Italia Ornitologica, numero 10 2023

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ANNO XLIX numero 10 2023

Estrildidi Fringillidi e Ibridi Panurus biarmicus le ragioni di un successo

Canarini di Forma e Posizione Lisci Canarino “Bossu belga” note informative

L’utilizzo dei probiotici

Veterinario Didattica & Cultura Considerazioni sul piumaggio Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

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In copertina: Basettino (Panurus biarmicus)

Foto e allevamento: DOMENICO CAUTILLO

XLIX NUMERO 10 2023 sommario Cultura generale Giovanni Canali 3 Panurus biarmicus le ragioni di un successo - 1ª parte Piercarlo Rossi 5 Canarino “Bossu belga” note informative C.T.N. - C.F.P.L. 9 Caldo, nascite inaspettate e sincronizzazioni dei riproduttori Rafael Zamora Padrón 11 Cardellino Damasco Francesco Improta 15 L’utilizzo dei probiotici nella pratica d’allevamento Gianluca Todisco 19 Photo Show Le foto scattate dagli allevatori 21 Considerazioni sul piumaggio Giovanni Canali 25 Gli Aironi Ivano Mortaruolo 31 Meeting Benacus Pietro Peluso 35 Spazio Club Club del Fiorino 36 Il Prispolone (Anthus trivialis) Dino Tessariol 39 OrniFlash News al volo dal web e non solo 42 L’erba del buon umore Alessandro Lezzi 44 Volontariato - progetti ed eventi Giuseppe Albergo 46 Identità distinte Pasquale Leone 47 Una nuova realtà ornitologica alle falde del Vesuvio Federico Vinattieri 49 Pagina aperta Argomenti a tema 53 La senape selvatica (Sinapis arvensis) Pierluigi Mengacci 57 I nostri lutti 63 Sintesi verbale CDF del 16 e 17 giugno 2023 64 Estrildidi Fringillidi e Ibridi Canarini di Forma e Posizione Lisci Ondulati ed altri Psittaciformi Didattica & Cultura 5 9 11 25 Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 10 - 2023 è stato licenziato per la stampa il 30/9/2023
ANNO

Cultura generale

Ritengo che quasi tutti gli allevatori di uccellini domestici, siano sensibili anche ai temi riguardanti tutti gli animali ed alla natura in genere; il quasi l’ho usato per prudenza. In effetti, non credo di ricordare alcun allevatore che fosse indifferente ai suddetti temi. A questo proposito mi torna alla mente una lontanissima ma bellissima esperienza. Molti anni or sono, ma parliamo pure di qualche decennio, partecipai ad una riunione nei pressi di Bologna, mi pare che fosse una scuola d’agraria. Non ricordo chi fosse l’ente organizzatore, ma l’anfitrione era il prof. Lombardini, il luogo era veramente bello e stimolante. Io ero in compagnia di un compianto amico parmigiano, Paolo Franzosi, il quale fece un’osservazione che condivisi. I partecipanti erano eterogenei, ma comunque allevatori e quando scendevano dalle auto, si guardavano attorno e poi osservavano: le coltivazioni come giardino e campi, la stalla, i polli, magari con qualche commento, più o meno simile e con qualche evidente interesse. Il mio amico disse una frase che suonava più o meno così: “siamo tutti uguali” con qualche ulteriore aggiunta; io condivisi, mi veniva anche alla mente il mio comportamento in campagna del tutto analogo. Ricordo l’acco-

glienza deferente riservata al compianto dr. Catapano, gentiluomo autentico e tecnico autentico, che stimavo e che mi avrebbe in altre occasioni gratificato di valutazioni molto positive; evidentemente lui, data anche la sua statura culturale, era immune dall’invidia che mi ha disturbato in seguito da parte di altri. C’erano anche altri relatori ma non li ricordo tutti, certo il prof. De Baseggio uno degli autori più prolifici. Durante la riunione l’attenzione era alta, del resto l’interesse dei partecipanti era logico che ci fosse, sia culturale che soprattutto pratico. L’unica nota stonata che ricordo e che ho spesso rivisto in seguito da parte di alcuni, ma pochi in quell’occasione, era data dal fatto che argomenti molto impegnativi venivano snobbati, quasi che fossero marginali, poiché presupponevano qualche nozione scientifica.

Questo aspetto è delicato. In diverse occasioni ho notato che l’interesse dei vari allevatori per i metodi di allevamento è molto alto; purtroppo però, sembra che alcuni cerchino soluzioni facili senza volersi impegnare troppo. Ricordo anche le parole di un grande studioso di cui preferisco omettere il nome, visto che era a livello almeno parziale di battuta, secondo il quale certi allevatori si in-

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Editoriale

formavano ma cercavano solo il pastoncino magico che non facesse morire i canarini, rifiutando veri approfondimenti.

Questo è un problema; alcuni allevatori encomiabili, conoscendo i propri limiti culturali, si informano bene presso professionisti qualificati (veterinari, biologi o anche tecnici dilettanti ma veramente preparati), altri si fidano delle chiacchere di allevatori, magari vincenti ma di limitata cultura, che non sempre sanno giustificare razionalmente i loro risultati. I miti infondati imperversano nel nostro ambiente, come purtroppo anche in altri molto più importanti. Avrei un’antologia di miti infondati, ma preferisco andare oltre, del resto ne ho già parlato molto in diverse sedi e preferisco non andare sul tecnico spinto in questo scritto. La frase storica secondo la quale: “una menzogna ripetuta all’infinito diventa la verità” è attribuita al dr. Goebbels ministro della propaganda nazista. Io per altri scopi e motivi, ne uso una simile: “un concetto semplice ripetuto più volte, specie se da personaggi carismatici, è recepito come esatto, anche se gravemente errato”, questo per sollecitare la diffidenza e la verifica. Dall’estero, causa la nostra perniciosa esterofilia, abbiamo importato errori o meglio sfondoni imbarazzanti. Tuttavia non bisogna cadere nel difetto inverso, vale a dire l’esterofobia; a volte siamo stati noi a sbagliare ed all’estero a capire giusto: è il caso della mutazione topazio, disconosciuta nella patria italiana, ma capita all’estero e che poi abbiamo dovuto reimportare. Una questione di genetica; in Italia i tecnici di allora non conoscevano il fenomeno degli alleli multipli. Sempre fondamentale la genetica.

A livello di media, da alcuni si dice che per essere capiti da tutti o quasi tutti, bisogna esprimersi come se si parlasse con un bambino di 13 anni. Spero che sia una valutazione eccessiva, certo però il livellamento si può fare solo verso il basso. Quando poi si parla di argomenti tecnici e soprattutto scientifici, divulgare è molto difficile ed impegnativo, con il rischio di non essere capiti o di banalizzare per cercare di esserlo.

Quello che mi pare essere certo è l’ampio interesse degli allevatori per i temi connessi, quali quelli di cui parlavo sopra. Da qui l’opportunità, per non dire necessità di non dimenticare argomenti affini, diciamo non strettamene legati all’allevamento degli uccellini. Non a caso io apprezzo molto articoli sulle piante, come quelli di Mengacci o sull’arte, come quelli di Mortaruolo. Del resto le piante, o più spesso i semi ed i frutti, sono spesso appetite dagli uccellini, inoltre gli uccellini appaiono nelle opere d’arte, che consentono anche uno sguardo alla storia dell’allevamento.

Oggi dobbiamo avere anche qualche nozione di diritto, visto che leggi e regolamenti, sia nazionali che regionali ci riguardano molto, forse anche troppo.

Sugli argomenti affini c’è senz’altro l’allevamento anche di specie non appartenenti alla classe Uccelli. Certe metodologie possono essere comuni.

Oggi poi si parla molto di ecologia, talora anche in modo ideologico discutibile; in ogni caso, l’ecologia ha il suo valore importantissimo non soltanto per l’ambiente in generale ma anche per l’allevamento. Conoscere le abitudini e le funzioni delle varie specie in natura, può dare spunti importantissimi anche per l’allevamento. Tanto per dirne una: sapere che gli uccelli coloniali, come il pappagallino ondulato, devono vedersi per andare in estro riproduttivo è fondamentale, mentre è opportuno sapere che quelli territoriali come il canarino è meglio che non si vedano.

Non è facile distinguere bene gli argomenti strettamente connessi con l’allevamento degli uccellini e quelli affini, visto che talora ci sono aspetti difficilmente assegnabili; poco importa, è bene non omettere nulla.

Non omettere consente anche di soddisfare diverse curiosità, ed anche questo è opportuno.

Certamente importantissimo è non sottovalutare gli studi comparati. Personalmente mi sono stati utilissimi e mi hanno consentito di dare spiegazioni altrimenti ardue.

L’esempio maggiore è quello dei geni modificatori studiati nel ratto ed in altri mammiferi che mi hanno consentito di dare diverse spiegazioni, come quella dell’effetto ali grigie, che gli autori non riuscivano ad inquadrare correttamente, definendolo talora un rompicapo.

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Panurus biarmicus le ragioni di un successo

Prima parte

Il grandissimo campione del ciclismo del passato, Francesco Moser, sostiene che “le sfide sono il sale della vita” ed io credo che questa sia una grande verità applicabile a tutti i campi, anche quello ornitologico. A conferma di tutto ciò, girovagando per le mostre, ogni anno, ci si rende conto di quanta verità vi sia in quell’affermazione, anche se negli ultimi tempi si è un po’ perso di vista il lato amatoriale del nostro hobby. Mi spiego meglio: un tempo si cercava anno dopo anno di alzare l’asticella e non si doveva essere obbligatoriamente dei grandissimi allevatori per puntare a tutto questo; infatti, anche chi con semplicemente 3/4 coppiette, arrangiate alla meglio, sperimentava anno dopo anno la fertilità dei vari F1 realizzati magari con i vari generi (Serinus oggi Crithagra, Carduelis, Carpodacus etc. etc.). Sarei curioso di sapere quanti allevatori ancora lo fanno; inoltre, si “azzardava” molto di più anche nella nobile arte dell’ibridazione e questo ci ha permesso di poter ammirare ibridi fantastici.

A mio modesto parere, questi erano i veri appassionati, figura sempre più rara ai giorni nostri, dove siamo tutti alla ricerca costante dell’ultima mutazione nel tentativo di realizzare un numero importante di soggetti affetti da tale mutazione.

A conferma di quanto appena scritto, nel 2023 siamo ancora in attesa del primo ibrido con il frosone e qualche

fringillide nostrano, o di qualche ibrido inedito con la peppola. Forse sono le conseguenze dei tempi

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Maschio di Basettino, foto e all.: D. Cautillo

che passano, e che un po’ mi mancano, ma abbandoniamo la nostalgia e concentriamoci sul protagonista del nostro articolo.

Le specie insettivore hanno sicuramente un grande fascino ma anche molti vincoli: occorre azzeccare un regime alimentare adeguato e garantire spazi di mantenimento importanti, che ne limitano di molto l’allevamento in ambiente controllato. Fortunatamente, ogni anno diversi allevatori fanno proprio il motto del grande Moser cercando di alzare l’asticella e di intraprendere nuove strade, anche se tortuose. Tra le varie specie “dal becco fine”, una delle mie preferite è senza om-

bra di dubbio il Basettino (Panurus biarmicus) a cui avevo già dedicato un articolo in passato.

Da allora diversi allevatori italiani si sono cimentati nella ricerca del successo riproduttivo di questa affascinante specie, con risultati lusinghieri.

Breve descrizione

Il Basettino (Panurus biarmicus), unico rappresentante del suo genere, è presente principalmente nelle zone acquitrinose composte in prevalenza da fitti canneti di Phragmites australis, con cui questa specie sembra vivere in simbiosi.

Il Brandolini, autore del libro ‘Gli uccelli del museo Brandolini’, afferma che si rinviene tra i più folti canneti,

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Maschio in cova, foto e all.: D. Cautillo Maschio di Basettino, foto e all.: D. Cautillo
Le specie insettivore hanno un grande fascino ma anche molti vincoli: occorre azzeccare un regime alimentare adeguato e garantire spazi di mantenimento importanti
Maschio in voliera, foto: D. Cautillo Uovo, foto e all.: D. Cautillo

ma non sta nascosto come altri uccellini di canna, bensì all’avvicinarsi dell’uomo si affaccia alle radure e guarda incuriosito, emettendo quella

inconfondibile nota di richiamo soave e dolcissima.

Presenta una lunghezza di circa 16,5 cm, della quale metà è da attribuire

alla coda, con un’apertura alare di 1618 cm ed un peso di 12-18 gr. È diffuso in Europa meridionale, Nordafrica e Asia centrale.

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Pulli in attesa dell'imbeccata, foto: D. Cautillo Pulli, foto e all.: D. Cautillo

L’areale della popolazione italiana è di piccole dimensioni, ma la specie è presente in più di 10 località. Le maggiori presenze si registrano nelle zone umide costiere dell’alto Adriatico fino a Ferrara e Ravenna; è presente come nidificante anche nei laghi di Chiusi, Montepulciano, Trasimeno e in poche altre zone umide minori di Umbria, Toscana e provincia di Foggia, Il numero di individui maturi è stimato in 1180-1720 nel periodo 2003-2006 e risulta in decremento. Dalla metà degli anni ‘80 si è avuto un declino del 78-85% (4000 coppie stimate nella

metà degli anni ‘80 e 590-860 coppie stimate per il periodo 2003-2006). Assumendo che questo tasso di decremento sia stato costante nel ventennio considerato, si può ritenere che in 10 anni (corrispondenti a circa tre generazioni per questa specie), la popolazione di Basettino sia diminuita di almeno il 50%. La popolazione italiana viene dunque classificata in pericolo (EN) a causa del forte declino. Sebbene la specie si trovi in uno stato definito sicuro in Europa (BirdLife International, 2004), non ci sono evidenze di immigrazione da fuori regione; per-

tanto, la valutazione fatta per la popolazione italiana rimane invariata. Tra le principali cause, la perdita di habitat idoneo (canneti) e la presenza di Myocastor coypus (nutria) che a causa della sua grande voracità danneggia zone acquitrinose; ad essa sono attribuiti diversi danni ambientali, soprattutto in aree agricole di pianura, tra i quali emerge l’erosione delle sponde dei canali e l’indebolimento della tenuta degli argini a causa delle gallerie scavate.

È un uccello attraente, con il maschio di un ricco colore fulvo con ali bianche e nere e una testa azzurra. Da entrambi i lati del suo becco pendono i magnifici “baffi cerati” da uomo vittoriano.

Il dimorfismo sessuale è molto evidente: già nei soggetti con piumaggio da immaturo, la femmina presenta livrea più spenta uniforme e senza mustacchi. Si ciba di insetti e loro larve, molluschi, gasteropodi, aracnidi e, in autunno e inverno, semi di cannuccia di palude, tifa, salice e varie specie di Ciperaceae

Segue sul prossimo numero

Per quanto concerne l’alimentazione, riportiamo la parte di un articolo sul Basettino, a firma G. Canali e G. Ferrari, pubblicato su I.O. n° 2/2017: “L’importante testo “Gli uccelli. Dizionario illustrato dell’avifauna italiana”, (Editoriale Olimpia s.p.a., Firenze, 1986, con la direzione scientifica di Sergio Frugis), dà una notizia di interesse notevole sulla dieta del Basettino: il fatto che durante l’inverno si cibi prevalentemente di semi, mentre nella bella stagione si nutre di insetti, comporta modifiche nello stomaco muscolare; la parete forma delle zone inspessite che, con l’aiuto dei sassolini ingeriti, consentono di triturare e digerire i semi, soprattutto di cannuccia. L’insigne ornitologo dr. Alamanno Capecchi riferisce che la scagliola viene ingerita intera, senza cioè scartare la cariosside come fanno molti uccelli granivori, specialmente di piccola taglia (fringillidi, estrildidi ecc.).”

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Pulli pronti all'involo, foto e all.: D. Cautillo Primi passi in voliera, foto e all.: D. Cautillo

Canarino “Bossu belga” note informative

testo e immagini della Commissione Tecnica Canarini di Forma e Posizione Lisci

Sappiamo tutti che nei Canarini di Forma e Posizione Lisci la razza Bossu Belga, appartenente ai CFPL di taglia pesante, ha raggiunto in ambito sia nazionale che internazionale un livello di altissima

qualità anche grazie all’impegno degli allevatori che, nello sforzo di migliorare la razza e spingere la selezione, presentano alle mostre un numero sempre maggiore di soggetti.

Nel 2021, in occasione del congresso COM/OMJ svoltosi a Istanbul (Turchia), è passata una proposta che, condivisa anche dalla CTN, è stata votata dal nostro delegato italiano presente, il Giudice internazionale Anto-

NUMERO 10 -2023 9 CANARINIDI FORMAE POSIZIONE LISCI
Nuova scala valori F.O.I.Nuova scala valori C.O.M.

Da una lunga e competente selezione soggetti di grande qualità e dalle eccezionali doti riproduttive

nio Passeri.

Le modifiche apportate alla scala valori sono state le seguenti: La voce Testa/Collo passa dagli attuali 12 punti a 15 punti.

La voce Piumaggio passa dagli attuali 8 punti a 10 punti.

I 5 punti aggiunti alle voci sopra indicate sono stati ottenuti accorpando le voci Piumaggio e Coda in un’unica voce, a cui sono stati attribuiti 10 punti.

BRUGHERIO (MB)

Tel. 347.0784494

La CTN/CFPL, condividendo quanto fatto a Istanbul, ha fatto propria la proposta ed ha chiesto agli Organi Nazionali preposti la modifica della scala valori così da allinearla a quella COM. Questa scelta, accrescendo il peso delle voci Testa/Collo e Piumaggio, migliorerà sicuramente la qualità dei soggetti esposti, a tutto vantaggio di questa splendida Razza diventata orgoglio anche dell’ornitologia italiana.

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Bossu belga giallo brinato, all. FrancescoSperanza
LUCHERINO DORSO NERO “COLUMBIA” (Carduelispsaltria)
TERUZZI

Caldo, nascite inaspettate e sincronizzazioni dei riproduttori

In questo momento a Tenerife si sono verificati degli incendi nella zona centrale e alta dell’isola che

hanno provocato dense masse di fumo e ceneri, modificando l’atmosfera per diversi giorni. Abbiamo percepito la preoccupazione di tutto il mondo, mostrando interesse verso i nostri animali e il team dei nostri collaboratori. Ne siamo molto grati e rassicuriamo tutti anche sul fatto che le nostre strutture si trovano in zone

NUMERO 10 -2023 11 ONDULATIEDALTRI PSITTACIFORMI
testo di RAFAEL ZAMORA PADRÓN (*), foto MOISÉS PÉREZ (LPF), A. AZCARATE (LPF) e RAFAEL ZAMORA PADRÓN (*)Direttore Scientifico Fondazione Loro Parque Incendi in Tenerife, foto: M Perez LPF
A Tenerife si sono verificati incendi
nelle zone medie e alte dell’isola

vicine al mare, con l’influenza della brezza marina che permette una migliore sensazione difronte alle alte temperature. Le nostre strutture per animali, inoltre, sono dotate di coperture adeguate affinché gli stessi abbiano sempre ombra a piacimento; ogni recinto è dotato di un sistema di irrigazione che produce una piog-

gia artificiale che pulisce l’ambiente e rinfresca l’impianto quando necessario. Tutto ciò consente agli animali di essere in buone condizioni e, alle specie interessate, di consentire il normale svolgimento della stagione riproduttiva.

I cambiamenti climatici annuali hanno un effetto diretto sulla maggior parte dei pappagalli. È vero, tuttavia, che molte coppie funzionano come un orologio, deponendo le uova ogni anno quasi negli stessi giorni. Quando si lavora con uccelli di questo tipo, la previsione consente al custode di avere un controllo migliore sui bisogni della coppia. Ciò si traduce in un esito più positivo riguardo la nascita dei pulli alla fine della stagione riproduttiva. Ma questa non è una cosa che funziona matematicamente, a maggior ragione quando si hanno uccelli di sangue diverso, provenienti da centri di allevamento lontani, con diverse condizioni ambientali e adattati a situazioni differenti. Infatti, una delle grandi sfide per un centro di allevamento è sincronizzare bene i componenti di una coppia. La cosa diventa ancora più complessa quando si parla di uccelli che raggiungono la maturità sessuale dopo i quattro o i sei anni di età.

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Pioggia artificiale nelle voliere, foto: Rafael Zamora LPF Fenicotteri cileni - Phoenicopteruschilensis, foto: A. Azcarate LPF Pullo a 32 giorni di Lori nero - Chalcopsittaatra, foto: M Perez LPF
Le nostre strutture sono dotate di coperture adeguate affinché gli animali abbiano sempre ombra a piacimento

La discussione più frequente tra gli allevatori riguarda l’anno in corso e i risultati delle uova fertili o non fertili. Questo perché c’è una notevole differenza tra gli anni che iniziano con un clima mite e quelli che iniziano con condizioni meteorologiche avverse. Tuttavia, deve essere preso in considerazione l’aspetto della stimolazione tra gli esemplari che gioca un ruolo importante nella selezione. Non è raro che, anche dopo la fine della stagione riproduttiva, una coppia ci sorprenda facendo incubare, anche di nascosto, senza che ce ne accorgiamo, una covata “fuori tempo massimo”. Ciò può accadere quando magari le condizioni non sono delle migliori, perché fa troppo freddo o troppo caldo. La reazione di sorpresa deve essere accompagnata dal corrispondente supporto nutrizionale e da un’immediata azione per gestire eventuali cambiamenti nella voliera. E forse la cosa più importante è annotare le date comportamentali di questa coppia, poiché evidenzieranno nel tempo le abitudini riproduttive e le fasi di crescita dei loro pulli. Per questo è fondamentale conoscere la data di nascita dei nostri riproduttori; spesso si può vedere che esiste una relazione diretta con l’inizio del loro futuro periodo riproduttivo, e ciò è un grande vantaggio per poter programmare e riuscire a trovare un partner compatibile. È il caso dei Lori neri, che possono riprodursi alla fine dell’estate, alla fine dell’inverno o all’inizio della primavera.

Al Loro Parque nascono anche specie di uccelli che non sono pappagalli ma che sono con noi fin dalla nascita della nostra struttura. È il caso dei Fenicotteri cileni, la maggior parte dei quali sono rimasti gli stessi di 50 anni fa. In questo periodo si riproducono, come ogni anno, davanti ai visitatori mostrando un indicatore di buona salute, forza e benessere.

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Cardellino Damasco

L’allevatore siriano Ahmad Adam ha fissato nel suo allevamento la mutazione Damasco nel cardellino.

Nel 2018, Adam acquista una femmina di cardellino, catturata nel nord della Siria (Qamishly), di cui intuisce subito il grande potenziale.

Nel 2019, la femmina selvatica con il fenotipo sconosciuto è stata accoppiata con un maschio di cardellino ancestrale: il risultato dell’accoppiamento sono stati un pullo mutato maschio ed uno a fenotipo ancestrale.

Siamo infatti in presenza di una mutazione che si trasmette e non di una semplice aberrazione del piumaggio. La trasmissione genetica di questa nuova mutazione, dunque, è dominante.

Tuttavia, siamo solo all’inizio del lavoro per selezionare questo ceppo in allevamento.

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testo di FRANCESCO IMPROTA, foto F. IMPROTA e AHMAD ADAM Femmina di cardellino mutazione Damasco 2020 Femmina di cardellino mutazione Damasco 2022 Femmina di cardellino mutazione Damasco 2022 in cova Novelli di cardellino mutati Damasco (da notare l’assenza della punta nera sul becco, tipica degli ancestrali)

Nel 2020, il giovane maschio mutato è stato accoppiato con una femmina ancestrale, che ha dato un buon numero di giovani mutati.

Ecco che l’allevatore decide di dare un nome a questa nuova mutazione,

scegliendo il nome della città dove essa è apparsa, ovvero Damasco, dando onore al suo Paese. L’avventura continua: nella stagione 2021, Adam accoppia Damasco x Damasco per ottenere il doppio fattore.

infatti in presenza di una mutazione che si trasmette e non di una semplice aberrazione del piumaggio.

La trasmissione genetica di questa nuova mutazione, dunque, è dominante

Alla prima covata, nel nido può già vedere che la pelle e gli occhi di uno dei pulli sono più chiari: è una bella sorpresa vedere un nuovo fenotipo. Man mano che i giovani si evolvono e le piume crescono, i giovani risultano più diluiti degli altri. La fine della stagione 2021 è ricca di informazioni, i risultati dell’accoppiamento permettono di dire che la mutazione Damasco si esprime come la mutazione dominante nel lucherino (1).

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Novello maschio di cardellino Damasco 2023 anello FOI Novello maschio di cardellino Damasco 2023 anello FOI
Siamo

Una mutazione dominante a singolo e doppio fattore, che non ha un “fattore letale”: i pulli non muoiono, accoppiando le due mutazioni dominanti (2).

Nel 2022, grazie a Serkan Karahan e Amen Hamdan, il sottoscritto Francesco Improta viene in possesso di una femmina Damasco del 2020 e di una femmina Damasco del 2022, anellate dall’allevatore siriano Ahmad Adam.

Dopo un lungo e rigido inverno passato tra ansie e progetti, ecco che nel 2023 il sottoscritto riesce, primo in Italia, a riprodurre la femmina Damasco con un maschio ancestrale. Dopo un inizio strano di bella stagione, con l’alternarsi di caldo e freddo, le speranze, i sogni e progetti sembrano vanificarsi; ma nel mese di giugno, una femmina Damasco inizia a riprodursi, notando il suo primo nido composto da tre cardellini mu-

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Femmina di cardellino mutazione Damasco 2022, foto: F.Improta,all.: AhmadAdam

tati Damasco e un ancestrale.

La mutazione è già evidente alla nascita, in quanto il becco risulta privo di punta nera: la percentuale di mutati supera le aspettative.

Il sogno si è realizzato e oggi la mutazione Damasco è presente per la prima volta in assoluto in Italia. Ora non resta che pensare alla prossima stagione riproduttiva per cercare di diffondere in Italia, e non solo, questa bellissima mutazione.

Descrizione

Calotta, timoniere e remiganti saltano subito agli occhi, ma in realtà è l’intero piumaggio ad essere interessato da questo fattore mutante che, secondo me, intacca in maniera incisiva la melanina nera, conferendo alla livrea di fondo un aspetto feomelanico in netto contrasto con la tonalità grigio-bluastra di calotta, remiganti, timoniere e copritrici.

Note della C.T.N. E.F.I.

(1)Nota C.T.N.: Se si fa riferimento alla mutazione “diluito” del lucherino, trattasi di mutazione autosomica dominante.

(2)Nota C.T.N.: Bisogna però evidenziare che accoppiando due soggetti mutati singolo fattore (eterozigoti), non si ottiene la totalità della prole mutata omozigote, ma soltanto il 25%. Un ulteriore 25% sarà a fenotipo classico e il rimanente 50% saranno mutati eterozigoti. Pertanto, sulla base dei soggetti ottenuti da una coppia eterozigote, non si può propriamente dimostrare che il fattore non sia letale. Infatti, potenzialmente potrebbero essere nati soltanto figli mutati eterozigoti e nessun omozigote, a meno che i mutati eterozigoti abbiano un fenotipo evidentemente diverso da quelli omozigoti.

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Soggetto più rappresentativo della mutazione Cardellino Damasco doppio fattore, foto e all.: Ahmad Adam Cardellino Damasco singolo fattore, foto e all.: AhmadAdam

L’utilizzo dei probiotici nella pratica d’allevamento

Le principali e più comuni patologie del canarino originano dall’apparato gastroenterico; le peculiarità anatomiche e fisiologiche associate all’elevato metabolismo riducono il tempo di intervento in caso di malattia e per questo è molto importante prevenire più che curare. La somministrazione di batteri probiotici si è dimostrata in più casi efficace sia dopo la terapia antibiotica per ripristinare la normale flora batterica, sia per la cura di dismicrobismi lievi, ma soprattutto per la prevenzione del tanto temuto “punto nero” dei neonati, cosiddetta Black Spot Syndrome. Purtroppo, molto spesso gli allevatori fanno uso di antibiotici a scopo preventivo, per sentito dire o per moda, senza una prescrizione veterinaria e senza una accertata necessità; questo indebolisce gli animali e ne condiziona definitivamente le capacità di difesa naturali oltre ad aumentare il fenomeno dell’antibioticoresistenza.

Una delle principali indicazioni per l’utilizzo dei probiotici è la sindrome del punto nero; in quanto sindrome, la malattia si caratterizza da più segni clinici tra i quali il più evidente è un punto nero sul lato destro dell’addome*, al di sotto dello sterno (Fig. 1); oltre a questo c’è diarrea, disidratazione, inap-

petenza, depressione del sensorio e pallore della mucosa orale, i piccoli appaiono ipovitali e lenti, il piumino appare bagnato, appiccicoso e spesso anche il piumaggio della madre, nelle zone di petto e addome, appare ba-

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Nidiaceo affetto da Sindrome del punto nero (da "Gestione sanitaria e management in canaricoltura e nei Fringillidi in generale", 2° edizione aggiornata) (*)Medico Veterinario, Università degli Studi di Teramo, Dipartimento di Medicina Veterinaria
Spesso gli allevatori fanno uso di antibiotici a scopo preventivo

gnato. Il piumino bagnato è dovuto alla diarrea dei piccoli che bagna il nido e di conseguenza tutto ciò che tocca. Nella Black Spot Syndrome il punto nero è dovuto alla cistifellea che, aumentando di volume, si rende visibile in trasparenza attraverso la sottile parete addominale. La cistifellea è un organo sacciforme deputato alla raccolta della bile. La bile è un liquido con la funzione di emulsionare i grassi per renderli più facilmente digeribili, viene prodotta dal fegato e raccolta all’interno della cistifellea; da qui, in seguito al pasto, defluisce nell’intestino tenue dove di

favorite da un’immunodepressione da Circovirus. Quindi il Circovirus non è la causa primaria, ma una causa predisponente: ne è conferma il fatto che quasi sempre il problema si risolve con la somministrazione di una terapia antibiotica che agisce localmente nell’intestino. Completano la terapia un probiotico, possibilmente a base di Lattobacilli da somministrare dopo l’antibiotico, vitamine del gruppo B e un immunostimolante; questi ultimi due possono essere somministrati contemporaneamente all’antibiotico e proseguiti anche dopo per alcuni giorni.

il pH intestinale creando un ambiente sfavorevole alla proliferazione dei principali microrganismi patogeni. I probiotici per sopravvivere hanno bisogno di un ambiente privo di ossigeno, buio e con pH basso; tutte queste caratteristiche si trovano contemporaneamente nell’intestino.

Perché si somministrano vitamine del gruppo B?

Le vitamine del gruppo B vengono introdotte sia con l’alimentazione sia con la produzione attuata “localmente” dai batteri simbionti dell’intestino. Se c’è un dismicrobismo intestinale, queste vitamine non vengono prodotte ed è pertanto utile somministrarle con appositi integratori e con cibo fresco (verdura e frutta).

Perché si somministrano gli immunostimolanti?

Gli immunostimolanti vengono somministrati per contrastare l’effetto immunodeprimente del Circovirus, spesso chiamato in causa del determinismo della sindrome del punto nero.

fatto esplica il suo effetto. Se l’intestino è infiammato, la sua mucosa è congesta ed edematosa al punto da rendere difficoltosa la fuoriuscita della bile che quindi si raccoglie a monte, ovvero nella cistifellea. Il punto nero è dovuto a un ingrossamento della cistifellea a sua volta dovuto alla raccolta di bile. Tutte le cause di infiammazione intestinale sono potenzialmente responsabili nel determinismo di questa sindrome; tra le principali ci sono le infezioni batteriche intestinali (ad esempio la colibacillosi e in generale le cosiddette E.coli-like infections) talvolta

Perché si somministrano probiotici?

I Lattobacilli sono i principali costituenti del microbiota intestinale dei canarini, la loro scomparsa fa parte di una condizione nota con il nome di dismicrobismo o disbiosi. La somministrazione di probiotici aiuta a ripristinare la normale flora intestinale, agendo con il meccanismo dell’inibizione competitiva dei batteri patogeni, producendo vitamine del gruppo B, acidi grassi volatili (AGV) tra cui l’acido butirrico, definito per questo postbiotico, utile a nutrire le cellule dell’intestino. Questi acidi, inoltre, abbassano

Nel trattamento della sindrome del punto nero i probiotici devono essere somministrati direttamente nel becco, possibilmente assieme a una formula da imbecco iperdigeribile, due volte al giorno a partire della nascita per 56 giorni. Molto spesso questo unico trattamento è sufficiente a salvare i piccoli anche senza l’utilizzo dell’antibiotico. Anche il pastone con cui i genitori imbeccano la prole dovrebbe contenere probiotici. Poiché il pulcino nasce sterile, l’obiettivo è di colonizzare il suo apparato gastroenterico con batteri probiotici il più presto possibile e competere con eventuali patogeni che dovessero arrivare nelle ore/giorni successivi. Nella pratica non è tanto utile creare una colonia di batteri probiotici “autosufficiente” per tutta la vita, ma una popolazione, anche “estemporanea”, che occupi spazio sottraendolo ai microrganismi patogeni per il tempo che basta a superare la fase critica dopo la nascita (1-7 gioni).

*Il termine “addome” negli uccelli è improprio a fronte del più corretto “cavità celomatica”; si è scelto tuttavia di utilizzarlo per rapidità comunicativa in un articolo volutamente divulgativo.

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(*)Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

Questo mese, il protagonista di Photo Show è: ABBONDANZIO FRANCHI - RNA 925X con la fotografia che ritrae il soggetto

“ibridi di Negrito della Bolivia x Cardellino”

Complimenti dalla Redazione!

•Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

•All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

Considerazioni sul piumaggio

Il piumaggio è caratteristica tipica ed esclusiva della classe Uccelli, poiché non esistono più i rettili piumati in quanto estinti. Sappiamo comunque che gli uccelli derivano dai rettili. Il piumaggio in realtà comprende anche le penne, spesso esclusivamente penne nell’adulto, come nel canarino che presenta piume solo nel pulcino. Il piumaggio non è diffuso uniformemente in tutto il corpo, tranne pochissime eccezioni quali i pinguini (ovviamente connessa con la temperatura esterna). Le penne crescono in certe zone dell’epidermide dette pterili, le zone ove non crescono sono dette apterili. Tuttavia

quasi sempre il corpo appare interamente coperto, poiché le penne aderendo al corpo stesso coprono anche le zone ove non crescono. Ricordano i cosiddetti “riportini” che fanno certi uomini parzialmente calvi (io ci rinuncio). Gli pterili riguardano particolari zone anatomiche di regola comuni a tutte le specie. I più importanti sono: testa, dorso, codione, fianchi, petto, collo, gambe, ali, zona coccigea. Non mi dilungo, per chi volesse approfondire rimando al testo del prof. Zingoni “Canaricoltura” ed. FOI, ampiamente esaustivo e che fa parte della letteratura fondamentale. Chi volesse fare mente locale

potrebbe pensare al piumaggio del Parigino ove ogni arricciatura corrisponde ad uno pterilio, oltre alle ali ed alla coda. Non intendo fare un discorso ampio sul piumaggio in generale ma soffermarmi solo su alcuni aspetti, chi volesse approfondire potrebbe consultare un buon testo, come quello del prof. Zingoni già citato ed anche qualche articolo su Italia Ornitologica come: “Occhio alla penna” I.O. n°8/9 del 2016 testo di Giuliano Ferrari e mio, con eccellenti disegni di Giuliano Ferrari. Il primo punto che intendo considerare è dato da difetti gravissimi difficilissimi da combattere, tanto da non compren-

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Il piumaggio non è diffuso uniformemente in tutto il corpo, tranne pochissime eccezioni
Crested melaninico, foto: S. Giannetti Gloster corona lipocromico pezzato, foto: S. Giannetti

derne bene il meccanismo davvero micidiale. Il primo è dato dalle cosiddette doppie punte, che consistono nel fatto che le remiganti secondarie sono fuori assetto e coprono le remiganti primarie, talora, nei casi peggiori, debordando e creando una sorta di doppia punta. Questo difetto può riguardare tutte le remiganti secondarie come anche una sola. Non si pensi che una sola sia molto meno grave e trasmissibile, è comunque gravissimo e terribilmente trasmissibile. Ricordo il caso di un bellissimo agata giallo intenso che mi arrischiai a comprare, avendo una sola, dico una sola remigante secondaria fuori assetto; ebbene, nonostante lo avessi accoppiato con una femmina del tutto in regola come remiganti, trasmise il difetto a tutta la prole, anche con molte remiganti secondarie fuori assetto. Un figlio aveva tutte le remiganti secondarie fuori assetto e due doppie punte. Mi faceva veramente rabbia, poiché per tutto il resto era davvero ottimo, tanto che in una mostra riuscì ad arrivare sul podio. Evidentemente il collega che lo aveva giudicato lo aveva penalizzato al

massimo in piumaggio, ma essendo ottimo per tutto il resto non poté non dargli un buon punteggio finale. Mi chiedo se questo difetto non sarebbe meglio che comportasse squalifica, come accade nel Gibber italicus, se bilaterale. Si sa che diversi soggetti in abito giovanile presentano una tendenza alle remiganti secondarie fuori assetto, ma che dopo la prima muta, anche se, si badi bene, queste penne non sono mutate, si compongono in assetto corretto. Non credo che sia un buon segno, ma non pregiudica il soggetto in mostra, essendosi appunto composto. Un altro caso di difetto micidiale è il ric-

ciolo che si forma dietro il collo. La cravattina, vale a dire l’increspatura del petto, direi per non perfetta unione delle penne dei due pterili pettorali, si può correggere abbastanza bene con accoppiamenti idonei; quando, invece, la cravattina si estende al collo e forma un ricciolo dietro, diventa micidiale. Come per il caso precedente, la correzione è difficilissima. A rendere subdolo questo gravissimo difetto c’è il fatto che a volte appare in ritardo a muta quasi completata e che talora, se il piumaggio è molto aderente, si nota poco, a volte solo quando il soggetto muove la testa. Anche qui ricordo la mia ira quando mi accorsi, solo in mostra, che una deliziosa isabella pastello giallo avorio aveva tale difetto, nonostante la mia severissima selezione precedente.

Un ulteriore caso è lo sbuffo sui fianchi Quando lo sbuffo va verso l’alto, tipo il fianco di un arricciato, lo si corregge normalmente con accoppiamenti idonei, mentre quando va verso il basso è difficilissimo da correggere, come nei casi precedenti. Si direbbe che stia ad indicare una debolezza del piumaggio stesso.

Trovare una spiegazione genetica a questi casi è tutt’altro che facile, certo non basta parlare di carattere dominante, ci deve essere anche dell’altro.

In tutti i casi, quando parlo di accoppiamenti idonei alludo ad un’unione di un soggetto difettoso con un altro ottimo per quella caratteristica e che possibilmente non ci fosse anche nei suoi antenati.

Ovviamente consiglio caldamente di non mettere in allevamento soggetti che presentino i difetti gravissimi suddetti.

Un aspetto che mi sembra interessante ricordare, visto che spesso ingenera equivoci, è quello del paracerco e delle penne di gallo. Talora anche ad alti livelli si parla di penne o piume di gallo (sono penne) sempre, anche quando sarebbe paracerco, tanto che quasi non costituisce più vero errore; tuttavia secondo me è bene chiarire. Le penne di gallo, come dice il nome, sono quelle che nel Gallo producono la ben nota caratteristica caudale e si tenga ben presente che non sono le timoniere, bensì le copritrici della coda. Le timoniere sono co-

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Fife fancy lipocromico, foto: S. Giannetti
Il ricciolo a volte appare in ritardo a muta quasi completata e che talora, se il piumaggio è molto aderente, si nota poco

perte e più modeste, passano spesso inosservate. A titolo di cronaca ricordo che anche le penne bellissime della ruota del Pavone sono le copritrici della coda, non le timoniere, le quali sono anche in questo caso poco evidenti e coperte.

Il paracerco invece è dato dalle penne del codione allungate che appaiono sotto l’ala. Nel canarino il paracerco è presente: in alcune razze come caratteristica, in altre come difetto, appare con penne falciformi. Sempre nel canarino, le penne di gallo sono previste in alcune razze come caratteristica, ed appaiono pure falciformi, e questo favorisce confusione ed equivoco con il paracerco. Nel canarino per distinguere le penne di gallo dal paracerco si deve tener conto che le penne di gallo sono penne copritrici, mentre quelle del paracerco sono penne tettrici, cioè quelle che nel nostro gergo di allevatori chiamiamo erroneamente piume e provengono da pterili diversi. Di conseguenza le penne di gallo sono più consistenti e lunghe rispetto a quelle del paracerco, le quali invece provenendo dal codione, zona di elezione dei carotenoidi, sono più intensamente colorate appunto di carotenoidi. Ulteriore differenza è che nei soggetti ove sono presenti entrambe, le penne del paracerco vengono prima e quelle di gallo successivamente.

Nel Canarino selvatico le penne tettrici del codione, e quelle copritrici della coda, non si esprimono in forma falciforme ma sono aderenti al corpo in modo normale come per quasi tutti i Passeriformi. La stessa situazione c’è in molte razze domestiche, ma in alcune altre razze le suddette penne si differenziano diventando falciformi, avendole come caratteristica anomala ma considerata tipica; inoltre possono apparire come difetto in altre razze ove non sono previste.

Nelle razze di forma e posizione lisce non sono previsti il paracerco e le penne di gallo, tranne che nella razza Crest. Ritengo che la ragione sia che nella razza Crest, un piumaggio lungo, che favorisce tali caratteristiche, è considerato utile per il ciuffo richiesto molto ampio, tale da coprire l’occhio.

In passato le penne suddette erano presenti come difetto in razze giganti a piumaggio lungo, oggi molto meno. Nelle razze arricciate paracerco e penne di gallo sono previsti nelle razze arricciate pesanti, si badi però che non sono arricciature. Negli arricciati leggeri fa eccezione solo il Fiorino ove lo standard prevede piume di gallo, anche se in realtà sono di paracerco. Come dicevo, chiamare erroneamente penne o piume di gallo anche il paracerco, è fatto estremamente diffuso. Nelle altre razze arricciate leggere costituiscono difetto, sia il paracerco che ovviamente le penne di gallo; del resto, queste ultime non credo ipotizzabili. Segnalo che molto tempo fa il paracerco era accettato nell’arricciato del nord, ora non più (scelta a suo tempo discussa).

Nel canarino di colore come nelle altre razze di colore, le penne falciformi del paracerco sono un difetto che sta ad indicare un piumaggio troppo lungo e spesso anche scomposto. Penne di gallo sarebbero pure gravissimo difetto, ma non credo di averne mai viste; del resto, se ci fossero comporterebbero un piumaggio terribilmente difettoso, lunghissimo e scompostissimo. Va detto che anche nel canarino di colore il paracerco è quasi sempre indicato erroneamente come penne di gallo, è bene tenerlo presente.

Nelle razze ove non previste, le penne falciformi del paracerco si combattono selezionando meglio il piumaggio, vale a dire: più attillato e composto, praticando se ne valesse la pena l’accoppiamento compensativo. Se addirittura ci fossero le vere penne di gallo (ipotesi ben difficile), da escludere dalla riproduzione chi ne fosse affetto, senza eccezioni.

Il piumaggio è determinante anche per modellare la morfologia del soggetto. In termini autocritici, ricordo che molti anni or sono ritenevo la voce “proporzioni e forma” più importante di quella “piumaggio”, in quanto pensavo che la forma fosse più importante di qualche sbuffo di penne. Ebbene, successivamente ho corretto tale opinione grazie anche ad alcuni colloqui con bravi tecnici della forma

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Arricciato di Parigi lipocromico, foto: E. del Pozzo Gibber italicus melaninico, foto: E. del Pozzo

e posizione. Questi tecnici mi hanno fatto notare come il piumaggio modellasse la morfologia anche più dello scheletro sottostante, che non presenta normalmente grosse differenze. Sempre utilissimi gli studi comparati ed i colloqui con persone qualificate. Stando così le cose, appare evidente come la categoria possa incidere sulla morfologia. La categoria intenso agisce sulle produzioni cutanee riducendole, trattasi di: becco, squame dei piedi, unghie e penne. In particolare, nelle penne accorcia le barbe provocando un restringimento del vessillo. La rilevanza è molto notevole, tanto che si è a lungo ritenuto che la mutazione intenso agisse anche sullo scheletro (molti anni or sono anch’io sono caduto in questo errore). In alcune razze sono favoriti i brinati (più spesso), in altre gli intensi. A mio parere sarebbe necessario o almeno opportuno che nelle razze di forma e posizione sia lisce che arricciate, le categorie a concorso dividessero i brinati dagli intensi. Oggi si nota che vi sono razze dove non solo non si vedono più brinati, e neppure intensi eterozigoti, ma solo intensi omozigoti detti

doppi intensi; ovviamente parlo soprattutto del Gibber italicus. In altre razze avviene il contrario e si abusa di accoppiamenti in purezza fra brinati. Accadeva molto nel Gloster ove si riteneva, erroneamente, che un solo accoppiamento con intenso ogni 3 o 4 generazioni dovesse bastare, ed a volte non si faceva neppure quello, con la conseguenza di soggetti quasi biancastri (orribile a dirsi, utilizzati per il cosiddetto “nuovo mosaico”, con i disastri noti). La previsione della categoria a concorso intenso nel Gloster l’ho ritenuta validissima. Secondo me occorrerebbe per tutte le razze o quasi. Su questo punto alcuni tecnici che stimo della forma e posizione, lisci ma anche arricciati, non sono molto d’accordo; mi fanno notare che si possono tenere le due categorie in allevamento (quando c’è, anche il mosaico) senza bisogno di esporle entrambe. Se così fosse andrebbe anche bene, ma ben sappiamo che spesso si tende ad eccedere, ad esempio nell’arricciato del nord gli intensi sono sempre più rari. Alcuni mi obiettano che sarebbero necessari due standard, per il brinato e per l’intenso, ma io non credo;

basterebbe un’indicazione a priori e poi i confronti sarebbero omogenei, solo fra intensi e solo fra brinati. Comunque è un aspetto da considerare e discutere. Rimane il nodo dei bianchi. Oggi nessuno dubita più della presenza della categoria nei bianchi, che si vede dalla struttura delle produzioni cutanee. Si è orientati a far gareggiare i bianchi, sia lipocromici che melanici, con i brinati; sotto certi versi scelta migliore rispetto all’inverso (una ragione di frequenza). Ebbene, quando in una razza sono avvantaggiati i brinati (per le forme arrotondate o qualcosa del genere), non succede nulla di molto problematico, semplicemente i bianchi intensi sono svantaggiati. Quando però in una razza sono avvantaggiati gli intensi, c’è il rischio che un bianco intenso magari bello, gareggiando con i brinati, faccia un successone immeritato. Ho sentito di un caso del genere in passato, mi pare che si trattasse di un Fife melanico. Secondo me sarebbe bene che gli apigmentati o bianchi che dir si voglia, sia lipocromici che melanici, gareggiassero a parte, come di solito accade nelle specialistiche. Non credo che si possano di-

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Nero brinato giallo Bruno brinato giallo

videre anche fra di loro in intensi e brinati, per la presenza di casi dubbi ed inoltre perché non sarebbe operazione così facile. Anche nel canarino di colore la categoria nei bianchi può avere qualche peso e potrebbe essere oggetto di discussione, ma gareggiano assieme. Ora mi piacerebbe parlare di arricciature e della discutibile rosa, ma penso di aver sconfinato a sufficienza. Anche la scelta di suggerire implicitamente selezioni per il colore nelle razze di forma e posizione lisce o arricciate che siano, non la condivido. Sarebbe bene non dimenticare che un pezzato è un intermedio, mentre un macchiato è solo difettoso per il colore, ma la cosa mi pare che non dovrebbe incidere nella forma e posizione ove, a mio parere, le piccole macchie andrebbero ignorate. Sono comunque a disposizione se mi si chiedesse un approfondimento, del resto ne ho parlato già con molti tecnici delle specializzazioni interessate.

Il piumaggio non incide solo sulla morfologia ma anche su altri aspetti come il tipo. Allevatori di neri e di bruni a volte selezionano piumaggi larghi per barbe lunghe, al fine di avere disegni più larghi con un miglioramento, solo apparente, del tipo. Ebbene ritengo che si debbano penalizzare i piumaggi troppo abbondanti per questa ragione, come per altre anche più importanti. Inoltre bisogna sapere che più il piumaggio è abbondante e più diventa dif-

ficile mantenerlo composto. Capita di vedere dei neri o dei bruni il cui tipo, vale a dire il disegno, sembra cambiare a seconda dei movimenti, componendosi o scomponendosi, per il movimento del piumaggio abbondante, e questo proprio non va.

È mio convincimento che la tendenza a penalizzare di un punto ogni difetto del piumaggio proprio non vada bene; oggi è stata corretta, almeno in parte e questo va apprezzato. Dovrebbe incidere molto la gravità del difetto, considerando anche la trasmissibilità ed eventuali conseguenze su altri aspetti. Tanto per capirci, uno sbuffo sul fianco, piccolo e rivolto verso l’alto, è una cosa; uno sbuffo enorme verso il basso che tocchi il posatoio è un’altra. Del piumaggio troppo abbondante ho già detto. Si potrebbe anche ipotizzare la squalifica per difetti gravissimi, argomento che, a mio parere, sarebbe degno di discussione.

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Sarebbe opportuno che nelle razze di forma e posizione sia lisce che arricciate, le categorie a concorso dividessero i brinati dagli intensi

Gli Aironi

Brevi considerazioni di varia natura

testo di IVANO MORTARUOLO, foto AUTORIVARI

Buona parte dei cosiddetti aironi sono ascritti al genere Ardea, una categoria tassonomica che fu istituita dal celeberrimo Carl Linneo nel 1758 (Systema Naturae, decima edizione). Con tale parola i Latini indicavano, appunto, questo gruppo di volatili, ma abbastanza usato era anche il nome di Ardiola, che costituisce il diminutivo di Ardea. Colgo l’occasione per segnalare che secondo la mitologia romana, dopo l’incendio e la distruzione della città di Ardea (la capitale dei Rutili, un antico popolo dell’Italia centrale), dalle ceneri si eresse un uccello

smagrito, impolverato e che emetteva un verso lamentoso: il riferimento alla cosiddetta Araba Fenice risulta evidente.

Si rivela inoltre interessante la parola sanscrita Andrà, che sta a indicare “umido”, e il suo agevole collegamento con gli habitat degli aironi, poiché questi uccelli vivono in aree nei pressi di vari corsi d’acqua.

Nel passato agli aironi sono stati attribuiti comportamenti e caratteristiche che ai nostri giorni possono apparire stravaganti o fantasiosi. Ciò è dovuto al fatto che per molto tempo l’autorevolezza di veteres auctores come, ad esempio, Aristotele e Plinio il Vecchio, non è stata messa in dubbioe non raramente questi naturalisti riportavano le osservazioni e le relative interpretazioni effettuate da gente che non aveva alcuna cultura ed esperienza (si pensi a pastori, contadini eccetera).

sanguinamenti possano essere la conseguenza di accesi conflitti fra contendenti prima dell’accoppiamento. Inoltre, i suddetti autori riferiscono che gli aironi “interagiscono amichevolmente” (o non hanno conflitti) con vari rapaci e corvidi, mentre nella realtà alcune specie di questi uccelli costituiscono in vario modo un serio pericolo per loro, le uova e i piccoli. Plinio sostiene pure che gli aironi sono uccelli benauguranti. Per la ricerca di alcune simbologie o metafore attinenti agli aironi, si rivela utile la consultazione dei bestiari me-

Airone rosso (Ardea purpurea). Stampa tratta dal volume IV di HistoryofBritishBirds scritto dal Reverendo F.O. Morris (1866), collezione: I. Mortaruolo

Così si credeva che i maschi di airone cenerino avessero rapporti sessuali “sofferti” perché causavano emorragie negli occhi e che le femmine, da parte loro, patissero una stentata ovodeposizione. Attualmente si ipotizza che tali

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Nel passato agli aironi sono stati attribuiti comportamenti e caratteristiche che ai nostri giorni possono apparire stravaganti o fantasiosi
Airone bianco maggiore (Ardea alba). Stampa tratta dal volume IV di HistoryofBritishBirds scritto dal Reverendo F.O. Morris (1866), collezione: I. Mortaruolo

dievali, che possono essere considerati dei trattati di zoologia ante litteram con una forte componente teologica. Detto altrimenti, in queste opere vengono descritte, seppur molto sommariamente, le peculiarità di varie specie animali, ma il vero scopo è di fornire insegnamenti e spunti di riflessione al buon cristiano.

Così gli aironi presagiscono le tempeste e volano in alto, similmente agli eletti che sanno allontanarsi dalle istigazioni del Maligno; inoltre, con i forti becchi sono in grado di difendere il loro nido, come l’uomo riesce a respingere l’insolenza e l’aggressività dei malvagi. Questi uccelli erano anche il simbolo di Cristo perché uccidono i serpenti che, naturalmente, rimandano a Satana. Singolare è poi una certa tradizione araldica medievale che propone raffigurazioni di aironi con una pietra in bocca. Tali iconografie sono state interpretate come l’espressione del silenzio, ma si è anche argutamente sostenuto (Cattabiani, 2000) che il vero significato potrebbe essere ricercato nella meditazione, nella ricchezza interiore e nella sapienza e saggezza divina.

A queste valenze simboliche di segno positivo se ne contrappone una di segno negativo. Il sorgere di tale polisemia è stato favorito dal fatto che gli aironi si nutrono di pesci, e il pesce, come è noto, costituisce il simbolo di Cristo. Pertanto, gli uccelli in esame sono stati degradati a immagine del Diavolo.

Nel Medioevo e nel Rinascimento gli aironi conobbero una singolare valorizzazione: quella gastronomica! Nelle tavole della nobiltà o di persone altolocate comparivano, infatti, insieme ad aquile, pavoni, cigni, gru eccetera, non solo come pietanza ma anche come addobbo dei sontuosi banchetti (naturalmente con penne e piume). I volatili contribuivano dunque a dare quel senso di magnificenza, di ricchezza e di potere politico

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Frans Snyders e Théodor van Thulden: Dispensa con un servitore, una cuoca… (1635-1640), particolare, cm197x325, custodito presso la Kunstsammlungen Gemaldegalerie di Dresda. Questo dipinto offre un’idea di quanto siano state ricche di cacciagione le dispense dei nobili. Vi compaiono anche animali, come cigni, pavoni e aironi, che ai nostri giorni sarebbero immangiabili Giovanni Bellini: Madonna del Prato (1505), olio e tempera su tavola cm 67x86, custodito presso la Nation Gallery di Londra, fonte iconografica: Wikipedia Giovanni Bellini: Madonna del Prato (particolare). Lotta fra un airone e un serpente, in questo caso il volatile simboleggia il Cristo che è in conflitto con Satana

cui aspiravano i padroni di casa. Tale finalità è anche palesemente espressa nelle scene di cucine o dispense, un sottogenere del filone pittorico definito “Natura morta”, nelle quali è spesso rappresentato ogni ben di Dio, animali selvatici compresi. Questi ultimi

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Andrea Mantegna: Orazione nell’Orto (1455), tempera su tavola cm 63x80, custodito presso la National Gallery di Londra, fonte iconografica: Wikipedia Andrea Mantegna: Orazione nell’Orto (particolare). Airone (cenerino) o cormorano?

erano anche l’espressione di un valore aggiunto perché i nobili avevano piena ed esclusiva disponibilità di tutta (o gran parte) la selvaggina presente nei loro territori. Di conseguenza, coloro che cacciavano abusivamente venivano puniti con severe pene. L’arte si è interessata agli aironi anche per esaltare le simbologie cristologiche (e non) attribuite loro. Una significativa testimonianza ce la offrono tre maestri del Rinascimento: Giovanni Bellini (1430-1516), Andrea Mantegna (14311506) e Vittore Carpaccio (1465 ca1525/26). I primi due erano coetanei, amici, si confrontavano artisticamente ed erano legati da un vincolo di affinità (Mantegna aveva sposato la sorellastra di Bellini, Nicolosia). Al terzo pittore, pur essendo un grande, veniva “rimproverato” di essere stato poco sensibile alle spinte di rinnovamento artistico che animarono e caratterizzarono il Rinascimento. Sta di fatto che tutti e tre erano considerati anche uomini di cultura.

In estrema sintesi, passo a presentare un’opera realizzata dal Bellini. Il titolo del dipinto è “Madonna del Prato” (1505), attualmente conservato a Londra presso The National Gallery. Nella parte centrale, a sinistra e dietro alle immagini sacre, vi è un airone che sta lottando contro un serpente. Il rimando al Cristo e alla sua lotta per salvare l’umanità dalle insidie del Maligno appare evidente.

In un’altra opera dell’artista veneziano, “Madonna in trono con Bambino, due angeli musicanti, sant’Agostino e san Marco che presenta il doge Agostino Barbarigo”, conservata nella chiesa di San Pietro Martire di Murano (Venezia), insieme all’airone è raffigurato un cardellino, una pernice e un pavone. Non è noto il motivo per cui l’autore li avesse proposti insieme; certamente tali volatili, a seconda dei contesti, potevano assumere una valenza cristologica.

Meno chiara è la rappresentazione del Mantegna cui è stata attribuita la denominazione di “Orazione nell’orto” (1455), anch’essa custodita nel National Gallery di Londra. Sopra al Cristo morto vi è un uccello identificato come un airone (Levi D’Ancona, 2001) che, pog-

Vittore Carpaccio: Ritratto di Cavaliere (particolare). Falco in procinto di aggredire un airone. Non è possibile determinare la specie di appartenenza del rapace raffigurato, ma si può ipotizzare che possa ascriversi al genere “Falco” per la presenza del mustacchio tipico

giato su un alto ramo, osserva muto la scena. Invero, poco convincente appare il becco relativamente corto e arrotondato, inoltre il volatile effigiato ricorda più un cormorano che un airone cenerino (?). Purtroppo, anche ingrandendo l’immagine fotografica non si ottengono elementi atti alla determinazione della specie. Inoltre, mi sembra di scorgere una certa rassomiglianza con il volatile raffigurato dal Bellini nella “Madonna del prato” (in alto a sinistra). Più articolata e ricca di spunti simbolici, sia di natura zoologica che botanica, è l’opera del Carpaccio dal titolo “Ritratto di cavaliere” (1510) custodito presso la Fondazione Tyssen-Bornemisza di Madrid. Questo quadro meriterebbe uno specifico approfondimento, ma mi limito a una brevissima presentazione che consentirà di comprendere un particolare ornitologico che prenderò in esame. L’uomo a cavallo e quello in primo piano sono la stessa persona, vale a dire il patrizio veneziano Marco Gabriel accusato di pavidità in occasione di azioni di guerra. Dopo la sua morte (si comprende questo evento perché il protagonista viene ritratto con lo sguardo rivolto in basso), i parenti commissionarono questo quadro per esaltare le virtù del congiunto e rendergli così giustizia per le accuse, forse immeritate o esagerate, ricevute. In alto, a sinistra della tela, vi è un falco che sta per ghermire un airone, il quale sembra non accettare supinamente l’evento ed è pronto a difendersi. In questo caso il falco rimanda all’insidia e all’aggressività, per converso l’airone potrebbe significare la sofferenza e il pericolo ai quali fa seguito una risposta reattiva. Si verrebbe così a creare una situazione molto simile a quella dianzi segnalata e tratta dai bestiari medioevali. Quest’opera si caratterizza anche per la particolare presenza di altri aironi. Infatti, sopra all’edificio, sullo sfondo a sinistra, vi è un nido con un adulto e due piccoli. A destra un airone è ritratto in volo; mentre più in basso, sempre a destra e sulla riva dello specchio d’acqua, una Garzetta (?) sembra intenta a ricercare del cibo (questa specie pur non essendo ascritta al genere Ardea è considerata appartenente alla famiglia Ardeidae).

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Vittore Carpaccio: Ritratto di Cavaliere (1510), tempera su tela cm 218x52, custodito presso la Fondazione Tyssen Bornemisza di Madrid, fonte iconografica: Wikipedia
Il falco rimanda all’insidia e all’aggressività, per converso l’airone potrebbe significare la sofferenza…

Meeting Benacus

Con l’approssimarsi della stagione riproduttiva 2023, assidui cultori del canarino Benacus hanno dato luogo ad un incontro tecnico in Riva del Garda per concordare idonei ed appropriati accoppiamenti alla luce delle linee guida fornite dalla CTN Arricciati affinché la linea carpale del Benacus potesse accostarsi il più possibile alle specifiche tecniche del Bossù.

Il Benacus ha ottenuto l’attestato mondiale di nuova razza grazie all’infaticabile assistenza fornita in ogni occasione dagli organi collegiali della FOI durante il lungo percorso, sicuramente non privo di ostacoli, che ci ha condotti all’agognato riconoscimento nonostante le motivazioni poste da alcuni autori avverso il riconosci-

Il Benacus ha ottenuto l’attestato mondiale di nuova razza grazie all’infaticabile assistenza fornita in ogni occasione dagli organi collegiali della FOI durante il lungo percorso, sicuramente non privo di ostacoli

mento del Benacus, con il pretesto della difesa della genetica del Gibber.

I cultori dell’ornitologia hanno sempre posto in essere la pratica del meticciamento dagli albori della disciplina, conseguendo fantastici risultati e contribuendo, senza alcuna ombra di dubbio, a dare lustro alla grande famiglia ornitologica, della quale mi pregio di far parte. Sono conscio di non essere immune da critiche, dalle quali ho sempre estrapolato l’aspetto costruttivo e tratto la vitalità a migliorare me stesso nella fermezza delle mie convinzioni, ma ho la certezza che il Benacus rispetti, per le sue caratteristiche, i regolamenti FOI e COM. Può anche non piacere, ma questo è un altro discorso. Siamo dispiaciuti che altri cultori del Benacus non siano potuti intervenire, in primis il dottor Bustaffa.

NUMERO 10 -2023 35 CANARINIDI FORMAE POSIZIONE ARRICCIATI
Da sinistra: F. Giuliani, A. Strazzer e P. Peluso Luogo di nascita del Benacus Benacus e Gibbosi 2023

S pazio Club

Club del Fiorino - XII Trofeo Umberto Zingoni

Anche per il 2022 il più importante appuntamento è arrivato! Ci troviamo qui a commentare questo bellissimo evento: la specialistica del canarino Fiorino dove, tra le altre cose, si ha l’assegnazione del Trofeo U. Zingoni, il maggior riconoscimento a cui un allevatore di questa splendida razza possa ambire. Il tutto si è svolto nell’ambito della mostra ornitologica nazionale “Piume” a Cesena che ha ospitato ben 21 specialistiche dal 27 al 30 ottobre 2022. Da subito si è riscontrata grande partecipazione e voglia di emergere dei partecipanti. Di certo non sono mancati gli ingabbi: ben 150 Fiorini, provenienti dai migliori allevamenti sparsi in ogni parte d’Italia. Come si addice per le migliori manifestazioni sono stati chiamati a giudicare due dei massimi conoscitori della razza, ovvero il giudice internazionale Dott. Antonio Altobelli e il giudice internazionale Emilio Sabatino, presidente della CTN CFPA. Svolte le varie attività preliminari, i giudici si sono messi subito all’opera constatando, oltre la quantità, la grande qualità presente.

L’occhio dei giudici esperti cade subito sui soggetti degni di podio e, svolti i vari giudizi, si comincia a stilare le prime classifiche. I giudici hanno preteso la perfezione, come giusto che sia in eventi di questo livello: il BEST Testa Ciuffata è andato all’allevatore Rossini Francesco con un soggetto veramente spettacolare che ha ottenuto 92 punti nella categoria Pezzato Lipocromico superiore al 50%. Il BEST Testa Liscia è andato all’allevatore Castiello Vincenzo con un soggetto splendido da ben 93 punti nella categoria Pezzato Lipocromico superiore al 50%; lo stesso soggetto è risultato BEST in SHOW.

Club di Specializzazione
Luca Fondi con la figlia Greta
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Brunella Tinucci

S pazio Club

Il BEST stamm Testa Liscia è andato all’allevatrice Brunella Tinucci che se lo è aggiudicato con 363 punti nella categoria 100% Verde, mentre il BEST stamm Testa Ciuffata nella categoria 100% Verde è andato al nostro socio allevatore Massimo Angelosante.

In questa edizione si è voluto ricordare uno dei più grandi e vincenti allevatori di Fiorino, scomparso prematuramente, dedicandogli un Trofeo speciale, il Memorial Andrea Ferdani, assegnato al miglior canarino appartenente alla categoria

“Tutte le varietà a fondo bianco”, particolarmente amata da Andrea. I suoi canarini hanno dominato nelle più grandi manifestazioni sotto il nome della moglie Dumitru Olimpia. Il trofeo è stato assegnato all’allevatore Andrea Nencini con ben 90 punti e un primo classificato nella categoria che raggruppava indifferentemente sia i T.L. che i T.C.

Il trofeo Umberto Zingoni edizione 2022 in ricordo del compianto professore, massima ambizione per un allevatore di Fiorini, è stato assegnato all’allevatore laziale Fondi Luca il quale, con 4 soggetti singoli, ha totalizzato 366 punti, bissando il successo del 2017 a Calenzano dove si aggiudicò il trofeo con addirittura 371 punti, record assoluto.

Nell’albo d’oro di questa manifestazione si annoverano i nomi dei più grandi allevatori della razza. Si ringraziano tutti i soci allevatori iscritti al Club

del Fiorino che con i loro Fiorini di altissima qualità hanno contribuito alla realizzazione della XII° edizione del Trofeo U. Zingoni

- Riportiamo qui di seguito l’Albo d’oro di tutti i vincitori del Trofeo Zingoni:

•edizione 2009 Firenze - Vincitore: Buonomo Bartolomeo

•edizione 2010 Firenze - Vincitore: Buonomo Bartolomeo

•edizione 2011 Firenze - Vincitore: Iovine Giacomo

•edizione 2012 Bari - Vincitore: Curci Sebastiano

•edizione 2013 Firenze - Vincitore: Vinattieri Federico

•edizione 2014 Firenze - Vincitore: Iovine Giacomo

•edizione 2015 Roma - Vincitore: Di Giovanni Adolfo

•edizione 2016 Marina di Massa - Vincitore: Dumitru Olimpia (Andrea Ferdani )

•edizione 2017 Calenzano - Vincitore: Fondi Luca

•edizione 2019 Roccapiemonte - Vincitore: Sabatino Emilio

•edizione 2020 - annullata causa covid-19

•edizione 2021 Colonnella - Vincitore: Piviero Gianluca

•edizione 2022 Cesena - Vincitore: Fondi Luca Testo e foto di BARTOLOMEO COZZOLINO

Club di specializzazione
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Francesco RossiniAndrea Nencini

Il Prispolone (Anthus trivialis)

Raccontare del Prispolone mi dà un grande piacere perché mi riporta agli anni della mia gioventù quando, affascinato da questo splendido uccellino, lo catturavo (adesso dico purtroppo…), lo allevavo e lo selezionavo per il suo meraviglioso canto. Per oltre quindici anni ne ho tenuti almeno una trentina, tra i quali almeno tre o quattro diventavano poi dei campioni da concorso; le gare più prestigiose in Veneto si tenevano a Marne, Vittorio Veneto, Sacile, Montebelluna e Varago; proprio all’edizione numero 700 della “Sagra dei osei” di Sacile, una mia “tordina”, così le chiamiamo noi in Veneto, vinse la medaglia d’oro che ancora conservo con tanto di cornice. Quel giorno ed alle fiere successive mi furono offerte per quel soggetto delle cifre esor-

bitanti per quell’epoca, anche perché ero poco più che un ragazzo. Da allora sono passati quasi cinquant’anni ma ancora adesso, andando per fiere, gli appassionati di allora riconoscono che le migliori “tordine” mai sentite sono state le mie e questo mi fa ancora un enorme piacere, anche se adesso non approvo più la cattura e la detenzione in gabbia degli uccelli selvatici. Finisco la premessa raccontando che quella che è stata la mia migliore “tordina” non l’ho trovata tra la trentina che tenevo ogni anno ma tra soli tre soggetti accuditi da mia madre l’anno del mio servizio militare: l’ironia della sorte! Il Prispolone (Anthus trivialis) è un Motacillide della famiglia delle Pispole, molto bello ed aggraziato nelle forme; è lungo dai 14 ai 16 cm, con un’apertura alare di 22-25 cm ed un peso di 20/30 gr, piuttosto snello con collo corto, testa e becco di medie dimensioni, ali moderatamente ampie, coda di media lunghezza. Il piumaggio è grigio oliva diffusamente striato di scuro nella parte superiore, da giallo camoscio chiaro a bianco sporco sulla parte inferiore col petto punteggiato di nero; non c’è diversità di piumaggio tra maschio e femmina: il maschio è generalmente appena più grande, ma è possibile accertarlo solo in mano durante le misurazioni biometriche; le zampe sono carnicino chiaro con l’unghia posteriore più lunga della media. Il volo è sicuro, stabile, ondulato, piuttosto veloce ed in migrazione spesso molto alto dal suolo, su cui scende con battiti ampi e picchiate ondulate e veloci.

Il Prispolone si ciba prevalentemente di insetti e loro larve, che si procura al

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Uova di Prispolone a destra, parassitate dal cuculo a sinistra, fonte: www.montagneaperte.it
È un Motacillide della famiglia delle Pispole, molto bello ed aggraziato nelle forme
Particolare della testa della Tordina, fonte: www.vogelwarte.ch

suolo, dove sistema anche il nido, scegliendo luoghi ben riparati e nascosti; in autunno e inverno sembra appetisca anche sostanze vegetali e in particolare semi. Alberi e arbusti invece gli sono favorevoli come punti di canto e di osservazione. Per questo motivo, durante la nidificazione occupa ambienti che alternano aree a vegetazione alta e aree a vegetazione erbacea: boschi aperti, brughiere e praterie, vaste radure con presenza di alberi, siepi, boschetti di media montagna fino quasi al limite della vegetazione arborea. Non ama invece le aree troppo ventose o umide, ma nemmeno quelle molto aride o torride. La stagione riproduttiva è annunciata dal maschio, che si esibisce in una caratteristica parata nuziale canora: si innalza in volo da un posatoio dominante e ridiscende “a paracadute” con traiettorie curvilinee o a spirale, tenendo le ali ferme e semichiuse sul dorso e la coda leggermente spiegata. In una depressione del terreno tra la bassa vegetazione erbacea, la femmina predispone il nido con erbe e muschio. Nell’anno compie una o due covate tra fine aprile e giugno. Le 4-5 uova deposte sono incubate esclusivamente dalla femmina per 12-14 giorni. I pulcini sono nidicoli e vengono accuditi da entrambi i genitori; all’età di circa due settimane sono in grado di volare e abbandonano il nido.

In Italia il Prispolone è una specie estiva e nidificante nell’area padana e prealpina, soprattutto in Lombardia, ma anche in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte fino alle Alpi e all’Appennino

pavese, ma la sua presenza è certa, e piuttosto comune, in alcuni settori dell’Appennino in Emilia-Romagna, Liguria e Toscana. Si tiene invece alla larga da aree pianeggianti e isole. Sulle Alpi italiane, predilige i boschi sia di conifere sia di latifoglie, intervallati da spazi aperti; ampie radure, pascoli dismessi e colonizzati dagli arbusti. In Piemonte, scende dalle montagne fino a raggiungere l’area di pianura, anche se qui la distribuzione è frammentata. È però quella lombarda l’area italiana di maggiore concentrazione della specie. Il Prispolone è una specie migratrice a lungo raggio diffusa con tre sottospecie in Europa e Asia. L’areale riproduttivo delle popolazioni europee raggiunge a Nord il 70° parallelo di latitudine, mentre quello di svernamento si estende in Africa centrale e sud-orientale, nella fascia che dalla costa atlantica della Guinea arriva ad Est sino all’Etiopia e all’Africa meridionale. La migrazione post-riproduttiva verso i quartieri di svernamento si svolge tra agosto e settembre, mentre quella pre-riproduttiva

verso i quartieri di nidificazione ha luogo tra la fine di marzo e la metà di maggio. Di abitudini solitarie, può comunque riunirsi in piccoli gruppi durante la migrazione o in inverno. Anche se prevalentemente terragnolo, si posa pure sugli alberi e trascorre la notte sul terreno al riparo della vegetazione erbacea. Nonostante il Prispolone sia in genere considerato una specie adattabile, la protezione del suo habitat resta la strategia migliore per garantirne la sopravvivenza. I continui mutamenti da parte dell’uomo nei confronti delle aree di nidificazione sono inevitabilmente una minaccia per questo Motacillide. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, in passato le attività agricole e pastorali in ambito collinare e montano rappresentavano una garanzia per il Prispolone,avvantaggiato dalla presenza di aree aperte adibite al pascolo degli animali. L’abbandono di queste attività e la conseguente dismissione dei pascoli hanno comportato l’eccessivo avanzamento delle zone boschive nei punti dove prima si estendevano pascoli e praterie, con la progressiva riduzione degli spazi in cui i Prispoloni nidificano o si procacciano il cibo; la specie mal si adatta a un’eccessiva copertura forestale. Tuttavia, anche quando il pascolo resiste, oggi le tecniche di gestione sono ben diverse da quelle della pastorizia tradizionale; si pensi per esempio allo sfalcio meccanizzato, che spesso distrugge i nidi posti al suolo, o l’utilizzo di fertilizzanti, che mette a rischio la vita dei pulcini.

L’allevamento in ambiente controllato

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Volo canoro a paracadute, fonte: www.vogelwarte.ch Durante la stagione riproduttiva sulla punta di un larice, fonte: www.unitonews.it Tipico camminare a terra, fonte: Occhiatoatpbase.com
Nonostante il Prispolone sia in genere considerato una specie adattabile, la protezione del suo habitat resta la strategia migliore per garantirne la sopravvivenza

di questa specie è abbastanza semplice, tranne il cosiddetto “appastellamento”, cioè il passaggio dal cibo insettivoro assunto in libertà al cibo commerciale, che viene eseguito fornendo nei primi giorni cavallette e tarme della farina, quindi tagliuzzate con un pastone per insettivori finché il soggetto becca quest’ultimo, cosa che si desumerà dalle deiezioni piene e corpose. Va comunque ospitato in ampie voliere dove possa esercitare il suo bel volo e, in primavera, dispiegare il suo meraviglioso canto. L’alimentazione consiste per la gran parte in mangime pellettato a grana fine, con integrazione di semi vari, pastone per insettivori e prede vive tra le quali sono preferite cavallette, grilli, tarme della farina e camole del miele. Qualche appassionato competente è riuscito a riprodurlo ricreando l’ambiente di alta montagna col suolo della voliera piantato di grandi ciuffi d’erba e alimentando la coppia con molti in-

setti vivi per l’imbecco della prole. Naturalmente, per quanto riguarda il canto, i nati in allevamento non possono certamente competere con gli uccelli selvatici, a meno che non vengano istruiti da qualche soggetto adulto quale maestro di canto.

Concludo ricordando mia suocera che, quando tornava il marito dalla caccia a capanno, spennava gli uccelli e contrassegnava i beccafichi e le tordine così da assicurarseli sullo spiedo, perché diceva fossero i più buoni per il tanto grasso che li ricoprivano prima della migrazione. Ora e per fortuna il Prispolone è una specie protetta ed è vietata la sua cattura e l’allevamento se non proveniente dalla riproduzione in ambiente controllato con l’apposito anello chiuso. La protezione di questo e di tanti altri uccelli è una cosa davvero saggia ed ancor di più dobbiamo lavorare per preservare gli ambienti di sosta e nidificazione: miglioreremo il mondo in cui viviamo come i pellerossa che dicevano “il mondo non ci è stato lasciato dai nostri padri, ma dato in prestito dai nostri figli”. Anche loro hanno il sacrosanto diritto di ammirare lo splendido volo del Prispolone ed ascoltare il suo meraviglioso canto.

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In migrazione su posatoio secco, fonte: www.amafoto.it

dal web e non solo

O rniFlash

Un uccello riesce a prevedere l’intensità degli uragani

Iltordo usignolo bruno è un piccolo uccello migratore che in estate termina la stagione dell’accoppiamento e della cova delle uova. Durante la bella stagione, questo piccolo uccello di appena 30 grammi si prepara a partire dal nord degli Stati Uniti e dal sud del Canada per arrivare fino al Sud America, attraversando il golfo del Messico e il mar dei Caraibi.

Il viaggio è lungo e molto pericoloso, soprattutto se questi uccelli incontrano sul loro percorso degli uragani molto intensi. In uno studio pubblicato su Scientific Reports nel 2018, gli scienziati hanno osservato che questo uccello terminava prima la stagione riproduttiva ed anticipava la partenza verso il Sud America quando la stagione degli uragani si sarebbe poi rivelata più intensa. Questo comportamento del tordo usignolo bruno è stato adottato nel corso di migliaia di anni di evoluzione. Ora i cambiamenti climatici stanno stravolgendo anche i cicli stagionali dei fenomeni atmosferici, come El Niño e La Niña. La conseguenza è quella che gli uragani saranno sempre più frequenti, intensi e si sposteranno più lentamente verso il golfo del Messico.

Ciò influirà anche sulla migrazione di questo uccello che prevede l’andamento della stagione degli uragani. Gli scienziati temono che questi volatili potranno essere portati fuori rotta o, addirittura, uccisi dall’intensità delle tempeste. L’esistenza di questi uccelli è messa a repentaglio anche dalla riduzione dell’habitat e dalle attività antropiche.

Fonte: https://www.innaturale.com/un-uccello-riesce-a-prevedere-intensita-degli-uragani

Itakahē (Porphyrio hochstetteri) sono uccelli di grandi dimensioni, con un aspetto che ricorda un po’ le galline d’acqua. La loro lunghezza può variare dai 50 ai 63 centimetri e pesano tra i 2,3 e i 4,2 chilogrammi. Vivono fino a 18 anni circa e hanno un piumaggio prevalentemente blu cobalto, zampe rosse e un becco robusto di colore rossoarancio. Soprattutto, sembrerebbe quasi sferico: ecco perché quando si erge frontalmente ricorda un piccolo mappamondo.

Questi volatili sono endemici della Nuova Zelanda e sono strettamente legati agli ambienti montani. Originariamente, erano diffusi in tutta l’isola, ma la loro popolazione è drasticamente diminuita nel corso dei decenni a causa della caccia e della distruzione dell’habitat (quando i colonizzatori introdussero animali non autoctoni come gatti ed ermellini).

Addirittura, nel 1898 l’uccello fu dichiarato estinto, dopo che gli ultimi quattro esemplari vennero uccisi dai cacciatori. Tuttavia, negli ultimi tempi qualche buona notizia fa ben sperare.

La prima notizia in realtà non è così recente: a metà del secolo scorso, infatti, il medico Geoffrey Orbell trovò un esemplare di takahē sui monti Murchison. Fu una scoperta importantissima, perché da quel momento si pensò a diversi interventi di conservazione e di ripopolamento che portò ad avere nel 2016 circa 300 nuovi takahē.

A oggi in Nuova Zelanda si contano circa 500 esemplari e le iniziative di ripopolamento continuano: solo recentemente sono stati liberati 18 uccelli nella valle Whakatipu Waimâori

Fonte: https://www.ohga.it/in-nuova-zelanda-sta-tornando-il-takaheluccello-preistorico-blu-che-sembra-un-mappamondo/

News al volo
In Nuova Zelanda sta tornando il takahē
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O rniFlash

Scoperta in Cina una nuova specie di dinosauro simile a un uccello

IlFujianvenator prodigiosus, un dinosauro simile a un uccello, è stato scoperto vicino a Nanping, in Cina. Questo dinosauro viveva nel sud-est della Cina tra 148 e 150 milioni di anni fa ed era caratterizzato da gambe insolitamente lunghe e non adatte al volo. Gli scienziati hanno recuperato i fossili di questo dinosauro a partire da ottobre 2022 e, anche se il fossile è relativamente completo, mancano alcune parti delle gambe e del cranio, rendendo difficile determinare il suo stile di vita e la sua dieta.

Il Fujianvenator prodigiosus è stato classificato come un uccello dai paleontologi cinesi a causa delle sue caratteristiche scheletriche uniche. Questo ritrovamento è molto importante perché il Fujianvenator aiuta a colmare alcune lacune nella comprensione dell’evoluzione degli uccelli. I dinosauri simili a uccelli del tardo Giurassico sono rari e i loro fossili sono difficili da conservare, quindi questo ritrovamento è davvero speciale.

Il Fujianvenator aveva gambe straordinariamente lunghe e sembra non essere stato in grado di volare. Queste caratteristiche lo rendono un dinosauro peculiare e raro. Nonostante manchino alcune parti del fossile, il suo corpo e gli arti mostrano tratti simili ad altri dinosauri simili a uccelli, come la lunghezza delle dita e i dettagli del bacino e delle vertebre.

Gli studiosi hanno proposto due possibili stili di vita per il Fujianvenator. Potrebbe essere stato un corridore veloce o un “vadeador” in ambienti paludosi. Tuttavia, data la sua morfologia, sembra più probabile che fosse un corridore molto veloce, simile a un corridore di strada.

Fonte: https://www.avvisatore.it/scoperta-in-cina-una-nuova-speciedi-dinosauro-simile-a-un-uccello

Ritorno dopo 148 anni del Piro Piro del Terek

Illimicolo più ricercato ha fatto sosta nelle risaie di Isola della Scala. È il Piro Piro del Terek (Xenus cinereus), un uccello di dimensioni medio-piccole con un lungo becco appartenente all’ordine dei Caradriformi e deve il suo nome al fiume dove è stato trovato il primo individuo che ne permise la descrizione della specie. Abita luoghi fangosi che alterna con ambienti paludosi, ma lo si trova anche su aree costiere con acque poco profonde o nelle lagune. È possibile vederlo pure negli acquitrini, nelle risaie e sulle saline.

Nel Veronese non si vedeva da 148 anni: infatti, il precedente avvistamento segnalato, catalogato e pubblicato risale al 1875 nel Comune di Castagnaro. In Veneto, la sua presenza più recente è del 28 agosto 2017 quando fu notato a Porto Tolle (provincia di Rovigo). Di fatto, le segnalazioni conosciute di Piro piro del Terek in Veneto sono solo 16 che lo fanno un «migratore irregolare». A segnalare la nuova visita nel Veronese, a Vò Pindemonte nel Comune di Isola della Scala, è stato Ernesto Cavallini, referente del Wwf veronese per le zone umide. La scoperta è stata casuale essendo stato notato osservando una fotografia di uno stormo di Corrieri grossi.

Fonte: https://www.larena.it/territorio-veronese/villafranchese/ritorno-dopo-148-anni-del-piro-pirodel-terek-sosta-nelle-risaie-1.10276810

dal web e non solo

News al volo
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ALIMENTAZIONE

L’erba del buon umore

testo e foto di ALESSANDRO LEZZI

L’erba del “buon umore”. Si, perché veniva usato come antidoto contro la Malattia Nera cioè la depressione. Il nome deriva dal Greco “Oros” montagna, e da “Ganos” delizia, bellezza, gioia, con il significato quindi di: bellezza di montagna.

È una pianta della famiglia delle Lamiaceae e comprende diverse decine di specie tra cui l’Origano comune (l’Origanum vulgare). Questa famiglia di piante ha il principale centro di differenziazione nel bacino del Mediterraneo nelle zone della Macchia Mediterranea in terreni rocciosi, calcarei e sabbiosi.

Queste piante arrivano ad una altezza di 70/80cm. L’origano è una notissima pianta aromatica spontanea il cui largo uso a livello culinario e medica-

mentoso fa sì che venga coltivata per poterci fornire in ogni momento dell’anno in forma fresca o essiccata i suoi benefici. Erba aromatica che nella cucina mediterranea è una delle più diffuse e usate in virtù del suo stimolante profumo. Avrebbe anche proprietà antiossidanti in particolare nel suo olio essenziale. Tipicamente

mediterranea, questa pianta era già conosciuta e utilizzata dagli antichi Egizi e Greci. Per quest’ultimo popolo aveva un significato molto importante che era la Pace e la Felicità, e si onoravano gli sposi nel giorno delle nozze. Nella medicina popolare, l’origano viene utilizzato come rimedio interno per il trattamento di svariate affezioni delle vie respiratorie, quali tosse, infiammazioni bronchiali e catarrali. Favorisce anche la secrezione dei succhi gastrici ed è digestivo, per cui viene impiegato come decotto e infuso.

Anche per i nostri piccoli amati beniamini l’origano può essere fonte di benessere come integratore alimentare naturale per rafforzare le difese immunitarie. Si consiglia l’uso durante i periodi di precova, svezza-

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Il nome deriva dal Greco “Oros” montagna, e da “Ganos” delizia, bellezza, gioia, con il significato quindi di: bellezza di montagna
Pianta di origano selvatico Mazzetti di origano Fiori di origano

mento e muta. Si può somministrare tale e quale nelle linguette o, chi riesce a procurarsi i ramoscelli, fornendoli una volta ogni 10/15 gg. Io personalmente preferisco i ramoscelli che, divisi in piccoli mazzetti, distribuisco appesi nelle voliere in modo da stuzzicare la curiosità dei novelli, fungendo anche da diversivo per non strapparsi le piume tra loro. Contiene anche molte vitamine A, B, C, D e K, oltre a tanti sali minerali

quali calcio, potassio, fosforo, sodio, ferro e magnesio. Non sono comuni effetti indesiderati.

Valori nutrizionali e calorie per 100 gr origano fresco:

•63 kcal

•Proteine 2,2 g

•Grassi 2 g

•Carboidrati 2,7 g

•Zuccheri semplici 2,7 g

•Fibra 8,4 g

100 gr di origano essiccato apportano 265 calorie di cui:

•9,93 g di acqua

•9 g di proteine

•4,28 di lipidi

•42,5 di fibre

•68,92 dì carboidrati.

Vitamine e minerali per 100 gr di origano:

•Calcio 1597 mg

•Potassio 1260 mg

•Ferro 36,80 mg

•Sodio 25 mg

•Magnesio 270 mg

•Fosforo 148 mg

•Vitamina C 2,3 mg

•Vitamina E 18,26 mg

•Vitamina B1. 3,86 mg

•Vitamina B6. 1,24 mg

•Vitamina A 85 ug

•Vitamina K 621,7 ug

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Olio essenziale di origano Origano in foglie Somministrazione in mazzetti
Si può somministrare tale e quale nelle linguette o, chi riesce a procurarsi i ramoscelli, fornendoli una volta ogni 10/15 gg.

ed eventi

V olontariato

Esperienza con l’Associazione “Parkinson Puglia”

Trale tante esperienze vissute con i nostri amici canarini, oggi vogliamo raccontarvene una molto significativa e toccante che ha visto comeprotagonistigliiscrittiall’associazione

“Parkinson Puglia”. Grazie all’invito della nostra caraamicaAnnamariaLamanna,abbiamo mostrato come la compagnia di uno o più canariniportabeneficioall’umoreeallamobilità. La cura di un canarino fornisce uno stimolo gradualeecostantechemantieneattivotuttoil corpo, grazie a gesti naturali e spontanei. Il Parkinson in particolare è una delle malattie neurologiche più frequenti che limita le capacità motorie e l’autonomia, riducendo la partecipa-

zione alla vita sociale. Siamo certi che la compagnia di un canarino può ridurre la percezione della solitudine migliorando l’emotività e la socialità, stimolando le capacità affettive e favorendo anche il rilassamento. Ciò che abbiamo infatti riscontrato da parte di famigliari e pazienti è la risposta positiva, la voglia di scoperta di un mondo fino ad allora pressoché sconosciuto. Anche questa volta siamo andati via in punta di piedi, con in tasca il sorriso e la gioia di tutti i presenti, lasciando anche in questa struttura una gabbietta con la sua coppia di canarini! Facebook : https://www.facebook.com/giuseppealbergo20

Progetti
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Identità distinte

Da qualche anno sto seguendo le vicissitudini del Raggruppamento Ornitologico Calabro, impegnato nel tentativo di far revisionare il Regolamento regionale n°13 del 2010 che ha per oggetto “Allevamento e detenzione della fauna selvatica”.

Un’impresa davvero ardua per i dirigenti del R.O.C. che, seppur affrontando la questione in maniera seria e competente, si sono ritrovati di fronte a delle situazioni di non facile gestione. La più inverosimile tra tutte è quella di trovare nello stesso contesto noi ornicoltori ed i cacciatori senza che neanche fossero minimamente considerati i fini delle rispettive categorie, sicuramente diversi, se non in alcuni casi opposti.

La sola cosa che accomuna gli intenti di noi ornicoltori e dei cacciatori è far luce su quali siano gli esatti criteri che stabiliscono i soggetti da considerare selvatici (di conseguente proprietà dello Stato) e sui quali la legge possa essere applicata. A riguardo, avevo già scritto Un distacco difficile (blog www.aobrutia.altervista.org), J’accuse (I.O. giugno/luglio 2023), Col dovuto rispetto (blog www.aobrutia.altervista.org).

A giudicare dai feedback ricevuti, sembra che quanto pubblicato sia stato particolarmente apprezzato e, da alcune recenti notizie, pare anche che l’attuale Governo abbia espresso interesse a fare chiarezza sulla questione. È stata infatti presentata un’interrogazione parlamentare da parte dell’On. Bruzzone per definire la natura giuridica degli esemplari domestici a fenotipo ancestrale rispetto a quelli selvatici.

Il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ha altresì dichiarato di trovarsi in linea con le indicazioni giurisprudenziali presenti nel testo presentato dall’On. Bruzzone.

Quindi, salvo imprevisti dell’ultima ora ed in attesa che vengano risolte delle questioni prioritarie, esiste la concreta possibilità che venga apportata una specifica modifica in tal senso alla tanto discussa legge 157/92. Tra l’altro, proprio lo stesso Ministero ha posto in evidenza come la fauna allevata sia sottoposta ad una diretta selezione da parte dell’uomo, che ne controlla e ne regola la riproduzione, plasmandone nell’arco del tempo sia il genoma che le attitudini; pertanto, non si riscontrano similitudini con la fauna selvatica.

Una buona notizia, anzi eccellente; tuttavia, c’è un piccolo neo. Quando l’On. Bruzzone ha rilasciato la sua dichiarazione al riguardo, ha parlato esclusivamente dei richiami vivi utilizzati nella caccia di appostamento. Ha altresì sottolineato la necessità di fare chiarezza sulle numerose controversie legate proprio ai richiami vivi. Nessun cenno sul-

l’allevamento ornamentale ed amatoriale per le specie ornitiche non oggetto di caccia.

Da quel che sembra, anche se non espressamente menzionati, l’autorizzazione includerà comunque i soggetti detenuti da noi ornicoltori. La completa mancanza di considerazione del nostro movimento potrebbe essere un prezzo relativamente irrisorio da pagare se si pensa che la posta in gioco sia quella di riuscire a risolvere in maniera definitiva un problema che ci attanaglia da oltre trent’anni. Dal punto di vista pragmatico, senza dubbio è così, anche se la storia ci ha insegnato che le cose vanno poi in maniera diversa. Tradizionalmente, noi ornicoltori abbiamo sempre tenuto quello che in gergo si definisce “un profilo basso” nei confronti della società in cui viviamo e di cui siamo parte. Nel corso degli anni, però, molte cose sono cambiate.

NUMERO 10 -2023 47 CRONACA

Siamo passati a confrontarci con una società che in passato dimostrava empatia verso noi ornicoltori, mentre oggi non sembra esserci più molto amica. Il mantenere un profilo basso sarebbe un errore, poiché non deriverebbe da una scelta ponderata ma da una sorta di tacito assenso (magari si potrebbe anche definire come una sorta di “comodità”) per continuare indisturbati a praticare il nostro hobby.

Oggi restare nell’oblio dal punto di vista dell’identità potrebbe essere controproducente.

L’identità, sia personale che di gruppo, è un discorso connesso ad una riflessione sulle differenze, di qualsiasi natura esse siano. Se il motto di noi ornicoltori è “Allevare e proteggere” appare evidente che vi siano finalità molto diverse da chi pratica la caccia. Non si possono ignorare i principi base che esistono per l’identificazione e la differenziazione delle specifiche identità culturali. Questi, poi, sono i principi che modellano le abitudini, le memorie e gli stessi rapporti che ogni singolo gruppo ha con la società e le stesse istituzioni. Sul piano teorico l’identità non è un oggetto dotato di autonomia propria. Spetta a noi ornicoltori difendere la nostra; diversamente, rischiamo di creare un’alterità con chi ha finalità diverse

dalle nostre, in questo caso con i cacciatori.

L’alterità, anche se quasi mai espressamente nominata, sta diventando il canone contemporaneo sul quale deve essere indirizzata qualsiasi visione culturale o progetto sociale. Questo succede perché la parola “identità” viene spesso denigrata poiché accostata a tematiche molto complesse (ad esempio l’identità di genere, l’identità nazionale in rapporto ai migranti ecc.). Nel nostro caso, però, l’identità ha tutt’altra valenza e va vista nel suo significato più stringente.

Lasciare che noi ornicoltori, in qualche modo, veniamo accorpati ai cacciatori è deleterio perché ci poniamo in quella condizione che alcuni autori di sociologia definiscono “stato di minorità sociale”, ovvero quel senso di impotenza dato dalla mancata possibilità di interazione con tutti gli eventi che accadono intorno a noi. Ancor peggio quando si

verifica la mancanza di efficacia delle nostre azioni ad apportare cambiamenti allo stato delle cose.

Si potrebbe obbiettare sul fatto che, considerando la nostra storia, a questo dovremmo essere abituati. Pur essendoci del vero, oggi non possiamo più mettere a rischio la nostra stessa esistenza. Non possiamo più essere spettatori di ciò che riguarda la nostra passione.

Seppur difficile, è necessario uscire da questa forma mentis e reagire quanto prima.

Non possiamo confondere la nostra identità con nessun altro gruppo. A prescindere se si abbiano o meno affinità di qualunque tipo, c’è bisogno di identità distinte.

Dobbiamo trovare il coraggio di fare autocritica e riuscire a riconoscere i nostri errori, anche quelli che noi, forse per mera opportunità delle circostanze, abbiamo accettato.

Soprattutto, dobbiamo evitare di commiserarci per la maniera in cui le cose siano andate negli anni passati. È giusto che si abbia la consapevolezza di accettare il passato, ma dobbiamo farlo in chiave critica, perché quello che ieri pensavamo fosse il futuro, nella realtà dei fatti, è già ora ed il nostro tempo per correggerci sta per scadere.

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Rappresentazione dell’immaginario collettivo sociale nel quale esiste un punto di alterità tra noi ornicoltori ed i cacciatori
Sul piano teorico l’identità non è un oggetto dotato di autonomia propria

Una nuova realtà ornitologica alle falde del Vesuvio

Chi, come il sottoscritto, è da sempre appassionato di natura e di ornitologia, deve per forza, nel corso del suo “cammino”, essersi imbattuto in un nome… quel nome che da sempre è visto come punto di riferimento per la scienza, per la zoologia, per l’evoluzionismo.

Charles Darwin, un nome che tutti conosciamo, un personaggio che ha contribuito notevolmente, con i suoi studi, a dare l’input per una nuova visione del regno animale e di conseguenza anche della nostra ornitologia.

Fino ad oggi, nessuno in Italia ha mai pensato di intitolare simbolicamente a Darwin una associazione ornitologica.

Come mai a nessuno è mai venuto in mente?

Forse perché la maggior parte delle associazioni ornitologiche nel nostro Paese hanno ancora l’arcaica tendenza di far emergere nel nome l’appartenenza ad un preciso territorio. Ma partendo dal presupposto che gli allevatori che aderiscono ad un’entità associativa non sono più circoscritti come un tempo ad una specifica provincia, o comunque a zone limitrofe, continuare ad inserire il toponimo della città nel nominativo dell’associazione è ormai una scelta a mio avviso poco sensata.

Oggi un’associazione ornitologica del nord Italia può annoverare iscritti

dalla Sicilia e, viceversa, una associazione del sud può avere soci con residenza in Alto Adige.

Con l’avvento della rete e soprattutto dei social network non vi sono più confini fisici per la nostra passione

ed ognuno degli allevatori nazionali iscritti alla nostra Federazione ha la piena libertà di iscriversi ad una qualunque associazione affiliata alla F.O.I. D’altronde, un’associazione non è altro che un insieme di persone legate dal perseguimento di uno scopo comune.

La Campania, da sempre, è una zona che pullula di bravi allevatori ornitofili.

Il territorio partenopeo è rinomato per le sue antiche tradizioni in ambito ornitologico.

Io stesso, che frequento spesso quei luoghi per motivi di lavoro, conosco benissimo il potenziale dell’allevamento ornitologico a Napoli e dintorni.

Il legame con l’ornitologia è ben radicato in quelle zone, tant’è che in quasi ogni abitazione, da tempi remoti, si sono sempre allevati soprattutto cardellini, canarini o ibridi. Questa premessa per presentare una nuova realtà.

Alle falde del Vesuvio, e più precisamente nella cittadina di Boscotrecase, è nata l’Associazione Ornitologica Darwin A.P.S.

Boscotrecase, è una località di poco più di 9000 abitanti, un Comune appartenente al Parco nazionale del Vesuvio.

La storia di questa città, già di per sé, annovera un’antica tradizione ornitologica. Lo stesso Raimondo Orsini del

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Logo dell’Associazione Ornitologica Darwin
Fino ad oggi, nessuno in Italia ha mai pensato di intitolare simbolicamente a Darwin un’Associazione ornitologica

Balzo, Conte di Nola, che abitò in questa cittadina alla fine del XIV secolo, era un appassionato allevatore di uccelli (ho trovato alcuni riferimenti in una ricerca su Bollettino storico di Terra d’Otranto, a cura di Andreas Kiesewetter).

Proprio in questa località celebre per il vino e per la lavorazione della pietra lavica, adesso è stato reso omaggio al nome del celeberrimo naturalista inglese Darwin.

Con Delibera del C.D.F. del 07 luglio 2023, questa associazione ha ottenuto ufficialmente l’affiliazione alla Federazione Ornicoltori Italiani.

L’Associazione Ornitologica Darwin

A.P.S. nasce dall’idea di sette amici allevatori, i quali formano oggi il consiglio direttivo (2023/2026), così composto:

- Presidente: Bartolomeo Cozzolino

- Vicepresidente: Vincenzo Oliva

- Segretario/Tesoriere: Emilio Fiorenza

- Consigliere: Alessio Capone

- Consigliere: Alfonso Cirillo

- Consigliere: Diodato Scarfato

- Consigliere: Alessio Russo

Questa nuova realtà ornitologica nasce con l’obiettivo di lavorare per il futuro stesso dell’ornitologia, impegnandosi nell’organizzazione di eventi, di mostre ornitologiche ed oc-

cupandosi di divulgazione.

L’intenzione dei soci fondatori è ben precisa: questa realtà associativa sarà differente da ogni altra, poiché si distinguerà per determinazione e per qualità dell’offerta divulgativa che verrà proposta.

L’obiettivo è pertanto quello di far giungere l’ornitologia dove ancora non è arrivata… una diffusione dell’informazione a una più ampia platea di destinatari.

Non ci si limiterà a fornire anelli ai propri associati, ma sarà una fresca organizzazione, composta da persone con la volontà di svolgere un servizio a favore della propagazione ad ampio raggio della passione or-

nitologica, non solo nella regione Campania, ma anche a livello nazionale.

“Siamo un gruppo di amici compatti e che hanno voglia di lavorare per il bene comune e del nostro amatissimo hobby. Ci siamo prefissati degli obiettivi che vorremmo raggiungere... uno dei primi è realizzare una mostra… siamo un’associazione nuova e di ultima tecnologia… faremo la differenza!” - questo ha dichiarato il Presidente Cozzolino.

Un’associazione moderna, all’avanguardia anche sul piano tecnologico, poiché ad esempio permette modalità di pagamento anche tramite “bitcoin”, una procedura del tutto inedita e innovativa per questo settore.

La regione Campania conta già ben 34 Associazioni affiliate alla nostra Federazione.

Perché fondarne un’altra?

Beh, io vi pongo invece la domanda opposta… Perché no?

Perché non dare la possibilità ai giovani di creare una nuova inedita realtà… progettandola, strutturandola e portandola avanti nel tempo con i propri intenti e le proprie convinzioni?

Sicuramente è un’iniziativa lodevole, che deve essere sostenuta.

Sappiamo bene che vi è una vera e propria crisi sociale in corso nel nostro Paese, ma tale crisi è evidenziabile ad ogni livello, sia in Europa, sia nel resto del mondo.

Proprio per questo motivo, nuove entità associative possono fare la differenza, anche in settori definibili “di nicchia” come il nostro.

L’ornitologia è una sana passione, che come ogni altra va incentivata e coltivata, per far crescere nuovi allevatori capaci di assicurare quel ricambio generazionale in cui tutti speriamo, per far sì che questo nostro “divertimento alato” non vada attenuandosi negli anni a venire.

Una nuova realtà associativa ideata da menti giovani può fare senza dubbio la differenza.

Ben venga quindi l’Associazione Ornitologica Darwin.

Benvenuta nella nostra grande famiglia F.O.I.!

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Non ci si limiterà a fornire anelli ai propri associati, ma sarà una fresca organizzazione, composta da persone con la volontà di svolgere un servizio a favore della propagazione ad ampio raggio della passione ornitologica

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Ilpresente articolo tende a delineare gli aspetti normativi legati all’area Giudici della FOI, con particolare riferimento al ruolo all’interno dell’attività espositiva e al principio di meritocrazia che ogni comunità dovrebbe attuare per valorizzare alcuni e spronare altri a fare sempre meglio.

L’interesse ad approfondire tale argomento si fonda sulla constatazione dell’assenza di un solido impianto normativo e dell’inesistenza di un codice operativo, o di una casistica che dir si voglia, che possa in qualche modo invogliare i tecnici ad auto-aggiornarsi.

A fronte della tradizionale importanza attribuita dagli operatori del settore alla scheda di giudizio, nonché per esperienze strettamente personali, ho individuato un oblio relativo a tutti gli atti obbligatori e non. Tutto ciò dovrebbe far riflettere. La mancanza di una norma capace di legittimare una Commissione con il compito di sanzionare qualora vengano commesse irregolarità “dolose” o per imperizia/incompetenza, sia da parte dei Giudici che degli Espositori o, ancora, dagli organizzatori di mostre di qualsiasi livello, fa porre alcune domande.

Commissario di Mostra

Art. 22 R.G.M.

“In caso di irregolarità riconosciute all’ingabbio, il Comitato Organizzatore dovrà escludere il soggetto dalla manifestazione. Se le irregolarità saranno rilevate durante o dopo il giudizio, il Comitato dovrà, in ogni caso, escludere i soggetti dalle classifiche e dalla premiazione. Nel caso l’irregolarità sia considerata dolosa, cioè nel caso di provata frode intesa ad ingannare il Comitato Organizzatore od il Giudice, l’esemplare dovrà essere eliminato da qualsiasi classifica o premio. Le infrazioni dolose ed espressamente palesi, rilevate durante il giudizio, dovranno essere verbalizzate e sottoscritte dal Responsabile di Giuria, dal Giudice interessato e dal Direttore Mostra. Gli atti relativi dovranno essere inviati alla Segreteria FOI per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari”

L’attualità complessiva della tematica è resa ancor più rilevante dalla discussione sul disegno normativo in esperimento per modificare il sistema di giudizio con quello a confronto o, ancor meglio, con sistema misto, cioè giudicare solo i migliori con scheda analitica. Con questo scritto si vuole analizzare l’approccio allo strumento detto “deferimento - squalifica” da parte dei Giudici e soprattutto come esso viene utilizzato nella fase della comminazione di sanzioni e/o di eventuali scritti difensivi.

Inoltre, si è cercato di capire se e come sia possibile sfruttare le potenzialità del Giudice, rendendole più trasparenti e funzionali all’attività svolta ed efficaci sotto il profilo dell’utilizzabilità nella fase sanzionatoria. In sostanza, si cerca di verificare se lo strumento, (rapporto di giudizio) conformemente all’attuale quadro normativo ed alla interpretazione sistematica che in esso viene data, sia relegato a mero supporto per l’attività medesima o meno.

Inquadramento del Giudice F.O.I. Attività e dipendenza funzionale dal Presidente di Giuria.

Il Giudice F.O.I., oltre al primario ma non esclusivo compito di giudizio dei soggetti esposti, è l’elemento del procedimento incaricato a collaborare con il Presidente di Giuria nell’evidenziare violazioni normative. L’individuazione dei presunti autori delle violazioni e l’assicurazione delle fonti di prova con l’assolvimento di compiti meramente esecutivi intesi a dare procedibilità ai provvedimenti della Commissione predisposta dal Consiglio Direttivo Federale, fa capire quanto sia importante la figura del Presidente di Giuria. Tra le attività ad iniziativa del Giudice, quella informativa assume un’importanza prioritaria e può identificarsi nell’esercizio di due distinte funzioni: una di individuazione del problema e l’altra di comunicazione dello stesso alla Commissione competente tramite il Presidente di Giuria. Lo stesso articolo 55 del Regola-

Il profilo del giudice F.O.I.
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testo di SERGIO PALMA, FOTO F.O.I.

a tema

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mento Generale Mostre descrive le funzioni e precisa che il Giudice “ha l’obbligo, pena provvedimento disciplinare, di compilare il verbale di infrazione per tutte le irregolarità di cui pervenga a conoscenza nell’espletamento del suo mandato”.

La notizia costituisce l’informazione destinata alla Commissione competente, che la acquisisce facendola propria attraverso il verbale stesso.

L’attività informativa che il Giudice può fare rappresenta un insostituibile motore di ricerca nella fase dei primi accertamenti, se non funzione preventiva.

L’autonomia è riconosciuta in questa fase al giudice dall’art. 45 del R.G.M.

“Il Giudice deve astenersi dall’iniziare o proseguire il giudizio nei seguenti casi:

a)di soggetti appartenenti a specie o razze per le quali non è abilitato;

b)di soggetti appartenenti a specie o razze non previste a concorso;

c)di soggetti che riportano segni di riconoscimento (doppio anello recante medesimo RNA o se diverso appartenente a familiare convivente, oppure anello colorato di anni precedenti non previsti nelle classifiche ufficiali FOI);

d)di soggetti con mancanza di un arto, di una o più dita, di una o più unghie;

e)di soggetti con cecità parziale o totale;

f)di soggetti che presentano mancanza importante e/o comunque evidente di timoniere e/o remiganti;

g)di soggetti che presentano cattive condizioni di salute;

h)di soggetti con dita non prensili;

i)in ambienti non idonei, o comunque con luce insufficiente o a temperatura inadeguata (per le razze da canto vale quanto disposto dal regolamento speciale);

j)quando infrazioni regolamentari impediscano od ostacolino il suo operato.

Al termine del giudizio il Giudice compilerà le classifiche ufficiali, secondo quanto stabilito dal regolamento-programma della manifestazione ed un verbale, in duplice copia, su modello federale, sul quale vanno annotati il numero dei soggetti giudicati per specie e categorie a concorso, quelli dichiarati primi classificati, eventuali infrazioni ritenute dolose nonché una relazione sull’andamento del giudizio. La consegna del suddetto verbale sancisce l’ufficialità e la chiusura delle operazioni di giudizio.”

È sottolineata dalla scelta del “regolamentatore” di vincolare all’osservanza delle decisioni prese da tutti gli attori della scena/mostra, nonché la possibilità di continuare a svolgere l’attività di iniziativa fino alla comunicazione ufficiale della fine lavori con apposito verbale. L’espletamento di una efficace attività di iniziativa presuppone una autonomia che è sancita, ma non in modo soddisfacente, dalle fasi successive. (art. 56 R.G.M.) “Le infrazioni al presente regolamento ed ai regolamenti speciali in materia di manifestazioni ornitologiche, commesse dalle Associazioni organizzatrici, vengono perseguite dal Consiglio Direttivo Federale, a seconda della gravità dell’infrazione, attraverso la comminazione di una sanzione consistente nel

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cedimento stesso, in quanto il giudizio finale può trovare fondamento unicamente nel valore oggettivo delle prove formatesi durante la discussione.

Nella fase di valutazione di un soggetto, momento naturale di acquisizione della prova di una eventuale infrazione, il Presidente della Commissione formerà prima il proprio convincimento e poi il proprio rapporto finale. In quel momento, il Giudice terminerà la propria funzione con il contenuto del verbale.

La figura del Giudice non risulta compresa in alcuna fase e, di fatto, risulta marginale rispetto al procedimento. L’attenzione su alcuni aspetti significativi e, in particolare, sull’analitica individuazione degli elementi distintivi del fatto sanzionato è del tutto avulsa alla figura del Giudice stesso.

divieto di organizzare manifestazioni ornitologiche per un periodo massimo di due anni.”

La dipendenza funzionale comporta la “subordinazione” di chi è tenuto al rispetto delle regole ma di contro non ha la possibilità nei confronti dell’autorità sovraordinata di far valere il lavoro e gli accertamenti svolti in sede di comminazione di eventuali sanzioni. I compiti istituzionali demandati dai vari regolamenti ed enfatizzati dalla legittimazione a compiere giudizi e redigere verbali, o quanto altro si renda possibile per l’accertamento di infrazioni e lo svolgimento del giudizio, evidenziano ulteriormente il ruolo di soggezione rispetto ad altri organi, anche alla luce dei più ampi poteri che dovrebbero essere riconosciuti per l’acquisizione di elementi probatori destinati a confluire all’attenzione del C.D.

Il giudizio, il rilievo di infrazioni, l’accertamento di esse e la comminazione di sanzioni non possono essere considerati come entità distinte poiché rappresentano fenomeni in interazione tra loro.

Nelle riunioni delle varie Commissioni, non sempre è possibile evincere dagli atti quanto l’informazione diretta potrebbe avere sul pro-

L’utilizzabilità delle notizie inserite nel verbale di accertamento della infrazione Oggi non possono giungere, davanti alla Commissione, notizie che siano al di fuori del verbale di infrazione. Oggi, le norme Federali non prevedono la diretta citazione del Giudice o Presidente di Giuria ma solo l’ammissibilità delle “controdeduzioni” del deferito. Tecnicamente, qualora le persone che avrebbero commesso l’infrazione non vengono coinvolte attraverso la richiesta delle controdeduzioni, le informazioni fornite con il verbale del Giudice non solo non possono essere “utilizzate” ma neanche “acquisite”, in quanto non può esistere alcuna procedura all’insaputa dell’allevatore. Si avverte quindi la necessità di una Commissione che non sia formata solo dai Tecnici-Giudici ma, per esempio, da un componente dei Probiviri, un componente del Consiglio Direttivo (possibilmente non Giudice) ed un Rappresentante nominato dall’Allevatore. Allo stato attuale, la disparità tra accusa e difesa è notevolmente a favore dei verbalizzanti. Il rappresentante dell’Ordine dei Giudici dovrebbe fungere da pubblica accusa durante i vari procedimenti disciplinari, come anche si avverte l’esigenza di conoscere, da parte dei Giudici, l’esito dei propri verbali di contestazione delle varie infrazioni anche quando sono archiviati, senza omettere le motivazioni.

a tema

Argomenti
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La Senape selvatica (Sinapis arvensis)

Fra l’amarognolo ed il piccante molte son le virtù di un’erba infestante

di PIERLUIGI MENGACCI, foto P. MENGACCI, WWW CASAEGIARDINO IT, Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

Premessa

Sono anni che percorro in macchina una stradina a senso unico che collega il mio paese alla sottostante strada provinciale per raggiungere il mio studio tecnico in Pesaro, senza attraversare l’abitato di S. Angelo in Lizzola. Al primo tepore primaverile i suoi lati si trasformano in due ali fiorite di giallo, fin quasi a impedire la viabilità.

Mi son sempre chiesto: “Che erbacce infestanti saranno che producono questa invasione di giallo?”. Con mia

moglie, che mi accompagna quasi quotidianamente, si ipotizzava: “Colza? Ravizzone? Oppure… Rapa?”. La fretta e la stradina stretta senza un’area di sosta non hanno mai permesso di fermarmi ed osservare più da vicino. Ad ogni percorso questi dubbi erano sempre presenti fin quando le macchine operatrici del Comune falciavano il tutto e la cosa finiva lì.

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Sinapisarvensis in fioritura, foto: P.Mengacci Rosetta basale di senape selvatica, foto: P.Mengacci

Una mattina di metà aprile non ho resistito: lo spettacolo della fioritura meritava di essere fotografato e “decifrato”; rallento ed accosto il più possibile sul lato destro, quasi ad entrare nel fosso di guardia. Mia moglie, allarmata, mi urla: “Attento… Vai nel fosso! Perché ti fermi? Hai bucato?”. Senza rispondere, con il cellulare in mano scendo velocemente e controllo che non venga giù nessuno; mi apposto, faccio un paio di fotografie, strappo un paio di pianticelle, risalgo in macchina e parto. Il tutto si è svolto nemmeno in un minuto, mentre Angela, rimasta basita, non ha saputo dirmi altro. “Tu sei veramente matto! Non potevi fermarti più avanti nella provinciale? Ci sono gli stessi fiori...”. “Sì, ma non sono spettacolari come questi! E poi, sono diversi anni che discutiamo di che pianta si tratti e questa volta voglio risolvere il dilemma: colza, ravizzone, o rapa? Più tardi ho appuntamento con Massimo (agro-

nomo): lui conosce il posto, con le foto e le pianticelle che ho strappato sicuramente mi toglierà questo annoso dubbio!”.

Infatti, una volta giunti in ufficio, Massimo è lì fuori ad aspettarmi e prima di entrare gli prospetto il mio dubbio: “Colza, ravizzone o rapa?” gli chiedo, nel mostrargli le foto. Ma, alla vista dei due rametti, sentenzia: “Niente colza, rapa e tantomeno ravizzone, questa è la senape selvatica (Sinapis arvensis). È facile confondersi:

ha fiori gialli come la colza(Brassica napus), ma fusto e foglie sono diversi. Se guardi bene il fusto è ispido e striato di rossastro, a differenza della colza che è verde chiaro e senza peli. Le foglie sono verde scuro, rugose, seghettate e pennate, mentre quelle della colza sono verde chiaro e non hanno i bordi seghettati. In questo periodo tutte le strade della nostra zona sono abbellite da questa cascata di fiori gialli della senape, fin quando le macchine operatrici non radono tutto! Una cosa devi sapere della senape selvatica: le rosette basali e i getti primaverili sono buonissimi da mangiare bolliti e conditi con un filo d’olio; inoltre, non hanno il classico profumo solforoso della colza e di altre Brassicaceae. Nella nostra zona ci sono anche nei luoghi incolti, ormai pochi, ed anche nei campi arati, in qualche vigneto e lungo gli argini di qualche fosso e stradine di campagna. Se vuoi raccoglierle, fai atten-

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Fiore di senape selvatica, foto: P.Mengacci Senape selvatica racemo con sepali gialli e verdi più stelo con silique verdi, foto: P.Mengacci
Le spiegazioni ed i consigli di Massimo sono sempre precisi e sollecitano in me la voglia di conoscere e cimentarmi con molte piante erbacee

zione, sempre lontano da fonti inquinanti, e mai lungo le strade… ma voi già lo sapete. Ti dico un trucco per distinguerle: strofina una foglia, sentirai il classico profumo delicato di senape, mentre quelle della colza hanno un profumo pungente e penetrante. Se vuoi farne una raccolta, credo non siano ancora in fiore, vai lungo il fosso del Carnocchio, dovrebbero esserci ancora, e così puoi gustarne il sapore di una cottura! Ah, hai mai assaggiato la “mostarda” o la salsa di senape? Ebbene, se non lo sapete e non le avete mai assaggiate, sono fatte con i semini della senape! Se vuoi ti do una ricetta per fare in casa una salsa di senape particolare…” (ricetta che riporto nel paragrafo che tratta della senape selvatica in cucina).

Le spiegazioni ed i consigli di Massimo sono sempre precisi e sollecitano in me la voglia di co-

noscere e cimentarmi con molte piante erbacee. Anche questa volta Massimo ha centrato l’obiettivo e la senape selvatica è entrata nella mia agenda conoscitiva e nel mio piatto.

L’indomani mi son fatto una bella scarpinata lungo il fosso del Carnocchio.

Alla fine, con un po’ di ritrosia da parte di mia moglie, un cestino di rosette di senape selvatica sono finite nella pentola e, con piadina e prosciutto, hanno profumato la mia cena e soddisfatto il mio palato!

Alcuni cenni botanici

La senape selvatica (Sinapis arvensis) è una pianta erbacea annuale originaria del Mediterraneo, della famiglia delle Brassicaceae, che raggiunge i 7080 cm di altezza. È diffusa in tutto il mondo, tanto che in alcuni luoghi è considerata una vera e propria infestante. In Italia è conosciuta anche con i nomi popolari di falcona, senapino o sarepino, raparello o rapicello selvatico. È possibile trovarla fino ai 1000 metri di altitudinee nel nostro Paese è facilmente reperibile nelle regioni centro-meridionali, mentre non si trova al nord.

La radice della Sinapis arvensis è corta, esile e di colore bianco. Le foglie di questa specie sono picciolate, con lunghezza e larghezza variabili tra quelle basali e cauline che vanno da 1-4 cm di larghezza fino ai 4-18 cm di lunghezza, con lembi oblunghi, ovali, lanceolati, lirati, o dentati. Sono tutte di color verde scuro opache e rugose.

L’infiorescenza è un racemo, con sepali gialli o verdi, strettamente oblunghi, lunghi 5-6 mm larghi 1-1,8 mm; petali di colore giallo pallido o più acceso.

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Senape selvatica, stelo con rametti e silique semimature, foto: P.Mengacci Senape semi, fonte: www.casaegiardino
Sia la senape selvatica che le altre varietà vengono coltivate non solo per la produzione dei semi

Il frutto è una siliqua, per lo più ricurva, picciolata, larga 1,5-3 cm, e lunga 2-4,5 cm, contenente mediamente 4-8 semi.

Etimologicamente il nome del genere deriva dal greco “sinápi”, ma la sua origine è egiziana o indiana; l’epiteto specifico “arvensis” significa “dei campi arati” ed indica l’habitat preferenziale. Nella mia zona, oltre ad infestare i bordi stradali, la possiamo trovare lungo i fossi, le stradine interpoderali e vicinali, in alcuni campi incolti e nei vigneti.

Sotto la definizione Sinapis ci sono diverse specie e fra queste abbiamo la Sinapis alba e la Sinapis nigra (anche Brassica nigra). Molto simili sono anche altre due specie e cioè la Brassica incana e la Brassica fruticulosa

Sia la senape selvatica che le altre varietà vengono coltivate non solo per la produzione dei semi, ma vengono anche utilizzate in molte consociazioni orticole. Inoltre, nell’agricoltura biologica è una pianta da sovescio e antiparassitario naturale contro i nematodi e gli insetti che vivono o svernano nel terreno, ed infine è impiegata come foraggio per gli animali.

La senape selvatica è considerata una macchina da semi: una sola pianta può produrne fino a 20000 e possono rimanere vitali nel terreno per oltre 50 anni.

Le foglie della senape selvatica sono commestibili allo stadio giovanile della pianta. Nell’alimentazione animale, esclusi gli uccelli, i semi sono tossici e causano problemi gastrointestinali soprattutto se consumati in grande quantità.

Un po’ di storia

L’uso della senape era noto fin dall’antichità, sia alimentare che terapeutico.

Partendo dalla Bibbia, dove troviamo scritto che Abramo servì agli Angeli

una lingua di vitello bollita con senape, troviamo vari riferimenti al seme della senape nei testi sacri di varie religioni, che per brevità non sto a riportare.

Diversi studi sul popolo dei Sumeri hanno dimostrato che questa pianta era già coltivata nel 3000 a.C. e che i suoi semi venivano pestati formando una pasta da mescolare con il succo dell’uva acerba.

Per gli Egizi era una spezia ricca di preziose virtù e ricorrevano alle sue proprietà digestive e come condimento di cibi vari. I Greci attribuivano la sua scoperta a Esculapio, padre della medicina, ed utilizzavano i suoi semi sia a scopo alimentare che terapeutico.

Si deve poi ai Romani,che la apprezzavano sia per le caratteristiche gastronomiche che per quelle medicamentose, la prima ricetta documentata della senape: conoscendone le proprietà antiossidanti, usavano la senape per conservare frutta, verdura, succhi di frutta e mosto di vino. Columella (I sec. d.C.) nel De re rustica ne elencò le principali proprietà. Anche Plinio il Vecchio si occupò della senape nella Historia naturalis e fra i vari usi spiega che tritata e mescolata con aceto serviva anche per curare avvelenamenti causati da morsi di serpenti e scorpioni o da funghi. Inoltre, sempre Plinio nel suo trattato asseriva che “ha sapore così ardente che brucia come il fuoco” e riporta una lunga ed eterogenea serie di disturbi che potevano trarre giovamento dall’utilizzo della senape: dermatosi, tetano, alopecia, letargia, micosi, calcoli, lividi, contusioni, spossatezza femminile, affezioni dello stomaco, problemi digestivi.

I Romani, tramite le loro colonie galliche ed iberiche, hanno introdotto l’uso della senape e dei suoi semi in tutta l’Europa.

Nel Medioevo la coltivazione della senape era molto diffusa, soprattutto in Francia dove i suoi piccoli semi costituivano un lucroso commercio. A Digione la salsa alla senape, e di conseguenza i suoi semi, erano così importanti che furono approvate delle particolari leggi che li tutelavano. I

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Senape composizione chimica
La senape selvatica è considerata una macchina da semi: una sola pianta può produrne fino a 20.000

semi di senape venivano altresì consigliati nella preparazione delle vivande, nota la loro proprietà di favorire la digestione. Gli antichi Indiani le attribuivano proprietà afrodisiache, mentre i medici della Scuola Salernitana ritenevano avesse un’azione sul sistema nervoso; quelli del sec. XVIII la prescrivevano come lassativo, come stimolante, come febbrifugo. A partire dall’800, con la diffusione di altre spezie, la senape perse di popolarità ed iniziò un periodo di flessione, ma riprese vigore nel ‘900 quando all’aceto si sostituì il mosto, per la creazione della famosa mostarda.

Valori nutrizionali e proprietà

I dati riportati nelle tabelle allegate ci presentano un seme ricco di valori nutrizionali e proprietà, dove proteine, grassi e carboidrati, che rappresentano circa l’85%, ci danno un

prodotto molto energetico e che apporta nell’insieme molti benefici all’organismo.

Solitamente la parte della pianta maggiormente utilizzata a scopo alimentare e medicinale sono i semi ed in second’ordine anche le giovani rosette basali.

Tutte le senapi hanno un sapore aspro, più o meno piccante. Detto sapore deriva dalla presenza di glucosidi: sinalbina (nella senape bianca) e sinigrina

(senape selvatica, nera e bruna). Come abbiamo visto in precedenza, nel corso della storia, sono emerse diverse applicazioni alimentari e mediche come ad esempio, nel campo medico, i cataplasmiche venivano eseguiti qualche secolo addietro e vennero ribattezzati “senapismi” poiché la farina di senape era l’ingrediente fondamentale.

La moderna fitoterapia ha confermato in parte gli antichi usi medicinali e le ricerche mediche hanno dimostrato che la senape possiede diverse proprietà. A tal proposito riporto quanto scritto dalla Dott.sa Laura Bennet *:

-stimola la circolazione del sangue e pertanto favorisce l’ossigenazione delle cellule, dei tessuti e degli organi e l’eliminazione delle tossine;

-depura l’organismo dalle sostanze tossiche favorendone l’eliminazione;

-stimola la digestione;

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Tutte le senapi hanno un sapore aspro, più o meno piccante. Detto sapore deriva dalla presenza di glucosidi

-favorisce l’appetito nei casi di inappetenza ostinata;

-svolge una blanda azione purgante e lassativa;

-favorisce la produzione di HDL, il colesterolo buono, e contrasta la produzione di LDL il colesterolo cattivo;

-contrasta e combatte i reumatismi e l’artrite;

-protegge il cuore contribuendo a stabilizzare il battito cardiaco in caso di aritmie;

-contrasta l’aterosclerosi grazie alla presenza nei semi di omega 3;

-modula la glicemia: l’olio di semi di senape aiuta a tenere bassi i livelli di glicemia nel sangue;

-agisce come potente antinfiammatorio nelle affezioni dell’apparato respiratorio, del cavo orale e come sedativo naturale della tosse;

-svolge una intensa funzione analgesica in caso di dolori muscolari e nevralgie.

Va detto però che la senape è una delle cause di allergie più comuni e deve essere tenuta in considerazione da chi è allergico e sensibile alla colza oppure ad altri prodotti della famiglia delle Brassicaceae (broccoli, cavoli, cavoletti di Bruxelles, cavolfiori, rape, ecc.) o da chi soffre di problemi gastrici, gastrite e ulcera; in questi casi è bene farne un uso molto moderato.

La senape selvatica in cucina

In cucina possiamo utilizzare tutte le parti della pianta. A partire dalle rosette basali e dalle giovani foglie (di tutte le varietà), possiamo consumarle fresche nelle insalate, oppure saltate in padella con aglio olio e peperoncino, bollite nelle minestre oppure impiegarle per preparare gustose frittate o insieme a ricotta e formaggio come ripieno per torte salate, o ancora come farcitura di piadina e prosciutto.

Le rosette basali e le foglie (come tutte le verdure) vanno cotte o comunque lessate il minimo indispensabile, onde non disperdere l’ottimo contenuto di sali minerali e vitamine. I fiori sono ottimi non solo come decorazione della pasta o sulle tartine,

ma anche perché hanno il tipico sapore forte della senape, una vera sorpresa se avete degli invitati a tavola! I semi si possono utilizzare per la preparazione di salse ottime per accompagnare piatti di carne, di pollame, per farcire panini. Sempre con i semi si produce la salsa di senape,famosa in tutto il mondo, una salsa di consistenza cremosa che viene ottenuta mescolando la farina di senape con acqua, aceto, succo di limone, vino o altri liquidi, sale, e spesso altri aromi e spezie.

Ecco la ricetta di Massimo veloce da realizzare e piacevole da gustare: 100gr. semi di senape – 60ml. di aceto di mele – 4/5 cucchiai di miele di acacia – sale fino q.b. – olio evo q.b.: frullate il tutto nel vostro mixer e la salsa è pronta.

La senape nell’alimentazione dei nostri uccelli familiari Nella mia ricerca sull’utilizzo della senape nell’alimentazione avicola, in modo particolare per i miei canarini di colore, non ho trovato alcun riferimento a questo seme nella letteratura classica e nemmeno nella descrizione dei semi componenti le varie miscele di “semi della salute o condizionatori” messi in commercio dalle varie aziende. Ho trovato altresì, navigando in internet, su alcuni siti dedicati all’alimentazione degli uccelli, alcuni consigli sull’utilizzo della senape nella dieta dei pappagallini, dove vengono proposti crudi allo stato maturo o semi-maturo, spolverizzati sul pastone in quantità modica (fino all’1%).

Su un altro sito, un allevatore di silvani dichiara che secondo lui la senape è eccellente per i verdoni durante la preparazione e l’imbecco dei piccoli.

Queste affermazioni mi hanno spinto a sperimentare questa pianta erbacea anche sui miei canarini di colore. Ho raccolto alcuni steli ripieni di capsule immature lungo il fosso a cui accennavo nella premessa, lontano da fonti inquinanti; eliminate le foglie, li ho messi a disposizione in una volieretta con 5-6 canarini novelli in fase di svezzamento con 2 maschi. Ebbene, l’indomani erano rimasti solo gli steli e delle capsule non ne restava nemmeno una! Ho osservato i soggetti della volieretta per alcuni giorni e non ho riscontrato alcun segnale che facesse pensare a delle controindicazioni nell’impiego di questa pianta.

Considerazione finale: La natura non fa nulla di inutile. (Aristotele).

Ad maiora, semper.

Alcune fonti:

-Segreti e virtù delle piante medicinali –selezione dal Reader’s Digest

- https://www.melarossa.it/nutrizione/alimenti/senape/

-*Laura Bennet èdocente di Scienze Biologiche: casaegiardino.it/giardinaggio/erbe/erbeofficinali/proprieta-e-utilizzi-della-senape.php-https://antropocene.it/2017/06/25/sinapis-arvensis

62 NUMERO 10 -2023
Senape, valori nutrizionali
In cucina possiamo utilizzare tutte le parti della pianta. A partire dalle rosette basali e dalle giovani foglie (di tutte le varietà)

I NOSTRI LUTTI

In ricordo di Sergio Cazzulo

Conprofondo cordoglio e commozione comunichiamo che in una luminosa giornata estiva è mancato all’affetto dei suoi cari e a tutti noi il Presidente dell’Associazione Pavese Ornicoltori Sergio Cazzulo.

È difficile in questi momenti di tristezza non cadere nella retorica e dire parole non scontate, ma non possiamo dimenticare la sua bontà d’animo, la gentilezza e la disponibilità di una persona che per noi è stata un fratello maggiore e per tutti un amico del mondo dell’ornitologia.

Iscritto alla Federazione fin dal lontano 1954, è stato uno dei soci più longevi ed esperti, ma sapeva entusiasmarsi come un giovane alle novità delle nuove mutazioni dei canarini e degli uccelli in genere.

Pur vincitore di diversi titoli mondiali e di mostre internazionali, era sempre una persona sinceramente umile con cui era facile approcciarsi per il suo modo amicale di relazionarsi con tutti.

Lasciamo a tutti quelli che l’hanno conosciuto la possibilità di ricordarlo in modo univoco e personale.

Riposa in pace, Sergio. Già ci manchi.

Addio all’amico di una vita

Lasera del 14 Luglio si è purtroppo spento all’eta di 85 anni Sergio Cazzulo, senza ombra di dubbio uno dei pionieri della canaricoltura italiana. Iscrittosi nei primi anni ‘50 all’A.H.I. (Associazione Harzisti Italiani), allora importante federazione a livello nazionale, passò poi ad allevare canarini di colore iscrivendosi alla F.O.I. tramite l’Associazione Lombarda Ornicoltori di Milano; divenne in seguito Presidente dell’Associazione Pavese Ornicoltori, dove tuttora ricopriva l’incarico da una ventina d’anni.

Più volte vincitore nelle più importanti esposizioni, ivi compreso un mondiale. È sempre stato un cultore delle nuove mutazioni, talent scout anche nella ricerca di nuove esposizioni, frequentatore già dai primi anni ‘70 dell’internazionale di Geel in Belgio.

Mancheranno moltissimo a me e a tutti i suoi amici le lunghissime telefonate in cui ci si poteva confrontare, nel vero senso della parola, a 360 gradi su qualsiasi argomento, ricavandone sempre ottimi insegnamenti. Ciao Sergio, ci mancherai.

Lino Clerici ci ha lasciato

Nelle prime ore del 30 agosto, il mio caro amico Lino se ne è andato, lasciando un vuoto immenso nel mondo di noi ibridatori appassionati di Fringillidi. Lui è stato il primo in Italia a generare ibridi inediti e difficili già dai primi anni 70 e così ha continuato fino ad oggi non facendoci mai mancare la possibilità di poter ammirare ibridi con il Fringuello, il Ciuffolotto ed il Crociere. Uomo di grande umiltà e disponibilità, non ha mai preteso di insegnare niente a nessuno, ma è sempre stato disponibile a raccontare le sue esperienze a tutti, con riflessioni ricche di aneddoti curiosi e di particolari. Nelle mostre ha sempre ottenuto risultati prestigiosi, dai campionati del mondo, a quelli italiani, ma non se ne è mai vantato perché per lui l’ibrido più importante è sempre stato quello da provare a realizzare l’anno successivo. Da oggi, tutti noi ibridatori siamo un po’ orfani ed io più di tutti, perché Lino oltre ad essere stato il mio maestro, è stato anche il mio migliore amico per oltre 40 anni.

NUMERO 10 -2023 63
A.P.O. Pavia – Il Consiglio Direttivo

Attività F.O.I.

Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo federale del 16 e 17 giugno 2023

(La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali)

Riunione con Presidenti di Raggruppamento;

-Il CDF dà atto della tenuta della riunione con i Presidenti regionali durante la quale si è ampiamente sviluppata la disanima di tutti i punti posti all’ordine del giorno nell’ambito di un confronto molto proficuo quanto alle decisioni assunte.

Riunione con i Presidenti delle Associazioni organizzatrici di mostre internazionali 2023;

-In prosieguo si è tenuto l’incontro con i responsabili delle organizzazioni delle mostre internazionali nella stagione 2023 con i quali sono state affrontate tutte le problematiche afferenti la registrazione degli uccelli nelle mostre scambio e l’individuazione dei documenti sanitari per l’entrata e l’uscita dei soggetti dalle stesse. Ci si è ancora soffermati sul perfezionamento delle modalità di tenuta delle mostre con particolare riferimento alla luminosità dei locali e l’eventuale previsione di supporti illuminanti all’uopo predisposti.

Assemblea generale Club di Specializzazione 2023 con relativo incontro con le rispettive CCTTNN;

-Il CDF dà atto della tenuta dell’assemblea generale dei Club di Specializzazione che ha registrato la partecipazione di 14 club su 48 riconosciuti. L’assemblea si è soffermata sui dati statistici raccolti durante la scorsa stagione mostre convenendo sulla necessità di elevare l’interesse alla partecipazione al processo di cognizione tecnica e di confronto con le Commissioni Tecniche di rispettivo riferimento. Il Presidente Foi ed il Consigliere delegato Badalamenti hanno evidenziato la permanenza del mancato rispetto del regolamento da parte di alcuni club nonostante il recente aggiornamento dello stesso effettuato di concerto con il Direttivo dei Club e l’assemblea degli stessi. Si è concordemente ritenuto di considerare quest’anno quale ultimo in cui si sarebbero tollerate le predette inadempienze proprio a motivo della recente entrata in vigore del Regolamento. Il Presidente Foi ha comunicato il riconoscimento di tre nuovi club e la revoca del riconoscimento ad un club per il mancato versamento di più quote sociali. Sono stati infine consegnati a tutti i presenti i trofei da utilizzare per la premiazione nelle mostre specialistiche inserite nel prossimo calendario.

Aggiornamento sulle modifiche effettuate sul programma OrniMostre; -Durante la riunione con i Presidenti regionali alla quale si sono aggiunti i presidenti delle CCTTNN, si è avuta la presenza di Alberto Belloni, responsabile della Dinamoweb srl, società fornitrice del software di gestione Ornimostre Foi. Si è proceduto alla simulazione di una mostra con l’assistenza di uno dei nuovi router acquistati per l’ottimizzazione della connettività dei tablet al sistema e per verificare lo stato della rispondenza di quest’ultimo alle esigenze a più riprese manifestate dagli Organi Federali. Il sistema ha risposto adeguatamente e dovrà essere perfezionato solo in alcuni aspetti residuali.

Verbale dell’Ordine dei Giudici n. 5 del 19/05/2023: determinazioni;

-Il CDF esamina il contenuto del verbale n.5 del 19/05/2023 del Consiglio dell’ODG, adottando i seguenti provvedimenti:

-ratifica la delibera n. 14/2023 relativa alla espulsione del corso allievi Giudici dell’allievo Pierluigi Marino, riservandosi di assumere autonomo provvedimento disciplinare (artt. 16 e 17 del Regolamento Organico) all’esito di approfondimento e di verifica della istruttoria già svolta dall’ODG, all’uopo designando il Consigliere Badalamenti;

-ratifica la delibera n. 15/2023 afferente la sospensione dal servizio fino al 31/12/2023 del Giudice Giuseppe Nastasi

-ratifica la delibera n. 18/2023 relativa all’avvio dell’iter di riconoscimento internazionale del TorZuino, disponendo che il presente deliberato venga trasmesso al Presidente della COM Italia per il conseguente inoltro nei termini previsti alla COM.

Varie ed eventuali

-Il CDF si predispone alla deliberazione integrativa del Regolamento dell’Ordine dei Giudici secondo il seguente testo che costituirà l’aggiunta del comma ultimo dell’art 40. Del predetto testo si dispone l’invio al Consiglio dell’ODG al fine di ottenere dallo stesso un parere consultivo.

“La giornata di giudizio si intende decorrente a far tempo dalle ore 8,30 fino alla completa conclusione delle operazioni di giudizio, in queste ultime ricomprese anche la scelta degli eventuali Campioni Razza e Campioni di Specializzazione. Tale disposizione deve essere fatta rispettare dal Presidente di Giuria e, qualora la stessa fosse disattesa, comporterà evidenza disciplinare a carico di quest’ultimo e del Giudice inadempiente.”

-Il CDF, in risposta all’interpello avanzato dalla Malta Cage Birds Association, comunica la impossibilità, sia giuridica che statutaria di affiliazione di entità non insistenti sul proprio territorio nazionale.

-Il CDF delibera la concessione del contributo ordinario annuale di euro 1.000,00 alla CTN Canarini da Canto.

-Il CDF, in accoglimento della richiesta pervenuta dal presidente dell’Associazione Ornitologica Trentina delibera la concessione in uso temporaneo alla stessa di un furgonato di pertinenza FOI per l’espletamento di attività di convogliamento in funzione della mostra internazionale di Riva del Garda del prossimo mese di ottobre 2023.

-Il CDF, con riferimento alla richiesta avanzata dal Dott. Tiziano Iemmi, medico veterinario, la raccoglie in senso favorevole chiedendo alla Segreteria Federale di mettere a disposizione i dati richiesti dal predetto professionista, con espressa esclusione di quelli contenenti dati personali, tutelati dal diritto alla riservatezza.

64 NUMERO 10 -2023

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