo, RNA, indirizzo, telefono, mail e il numero di Cellulare di tutti gli iscritti. Ad oggi, questa banca dati raccoglie le informazioni degli iscritti dal 2011, con i riferimenti di oltre 800 soci che in questi anni sono transitati, o sono ancora iscritti, alla nostra Associazione. Grazie a questa banca dati implementata giorno dopo giorno, in occasione dell’organizzazione di eventi o appuntamenti per i nostri amici e soci, riusciamo a raggiungere tramite mail molti appassionati. Da qualche mese, l’ARO ha iniziato a sfruttare anche le potenzialità di whatsapp, tramite la creazione di un gruppo e di una lista broadcast che consente l’invio simultaneo di messaggi on-line a tutti i soci regolarmente iscritti ed, eventualmente, a coloro che ne hanno fatto richiesta. Alla squadra attuale di questo direttivo (per chi è interessato potete leggere i loro nominativi nella sezione www.aroroma.it/IlDirettivo.aspx del nostro sito), va riconosciuto un particolare impegno
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e ampia disponibilità. Una squadra sempre unita, presente, e una capace forza di lavoro, cosa che in una città come Roma è sempre difficile di riuscire a gestire. L’ARO non ha una sua sede fissa dove poter incontrare i soci; questo è uno dei primari problemi per un’Associazione costituita nella nostra città e resta una delle maggiori carenze associative e di aggregazione in una metropoli come Roma. L’ARO, per sopperire a queste difficoltà territoriali, ha beneficiato della collaborazione di alcune attività commerciali del settore (Pet shop specializzati), distribuite su tutto il territorio dell’area metropolitana, le quali, oltre a fungere da punto di incontro per gli appassionati, svolgono il ruolo di centri di raccolta delle iscrizioni e di distribuzione degli anelli ordinati. A questi negozianti va inoltre riconosciuta una incondizionata generosità che, tramite le offerte di loro prodotti, ci permette così di organizzare estrazioni a premi in favore dei nostri soci, in occasione di serate come questa. L’elenco dei negozi affiliati ARO potete
trovarlo nel nostro sito www.aroroma.it nella sezione “Negozi affiliati ARO”. Torniamo al nostro compleanno. La sera del 23 Giugno, nel centro sportivo che ci ha messo a disposizione una sala luminosa a bordo piscina, abbiamo iniziato la nostra festa del 65° anniversario. In occasione di questa serata, l’ARO ha voluto premiare tutti i suoi soci che si sono distinti partecipando all’ultimo Campionato Italiano. Il Direttivo aveva pensato inizialmente di premiare i Soci che avevano vinto il Campionato Italiano, ma poi, dopo una riflessione tra di noi, avevamo convenuto di dare un messaggio diverso: premiare tutti coloro che avevano “rappresentato la nostra Associazione al Campionato Italiano”. In fondo, i primi erano stati premiati per le loro capacità e per la loro qualità già dall’organizzazione del Campionato; noi, dunque, abbiamo voluto dare un significato diverso, premiando l’Allevatore, il Socio e la sua passione che porta a sostenere viaggi e sacrifici economici pur di partecipare al Campionato Italiano FOI. Nella serata sono stati, quindi, premiati nell’ordine: Beccarini Marcello, Bernardi Paolo Bonanni Mario, De Almeida Correa Ana Luisa, De Vita Alberto, Fontana Claudio, Gatto Antonino, Iannuccilli Gennaro, Intermite Francesco, Margiotta Luigi (scomparso nel corso del 2019), Parussolo Paolo, Ricci Marco, Satolli Mario e Zaccarin Silvano. Nell’immediato futuro, l’ARO, in collaborazione con 23 Associazioni dei raggruppamenti di Abruzzo e Molise, Marche e Umbria e del Lazio, sarà impegnata nell’organizzazione e realiz-
zazione del primo grande evento del territorio del centro Italia. L’evento denominato “Campionato Interregionale CUORE d’ITALIA” si terrà presso il Val Vibrata Shopping Center di Colonnella (TE) dal 7 al 10 novembre. Essendo un Interregionale al quale potranno partecipare solo i soci di queste regioni, siamo comunque certi che vedremo finalmente il coinvolgimento di molti allevatori dei nostri territori del Centro Italia, uniti da uno spirito competitivo ma sportivo, e convinti di poter dare con la loro presenza un segnale di svolta all’ornitologia del nostro territorio, non più alimentata da assurde ed improduttive gelosie e labili parole o pettegolezzi che, con la nostra filosofia che “guarda in alto”, abbiamo sempre lasciato cadere, ma spinta da uno spirito di unione determinato ad offrire a noi appassionati le soddisfazioni derivanti dalla partecipazione ad una competizione di ampio spettro per l’Italia centrale. A noi non piace vincere facile,
a noi interessa partecipare per trasformare una mostra in un EVENTO. Buon proseguimento a tutti, augurando anche ad altre associazioni della nostra
amata Federazione F.O.I. di raggiungere i 65 anni di attività come la nostra Associazione A.R.O. Continuiamo così e lavoriamo tutti per unire, non per dividere!
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DIDATTICA & CULTURA
Uccelli da conoscere e proteggere: l’Ibis eremita testo di ROBERTO BASSO, foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO e ALBERTO SALVETTI
D
ell’ordine dei Pelecaniformi e della famiglia Treschiornitidi, il nome Geronticus eremita deriva dal greco antico “γέρων” che significa “anziano nell’aspetto”. E’ specie oggi in pericolo critico di estinzione, un tempo diffusa in tutta l’Europa, ora relegata in Medioriente e nord Africa. Attualmente si è estinta nella quasi totalità dei suoi ambienti originari e in natura ne rimangono solo poche relitte colonie in Marocco, Siria e Turchia; in quest’ultima località la specie vive in semilibertà, con una densità numerica complessiva di 500/600 individui. In Marocco ebbi personalmente modo, nell’estate del 1991, di studiare a lungo una piccola colonia composta da 4 coppie, a nord di Agadir, in prossimità del lato destro della foce del fiume Asif N’srou. Tre di queste coppie avevano nidificato su una piccola
Uova di Ibis eremita
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parete a picco sul mare; mi resi subito conto dell’elevato disturbo che subivano dai pescatori locali che, a pochi metri sopra i nidi, lanciavano a mano con continuità frenetica le lenze verso il mare. Lenze che, quando venivano recuperate con i loro piombi o zavorre, urtavano contro la parete disturbando o urtando addirittura i soggetti intenti a covare (gli stessi erano posizionati su piccole e malformi cavità o cenge). Segnalai il fatto alle autorità competenti Oe Foree di Agadir,
Ebbi personalmente modo di studiare a lungo una piccola colonia composta da 4 coppie
Xilografia di Gessner datata 1555, ritenuta la prima illustrazione riferibile a questa specie
spiegando che era sufficiente scavare delle nicchie più ampie e sicure per impedire che uova e pulli cadessero rovinosamente in mare, un’eventualità che accadeva regolarmente, anche a causa di un elevato disturbo predatorio causato dai gabbiani reali. Rinvenni personalmente due pulli di Ibis eremita spiaggiati tra gli scogli e da poco annegati. Ebbi comunque modo di constatare un comportamento di opportunistica e pacifica convivenza tra i locali e questi uccelli: questi ultimi erano soliti cibarsi dei resti delle esche lasciate dai pescatori e delle interiora del pescato che veniva pulito sul posto. Vi era sempre qualche ibis che attendeva poco distante dai pescatori il momento opportuno per ripulire ogni avanzo. Sempre nei pressi della foce del fiume Asif N’srou giaceva da giorni la carcassa di un dromedario, dove ripetutamente gli ibis andavano a cibarsi di larve di mosche carnarie e altri insetti necrofagi. Ciò conferma che l’ibis eremita non
è mai stato oggetto di interesse predatorio da parte dell’uomo, né per il consumo delle sue carni (che a detta dai locali sono immangiabili), né da altre forme di persecuzione; anzi, gode di una certa sacralità e venerato rispetto. Parallelamente alle relitte colonie selvatiche in grado di procreare in natura, sono presenti in diversi Stati europei colonie con soggetti semi-selvatici per scopo riproduttivo e reintroduttivo, per un totale di circa 1000 esemplari. È una specie che in collettività si riproduce con una certa facilità. Per l’ennesima volta, l’attività di detenzione e riproduzione in ambiente controllato di una specie a rischio di estinzione sta dando un contributo determinante alla sua ricolonizzazione e consolidamento numerico. Nell’ultimo ventennio sono stati varati diversi progetti rivolti alla loro salvaguardia e reintroduzione in Austria, Spagna, Turchia e Marocco. In Italia, il massimo esperto di questa specie è stato l’ornitologo Fabio Perco, recentemente
Geroglifico religioso risalente all’antico Egitto, detto anche simbolo di Akh, che rappresenta un Ibis eremita
deceduto, che ha dedicato moltissimo tempo allo studio, reintroduzione e tutela di questa specie in Europa. Si pensi che la prima raffigurazione di questa specie risale al 1555, quando il
naturalista svizzero Conrad Gessner mostrò uno di questi uccelli nel bestiario Historiae Animaliumdandogli una curiosa definizione, ovvero Corvo sylvatico. Verrà poi nel 1758 classificato da Linneo nella
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Esemplare adulto di Geronticus eremita fotografato in località Caprino Veronese nel settembre 2018, foto Alberto Salvetti
sua prima edizione del Systema Naturae col nome di Upupa eremita. Ciò fu probabilmente dovuto al suo ciuffo di penne sul capo e al lungo becco ricurvo. I primi resti fossili ascrivibili a questa specie o altre consimili furono trovati in Spagna e risalgono alla fine del Pliocene – inizio del Pleistocene (1.8 milioni di anni fa). Altri resti risalenti al medio Pleistocene (900.000 anni fa) sono stati rinvenuti in Sicilia ma anche nel sud della Francia nell’Olocene (10.000 anni fa). Ciò a ulteriore dimostrazione di come in passato questa specie fosse ampiamente diffusa in tutti gli stati europei mediterranei,
inclusi Nord Africa e Medio Oriente. Vi è inoltre la certezza che alcune colonie fossero presenti anche in Svizzera, Austria e Germania. L’ibis eremita ha un’apertura alare di 120-130 cm, il suo peso corporeo può raggiungere 1,50 kg e i maschi adulti sono tendenzialmente più grandi delle femmine; la specie non presenta dimorfismo sessuale nel colore. Di abitudini gregarie, durante il giorno effettua erratismi più o meno ampi alla ricerca del cibo spostandosi in formazione a “V”, prediligendo ambienti stepposi, pascolati da ovini o bovini oppure zone coltivate e di bassa vegetazione
I NOSTRI LUTTI Il giorno 17 luglio ci ha lasciati il nostro caro Socio ed amico Stanzu’ Paolo, una persona fantastica oltre che un’eccellente allevatore. Paolo era uno di quegli uomini a cui, se chiedevi una mano, lui ti dava un braccio… sempre pronto a farsi avanti per dare una mano nella Mostra delle Alpi Occidentali ed in ogni situazione. Ho avuto il piacere e l’onore di conoscerlo quattro anni fa, quando mi iscrissi all’A.O.A. di Asti; la prima volta fu per prelevare delle piume per il sessaggio molecolare di un cardellino mayor. È superfluo dire il vuoto che ha lasciato nell’Associazione ma soprattutto in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. L’unico pensiero che ci fa sentire meno tristi è quello di pensarlo felice e spensierato con la sua immancabile sigaretta tra le labbra, a volare tra gli Angeli, come i suoi adorati cardellini. Ci manchi Paolo, da lassù veglia su di noi e suoi nostri pennuti. Arrivederci amico mio. Il C. Dir. A.O.A., i Soci e tutti i tuoi amici
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cespugliosa. Hanno una dieta alimentare varia e soprattutto animale, composta da piccoli rettili e insetti, in particolare tenebrioni, ma anche aracnidi e anellidi. L’ibis utilizza il suo lungo e robusto becco per scandagliare ogni piccola fessura del terreno e per capovolgere piccoli sassi e legnetti marcescenti. All’interno di ogni colonia sussiste una certa gerarchia ed anche predominio alimentare: i soggetti leader tendono a predare il cibo trovato da quelli più giovani o deboli. Raggiunge la maturità sessuale dopo il terzo anno di vita ed è rigorosamente monogamo. Specie piuttosto longeva, può superare i 25 anni di età ed è stato documentato in cattività un maschio vissuto fino ai 37 anni. Con l’avanzare dell’età, in entrambi i sessi si noterà un aumento della rugosità della pelle rossastra della testa e del collo. Anche il becco sarà sempre più massiccio e robusto. Il nido è costruito da entrambi i genitori ed è composto dalla sovrapposizione di rametti intrecciati; è foderato al suo interno con steli erbacei più morbidi e sottili. La femmina vi depone da 2 a 4 uova dalla superficie ruvida, inizialmente di colore azzurrino leggermente macchiettato di marroncino. Curioso è il fatto che, con l’avanzare dell’incubazione, la colorazione tenda ad assumere una tonalità bruno-giallastra. La cova è condotta, in alternanza, da entrambi i genitori e dura 24-25 giorni. In Italia è possibile osservare queste specie nel Centro di Fagagna (UD), nel Parco Faunistico Cappeller a Bassano (VI), nel Parco Natura Viva (VR) (e nell’Oasi di Sant’Alessio (PV) – NdR)
CRONACA
YorkshireeBrasile Esperienza di giudizio e di ospitalità testo e foto di GIUSEPPE PEPE
“B
uonasera, sono il presidente dello Yorkshire Canary Club do Brasil (YCCB) e vorrei invitarla a giudicare al nostro show”. Così cominciava il messaggio che trovai sul telefonino una fredda mattinata di marzo, prima di recarmi al lavoro. Mi scriveva in un buon italiano Bruno Pietroluongo, di origini italiane: i nonni erano emigrati in Sudamerica da un piccolo paese della provincia di Napoli. Ero nel pieno di una nuova stagione riproduttiva; da un lato gli impegni lavorativi, la famiglia, il tempo sempre troppo esiguo, dall’altro la voglia di una nuova esperienza, la cordialità, l’entusiasmo e le rassicurazioni di Bruno che ebbero la meglio, persuadendomi. In un caldo giovedì di fine giugno avevo ancora gli ultimi piccoli York da svezzare, gli ultimi di una stagione riproduttiva un po’ travagliata, ma ero sereno, li lasciavo in buone mani ad un caro amico ed ero pronto per volare in Brasile! Arriva puntuale il Malpensa Express che mi porta direttamente al terminal dell’aeroporto, per cominciare una breve ma intensa esperienza ornitologica nel paese del carnevale e della samba, di Paolo Coelho e di Ayrton Senna. Dopo controllo bagagli e passaporto, scalo a Lisbona e soprattutto tante ore di volo, finalmente alle luci dell’alba atterro a San Paolo del Brasile, grande metropoli con più di 11 milioni di abitanti, 20 milioni considerando l’intera area metropolitana. Ad accogliermi c’è Bruno, con un abbraccio come se ci conoscessimo da sempre; saliamo in auto e percorriamo circa 100 Km in direzione nord per raggiungere un piccolo centro dello stato di San Paolo,
Da sinistra: Paulo Viana, Giuseppe Pepe, Bruno Pietroluongo
Lo Yorkshire Canary Club è stato il primo club specialistico del Brasile, fondato nel 2009 e riconosciuto ufficialmente nel 2011 Itatiba. Qui il giorno seguente avrebbe avuto luogo l’unica ed attesa mostra nazionale dello York Club. Durante il tragitto si parla della nostra comune passione, si parla di York e dello Yorkshire Canary Club, di cui Bruno è stato il grande promotore e fondatore, come fu Gianfranco Carboni per il nostro Club nel lontano 1983. Lo Yorkshire Canary Club è stato il primo club specialistico del Brasile, fondato nel 2009 e riconosciuto ufficialmente nel 2011 ed è uno dei
pochi Club di specializzazione esistenti assieme a quello del Lizard, Razza spagnola, Fife fancy ed Arlecchino portoghese. Coinvolto in una piacevole conversazione, senza neanche accorgermi, arrivammo ad Itatiba. Mi colpirono i tanti distributori di benzina e bioetanolo, un combustibile per autotrazione molto utilizzato da quelle parti e prodotto dalla fermentazione della canna da zucchero. In quei giorni si festeggiava la solenne festività cristiana del Corpus Christi e la gran parte dei negozi era chiusa. L’albergo, neanche a farlo apposta, si chiamava “Pit Stop” e nel parcheggio ospitava una colonnina posticcia di benzina. Giusto il tempo di disfare il piccolo bagaglio, fare una doccia e ravvivare i pochi neuroni superstiti dalla lunga notte tra le nuvole atlantiche, che usciamo nuovamente per pranzare e conoscere gli altri allevatori ed appassionati di York.
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Il Brasile ha grandi distanze e gran parte degli allevatori provenivano da lontano. C’è chi aveva percorso con i propri uccelli 200 km, chi 600, chi 800 km ed oltre. Erano tutti orgogliosi di mostrarli ad amici e al mondo ornitologico, motivati dalla speranza di salire sul podio dei “Best”, in fondo tutti semplicemente mossi dal piacere di partecipare e stare insieme. Impossibile rinunciare alla feijoada, al churrasco, alla manioca, alla picanha e tutte le altre gustose specialità brasiliane, ma si fa tardi ed è ormai l’ora di fare un sopralluogo guidato della mostra. Ci rechiamo nella sede della Federazione ornitologica brasiliana (FOB), un enorme complesso, due ampi padiglioni, fortemente voluto dal vecchio presidente federale Luiz Fernando Facchini Beraldi, già pronto ad ospitare il campionato ornitologico brasiliano nel mese di luglio. Dopo una breve visita alla struttura, ci avviciniamo al settore riservato allo Yorkshire Canary Club. Gli ultimi allevatori stanno completando l’ingabbio; passo lentamente in rassegna i canarini alla spalliera e mi soffermo su un gruppo di melanici che mi sembrano particolarmente buoni. Capisco che canarini scadenti ce ne sarebbero stati ben pochi e che l’indomani ci sarebbe stato tanto da lavorare. Ho il piacere di conoscere Paulo Viana, viso sorridente, un ciclista di quelli veri del quale Bruno mi aveva già detto un gran bene e che in serata, nel corso della riunione del Club, sarebbe diventato il nuovo presidente. Mi soffermo sulle gabbie a cupola da York: “Che strane! Non le riconosco,
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sono diverse da quelle europee!”. Sono più o meno il doppio delle nostre, in metallo grigio chiaro con due piccoli occhielli e supporti alla base per inserire mangiatoie e beverini e tutte rigorosamente con griglie di fondo. Mi spiegano che questo modello di gabbie è stato realizzato per venire incontro alle esigenze di benessere animale ed alle richieste delle associazioni ambientaliste ed animaliste brasiliane. “Un bel problema”, pensai subito dentro di me. “Quando mai uno York andrà in posizione in quelle gabbie così grandi? Domani rischio di prendere un abbaglio, Dio solo sa cosa riuscirò a vedere…!”. Con questo dubbio amletico mi congedo dagli amici brasiliani per smaltire il viaggio e le cinque ore di fuso e piombo in un sonno profondo, 12 ore consecutive come non capitava da quando ero bambino. L’indomani alle 8,30 ero pronto per dare inizio alle operazioni di giudizio. In piedi di fronte al tavolo, ad altezza occhi, Gabbia da York brasiliana
cominciava a mostrarsi la silhouette dei primi Yorkshire. Gli allevatori dietro di me in trepidante attesa, i deboli raggi solari dell’inverno brasiliano ancora incapaci di scaldare la sala. Si comincia con la categoria Junior (giovani allevatori alle prime esperienze espositive), poco rappresentata e vinta dal giovane Ranieri Roberto Fraga. A seguire le categorie Master adulti maschi e femmine, vinte rispettivamente da Fernando Sanches Leite con uno splendido giallo pezzato intenso ed Helio Vieira da Silva con un altrettanto bella femmina verde. Nelle mostre dello YCC Brasiliano queste due ultime categorie sono ben rappresentate, a differenza dell’Italia, dove negli ultimi anni l’esposizione di soggetti adulti tende ad essere in numero sempre più risicato. In totale c’erano circa 300 York e man mano che procedevo nel giudizio non facevo più caso all’alloggio del canarino. Adattatomi alle nuove misure non percepivo più come un problema la differenza con le gabbie europee; i soggetti di buona fattura assumevano tranquillamente la tipica posizione a “guardia della regina”, circa 70 gradi rispetto al posatoio. I timori della vigilia erano ormai soppiantati dal desiderio profondo di ricercare la perfezione delle forme, la rotondità della testa, l’eleganza e la chiusura graduale del corpo, la sericità del piumaggio. Il tempo è trascorso passando in rassegna i soggetti e dedicando a ciascuno le attenzioni che meritava. Sollecitavo l’animale a ricomporre il piumaggio qualora fuori posto o al ripristino della posizione qualora ravvedessi un momento di stanchezza. Per ogni categoria mettevo in fila i sette migliori soggetti con giudizio a confronto ed al termine spiegavo ai presenti le ragioni delle mie scelte. Verso le 11 circa è cominciato il giudizio della categoria più attesa: Master, canarini novelli. Il giudizio delle categorie dei brinati chiari e dei verdi è stata una divertentissima sfida perché rappresentate da un cospicuo numero di soggetti interessanti. Finalmente verso le 15,30 dopo un duro lavoro selettivo si è arrivati alla proclamazione dei sette migliori canarini della mostra, semplicemente “I
BEST SEVEN” per chi è avvezzo a frequentare le mostre specialistiche dello York. Il settimo best era una canarina verde brinata con piumaggio molto compatto di Da Silva che si è piazzato anche con il secondo Best, una femmina pezzata brinata dall’ottimo blocco testa-pettospalle. Sesto è arrivato un bel bianco di Fernando Leite, quinto un giallo intenso compatto dalle lunghe gambe del presidente Paulo Viana. Quarta e terza sono arrivate due eleganti femmine verdi intense appartenenti alla stessa categoria, rispettivamente di Soares ed ancora Fernando Leite. Il miglior Yorkshire in gara, il Best in Show, è stato un elegantissimo maschio verde intenso, di taglia non eccezionale ma con un piumaggio compatto ed ottima posizione allevato da Malone. Terminato il giudizio, ci siamo spostati fuori dal locale mostra dove alcuni allevatori hanno preparato grandi quantità
Malone con il suo Best in show e Giuseppe Pepe
di churrasco (carne grigliata a pezzi) che abbiamo gustato senza limiti fino a tarda sera, accompagnandolo con birra o vino a seconda dei gusti. È stata una bellissima esperienza in compagnia di gente solare ed accogliente che alleva Yorkshire di buona qualità derivanti dai più selezionati ceppi italiani, inglesi e irlandesi. Lo Yorkshire è un canarino che ormai affascina allevatori di tutto il mondo; è
una razza che, se selezionata seguendo lo standard “Golding”, è una delizia per gli occhi, apprezzata anche da allevatori di altre razze. In Brasile, il merito di questa evoluzione selettiva, oltre che degli allevatori, è sicuramente da condividere con l’operato di giudici di spessore come Brian Keenan, che negli anni passati più volte ha apportato le proprie competenze di giudizio e distribuito preziosi consigli per favorire la diffusione e l’evoluzione dello Yorkshire. È stata un’esperienza breve ma intensa, che mi ha permesso di conoscere tanti nuovi amici, ha arricchito ulteriormente il bagaglio delle mie conoscenze e ha rafforzato il legame ormai viscerale che nutro per questa razza. Osservo le ali dell’aereo staccarsi da terra e puntare nuovamente verso l’Europa, in pochi minuti le nuvole oscurano le luci di questo meraviglioso continente caldo ed accogliente… Arrivederci, Brasile!
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S pazio Club
Club di Specializzazione
Club Diamante Codalunga incontro di approfondimento a Correggio
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Domenica 16 giugno 2019 il Club del Diamante Codalunga Italia è stato protagonista presso la sede della Società Ornitologica “La Fenice” a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Il nostro amico e socio, storico ed insostituibile del nostro Club, Daniele Zanichelli, ha organizzato, con il suo consiglio direttivo, un incontro di approfondimento e promozione del Diamante Codalunga. Questo è per il Club il secondo evento dell’anno, per noi molto importante, in collaborazione con la commissione tecnica nazionale EFI, che segue con grande interesse e sinergia il nostro lavoro di piccolo Club che ama lavorare con iniziative di approfondimento per allevatori e giudici appassionati/specialisti. La giornata torrida con clima equatoriale tipica dell’estate emiliana non ha scoraggiato i soci Lombardi e Marchigiani che sono arrivati puntuali all’appuntamento. La commissione tecnica EFI è stata rappresentata da Gabriele Ragni, referente nazionale per gli estrildidi, che ha relazionato sugli aggiornamenti in tema di delibere recenti e ha partecipato al giudizio collegiale degli esemplari che gli allevatori, soci del Club presenti, avevano portato per verificare l’attinenza agli standard sportivi dei soggetti allevati quest’anno; una emozionante anteprima della imminente stagione mostre, un piacevole ed essenziale momento d’interattività tra allevatori e giudici. L’intensa mattinata è iniziata con i saluti del Presidente Luca Bianchi e del Segretario Luca Maglia, ed è proseguita con la moderazione del sottoscritto (Gianluca Moroni) e con l’esposizione dei vecchi ed attuali standard del Diamante Codalunga, un viaggio di circa 2 decenni attraverso l’evoluzione del nostro amato esotico; è stata soprattutto l’occasione per puntualizzare la sua “salute sportiva” a livello Internazionale e analizzare quali possibilità di miglioramento e perfezionamento dello standard ci fossero. A livello selettivo/espositivo, si è raggiunto, con la sottospecie Hecky, nelle categorie classico, grigio e topazio, un livello notevolissimo, mentre nelle categorie bruno, ino e feomelanico c’è ancora molto da fare, con pochi allevatori motivati e/o di esperienza che con continuità riescono ad esporre soggetti eccellenti. Uno scarso livello di selezione qualitativo e quantitativo lo dobbiamo ravvisare anche nella selezione dei Diamanti Codalunga a becco giallo (acuticauda acuticauda), per i quali ancora non ci sono numeri e riferimenti per indirizzi selettivi chiari, tranne l’indicazione di avere il becco meravigliosamente GIALLO! E’ difficile pensare ad un avvenire radioso per un animale (codalunga a becco giallo) che al Campionato del Mondo vede esporre, quando va bene, un paio di soggetti tipici e magari pure dello stesso allevatore e senza stamm!
Saluti e presentazione dell’evento
I partecipanti: amici e soci del Club
S pazio Club scambio di opinioni durante il giudizio collegiale
Proseguendo, nel corso della giornata, sono state esposte anche le relazioni di alcuni giudici di riferimento, che non hanno potuto essere presenti all’incontro: Gianni Ficeti, presidente del collegio EFI e Sergio Lucarini, le cui relazioni hanno reso molto più interessante la mia esposizione, che ha toccato anche il tema delle combinazioni di mutazioni del Diamante Codalunga, con consigli selettivi e relative limitazioni nell’esposizione con le nuove delibere. In pratica, abbiamo sintetizzato il messaggio che nel Codalunga, per il momento, a differenza di quanto avviene per esempio nel Diamante Mandarino, lavorare sulle combinazioni di mutazioni è un percorso pieno di difficoltà e avaro di soddisfazioni, in quanto ancora devono essere ben compresi i comportamenti genetici dei soggetti che ora giudichiamo, ad esempio, come feomelanico e topazio, unitamente al fatto della reperibilità/dimostrabilità degli ino bruni. Inoltre, va considerato che ormai non esistono più soggetti ancestrali (classico hecky) omozigoti, cosa che determina un grave imbarazzo nell’analisi ed interpretazione dei risultati, con confusa sovrapposizione di mutazioni poco leggibile. La giornata trascorsa con impegno, interesse ed interattività da parte dei partecipanti, ha avuto un epilogo goliardico, tipico dell’accoglienza emiliana con un pranzo che ha riscosso il consenso dei commensali. I progetti del Club insisteranno nella direzione di aumentare il consenso e l’amore per l’allevamento del nostro amato Diamante Codalunga, ma soprattutto l’omogeneità dei criteri di giudizio della sottospecie hecky a livello Internazionale, senza la quale la competizione sportiva perderebbe quell’indispensabile carattere di oggettività che differenzia l’applicazione di uno standard uguale per tutti da un concorso artistico! A conclusione di questo riassunto della splendida giornata trascorsa, un grazie commosso a tutti i presenti vicini (Gabriele Ragni) e lontani (Carmelo Montagno Bozzone, Francesco Faggiano, Gianni Ficeti, Sergio Lucarini) che mi hanno aiutato a realizzare questa mattinata, felice oasi di spensieratezza, rubata al logorio della vita moderna. Vorrei spendere due parole per fissare alcuni concetti e programmi del Club del Diamante Codalunga che nel 2019, dopo alcuni incontri in Europa negli anni scorsi, ha intrapreso un tour italiano di conferenze di approfondimento sulla selezione del Diamante Codalunga. Siamo partiti da Prato di Correggio in provincia di Reggio Emilia e proseguiremo con Lanciano in Abruzzo (presso la mostra “Erythrura 2019” dal 25/9 al 29/9), un tempio del Diamante di Gould gestito mirabilmente dal caro Luciano Di Biase; si parlerà di mutazioni e di combinazioni. Per l’occasione, sono stati invitati tra i relatori giudici di grande competenza quali Gianni Ficeti, Sergio Lucarini e Francesco Faggiano. Sarà esposto un rarissimo soggetto ino grigio. Seguirà nei prossimi mesi analoga iniziativa anche in Sicilia, terra di tanti amici del Diamante Codalunga. GIANLUCA MORONI, foto: STEFANO TIRELLI
Club di specializzazione
Momenti del giudizio collegiale
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Attività F.O.I. Sintesi verbale del consiglio direttivo federale del 12-14 luglio 2019 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Candidature Campionato Italiano 2020: determinazioni Il CDF delibera l’assegnazione del Campionato Italiano 2020 al costituendo comitato di associazioni lombarde a formarsi fra le Associazioni: COD. 85 La Leonessa(BS) – COD.55 Bergamasca (BG) – COD.310 Lombarda (MI) – COD.183 Torrazzo (CR) – COD.451 Virgiliana (MN) – COD.88 Busto Arsizio (MI). L’evento avrà luogo nei locali dell’Ente Fiera di Montichiari (BS). Nel contempo il CDF esprime vivo compiacimento per le candidature pervenute da parte dell’AO Cesenate (Ente Fiera di Cesena Pievesestina) e da parte dell’Associazione Romana Ornicoltori e dell’associazione Pescarese Ornicoltori (Ente Fiera di Roma) che, salvo revoche, saranno sempre considerate attive e valutate nel prossimo anno. - Modifica integrativa dell’art. 11 del Regolamento Organico: proposte e determinazioni Sussistono voci circa la possibilità della fondazione in Italia di una nuova Federazione con scopi congruenti o similari a quelli della FOI e, comunque, interagente nel medesimo ambito di quest’ultima. Tale ipotetica iniziativa, lungi dall’essere determinata da effettive esigenze istituzionali, non sussistenti e non avvertite, si appaleserebbe scaturigine dell’azione scomposta e disordinata di vecchi e nuovi detrattori della FOI che potrebbero ritenere di far nascere la nuova Federazione per semplice gemmazione. Alla luce di tali considerazioni, in concomitanza con l’avvio della nuova campagna tesseramenti e nel preciso intento di evitare di incorrere nei medesimi inconvenienti nei quali la FOI è stata trascinata a causa di identiche iniziative intraprese nel recente passato, di poi rivelatesi fallimentari e prive di ogni fondamento, il CDF delibera la seguente modifica integrativa dell’art. 11 del Regolamento Organico secondo il seguente testo, adeguandolo altresì al nuovo Statuto approvato dall’Assemblea del 07/04/2019 in Chianciano Terme: “Gli iscritti alle Associazioni federate, oltre all’osservanza degli obblighi di carattere generale prescritti dall’articolo 13 dello Statuto, sono tenuti ad attenersi alle norme di cui al precedente articolo 9, lettere a) e c). Nel rispettoso ossequio dei principi sanciti dalla Costituzione Italiana in ordine alla libertà di associazionismo, i Soci allevatori, i Soci allevatori allievi ed i Soci di ogni altra tipologia delle Associazioni federate che richiedono liberamente di essere tesserati alla FOI hanno l’obbligo di esclusività e, pertanto, non possono tesserarsi ad altre Federazioni insistenti ed operanti sul territorio nazionale con scopi congruenti o similari a quelli della FOI e, comunque, interagenti nel medesimo ambito di quest’ultima. Per converso il tesserato ad altre Federazioni insistenti ed operanti sul territorio nazionale con scopi congruenti o similari a quelli della FOI e, comunque, interagenti nel medesimo ambito di quest’ultima non potrà essere tesserato alla FOI per il tramite di una delle Associazioni alla stessa federate. Il medesimo principio si applica anche alle Associazioni con riferimento alla libera scelta dell’affiliazione. La violazione di tale principio sarà sanzionato con l’espulsione. I Soci allevatori, i Soci allevatori allievi ed i Soci di ogni altra tipologia delle Associazioni federate devono inoltre
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astenersi dal partecipare a manifestazioni ornitologiche organizzate in contrasto con i Regolamenti della FOI”. Tale intervento modificativo si rende necessario al fine di evitare inutili e dannose ipotesi di sviamento degli allevatori che, in tal modo, saranno chiamati ad una scelta preventiva, libera, consapevole ed unitaria della propria adesione alla FOI o ad altra Federazione. Nell’ambito dell’ornitologia amatoriale nessun’altra Federazione è a tutt’oggi riconosciuta dalla COM se non la FOI ed il CDF si impegnerà ad evitare il riconoscimento di eventuali altre Federazioni, dapprima da parte della COM-Italia e successivamente da parte della COM e, comunque, in ogni sede. Quanto innanzi per affermare con forza il principio istituzionale della unicità della Federazione in ogni singolo settore nell’ambito di uno stesso Paese, principio che, laddove è stato violato, ha generato divisioni, inimicizie, contrarietà, sfaldamento e disgregazione del tessuto sociale. Chi ha la forza di assumere il comando, di prendere in mano le redini, lo potrà fare mediante gli strumenti della democrazia ovvero candidandosi in FOI e sottoponendosi al giudizio dell’elettorato e non mediante la ricerca di sotterfugi e di mulattiere impraticabili. Quest’ultimo sarebbe il sintomo della improponibilità delle facce, delle storie e delle condotte di tali personaggi in ambito FOI che, in caso di loro candidatura, verrebbero verosimilmente ricacciati nei meandri delle loro resipiscenze per le torbide condotte avute. Al fine di evitare possibili inconvenienti derivanti da indicazioni speculative e di convenienza provenienti da tali eventuali altre Federazioni, appare utile precisare, a tutela degli allevatori, che il mancato tesseramento alla FOI determinerebbe la indisponibilità degli anellini e, conseguentemente, la impossibilità di partecipazione alle mostre nazionali, alle mostre internazionali ed al Campionato Mondiale, in qualsiasi Nazione del mondo esso verrà svolto. - Resoconto incontro con Parise Il Presidente riferisce in Consiglio dell’incontro avuto con Giampaolo Parise, titolare della ditta Bitmax che fornisce alla Federazione i prodotti informatici per la gestione delle mostre. Alla riunione ha partecipato anche Roberto Garavaglia con particolare riferimento agli aspetti tecnici afferenti all’interfaccia tra i prodotti forniti dalla Bitmax e quelli acquisiti dalla Federazione su progetto della Dinamo Web srl. L’incontro, all’esito di ampio confronto ha avuto quale piacevole esito l’accordo sulla cessione del programma GEM alla FOI da parte di Parise a titolo sostanzialmente gratuito. Il relativo contratto verrà sottoscritto nel mese di settembre. Il Presidente ha altresì richiesto a Parise il concepimento di un profondo aggiornamento del predetto software che preveda la modifica del sistema operativo e la possibilità semplificata ed assolutamente autonoma di gestione da parte delle associazioni di ogni singola tipologia di mostra organizzata. Il nuovo programma verrà concepito in chiave di utilizzo esclusivo della Federazione che diventerà piena proprietaria del medesimo. La Bitmax rimarrà consulente esclusivo della FOI per l’implementazione e l’aggiornamento annuale del programma nonché per l’assistenza alle associazioni fruitrici in fase di utilizzo.
Attività F.O.I. - Resoconto incontro con la ditta Demerio Il Presidente ed il Segretario riferiscono in consiglio dell’incontro avuto con i rappresentanti della Demerio sas, Signori Marta ed Enrico Cena. La riunione si è strutturata su due direttrici, la prima relativa al miglioramento tecnico degli anelli e la seconda afferente al rapporto contrattuale attualmente in essere ed all’eventuale rinnovo del medesimo. L’incontro dal tono cordiale, collaborativo e gradevole si è sviluppato mediante una trattativa durata l’intero pomeriggio del 4 luglio u.s. ed ha preso origine dall’illustrazione del Presidente sull’attuale tenuta del rapporto contrattuale e sulle esigenze manifestate dagli allevatori italiani. Le richieste sono state opportunamente valutate dai rappresentanti della società durante una breve sospensione del colloquio. Le proposte avanzate dalla società fornitrice si sono quindi rivelate di estremo interesse sul piano tecnico mediante la proposta di una nuova tipologia di anellino, attualmente ancora non commercializzabile in quanto sottoposta ad approfondite verifiche empiriche. Anche sul piano economico la proposta della Demerio sas ha tenuto conto dell’ormai antico e consolidato sinallagma in essere con la Federazione. Quest’ultima si è sviluppata sulla possibilità di estendere il contratto fino al 2025, comportando la neutralizzazione dell’aumento previsto già per il prossimo anno e la previsione di nessun aumento fino alla nuova scadenza contrattuale. Sono stati previsti dei lievissimi ritocchi al costo degli anelli appartenenti a quelle tipologie di modesta diffusione, aumento che verrà assorbito dal CDF. L’operazione così come illustrata può essere definita e considerata un vero e proprio successo contrattuale, sino ad oggi mai realizzato, che consentirà alla FOI di mantenere inalterato il costo degli anelli per i propri tesserati fino al 2025. Eventuali modifiche dei costi saranno previsti unicamente in caso di aumento dell’IVA. Il CDF accetta pertanto la proposta ed autorizza il Presidente a sottoscrivere il nuovo contratto nei termini di cui innanzi. - Varie ed eventuali Il CDF concede alle associazioni di Vicenza e Arzignano un contributo pari ad euro 2.000,00 per l’organizzazione e la tenuta della mostra scambio di fine estate prevista per il 29 settembre p.v. presso la Margraf spa di Gambellara. La concessione del contributo è condizionata alla disponibilità gratuita di tavoli per la mostra scambio per tutti gli allevatori richiedenti iscritti alla FOI nonché all’ingresso gratuito per tutti i tesserati FOI. Le associazioni organizzatrici faranno pervenire in Segreteria Federale un resoconto delle spese effettuate nonché un articolo corredato da rilievi fotografici dell’evento da pubblicare su Italia Ornitologia. Il Presidente rimette al nominato coordinatore dei convogliatori per il prossimo Campionato Mondiale di Matosinhos, l’elenco delle persone disponibili a prenderne parte onde consentirgli un’attenta disamina e formulare una proposta circa la definitiva composizione dello staff. All’esito il Presidente assumerà determinazioni autorizzative. Il CDF concede all’associazione ornitologica Paganese un contributo pari ad euro 300,00 per l’organizzazione dell’incontro tecnico sul canarino Opale da tenersi in data 6 ottobre 2019 presso il centro sociale di Pagani. Il CDF esamina il contenuto della mail pervenuta dal Presidente del Raggruppamento Emilia Romagna in data 12 giugno 2019 ed in particolare
il capitolo finale intitolato “CONSIDERAZIONI”. Osserva che le affermazioni contenute nel punto 5 del capitolo medesimo si appalesano assolutamente non omologhe rispetto agli indirizzi generali di governo dell’attuale CDF che ha lavorato senza sosta al fine di modificare ed adeguare i Regolamenti nello specifico intento di conferire a tutti gli agenti federali medesimi diritti ed uguali doveri. Si può conseguentemente affermare che le considerazioni del CDR in ordine alla presunta esistenza di associazioni di serie A ed associazioni di serie B non appartengono al bagaglio istituzionale di questo CDF e sono per contro abiurate dal medesimo. Il CDF delibera la concessione di un contributo straordinario al Raggruppamento Ornitologico Laziale pari ad euro 300,00 ed un contributo straordinario al Raggruppamento Ornicoltori Siciliani pari ad euro 500,00 per l’attività di coordinamento dei convogliamenti. Il CDF, nell’esaminare la richiesta di deroga all’art 3 del RGM avanzata dall’associazione Salentina di Lecce, osserva quanto segue. Preliminarmente si fa rispettosamente rilevare che la stessa perviene in notevole ritardo rispetto al tempo utile per poterne discutere nella sede competente. Difatti delle deroghe si ebbe a discutere in seno all’assemblea dei presidenti di Raggruppamento tenutasi a Chianciano terme in 6 aprile 2019. In quella sede furono stabiliti dei principi ed assunte determinazioni sulle richieste pervenute a quella data. Successivamente il CDF non ha più assunto decisioni in ordine a quelle pervenute dopo tale data. In ogni caso nel merito della richiesta avanzata dall’AOS di Lecce si ritiene che la stessa sia totalmente non accoglibile in considerazione del fatto che contiene richieste di mostre specialistiche per intere sezioni, logica quest’ultima che lungi dal contribuire al perfezionamento specialistico, determina per contro una significativa generalizzazione. Nella forma concedere la richiesta di deroga avanzata dall’AOS significherebbe determinare una disparità di trattamento assolutamente non rientrante nei parametri valutativi di questo CDF. La richiesta non può quindi che essere denegata. Il CDF esamina la richiesta di deroga all’art. 3 RGM pervenuta dalle associazioni di Pescara, di Teramo, dell’Aquila e di Chieti osservando quanto segue: • le specialistiche del club Gloster, dell’Agapornis e del Neophema non evidenziano problematiche. Le specialistiche di associazione sull’arricciato del Nord e sul Fiorino, essendo presenti i rispettivi club di specializzazione, questi ultimi andranno consultati onde verificarne preventivamente la disponibilità organizzativa. La specialistica di associazione su Quaglie e Colini, non essendo presenti club di specializzazione, non evidenzia problematiche. La specialistica internazionale di associazione degli Ondulati, prevedendo la collaborazione con il corrispondente club, non evidenzia problematiche. Per quanto afferisce la specialistica di associazione degli altri psittacidi va applicato il principio secondo il quale essendo tutti gli psittaciformi appartenenti al medesimo ordine, è possibile ingabbiare anche le restanti tipologie. Il CDF indice il progetto “Storia e divulgazione”. Tale iniziativa intende valorizzare le fonti storiche della Federazione mediante il coinvolgimento delle Associazioni e dei tesserati più anziani di iscrizione. Nel contempo un significativo sforzo va previsto per i contenuti divulgativi dell’azione federale sui quali il CDF ritiene di dover inserire il trofeo “CIRMI”, appunto dedicato
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Attività F.O.I. ad un Presidente che ha impiegato gran parte della sua vita alla divulgazione della ornitologia amatoriale. Entrambe le sezioni progettuali saranno rivolte alle Associazioni. Con riferimento agli elementi storici le stesse riceveranno dalla FOI dei diplomi di riconoscimento per i tesserati più anziani. La consegna dei diplomi avrà carattere solenne ed avverrà durante l’assemblea Generale. Per ciò che riguarda il settore dedicato alla divulgazione le Associazioni sono chiamate ad attivarsi ed a mettere in campo attività di concreto impatto da rivolgersi alle generazioni più giovani nello specifico tentativo di appassionarle al nostro mondo. La FOI, riscontrata la validità delle attività da porre in essere, potrà erogare
contributi economici già debitamente appostati nel bilancio di previsione. L’Associazione che si sarà maggiormente distinta nella realizzazione dell’iniziativa, quella che avrà sviluppato il progetto più originale, quella che ne avrà data pubblica comunicazione mediante articoli su I.O. verrà insignita del trofeo Cirmi. Si ritiene che le azioni divulgative da programmare su basi annuale debbano essere diverse, sia per numero che per argomento ed essere applicate a tipologie di persone quanto più variegate possibile. Quelli innanzi riferiti saranno gli indicatori sui quali il CDF appunterà la propria attenzione per la scelta dell’Associazione alla quale verrà consegnato il Trofeo Cirmi.
Incontro con organizzatori Campionato Interregionale “Cuore d’Italia” Domenica 1° Settembre si è svolta a Pescara la riunione generale tra gli organizzatori del Campionato Interregionale, denominato “Cuore d’Italia”, che si terrà nel prossimo mese di Novembre, in terra d’Abruzzo, nella città di Colonnella, a cura di tre Raggruppamenti: Lazio, Abruzzo-Molise e Marche-Umbria, rappresentati dai loro rispettivi Presidenti, Rosamelia Blasi, Domenico Maione e Massimo Sabba, nonché dai Presidenti, o loro delegati, di ben 23 associazioni aderenti al progetto. Alla riunione ha presenziato anche il Presidente FOI Antonio Sposito, invitato per l’occasione dal Comitato organizzatore, e il Consigliere federale Gennaro Iannuccilli. Al termine dei lavori, il Presidente FOI Sposito ha voluto esprimere il proprio entusiasmo riguardo a questo “gruppo” che si è costituito nel Centro Italia, auspicando che esso possa continuare in futuro a realizzare progetti sempre
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più ambiziosi, fino all’organizzazione di un Campionato Italiano che non viene svolto in questo territorio da oltre 20 anni. Il modello collaborativo che si sta realizzando dovrà essere da esempio per altre realtà d’Italia: la frammentazione delle energie e delle risorse non consentirà di superare le sfide che ci attendono nel prossimo futuro. Nell’occasione, il Presidente Sposito ha risposto ad alcune domande dei presenti ed ha anticipato alcune novità, tra cui la nuova manifattura degli anelli, di cui è stata presentata una campionatura che costituisce un prototipo in via di sperimentazione. A breve verrà emanato un comunicato che informerà gli allevatori al riguardo. L’incontro tra tutti i partecipanti ha costituito un momento di forte condivisione, utile per cementare un sodalizio che ha aperto una nuova strada nell’ornitologia del centro Italia, proiettandosi nel futuro senza porre limiti.