ANNO XLIX numero 8/9 2023
Canarini di Colore Casi non descritti in letteratura scientifica
note informative
Estrildidi Fringillidi e Ibridi Quale giusta selezione?
Veterinario Il Microbiota intestinale nel Canarino
Canarini di Forma e Posizione Lisci Canarino “Gloster”
Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus
ANNO XLIX NUMERO 8 9 2023
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In copertina: Diamante codalunga topazio (Poephila acuticauda)
Foto: CLUB DIAMANTECODALUNGAEPOEPHILA
Uno di “noi” Gennaro Iannuccilli 3 Casi biologici non descritti in letteratura scientifica Giovanni Canali 5 Quale giusta selezione? Club del Diamante codalunga e Poephila 11 Conuri dorati al Loro Parque e alla Loro Parque Fundación Rafael Zamora Padrón 17 Il Microbiota intestinale nel Canarino Gianluca Todisco e Giuseppe Marruchella 21 Canarino “Gloster” note informative C.T.N. - C.F.P.L. 24 La Gracula religiosa come fonte di reddito per alcune comunità indiane Ivano Mortaruolo 27 Scotch fancy Sergio Palma 31 Photo Show Le foto scattate dagli allevatori 35 I lumps nei canarini Luigi Mollo e Federico Vinattieri 37 Spinus atrata - 2ª parte Piercarlo Rossi e Massimo Corbella 41 OrniFlash News al volo dal web e non solo 46 Convegno ornitologico di Colleferro (RM) Paolo Bernardi 49 Le farine di insetti Luca Gorreri 51 Pagina aperta Argomenti a tema 54 Il sesamo Pierluigi Mengacci 57 Spazio Club Club degli Psittacidi 62 Attività dell’Associazione Ornicoltori Comense Fulvio Casati 63 Stralcio verbale Assemblea Club del 17 giugno 2023 - n. 1/2023 64 Canarini di Colore Estrildidi Fringillidi e Ibridi Ondulati ed altri Psittaciformi Canarini di Forma e Posizione Lisci 5 11 17 24 Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 8/9 - 2023 è stato licenziato per la stampa il 30/7/2023
sommario
Uno di “noi”
di G ENNARO IANNUCCILLI, foto P ICCHIONEWS IT e I LRESTODELCARLINO IT
Di solito non utilizziamo le pagine della rivista per esaltare le qualità di persone che sono ai vertici dell’organizzazione ornitologica; non ne hanno bisogno, proprio perché alla “guida” di uno o più settori del nostro movimento. Ci interessa di più evidenziare le esperienze e i risultati conseguiti dagli allevatori, sia in ambito espositivo che in ambito di ricerca e studio: forse non ce ne rendiamo conto o lo diamo per scontato, ma possiamo ben dire di annoverare tra i nostri iscritti delle figure di spicco nei vari aspetti contemplati dalla comune passione ornitologica. Ciò è dimostrato dai numerosi e validi articoli pubblicati sulla rivista, così come dai risultati conseguiti in Italia e all’estero in ogni stagione espositiva. Concedeteci stavolta, eccezionalmente, di dedicare l’editoriale alla persona di Diego Crovace, attuale vice presidente FOI e presidente dell’Ordine Mondiale dei Giudici (OMJ). Gli dedichiamo queste righe a sua insaputa, perché lo conosciamo sempre restio a mettersi in vista per vantarsi delle proprie qualità.
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Fonte: www.picchionews.it
Editoriale
L’occasione ci è stata data dall’aver appreso di un alto riconoscimento assegnato al culmine della sua carriera lavorativa, come comandante di tenenza della Guardia di Finanza. Grazie al suo esemplare operato, il “nostro” Diego è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nell’ambito di un evento appositamente organizzato a Roma, presso il palazzo del Quirinale.
Personalmente, conosco Diego da quando iniziai – anni orsono – il corso per allievi giudici FOI; da allora, l’ho sempre considerato e “percepito” come un vero amico, leale, sincero, schietto. Ma più che continuare a enunciare aggettivi che ben si attagliano alla sua persona, preferisco riportare di seguito alcuni stralci dell’intervista realizzata dal collega Giorgio Giannaccini del Resto del Carlino proprio nella succitata occasione.
«È stato ospite al Quirinale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e subito dopo ha ricevuto un elogio direttamente da Andrea De Gennaro, comandante generale della Guardia di Finanza. È il prestigioso riconoscimento concesso al luogotenente Diego Crovace, da cinque anni a capo della tenenza di Porto Recanati. Lui, 59 anni e originario di Taranto, ma ormai maceratese d’adozione, è stato l’unico finanziere del comando interregionale (Marche, Emilia-Romagna e Toscana) a ricevere il 21 giugno, a Roma, tale riconoscimento di spessore nazionale. Questo “per aver operato con lodevole spirito di sacrificio e con brillanti risultati operativi”, si legge nella motivazione. “Tra
i maggiori risultati rientrano i tantissimi sequestri di prodotti non sicuri per la salute – racconta Crovace –. Parliamo di monili, bracciali, profumi e detersivi … Inoltre, ci siamo occupati di indagini sulle emissioni di fatture false, frodi, evasioni fiscali e percezione illecita di contributi statali, smascherando gli autori”. Ma negli ultimi anni, lungo la costa, ci sono state tante altre operazioni di successo. “Ad esempio, abbiamo ridimensionato il problema dei marchi contraffatti – aggiunge Crovace – … avevamo scoperto che erano registrate tante partite Iva, aperte da extracomunitari. Ma quasi tutte erano inattive, in quanto si trattava di un escamotage per ottenere il permesso di soggiorno. Mentre a Recanati – continua il luogotenente – abbiamo arrestato sei pakistani che spacciavano eroina in un casolare di campagna.”. … Però, ora è tempo di pensare al futuro, visto che a dicembre il luogotenente Crovace andrà in pensione: “La mia grande passione è sempre stata l’ornitologia, infatti sono presidente dell’ordine mondiale dei giudici. Avrò sicuramente più tempo per girare il mondo, visto che in questi anni ho pubblicato diversi libri sull’argomento e più di 500 articoli”. »
Concludiamo questo editoriale sui generis tributando a Diego Crovace il giusto plauso, complimentandoci tutti con lui per la sua onorata carriera lavorativa e, per quanto ci riguarda più direttamente, auspicando che possa continuare ancora per molti anni a rivestire ruoli chiave nell’ambito dell’ornitologia italiana e internazionale.
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Fonte: www.ilrestodelcarlino.it
Casi biologici non descritti in letteratura scientifica
testo di GIOVANNI CANALI, foto ENZODEL POZZO, A. J. SANZ, S. GIANNETTI eF.O.I.
In canaricoltura, ma direi anche in altre branche dell’allevamento degli uccelli d’affezione, vi sono fenomeni biologici ignorati dalla letteratura scientifica. Almeno io non ne ho trovato traccia.
Il primo caso di straordinaria importanza è dato dalla mutazione intenso dominante e sub-letale, che attiene alla categoria, secondo il gergo degli allevatori. Per categoria si intende la distribuzione dei carotenoidi collegata alla struttura delle produzioni cutanee, specialmente la penna. La mutazione intenso fra l’altro accorcia le barbe e quindi concentra i pig-
menti, in misura palese i carotenoidi, da qui l’aspetto di un colore carotenoide (giallo, rosso, ecc.) più concentrato e quindi più intenso, da cui il nome della mutazione. L’omozigote esaspera l’effetto rendendo striminzito il soggetto. Per brinato si intende la forma selvatica poiché il pigmento carotenoide non raggiunge l’apice che rimane bianco facendo pensare ad un cristallo di brina.
Ho ampiamente parlato di questa rarissima mutazione, che per secoli è
stata esclusiva del canarino, oggi pare arrivata anche nel lucherino e nel verdone.
L’unicità di questa mutazione è stata da me sottolineata più volte. Ho coinvolto anche un genetista, il dr. Pasquale De Luca, che è stato così interessato e gentile, al punto di tradurre un mio testo in inglese scientifico con una sua nota a margine di supporto. L’unicità della mutazione consiste nel fatto che la forma selvatica brinato in natura si accoppia in purezza, senza problemi; del resto è unica, invece allo stato domestico necessita dell’accoppiamento misto: intenso x bri-
Per brinato si intende la forma selvatica poiché il pigmento carotenoide non raggiunge l’apice
nato per mantenere l’equilibrio, altrimenti va incontro a fenomeni degenerativi. Tali effetti consistono in un eccesso di brinatura, perdita di carotenoidi ed aumento del piumaggio. Tali effetti si accentuano insistendo nell’accoppiamento in purezza.
La spiegazione che ho fornito è che la mutazione intenso sia para-mutagenica, cioè in grado di indurre una mutazione in qualche modo inversa nella forma selvatica. Va detto che il brinato domestico non si differenzia
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Intenso rosso, foto: E. del Pozzo
Intenso giallo
La mutazione intenso accorcia le barbe e quindi concentra i pigmenti, in misura palese i carotenoidi
apparentemente dal selvatico, diventa diverso per fenomeni degenerativi di diversa rilevanza, quando è accoppiato in purezza. In un primo tempo ero nettamente propenso ad un effetto sul citoplasma (plasma geni), oggi ho molti dubbi, pur non escludendo un interessamento del citoplasma. Questo per alcuni aspetti degli accoppiamenti che sarebbe troppo lungo elencare qui. In seguito alla mutazione indotta, i brinati domestici non sarebbero dei veri selvatici come categoria (brinato), ma degli pseudo selvatici. Nei pochissimi ceppi ove non è stata presente la mutazione intenso, i brinati si possono accoppiare in purezza tranquillamente. Pare quindi che corrispondano alla forma selvatica. Accade nella razza da canto malinois.
Si può dire che la specie sia come spaccata in due dopo la mutazione intenso.
La ragione per la quale l’accoppiamento misto consenta di mantenere l’equilibrio, l’ho ipotizzata come un fenomeno simile all’eterosi. Non è possibile in questa sede dilungarsi, rimando quindi ai testi pubblicati. Tali testi sono: il libro “I colori nel canarino” reperibile in F.O.I. Federazione Ornicoltori Italiani (Piacenza), in diversi
articoli pubblicati sulla rivista della F.O.I. “Italia Ornitologica”, in particolare “L’unicità della mutazione intenso” del sottoscritto con nota di supporto del dr. Pasquale de Luca, I. O. n°8/9 agosto settembre del 2018. Presente anche in inglese sul sito dell’Associazione Dilettantistica Ornitofila Parmense: www.adop-parma.com Il secondo caso è dato dal fatto che alcuni caratteri recessivi, frutto di mutazione, si esprimono diversamente a seconda del fatto che provengano da accoppiamenti in purezza o misti. Nei testi scientifici si danno le percentuali degli accoppiamenti con caratteri recessivi frutto di mutazione, ma non ho mai trovato accenni al fatto che i soggetti recessivi nati siano più o meno tipici, se provenienti dall’accoppiamento in purezza oppure con soggetto eterozigote o fra
due eterozigoti. In seguito, invece di usare il termina “eterozigote” userò il termine “portatore” che è perfetto sinonimo ed usato dagli allevatori; inoltre per brevità, non preciserò ogni volta: recessivi frutto di mutazione, poiché è solo di quelli che parlo.
Intendiamoci bene, non è che tutti i caratteri recessivi mutati, negli uccelli, si differenzino per diversa espressione quando nascono da accoppiamenti in purezza o misti; anzi di solito non si differenziano, tuttavia vi sono diversi casi in cui si notano differenze, talora modeste e talora evidentissime.
Per evitare equivoci preciso che in seguito parlerò di: neri opale, neri phaeo ecc. Ebbene, dal punto di vista scientifico il termine “nero” andrebbe omesso; si dovrebbe dire solo: opale, phaeo, ecc. poiché sta ad indicare la mutazione senza interazioni, vale a dire agente sul tipo selvatico detto “nero”. In canaricoltura di colore si fa così per differenziare dalle interazioni come: agata opale, bruno opale ecc. Il tipo selvatico un tempo era indicato come “nero-bruno” poiché esprime sia melanine nere che brune; oggi, in seguito alla tendenza selettiva che tende a ridurre al massimo il
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Brinato rosso, foto: E. del Pozzo Brinato giallo, foto: E. del Pozzo
I brinati domestici non sarebbero dei veri selvatici come categoria (brinato), ma degli pseudo selvatici
bruno, si dice solo “nero”. Io considero errata questa tendenza e l’ho anche fortemente contestata, ma ora è ufficiale, almeno nella selezione del canarino di colore. Quindi mi attengo per evitare confusioni.
La mutazione opale, recessiva autosomica, riduce le melanine e abbassa l’eumelanina nella pagina inferiore della penna. L’eumelanina in certe condizioni assume toni azzurrini, effetto strutturale collegato anche alla riduzione dei granuli. Accoppiando neri opale fra di loro, la riduzione dell’eumelanina è minore e la penna si arriccia o comunque diventa anomala, in misure variabili ma evidenti, i toni azzurrini si riducono o si annullano. L’arricciatura o comunque l’anomalia della penna si ritiene essere indotta dal peso della medesima nella pagina inferiore della penna, collegato alla minore riduzione dei granuli di eumelanina. La perdita di azzurrino si ritiene pure collegata alla minore riduzione dei granuli dell’eumelanina. Negli accoppiamenti in purezza opale x opale in presenza di interazioni con altre mutazioni (bruno opale, agata opale e di conseguenza isabella opale, visto che l’isabella è la somma di bruno e di agata) il fenomeno arricciatura o anomalia non si presenta. È da ritenere poiché l’eumelanina è modificata nel bruno e ridotta nell’agata. La perdita di azzurrino è minima negli agata opale, tranne che ci siano difetti anche del carattere agata, se accoppiati in purezza, e nulla nei bruni opale accoppiati in purezza. È da ritenere che l’eumelanina bruna sia più vulnerabile dalla mutazione opale e che la riduzione dell’agata favorisca l’effetto azzurrino, che nei soggetti migliori diventa decisamente azzurro. Per ulteriori precisazioni rimando alla letteratura fondamentale.
Anche la mutazione phaeo, un tempo molto più correttamente chiamata rubino, quando si accoppia fra neri phaeo si ha perdita rilevante di tipicità. La mutazione phaeo inibisce fortemente l’eumelanina lasciando quasi invariata la feomelanina. Ebbene nei neri phaeo, anche se figli di portatore, permane quasi sempre traccia di eumelanina nella rachide delle timoniere, nell’interazione con il bruno quasi mai. Evidentemente l’eumelanina bruna è più vulnerabile dalla mutazione phaeo. Il fatto strano è che accoppiando fra di loro neri phaeo o anche neri con bruni phaeo, quindi phaeo x phaeo, l’effetto di inibizione dell’eumelanina nei neri phaeo diventa molto minore; infatti si evidenziano più o meno rilevanti tracce in varie parti del piumaggio e non solo nelle timoniere. Gli allevatori parlano di “melanina centrale” per indicare il fenomeno, poiché l’eumelanina (nella pars pennacea) si colloca naturalmente al centro della penna, lungo la rachide e vicino ad essa. Accoppiando con portatori il fenomeno “melanina centrale” non si manifesta o si manifesta pochissimo.
Nell’interazione con il bruno (bruno phaeo), il fenomeno “melanina centrale” non si manifesta; anche le tracce sulle timoniere sono rarissime.
Evidentemente l’eumelanina bruna è molto più vulnerabile da questa mutazione di quella nera. La mutazione detta “avorio” recessiva, legata al sesso e ad espressività variabile, che non interessa le melanine bensì i carotenoidi che sono ridotti, sembra risentire degli accoppiamenti in purezza o misti. Questo però in misura molto minore dei casi precedenti, tanto che nasce il dubbio se si tratti solo di espressività variabile. Accoppiando avorio x avorio, sia nei ceppi a fattori gialli (giallo avorio) sia in quelli a fattori rossi
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Nero opale brinato giallo, foto: A. J. Sanz
Bruno opale bianco, foto: A. J. Sanz
Accoppiando neri opale fra di loro la riduzione dell’eumelanina è minore
(rosso avorio) sembra esserci una leggera tendenza a diminuire la riduzione; talora, insistendo sembra favorire il fatto che si possano avere soggetti che tendono al giallo o al rosso. L’avorio è da ritenere ad espressività variabile, anche perché esistono rari casi in cui la riduzione diventa iper tipica arrivando al biancastro, almeno nei gialli, fenomeno segnalato in accoppiamenti misti. Come dicevo la tendenza è modesta, spesso anche da accoppiamenti in purezza si possono avere soggetti del tutto pregevoli, più raramente in eccesso anche con l’accoppiamento misto. Tuttavia la tendenza sembra esserci e l’accoppiamento misto è consigliabile, anche se certamente non perentorio come nei casi precedenti del nero opale e del nero phaeo.
In tutti e tre i casi, specialmente i primi due descritti, l’accoppiamento di soggetti atipici, nel senso indicato, con portatori corregge il difetto, almeno come tendenza.
Le ragioni di questi fenomeni non sono note, almeno la letteratura scientifica che conosco non ne parla. Io ho pensato all’inizio che potessero essere effetti parziali e transitori di enzimi riparatori, ma questa idea non è stata apprezzata da alcuni biologi, che mi hanno fatto notare che gli enzimi dovrebbero mantenersi, il che non accade. Ho quindi ipotizzato un effetto degli istoni (proteine basiche strutturali della cromatina) che possono interferire sull’espressione di certi caratteri; ipotesi che pare possa reggere, almeno in teoria, ma che sarebbe ben difficile dimostrare.
Il terzo caso consiste nel fatto che un carattere ad espressività variabile ma a penetranza completa diventa a penetranza molto ridotta nelle ibridazioni. Trattasi dell’acianismo, vale a dire una mutazione o forse un insieme di mutazioni che inibisce le melanine. I celeberrimi canarini gialli sono affetti da acianismo, in natura sono verdi, colore che nasce dall’insieme di carotenoidi gialli e melanine. Alcuni genetisti hanno inquadrato l’acianismo come un carattere a dominanza parziale e ad espressività variabile. In effetti accoppiando un canarino acianico (detto lipocromico dagli allevatori) con un melanico si hanno sempre figli tutti pezzati con pezzature variabili nella loro quantità. Personalmente non condivido del tutto questa impostazione in considerazione del fatto che i melanici che derivano da accoppiamenti con pezzati, e cioè acianici parziali, spesso presentano zone spurie acianiche. Trattasi spesso di timoniere, remiganti ed unghie. Questi soggetti non
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Phaeo bianco, foto: E. del Pozzo
Phaeo mosaico giallo femmina, foto: E. del Pozzo
Nei neri phaeo, anche se figli di portatore, permane quasi sempre traccia di eumelanina nella rachide delle timoniere
possono essere considerati pezzati al minimo, poiché si comportano come melanici, però trascinando in parte della loro prole le zone spurie, che non possono essere considerate vere pezzature. Ho quindi ritenuto che vi debba senz’altro essere un gene largamente prioritario parzialmente dominante ad espressività variabile, ma che abbia accanto altri geni minoritari, da non considerare però come geni modificatori. Fra i lipocromici (acianici) spesso ci sono macchie melaniche anche accoppiando in purezza, tuttavia spiegabili con l’espressività variabile e sono comunque lipocromici difettosi non pezzati. Sottolineo che la prole, accoppiando un canarino acianico (lipocromico) con un canarino melanico, è sempre totalmente di pezzati. Non ha alcuna importanza che il melanico sia parente vicino di acianici (lipocromici) oppure lontanissimo, lo stesso per l’acianico.
Quando si accoppia, in una ibridazione, un canarino acianico (lipocromico) con un altro fringillide (cardel-
lino, lucherino, verdone ecc.) che è regolarmente melanico, la prole non è affatto tutta pezzata, anzi prevalgono soggetti interamente melanici, almeno come fenotipo, ed alcuni melanici con zone spurie acianiche; i pezzati veri anche come fenotipo, sono una minoranza. Anche il verzellino che è un Serinus come il canarino e specie molto affine, non produce tutti pezzati ma segue la tendenza delle altre specie di fringillidi.
Gli ibridatori, a livello empirico, sostengono che i pezzati nascono in numero elevato solo in certi accoppia-
menti e presumono che la pezzatura venga favorita dal fringillide usato nell’ibridazione, anche se nella sua specie l’acianismo non esiste. Si sostiene sempre da parte degli ibridatori che il cardellino cosiddetto “favato” produrrebbe molti pezzati. Non è facile definire cosa si intende per “favato”, diciamo che ha una parte priva di melanine nella zona del mento, e che inibisce anche un tratto di maschera che contiene carotenoidi. In altri termini una chiazza bianca che interrompe la maschera in basso.
La ragione per la quale l’acianismo agisce meno, nel senso che diventa a penetranza ridotta oltre che a mantenere espressività variabile, nelle ibridazioni, secondo me sta ad indicare che l’ambiente interno degli ibridi, inteso come genoma, ostacola l’acianismo. Del resto per spiegare la penetranza e l’espressività si parla spesso di ambiente esterno, ma anche di ambiente interno. Personalmente ho sempre supposto maggiore influenza dell’ambiente interno e ho
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Intenso rosso avorio, foto: E. del Pozzo Brinato giallo avorio, foto: E. del Pozzo
La mutazione detta “avorio” recessiva, legata al sesso e ad espressività variabile, non interessa le melanine bensì i carotenoidi
sempre considerato la penetranza ridotta come il minimo dell’espressività. Del resto, se esistono espressività variabili con penetranza completa, non mi risulta che esistano penetranze ridotte senza espressività variabile.
Quarto caso Caso particolarissimo è dato dalla razza lizard. Le peculiarità di questa razza sono tali che a volte ho un lapsus molto freudiano e dico specie, anche se poi mi correggo subito. È una razza particolarissima non paragonabile a nessun’altra anche fuori dal canarino. Il comportamento genetico è misterioso. Le differenze sono diverse: a livello morfologico ci sono particolarità nel piumaggio, particolarmente setoso e più ampio in punta, a livello di carotenoidi; questi non sono elaborati in xantofille del canarino, ma vanno direttamente alla penna come negli zigoli conferendo tono più carico. A livello di melanine, si ha l’effetto maggiore con scaglie e calotta. Trattasi a quanto sembra di una sorta di acianismo parziale. Sono state fatte alcune ipotesi di ibridazione che io non condivido affatto, poiché alcune sono molto improbabili e comunque basate su superficiali e generiche somiglianze, senza rapporto di causa - effetto. Certo le ibri-
dazioni ci sono state, visto che in alcuni soggetti ci sono i carotenoidi dell’organetto e del fanello, direi più probabile quest’ultima, vista l’elevata fecondità maschile e la mancanza di fenomeni degenerativi che si evidenziano con quella con organetto; vi è anche qualche somiglianza con il verzellino. Tuttavia mi sembra evidente che i meccanismi siano prodotti da mutazioni. Non posso escludere che le mutazioni fossero presenti nei fringillidi usati, ma ritengo di gran lunga più probabile che fossero nate nel canarino. Direi qualcosa di particolarissimo selezionato in un ceppo strano, con presenze di derivati da ibridi, forse una estrapolazione di qualcosa avente a che fare con l’acianismo. Ho rilevato la probabile allelia fra l’acianismo classico con l’acianismo parziale del lizard, cioè: scaglie, calotta,
epidermide più chiara. Tale allelia mi sembra logica considerando che il meticciamento di lizard con acianici di altra razza produce pezzati, i quali però presentano scaglie nelle zone melaniche, mentre il meticciamento di lizard con melanici, produce melanici senza scaglie. In seguito a meticciamenti non si torna a lizard veramente tipici, neanche dopo molte generazioni di accoppiamenti sostitutivi; forse dopo moltissime, ma non è accertato.
Non posso dilungarmi oltre, occorrerebbe una monografia. Segnalo uno strano difetto diffusissimo nel lizard: le depigmentazioni, una sorta di brizzolature trasmesse ad altre razze con le quali si sono fatti assurdi meticciamenti, nell’illusoria convinzione di migliorare il piumaggio. In altri termini, la razza lizard deve rimanere autonoma poiché negli incroci può solo subire e fare danni, concetto purtroppo non recepito dalla maggior parte degli allevatori. La segnalo per il misterioso comportamento genetico mai chiarito.
Riferimenti bibliografici già citati a proposito della mutazione intenso hanno riferimenti anche agli altri casi, specialmente il libro ed il sito internet.
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Lizard dorato, foto: S. Giannetti
Lizard blu, foto: S. Giannetti
Il lizard è una razza particolarissima non paragonabile a nessun’altra anche fuori dal canarino
Quale giusta selezione?
Puntualizzazioni sul codalunga ino e non solo
testo e foto del Club DEL
CODALUNGAE POEPHILA
Introduzione
In ornicoltura il tempo e le generazioni che si susseguono ci danno la possibilità di stabilire se le scelte fatte all’inizio di un percorso selettivo fossero giuste. Scelte che si basano su presupposti universali, formulati ed accettati trasversalmente da tecnici e allevatori e che hanno portato avanti le stirpi domestiche delle specie a cui riserviamo la nostra dedizione, modificandone il fenotipo e differenziandole anche profondamente dalle popolazioni selvatiche. Tali presupposti generali della selezione domestica si basano sul processo di ingentilimento somatico che favorisce espressioni migliori, le caratteristiche di base, riferite a taglia, struttura, disegni, colore ecc. È questo per noi un concetto di carattere generale della selezione imprescindibile, a
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Diamante codalunga ino maschio con ottima ossidazione
Diamante bavetta ino maschio
Diamante codalunga acianico (feo-ino)
garanzia del corretto orientamento della selezione dei Poephila e del loro giudizio in esposizione.
Presupposti universali della selezione domestica in ornicoltura
Tutta la selezione domestica, sia questa cinofila, avicola o ornicolturale, si basa sull’ingentilimento fenotipico delle stirpi d’allevamento, ovvero sulla preferenza dell’uomo al miglioramento dei caratteri somatici, che consiste nell’enfatizzazione dei principali aspetti fisici della specie. In ornicoltura
si considera migliore l’espressione più uniforme, precisa e possibilmente accentuata del carattere. Ad esempio, si prediligono taglie e strutture maggiori di quelle delle popolazioni selvatiche, caratterizzate magari anche da un aspetto più florido e tondeggiante, che se da un lato penalizza l’agilità del soggetto e le abilità di volo, dall’altro conferisce allo stesso un aspetto più paffuto ed a noi gradito. Il fenomeno dell’ingentilimento è su base genetica e consiste nel selezionare gradualmente, attraverso giusti accoppiamenti, l’espressione più gradita di un carattere. Nel codalunga, ad esempio, si è selezionata nel tempo una bavetta ampia e dai margini precisi, di forma trapezoidale con base stondata, rispetto al disegno ancestrale a “pera” tendenzialmente stretto e allungato. Allo stesso fenomeno si assoggetta l’espressione dei colori, siano essi lipocromici o melanici, ricercati, uniformi o saturi. Si evidenzia come ad esempio il becco degli attuali codalunga Heki, al netto della mutazione bruno, si presenti nei soggetti di alta selezione di un intenso colore rosso scuro, uniforme dalla punta all’attaccatura, e sono considerati difetti schiarimenti o disomogeneità. Nei soggetti selvatici che possiamo osservare in natura il rosso non è uniforme e soprattutto non è così intenso e scuro. È chiaro che la selezione domestica spinge verso
un’espressione enfatizzata dei caratteri che indichiamo come ingentilimento della specie, fondato sui nostri canoni estetici.
Presupposti selettivi del colore melanico
Come qualsiasi altro carattere fenotipico, il colore melanico, che si compone del deposito di feomelanina (di colore fulvo) e di eumelanina (di colore bruno o nero), è assoggettabile a miglioramento selettivo. È questo un carattere la cui selezione risulta fondamentale nel miglioramento del fenotipo dei soggetti, anche perché espressioni melaniche migliori si traducono anche in un miglioramento dei disegni, composti dalla stessa stratificazione delle melanine. Riconosciamo come regola universale che siano gli uccelli più carichi di melanina, definiti più ossidati, a incarnare il modello da perseguire, perché rappresentano la caratterizzazione di un fenotipo iniziale magari più mo-
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Diamante bavetta ino femmina
Diamante bavetta bruno-ino maschio Diamante codalunga ino
Il colore melanico si compone del deposito di feomelanina (di colore fulvo) e di eumelanina (di colore bruno o nero)
desto. In altri termini, più il colore di un esemplare è carico e marcato, più è considerato ottimale. Questo ovviamente sempre preservando il colore e la tonalità originale di base del soggetto, che devono essere mantenute tali. Ad esempio, un diamante codalunga topazio deve presentare un dorso fulvo carico, intenso e di tonalità fredda. Un soggetto che dovesse arrivare a presentare il dorso marrone, o peggio grigio, sarebbe inadeguato, perché sarebbe andato oltre la giusta espressione del fenotipo, snaturandone l’identità. In particolare, ogni variante genetica ha una sua desiderata espressione fenotipica, data dall’effetto della mutazione sottesa, che deve permettere l’espressione stessa della mutazione, ma al contempo sempre preservare l’identità della specie e della varietà in questione. Tale attenzione si è sviluppata essenzialmente perché quasi tutte le mutazioni selezionate sono di tipo selettivo, ovvero inibiscono una o più frazioni di pigmento e tendono generalmente a sbiancare l’aspetto dei soggetti. Se non si fosse ritenuto opportuno di sancire come regola generale la preferenza verso la massima ossidazione del pigmento presente, molte varietà non sarebbero distinguibili e quindi selezionabili.
Lo strano caso del codalunga ino ossidato
La mutazione ino, recessiva sessolegata rispetto al gene selvatico, determina l’inibizione totale della feo (e questo lo vediamo nei codalunga feo-ino che presentano fenotipo acianico) e una forte inibizione dell’eumelanina, con la sola possibilità di pigmentare il piumaggio con un residuo eumelanico beige, stimabile intorno al 25% della pigmentazione classica, senza però la possibilità di ossidazione della stessa. Questa mutazione produce quindi un fenotipo particolarmente chiaro che tende nelle generazioni a sbiancare ulteriormente. Nel codalunga mutato ino, il capo rimane di base bianco candido, perché nel momento in cui è prevista la pigmentazione di quell’area probabilmente il melanocita è inattivo, mentre bavetta, calzoni e timoniere
vanno dal beige scuro al marrone chiaro; dorso e ventre dovrebbero avere lo stesso colore, che generalmente si presenta come beige estremamente diluito. La tonalità di base è fredda per l’assenza totale di feomelanina. Si apprezza generalmente un notevole dimorfismo sessuale con maschi ino generalmente più marcati, probabilmente perché nei maschi classici, anche se si fatica ad apprezzarlo ad occhio nudo, abbiamo una carica eumelanica maggiore; questo lo apprezziamo anche chiaramente nel diamante bavetta. Purtroppo l’ino è un fenotipo che si fatica a selezionare, perché dagli accoppiamenti in purezza si ottengono generalmente soggetti strutturalmente più esili e scarsi in ossidazione, tanto che nei soggetti peggiori non si riesce a distinguere lo stacco cromatico tra il candore richiesto del capo e l’ossidazione del dorso. È questa una difficoltà che chi alleva e seleziona per la
competizione il codalunga ino affronta puntualmente. Negli ultimi anni però, di tanto in tanto, abbiamo avuto modo di ammirare esemplari, generalmente maschi, di alta qualità fenotipica, presentanti toni beige freddi, ma di base bruna, ottimamente ossidati di fondo e disegni. Questi soggetti hanno inoltre il pregio di mantenere ben distinti gli stacchi cromatici tra le varie aree somatiche con capo candido, redini, bavetta, calzoni e timoniere brune, dorso e ventre beige. Questo smentisce chi sostiene l’ingerenza del bruno in tali esemplari. Sono soggetti generalmente nati da classico portatore di ino per femmina ino. Il motivo della comparsa di tali soggetti dall’eccellente colorazione non è chiaro, ma questo poco porta a considerarli riferimento significativo a cui tendere nella selezione del codalunga ino, perché è nostra convinzione che le regole generali inerenti la giusta espressione del colore in termini di tonalità e massima ossidazione siano i punti fermi della selezione domestica
Conclusioni
Se è vero che ogni specie ha peculiarità fenotipiche proprie, rimane fuori discussione un orientamento univoco della selezione domestica, le cui scelte si basino su oggettive considerazioni. Il postulato della corretta tonalità e della massima ossidazione sono per noi, come club, indiscutibili al fine di poter orientare una selezione migliorativa della mutazione ino, come di tutti gli altri fenotipi dei Poephila. Selezioni rispettose dell’identità della specie che puntino a quell’ingentilimento fenotipico ritenuto obbiettivo condiviso della zootecnia, e quindi dell’ornicoltura, ma soprattutto non assoggettate al gusto personale dell’ornicoltore o del giudice sono il nostro modello di orientamento. Sperando con questa nostra dissertazione di aver dissolto ogni dubbio sulle bizzarre voci di corridoio che, in contrasto con le richieste degli standard, aleggiano da qualche mese sulla giusta selezione del codalunga ino e non solo, rimaniamo aperti al confronto tecnico oggettivo, l’unico strumento di evoluzione del nostro impegno di ornicoltori.
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Diamante codalunga ino maschio carente di fondo
La mutazione ino, recessiva sessolegata rispetto al gene selvatico, determina l’inibizione totale della feo
Note della C.T.N.-E.F.I. a corredo dell’articolo: puntualizzazioni sul Codalunga e non solo
Larevisione dello standard del Diamante Codalunga (ratificato dal CDF-FOI con verbale del 21 Agosto 2021) è stata elaborata dalla precedente CTNEFI composta da: Carmelo Montagno (Presidente), Gabriele Ragni (Commissario EST); Riccardo Rigato (Commissario- FRI) e con la preziosa collaborazione di Gianni Ficeti (Presidente del Collegio di Specializzazione EFI) e del Club del Diamante Codalunga & Poephila.
Sulla variante fenotipica Ino (recessiva sesso legata) è stato detto giustamente che inibisce il deposito del pigmento feomelanico e di quello eumelanico nero. Puntualizzando che sul piumaggio rimane un residuo di eumelanina dal tono bruno. I disegni normalmente neri si presentano beige carichi. Parti inferiori decisamente chiare impercettibilmente velate di beige; dorso con percepibile velatura di eumelanina dal tono bruno; testa bianco latte; occhi rossi.
L’articolo del Club del Codalunga e Poephila, in controtendenza con i dettami dello standard sulla mutazione Ino, pone una questione a carattere tecnico che ci interroga tutti: la ricerca sempre e comunque della massima ossidazione quale punto fermo della selezione domestica.
La domanda che dobbiamo chiederci è questa: è sempre corretto ricercare la massima ossidazione dei pigmenti residui in tutte le mutazioni del piumaggio oppure tale obiettivo non sempre risulta perseguibile?
L’eventuale applicazione di tale principio, rispetta la necessità sempre e comunque di mantenere le caratteristiche fenotipiche delle mutazioni, facilmente distinguibili fra loro?
L’effetto mutante della mutazione Ino e della Satiné
(Lutino+Bruno) agisce inibendo la sintesi del pigmento feomelanico su entrambi i fenotipi, ma l’azione sul pigmento eumelanico è diversa per le due mutazioni. L’effetto mutante Ino tende ad eliminare quasi del tutto la presenza eumelanica (lascia una leggera traccia residuale di EU-Bruna), mentre nella mutazione Satiné è apprezzata una notevole carica eumelanica dai toni bruni. Pertanto in aderenza con l’azione dei geni mutanti, i due fenotipi appaiono nettamente diversi nei toni del colore e nella quantità del pigmento eumelanico presente.
La linea di demarcazione delle due mutazioni diventa però pericolosamente impercettibile laddove nel fenotipo Ino si ricerca una massima saturazione del pigmento eumelanico residuo. Si rischia di ottenere per la mutazione Ino un fenotipo che invece dovrebbe essere caratterizzante per la mutazione Satiné. Un soggetto Ino eccessivamente melanizzato rischia di essere spacciato per un Satiné.
La cosa che invece dovremmo ricercare con più decisione è la naturale espressione del carattere fenotipico, prodotto dall’azione genica del fattore mutante, senza esaltare in maniera innaturale l’espressione quantitativa del pigmento (melanico o lipocromico) residuale deputata al meccanismo genico. Pertanto una espressione quantitativa esagerata del pigmento eumelanico dai toni bruni in un soggetto mutato Ino è da intendersi, in aderenza allo standard di riferimento in essere, difetto del colore.
I toni espressi in questo disegno dai soggetti INO e INO-BRUNO (Satiné) in merito alla quantità di pigmento eumelanico sono decisamente corretti. Ma se in un soggetto Ino, tendiamo ad esaltare la quantità
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di pigmento eumelanico bruno presente sul corpo, si rischia di produrre un fenotipo assimilabile ad un INO-BRUNO (Satiné), con la conseguenza di generare confusione fra i fenotipi non più distinguibile in fase di giudizio.
Questi due soggetti raffigurati in foto, incarnano appieno questo concetto che tende ad estremizzare la ricerca quantitativa del pigmento eumelanico al di là del limite consentito dallo standard.
Il soggetto di destra, INO, al cospetto dello standard di riferimento, non può essere considerato un buon soggetto. L’eccessiva carica eumelanica dai toni Bruni presente su tutto il corpo lo fa apparire con tinte beige di colore caldo che sono tipiche della combinazione INO-BRUNO (Satiné).
Siamo fermamente convinti che i fenotipi devono rimanere sempre facilmente distinguibili e di conseguenza non possiamo accettare che uno scarso soggetto Ino (per eccessiva presenza quantitativa di pigmento eumelanico) debba vincere fra gli Ino; ma al contempo dovremmo anche evitare che il medesimo soggetto, geneticamente Ino, possa essere esposto nella categoria Satiné, ed essere spacciato per buono in una categoria che non gli appartiene (ma questo diventa difficile da governare).
Queste considerazioni esprimono un orientamento che non riguardano soltanto il Diamante Codalunga ma in generale tutte le specie.
La questione riguarda anche i Fringillidi: uno scadente Verdone Lutino che presenta eccessivo residuo di EU-Bruna sulle remiganti e timoniere, palesando un fenotipo da Satiné, può essere tranquillamente esposto come Satiné senza che nessuno possa contestarne l’errata collocazione della categoria a concorso (geneticamente sarebbe un Lutino ma fenotipica-
mente è un Satiné). Resta comunque un soggetto non qualitativo per la mutazione Lutino.
Se in un Gould Pastello ricercassimo la massima ossidazione dei pigmenti residui eumelanici otterremmo un soggetto con il dorso non certamente giallo come lo standard vuole che sia, ma avremmo sicuramente delle screziature verdi sul dorso che costituiscono difetto del colore.
Se in un Verdone Pastello ricercassimo la massima ossidazione dei pigmenti residui eumelanici otterremmo un soggetto indistinguibile da un fenotipo classico (a chi non è mai capitato durante il giudizio?).
Alla luce di queste considerazioni, c’è da chiedersi: Dobbiamo continuare a sottolineare, sempre e comunque (a prescindere dalla variante fenotipica indagata) negli standard di riferimento, la ricerca delle massime espressioni di ossidazione (saturazione) dei pigmenti melanici e lipocromici? Oppure dobbiamo chiederci, per ogni fenotipo, quali devono essere i pigmenti melanici e lipocromici da esaltare in maniera satura?
Vanno esaltati tutti i pigmenti rimasti nonostante l’effetto delettivo della mutazione presente, o soltanto alcuni di questi?
In un soggetto Ino, se c’è presenza lipocromica nella specie, tenuto conto che tale pigmento non viene intaccato dall’effetto dell’azione mutante Ino, ne va ricercata certamente la massima saturazione; ma il pigmento eumelanico deve essere presente nelle quantità indicate dallo standard.
Riteniamo pertanto che la ricetta: ricerca della massima saturazione di tutti i pigmenti presenti, in tutte le varianti fenotipiche, non sempre può essere applicata senza le dovute eccezioni.
CARMELO MONTAGNO Presidente C.T.N.-E.F.I.
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Diamante codalunga inoDiamante codalunga ino contenente una quantità eccessiva di pigmento eumelanico
Conuri dorati al Loro Parque e alla Loro Parque Fundación
Il caldo è una delle costanti in questo periodo dell’anno. È il clima perfetto per il maestoso Conuro
dorato (Guarouba guarouba). Abbastanza rumorosi, soprattutto se vivono in gruppo, difendono il loro territorio se si avvicina uno sconosciuto. I loro corpi ondeggiano e non esitano ad aprire le ali per rivelare il colore verde del loro piumaggio, che ricorda la bandiera brasiliana. Questa specie attraente e vulnerabile in natura, con
un colore così sorprendente, è sempre stata l’obiettivo di molti centri di riproduzione nel mondo. Tuttavia, la sua riproduzione sotto cura umana è tutt’altro che semplice e, sebbene quando viene raggiunta i numeri possono essere elevati, di solito non è garantito un risultato stabile nel tempo.
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testo di RAFAEL ZAMORA PADRÓN (*), foto MOISÉS PÉREZ (LPF) e LORO PARQUE FUNDACIÓN
(*)Direttore Scientifico Fondazione Loro Parque
Pulli al LPF, foto: M.Pérez / LPF
Nel Loro Parque questa specie è sempre stata presente con una posizione di primo piano e, va detto, con gli stessi inconvenienti che si sono osservati in altri centri del mondo. Alcuni esemplari avevano la tendenza a rimuovere le piume, con scarso successo nel comportamento riproduttivo, unito ad un alto tasso di infertilità nelle uova. Questo è un pappagallo che richiede una dieta specifica e un arricchimento ambientale variabile. In generale, sono svantaggi tipici di questa specie che definiscono abbastanza bene un tipo di uccello delicato. Nel mondo dell’allevamento di pappagalli, ci sono molte specie particolari e il Conuro dorato ha il suo profilo caratteristico. Ricordo come festeggiammo la nascita di tre pulcini nel 2003. Non c’erano molti allevatori e non era facile trovare esemplari robusti in quel periodo.
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Pulli di Conuri dorati Guarouba guarouba alla Baby Station, foto: M.Pérez / LPF
Marcia Weinzettl LPF
Pullo di Guarouba guarouba, foto: M.Pérez / LPF
Nel Loro Parque questa specie è sempre stata presente con una posizione di primo piano
Lavorare con questa specie richiede tempo e osservazione. Ce lo ha dimostrato la nostra curatrice Marcia Weinzettl, che aveva già una vasta esperienza con i Conuri dorati in Brasile dove li aveva allevati in abbondanza.
Nel centro di allevamento del Loro Parque Fundación, negli ultimi anni, ha lavorato meticolosamente con questa specie formando nuove coppie, raggruppandole in voliere contigue, osservando molto bene le compatibilità e aspettando pazientemente le prime uova feconde. E così, in questo ultimo anno sono già nati più di 7 esemplari, che si aggiungono ai quindici che nel tempo sono nati in queste strutture.
Vedere il colore giallo intenso dei nuovi pulcini provoca una vibrante sensazione nell’osservatore che, se non è un esperto di pappagalli, resta comunque positivamente colpito quando vede per la prima volta questi pulcini nelle strutture della Baby Station al Loro Parque.
E non è solo il Conuro dorato, noto anche come Conuro Regina della Baviera, che approfitta di questo periodo caldo dell’anno per riprodursi; nel Loro Parque e nel Loro Parque Fundación, Amazzoni, Conuri del sole e Pionus stanno ora covando le loro uova e iniziando ad allevare la loro prima progenie
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L'autore Rafael Zamora con alcuni pulli di Conuri dorati - LPF
Il Microbiota intestinale nel Canarino
Aspetti Generali
Il microbiota è un complesso ecosistema di microorganismi che colonizzano l’intestino di un organismo ospite e svolge un ruolo vitale per il benessere degli animali, compresi i canarini. Questi uccelli ospitano una vasta gamma di microrganismi fondamentali per la salute digestiva e l’immunità. Il microbiota del canarino è costituito principalmente da batteri che colonizzano l’intestino e altre parti del corpo. La composizione del microbiota può variare da un individuo all’altro, ma alcune specie batteriche sono comuni a molti canarini. Tra i generi batterici più comuni e prevalenti nel microbiota dei canarini si trovano soprattutto Lactobacillus (figura 1).
La diversità del microbiota, cioè il numero di specie batteriche presenti, è considerata un indicatore di buona salute, un microbiota diversificato è associato a una migliore resilienza alle infezioni e alla capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali. D’altra parte, una ridotta diversità può essere indicativa di uno squilibrio microbico o di una disbiosi.
(1)Medico Veterinario, PhD
(2)Medico Veterinario, Professore Associato
(3)Università degli Studi di Teramo, Dipartimento di Medicina Veterinaria
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testo e immagini di GIANLUCA TODISCO (1, 3) e GIUSEPPE MARRUCHELLA (2, 3)
Figura 1 - Principali specie batteriche presenti nel microbiota intestinale del canarino
Figura 2 - Variabilità batterica presente nel microbiota intestinale del canarino, a ciascun colore corrisponde un genere batterico diverso
Funzioni del microbiota
Il microbiota del canarino svolge molteplici funzioni essenziali per la salute e il benessere dell’uccello. Tra le funzioni principali vi sono:
-Digestione e assorbimento dei nutrienti: i batteri presenti nell’intestino del canarino aiutano a scomporre i cibi complessi in sostanze più semplici che possono essere facilmente assorbite dall’organismo.
-Sintesi di vitamine: alcuni batteri presenti nel microbiota del canarino sono in grado di sintetizzare vitamine del gruppo B, come la vitamina B12, che sono importanti per il metabolismo energetico e la salute generale dell’uccello.
-Supporto del sistema immunitario: il microbiota del canarino gioca un ruolo chiave nella modulazione del sistema immunitario.
-Protezione contro microrganismi patogeni: il microbiota sano del cana-
rino agisce come una barriera naturale contro l’insediamento e la crescita eccessiva di microrganismi dannosi. I batteri benefici competono con i patogeni per le risorse e producono sostanze antimicrobiche che impediscono la proliferazione dei microrganismi nocivi.
Lo stato dell’arte
La bibliografia sul microbiota dell’uomo e in tutte le specie animali è in continuo aumento a ragione dell’enorme interesse che l’argomento su-
scita tra i ricercatori, tra gli allevatori e tra gli operatori della sanità in generale. Relativamente alla specie umana, ad esempio, ci sono alla data di aprile 2023, oltre 116.000 contributi scientifici da ogni parte del mondo, la maggior parte di essi compiuti negli ultimi dieci anni, cioè da quando si sono affinate le tecniche di laboratorio necessarie all’identificazione delle specie batteriche simbionti. L’alterazione del microbiota è stato, inoltre, messo in relazione con la comparsa di numerose patologie apparentemente non correlate con l’apparato gastroenterico, tra cui i tumori.
Lo Studio
L’obiettivo di questo studio è stato determinare le caratteristiche del microbiota fecale del canarino in soggetti sani e in diverse fasi dell’anno: riproduzione, muta e riposo. Il gruppo di uccelli in esame era costituito da 12 soggetti, 6 maschi e 6 femmine di razza “colore” a fattore giallo. Il microbiota è estremamente complesso e rappresentato da una miriade di batteri; nella figura 2 è rappresentata graficamente la variabilità batterica, ogni segmento colorato corrisponde a un genere batterico diverso. Tuttavia, abbiamo visto che tra tutti questi batteri, i più rappresentati per Ordine, Genere e Famiglia sono i Lattobacilli. È stata valutata l’eventuale variabilità batterica nei 12 canarini sia all’interno di ciascun gruppo, cosiddetta α-diversità (riproduzione, muta e riposo) (figura 3) sia tra i tre gruppi, cosiddetta β-diversità (figura 4). All’interno di ciascun gruppo il microbiota mostrava differenze poco
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Figura 3 - (alfa-diversità) Variabilità batterica all'interno del gruppo in ciascuna fase dell'anno
Figura 4 - (beta-diversità) Variabilità batterica all'interno del gruppo tra le diverse fasi dell'anno
Il microbiota del canarino svolge molteplici funzioni essenziali per la salute e il benessere dell’uccello
significative, era stabile, molto somigliante in tutti i canarini. Tra i diversi gruppi, invece, si sono rilevate differenze significative confrontandoli nelle diverse fasi dell’anno, vale a dire che nello stesso canarino il microbiota non varia nell’ambito della stessa fase fisiologica, ma varia nelle diverse fasi a seconda del periodo dell’anno. Queste variazioni sono dovute a specie batteriche meno rappresentative rispetto ai Lattobacilli che rimangono, comunque, sempre i più numerosi lungo tutto l’anno.
Conclusioni
Il microbiota del canarino svolge un ruolo fondamentale per la salute digestiva e del sistema immunitario dei canarini. Un microbiota equilibrato può contribuire a una migliore digestione, assorbimento dei nutrienti e prevenzione di malattie. L’utilizzo di integratori a base di probiotici può essere considerato come una strategia per soste-
nere la salute intestinale e promuovere un microbiota sano nel canarino. L’approccio migliore è consultare un veterinario specializzato in uccelli da gabbia e da voliera per ottenere indicazioni specifiche sull’uso di integratori e garantire la salute ottimale del tuo amico piumato.
Il presente studio del microbiota del canarino è il più rappresentativo sinora compiuto, il più consistente dal punto di vista numerico, i dati forniti rappre-
sentano uno standard, un punto di riferimento o metro di paragone per tutti gli altri studi che verranno compiuti in futuro da chiunque li faccia nel mondo. Oggi sappiamo qual è il microbiota del canarino e questo dato è fondamentale per chiunque voglia scoprire se cambia e in che condizioni cambia (ad esempio in corso di patologie).
Lo studio ha coinvolto diverse professionalità, non solo medici veterinari ma anche bioinformatici che hanno reso possibile l’elaborazione di dati molto complessi.
Questo studio è stato possibile solo grazie al contributo della Federazione Ornicoltori Italiani (FOI).
Nessun canarino è stato maltrattato per l’esecuzione della sperimentazione, il campionamento è stato effettuato in modo incruento all’interno del loro allevamento di provenienza e senza mai alterare le loro normali abitudini di vita.
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Un microbiota equilibrato può contribuire a una migliore digestione, assorbimento dei nutrienti e prevenzione di malattie
Canarino “Gloster” note informative
testo e immagini della Commissione Tecnica Canarini di Forma e Poszione Lisci
La razza Gloster Fancy, tra i Canarini Forma e Posizione Lisci, è quella maggiormente esposta in occasione di mostre Nazionali ed Internazionali.
I soggetti esposti sono spesso di altissima qualità ed evidenziano l’impegno degli allevatori a selezionare soggetti sempre più conformi allo standard anche se spesso con piccoli o grandi difetti riguardanti la taglia e la qualità del piumaggio.
In questa ottica la CTN FPL ha for-
mulato una proposta, sia a livello FOI sia a livello COM, per migliorare la scala valori senza modificare in alcun modo lo standard. In particolare è stato chiesto di modificare la scala valori del Gloster Fancy, limitatamente alle voci Piumaggio e Portamento/Posizione.
La richiesta prevedeva che la voce piumaggio passasse dai 15 punti attuali a 20 punti e che la voce Portamento/Posizione passasse da 10 a 5 punti.
La CTN CFPL ha ritenuto necessario au-
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Gloster consort, all. Pietro Tellaroli
Gloster corona, all. Pietro Tellaroli
I soggetti esposti sono spesso di altissima qualità ed evidenziano l’impegno degli allevatori a selezionare soggetti sempre più conformi allo standard
in Istanbul (Turchia) nel mese di dicembre 2021. Di conseguenza anche in Italia
è stata modificata la scala valori del Gloster Fancy per allinearla alla scala valori della COM
mentare il punteggio alla importantissima voce piumaggio dato che, come ben noto, un soggetto ottimo se ha un piumaggio perfetto diventa eccellente. Vogliamo ricordare che in Italia la voce piumaggio è già a 20 punti.
La proposta è stata approvata in occasione del congresso COM/OMJ svoltosi in Istanbul (Turchia) nel mese di dicembre 2021, dove siamo stati rappresentati dal Giudice Internazionale Antonio Passeri.
Di conseguenza anche in Italia è stata modificata la scala valori del Gloster Fancy per allinearla alla scala valori della COM.
Con l’occasione, per riportare l’attenzione degli allevatori sulla voce taglia, si sono anche invertite, su proposta di questa CTN FPL, i considerando corpo e taglia in modo che la prima voce diventa la taglia e la terza voce il corpo.
(Carduelispsaltria)
Da una lunga e competente selezione soggetti di grande qualità e dalle eccezionali doti riproduttive
TERUZZI
BRUGHERIO (MB)
Tel. 347.0784494
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LUCHERINO DORSO NERO “COLUMBIA”
La proposta è stata approvata in occasione del congresso COM/OMJ svoltosi
La Gracula religiosa come fonte di reddito per alcune comunità indiane
… e altre brevi considerazioni
testo di IVANO MORTARUOLO, foto AUTORIVARI
In passato il cosiddetto Merlo indiano (Gracula religiosa) godeva di un grande favore fra gli ornitofili. Il motivo di tale successo fu determinato dal fatto che la quasi totalità dei soggetti disponibili in commercio aveva subito l’imprinting sull’uomo (detto altrimenti e in estrema sintesi, si trattava di soggetti giovani che in un certo periodo della loro vita erano stati allevati dall’uomo); pertanto, si mostravano estremamente docili e confidenti: caratteristiche queste potenziate dalla
loro istintiva natura gregaria. Ma il successo di questo accattivante pet fu tributato dalla loro capacità di imitare parole, frasi, musiche e rumori, che, se-
condo alcuni autori, è superiore per nitidezza a quella dei pappagalli. Ad agevolare la diffusione del Merlo indiano nelle nostre case contribuì anche il prezzo abbastanza contenuto, perché l’offerta da parte dei vari Paesi di origine era considerevole, favorendo così un incremento economico anche per gli strati sociali meno fortunati. Purtroppo, decenni di prelievi incontrollati portarono a una drastica riduzione delle popolazioni di specie e sottospecie ascritte al genere Gracula, che
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Il successo di questo pet fu tributato dalla loro capacità di imitare parole, frasi, musiche e rumori
Graculareligiosa parzialmente acianica, foto: Ivano Mortaruolo
Areale di distribuzione delle varie specie e sottospecie di Gracule. Tratto dal libro “Maynhas” di Martin Weil
impose il divieto di esportazioni sancito dall’Allegato II della Convenzione di Washington (CITES).
Sta di fatto che attualmente la detenzione di questi uccelli è consentita soltanto previe determinate autorizzazioni e certificazioni. Non sorprende,
quindi, se la relativa offerta si è rarefatta e i prezzi sono lievitati enormemente.
Se da un verso le passate e incontrollate esportazioni di Merli indiani sono state all’origine di allarmanti declini di popolazioni avifaunistiche, dall’altro hanno rappresentato, come dianzi accennato, una forma di sussidio al magro bilancio famigliare di alcune popolazioni. E fra questi beneficiari vi erano anche gli abitanti di Garo Hills, un’area nel distretto di Assam (India), che catturavano i pulli con un “insolito” sistema. Di ciò ci informa lo zoologo B.C.R. Bertram con la sua nota Hill Mynahs breedind in artificial nests in the Garo Hills District of Assam, India (pubblicata su Avicultural Magazione n.5/1968).
Poiché in natura i Merli indiani sono molto diffidenti e d’ordinario nidificano su alti alberi e nei siti meno accessibili, gli abitanti di tale località mettevano a loro disposizione dei nidi artificiali allungati e ricoperti di paglia, capienti all’interno e con un foro di entrata. Questi manufatti venivano collocati fra due rami, conferendogli un’angolatura di circa 45°, di alberi col-
locati sia nelle radure in seno alla foresta sia ai bordi di piccoli villaggi. Naturalmente, i nidiacei venivano prelevati prima del loro involo ed erano nutriti con un impasto di farina di “ceci”, trasformato poi in palline che venivano direttamente inserite nei capienti becchi. I giovani Merli erano successivamente venduti al mercato di Assam, che si svolgeva ogni settimana.
L’autore riferisce inoltre che tale cattura ha origini antichissime e che veniva praticata anche nel Nepal e a Orissa (Stato dell’India Occidentale).
Tutto ciò può apparire una singolare strategia venatoria esercitata in Paesi lontani (anche per tradizioni), ma, a ben vedere, costituiva una realtà presente pure nel nostro Paese e in varie aree europee. Naturalmente, la specie ornitica interessata non era il Merlo indiano, bensì un suo parente: vale a dire lo Storno (Sturnus vulgaris - entrambe le specie sono ascritte alla famiglia degli Sturnidi).
Un esempio viene offerto dal celeberrimo libro seicentesco “Uccelliera ovvero discorso della natura e proprietà di diversi uccelli” di Giovanni Pietro Olina, nel quale, oltre alla descrizione della cattura dei pulli, propone due incisioni raffiguranti i nidi artificiali che vengono adottati per indurre gli Storni (e anche altre specie) alla riproduzione. Ovviamente, il fine di tali prelievi era quasi esclusivamente di natura alimentare. Questi manufatti venivano realizzati con terracotta dalla forma di fiasca con la possibilità di poter togliere un
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Nidiaceo di Merlo indiano di 5 giorni. L’allevatore è Lynda Scott e il fotografo Suzi “Bird” House, ai quali vanno i miei ringraziamenti
Uovo di Graculareligiosa, foto: Ivano Mortaruolo
Giovane indiano di Garo (Distretto di Assam) che mostra con orgoglio il nido artificiale con il quale cercherà di indurre le Gracule religiose alla riproduzione, foto: B.C.R. Bertram
Nido artificiale per Graculereligioseabilmente posizionato fra due rami della parte apicale dell’albero. Si noti che al manufatto viene data un’angolatura di circa 45°, foto: B.C.R.Bertram
I Merli indiani sono molto diffidenti e d’ordinario nidificano su alti alberi e nei siti meno accessibili
Frontespizio del libro “Uccelliera ovvero discorso della natura e proprietà di diversi uccelli” di Giovanni Pietro Olina (1622). Un volume che per gli argomenti trattati e le raffigurazioni (incisioni su rame) ebbe un gran successo e trovò ospitalità in numerose biblioteche europee
coperchio, per poter introdurre la mano all’interno. L’Olina conclude la breve descrizione di questa modalità di cattura con la seguente frase: inventione dicesi de’ Fiaminghi. E la sua affermazione risulta ben fondata perché a questa tecnica vengono attribuite origini fiamminghe e borgognone che affondano le loro radici nel Medio Evo. Che tale usanza fosse ben diffusa nell’Europa Settentrionale ce lo può suggerire anche un’opera di Hieronymus Bosch (1453-1516), uno dei protagonisti del Rinascimento nordico, coetaneo
Tavola tratta dal libro “Uccelliera ovvero discorso…” che evidenzia come avveniva la cattura degli Storni (e altri uccelli) utilizzando nidi artificiali di terracotta
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La cattura ha origini antichissime e veniva praticata anche nel Nepal e a Orissa (Stato dell’India Occidentale)
di Leonardo da Vinci (1452-1519). Il dipinto a cui mi riferisco è il “San Cristoforo”, custodito a Rotterdam presso il Museo Boymans-van Beuningen. Sulla parte sinistra dell’opera vi è un albero
Hieronymus Bosch (1453-1516): “San Cristoforo”. Pittura custodita a Rotterdam presso il Museo Boymansvan Beuningen, fonte iconografica: Wikipedia
su cui viene appesa una brocca in terracotta destinata verosimilmente ad accogliere gli Storni, ma la sua grandezza appare palesemente sproporzionata rispetto al contesto del quadro. Poco al di sopra è collocata una piccionaia e oltre sembra scorgersi un favo. Purtroppo, nella letteratura in mio possesso sono riuscito a trovare sparuti accenni di ipotesi semiotiche. Tuttavia, a un superficiale esame, mi sembra che i tre oggetti siano collegati dal fatto che ospitano animali (Storni, Piccioni e Api) in grado di soddisfare le esigenze alimentari dell’uomo. Non azzardo ulteriori considerazioni!
Mi basta aver segnalato l’“involontario ruolo socio-economico svolto dai Merli indiani” e aver ricordato quanto sia antico e cosmopolita l’utilizzo dei nidi artificiali per la cattura di alcuni uccelli.
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Particolare dell’opera “San Cristoforo” di Hieronymus Bosch
Il dipinto a cui mi riferisco è il “San Cristoforo”, custodito a Rotterdam presso il Museo Boymans-van Beuningen
Scotch fancy
testo di SERGIO PALMA, immagini tratte dal volume CANARY STANDARDSIN COLOUR
Una volta si definivano questi canarini bizzarria della natura. Derivato dal Bossù belga e selezionato in Scozia, nel tempo si è differenziato dal progenitore per la posizione e la forma del corpo.
Gli Scotch Fancy sono molto prolifici ed usati da molti come balie (foster) per canarini di taglia grossa i quali, è risaputo, non sono molto avvezzi all’allevamento dei piccoli. Come suggerisce il nome, questo straordinario canarino è per la Scozia ciò che il Bossù è per il Belgio o il Gibber Italicus per l’Italia: l’uccello nazionale.
È senza dubbio una propaggine del Bossù e nei primi tempi era conosciuto come Glasgow Fancy o Glasgow Don; successivamente gli allevatori hanno adottato il nome di Scotch Fancy. Nessuna storia autentica dell’uccello è stata mai scritta e per quanto ne sappiamo non c’è nulla che colleghi direttamente la razza con eventi storici. Il suo sviluppo è stato probabilmente di interesse locale, ma lo Scotch stesso è una narrazione non scritta di profondo interesse. Definiamolo pure come un Bossù costruito su un semicerchio invece che sulle classiche impalcature triangolari. Lo Scotch non può essere considerato appartenente a un mix di razze, standardizzato negli anni e non deve quindi essere definito in origine di sangue misto; infatti, non ci sono prove di sangue alieno o altra prova di mescolanza di sangue, per quanto remota. Ma se anche fosse di sangue misto, quali sono i suoi elementi? Bossù e…? Non credo che oggi esistano varietà (tranne l’Hoso discendente diretto) che possiamo mettere insieme nell’aspettativa di ottenere facilmente un soggetto come lo Scotch, quindi dobbiamo pensare che si sia lavorato di se-
lezione per moltissimi anni prima di arrivare ai risultati odierni. Negli ultimi anni gli allevatori hanno fatto un eccellente lavoro per realizzare una spalla tanto stretta, eliminando molti difetti come dorsi angolari, code dritte e
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Gli Scotch Fancy sono molto prolifici ed usati da molti come balie
troppo larghe. Qualche decennio fa, quando ancora la differenza tra il Bossù e lo Scotch non era così netta come oggi, diversi allevatori esponevano i propri soggetti nelle differenti categorie, a secondo della larghezza delle spalle e della posizione della coda. Abbiamo fino ad ora descritto lo Scotch Fancy praticamente come un Bossù curvilineo, ma veniamo ad alcuni dettagli. La testa di un buon esemplare differisce da quella del Bossù solo per il fatto che è un po’ più tonda, differenza che difficilmente si potrebbe immaginare se non si confrontassero le due, l’una accanto all’altra. Questo può sembrare solo un piccolo punto, ma mi riferisco ad esso per illustrare l’estrema cura che è stata esercitata nel produrre una curva che dovrebbe continuare fino all’estremità della coda. La superficie inferiore del petto, fino allo “sfiato” e all’estremità della coda, dovrebbe formare un concavo completo. Naturalmente, il collo deve essere lungo, con una piuma eccellente tanto da dare l’impressione di trovarsi di fronte ad una statua di alabastro che ogni allevatore pratico si sforza di ottenere, specialmente nel mantenimento della posizione desiderata. Un becco fine darà una finitura particolare alla testa. Una buona testa ha quello stile aggraziato con portamento modesto e l’espressione delicatamente morbida, propria della Razza, senza nulla di volgare. Il collo dovrebbe essere lungo e piuttosto snello, allungato, rastremandosi finemente in armonia con la testa ed espandendosi gradualmente verso la spalla e il petto, dando una finitura armoniosa a questi punti particolari, che sono di grande importanza nella forma del corpo. La spalla dovrebbe essere prominente ma stretta e ben rinforzata, ben riempita e rivestita di piume, dando una finitura ben arrotondata nella parte superiore in diretto contrasto con la parte superiore squadrata del Bossù. Dovrebbe esserci poca profondità dalla punta del petto alla punta della spalla; il petto non dovrebbe essere largo, ma defluire in qualche modo fino a un certo punto e non dovrebbe in alcun modo rompere la concavità del petto e del
corpo. La giunzione del collo che si espande in questo punto dà al petto l’aspetto di essere arcuato. La parte posteriore della spalla dovrebbe essere stretta e rotonda, o convessa, di buona lunghezza e ben riempita; l’ala dovrebbe essere lunga e portata stretta e compatta in armonia con il corpo, esponendo molti lati, che aiutano materialmente a definire il profilo del soggetto. Niente può compensare il portamento dell’ala molto lunga e che si stacca in maniera eccessiva e che, semplicemente, rovina l’intero contorno. La coda deve essere stretta e ben compattata alla base e curvarsi gradualmente verso il posatoio, formando una continua-
zione della curva data dal dorso. Le copritrici secondarie mai dovranno essere più lunghe delle primarie sì da creare la doppia ala. Il corpo lungo dovrebbe assottigliarsi gradualmente, dando una finitura simmetrica senza alcuna tendenza a variazioni dell’arco. Le zampe dovrebbero essere lunghe, flesse e ben vestite sulle cosce con piume corte e aderenti e le cosce devono aderire bene al corpo, ma non mostrare alcuna tendenza ad essere “da trampoliere”. L’uccello dovrebbe afferrare saldamente il posatoio, in modo da avere un pieno controllo dei suoi poteri, pronto per l’indispensabile “posizione” che deve eseguire ad libitum senza arruffare una piuma e senza aprire le ali per aiutarla in alcun modo. Per “spostarsi” correttamente, l’uccello deve possedere due requisiti: “verve” e “azione”. Nel muovere la gabbia, che deve essere presa tra le mani dolcemente e silenziosamente senza allarmare o in alcun modo disturbare il soggetto, che supporremo essere in atteggiamento di “azione”, l’uccello salterà sull’altro posatoio e istantaneamente si girerà e assumerà la sua posizione, continuando a farlo quasi a comando, mostrando nella sua azione la sua vera forma. La prontezza con cui agisce, la vivacità dei suoi movimenti e il modo brusco con cui si sposta e si pone in posizione, determinano il merito. Il piumaggio aderente è rigorosamente cercato, in quanto esso stesso definisce e mostra la forma del corpo. Questa è per me la descrizione di un’ideale Scotch Fancy. Per ottenere ciò si tiene la gabbia portando la parte inferiore della stessa all’altezza degli occhi in maniera da avere il canarino leggermente sopra. L’elaborazione di una scala di punti per giudicare lo Scotch Fancy, ne siamo consapevoli, è un fatto del tutto continentale; infatti, i primi allevatori Scozzesi non si sono mai posti questo problema non ne vedevano la necessità: se si conosce lo standard non se ne ha bisogno, dicevano, e qualcuno ancora dice che la scala valori ha il semplice scopo di dare agli allevatori inesperti la consueta forma tabulata, un’idea del valore relativo delle varie
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La testa di un buon esemplare differisce da quella del Bossù solo per il fatto che è un po’ più tonda
parti che compongono questo insieme interessante, attribuendo a ciascuna un valore che lascerà margine sufficiente per un processo sottrattivo e non rendendosi conto che determinano complicazione nel tentativo di tracciare distinzioni poco elastiche.
Uno Scotch Fancy non dovrebbe avere una testa grande o grossolana, né un cranio portato dritto al cielo o piatto in sommità, né dovrebbe avere un collo corto e spesso, né deve avere larghe spalle o angolari, né mostrare alcun incavo fra i carpi. Non dovrebbe avere un petto prominente, paffuto, né il petto dovrebbe avere arricciature o le cosiddette “cravatte”, né mostrare alcuno sviluppo di piume simile al movimento sulla parte superiore del collo o sotto la gola. Non dovrebbe portare le ali in modo da nascondere il fianco, né le sue ali dovrebbero essere corte o tanto lunghe da incrociarle. Non dovrebbe avere una coda corta né la coda dovrebbe essere diritta e inflessibile, larga, a forma di ventaglio o profondamente seghettata. Non dovrebbe avere le gambe corte.
Uno Scotch Fancy non dovrebbe “stare in letargo” sopra al posatoio, né dovrebbe stare rigidamente eretto, né dovrebbe interrompere la linea curva del corpo abbassando la testa ed elevandola troppo. Non deve esporre le cosce, né stare con le zampe in avanti, né con la coda infilata sotto il posatoio come se fosse ad esso attaccata, né disporsi in modo da spezzare la continuità di sé stesso a modo di profilo convesso del dorso. Non dovrebbe essere piccolo. Uno Scotch Fancy, nel suo salto, non dovrebbe usare le sue ali, né atterrare sul posatoio opposto come da un volo; non dovrebbe apparire nervoso o timido o aggrapparsi alle sbarre della gabbia, oppure inclinarsi all’indietro e spingendo la coda sotto come per contrappeso. Né dovrebbe esitare nello stabilizzarsi prima o dopo il suo salto tenendosi al lato della gabbia con una zampa, né in nessuno dei suoi movimenti scomporre
il piumaggio, distruggendo il contorno generale della sua forma. Per convenzione, lo Scotch è inserito nell’elenco delle razze cosìddette “pesanti”, definizione che, tradotta nelle taglie umane, potrebbe sembrare impropria. Con la definizione “taglia”, negli umani si stabilisce la corpulenza, che è data dalla misura di tre punti e sono: girovita, fianchi e petto. Da qui si può determinare se una taglia è “forte o curvy ” (per noi pesante) oppure “longilinea”. Attenzione al termine “longilinea” che nel dizionario italiano è sinonimo di alto, slanciato, smilzo, snello. Proviamo quindi ad associare lo Scotch Fancy ad una persona: lo riterreste forse “curvy”? No, sicuramente è un soggetto longilineo. Detto questo, e sicuramente non
incontrerò il parere favorevole di molti, possiamo anche dire che la voce “taglia” posta sulla scheda di giudizio della razza Scotch Fancy e in altre razze sia impropria. Nella scheda OMJ (Ordine Mondiale Giudici) a fianco della parola francese “taille” esiste una specifica (cm 17) che indica esattamente cosa si vuole sia valutato in quella voce. Ora, credo che si dovrebbe eliminare la voce “taglia”, che sicuramente non è pesante o, per dirla all’umana maniera, “curvy ” e sostituirla con la voce “lunghezza”, che appropriatamente la OMJ specifica + 17 cm., anche nella scheda adottata dalla COM Inglese che di seguito riporto:
- Shape: Body long and tapering and curved in the form of a half circle, convex above, concave below, with a clean outline, feather being close, short and tight 20 pts.
- Head and Neck: Small, neat, snaky head. Long tapering neck. 10 pts.
- Shoulders and Back: High, narrow, rounded shoulders, well filled in. Long, narrow, well-filled back curving from shoulders to tail. 20 pts
- Tail: Long, narrow, closely folded and well curved under the perch 5 pts
- Style, Nerve and Travelling: Well raised up, forming a high circle. Bold, free and jaunty carriage with plenty of life and action 25 pts
- Size: Approximately 6-3/4 inches (17 cm.) 10 pts
- Quality and Condition: Clean, healthy, perfect condition 10 pts
TOTAL 100
Inoltre, devo aggiungere che in una breve intervista fatta a Simon Tammam, Giudice OMJ sezione E1 e E2, Presidente Club
Arricciati UK e responsabile Giudici OMJ UK, nonché Presidente della Commissione Tecnica Canarini di Postura della COM UK, alla specifica domanda: In quali razze Inglesi la parola “size” deve essere intesa esclusivamente come “lunghezza”? Abbiamo altri modi per tradurre in italiano? - la risposta che è stata data è: La parola “size” è intesa solo per la lunghezza di tutte le razze.
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Per convenzione, lo Scotch è inserito nell’elenco delle razze cosìddette “pesanti”
Questo mese, il protagonista di Photo Show è: NICOLÒ GIORDANENGO R.N.A. 3AUZ con la fotografia che ritrae il soggetto:
“Kakariki fronte rossa” (Cyanoramphus n. novaezelandiae) Complimenti dalla Redazione!
•Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it
•All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.
(*)Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione
I lumps nei canarini
testo di LUIGI MOLLOE FEDERICO VINATTIERI, foto AUTORIVARI
Ilumps - in inglese si legge “lamps” anche se normalmente, in Italia, viene pronunciato “lumps” - noti anche come cisti follicolari, ovvero cisti del piumaggio, costituiscono un grave problema che affligge gli allevatori dei canarini “inglesi”, dei canarini di colore e, purtroppo, recentemente anche dei canarini arricciati. Una volta insorto il problema la soluzione è di tipo chirurgico e consiste nell’asportazione della cisti secondo le procedure ampiamente e chiaramente illustrate in letteratura ma che esulano dallo scopo di questo scritto. Esso non è, infatti, quello di illustrare le soluzioni chirurgiche ma piuttosto quello di fare alcuni ragionamenti sulla eziologia di questa malattia. Ad oggi possiamo dire che, in Italia, esistano due scuole di pensiero. La prima ipotizza che le cisti del piumaggio siano
dovute ad una errata compensazione del tipo di piumaggio, cioè che esse siano determinate dal ripetuto accoppiamento fra brinati o mosaico (mosaico e brinati hanno la stessa struttura di piumaggio) a piuma lunga e che, quindi, sia possibile evitare i lumps con corretti accoppiamenti e addirittura che sia possibile mettere in riproduzione soggetti ammalati purché si facciano oculati accoppiamenti di compensazione e si curi
molto l’alimentazione, arricchendola di aminoacidi e proteine. L’altra sostiene che i lumps abbiano origine genetica e siano trasmissibili in via ereditaria e che quindi i soggetti colpiti, con i loro ascendenti e discendenti, vadano eliminati dalla riproduzione. Tecnicamente sarebbe forse più corretto dire che si tratta di tumori follicolari benigni con elevata familiarità; questo significa che vi sono geni la cui alterazione provoca, o meglio, favorisce lo sviluppo del tumore (Franz Grimm et Habil).
La prima ipotesi è facilmente smontabile con due semplici considerazioni. Innanzitutto, ricordando che vi sono razze di canarini, quali ad esempio gli Arricciati del Nord e gli Scotch, nelle quali gli accoppiamenti fra brinati si praticano da generazioni senza che vi sia traccia di lumps; poi non bisogna dimenticare che, nelle razze soggette al fenomeno dei
lumps, spesso soggetti intensi con piumaggio corto e composto li manifestano anche in modo abbondante. Sulla base di queste semplici considerazioni possiamo tranquillamente affermare che i lumps siano ereditari e che, quindi, ovviamente, la seconda ipotesi appaia come quella corretta. Del resto, gli inglesi si sono resi conto immediatamente della natura ereditaria del problema. In Inghilterra, agli inizi del Novecento, infatti, fra gli allevatori di Norwich dilagava la mania, nata negli anni Ottanta del secolo precedente, di accoppiare brinati x brinati al fine di aumentare la taglia degli uccelli ed esasperarne le forme tonde e vaporose. Verso il 1920 tale tendenza all’accoppiamento brinato x brinato fu bloccata dall’insorgere dei lumps. Gli allevatori si rivolsero al dott. Hare, professore di patologia presso il Royal Veterinary Col-
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Fig. 1 - Lump in un Gloster Fancy - Immagine tratta dalla pagina Facebook della MaltaGlosterBreedersSociety
Un grave problema che affligge gli allevatori dei canarini “inglesi”, dei canarini di colore e recentemente anche dei canarini arricciati
lege di Londra, il quale, dopo attenti studi, nel 1931, raccomandò loro di “distruggere ogni uccello che è portatore del fattore ereditario di questa malattia” (Gill, De Baseggio 1989). Anche in Italia, da oltre 40 anni, numerosi e qualificati autori, quali, ad esempio, Vaccari (1974), De Baseggio (1989), Zingoni (1990), Canali (1998) ed altri hanno accettato e sostenuto l’ipotesi della ereditarietà dei lumps. Tale ipotesi è stata confermata, in un suo recente articolo, anche dalla dr.ssa Elena Ghelfi; ella scrive: “Le cause di questa dermatopatia sembrerebbero essere di ordine genetico: alcune linee famigliari risultano predisposte a sviluppare questo difetto a livello di piumaggio. Raramente piccoli traumi possono interessare il follicolo pilifero, deviare la crescita della piuma o penna e quindi causare un lump. Non essendo una patologia infettiva, non è contagiosa e pericolosa per gli altri uc-
celli conviventi del canarino colpito e non è nemmeno una zoonosi” (E. Ghelfi, 2023).
Riteniamo che si tratti di una mutazione manifestatasi nella razza Norwich probabilmente a causa dei ripetuti accoppiamenti fra brinati; dalla razza Norwich si è poi diffusa a tutte le razze con cui essa, direttamente o indirettamente, si è meticciata (inglesi, colore e recentemente arricciati).
Tale mutazione agisce principalmente sulle cellule della papilla da cui non si origina più una piuma normale - intensa, brinata o mosaico - ma un differente tipo di piuma, che possiamo chiamare piuma da lumps, profondamente diversa sia per struttura sia per forma da quelle normale. Tale piuma è incapace di “lacerare la guaina per cui si arrotola su sé stessa finendo per premere sulle cellule della papilla che si disorganizzano e cominciano a produrre caoticamente ele-
menti incompleti di penna e cheratina non strutturata. Tutto questo materiale informe continua ad aumentare sotto la pelle finché la caduta del tasso ematico degli ormoni coinvolti nella crescita del piumaggio non pone termine al periodo della muta” (Zingoni, 1990). Tale mutazione, molto simile alla mutazione piumino negli ondulati, agisce, a nostro avviso, anche sulla tiroide e l’ipofisi generando un’alterazione dei fattori di crescita e sviluppo delle penne. Tale ultima ipotesi è confortata dai positivi risultati di alcuni studi fatti circa 35 anni fa per dimostrare la possibilità di curare le cisti del piumaggio con la somministrazione di ormoni tiroidei (De Baseggio, 1989). Allo stato attuale, si ritiene che “l’ipotesi più probabile del comportamento ereditario sia dominante a penetranza ridotta ed espressività variabile, con interesse cronogenetico visto che spesso i lumps si manifestano dopo anni, il che li rende difficili da combattere selettivamente” (Canali, 1998). Per inciso ricordiamo, anzitutto a noi stessi, che la cronogenetica attiene ai tempi (età e durata) di manifestazione dei caratteri (tempo biologico). Noi riteniamo, invece, che potrebbe trattarsi di una mutazione recessiva a penetranza ridotta ed espressività variabile, con interesse cronogenetico. Se la mutazione non fosse recessiva sarebbe facile eliminarla, in quanto basterebbe eliminare tutti i soggetti che manifestano i lumps dato che non vi sarebbero portatori. Un carattere dominante o c’è e si manifesta oppure non c’è; è a tutti ben noto, infatti, che non esistono portatori di bianco dominante ma esistono i portatori di bianco recessivo ed è quindi chiaro a tutti che, se si eliminano tutti i bianchi nati da una coppia formata da bianco dominante per giallo, nelle generazioni successive non nasceranno più bianchi dominanti, mentre se accoppiamo un bianco recessivo con un giallo nella prima generazione non avremo canarini bianchi, ma nelle successive, prima o poi, anche senza volerlo, i bianchi nasceranno abbondantemente. Il carattere lump, a nostro avviso, si comporta come il carattere bianco recessivo. Data l’estrema diffusione delle cisti del piumaggio - non crediamo di dire sciocchezze affermando che ogni allevatore
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Fig. 2 - Grosso lump sul dorso di un canarino - Immagine tratta dal blog del Dr. Michael Salkin
di Norwich, Gloster, York o mosaico ogni anno fa asportare alcuni lumps dai suoi canarini - la quantità di portatori è ormai enorme e quindi la probabilità che ogni anno si manifesti il carattere recessivo è vicina al 100%. La situazione è aggravata dagli altri fattori che confondono ancor di più le idee dell’allevatore. Il carattere lump ha una penetranza ridotta e quindi esistono canarini che dovrebbero manifestare le cisti del piumaggio (puri per il carattere recessivo) ma non lo fanno e quindi generano tutti figli portatori all’insaputa dell’allevatore; inoltre, ha espressività variabile con interesse cronogenetico e quindi si manifesta in modo diverso e in tempi diversi, per esempio, in due fratelli con caratteristiche genetiche simili. Sulla natura della mutazione ci siamo anche costruttivamente confrontati con il dott. Giovanni Canali. Pur non essendo convenuti su una ipotesi comune, ci fa piacere riportare integralmente questa sua brillante osservazione: “Per quanto riguarda la mia tesi del dominante a penetranza ridotta ed espressività variabile, può darsi che sia errata, nel senso che potrebbe essere recessivo a penetranza ridotta ed espressività variabile. Tuttavia (Mollo e Vinattieri n.d.a.) non hanno considerato che la penetranza ridotta rende la trasmissione di un carattere dominante ingannevole e simile talora ad un recessivo (per mancata manifestazione fenotipica). Se fosse il carattere lumps recessivo si manifesterebbe meno facilmente, secondo me. Ho visto i lumps dilagare, causa inserimenti di soggetti tarati, in ceppi di canarini di colore. Tuttavia, convengo che la cosa possa essere dubbia, anche in considerazione del fatto che i lumps non li ho mai visti negli ibridi”. Ci auguriamo che qualche esperto genetista possa definitivamente chiarire la vexata quaestio. In ogni caso la mutazione, dominante o recessiva che sia, è caratterizzata da penetranza ridotta ed espressività variabile e questo genera nell’allevatore l’illusione che siano fattori ambientali (alimentazione, beccature, illuminazione etc.) ad influenzare il fenomeno o che basti un solo accoppiamento di compensazione per risolvere il problema, ma è solo un’illusione. L’unica strada certa per affrontare il pro-
blema è la valutazione tramite il progeny test. Esaminati i figli di ogni linea di sangue per 4 o 5 generazioni, vanno eliminati dall’allevamento tutti i soggetti appartenenti alla linea di sangue che ha manifestato i lumps. Molti allevatori, a nostro avviso in modo eticamente scorretto, dato che è opinione comune - anche oltralpe - che un canarino con i lumps, e quindi con piumaggio abbondante e scomposto, abbia la capacità di produrre qualche buon soggetto da esposizione, accoppiano i soggetti ammalati e i loro fratelli (portatori) sperando nella nascita di un campione. Tale illusione, perché anche in questo caso solo di illusione si tratta, genera una grande quantità di scarti (si parla di 10 ammalati o portatori per ogni soggetto sano) e aiuta a diffondere la malattia. In modo coscienzioso ed eticamente corretto sia nei confronti degli altri allevatori e amatori sia nei confronti degli animali, bisognerebbe non mettere in riproduzione i soggetti ammalati e i loro
ascendenti e discendenti evitando, inoltre, di venderli o regalarli alle uccellerie e ai privati, salvo che non siano stati prima sterilizzati da un veterinario specializzato. Ci rendiamo conto della gravità di questa affermazione ma allevare è proteggere e noi allevatori abbiamo il dovere, anche andando contro evidenti interessi economici, di proteggere il patrimonio genetico del canarino domestico.
Speriamo che queste poche righe, prive di ogni ambizione scientifica, inneschino un dibattito fra gli allevatori e gli studiosi (veterinari, genetisti etc.) da cui scaturiscano nuove e più efficaci strategie per affrontare e risolvere il problema lumps.
BIBLIOGRAFIA
-Franz Grimm, D. V. M., & Habil, P. Plumafolliculoma, (feather cyst), in canary birds. A benign tumor. Available from: https://www.researchgate.net/publication/46637116 Plumafolliculoma_feather_ cyst_in_canaries_serinus_canaria_A_benign_tumor [accessed June 06 2023]
-A.K. Gill, New coloured canaries, Cage Birds, London, (senza data)
-G. Vaccari, I canarini, Edizioni Encia, Udine, 1974
-G. De Baseggio, Canarini: cinque magnifiche razze inglesi- border – fife – gloster – crested - norwich, Bologna, 1989
-U. Zingoni, Canaricoltura, F.O.I., Piacenza, 1990
-G. Canali, I colori nel canarino, F.O.I., Piacenza, 1998
-E. Ghelfi, Cosa sono i lumps o cisti delle penne del canarino?, Portale Animalidacompagnia.it, 2023
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Fig. 3 - Lump sull’ala di un canarino Lancashire - Immagine tratta dal sito del “Club Italiano Canarino Lancashire”
L’unica strada certa per affrontare il problema è la valutazione tramite il progeny test
Spinus atrata
Un lucherino d’altura
Seconda parte
Ibridi realizzati con i fringillidi indigeni
Dopo il primo passo, quello più facile con il canarino, anno dopo anno ecco apparire gli ibridi con i fringillidi indigeni. Incominciando da quello con il cardellino, dove il principe dei fringillidi è ancora ben visibile, nelle forme e nelle movenze, lo Spinus, come nella stragrande maggioranza degli ibridi realizzati, conferisce al soggetto un’abbondante dose di melanizzazione dalla testa al dorso. Il petto rimane bianco ed in alcuni soggetti è ancora percettibile il “fungo”; la barratura alare fa bella mostra di sé, conferendo al soggetto l’aspetto di un cardellino “fumé”.
Quello con il verdone fu realizzato per primo da un maestro di quest’arte, Antonio La Volpe; in seguito un altro grandissimo ibridologo, Patrizio Salandi, realizzò lo stesso incrocio: un soggetto veramente superlativo dove le forme decise del verdone davano all’esemplare un aspetto imponente, con un cappuccio nerissimo; il dorso grigio risultava essere leggermente infiltrato di giallo, ben visibile sulle spalline e sulla barratura alare.
Sempre Patrizio ci ha permesso di ammirarne uno splendido con l’organetto, esposto a Fringillia nell’edizione del 2021.
Come accade spesso, negli ibridi con il piccolo acanthis la dominanza di quest’ultimo è netta ed anche questo caso il Negrito si assoggetta a questa regola.
Conosciuto più comunemente con il nome di Negrito della Bolivia
Lo Spinus non riesce ad incidere completamente come con gli altri fringillidi; infatti, il nero è visibile sul pizzetto e sulla calotta ma non in maniera totale, poiché è presente una leggera traccia lipocromica; risulta rarefatto sulle guance, andando poi a sfumare sul petto, dove il lipocromo giallo rimane comunque infiltrato di bruno.
Il dorso appare bruno grigiastro con disegni poco evidenti, più marcati sui fianchi, barratura alare appena visibile.
Il becco, anche se di poco più lungo, con la punta focata ricorda quello dell’acanthis Di questa ibridazione è stata realizzata anche la variante con l’organetto scuro, dove questa mutazione dominante permette di apprezzare poco sia i colori che i disegni.
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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
testo di PIERCARLO ROSSIE MASSIMO CORBELLA, foto P. ROSSI, M. CORBELLA, A. LA VOLPE, D. CAUTILLOE A. FRANCHI
Negrito x Canarino solforato, foto: Piercarlo Rossi
Negrito x Verdone di Cina, foto: Piercarlo Rossi
Quello con il verzellino ottenuto da Gennaro Imparato, che si aggiudicò il titolo di Campione Italiano, è una vera e propria opera d’arte dove le forme ridotte del piccolo Serinus e le movenze conferiscono al soggetto un valore aggiunto.
Anche questo soggetto presenta un cappuccio nero “importante” oltre al disegno dorsale ed alla barratura alare gialla.
Sul petto, e più precisamente al termine del cappuccio, sono visibili leggere striature nere, mentre il becco risulta più arrotondato con una macchietta nera all’apice.
A prima vista, osservando l’ibrido ottenuto con il crociere, si ha l’impressione di avere di fronte un crociere in miniatura quasi completamente nero, a parer mio molto accattivante.
Come già evidenziato, il nero pervade completamente il soggetto, risultando essere più marcato sulla testa e sull’alto petto mentre è più infiltrato sul dorso e sul basso ventre dove il lipocromo giallo riesce ad emergere, con barratura alare sempre presente.
Il becco leggermente incurvato ricorda quello del parentale Loxia.
È stato realizzato anche quello con il crociere fasciato, sempre da Patrizio Salandi, dove la banda alare bianca
stacca nettamente e dona al soggetto un netto contrasto, veramente superlativo.
Nell’ibridazione con il fanello, il nero del cappuccio non incide in maniera così decisa come con altri indigeni ed i colori brunastri del cannabina non rendono giustizia al soggetto che ci troviamo di fronte. Quelli con il fanello nordico assomigliano molto a quello appena descritto, anche se il disegno maggiormente marcato ci permette di osservare una mescolanza decisa sul petto tra il nero, parte terminante del cappuccio ed il disegno stesso. Il disegno risulta essere ben visibile sui fianchi mentre quello del dorso appare confuso. Ben marcata la barratura alare gialla, del medesimo colore il becco, più intenso alla base. Personalmente non mi è mai capitato di osservarne con il Trombettiere (Bucanetesgithagineus), penso non impossibile da realizzare anche se il sogno resta quello con la ciuffolotta, regina in quest’arte.
Ibridi con i fringillidi esotici Rispetto a quelli appena descritti, gli ibridi con I fringillidi esotici risultano essere meno comuni.
Analizzando nel dettaglio le singole famiglie, ed iniziando con il genere Serinus/Crithagra, quelli con il Mozambico furono realizzati da Tiziano Bassoli: in entrambi i sessi il maschio era un soggetto bellissimo già in piumaggio da nido, dove era possibile osservare i disegni ben marcati del piccolo Crithagra, ma purtroppo non raggiunse mai la fase adulta e la sorella, anche se meno appariscente, risultò essere un soggetto degno di nota.
Quello con il canarino solforato fu esposto in un’edizione recente di Fringillia: forse di sesso femminile, presentava, anche se in maniera meno marcata, i disegni facciali infiltrati di nero; lo stesso colore era presente sul dorso, dove era possibile notare un disegno molto confuso. Il petto era giallo anche se leggermente infiltrato di nero, ali nere con una leggera barratura alare e la solita mezzaluna giallastra sulle primarie.
Il grandissimo Piero Castellanza molti anni or sono realizzò quello con il canarino ventregiallo; il soggetto, molto simile a quello appena descritto, presentava una forma più affusolata ed un cappuccio nero più marcato dove i di-
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Pulli nel nido
Nido con soggetto diluito a destra ed un soggetto ancestrale
È stato realizzato anche quello con il crociere fasciato
segni erano appena percettibili ed il colore di fondo giallo non risultava mai nel suo splendore, ma sempre più o meno infiltrato di nero.
Sinceramente non ne ricordo altri con il genere Serinus/Crithagra, a mio modesto parere quello con l’alario risulterebbe essere molto interessante.
Analizziamo ora quelli con i verdoni asiatici, sia quelli ottenuti con il sinica che con l’ambigua: rari soggetti, i quali presentano sempre il cappuccio nero retaggio atavico dello Spinus, che scende debolmente sul dorso e sul petto dove il lipocromo risulta essere leggermente meno inquinato in quelli con il verdone di Cina. Ali nere ed accenno di barratura alare. In ambedue gli ibridi appena descritti, il nero non incide mai in maniera così netta come in altri fringillidi descritti in precedenza.
Quello con il verdone dell’Himalaya, il “re Mida delle ibridazioni”, come lo definisco io, lo ha realizzato sempre il buon Salandi; purtroppo era di sesso femminile e non rendeva giustizia a questa splendida unione.
Passando ora al genere Carpodacus, quello con il c. messicano fu realizzato da Franchi ed a prima vista ricorda molto quello con il cardinalino, anche se in questo soggetto il nero della testa è molto più marcato ed esteso.
Essendo un soggetto realizzato tra una specie a fattore giallo ed una a fattore rosso, il colore risulterà essere un giallo molto carico tendente all’arancione.
Ali nere ed una barratura alare ben visibile ed estesa.
Il Negrito in ambiente domestico di MASSIMO CORBELLA
Come prima cosa, vorrei disquisire della sua morfologia: ho notato che il Negrito della Bolivia è un carduelide con comportamenti simili al cardellino e come tutti i carduelidi il maschio ha un carattere irruento, soprattutto durante il periodo riproduttivo, mentre la femmina tende ad essere piuttosto protettiva, nei confronti del nido e della prole, anche se non ai livelli del lucherino testa nera, dove la consorte protegge in maniera spasmodica sia le uova che i pulli.
Ho notato che l’atrata ha delle ali che oserei definire sproporzionate, rispetto ad altri rappresentanti di questo
genere; questa particolarità l’ho notata soprattutto in voliera, dove dimostra di essere un grande volatore e questo mi fa pensare che anche in natura si muova parecchio, sicuramente alla ricerca del cibo. Questa caratteristica ha i suoi effetti anche per quanto riguarda l’alimentazione in ambiente domestico. Diversi allevatori, tra cui il sottoscritto, hanno notato che come molte altre specie, ad esempio il lucherino ventregiallo e il lucherino dorso nero, che coprono lo stesso areale, anche il Negrito della Bolivia non ha un periodo riproduttivo ben delineato, come succede invece per i carduelidi presenti sul nostro territorio, ma un lasso di tempo molto lungo che può iniziare nel tardo inverno/inizio della primavera ed arrivare fino a settembre; inoltre, ho notato che predilige le temperature miti come quelle primaverili o autunnali, mentre le temperature elevate, all’incirca sopra ai 27/28 gradi, interrompono il suo estro riproduttivo. I pareri degli allevatori, su questo ultimo punto, sono contrastanti: io credo che, vista la sua zona d’origine, il Centro America, dove il clima presenta temperature miti per periodi anche piuttosto lunghi, sicuramente il nostro caldo “mediterraneo” lo disturba ed interrompe la stagione riproduttiva, anzi spesso ca-
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Nido con 2 soggetti diluiti ed 1 a fenotipo selvatico Soggetto diluito appena uscito dal nido
Ho notato che l’atrata ha delle ali che oserei definire sproporzionate
pita che in questo periodo di forte caldo i soggetti effettuino una muta, anche se molto veloce, al termine della quale il nostro Spinus è nuovamente pronto per la riproduzione ed i maschi nel giro di poco entrano nuovamente in estro. Prendendo in esame il periodo di riposo invernale, ho notato che l’atrata non soffre particolarmente il freddo e può essere alloggiato tranquillamente all’esterno; analizzando infatti il suo piumaggio, possiamo notare che quest’ultimo è piuttosto “vaporoso e fitto”, proteggendolo egregiamente dai rigori autunnali; di contro, come già specificato, soffre le temperature elevate oltre ai 28 gradi.
Per quanto riguarda l’alimentazione legata a questo periodo, nota dolente, un tempo, di questa specie, basti pensare che i soggetti importati in maniera copiosa per molti anni si “appastellavano” con moltissima difficoltà, fino all’avvento del seme della perilla, che ancora oggi può essere considerato un seme fondamentale nell’allevamento di questa specie, ed anche nel periodo di riposo apporta una percentuale di grassi di cui ha bisogno, essendo sicuramente un seme molto appetibile. Con il passare degli anni si è giunti ad avere ceppi
di Negriti sempre più robusti e miscele sempre più adatte ci permettono di mantenerlo in ottima salute.
Come già analizzato in precedenza, il Negrito è un ottimo volatore e di questa caratteristica bisognerebbe tenere conto sia nel periodo di riposo che in quello della riproduzione; pertanto la voliera è sicuramente l’alloggiamento ideale, anche perché ho notato che in gabbia tende ad ingrassare ed il maschio nel periodo di estro tende ad essere piuttosto aggressivo, dunque vi deve essere una buona affinità di coppia per ottenere successi riproduttivi anche in spazi più limitati.
La preparazione nel periodo di riposo è fondamentale: i soggetti devono essere mantenuti in perfetta forma, avendo l’accortezza di non farli ingrassare, anche perché il carattere irruento e l’abbondanza di adipe sono spesso i principali imputati all’insuccesso riproduttivo. Se si decide di allevare l’atrata in volierette, io consiglio di allestire la coppia già nel periodo invernale, per permetterle un maggiore feeling nella ricerca di una certa affinità dei caratteri; così facendo si eviteranno alcune schermaglie che potrebbero manifestarsi a ridosso del periodo riproduttivo, espo-
nendo spesso i soggetti ad uno stress fortemente rischioso.
Dalle mie osservazioni ho notato che il Negrito, nel periodo invernale, non risulta gradire, in modo particolare, le verdure che fornisco abitualmente agli altri ospiti del mio aviario, accontentandosi dei semi secchi anche se i suoi preferiti rimangono i semi germinati, in special modo il Niger, ma in questo periodo si tende a non darglieli o a somministrarne pochissimi.
Neppure i prodotti composti, come ad esempio il pastoncino, lo attraggono particolarmente, e questo è un bene se si ragiona in funzione della perfetta forma fisica; non si considera neppure l’uso di insetti o larve nell’allevamento della prole, perché non graditi neppure per mandarlo in estro, anzi in questa fase è consigliato intervenire sul fotoperiodo piuttosto che sull’alimentazione.
Per quanto riguarda le ore di luce, si è notato che l’atrata non necessita di un numero prolungato di ore, come potrebbe necessitare lo Spinus tristis, che richiede 16 ore e più perché la stagione riproduttiva abbia inizio, mentre per quanto riguarda il Negrito ho notato che 15 ore di luce risultano essere più che sufficienti.
Giunti al periodo riproduttivo, io fornisco semi germinati, in prevalenza Niger, senza l’aggiunta del pastone, perché allevando in volierette evito di farlo ingrassare. La costruzione del nido viene eseguita quasi esclusivamente dalla femmina, mentre il maschio utilizza il materiale soltanto per il corteggiamento ed è uno spettacolo poterlo osservare mentre, con i fili nel becco, sbatacchia le ali in un rituale di corteggiamento che potremmo definire una “danza propiziatoria”.
La femmina utilizza materiali morbidi, disdegnando fibre più dure, come quelle di cocco, piuttosto scure (atte forse ad un mimetismo in natura) anche se il finale del nido viene eseguito con materiali morbidi, che si adattano molto facilmente ad ogni tipo di nido, sia esterno che interno.
Mi permetto di consigliare di tenere sempre sott’osservazione il comportamento del maschio, perché nel periodo di estro potrebbe aggredire la femmina
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Negrito della Bolivia, foto: Piercarlo Rossi
compromettendo l’annata riproduttiva, torno a ripetermi, ma l’affinità nella coppia è fondamentale, anche perché in caso contrario la femmina potrebbe deporre ma le uova potrebbero risultare non fecondate. Se tutto procede per il meglio io non concordo nel dividere la coppia dopo la deposizione delle uova, ma per evitare spiacevoli sorprese è possibile farlo.
Come già accennato, in voliera il tutto si semplifica, perché il maschio può effettuare dei voli e sfogare la sua eventuale irruenza.
Le uova risultano essere bianche gessate, solitamente 4 o 5; l’incubazione ha una dura di 13 giorni circa e alla schiusa i genitori svezzeranno la prole con semi germinati, pochissimo pastone e tutti i tipi di infiorescenze allo stato lattiginoso delle erbe spontanee presenti nel periodo. Con questa alimentazione i novelli crescono molto velocemente, un buon misto da germoglio
e poco pastone, che potrebbe causare problematiche varie; posso affermare che raramente i novelli possono impiegare più di 30 giorni prima di essere svezzati.
Il pericolo potrebbe presentarsi nella fase successiva, quando dopo l’indipendenza dai genitori, nei primi 60/70 giorni di vita, possono avere problemi di coccidiosi, come succede anche per altri carduelidi, pertanto vanno aiutati e protetti con un prodotto come un sulfamidico (io tendo a non consigliare mai un antibiotico), oppure prodotti naturali come semi di ortica, oppure il fonio, che
è un seme che gradiscono, ottimo contro la coccidiosi.
Invece nell’acqua, come integratore, si aggiungeranno degli estratti soprattutto a base di ortica, che vanno molto bene. Sono prodotti che si trovano tranquillamente in commercio. Così facendo, i novelli effettueranno un’ottima muta e saranno pronti per la successiva stagione riproduttiva ed anno dopo anno creeranno un ceppo sempre più resistente di questa splendida specie. Vorrei concludere queste mie esperienze parlando delle mostre e dell’esposizione del Negrito: se il ceppo è consolidato ed i soggetti in ottima forma, penso sia giusto doverli esporre per dare la possibilità agli appassionati di poterli ammirare e lusingare l’allevatore che li ha prodotti. Io penso che l’allevamento debba essere volto anche alla preparazione dei soggetti per l’esposizione in mostra, piccola o grande che essa sia.
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Per quanto riguarda la luce, si è notato che l’atrata non necessita di un numero prolungato di ore
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O rniFlash
Due coppie di uccelli di specie diverse allevano insieme Crescere
tutti insieme i piccoli è un comportamento di tipo cooperativo non così raro in natura, soprattutto tra gli uccelli. In diverse specie, infatti, uno o più individui possono persino aiutare a crescere figli non loro, ricoprendo il ruolo di aiutanti al nido, i cosiddetti helper. Solitamente, però, accade tra individui della stessa specie, spesso coinvolgendo fratelli, sorelle e altri familiari. Proprio per questo, quello che hanno recentemente scoperto e documentato tre ricercatori italiani rappresenta un caso più unico che raro: due coppie di specie diverse che hanno covato e allevato insieme tutti i piccoli nello stesso nido a Maresca, piccolo borgo dell’Appennino Pistoiese. Le due coppie protagoniste di questa famiglia allargata appartengono a due specie strettamente imparentate tra loro, ma molto diverse per ecologia e comportamento: il codirosso comune (Phoenicurus phoenicurus) e il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros). La prima migra infatti su lunghe distanze, più a Sud del Sahara, mentre la seconda resta sulle coste del Mediterraneo anche in inverno, quando è comunissima in città. Ed è la prima volta che viene mai documentato un comportamento cooperativo del genere tra due specie di codirossi e il caso è stato proprio per questo studiato e descritto dettagliatamente tra le pagine della rivista Bird Study, attirando non poca curiosità tra gli ornitologi. E grazie all’utilizzo delle riprese video, i ricercatori hanno potuto osservare che le due coppie non solo hanno covato insieme le uova nello stesso nido, ma hanno anche nutrito e allevato tutti i piccoli senza alcuna differenza. Ogni genitore, infatti, portava da mangiare sia ai propri figli che a quelli dell’altra coppia, spesso sovrapponendosi o alternandosi in maniera ravvicinata tra i vari viaggi in cerca di cibo. E anche grazie a questa eccezionale cooperazione, cinque pulli (due comuni e tre spazzacamini) su sei, sono arrivati all’involo lasciando il nido senza alcun problema, con un ultimo uovo che non si è mai schiuso.
E in effetti questa cooperazione interspecifica così unica offre una notevole quantità di spunti, quesiti e riflessioni. Le due coppie sembravano proprio collaborare attivamente, traendo entrambe beneficio da questa insolita relazione. Eppure, quando erano lontane dal nido, le due specie cercavano di scacciarsi a vicenda con forza, reclamando ognuna il territorio come fanno abitualmente con qualsiasi altro intruso. Quando però si incontravano al nido, c’era invece un rapporto di collaborazione esclusivamente positivo, comportamenti senza dubbio molto interessanti e che meriteranno di essere approfonditi.
Fonte: https://www.kodami.it/video/due-coppie-di-uccelli-di-specie-diverseallevano-insieme-i-piccoli-nello-stesso-nido-il-primo-caso-tutto-italiano/
Piume di uccellino trovate nell’ambra di 99 milioni di anni fa
Lerare piume racchiuse nell’ambra descritte in un nuovo studio sono la prima prova fossile definitiva della muta giovanile. “Questo esemplare mostra una combinazione totalmente bizzarra di caratteristiche precoci”, ha dichiarato Jingmai O’Connor, curatore associato di rettili fossili al Field Museum di Chicago, in una dichiarazione. “Tutte le piume del corpo sono sostanzialmente allo stesso stadio di sviluppo, quindi questo significa che tutte le piume hanno iniziato a crescere contemporaneamente, o quasi contemporaneamente.” Si pensa che l’uccellino appartenesse a un gruppo di animali estinti chiamati enantiornitini. “Gli enantiornitini erano il gruppo di uccelli più diversificato nel Cretaceo, ma si estinsero insieme a tutti gli altri dinosauri non aviari”, spiega il team. “Quando l’asteroide ha colpito, le temperature globali sarebbero crollate e le risorse sarebbero diventate scarse, quindi non solo questi uccelli avrebbero avuto richieste di energia ancora più elevate per stare al caldo, ma non avevano le risorse per soddisfarle”.
Fonte: https://www.scienzenotizie.it/2023/07/14/piume-di-uccellino-trovatenellambra-di-99-milioni-di-anni-fa-4871202
News al volo dal
web
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O rniFlash
Nuovi mattoni faranno da casa per uccelli e rondini in città Una
vera e propria rivoluzione che mira a tutelare una specie protetta che rischia l’estinzione. Un’opera che rivaluta l’operato dell’uomo che, quando mira a tutelare gli animali, sa che può essere in grado di realizzare grandi cose. Ed ecco che arrivano dei mattoni completamente nuovi di una caratteristica tutta da scoprire, che, si creda o no, all’interno delle aree urbane sarà un punto fondamentale per creare un riparo a rondini e uccelli. Ma perché dovrebbero trovare riparo in un nuovo mattone?
Si tratta di un eco-mattone, che aiuterà una specie considerata in via di estinzione. Infatti, dal 2021, le rondini, nota specie migratoria, è considerata una specie ad alto rischio. E dunque nel Regno Unito si è pensato ad uno speciale mattone che possa favorire la ventilazione all’interno dei nidi delle rondini, che avrebbero quindi posto e, per dirla tutta, alloggio, per proliferare nelle città.
La loro struttura è composta da fori specifici, molto spesso incastonati anche all’interno delle mura di abitazioni, che permettono alle rondini di nidificare in tutta protezione. Rondini, così come altre possibili specie di volatili. Una delle specie più a rischio è costituita dal piccolo rondone, che proprio in alcuni mesi dell’anno, ferma il suo flusso migratorio per nidificare, ma troppo spesso è sprovvisto di un buon punto per farlo all’interno delle città, abbattendo difatti la capacità riproduttiva.
Tale invenzione deve la paternità alla Royal Society for the Protection of Birds (RSPB), che in un solo minuto è capace di produrre questi speciali mattoni. Il suo materiale può essere tranquillamente implementato in costruzioni esistenti, oltre che in quelle nuove. Una vera e propria rivoluzione che garantisce una casa a rondini ed uccelli, in tutto il Regno Unito, con la speranza, è il caso di dirlo, che prenda il volo anche in altri paesi.
Fonte: https://www.ecoo.it/articolo/i-nuovi-mattoni-faranno-da-casaper-uccelli-e-rondini-in-citta/126415/
L’uccellino che guida alla scoperta del miele
L’indicatoregolanera (Indicator indicator) è lungo circa 20 centimetri e pesa 50 grammi, ed è ben noto per la sua capacità di fare da guida verso gli alveari selvatici: nella caccia al miele, un’attività che ancora diverse tribù svolgono nell’Africa sub-sahariana, l’uomo apre l’alveare, mentre all’animale rimane la cera di cui è ghiotto (è uno dei pochi uccelli a poterla digerire), oltre a larve e pupe da mangiare.
L’uccellino fa un verso caratteristico per segnalare la presenza del miele, e svolazzando da un albero all’altro conduce al bottino. Ma anche i membri della tribù hanno un verso caratteristico per richiamarlo quando vogliono mettersi alla ricerca: è un breve trillo seguito da una sorta di grugnito, che una ventina di uomini della tribù hanno detto ai ricercatori di avere imparato dai loro padri.
Per testare l’efficacia della cooperazione, come hanno descritto nell’articolo su Science (dov’è disponibile una registrazione del richiamo) i ricercatori hanno seguito i membri della tribù nella ricerca del miele. Quando a fare da guida c’era l’uccellino, effettivamente la ricerca si è conclusa tre volte su quattro con la scoperta del miele. Non solo: gli studiosi hanno anche voluto testare se davvero il verso usato servisse per attirare gli uccellini.
Hanno registrato il richiamo tipico e poi si sono aggirati nelle zone della riserva (in una settantina di tentativi), facendo sentire il verso oppure un altro suono non collegato e un richiamo usato dalla tribù ma in altre circostanze. Gli uccellini si sono presentati a fare da guida molto più spesso, il doppio delle volte, (nel 66 per cento contro il 33 per cento dei casi), quando è stato fatto sentire il richiamo “vero”. E in questi casi, la ricerca ha anche portato nell’80 per cento dei casi alla scoperta dell’alveare.
Fonte: https://www.focus.it/ambiente/animali/uccellino-che-guida-alla-scoperta-del-miele
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Convegno ornitologico di Colleferro (RM)
Organizzato dall’Associazione Romana Ornicoltori
Lo scorso 26 marzo, l’Associazione Romana Ornicoltori ha organizzato un importante evento che ha ottenuto il patrocinio della FOI e del Comune di Colleferro, dove si è svolto presso la ex sala Konver.
Il programma è stato pensato per solleticare al massimo la curiosità dei partecipanti, includendo molteplici argomenti che hanno spaziato dall’aspetto legislativo a quello di ornicoltura amatoriale, con inserti di natura ambientale e protezionistica.
La lunga giornata è iniziata con il consigliere FOI Gennaro Iannuccilli, autore di un intervento intitolato: “Il diritto di allevare”. Gennaro ha ben rappresentato lo stato dell’arte dell’evoluzione legislativa, evoluzione che procede a tappe e, seppure in un clima di moderato ottimismo, preoccupa perché potrebbe allontanare alcuni allevatori da questa meravigliosa passione. In questa occasione, Gennaro ha anche rappresentato l’associazione “Esotici ma Familiari”, della quale la FOI è socio fondatore, nata per tutelare gli allevatori e le aziende che operano nel settore PET. L’invito per tutti è quello di iscriversi
in massa per dare maggior forza all’associazione nel rapporto con la politica. A seguire è intervenuto il dottore veterinario Ric-
cardo Rigato che ha presentato una relazione sulle pratiche di allevamento e in particolare di alimentazione, per il mantenimento di un corretto microbiota intestinale nei fringillidi. L’argomento è stato esposto con le doti che caratterizzano il dottor Rigato ed è stato seguito con estremo interesse da tutti i presenti, considerando che i concetti espressi erano facilmente traslabili ad altre famiglie di animali, uomo compreso. Riccardo ha concluso l’intervento con alcune considerazioni relative all’incidenza dell’alimentazione nella colorazione degli uccelli.
Dopo una breve pausa, è intervenuto Pasquale De Maio con i suoi fantastici canarini selvatici. Pasquale, fondatore del Club del Canarino Selvatico, ci ha incollati alle sedie con video relativi ad un suo recentissimo viaggio di studio nelle isole Canarie, Azzorre e Madeira, tutti luoghi dove il canarino è specie autoctona, mostrandoci come le differenti origini geografiche, con piccole ma apprezzabili varietà di alimentazione e clima, incidono nella colorazione dei soggetti. Finita la prima sessione, si è proceduto all’estrazione per
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Il programma è stato pensato per solleticare al massimo la curiosità dei partecipanti
Testo e foto di PAOLO BERNARDI (Presidente A.R.O. Roma)
I relatori, da sx P. Bernardi, G. Iannuccilli, P. De Maio, R. Rigato, C. Midili
l’assegnazione tra i partecipanti del libro “Avifauna d’Italia” di Giovanni Matranga, edito dalla FOI.
L’associazione ha quindi avuto il piacere di offrire un pranzo ai partecipanti (in totale circa 40 persone) prima di passare al successivo intervento che ho avuto il privilegio di curare in prima persona.
Il mio intervento è stato dedicato ad una specie sulla quale “lavoro” da anni: l’Agapornis nigrigenis, unica specie del genere Agapornis che, sep-
pure di facile allevamento in ambiente controllato, presenta criticità importanti in natura vista la ridotta estensione delle zone d’origine (nello Zambia) e ai conseguenti problemi relativi alla siccità sempre più grave. Ha chiuso la giornata Carmelo Midili che ci ha deliziato con un concerto di canto di canarini Malinois Waterslager. La relazione di Carmelo, incentrata su tecnica di allevamento e di preparazione al canto di questi animali, è stata accompagnata da una celestiale melodia prodotta da otto canarini maschi maestri di canto. Questa arte è spesso poco conosciuta per alcune sue peculiarità che tendono a tenerla in disparte, ma ogni volta che questi animali vengono mostrati in tutto il loro splendore ci si trova davanti a tante bocche spalancate. Come Presidente dell’associazione, ho chiuso i “lavori” intorno alle 16:00 ringraziando i partecipanti e invitando ad un evento successivo pianificato per il mese di maggio.
L’Associazione Romana Ornicoltori, che nella prossima stagione festeggerà i 70 anni di vita, punta ad un attivismo in campo ornitologico per la crescita dei propri soci e per la divulgazione dei nostri principi tra tutti gli amanti degli animali. Email: info@aroroma.it
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Il presidente ARO consegna il libro "Avifauna d'Italia" al socio Alberto Buttinelli estratto tra i presenti
Un momento della presentazione di Pasquale De Maio sul canarino selvatico
Carmelo Midili e i suoi otto maestri di canto
L’Associazione Romana Ornicoltori nella prossima stagione festeggerà i 70 anni di vita
Le farine di insetti
Fonti di proteine per i nostri alati
testo di LUCA GORRERI, foto TUTTONOTIZIE.EU, TERRAEVITA.EDAGRICOLE.IT e PEPINONUTRIZIONISTA.IT
Nei mesi scorsi si è tenuta a Roma l’International Conference on Forests for Food Security and Nutrition della FAO. È emerso, secondo un nuovo studio che la FAO ha presentato in questa conferenza, che una fonte di cibo nutriente e ricco di proteine importante e facilmente reperibile che proviene dalle foreste sono gli insetti. Si stima che gli insetti facciano parte della dieta tradizionale di almeno due miliardi di persone. La raccolta di insetti e l’agricoltura sono in grado di offrire occupazione e reddito, per ora per lo più a livello familiare e industriale.
Con circa un milione di specie conosciute, gli insetti rappresentano più della metà di tutti gli organismi viventi classificati finora sul pianeta. Secondo una ricerca della stessa FAO, realizzata in collaborazione con l’Università di Wageningen nei Paesi Bassi, più di 1.900 specie di insetti sono consumate dagli esseri umani in tutto il mondo. A livello globale, gli insetti più consumati sono coleotteri (31%), bruchi (18%), api, vespe e formiche (14%), cavallette, locuste e grilli (13%). Molti insetti sono ricchi di proteine, grassi salutari, calcio, ferro e zinco. Il manzo ha un contenuto di ferro di 6 mg per 100 g di peso secco, mentre il contenuto di ferro nelle locuste varia tra 8 e 20 mg per 100 g di peso secco, a seconda della specie. Anche gli allevatori di uccelli come noi, spesso alla ricerca di migliori alimenti per i nostri amici alati nelle varie fasi di crescita e di vita, potranno dunque utilizzare alimenti nuovi che
Con circa un milione di specie conosciute, gli insetti rappresentano più della metà di tutti gli organismi viventi
l’industria propone per migliorare la conduzione alimentare degli allevamenti. Ecco che le farine di insetti, sempre più commercializzate, rappresentano e rappresenteranno un valore aggiunto per il nostro hobby. Presentano valori proteici importanti e, vista la tipologia del prodotto, sono facilmente utilizzabili sia da integrare ai comuni pastoncini di imbecco sia per l’uso diretto in quanto facilmente
amalgamabili con altri cibi e mescolabili a supporti liquidi come l’acqua, quindi semplici da proporre agli uccelli mediante le siringhe, le palettine etc. Analizzando la farina di grillo derivata dall’insetto Acheta domestica, ci accorgiamo che la quantità di proteine (composte da molti amminoacidi di alto valore biologico e nutrizionale) è di circa il 65%, mentre i grassi insaturi sono circa il 12%, i saturi il 5% e i carboidrati circa il 7% (con un’energia pari a 425 chilo-calorie) e quindi rappresentano un alimento eccezionale per i nostri alati soprattutto nel periodo di crescita, ma non solo: anche in periodi particolari come quello della muta o per soggetti debilitati. Da sottolineare il basso contenuto in zuccheri, aspetto importante per l’alimentazione. Gli
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Farina di grillo, fonte: www.tuttonotizie.eu
uccelli insettivori, ma anche diverse specie granivore o frugivore, nel periodo riproduttivo forniscono ai pulli insetti che trovano negli habitat naturali; quindi, se riusciremo a fornire ai piccoli pappe o frittatine a base di farine di insetti, contribuiremo a farli crescere nel miglior modo. È logico che dovremo ben calibrare le quantità
delle farine in modo razionale, in funzione delle specie allevate, del periodo di crescita e in rapporto ad altri cibi che forniamo. Dovremmo individuare la giusta quantità da fornire sulla base delle loro composizioni visto che potremmo, ad esempio, disporre di farine di insetti diverse, come la farina di tarme della farina,
la farina di grilli, di cavallette, di blatte, di hermetia, di camole etc. Dobbiamo, come fanno i medici nutrizionisti, mettere le nostre conoscenze in campo e sviluppare una tabella alimentare razionale, valutando tutti i parametri analitici a disposizione. Facendo un esempio, se volessimo alimentare un pullus di turdide di una settimana di età (si presume che la prima settimana i genitori lo alimentino già, magari, con insetti congelati o vivi) dovremmo predisporre e poi imbeccarlo con una pappa caratterizzata da un valore proteico che si aggira intorno al 30%, mentre man mano che i giorni trascorrono e l’alato cresce occorrerebbe diminuire la percentuale di proteine fino ad arrivare, a circa un mese di età, ad un valore intorno al 20%: ecco che anche le farine di insetti ben scelte e calibrate ci aiuteranno a raggiungere tali percentuali. Di solito, occorre aumentare o eventualmente diminuire i dosaggi di queste farine e degli altri alimenti (es. normale pellet di mantenimento oppure il cuore bovino macinato per gli insettivori o i pastoncini ai cereali o le farine di tuorlo o soia per i granivori). In pratica, delle ricette ben calibrate usando la matematica. Molte le specie interessate, come il lucherino, gli organetti, i cardellini, i verzellini, i verdoni, i merli, i tordi, altri insettivori di piccola taglia, diversi esotici e, perché no, i canarini. La farina di insetti (es. grilli) ha circa tre volte il contenuto proteico della carne ed è ricca di calcio, molto utile nella fase della crescita dei piccoli, soprattutto fondamentale per la formazione di un robusto apparato scheletrico; questa farina è ricca anche di ferro e vitamina B12 (vitamina che è carente nelle farine di origine vegetale), utile per prevenire alcune forme di anemia. Tali farine non sono a rischio di contaminati come le diossine e il metilmercurio del pesce (farina di aringhe) e neppure sono a rischio di prioni (BSE). Tali farine senza lattosio sono prive anche di sostanze chimiche, antibiotici, ormoni e pesticidi di ogni genere e sono accuratamente controllate dai laboratori delle industrie produttrici in
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Larve di Hermetia (alto contenuto calcio), fonte: www.terraevita.edagricole.it
Farina di Tenebrio molitor, fonte: www.tuttonotizie.eu
quanto sono prodotte essenzialmente per uso umano e quindi si devono rispettare norme rigide. Anche questi aspetti sono molto importanti per la nostra attività di allevatori, da valutare al fine di utilizzare alimenti sani e di qualità. Altra importante considerazione è quella relativa alla eco-sostenibilità: per produrre una libbra di carne (cioè poco meno di mezzo chilo) è necessario impiegare mediamente 25 libbre di mangime (11 kg); invece, per produrre una libbra di grilli sono sufficienti due libbre di mangime (meno di 1 kg). Questo è dovuto al fatto che, rispetto agli animali da macello tradizionali, gli insetti crescono in maniera esponenziale, più velocemente. Gli insetti che sono allevati naturalmente vengono essiccati poi in un solo allevamento, che occupa uno spazio ridottissimo. I grilli vengono recuperati al trentesimo giorno di vita (da alcune ditte anche
eviscerati), poi vengono congelati per 48 ore, scongelati ed essiccati (a volte liofilizzati) all’interno di alcuni forni speciali. Una volta essiccati, vengono macinati per fare la farina. Per produrre un chilo di farina di grilli occorrono ben ventimila grilli. Il costo delle farine di insetti è molto variabile, in funzione anche della specie e delle
ditte; ad ogni modo, si aggirano sui trenta-quaranta euro al chilo e possono essere acquistate nelle erboristerie e su internet con la spedizione veloce. Anche in Italia ditte specializzate del comparto ornitologico stanno inserendo tali farine tra i loro prodotti (anche in confezione di 100200 grammi). Alcune curiosità: pochi sanno che ogni anno in media il consumo inconsapevole di noi umani di insetti si aggira sui 500 gr. Questi animali sono dei contaminanti alimentari comuni e la legge italiana ne tollera una piccola percentuale, quindi anche il nostro organismo, inconsapevolmente, ingerisce insetti. Sono convinto che le farine di insetti, nel tempo, dato che la popolazione mondiale si accrescerà notevolmente, potranno aiutare a risolvere la disponibilità di cibo in molti Paesi sottosviluppati, dove oggi muoiono per fame anche molti bambini.
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Tali farine altamente proteiche ma senza lattosio sono prive anche di sostanze chimiche, antibiotici, ormoni e pesticidi di ogni genere e sono accuratamente controllate
P agina aperta
Mipresento: sono Luca Fondi, RNA 94UH; vivo in una piccola cittadina dei Castelli Romani. Faccio parte della famiglia FOI ormai da tantissimo tempo, in quanto la mia prima iscrizione è avvenuta all’età di 16 anni nel lontano 1994. Sono sempre stato attratto dai canarini arricciati, le prime coppie di Arricciati del nord le presi da un grandissimo allevatore della zona, purtroppo scomparso prematuramente, il sig. Giuseppe Mazzenga. Aveva degli Arricciati del nord bellissimi, con arricciature pressoché perfette; lui i “nord” li usava per fare da balia ai suoi splendidi Parigini ed Arricciati gigante italiano. Iniziare ad allevare con soggetti di tale bellezza era un privilegio. Giuseppe non ci pensò su due volte e decise di farmi dono di qualche esemplare. Lo ricordo con immenso affetto poiché con la sua disponibilità e generosità diede il via alla consacrazione dell’allevamento verso i canarini arricciati. Ricordo con nostalgia le visite nel suo allevamento, qualcosa di irraggiungibile per un ragazzino quale ero allora. Ho fatto tesoro dei suoi consigli, sempre puntuali. Ricordo le prime cove, quasi sempre deludenti, con uova infeconde, schiuse mancate e pulli che puntualmente intorno ai 5 giorni deperivano; per diverse volte ricordo di aver pensato: “non fa per me”. Allevavo in un garage, la troppa umidità era la causa di tutti i mali. Ma la passione era tanta e mi spingeva
sempre a riprovare, con non troppo successo. Purtroppo, come spesso succede, da lì a pochi anni dovetti smettere momentaneamente di allevare per cause di forza maggiore: era arrivato il momento del servizio di leva e mi arruolai nell’Arma dei Carabinieri. Ma la passione non mi abbandonò e appena mi fu possibile rimisi su un allevamento più bello, più grande, più ambizioso e soprattutto con condizioni ambientali ottimali; ero pronto a incominciare di nuovo e questa volta con il piede e con i mezzi giusti! Mi iscrissi all’Associazione Pontina Ornitologica di Aprilia, dove in seguito ho rivestito anche il ruolo di consigliere. Con un nuovo RNA iniziai la mia avventura verso traguardi importanti. Chiaramente, sapevo di dover allevare canarini arricciati, ma non volevo fare un “minestrone”, dovevo decidere bene che razza allevare per iniziare una rigida selezione, senza ripensamenti. La mia scelta cadde sul canarino Fiorino, un piccolo arricciato che mi stregò a prima vista. La razza nasce a Firenze dalle mani del compianto professore Umberto Zingoni, che credo non abbia bisogno di presentazioni, con l’ausilio dal sig. Del Prete, altro grande ornitologo, i quali lo accompagnarono fino al riconoscimento ufficiale da parte della FOI nel 1985 e successivamente a livello internazionale 4 anni più tardi. Mi iscrissi al Club del Fiorino, dove oggi ricopro cariche nel direttivo, e cominciai
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Storia di un allevatore con qualche sogno nel cassetto testo e foto di LUCA FONDI
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Ciuffato lip. pezz. 1° class. Internazionale Sor 2022
P agina aperta
a farmi un’idea più precisa sul da farsi. Girai mezza Italia per comprare dai migliori allevatori della razza e riuscii nell’intento di comprare anche dei canarini del professor Zingoni. Così iniziai a creare il mio ceppo; negli anni seguenti non mi sono mai fatto scrupolo ad usare una consanguineità oculata per raggiungere il mio scopo. Oggi posso dire con grande soddisfazione che un mio fiorino lo riconoscerei in mezzo ad altri mille, testimonianza del fatto di essere riuscito dopo quasi due decenni ad aver creato il mio ceppo. Agli inizi fu dura, i nuovi nati non avevano la rusticità che io desideravo; la mia selezione non s’è mai fermata al fenotipo, ho curato in primis il genotipo, in quanto volevo canarini belli e competitivi in esposizione ma anche affidabili in riproduzione e soprattutto sani, che non avessero bisogno di continue cure straordinarie. Oggi con grande soddisfazione posso affermare di esserci riuscito. I miei soggetti, oltre ad aver raggiunto una rusticità e una dedizione alle cure parentali ottimali, si sono dimostrati competitivi nelle più importanti esposizioni. Hanno ottenuto titoli mondiali, internazionali a Reggio Emilia e italiani; sono riuscito con grande soddisfazione a vincere varie specialistiche e soprattutto, per più volte, il trofeo Umberto Zingoni. Il mio piccolo sogno! Credo sia il massimo riconoscimento per un allevatore di Fiorini. Ad oggi ho intrapreso una nuova avventura: sto frequentando il corso per allievi giudici nella categoria “Forma e Posizione Arricciati”. Nel momento in cui sto scrivendo ho effettuato tre prove di giudizio; ne mancano ancora almeno sette più
l’esame finale. In questa nuova avventura ho incontrato e conosciuto persone che rivestono vari ruoli in Federazione e ho potuto constatare il loro sapere! Spero un giorno di poter avere la stessa preparazione, essendo consapevole che non sarà un percorso facile, ma credo che anche questo mio sogno nel cassetto, con tenacia e perseveranza, possa essere realizzato. Da un paio di anni ho introdotto, oltre ai Fiorini e agli Arricciati del nord, che non sono mai mancati in allevamento, gli Arricciati del sud con un paio di coppie di grande fattezza con le quali spero di poter fare bene nei prossimi anni. Il mio allevamento lo vivo come un piccolo angolo di paradiso dove trovo svago dai problemi quotidiani; il nostro hobby è questo: è un impegno che ci fa stare bene. È condivisione, si creano amicizie fraterne, con cui sperimentare successi e delusioni, e si programmano viaggi verso appuntamenti annuali dove si ritrovano amici lontani che si sentono telefonicamente tutto l’anno. Io ho la fortuna di averne uno vicino casa, un grande amico fraterno nonché allevatore con palmares di livello mondiale, ossia Davide Campobasso, con il quale programmiamo tutte le trasferte per essere sempre presenti ai grandi appuntamenti. Oggi posso affermare con assoluta certezza e serenità di aver ricevuto dai miei canarini e dalla nostra amata FOI molto più di ciò che ho dato. Allevare è proteggere, è sana competizione con spirito olimpico, ma soprattutto è aggregazione, sentirsi parte di una comunità di persone che tutte insieme formano una grande famiglia: la FOI.
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Il sesamo
Una pianta dai tesori nascosti (antiossidante eccezionale)
Premessa
È sabato e mi trovo in una panetteria di Pesaro in attesa che arrivi il mio turno per essere servito. Davanti ai vetri del bancone ammiro le meraviglie esposte: torte con guarnizioni variegate, paste dolci e salate, pizze in varie versioni e tutto mi fa venire l’acquolina in bocca e la voglia di assaggiare ogni cosa. Mentre penso quali paste scegliere, per gustarmele come dessert, alzo lo sguardo: l’orologio appeso sulla parete dietro il bancone di servizio segna le 10,15: “E’ tardi - dico fra me e me -, devo ancora passare nel negozio da Marco a ritirare il pastoncino per i canarini”. Dopo un po’ squilla il mio cellulare e la scritta “Casa” mi dice che è Angela a chiamarmi.
“Ciao, cosa c’è? Ti serve qualcosa?”
“Sei in panetteria o sei da Marco?”
“Sono in panetteria e fra poco è il mio turno. Oggi ci sono paste e dolci, da scegliere… prendo qualcosa?”
“Un cabaret di paste varie, se ti piacciono, oppure prendi una tortina, domani ci sono figlie, generi e nipoti a pranzo; poi, oltre al pane a lievitazione naturale aggiungi un pane integrale, uno semi-integrale ed uno ai semi di sesamo, se c’è, per Elisa”.
Chiudo la chiamata ed inizia la mia spesa. Alla richiesta di un pane di sesamo, la commessa esclama: “È rimasto l’ultimo. Oggi, che strano, tutti hanno cercato il pane di sesamo e molte persone mi hanno fatto gli elogi per la bontà e
per un piacevole sapore di noce. Abbiamo iniziato a produrre questo pane da non molto, su consiglio di una nostra cliente naturopata che ci ha detto che avrebbe avuto successo perché il sesamo ha molte proprietà ed è unantiossidante eccezionale. Abbiamo aggiunto anche questo pane alle nostre specialità di pani integrali, semi-integrali e a lievitazione naturale, oltre al reparto dolci e pizze di cui il nostro bancone è ricco. Il tutto è rigorosamente prodotto utilizzando farine di provenienza biologica e italiana!”. Mi fa il conto, pago, prendo le due borse della spesa, le faccio i complimenti, saluto e mi avvio al negozio di Marco per ritirare
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di PIERLUIGI MENGACCI, foto WIKIPEDIA, ETSY COM, NOISIAMOAGRICOLTURA COM, SANTOPROCENE IT, IDEEGREEN IT, SALEPEPE IT eSICILIANET IT
Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo
Pianta di sesamo, fonte: Wikipedia
Capsule di sesamo, fonte: etsy.com
il mangime per i canarini. Salgo in macchina e nell’attraversare la città, ripensando al pane di sesamo, mi torna in mente che nella composizione dei “semi della salute”, che avevo acquistato in precedenza, dovrebbe essere presente anche il seme di sesamo. Giunto nel negozio faccio subito la verifica e in un sacco semivuoto che Marco mi porge trovo effettivamente che anche il sesamo è presente fra i semi elencati. Per molti giorni, nel servire i “semi della salute” ai canarini, il pensiero che il sesamo fosse un “antiossidante eccezionale”mi frullava di continuo in testa; di contro, mi assaliva anche il dubbio sulla veridicità di tale affermazione che tacitavo con “L’ha detto la naturopata, per cui…!”. Ma quando Angela, dietro i consigli di mia figlia Elisa, iniziò a far comparire in tavola qualche pane al sesamo
con la cantilena “Dai, assaggialo,è un antiossidante eccezionale!” il pensiero è diventato più ossessivo, soprattutto perché a me, quel pane, non andava né su né giù… e i semini mi rimanevano fra i denti! “Sarà veramente un antiossidante eccezionale?” ripetevo dentro di me. Non ho più resistito a convivere con questo dubbio in testa ed un giorno, ripetendo la famosa formula magica “Apriti, Sesamo”, davanti al computer, ho scoperto i “tesori nascosti” della pianta del Sesamo.
Alcuni dati botanico-storici
Il Sesamo (Sesamum indicum L.) è una pianta erbacea oleaginosa annuale e appartiene alla famiglia delle Pedaliaceae. La radice è a fittone ed il fusto è eretto, peloso, semplice o ramificato e raggiunge un’altezza tra i 50 e 100 cm.
Le foglie sono lanceolate e di varie lunghezze. I fiori sono bianco-rosati e tubolari lunghi dai 3 ai 5 cm. Il frutto è una capsula deiscente (cioè rilascia i frutti a piena maturità). Ciascun frutto contiene numerosi e piccolissimi semini di colore più o meno scuro in relazione alla varietà. Sono talmente piccoli che per farne un grammo ne occorrono circa 500.
Esistono diverse varietà di semi di sesamo; quelli comunemente in commercio nel nostro Paese sono i semi di sesamo bianco ma esiste anche il sesamo nero, una varietà dal sapore più marcato e con le medesime caratteristiche nutritive. La storia di questa pianta è antichissima. Il sesamo è una pianta originaria dell’India e dell’Africa ed era conosciuto già 5000 anni fa, non solo per l’alimentazione umana (macinato e mescolato nei cibi) ma anche per il suo utilizzo come combustile per lampade e per usi medicinali, religiosi e cosmetici.
La popolazione indiana attribuisce l’origine del sesamo ad un dono concesso dalle divinità: secondo la letteratura indiana i semi di sesamo sarebbero nati dalle gocce di sudore di Vishnu. Nei testi sacri buddisti è considerato uno dei cibi superiori (ampiamente usato nella dieta dei monaci) e il Buddha ricordava che “il seme di sesamo, nonostante fosse molto piccolo, poteva generare un grande albero”. Reperti storici collocano l’utilizzo alimentare del sesamo circa 3.000 anni a.C., mentre le prime tracce di coltivazione agricola risalgono a 2.000 anni dopo. L’estrazione dell’olio iniziò in Turchia 2.750 anni fa e per millenni Egizi, Greci, Romani e Fenici lo utilizzarono nei trattamenti di bellezza. Anticamente in
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Semi di sesamo, fonte: noisiamoagricoltura.com
Sesamo, fonte: santropocene.it
Gomasio, fonte: ideegreen.it
India, nelle cerimonie funebri, venivano offerti quattro vasi di sesamo nero per favorire il passaggio del defunto nell’aldilà. Ancora oggi i semi di sesamo, bianco o nero, vengono considerati un simbolo di immortalità e sono profondamente legati ai culti sacri. La pianta di sesamo è stata introdotta in Sicilia al tempo della dominazione araba (IX e X secolo). La varietà di Ispica è stata selezionata due secoli fa dai contadini della zona; raggiunge un’altezza di 150 cm e può produrre fino a 150 capsule, contenenti circa 70 semi ciascuna.
Proprietà dei semi di sesamo
I semi di sesamo sono ricchissimi di sostanze nutritive.
Come vediamo nell’allegata tabella, sono costituiti prevalentemente da lipidi, in particolare acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, che rappresentano più del 40% del totale dei nutrienti. Sono altresì un’importante fonte di fibre e, tra gli alimenti di origine vegetale, sono tra i più ricchi di calcio.
Tra gli acidi grassi troviamo un’ottima presenza degli acidi linoleico e alfa-linolenico, che sono i precursori rispettivamente della serie degli omega-6 e omega-3.
Le proteine costituiscono circa il 18% della composizione nutrizionale, insieme alle già citate fibre (circa l’11%) e carboidrati (23%). La buona concentrazione di vitamine del gruppo B (B1, B2, niacina, B6, folati), vitamina E, calcio (ben 975 mg per 100 g di prodotto di elevata biodisponibilità), fosforo, magnesio, ferro e zinco ci permettono di fare un pieno di micronutrienti con appena due cucchiai di semi (consigliati in erboristeria). Inoltre, i semi di sesamo sono fonte di sostanze di origine naturale, (sesamina, sesamolina e sesamolo) dalle proprietà antiossidanti e antinfiammatorie; hanno anche un contenuto molto elevato di fitosteroli, che hanno la capacità di abbattere i livelli di colesterolo nel sangue e sono ricchi di triptofano, amminoacido precursore della serotonina. Queste fibre vegetali sono conosciute come lignani e hanno dimostrato di aumentare l’apporto di vitamina E, di potenziare le difese immunitarie e prevenire l’ipertensione negli animali ed anche negli uccelli.
Alcuni Valori Nutrizionali dei semi di sesamo calcolati x 100 gr. (fonte USDA)
-Calorie 573
-Acqua 4,69 g
-Proteine 17,73 g
-Lipidi 49,67 g
-Zuccheri 0,30 g
-Fibre 11,8 g
-Vitamina A 9 UI
-Niacina 4,515 mg
-Vitamina B6 0,790 mg
-Folati 97 μg
-Calcio 975 mg
-Fosforo 629 mg
-Potassio 468 mg
-Magnesio 351 mg
-Ferro 14,55 mg
-Sodio 11 mg
-Zinco 7,75 mg
Utilizzo dei semi di sesamo
Ogni mia perplessità sulla dicitura “antiossidante eccezionale” che per giorni e giorni mi è ronzata in testa, è stata fugata una volta che ho “scoperto i tesori” (le proprietà) di questo seme, tanto piccolo quanto nutriente e benefico.
I semi di sesamo sono la parte della pianta che viene utilizzata a scopo fitoterapico e alimentare e sono impiegati tali e quali nell’alimentazione umana, o per estrarne olio e farine. L’olio è molto stabile anche a temperatura ambiente, poiché contiene elevate quantità di ossidanti, quindi non irrancidisce facilmente e viene usato sia come condimento sia ad uso officinale.
Le farine che vengono ricavate dai semi, molto proteiche, sono utilizzate per diversi preparati gastronomici.
Semi e olio di sesamo hanno proprietà anti-infettive, che li rendono un utile alleato in caso di infezioni causate da numerosi batteri e virus, antinfiammatorie, utili per preservare il benessere della pelle.
Va tenuto in considerazione che un uso eccessivo dell’olio di semi di sesamo potrebbe causare dissenteria in quanto contiene sorbitolo, un potente lassativo naturale.
I semi e le farine vengono inoltre consigliati perché garantiscono un apporto adeguato di vitamine e minerali, in particolare di vitamine del gruppo B (alleate del metabolismo e, nel caso par-
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Salsa tahina, fonte: salepepe.it
Fiori di sesamo, fonte: www.noisiamoagricoltura.com
ticolare dei folati, per contrastare l’anemia), di potassio (alleato del cuore),di fosforo, calcio e magnesio (alleati della salute di ossa e denti), di ferro e rame (importanti per la produzione dei globuli rossi) e di vitamina E, selenio e manganese (antiossidanti). Inoltre, sono una fonte di grassi alleati della salute cardiovascolare, che insieme alle loro fibre aiutano a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue e la presenza di fibre è fondamentale per la salute dell’intestino e della flora batterica intestinale. Infine, in questi semi sono presenti anche diversi composti polifenolici che aiutano adifendere l’organismo dallo stress ossidativo.
In cosmesi l’olio di sesamo è uno dei principali rimedi benefici suggeriti dall’ayurveda, la medicina tradizionale indiana. L’alto contenuto di zinco nei semi di sesamo aiuta a produrre collagene, donando alla pelle maggiore elasticità e aiutando a riparare i tessuti del corpo danneggiati con un effetto purificante, nutriente e lenitivo. Viene anche consigliato per il trattamento della forfora, della seborrea e del capello secco. Applicato sui capelli e sul cuoio capelluto, l’olio di sesamo può favorire la ricrescita e rendere i capelli più forti e lucenti. Protegge inoltre dal sole e filtra il 30% dei raggi ultravioletti; è utile al mare per prendere la “tintarella”.
Nell’uso gastronomico, i semi possono essere utilizzati al posto del sale per condire minestre e verdure, oppure nel sushi. L’olio di sesamo è consigliato per insalate, salse, piatti cotti al vapore, arrosti e ricette orientali. Nella panificazione e in pasticceria i semi si usano per confezionare degli snack tipo croccantini ed un gustoso pane. Anche la farina di sesamo è sfruttata come alimento proteico per la composizione di diversi preparati. Può essere aggiunta direttamente in tutte le formulazioni alimentari per la preparazione di snack, muesli e alimenti per la prima colazione in genere, arricchire yogurt, fette biscottate, prodotti per la panificazione e da forno, paste alimentari e dessert.
In ambito industriale, lafarina di sesamo, come prodotto secondario derivante dagli scarti ottenuti dall’estrazione dell’olio, viene usata come ottimo mangime per pollame e altri animali.
Non solo i semi del sesamosono commestibili, ma si possono consumare anche le foglie, molto utilizzate nella cucina coreana. Quando sono tenere si possono utilizzare crude su tartine o in misticanze di insalate. Attenzione, vanno lavate molto bene in acqua fredda per eliminare la loro copertura mucillaginosa, che per alcuni può risultare sgradevole.I semi possono essere anche tostati leggermente in padella e miscelati con sale marino, ottenendo un’alternativa al sale da cucina chiamata gomasio(condimento tipico della cucina orientale, composto da sale marino e semi di sesamo tostati e macinati, talvolta arricchito con alghe).
Un accenno sul gomasio: è un ottimo sostituto del classico “pizzico di sale” aggiunto in cucina su qualsiasi alimento, a crudo al momento su verdure, cereali, bruschetta, ecc. Nella medicina macrobiotica viene addirittura consigliato a scopo terapeutico ed è considerato un vero alleato della salute, un superfood. È infatti capace di abbassare il colesterolo, di favorire le funzioni digestive, di regolarizzare l’intestino e rinforzare il sistema immunitario. Viene anche consigliato come rimedio in caso di nausea e di mal di testa, oppure come “antidoto” per gli eccessi di alcol e zucchero. Altro uso culinario dei semi di sesamo è nella realizzazione della tahina, una salsa a base di semi di sesamo, deliziosa e nutriente, specialità della cucina mediorientale. Da noi (si chiama anche burro o crema di sesamo), grazie alle sue proprietà nutrizionali, è diffusa come ingrediente prelibato della cucina naturale. La salsa ha una consistenza abbastanza densa; il profumo ricorda quello delle arachidi, meno dolce e intenso, e il sapore quello delle noci tostate. La salsa possiamo trovarla già pronta anche nei supermercati, ma è molto semplice prepararla in casa. Si tostano velocemente in padella i semi di sesamo (attenzione a non bruciarli), li si fa raffreddare e poi li si pesta nel mortaio o li si frulla nel mixer con olio d’oliva e un pizzico di sale, fino a ridurre il tutto in una pasta leggermente densa. Va tenuto presente però che, come tutti i semi oleosi, anche il sesamo può causare reazioni allergiche nelle persone sensibili.
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Sesamo di Ispica, fonte: www.sicilianet.net
Nell’uso gastronomico, i semi possono essere utilizzati al posto del sale per condire minestre e verdure, oppure nel sushi
Come cibo per i nostri uccelli familiari, i semi di sesamo sono soprattutto presenti nei cosiddetti “semi della salute”, ma in nessuna miscela ho trovato la percentuale presente. Da una mia grossolana selezione di 50 grammi di una miscela dei suddetti semi, ho calcolato che la loro presenza dovrebbe aggirarsi attorno al 2%. Nella letteratura avicola ho trovato pareri discordanti sull’utilizzo di semi cosiddetti “grassi”, in quanto possono creare problemi a fegato e milza. A supporto di tali pareri viene detto che tutti gli uccelli gradiscono in modo particolare i semi grassi (cosa arcinota), ma, come per i bambini piccoli, non è detto che ciò che piace sia necessariamente il cibo migliore per loro. Secondo me questa teoria non va generalizzata; sta all’allevatore osservare il comportamento dei propri uccelli e, come tutti gli alimenti, se utilizzati con parsimonia ed accortezza, quei semi definiti “grassi” possono diventare
il cibo migliore per la loro salute. Per superare il problema dei grassi o contenerlo, alcuni allevatori consigliano la germinazione dei semi perché l’atto di germinazione migliora il valore nutrizionale del seme e riduce anche il contenuto di grassi in quanto i depositi di grasso vengono utilizzati per far crescere il germoglio. I semi di sesamo, come riportato in precedenza, oltre a contenere un 40% di grassi, un 18% di proteine e un 11% di fibra, sono soprattutto ricchi di due aminoacidi, metionina e triptofano, aminoacidi essenziali, ottimi ricostituenti per le piastrine del sangue, utili per la milza, il sistema ner-
voso, muscoli, pelle e apparato digestivo Quantità moderate non fanno male, è l’esagerazione che crea problemi!
Chiudo dicendo che, come tutti i semi “grassi”, anche i semi di sesamo vanno ben conservati, possibilmente in un recipiente di vetro o in un bidoncino di plastica (io ci metto anche i “semi della salute”), chiusi ermeticamente, al riparo dalla luce diretta e da fonti di calore, in un luogo fresco e non umido in quanto tendono ad irrancidire e ammuffire con facilità. Nella maniera indicata possiamo attingere di volta in volta la quantità necessaria e la conservazione è garantita per qualche mese. Ad maiora, semper.
Alcune fonti:
-https://www.lerboristeria.com/erbario/sesamo.php
- https://antropocene.it/2020/05/01/sesamo
- https://www.viversano.net/alimentazione/mangiare-sano/semi-di-sesamo/
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Tutti gli uccelli gradiscono in modo particolare i semi grassi
S pazio Club
Il2022 è stato un anno ricco di appuntamenti e di novità per il Club degli Psittacidi.
È cresciuto il numero dei soci ed è aumentato anche il numero delle persone che seguono la nostra pagina Facebook “Club degli Psittacidi” e il nostro gruppo “Mercatino del Club degli Psittacidi”.
Anche il nostro notiziario, giunto ormai alla quarta uscita, numero dopo numero sta diventando sempre più ricco grazie al contributo di zoologi, etologi, veterinari e appassionati che hanno condiviso le loro esperienze di allevamento.
Il traguardo più importante del 2022 però è stato l’organizzazione della prima mostra dopo la pandemia.
A inizio novembre 2022 abbiamo organizzato la prima edizione di “MyParrot”, Mostra Internazionale per soli Psittacidi, a Farigliano (CN). Siamo fieri dei risultati ottenuti, anche se per un Club allestire una mostra è sempre un impegno importante sotto tutti gli aspetti. Tutto lo staff del Club e vari simpatizzanti si sono adoperati per la riuscita della manifestazione. Era importante per noi, alla prima edizione, vedere che tutto funzionasse alla perfezione e che noi fossimo preparati per organizzare un evento del genere, e così è stato.
Abbiamo cercato un luogo accogliente e adatto alle nostre esigenze che potesse ospitare l’evento nel modo migliore. Volevamo che il benessere e la pulizia fossero al primo posto, soprattutto in un momento così delicato per l’ornitologia in generale. I risultati sono stati molto soddisfacenti e ci fa piacere condividerli.
La premiazione è stata un momento di festa per tutti gli allevatori, che sono tornati a incontrarsi e confrontarsi dopo le restrizioni della pandemia, e sono stati consegnati molti premi speciali gentilmente offerti da diversi sponsor.
Le categorie erano veramente ben assortite e abbiamo pensato di fare una cosa che non era mai stata fatta: dividere gli Psittacidi in areali, come per l’appartenenza in natura.
Nei programmi del Club per l’anno in corso c’è indubbiamente il progetto di costruire un gruppo sempre più grande e unito di amanti degli Psittacidi e ci stiamo dedicando attivamente a questo. Stiamo già lavorando alla prossima edizione di “MyParrot”, che si terrà nel mese di novembre ad Airasca (TO), dove contiamo di inserire importanti novità. Sarà anche quest’anno una Mostra Internazionale di pregio, innovativa sotto tutti gli aspetti. Vi aspettiamo numerosi perché sarà un evento speciale e unico nel suo genere. Infine, per chi vorrà incontrarci e conoscerci meglio, un altro appuntamento importante è sicuramente a Modena. L’anno scorso abbiamo allestito e presentato uno stand apposito per il Club con molte novità piacevoli; i visitatori sono stati numerosi e siamo molto soddisfatti di questo.
I molti visitatori hanno apprezzato i vari gadget creati dal Club, attinenti al mondo degli Psittacidi e utili in allevamento. Il più gettonato, tant’è che è andato a ruba, è stato il registro di allevamento con pedigree dei soggetti incorporato.
Anche il 2023 sarà dunque un anno molto ricco. Vi aspettiamo alla prossima Mostra Internazionale e a Modena!
IL DIRETTIVODEL CLUBDEGLI PSITTACIDI
Club
di Specializzazione
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Traguardi raggiunti e nuovi progetti per il Club degli Psittacidi
Attività dell’Associazione Ornicoltori Comense
Testo e foto di FULVIO CASATI
Questi ultimi anni trascorsi sono stati molto difficili, ma sembra ormai che il peggio sia passato e si intraveda la luce in fondo al tunnel. È così che la Associazione Ornicoltori Comense ha potuto riprendere le sue attività.
Dopo il 2019 chiusosi con il Campionato Regionale Lombardo, organizzato dalle Associazioni di Monza, Como e Valtellinese, abbiamo avuto una pausa di 2 anni per difficoltà organizzative causa COVID ed altre problematiche. Nel 2021 siamo così tornati ad organizzare il C.R.L. con l’Associazione Valtellinese nella palestra di Monguzzo, inoltre abbiamo ottenuto dal comune di Novedrate una nuova sede grazie alla collaborazione di nostri soci quali Aurelio Radice ed Enrico Radice.
In questa nuova sede abbiamo così po-
tuto organizzare mostre scambio ed assemblee del nostro Raggruppamento Lombardo. Ultima iniziativa portata a termine è stata una didattica con la scuola elementare “Don Zanolli Stanislao” di Novedrate coinvolgendo le classi di terza e quarta.
Divulgare non è solo una parola per riuscire a trasmettere questa nostra passione, ma la speranza di vedere nel futuro qualche piccolo allevatore. Per questa didattica abbiamo portato diversi tipi di canarini e pappagallini, oltre che allestire un tavolo con preziosi tipi di nidi del nostro territorio.
Per questa iniziativa la segreteria F.O.I. ci ha fornito del materiale didattico che è stato accolto con entusiasmo dai ragazzi presenti, circa una cinquantina. Il materiale avanzato è stato lasciato a disposizione delle altre classi, le insegnanti
sono state molto felici ed entusiaste dell’iniziativa. Con le insegnanti è stata concordata una visita al museo F.O.I. per la fine del prossimo settembre.
Dopo la nostra esposizione a 360° spiegando che allevare è trasmettere, educare e proteggere, abbiamo chiesto se qualcuno dei ragazzi avesse qualche domanda da porci; siamo stati subissati di domande, questo vuol dire che abbiamo sollecitato l’interesse verso l’ornitologia. Concludendo, è stata una bellissima esperienza fatta con allegria nella speranza che se anche uno solo dei ragazzi presenti dovesse avvicinarsi alla nostra passione sarà stato un successo.
P.S.Ringrazio i nostri collaboratori che con me e Aurelio Radice hanno contribuito al successo della manifestazione. Erano presenti Luigi Santin, Enrico Radice ed Enrico Allevi.
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Attività F.O.I.
Stralcio del verbale Assemblea dei Club del 17 giugno 2023 - n. 1 2023
(La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali)
Quota annuale in favore della F.O.I.
Il Presidente comunica che nel corso dell’ultima riunione del Direttivo Club è stato discusso il tema dell’adeguamento della quota annuale. Si puntualizza che il costo dei trofei offerti dalla F.O.I., da utilizzare come premiazione negli eventi organizzati dai Club in occasione delle Mostre specialistiche a calendario, supera in termini di costo l’ammontare della quota versata in atto dai Club, pari ad € 36,00. Si ipotizza di equiparare la quota annuale da versare da parte i Club riconosciuti F.O.I. a quella versata delle Associazioni affiliate; al riguardo è già stato acquisito il parere favorevole da parte del Direttivo Club nel corso dell’ultima riunione. L’argomento sarà posto all’ordine del giorno e di una prossima riunione del CDF.
Calendario esposizioni specialistiche 2023 e attività dei Club Si esaminano le manifestazioni specialistiche iscritte a calendario, apprezzando il buon numero di esposizioni previste, puntualizzando che quest’anno diversi Club hanno in programma quattro manifestazioni. Si rammenta che i Club, al fine di ottemperare ai propri scopi istituzionali, devono organizzare un’esposizione Ornitologica Specialistica almeno ogni due anni. Si invitano i Club ad una maggiore collaborazione con la rivista Italia Ornitologica, utilizzando l’apposita rubrica denominata “Spazio Club”, e ad una maggiore attenzione alle attività divulgative
e all’organizzazione di convegni e seminari. Si rammenta che per i giudizi espressi su scheda non conforme a quella FOI il Club dovrà inviare il relativo facsimile al Presidente della CTN competente, per la conseguente asseverazione. Il Consigliere Badalamenti segnala che negli ultimi anni si è assistito ad uno smodato allargamento delle categorie a concorso. Talvolta le categorie previste risultano poco chiare, tanto che in alcuni casi gli espositori non sono posti nelle condizioni di iscrivere regolarmente i soggetti a concorso. Si ribadisce la necessità di concordare con le competenti CC.TT.NN. l’ampliamento delle categorie; queste devono essere specificate in modo inequivocabile, adottando le definizioni federali. Varie ed eventuali
Il Presidente comunica che il Consiglio Direttivo Federale, nella seduta odierna, preso atto della richiesta pervenuta dal Sig. Devis Di Luca nella qualità di reggente provvisorio del Club del Canarino Phaeo e Topazio, ha confermato il riconoscimento del predetto Club, disponendo l’archiviazione della richiesta di senso contrario pervenuta in data 11.01.2023. Il Consigliere Federale delegato Badalamenti comunica che il Club Italiano Insettivori e Frugivori non ha versato le quote annuali del 2022 e del 2023, pertanto, ai sensi dell’art.8 del Regolamento Club di Specializzazione, il CDF ha deliberato la decadenza del riconoscimento. Analogo provvedimento sarà adottato, in occasione di una prossima riunione del CDF, nei confronti dei Club non ancora in regola con la quota 2023.
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