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Francesco Faggiano
Il colore giallo, arancio e rosso
Genetica, biochimica e prospettive in ornicoltura
testo di FRANCESCOFAGGIANO, foto F. FAGGIANO, D. ZANICHELLIEM. ALLEGRETTI
Introduzione da “Oggi Scienza”: identificate le basi genetiche del colore rosso negli uccelli di Eleonora Degano … Cardinale rosso, ibis scarlatto, ara rossa, tessitore fiammante e molti altri; non sono poche le specie di uccelli che sfoggiano un’abbagliante colorazione rossa. In molte di esse questo colore gioca un ruolo preciso nell’intimorire i rivali – magari con display minacciosi di dominanza – o attirare le femmine, concentrando il colore rosso non solo nel piumaggio ma anche nel becco, come per le gallinelle d’acqua. Ora due diversi studi scientifici, lavorando in modo indipendente, sono riusciti a identificare i geni che codificano per gli enzimi “responsabili” della colorazione rossa: questi enzimi sono prodotti da geni specifici e permettono a varie specie di uccelli
Confronto tra ruficauda, guttato e codalunga mutati arancio
Codalunga hecki ino ed ino becco arancio, all Di Bella di convertire i carotenoidi, pigmenti gialli o arancio assunti attraverso il cibo, in pigmenti rossi che sono poi depositati a livello del piumaggio. I risultati sono stati pubblicati su Current Biology. Che ci fossero geni, e quindi enzimi, responsabili della trasformazione dei carotenoidi gialli e arancio in pigmenti rossi era già noto, ma finora non sapevamo quali fossero esattamente né dove si trovassero. Per identificarli, i ricercatori hanno confrontato i canarini gialli e rossi con il cardinalino del Venezuela (Carduelis cucullata). Questa specie, incrociata da circa un secolo con il canarino giallo, ha permesso di ottenere gli esemplari rossi (attraverso la stabilizzazione di un arricchimento genetico del Serino domestico). Confrontando il cardinalino con le due colorazioni di canarino, i ricercatori hanno identificato l’enzima e quindi il genepiù importante in questo meccanismo (che fa parte della famiglia dei citocromi) responsabile di “ossidare” le molecole di carotenoidi e farle apparire rosse, per poi scoprire che l’attività dello stesso enzima viene espressa a livelli particolarmente alti nella pelle (a livello dei follicoli delle piume) e nel fegato: un segnale piuttosto indicativo del fatto che fosse questo enzima il responsabile
Diamante codalunga hecki classico. all. Zanichelli
del colore rosso nella specie. Il gruppo di ricerca di Nick Mundy, alla University of Cambridge, è arrivato allo stesso risultato, ma confrontando i diamanti mandarini normali con becco rosso, con quelli mutati a becco giallo. In questa specie sono tre i geni legati alla produzione del colore rosso: uno principale indicato come CYP2J19 e due collaboranti; i ricercatori hanno trovato mutazioni multiplein queste regioni genetiche solo negli uccelli dal becco giallo. Se da un lato abbiamo nuove risposte, sono comparse anche nuove domande: il gene CYP2J19, ovvero il principale responsabile della produzione di pigmento rosso, spiegano gli scienziati, appartiene a una famiglia di geni noti per il ruolo nelladetossificazione, dunque come collegare le due attività? Alcune spiegazioni le conosciamo e sono collegate allo stato di salute del piumaggio; dunque non solo le condizioni di salute ma anche l’intensità e brillantezza del colore contribuiscono a segnalare alle femmine la qualità geneticadel maschio, pertanto il suo valore come part ner e potenziale padre è dato dal legame tra benessere fisico e livrea. Queste sono informazioni note oggi, da integrare in questa conoscenza sul pigmento rosso. Dobbiamo considerare che anche il tipo (e la quantità) di pigmentazione (giallo, arancione o rossa) potrebbero essere collegati proprio ai processi di detossificazione dell’organismo. “I nostri risultati, che collegano il gene al metabolismo dei carotenoidi, potrebbero fare luce sui segnali basati sui carotenoidi, un argomento molto dibattuto”, dice Staffan Andersson della University of Gothenburg, collega di Mundy e co-autore del secondo studio. Questi segnali, infatti, si sarebbero evoluti proprio per mandare un messaggio onesto: essendo legati all’alimentazione, non è possibile “mentire” sulla propria qualità di individuo. Eppure, il bilanciamento di costi e benefici tra il loro ruolo nei processi fisiologici e quello di “ornamento” – grazie al colore delle piume e delle altre parti del corpo – è stato studiato a lungofacendo capire che non ne sappiamo ancora abbastanza e che andrebbe indagato ulteriormente spaziando al di fuori della classe degli uccelli e dell’ambito della selezione sessuale. I ricercatori sono stati particolarmente sorpresi nello scoprire che il “gene del rosso” è presente nel genomadi molte specie, ipotizzano addirittura nella maggior parte, comprese quello che non lo presentano sulla livrea. “Gli uccelli diurni sembrano sfruttare il gene per produrre pigmenti rossi anche nella retina e che promuovono la visione dei colori”, spiega Joseph Corbo della Washington University School of Medicine, co-autore di Carneiro. “Eppure, solo gli uccelli dal piumaggio rosso hanno la capacità di produrre piume rosse e per farlo devono aver sviluppato un modo per esprimerlo nella pelle e annessi, oltre che nella retina”.
Il colore arancio Culturalmente siamo stati abituati a credere che esistano colori primari e colori derivati. In canaricoltura, quando parliamo di varietà, ci riferiamo essenzialmente a colori derivati dai carotenoidi che determinano il colore giallo o rosso del piumaggio. È un’esemplificazione estrema, oggi chiaramente superata tecnicamente in molte specializzazioni grazie alle conoscenze biochimiche e genetiche sviluppate in merito. Sappiamo che il colore del piumaggio comunemente detto lipocromico, ovvero dato da pigmenti legati ai grassi, è dato dal metabolismo dei carotenoidi, e che ogni tipo di carotenoide assume un colore giallo, arancio o rosso a seconda della struttura della molecola (come si legano gli atomi tra loro e assorbono differentemente la luce) e in funzione del fatto che alla molecola stessa siano legati o meno atomi di ossigeno. La possibilità che si leghi l’ossigeno al pigmento avviene grazie ad un enzima chiamato citocromo P450, prodotto da un gene (CYP2J19, detto “gene per il pigmento rosso”) attivo nel fegato ma anche nel follicolo della piuma, che trasforma i carotenoidi alimentari in chetocarotenoidi. Un esempio per tutti è la molecola di betacarotene, uno dei carotenoidi più diffusi nel mondo vegetale e pertanto abbondante negli alimenti dei nostri uccelli e protagonista della colorazione rossa di molte specie, che proprio grazie all’enzima citocromo P450si lega a due atomi di ossigeno, ovvero viene ossidato (chetonizzato) e da arancione diventa rosso ed assume il nome di cantaxan-
tina. Sono spiegazioni di natura chimica che ci mettono nelle condizioni di affermare che lo stesso pigmento può essere depositato sul piumaggio con un colore visivo diverso. Ricordiamo che il colore visibile di una sostanza dipende dalla struttura della molecola (cioè da come si dispongono gli atomi nello spazio), che determina la quantità di luce assorbita e in particolare la specifica lunghezza d’onda riflessa dalla molecola stessa, a sua volta funzione dei legami chimici tra gli atomi della molecola. A tal proposito, si faccia riferimento come esempio esplicativo al fenomeno che possiamo definire “una molecola, due colori”, dove ritroviamo molte specie coinvolte. Per fare un esempio, mettiamo a confronto la livrea del diamante ruficauda classico (ancestrale) e il suo mutato “a lipocromo arancio”. Mentre la livrea classica è caratterizzata da un diffuso lipocromo giallo con becco, maschera e sovracoda rossi, il mutato, avendo l’enzima ossidante i carotenoidi inattivo, è caratterizzato sempre da diffuso lipocromo giallo ma con becco, maschera e sovra coda arancio! Da questo si intuisce che, a differenza dell’idea popolare che in natura esistano solo il giallo ed il rosso e che l’arancio sia un giallo inquinato di rosso o peggio un rosso scadente, determinati pigmenti riflettano una precisa lunghezza d’onda alla quale corrisponde un colore esatto quale può essere il giallo, il rosso oppure l’arancio. Sull’identità dei colori possiamo fare un altro esempio ancora più esplicativo: la carota non è né rossa né gialla, ma chiaramente arancione grazie alla grande quantità di betacarotene contenuto, il principale substrato di produzione del pigmento rosso negli uccelli granivori. Per questo oggi, alla luce delle attuali conoscenze tecnico-scientifiche, continuare ad ignorare o disconoscere l’esistenza del colore arancione nel mondo dell’ornicoltura sarebbe una grave omissione tecnica, perseverando in un errore del passato non più tollerabile. Se un tempo, in modo un po’ forzato, convinti che esistesse solo il giallo ed il rosso e che fossero pigmenti diversi e non solo differenziati a colorare le aree somatiche degli uccelli, si è indicato ad esempio il Diamante di Gould come Testa gialla, oggi l’imbarazzo è dato dal fatto che ancora non si è acquisita in Italia la corretta denominazione COM di Testa arancio!
La mutazione “Giallo”, o meglio “Arancio”, in ornicoltura Mentre in canaricoltura, come ci ricorda la ricercatrice ed autrice dell’articolo su riportato, per oltre un secolo, ibridando più volte il cardinalino del Venezuela con il canarino domestico, si è stabilizzata la varietà a pigmento rosso, grazie all’arricchimento genetico che il Serinus domestico ha sviluppato, acquisendo così geni che prima non aveva, tra cui quello del pigmento rosso, in molte altre specie, spaziando dagli estrildidi ai fringillidi per arrivare agli psittacidi, è avvenuto un passaggio inverso, ovvero ci siamo trovati ad ammirare, tra le varie mutazioni fissate negli ultimi 50 anni, anche quella che fa perdere la funzione al gene per il colore rosso, il CYP2J19, determinando un fenotipo a pigmento arancio. Si noti che laddove nell’ancestrale abbiamo pigmento di colore rosso, in presenza della mutazione si fissa sempre pigmento arancione. La mutazione consiste nella perdita di capacità di chetonizzare i carotenoidi da parte dell’enzima deputato a legare l’ossigeno alla molecola di pigmento. In questo modo il soggetto mutato non trasforma più i carotenoidi gialli ed arancioni in pigmenti rossi, così che l’esemplare presenta nella sua livrea pigmento giallo e arancio. La tonalità del giallo o il colore arancio sono dati dal tipo di carotenoide assorbito maggiormente con la dieta e, soprattutto, che la specie metabolizza. Tra i casi più noti in ornicoltura riguardanti questa variante che potremmo definire “mutazione arancio” del gene per il rosso, ritroviamo l’Agapornis roseicollisdetto correttamente “a
Diamante codalunga hecki con becco difettoso D. Gould testagialla, foto: Marco Allegretti, all. Maglia
faccia arancio”, il diamante guttato, il diamante variopinto, il ruficauda, il fetonte e le amadine, tutti indicati, ahimè erroneamente, come mutati a “lipocromo giallo” quando in realtà le aree considerate appaiono e possono apparire per ovvie ragioni sempre e solo di un intenso color arancio, come avviene nella recente mutazione dell’Agapornis fischeri detta purtroppo “Yellow face”, pur presentando maschera arancio… Ancora nei fringillidi ritroviamo come espressione della mutazione del gene responsabile del colore rosso il ciuffolotto europeo, detto giallo, aggettivo che dice il vero più appropriato, perché il petto del maschio in questa specie assume un colore giallo caldo e non arancio e questo dipende dal tipo iniziale di carotenoide principalmente assorbito dalla specie (probabilmente luteina e non betacarotene). In pratica questi geni, quando funzionano correttamente, ovvero nella loro forma ancestrale, producono enzimi detti “citocromi” che legano atomi di ossigeno alla molecola di carotenoidi che la specie assorbe e metabolizza, ossidandoli, così da acquistare un colore visibile rosso, grazie ai nuovi legami chimici, e poter essere gestiti a livello metabolico nell’attività di detossicazione dell’organismo. In pratica, come abbiamo detto, la stessa molecola a seconda che contenga o meno ossigeno risulta più o meno reattiva a livello metabolico, ma soprattutto quello che a noi interessa sapere è che in funzione della presenza o meno dell’ossigeno la stessa molecola/pigmento assume nome e colore differente, mostrandosi all’occhio umano di colore giallo oppure arancio come in origine, se non legata all’ossigeno, o rossa se ossidata. Dobbiamo aggiungere che nella costituzione della specie, i geni poi preposti alla scelta sessuale hanno evoluto la capacità molto complessa di differenziare la colorazione delle aree somatiche in funzione dell’importanza attrattiva verso il partner, così che ad esempio il cardellino usa il processo di ossidazione dei carotenoidi gialli solo per marcare la maschera facciale, così come fa il diamante di Gould, che a fronte di un piumaggio interessato totalmente da pigmento giallo, più o meno caldo e carico, presenta come forma tipo la maschera rossa.
Gli uccelli a pigmento rosso sono la forma tipo di riferimento La scoperta che il gene CYP2J19 sia il principale responsabile della colorazione rossa di parti o dell’intera livrea di tutte le specie aviarie è di recente ac-
quisizione. La prima parte della ricerca si è basata sullo studio di ben 70 specie non tutte presentanti il carattere “pigmento rosso”, rispetto alle quali si è visto che il gene è presente ovviamente in tutte le specie, compresi gli psittacidi, che palesano il carattere, ma curiosamente lo stesso gene è anche presente in specie non interessate da lipocromo rosso sul piumaggio o annessi tegumentari come ad esempio il becco, ma presentanti la pigmentazione rossa nella parte profonda dell’occhio, cosa che permette di migliorare la visione diurna a colori. Inoltre, gli enzimi che legano l’ossigeno ai carotenoidi nell’organismo prodotti da questi geni hanno funzione di detossicazione metabolica a livello epatico. Stiamo parlando quindi di un gene facente parte di un poolgenico complesso, con carattere pleiotropico che è stato cooptato nella funzione pigmentante solo in un secondo momento evolutivo. In altri termini, il gene inizialmente ha avuto funzione inerente la visione a colori e la detossicazione dell’organismo e solo in tempi successivi ha acquisito la funzione di produrre pigmento rosso da depositare sulla livrea, probabilmente grazie al successo riproduttivo che i partner più vistosamente colorati riscuotono. La ricerca evidenzia come questo gene, essendo condiviso da molti vertebrati e non solo dagli uccelli, fosse già presente prima dell’irradiazione delle specie aviarie e che durante questo processo abbia acquisito
Diamante di gould testa corallo Diamante mandarino grigio becco giallo, all. Valentini
funzione pigmentante. Questo ci fa affermare che in ogni specie la forma che presenta pigmento rosso (sia esso di derivazione esogena o endogena come negli psittacidi) nella livrea è la forma tipo e che le popolazioni che presentano varianti della colorazione rossa o assenza di pigmento sono interessate da mutazioni successive del gene considerato. In pratica, nel cammino evolutivo, per diversi fattori alcune specie hanno perso questi carattere. Questo è importante nella conoscenza di molte specie ed in ornicoltura in modo particolare per la selezione del colore di molte specie, tra cui il diamante di Gould, dove sappiamo esistere un polimorfismo della maschera, ma ancor più in specie come il diamante codalunga, dove questo sapere incide nella classificazione e nella selezione ornicolturale.
Una mutazione presente già nelle popolazioni selvatiche Mentre nel canarino si è fatto un grosso sforzo selettivo per portare i geni del pigmento rosso del cardinalino nella razza domestica del Serinus, curiosamente in molte specie in cui il gene per il pigmento rosso è presente ed espresso, è comparsa spontaneamente già nelle popolazioni selvatiche una mutazione che fa perdere la funzione ossidativa all’enzima CYP450, impedendo di trasformare i pigmenti da giallo e arancio in rosso. Il caso più noto, di cui ho ipotizzato già anni fa sulla rivista Alcedo si trattasse effettivamente di una mutazione della forma più evoluta a maschera rossa e non viceversa, è il Diamante di Gould Testa “arancio”. Agli albori dell’ornicoltura moderna, quando anche le conoscenze scientifiche erano spesso supportate più dalle opinioni che dai fatti, si riteneva che la varietà che presenta pigmento arancio della maschera, ancor oggi chiamata erroneamente Testa gialla mentre il colore è chiaramente arancione carico, fosse la forma arcaica perché ritenuta la meno evoluta. Lo stesso grossolano errore è stato fatto nel Diamante codalunga, questa volta da ornitologi sistematici del tempo, senza poi nessuna revisione, dove addirittura si considera la popolazione a becco rosso la sottospecie, Poephila acuticauda hecki, di quella a becco giallo indicata come specie di riferimento, Poephila acuticauda acuticauda, considerata erroneamente la meno evoluta e quindi la forma di riferimento iniziale. Peraltro, gli ornitologi hanno sostenuto che, frapposta tre le due popolazioni con colore ben distinto del becco, vi fosse una grande popolazione intermedia con becco arancio, che oggi azzarderei a definire forma mutante intermedia come il “Testa di corallo” del Gould. Alla luce delle ricerche scientifiche attuali e dei dati di ornicoltura che abbiamo oggi, questa situazione sistematica andrebbe modificata, se non addirittura ribaltata… Peraltro, nell’ultimo triennio è comparsa in un ceppo di diamante codalunga domestico una variante (genetica) a lipocromo arancio che presenta becco arancio! Questi soggetti nati da comuni Hecki, accoppiati con gli Hecki producono figliolanza con becco rosso. In questa nostra dissertazione va tenuto conto che a differenza delle popolazioni selvatiche, dove è dominante la variabilità espressiva dei caratteri, nei Diamanti codalunga domestici Hecki abbiamo migliorato, ovvero potenziato moltissimo, la capacità di sintesi di pigmento rosso sul becco tanto da ottenere esemplari dal becco rosso molto scuro, probabilmente supportati anche da un aumento del fondo melanico dello strato profondo del becco. Se su queste selezioni oggi riportiamo una mutazione genetica che determina perdita di funzione per il rosso, a livello di ossidazione del pigmento e non della quantità che per selezione abbiamo potenziato, probabilmente il colore che otterremo presenterà livelli quantitativi simili alla qualità del pigmento rosso e quindi difficilmente giallo carico, ma più probabilmente arancio come possiamo apprezzare dalle immagini. La stessa cosa possiamo affermare per il diamante di Gould, dove per 50 anni si è selezionata la maschera più arancione carico possibile, mentre si è mantenuta una denominazione che già agli albori era forzata, ma basata sulla conoscenza di allora e su fenotipi scarsamente selezionati. Ecco perché parlare oggi di becco giallo e testa gialla è tecnicamente improprio e fortemente fuor-
Agapornis roseicollis classico e faccia arancio
Agapornis fischeri yellow face, all. Stefano Greco
viante per la selezione. Anche in altre specie nelle popolazioni selvatiche, così come in quelle domestiche, è presente abbastanza regolarmente la varietà a lipocromo arancio geneticamente determinata, tra cui il diamante quadricolore. Nei fringillidi trovo corretto riportare il curioso caso del carpodaco messicano nella sottospecie frontalis che presenta maschi a lipocromo arancio, condizione determinata però da una transitoria combinazione di “debolezza metabolica” e carenza di carotenoidi nel cibo, fattori intuitivamente correlati strettamente tra loro, che inattivano il citocromo P450. Alimenti poveri di carotenoidi saranno probabilmente anche poco nutrienti, determinando l’indebolimento metabolico del soggetto, che diventa momentaneamente incapace di ossidare i pigmenti e fissare il rosso nelle aree geneticamente determinate. Qualcosa di simile succede nel cardellino, che per motivi diversi a volte stenta nella muta e produce una maschera arancio. Una nuova mutazione del Diamante Codalunga Nell’ultima edizione dell’internazionale S.O.R. in Reggio Emilia, girovagando esausto e frastornato tra gli stand della mostra mercato, in un affollato gabbione di diamanti codalunga, probabilmente provenienti dall’est Europa, mi colpì un esemplare che spiccava per il colore arancio del becco. Erano con me due allevatori a cui feci senza pathosla domanda fatidica: voi di che colore vedete il becco di quel soggetto? Entrambi risposero arancione! Acquistai il soggetto per 20 euro e lo portai assieme ad altri estrildidi acquistati in fiera in quel di Lecce. Due giorni dopo trovai il codalunga a becco arancio stecchito. Fine della storia. L’anno successivo, tra un lockdowne l’altro, riesco a fare un salto dall’amico Damiano Daniele Di Bella, grande allevatori di estrildidi, dove tra i quasi 250 novelli di vari estrildidi in un gabbione vedo una decina di diamanti codalunga col “becco arancio”! Daniele mi racconta che gli sono nati da una coppia di codalunga Hecki classici arrivati dal mercato di Reggio Emilia; è chiaro che parlassimo degli stessi soggetti. Con un gesto di grande amicizia, Daniele a scopo di studio mi ha regalato una coppia di questi codalunga a “becco arancio” composta da un maschio classico e una femmina topazio, da cui riesco a riprodurre 6 soggetti di cui due topazio che presentavano il becco arancio saturo e caratteristico come i genitori. Anche nella primavera 2022, entrambi abbiamo riprodotto con regolarità questi soggetti, ma lui è riuscito ad ottenere anche un paio di femmine Ino a becco arancio! La mutazione è molto caratterizzata sul classico, sul topazio e sulla ino, mentre perde di espressività perché si “scurisce di tonalità” sui grigi; purtroppo non abbiamo il bruno, per il quale possiamo immaginare, sulla scorta dei risultati avuti con i grigi, che il becco dovrebbe di contro schiarirsi come tonalità. Quest’anno, Covid permettendo, esporremo i soggetti alla specialistica del club del codalunga e speriamo anche al mondiale.
Ricapitolando e concludendo Solo recentemente il mondo scientifico ha individuato un gene ad azione pleiotropica che ossidando i carotenoidi gialli e arancioni, siano essi esogeni o endogeni, produce il pigmento rosso semplicemente aggiungendo alcuni atomi di ossigeno, necessario in primo luogo a migliorare la capacità visiva di percezione dei colori in molte specie di vertebrati e poi a detossificare l’organismo e, solo dopo e non sempre, a pigmentare la livrea. Tale conoscenza si è acquisita attraverso la comparazione tra il genoma del cardinalino e il canarino a fattore giallo ed a fattore rosso, stabilendo che lo stesso gene è responsabile, tra le altre cose, anche della pigmentazione rossa di piume ed annessi cutanei. Questo gene è presente nella maggioranza delle specie di uccelli, anche in molte di quelle che non presentano lipocromo rosso sulla livrea. In molte specie, oltre alla funzione visiva e di detossicazione metabolica, questo gene ha acquisito anche la funzione di produrre pigmento rosso che viene depositato nel tessuto tegumentario, in particolare becco, zampe e piume per ragioni riproduttive. La capacità del gene di pigmen-
tare di rosso la livrea di molte specie di uccelli è avvenuta appena prima dell’irradiazione delle specie moderne ed è ancora positivamente mantenuta dalla selezione naturale, oltre che domestica, perché etologicamente parlando più sei colorato più sei sano e forte e più sarai attraente per i tuoi potenziali partner. In questo modo, un gene inizialmente importante per altre funzioni (vista e detossicazione), quindi già pleiotropico, acquisisce la funzione di miglioramento della comunicazione fenotipica delle qualità di partner e per questo viene preservato in molte specie anche durante il lungo processo di irradiazione degli uccelli. Da quanto detto, deduciamo che la forma tipo di molti uccelli contemporanei è quella che presenta pigmento rosso nella propria livrea, perché correlata alla presenza di un gene atavico, condiviso ancora con altri tipi di animali (ad esempio, pesci e crostacei), che permette a più specie di colorare di rosso parte o tutta la livrea. Pertanto, come noi ornicoltori abbiamo avuto modo di verificare nel lungo cammino di selezione domestica che oggi possiamo vantare, in molte specie che presentano già nelle popolazioni selvatiche e ancor più spesso nelle stirpi domestiche varianti fenotipiche in cui il pigmento rosso è sostituito da pigmento giallo o arancio, è avvenuta una mutazione del gene responsabile del pigmento rosso, che perde la capacità di legare ai carotenoidi gialli e arancio l’ossigeno, per cui le molecole continuano a palesare il colore di origine e non quello rosso. Questo nuovo sapere, correlato all’esperienza ornicolturale, ci mette nella condizione di considerare che alcune classificazioni, denominazioni e selezioni debbano essere rivisitate per rimanere tecnicamente corrette e basare il nostro impegno animalista su informazioni scientifiche e non sull’opinione.
Parlare oggi di becco giallo e testa gialla è tecnicamente improprio e fortemente fuorviante per la selezione
0iamante codalunga hecki a becco arancio, all. Di Bella