Italia Ornitologica, numero 2 - 2024

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ANNO L numero 2 2024 Estrildidi Fringillidi Ibridi Un ibrido straordinario Ondulati ed altri Psittaciformi Uova fertili ad inizio stagione Canarini di Colore Finalmente il Satiné ossidato
intelligenti gli uccelli?
Uccelli in natura Quanto sono Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

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Aspetto ludico del nostro hobby Giovanni Canali 3 La luce dopo 60 anni di oscurità Claudio Berno 5 Un ibrido straordinario Piercarlo Rossi 9 Uova fertili ad inizio stagione Rafael Zamora Padrón 13 Finalmente il Satiné ossidato Gianni Cassetta 17 Photo Show Le foto scattate dagli allevatori 20 Quanto sono intelligenti gli uccelli? Pier Franco Spada 21 Un Signor Canarino Alessandro Lezzi 25 Quando il Cardellino scoprì l’America Pasquale Leone 29 Antagonismi e sinergismi Giovanni Canali 33 La C.T.N. Canarini di Colore a “Psittacus & Co.” 2023 A.R.C. Forlì e A.O.R. Ravenna 37 OrniFlash News al volo dal web e non solo 38 La Gramigna (“Gramegna” e “Falasc”) Pierluigi Mengacci 41 Interregionale dell’Adriatico: unione e successo Emanuel Santoni 47 Pensieri in libertà Sebastiano Paternò 49 Il Merlo acquaiolo Dino Tessariol 51 Felicità ed appagamento nell’allevamento degli uccelli Sergio Palma 55 Mostra divulgativa “Al Borgo” Pierluigi Pellegrino 59 Pagina aperta Argomenti a tema 60 Mostra divulgativa di Selargius Salvatore Melis 62 Volontariato Giuseppe Albergo 63 Sintesi verbale CDF del 16 dicembre 2023 64 Estrildidi
Ibridi Ondulati
Canarini di Colore Uccelli in natura 9 13 17 21 Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 2 - 2024 è stato licenziato per la stampa il 29/2/2024
sommario
Fringillidi
ed altri Psittaciformi

Editoriale

Aspetto ludico del nostro hobby

Un aspetto da non dimenticare nel nostro hobby è quello ludico, vale a dire il divertimento, il gioco. Ricordo che moltissimi anni or sono, parlando in treno con uno psicologo o comunque una persona che si interessava di psicologia, mai visto prima, né mai più visto poi, gli sentii dire che: “gli scienziati quando fanno ricerca non lavorano, giocano”. Si parlava di lavoro e di impegno nel medesimo. Lì per lì rimasi stupito ma recepii subito che l’osservazione non era affatto disprezzabile. Forse non se ne potrà fare una regola generale, ma certo un valore grosso c’era. In altre occasioni ho sentito dire che persone fortunatissime sono quelle che possono fare dell’hobby un lavoro. Ho anche sentito riportare un proverbio che dice: “se farai un lavoro che ti piace, non lavorerai mai”. Un docente universitario, conversando, mi disse che aveva: “fatto dell’hobby un lavoro e del lavoro un hobby”. Mi convinse molto il primo aspetto, poiché era l’ornitologia e lui uno dei maggiori ornitologi sulla piazza.

È quasi scientifico che chi fa qualcosa che gli piace faccia meno fatica o, almeno, ne abbia minore percezione rispetto a chi facesse la stessa cosa solo per dovere. Mi si è raccontato di un appassionato di certi oggetti e che li aveva ordinati; ebbene, all’arrivo erano in fondo ad un camion; gli dissero di tornare ma lui scaricò il camion personalmente per non dover attendere. Se fosse vero, sarebbe un aspetto davvero indicativo. Aggiungo che conosco dei professionisti ottimi che sono molto gratificati dal loro lavoro, tanto che sospetto lo farebbero anche gratis, solo che non lo dicono ai clienti…

Di certo chi svolge un’attività che gli piace la esegue, di regola, meglio di chi lo fa solo per dovere, sempre salvo eccezioni. Un’eccezione credo di averla vissuta io durante il servizio militare. Non amavo certo la corvè cucina, ma la eseguivo a regola d’arte per non essere punito e non rischiare di perdere una situazione buona che avevo conseguito; certo percepivo la fatica in modo normale. Significativa una frase del cuoco che mi venne riferita, il quale si seccò quando venni promosso caporale e pare abbia detto,

più o meno: “ecco quando c’è uno bravo di corvè lo promuovono e così non viene più a farla”. Il significato attribuibile potrebbe essere duplice: l’eccezione che conferma la regola, cioè la conferma di un lavoro non gradito ma eseguito bene, ma anche una pessima cosa, il boicottaggio che taluno fa per tenere a sua disposizione qualcuno, negandogli una promozione. Tuttavia non ritengo che il cuoco, brava persona, avesse un pensiero del genere, e se interpellato dal colonnello, non credo che avrebbe espresso parere negativo. Però talora accade e mi ricorda qualcosa d’altro, ma non voglio andare fuori tema. Per quanto mi riguarda, posso ben dire che nelle mostre alle quali collaboravo da ragazzo ed anche da maturo, ci ho sempre messo un impegno enorme. Diversi anni or sono, prima dell’avvento del computer, facevo servizio gabbie con una sorta di preclassificazione, visto che mi chiedevano un certo tipo ed io velocissimo partivo dalla prima gabbia all’ultima portando i soggetti richiesti e mi chiedo ancora come facessi a lasciarne indietro pochissimi. Poi facevo la premiazione, staccando le matrici, su due tavoli, uno non bastava; terribile quando era omesso il numero della gabbia, talora accadeva, per fortuna raramente. In certi anni, ridendo e scherzando, cominciavo un poco prima delle 8 e finivo verso le 2 di notte. “Solo” 18 ore circa con breve intervallo pasto, ovviamente senza retribuzione. Se in un’azienda si facesse una roba del genere mi chiedo cosa direbbero o meglio farebbero i sindacati. Eppure ero contento poiché ero rimasto in mezzo agli uccellini, rendendomi utile, sensazione comune anche ad altri amici con i quali commentavamo tutto ciò e che si esprimevano in modo analogo al mio. La stanchezza c’era ma non percepita quanto prospettabile, certo non stramazzavo, cosa che avrei rischiato di fare in una situazione diversa; anzi in un contesto privo di aspetti ludici, mi sarei decisamente sottratto.

Situazione analoga quando partendo in ore antelucane andavo a giudicare. Viaggiando verso un’aurora non sempre “dalle rosee dita” dato il periodo autunnale, con il collega

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Editoriale

vicino a me ci esprimevamo con varie frasi non riportabili in questa sede. Però era comunque bello e gratificante, anche se maggiormente al ritorno, con la coscienza del dovere compiuto e preoccupazione passata. Un aspetto che potrebbe essere considerato negativo è che quando ci si impegna in un hobby si rischia qualche reazione eccessiva. Il gioco crea questo aspetto, di avere troppo coinvolgimento, ben lo vediamo nei tifosi di vari sport. Non a caso un tempo si diceva che il vero gentiluomo lo si vede al tavolo da gioco, poiché perde o vince con la stessa indifferenza e lo stesso signorile distacco, circostanza ben rara. Del resto un tempo, ed in certi ambienti forse anche oggi, i debiti di gioco erano considerati debiti d’onore, da pagare immancabilmente nelle 24 ore. Tuttavia la legge attuale è ben diversa, quando considera le obbligazioni naturali (art.2034 c.c.).

Ben sappiamo che non è facile saper vincere e saper per-

dere, basta pensare a certe polemiche non sempre fondate. Questi aspetti di coinvolgimento e di reazione eccessivi sono tuttavia compensati dalle soddisfazioni, che si ottengono avendo buoni risultati nelle attività ludiche, o in quelle che diventano tali, per lo spirito con le quali vengono affrontate.

L’allevamento è foriero di notevoli soddisfazioni, se ben gestito: la nascita di ottimi esemplari e, certo, i successi espositivi, visto che la natura umana ama molto la competizione, dalla quale è veramente difficile prescindere. Per chi fa ricerca, è poi motivo di gratificazione quando si pubblica un risultato o un’ipotesi per primo. Del resto nella ricerca non è previsto il secondo.

In conclusione, l’incoraggiamento a perseguire attività gratificanti, mantenendo il controllo emotivo, senza sopravvalutare gli avvenimenti buoni o cattivi che siano. Poi la signorilità, quando c’è è sempre apprezzabile.

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La luce dopo 60 anni di oscurità

“Il vero segreto di un successo voluto”

Con il numero12/2023 di I.O. a pag 15 mi trovo catapultato in una delle ultime razze riconosciute a livello Nazionale dei canarini di Forma e Posizione Lisci ed oggetto di Convegno Internazionale dell’11 Marzo 2023, organizzato dall’Associazione Ornitologica Albatros di Cassino, presieduta dal Dr. Riccardo Rigato, sotto l’egida della Federazione Ornicoltori Italiani con la presenza del Presidente Avv. Antonio Sposito e con la partecipazione del Presidente Confederazione Ornitologica Mondiale Carlos Ramoa, del Presidente Ordine Mondiale Giudici Diego Crovace, del Presidente dell’LFC-UK Huw C. Evans e dell’allevatore Dr. Angelo Citro, con il compito di interprete asseverato: il London Fancy. Razza comparsa in quel di Londra ufficialmente nel 1756, anche se, dai report di allora, già nel 1728 erano segnalati canarini con scaglie e nel 1742 canarini con scaglie ali e coda scuri e tanto di calotta: i Lizard.

Tra il 1756 ed il 1779 i Canarini con corpo giallo ed ali e coda nere prendono confidenza con il mondo allevatoriale di Londra anche se con ancora qualche pecca estetica: i cosiddetti Spangle-back con qualche macchia melanica sul dorso.

Il London Fancy

Nel 1816 vengono descritti i primi London Fancy privi di macchie suddivisi in due categorie:

•Jonque, ossia Gialli Intensi

·•Mealey, ossia Gialli Brinati Da cui si evince una derivazione per mutazione del London Fancy dalla razza Lizard anche per il fatto che, dopo il secondo anno di vita, vengono descritte depigmentazioni sia delle timoniere che delle remiganti.

Nei primi anni del secolo scorso la razza di Londra ha perso l’interesse degli allevatori e “stancamente”, con meticciamenti con il canarino Lizard e con canarini Norwich provvisti di remiganti melaniche, cerca di sopravvivere a sé stessa fino al 1941, quando nei bombardamenti sulla City, durati otto mesi, i pochi London ancora allevati sono sterminati, scompaiono e restano semplicemente memoria della realtà delle razze dette “Inglesi”. Ma ecco….

Nel 2004 il “Criador” Piet Renders, da un accoppiamento tra un canarino maschio di “colore” Nero-giallo portatore di Nerobruno e Bianco recessivo con una femmina Lizard, ottiene un soggetto provvisto del gene “Progressive Greying”, simile al gene Sintax 17 (STX17) presente nei cavalli, conosciuti dagli addetti ai lavori del mondo equino come

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Stampa a colori, fonte: www.verdiardesia.com London Fancy presente nel NaturalMuseumdiTring-UK

Grigi, ed in alcune razze di cani di conigli, di polli, con trasmissione variabile e, si presume, nei canarini a carattere recessivo.

I discendenti da tale accoppiamento, tanti, nascono Nero-gialli e presentano zone di schiarite lipocromiche alla commessura del becco e sulla nuca; alla muta del primo anno alcuni soggetti si presentano già come da disegno standard, mentre altri cominciano a presentare zone lipocromiche a macchia di leopardo su testa ed alule; sono chiamati, come già accennato, Spangle-black e sono utili in allevamento perché, reiterando accoppiamenti tra soggetti Jonque e Mealey, si verifica presenza di penne, sia nelle remiganti che nelle timoniere, apigmentate.

Caratteristica che fa pensare che la genetica del London moderno non sia da ascrivere ad una derivazione dal gene-Lizard, come nel London antico, ma derivi da una mutazione avvenuta nei Nero-gialli.

Infatti, si nota la presenza nei pulli dei

London, alla nascita, di un piumino scuro mentre, come si sa, i pulli di Lizard nascono con piumino chiaro. Non si segnalano altresì depigmentazioni delle timoniere e delle remiganti, non si repertano tracce di calotta ma solo depigmentazioni alla commessura del becco o sparse a macchia di leopardo sulla nuca, da cui si può considerare tale nuova mutazione essere slegata dal gene-Lizard.

Al secondo anno quasi tutti i soggetti alla seconda muta raggiungono ed

Si nota la presenza nei pulli dei London, alla nascita, di un piumino scuro mentre, come si sa, i pulli di Lizard nascono con piumino chiaro

esprimono il fenotipo espositivo. Prese in considerazione tutte queste realtà allevatoriali, ben esposte durante il convegno di Cassino, si è potuto, dopo un iter travagliato insidiato anche dalla pandemia, giungere al riconoscimento a livello internazionale da parte della C.O.M il 01 Dicembre 2022 e successivamente, come ricordato sopra, il riconoscimento e la “mise en place” su indicazione della CTN CFPL da parte della F.O.I della razza London Fancy anche nelle mostre Nazionali.

Alla luce della documentazione prodotta, conscio della mancanza di un profilo genetico utilissimo ai fini selettivi, vengo ad esporre qui considerazioni ed alcuni dubbi sull’interpretazione della scheda di giudizio analitica.

A livello Internazionale sono riconosciute le varietà:

·Jonque Giallo-nero intenso

·Mealy Giallo-nero brinato

·Bianco-nero recessivo, che a causa della recessività del bianco non deve

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Disegno tecnico London Fancy, fonte: brochure COM-UK O.M.J Disegno tecnico London con firme giudici presenti al riconoscimento da parte C.O.M.-O.M.J..

presentare nessuna soffusione lipocromica sul bordo esterno delle prime remiganti primarie; varietà non conosciuta né descritta nei London antichi.

Invece nell’ambito della Federazione Italiana la CTN CFPL ha pure riconosciuto la varietà Giallo- bruno e Giallobruno-bianco, riconosciuta sì da parte L.F.C UK ma che non può manifestare le caratteristiche richiamate dallo standard, cioè remiganti, timoniere, zampe e becco il più scuri possibile. La voce Testa e Corpo nella scheda di giudizio, che sarebbe meglio individuare con la dicitura “Colore, Testa e Corpo”, richiama solo l’attenzione sulla presenza di piume prive o quasi prive di melanina:

-gialle, nel caso dei lipocromici, di un giallo carico e luminoso;

-con lipocromo totalmente inibito nel caso dei soggetti a fondo bianco. Si fa notare che il sottopiuma, contrariamente a come si presenta nel canarino di razza Lizard, deve essere chiaro ed al massimo presentare macchie di pezzatura.

Inderogabile e fondamentale è la presenza della mezzalunache si pone tra il giallo del corpo ed il nero delle remiganti, dove le grandi copritrici e le alule dell’articolazione dell’ala devono essere il più scuro possibile; combinate con le copritrici terziarie formano una mezzaluna scura che contrasta con il colore chiaro, lipocromico giallo o a fondo bianco, del corpo.

Della struttura non viene nello standard fatta menzione, anche se ascritto nei canarini di Forma e Posizione Lisci, così com’è, sembra a tutti gli effetti un canarino di colore.

Ma valutare e preferire un soggetto con spalle importanti, testa larga non spigolosa ed un petto con rotondità non sarebbe male.

Per concludere, come ricordato dal Presidente O.M.J. Diego Crovace, al Meeting sul London di Cassino, allevare è essere “Criador” e questa, tra le poche certezze della vita, è la base della passione per i nostri protetti; per cui, buona stagione allevamento a tutti ed in particolare agli amici “temerari” che si sono lanciati nell’avventura di conoscere ed allevare il London Fancy.

Inderogabile e fondamentale è la presenza della mezzalunache si pone tra il giallo del corpo ed il nero delle remiganti

BIBLIOGRAFIA

1) Dal testo olandese “Coloured canaries breeder’s handbook”, 1967, N.V. W.J. Thieme & Cie, Zutphen, tradotto in italiano da G.P. Mignone, Ed. ENCIA, 1970.

2) Huw Evans, “Bird’s eye view: the Breckland Cinnamon Lizard Canary Club”, 09/10/2016, https://finespangledsort.com.

3) Criteri di giudizio dei Canarini di Colore CTN Colore, Edizione F.O.I.

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Pullus Lizard con il piumino chiaro e Nero-gialli con il piumino scuro, foto: Claudio Berno Convegno su London Fancy Canary di Cassino del 11/03/2023, foto tratta da video del Convegno

Un ibrido straordinario

testo di PIERCARLO ROSSI, foto D. CAUTILLO

Le mostre ornitologiche che si svolgono ogni anno in Italia, sono un crogiolo di colori e di appassionati; ognuno ha un amore tutto suo per quanto riguarda il mondo alato.

Infatti, appena giunto nel locale che ospita la manifestazione, subito ci si dirige verso le razze preferite, siano essi canarini di colore, di forma e posizione lisci o arricciati o i coloratissimi pappagalli.

A mio modesto parere, però, vi è una branca che affascina la stragrande maggioranza dei visitatori, ossia quella degli ibridi, forse per il fatto di poter ammirare qualcosa di inedito, non presente in natura, per ammirare i loro splendidi colori o, se in estro, ascoltare il loro canto.

Entrando nello specifico, i più ammirati sono sicuramente quelli tra fringillidi, con la perfetta fusione dei colori dei parentali che li hanno generati,

Vi è una branca che affascina la stragrande maggioranza dei visitatori, ossia quella degli ibridi

e fra questi ve ne sono due che manifestano al massimo questo effetto, ossia Cardellino x Ciuffolotto e Cardinalino x Cardellino; altri, anche se con cromie non così appariscenti, restano comunque degni di nota ed è sempre un piacere poterli ammirare.

Per quanto mi riguarda, ogni stagione espositiva, come sempre, cerco girovagando tra le cavalle di scorgere un ibrido particolare, che catturi la mia attenzione.

Gli italiani, da sempre maestri in questa arte sopraffina, non deludono mai le aspettative regalandoci, anno dopo anno, delle vere e proprie perle espositive.

Nella stagione mostre 2022 rimasi molto affascinato dall’ibrido di Canarino satiné x Crociere dell’amico Andrea Salvaterra, a cui decisi di dedicare un articolo, apparso sulla nostra bella rivista, anche se, nello stesso anno, molti sono quelli che mi colpirono, come un ibrido inedito del genere Passer e più precisamente Pas-

L’ibrido dopo la schiusa

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Lucherino pettonero x Verzellina

sero del Capo x Passero europeo realizzato dall’amico Bruno Zamagni, Verzellino x Negrito di Gennaro Imparato, uno splendido maschio super ossidato di Canarino x Ciuffolotto di Felice Rigamonti e molti altri ancora. Lo scopo di questi miei scritti è quello di permettere ad un pubblico più ampio, tramite queste pagine, di poter ammirare simili gioielli e leggere con quanta passione e dedizione il proprietario sia riuscito a realizzare un piccolo sogno.

Anche durante la appena trascorsa stagione mostre, diversi sono stati gli ibridi che hanno colpito la mia attenzione, come lo splendido soggetto realizzato da Gennaro Imparato tra un Canarino ed una femmina di Negrito della Bolivia diluita, con un nero che dominava in maniera decisa su buona parte del corpo e si estendeva ben oltre il classico cappuccio; penso anche al primo ibrido tra il Verdone del Vietnam ed un altro fringillide, il Canarino solforato, realizzato da Marco Pagani. Ho avuto il piacere di giudicare un super stamm di Organetto x Crociere fasciato, alla mostra del club dell’Hornemanni, dell’amico Giampaolo Saldarini, anche se ve ne

è stato uno che ritengo essere veramente super, ossia Lucherino pettonero x Verzellina, ottenuto dall’amico Enrico Pini di Grosio.

Ebbi la fortuna di conoscere Enrico al MIOS di Milano Malpensa nel 2010; allora era in compagnia dell’inseparabile Mauro Bagiolo, con il quale formava un duo eccezionale nel campo delle ibridazioni. Diventammo presto amici e ricordo ancora che nel 2013, quando decisi di realizzare un piccolo “Salone dei Fringillidi” in quel di Nizza Monferrato in Piemonte, coadiuvato dall’amico fraterno Ezio Valfré, “la coppia esplosiva” si sobbarcò un numero veramente importante di km per esporre soggetti unici che cam-

Lo scopo di questi miei scritti è quello di permettere ad un pubblico più ampio, tramite queste pagine, di poter ammirare simili gioielli

biarono il volto a quella manifestazione, a cui partecipò il fior fiore degli allevatori, come il dottor Bilardo ed i suoi splendi ibridi tra estrildidi, il buon Massimo Corbella con diversi fringillidi mutati e molti altri portati da tanti amici della zona. Fu un raggio di sole in un territorio che purtroppo non brilla di tali iniziative, almeno nel campo degli EFI.

Da allora ogni volta che incontro Enrico è l’occasione giusta per chiacchierare di pennuti e per riscoprire con quanta passione viva questo hobby. Andiamo ora ad analizzare le specie utilizzate per la realizzazione di questo ibrido: sono lo Spinus notata, o Lucherino a petto nero che dir si voglia, uno dei rappresentanti del genere Spinus presente nel continente sudamericano con un areale che si estende dalla catena montuosa della Sierra Madre Orientale a sud e del Chiapas in Messico, oltre che nei Monti Maya (una catena montuosa del Belize e del Guatemala orientale) e nel nord-est del Nicaragua ad altitudini variabili tra 1000 e i 2750 metri; la specie effettua una migrazione parziale verso le quote più basse prima dei mesi più freddi.

A tali altitudini, riuniti in piccoli gruppi, questi uccelli conducono una vita parzialmente erratica un po’ come fa il nostro Cardellino, vagando tra gli alberi e le infiorescenze alla ricerca di semi immaturi.

La specie è discretamente allevata in ambiente domestico, grazie anche alle nuove mutazioni traslate per lo più dallo Spinus magellanica; inoltre, questa è l’unica specie dei Lucherini sudamericani che presenta il cappuccio in ambo i sessi.

L’altro componente è il Verzellino, l’unico rappresentante del genere Serinus presente sul territorio italiano. Questa specie risulta essere più comune in pianura e in zone collinari, tuttavia non evita le zone montane, soprattutto nel periodo estivo.

Dalla metà del diciannovesimo secolo il Verzellino ha allargato di molto il proprio territorio di nidificazione, fino ad allora ristretto al bacino del Mediterraneo, giungendo fino sulle Alpi, dove è presente anche nelle vallate più in-

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terne fino a quote medio alte, localmente fino ai 2.000 metri, laddove sussistano condizioni climatiche con estati asciutte e relativamente calde.

Il suo mantenimento in ambiente controllato non è per nulla semplice, infatti soffre frequentemente di problemi che coinvolgono l’apparato respiratorio e digerente.

A testimonianza di quanto appena riportato, pochi sono i ceppi stabili di soggetti regolarmente allevati ogni anno in ambiente domestico: ne sa qualcosa il grandissimo Edmondo Mazzoli che ha lottato per anni nel tentativo di fissare in modo stabile le diverse mutazioni che gli sono capitate per le mani di questo melodioso Serinus

Un plauso ulteriore va al bravo Pini, a cui passo la penna, che è riuscito a realizzare questo ibrido, utilizzando una femmina di Serinus serinus, cosa per nulla semplice.

La specie è discretamente allevata in ambiente domestico, grazie anche alle nuove mutazioni traslate per lo più dallo Spinus magellanica

Esperienze di allevamento

“Mi chiamo Enrico Pini ed abito a Grosio un ridente paesino allo sbocco della Val Grosina, in provincia di Sondrio. Sono un allevatore di Fringillidi ma anche grande appassionato di ibridi, iscritto alla F.O.I. dal 1976, nonché socio fondatore dell’Associazione Valtellinese.

Un po’ come tutti gli allevatori, incominciai con una coppia di canarini a

fattore rosso, anche se la passione per il mondo alato è sempre stata molto radicata in me; infatti, fin da bambino ero sempre alla ricerca di nidi, presenti nella zona, tra cui quelli di merlo e dei tordi.

Molto tempo è passato da quella prima coppia posta in cucina ed anno dopo anno l’allevamento diventò parte integrante della mia vita; basti pensare che ho deciso di tornare a casa dal viaggio di nozze un giorno prima a “causa” di una mostra ornitologica... la mia dolce metà me lo ricorda ancora oggi.

Dopo i canarini decisi di tentare l’avventura degli ondulati inglesi, che mi regalarono la prima gioia espositiva con una bella medaglietta, anche se la svolta avvenne quando conobbi Mauro Bagiolo.

Quest’ultimo, titolare del laghetto di pesca sportiva di Grosotto, era un grande appassionato di ibridi e di vari

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Fringillidi delle nostre vallate: la nostra gagliardia e voglia di giocare ci coinvolse, anno dopo anno, in sfide all’ultima piuma. Partecipammo insieme per la prima volta alla mostra di Fringillia nell’anno 2010 e da allora sono poche le manifestazioni a cui non ho partecipato.

Per diversi motivi il buon Mauro decise di non allevare più, ma in me la passione è così grande che non posso proprio fare a meno dei miei amici alati; infatti, attualmente nel mio allevamento sono presenti diverse coppie di Fringillidi tra cui Verzellini, Or-

Decisi di porre questa coppia in una volieretta da 120 cm, inizialmente separati da un divisorio in rete ma, visto che non vi erano particolari scaramucce, dopo breve tempo decisi di unire i due soggetti. Questo è solitamente il mio modo di comportarmi con le coppie ibride: in alcuni casi devo togliere e mettere il divisorio più volte fintanto che la coppia non litiga più.

Una volta giunta la stagione riproduttiva, grazie alle copiose dosi di centocchio (Stellaria media), a parere mio l’erba prativa per eccellenza, che

ganetti, Cardinalini e Verdoni. Ho provato in passato anche l’allevamento dei Ciuffolotti sempre con fortune alterne, anche se a mio modesto parere i più difficili da allevare sono i Fringuelli.

Ogni anno allestisco un numero variabile di coppie, alcune in purezza ed altre in ibridazione, alcune adibite a balia, per un totale di 40/45.

La coppia che ha generato l’ibrido dell’articolo è stata formata con due soggetti nati nel mio allevamento, ossia un maschio di Lucherino petto nero ed una femmina di Verzellino.

aiuta i nostri beniamini a raggiungere il perfetto estro amoroso, decisi di porre alcuni nidi abilmente infrascati, sia esterni che interni, ed in uno di questi la Verzellina decise di mettere su famiglia.

Delle quattro uova che componevano la prima covata soltanto uno risultò fecondo, il piccolo nacque regolarmente ma purtroppo perì dopo alcuni giorni per cause a me ignote. Di lì a poco la brava Verzellina si apprestò a costruire un nido impeccabile e diligentemente depose altre quattro uova ed anche questa volta, alla spe-

ratura, soltanto uno era stato fecondato.

Questa volta il piccolo crebbe velocemente grazie all’alimentazione fornita, composta da semi germinati, uovo sodo, che nei primi giorni di vita fornisco loro “intero”, ossia anche col guscio, pastone secco ed all’occorrenza pinkies e buffalo. Solitamente nel pomeriggio, per variare un po’, aggiungo le perle morbide al pastone appena descritto. Sono un amante delle erbe prative, che crescono abbondanti in queste vallate, un vero toccasana per i miei uccellini, e cerco di fornirle loro in abbondanza. Nel periodo riproduttivo metto a disposizione una miscela composta al 50% da misto canarini ed un restante 50% di misto Spinus. Non amo fornire medicinali ma lascio che la natura faccia il suo corso, così facendo in riproduzione vi saranno soltanto soggetti robusti ed in ottima forma.

Seguirono altre due covate, purtroppo sempre con uova infeconde, ma vista la buona affinità di coppia decisi di allestire la stessa anche nella successiva stagione cove.

Negli anni passati diversi sono stati gli ibridi che mi sono rimasti nel cuore, come ad esempio Serinus canicollis, o Canarino del Capo, x Lucherino testa nera, vincitore di diverse mostre, che riuscii a realizzare in ambo i sessi. Inoltre, lo scorso anno a Modena esposi uno stamm di Cardinalino del Venezuela pastello bruno x Organetto pastello bruno che salì sul gradino più alto del podio con ben 378 punti. Molti sono i ricordi: ad esempio, un anno l’amico Mauro non aveva balie libere e mi affidò un pullus di Trombettiere X Canarino che feci svezzare da una bravissima balia, un soggetto pregiato per quei tempi. Ogni anno cerco di realizzare qualcosa di bello e se possibile di inedito, allestendo coppie comuni ma con disegni netti e colori belli saturi. Voglio terminare con un sogno: lo scorso anno ho allestito una coppia formata da Carpodaco messicano x Fringuello che ha generato un pullus perito purtroppo dopo breve tempo. La coppia è sempre in mio possesso e da allora sempre insieme... chissà che in futuro…”.

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Uova fertili ad inizio stagione

testo di RAFAEL ZAMORA PADRÓN (*), foto MOISÉS PÉREZ (LPF)

Quando posizionare i nidi e stimolare le nostre coppie nidificanti? È una domanda obbligatoria tra gli allevatori di pappagalli all’inizio di ogni stagione.

Alcuni allevatori mantengono le cassette nido in voliera tutto l’anno con l’ingresso chiuso finché non vedono la coppia opportunamente stimolata ad aprire la porta. Altri lo rimuovono completamente, tenendolo lontano dalla vista degli uccelli, in modo che i pappagalli possano percepire il cambiamento nel loro ambiente. Molti invece lasciano il nido aperto tutto l’anno e rinnovano il materiale interno quando fanno la pulizia annuale, per poi aumentare la quantità di materiale costituito da legni teneri e trucioli di legno.

Tutti e tre i sistemi sono validi e dipendono molto dalle circostanze del singolo allevatore e degli uccelli del proprio aviario. Infatti, se le coppie danno problemi, vale la pena alternare questi metodi per vedere quale dà i risultati migliori. Alcune femmine sono costrette dal maschio ad entrare in un nido aperto, se disponibile. E i maschi spesso entrano nella fase riproduttiva prima di loro, creando conflitti che possono portare alla ste-

NUMERO 2 - 2024 13 ONDULATIEDALTRI PSITTACIFORMI
(*)Direttore Scientifico Fondazione Loro Parque
Cacatua e verdure, foto: M Perez LPF

rilità nelle prime covate con uova non fecondate.

All’inizio di ogni stagione riproduttiva, l’attenzione dovrebbe essere posta sulla stimolazione dei maschi e delle femmine che stanno uscendo da un periodo di riposo. Sincronizzare i due componenti della coppia è molto importante e per questo motivo è bene prepararli ed aspettare il più possibile per stimolarli ad entrare nei nidi. Nelle coppie giovani questo aspetto è ancora più importante che nelle coppie adulte consolidate.

Prima della riproduzione, gli uccelli dovrebbero essere “attivati” con la somministrazione di cibo fresco con semi verdi in germinazione. Le verdure che formano semi come cavoli, senape o peperoni verdi, se offerte con moderazione e a giorni alterni, stimoleranno potentemente i pappagalli.

Un altro aspetto da non dimenticare in questo periodo dell’anno è l’apporto di calcio sotto diverse forme: osso di seppia, grit e pietre di calcio saranno molto utili alle femmine soprattutto perché

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Glossopsittaporphyrocephala, Lorichetto a corona porpora, foto: M Perez LPF Pullo di Glossopsittaporphyrocephala, foto: M Perez LPF

All’inizio di ogni stagione riproduttiva, l’attenzione dovrebbe essere posta sulla stimolazione dei maschi e delle femmine che stanno uscendo da un periodo di riposo

devono formare le uova e quindi avranno bisogno di questo supporto alimentare. Se hanno la possibilità di ottenerlo insieme ad un po’ di sole quotidiano, i problemi di deposizione delle uova fuori dal nido, di ritenzione delle uova o di debolezza associati a questo processo, scompaiono evitando così uno degli inconvenienti che possono presentarsi nelle femmine molto giovani o anziane. Ricordatevi sempre l’importanza della stabilità dei posatoi; infatti, la possibilità che la coppia abbia sempre un posatoio ampio e stabile favorirà la fertilità delle uova, poiché le copulazioni risulteranno più efficaci. Si consiglia pertanto di rinnovare almeno uno dei trespoli e di verificarne la stabilità subito prima di iniziare la riproduzione. Dobbiamo tenere presente che la coppia cerca la massima tranquillità durante questo periodo e, se non lo facciamo prima, dovremo disturbarli in un momento scomodo, quando gli uccelli sono più sensibili ad accettare i cambiamenti nel loro ambiente. Nel Loro Parque Fundación l’anno è iniziato con la nascita dei primi Lori a gennaio e la maggior parte delle coppie di Cacatua si accoppiano, favorite da un clima molto mite che, essendo temperato, stimola anticipatamente i pappagalli.

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Finalmente il Satiné ossidato

testo e foto di GIANNI CASSETTA

Un pomeriggio del 2013 mi arrivò una chiamata sul cellulare e con piacere vidi che era il mio carissimo amico Antonio Vitrano. Dopo i convenevoli, mi chiese se volessi partecipare al progetto Satiné bruno (denominazione iniziale). Mi disse che era un progetto selettivo iniziato dal giudice di colore Giuseppe Vitti. L’idea mi piacque subito e decisi di partecipare a tale progetto. Dopo qualche settimana dalla chiamata di Antonio, con la famiglia andammo a fare visita ad un

Alla prima mostra dopo

il rientro da Bari, presi un bel maschio Bruno bianco recessivo

nostro parente a Bari e presi al balzo l’occasione per fare visita ad Antonio che abitava a qualche chilometro dalla città. Fu in quella occasione che nel suo allevamento vidi per la prima volta i soggetti di Satiné ossidati bianco recessivo, selezione da lui iniziata già da tre anni. Soggetti molto belli e accattivanti che mi convinsero ancora di più della mia adesione alla selezione. Terminata la visita ad Antonio, tornai dai miei zii con una stupenda femmina Satiné ossidato bianco recessivo. Alla prima mostra dopo il rientro da Bari, presi un bel maschio Bruno bianco recessivo per la stagione riproduttiva 2014. Dopo due anni di selezione, ebbi i primi Satiné ossidati

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Satiné ossidato mosaico giallo femmina Satiné ossidato intenso giallo avorio femmina, campionessa italiana 92 p.

bianco recessivo femmine e maschi Bruni bianco recessivo portatori di Satiné. Passarono ancora due anni per avere i primi soggetti di alta selezione. Nella stagione mostre 2018, chiesi all’associazione APO, in occasione della mostra di Pescara, di esporre fuori concorso i miei soggetti di Satiné ossidati bianco recessivo; con mio sommo piacere accettarono e ottenni consensi da molti allevatori. Purtroppo, la selezione di questo stupendo canarino suscitò anche polemiche e dubbi sulla vera natura della mutazione Satiné sul Bruno. Non mi inoltro nel discorso delle formule genetiche ma non si può ignorare l’origine dell’Isabella grazie al crossing over e asserire che la stessa sia una mutazione e non una riduzione delle eumelanine brune dovuta all’interazione del gene Agata sul gene Bruno con indirizzo selettivo del tipo Agata. Dopo di noi altri allevatori iniziarono a selezionare questo canarino ma, a causa di tutto quel dire e fare a sfavore di quel progetto, in molti abbandonarono. Imperterrito continuai il mio lavoro con ottimi risultati. Sfortuna volle che un problema bat-

terico mi distruggesse tutto il lavoro svolto in quegli anni. Non mi arresi e tornai alla ricerca di soggetti tipici per ripartire con la selezione. L’anno dopo, all’Internazionale di Reggio Emilia, conobbi un allevatore che stava cedendo gli ultimi soggetti di Satiné ossidati mosaico giallo, selezione da lui iniziata da qualche anno, demoralizzato per via del pessimismo a riguardo. Tornai a selezionare riuscendo dopo qualche anno ad avere dei buoni soggetti mosaico giallo. Due anni fa decisi di traslare la mutazione anche sulla categoria intenso e brinato, anche qui con ottimi risultati. Nel frattempo in FOI, precisamente nella CTN Colore, ci furono nuove elezioni e nuovo direttivo. Il nuovo direttivo prese a cuore questa magnifica selezione e, ritenendo valido il suo riconoscimento, decise di iniziare il cammino in tal senso a livello nazionale, invitando i pochi selezionatori rimasti a non demordere e andare avanti. A questo invito in molti risposero con soddisfazione ed entusiasmo, me compreso. L’anno scorso arrivò la notizia del riconoscimento del Satiné ossidato in FOI e la Satiné

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ossidato intenso giallo avorio femmina Camp. It. 92 p. Satiné ossidato mosaico giallo femmina Satiné ossidato bianco recessivo maschio

possibilità di una categoria a concorso al Campionato Italiano. Non ci fu notizia più bella vista la mole di lavoro selettivo effettuato in questi anni e, con tre soggetti di Satiné ossidato intensi giallo avorio, partecipai al Campionato Italiano. Come tutti i colleghi allevatori, aspettavo con ansia la classifica finale fino a quando vidi che due soggetti su tre esposti erano saliti sul podio con un 92 (primo classificato) e un 90 (terzo classificato). Grande soddisfazione e realizzazione per i risultati ottenuti che hanno ripagato il mio impegno nella selezione di questo nuovo tipo. Chiudo questa mia esperienza ringraziando il carissimo amico Antonio Vitrano per avermi invitato a partecipare a questa bellissima avventura e ringrazio anche il grande Giuseppe Vitti che non ha mai mollato, continuando a credere in questo magnifico canarino, dandomi sempre più stimoli e interesse in quelle - anche se brevi - intense telefonate in

questi anni. Un plauso va alla CTN Colore che con caparbietà ha insistito nel

suo riconoscimento in Italia, augurando altrettanta fortuna a livello C.O.M.

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Satiné ossidato intenso giallo avorio femmina

•Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

•All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*)Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

Questo mese, il protagonista di Photo Show è: ANTONIO FRIGERIO R.N.A. 67HA con la fotografia che ritrae il soggetto: “Ibrido di Cardellino balcanico x Canarina Agata jaspe bianco” Complimenti dalla Redazione!

Quanto sono intelligenti gli uccelli?

testo

Recentemente ho letto un libro dal titolo “Il genio degli uccelli” scritto da Jennifer Ackerman. Le pagine di questo libro esplorano la natura scaltra, saggia, calorosa e competitiva del mondo degli uccelli, con uno stile di scrittura accattivante e leggero, ma al contempo ricco di informazioni e di descrizioni degli uccelli, del loro comportamento e del loro mondo; vi ho trovato ispirazione per scrivere alcune riflessioni sulle capacità di apprendimento e di attenzione che i nostri amati animali possiedono, una sorta di viaggio sorprendente nell’intelligenza degli uccelli che forse –spero –arriverà a sfatare il mito del “cervello di gallina”

Ovviamente, è necessario allinearsi su un concetto più esteso di intelligenza

che viene attribuito a questi animali tanto amati da tutti noi.

Fin dai tempi di Omero, l’animale simbolo della dea della saggezza Atena è la civetta (Athenae noctua). Sono svariati i motivi per cui è diventata simbolo di intelligenza e sapienza: da quelli più tecnici (la sua raffigurazione riconduce alla lettera greca legata all’intelletto e alla

sezione aurea) a quelli più metaforici, dato che può vedere di notte e, dunque diremmo, oltre le tenebre dell’ignoranza. Ma si può dire certamente che tutti gli uccelli dimostrano capacità di attenzione e di apprendimento e concentrazione sorprendenti e fuori dal comune.

Ovviamente, è necessario allinearsi su un concetto più esteso di intelligenza. Anche se non arrivano a un livello di elaborazione intellettuale simile a quello degli uomini, molte specie di uccelli dimostrano un ampio numero di comportamenti intelligenti, che vanno da una buona memoria a un esteso e complesso sistema di comunicazione attra-

NUMERO 2 - 2024 21 UCCELLIINNATURA
Cincia bigia Cinciallegra

Colombaccio

verso ad esempio il canto, ma anche capacità di pianificazione e di problem solving, cioè di risoluzione di problemi. Tutto questo a discapito di luoghi comuni come il “cervello di gallina”. Anche se le dimensioni sono, in effetti, alquanto ridotte, è dimostrato che la conformazione cerebrale degli uccelli rispetti le stesse proporzioni col resto

del corpo che si riscontrano nei primati; inoltre, l’anatomia del loro sistema nervoso mostra una densità neuronale molto superiore a quella dei mammiferi. Sarebbe diversamente difficile spiegare come mai molte specie di uccelli dimostrino abilità estremamente complesse e strutturate come la costruzione di nidi elaborati, il riconoscimento degli stormi

e delle direzioni migratorie, l’interazione con altri animali e perfino con chi li nutre con regolarità. C’è poi tutto il discorso emotivo, che comprende la dimostrazione di affetto durante i corteggiamenti o lo svezzamento nel nido. Da un recente studio sulla cornacchia grigia (Corvux cornix) è emerso che questa specie di uccelli risolva problemi più in fretta di bambini sotto i 5 anni e un altro studio sui piccioni (Columba livia) dimostra che questi, se opportunamente stimolati, riescono a distinguere tra i quadri di Picasso e quelli di Monet. In tutto il mondo scienziati e ornitologi arrivano dunque alla stessa conclusione, ossia che gli uccelli siano esseri altamente intelligenti. E questo vale anche per le specie più comuni, come quelli che accudiamo nei nostri allevamenti oppure quelle che vediamo nel giardino di casa nostra.

L’anatomia del loro sistema nervoso mostra una densità neuronale molto superiore a quella dei mammiferi

Le cince (Parus major), ad esempio, di natura generalmente schiva, riescono a riconoscere e ricordare il momento in cui le mangiatoie messe a disposizione dall’uomo vengono riempite di cibo: posso confermare tutto questo prendendo ad esempio quello che accade nella mangiatoia che assieme ai miei bambini ho costruito e che abbiamo poi collocato nel nostro giardino. Inoltre, si dimostrano particolarmente esigenti in fatto di alimentazione.

Un amico che risiede in Gran Bretagna mi riferisce che alcuni esemplari di cince, che abitano vicino a zone in cui il latte è consegnato porta a porta, hanno imparato a distinguere in base al colore le confezioni di latte scremato da quelle di latte intero, andando a rifornirsi di preferenza da queste ultime, per via probabilmente delle più alte proprietà nutritive. I corvi comuni (Corvus frugile-

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Coppia di piccioni

gus), invece, universalmente riconosciuti come i più astuti fra gli uccelli, analizzano così a fondo l’ambiente circostante da aver capito che possono utilizzare le automobili come schiaccianoci. Ma poiché raccogliere sulla strada il frutto liberato dal guscio può essere pericoloso per via del traffico, hanno fatto un ulteriore passo avanti. Lasciano cadere le noci in corrispondenza dei semafori, così da poter scendere a recuperare il cibo nel momento in cui scatta il rosso. Quello che l’osservazione nei nostri allevamenti e in natura ha spesso fatto intuire, insomma, è stato ampiamente dimostrato dall’etologia. Gli uccelli sono intelligenti e vederli interagire nell’ambiente in cui vivono è una continua fonte di meraviglia. Prima di concludere queste riflessioni, di seguito descriverò sette specie di uccelli che gli esperti considerano tra quelle più intelligenti al mondo, alcune delle quali sono volatili domestici.

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Cornacchia grigia

Il pappagallo grigio africano (Psittacus erithacus) – conosciuto anche come “cenerino”, ndr - è considerato l’uccello più intelligente sulla terra; è stato dimostrato che questa specie di volatile ha il livello di intelletto simile a quello di un bambino. Appartiene alla specie di uccelli “parlanti”; è noto infatti per la sua imitazione e la sua comprensione del linguaggio umano. Inoltre, è abbastanza intelligente nell’imitare molti suoni.

Per quanto intelligenti possano essere gli uccelli citati, nessuno è così scaltro come il corvo, noto per pensare ed attuare soluzioni adatte alle sue esigenze

I pappagalli dell’Amazzonia sono noti per la loro suprema intelligenza e capacità di parlare. Sono in grado di imitare così bene un essere umano tanto da non saperli distinguere quando li si ascolta. Questi uccelli solitamente si legano ad una sola persona e imitano le voci umane solo se adeguatamente socializzati, ma quando lo sono possono parlare per ore. Inoltre, amano anche cantare e giocare con i giocattoli. Imparano a parlare già in giovane età e proprio come altri pappagalli che parlano imparano parole e frasi dai loro proprietari.

L’Ara è l’uccello dai molti colori e dimensioni, è molto bello e intelligente ed è capace addirittura di imitare discorsi interi. Anche gli esemplari più piccoli di questa specie sono molto intelligenti e possono offrirci molto.

Il Cacatua rosa (Eolophus roseicapilla), oltre ad essere molto socievole, ad avere una grande personalità e una grande capacità di parlare, è anche molto intelligente. Questa specie di uccello è adatta alla compagnia umana, in quanto è estremamente affettuoso e ha un forte legame con i suoi proprietari. Ci sono diverse specie di cacatua in tutto il mondo, come ad esempio il cacatua a cresta gialla, a becco lungo e a petto rosa.

Il merlo indiano (Gracula religiosa) è un ottimo imitatore delle voci umane. Inoltre, quest’ultimo emette anche molte strida e fischi che, se uditi all’improvviso, potrebbero anche farci spaventare. Il parrocchetto testa di prugna (Psittacula cyanocephala) è un pappagallo capace di memorizzare 250 parole e anche di più e usarle nelle giuste situazioni, pronunciando delle vere e proprie frasi. Inoltre, questa specie di volatile è un ottimo uccello sociale ed anche un ottimo compagno di vita.

Concludo con i corvi (Corvus frugilegus): per quanto intelligenti possano essere gli uccelli sopraelencati, nessuno è così scaltro come il corvo, noto per pensare ed attuare soluzioni adatte alle sue esigenze!

Nel concludere queste brevi riflessioni, non posso dimenticare di ringraziare l’autrice delle splendide fotografie che fanno da corredo all’articolo, la professoressa Cristiana Verazza, appassionata e brava fotografa naturalista che da anni ritrae la bellezza della natura della Sardegna.

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Cornacchie in volo nei cieli di Villacidro in Sardegna Raro avvistamento di un corvo nelle campagne del Medio Campidano

Un Signor Canarino

testo e foto di ALESSANDRO LEZZI

Squilla il telefonino… è l’amico Sergio. Rispondo salutandolo e lui “Buongiorno Sandro, sei libero questa mattina?” ed io rispondo “Sì, Sergio, oggi non lavoro e sono in giro per sbrigare alcune commissioni con mia moglie”. “Se ci riesci, passa da casa mia: ho da mostrarti qualcosa in allevamento” risponde Sergio; al che gli

dico che avrei finito di fare le commissioni e sarei stato da lui entro mezz’ora.

Arrivato a casa dell’amico Sergio insieme a mia moglie, scambiamo qualche chiacchiera insieme alla sua consorte e poi mi invita ad andare in allevamento insieme alla mia signora. Mentre io e Sergio eravamo impegnati ad osser-

vare alcuni soggetti, mia moglie guardava le varie voliere e d’un tratto esclama: “Questo sì che è un Signor Canarino”. Ci voltiamo verso di lei per capire a cosa si riferisse: era rimasta ammaliata guardando un Norwich. In quell’occasione chiesi informazioni specifiche a Sergio sulla razza, anche se non avevo un interesse concreto. Da quel giorno il mio

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Logo Norwich Canary Club Italiano Momenti di associazionismo in mostra A cena con alcuni membri del club Norwich melaninico brinato, all. Giacomo Lorenzo

pensiero era rivolto sempre all’episodio avvenuto a casa di Sergio. Così inizio una serrata corte per poter aver una coppia di quei canarini che piacevano a mia moglie. Ma, ad ogni mia richiesta, mi veniva sempre rammentato che il Norwich è una razza difficile da allevare e altrettanto da selezionare. Infatti, oggi lo posso confermare, non è una razza che viene consigliata per i neofiti. A distanza di un anno fu l’amico Sergio a dirmi che mi avrebbe ceduto due coppie di Norwich. Ecco, ebbe inizio così la mia avventura con questo splendido Signor Canarino.

Il Norwich nasce giallo ma la maggior parte degli allevatori lo colora artificialmente per dargli quel tocco in più di brillantezza

Dopo la mia storia personale con il Norwich veniamo alla sua storia. Il Norwich prende il nome dalla cittadina omonima posta nella contea di Norfolk nel sud-est dell’Inghilterra. Nel XVI secolo gli Ugonotti dei tessitori fiamminghi trovarono rifugio dalla persecuzione degli spagnoli proprio in questa regione. Questi tessitori portarono con sé i loro canarini e ne diffusero l’allevamento in pochissimo tempo. A quel tempo il canarino era molto lontano dall’attuale sia nel tipo che nella taglia. Nel 1850 fu introdotto il “ciuffo” iniziando una selezione delle due tipologie: plainhead (testa liscia) e crested (testa ciuffata). In seguito, nel 1890, in un’assemblea degli allevatori di Norwich fu deciso di selezionare solo i soggetti testa liscia dando molta importanza alla qualità nel piumaggio, al colore e

con una taglia non superiore ai 16 cm. Solo negli anni Venti, usando delle femmine miste, risultato di diversi meticciamenti, il Norwich inizia a prendere sempre più forma; questo aiutò a migliorare la razza. Una decina di anni più tardi, grazie all’utilizzo di accoppiamento tra Border e Norwich, fu migliorato anche il piumaggio che, pian piano, attraverso una attenta selezione, ha portato al Norwich dei nostri giorni. Il Norwich è un canarino che ha bisogno di molta attenzione e molte accortezze nel corso del suo allevamento e selezione.

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Pulli, all. Giacomo Lorenzo Norwich alle prese con il bagnetto, all. SergioPalma Gabbia da esposizione Norwich intenso unicolore, all. SergioPalma

Come sappiamo, il canarino Norwich viene colorato attraverso l’alimentazione. Il Norwich nasce giallo ma la maggior parte degli allevatori lo preferisce di colore arancio (definito dagli inglesi “palla di fuoco”) per dargli quel tocco di brillantezza in più. L’alimentazione colorante, di solito, viene somministrata attraverso il pastone o attraverso l’acqua dalla sesta settimana di vita fino a fine muta; io personalmente la somministro fino alla fine della stagione mostre. Di prodotti per colorare il Norwich ce ne sono diversi, tutti a base vegetale naturale… basta ricordare che la tonalità del colore dovrà essere arancio.

Durante il periodo di preparazione alle cove bisogna stare attenti all’alimentazione dei maschi, per evitare di avere soggetti grassi che potrebbero portare ad una difficile fecondazione. Un fattore molto importante per chi alleva Norwich è avere delle coppie di balie le quali dovranno essere delle buone nutrici.

La maggior parte degli allevatori di Norwich nel proprio allevamento ha a disposizione coppie di balie per far fronte alla cova e alla crescita dei pulli, vista la scarsa propensione del Norwich verso l’imbecco e lo svezzamento della prole. Non bisogna mai trascurare le femmine, provandole e dando loro la possibilità di covare e crescere le uova delle balie, nel caso in cui qualcuna di esse fosse una buona nutrice. Io in poco tempo con una femmina ci sono riuscito, ma come sappiamo una rondine non fa primavera.

Un fattore molto importante per chi alleva Norwich è avere delle coppie di balie che siano delle buone nutrici

Un altro consiglio per poter avere una buona riproduzione è la pratica della tolettatura, resa obbligatoria visto il folto piumaggio. Viene pulita tutta la zona della cloaca. Io, ogni volta che lo faccio, per esserne sicuro agisco anche un po’ più su dell’apparato riproduttivo. Da ricordare l’importanza del bagno una volta a settimana sempre e solo al mattino presto, mai il pomeriggio, in

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Standard norwich Norwich in muta, all. SergioPalma

modo da dare al canarino la possibilità di asciugarsi bene prima dell’imbrunire. Il livello dell’acqua dev’essere 10-12 mm.

Tipo - 25 punti: il Norwich deve essere corto e massiccio, dal petto pieno e largo, con le zampe portate nettamente in avanti. La curva del petto inizierà dal sottobecco continuando con il ventre, terminando all’attaccatura della coda, a formare un semicerchio costante. La lunghezza ideale è tra 15,2 ed un massimo di 16 cm

Testa - 10 punti: la testa deve essere rotonda da qualsiasi angolazione la si guardi. Le guance sono piene e gli occhi devono restare visibili anche se sembrano piccoli a causa del folto piumaggio. Le piume dietro gli occhi devono essere lisce. Da ricordare che la testa deve essere piena e proporzionata al corpo

Collo - 10 punti: il collo deve essere corto e pieno fondendosi al corpo, non deve mostrare nessuna rientranza tra testa e corpo

Ali - 10 punti: le ali devono poggiarsi all’attaccatura del codione, risultando ben aderenti al corpo. Coda - 5 punti: la coda deve essere corta e chiusa e in asse col corpo

Zampe - 5 punti: le zampe devono essere ben posizionate sul posatoio Piumaggio - 10 punti: il piumaggio deve essere corto e abbondante, ma ben chiuso e aderente al corpo, tanto

da conferire al soggetto un contorno nitido e ben definito. Non deve avere assolutamente sbuffi sui fianchi né presentare mai piume di gallo o mantelline, che sono indice di un piumaggio lungo

Posizione - 5 punti: posizione a circa 45 gradi. Il portamento deve essere calmo e fiero, con il corpo sempre ben staccato dal posatoio

Per gli allevatori che vogliono avvicinarsi all’allevamento del Norwich consiglio di ricordare che, scegliendo i soggetti, la femmina deve avere un buon Tipo e un buon Piumaggio perché è proprio lei a trasmettere questi caratteri alla prole. Mentre il maschio deve avere delle belle rotondità e un buon lipocromo ma anche una buona testa rotonda da qualsiasi angolazione la si veda. Nella formazione delle coppie bisogna stare attenti al lipocromo ed al piumaggio, per evitare di avere problemi di lumps nelle generazioni future. Vale sempre la regola intenso x brinato. Un consiglio che mi fu dato è quello di avere almeno un soggetto verde (melaninico - ndr), o almeno 3/4 verde, in modo da far fronte a un piumaggio che potrebbe essere troppo lungo e cadente. Altra cosa che uso fare sono le coppie fisse: con i Norwich non uso il maschio a salto, si rischierebbe di abbassare la percentuale di fecondità delle uova, già difficile con la coppia fissa. Lo svezzamento dei pulli, al contrario delle altre razze di canarini, avviene completamente, per esperienza personale, solo intorno ai 45 giorni,

Per gli allevatori che vogliono avvicinarsi all’allevamento del Norwich consiglio di ricordare che, scegliendo i soggetti, la femmina deve avere un buon Tipo e un buon Piumaggio perché è proprio lei a trasmettere questi caratteri alla prole

poiché noto un po’ di pigrizia in più nei pulli di Norwich rispetto ad altre razze. L’anello F.O.I. da utilizzare è di tipo “T”. La gabbia da esposizione deve essere preferibilmente di colore verde all’interno, con le seguenti misure:

-Altezza cm 25,5

-Lunghezza cm 31

-Larghezza/profondità cm 13

Due posatoi rotondi di mm 12 posti sullo stesso piano a cm 8 circa dalla base della gabbia e distanziati tra loro cm 9 circa.

Al momento in Italia il livello dei soggetti è eccellente e, su questo, un punto di forza lo rappresenta il Norwich Canary Club Italiano che con il presidente Antonio Beretta, oltre a tutti i suoi soci, si prodiga per poter sempre migliorare e divulgare questa bellissima razza. Quest’anno ho avuto il privilegio di fare da portagabbie per il club al decimo Meeting Ornitologico Campano, apprendendo tantissime nozioni e consigli da tutti i soci del Club presenti all’evento. Ma vorrei dare un mio piccolo e personale contributo allo sviluppo ed alla crescita del Canarino Norwich: credo che alcune voci della scheda di giudizio della razza andrebbero variate, come per esempio la voce Condizioni, che andrebbe a mio parere eliminata o diminuita nel valore, e come anche la voce Posizione, dando più rilievo alle voci che ritengo più importanti come Testa e Piumaggio, ma è solo un mio pensiero. Spero che altri giovani allevatori come me si avvicinino a questa bellissima razza.

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Norwich brinato unicolore, all. Alessandro Lezzi Pullo di norwich 45 giorni, all. Alessandro Lezzi

Quando il Cardellino scoprì l’America

DOI:HTTPS://DOI ORG/10.3897/ARPHAPREPRINTS E90813

Nel luglio del 2022, è stato pubblicato un articolo di Julie Craves e Nicholas Anich dal titolo “Stato e distribuzione di una popolazione introdotta di cardellini europei (Carduelis carduelis) nella regione occidentale dei grandi laghi del Nord America”.

Si tratta del risultato di uno studio condotto attraverso la valutazione di una serie di dati elaborati nell’arco del ventennio incluso tra il 2001 ed il 2021. Lo scopo principale è stato quello di documentare la prima fase di insediamento di questa specie negli USA. Nel Nord America, dal 2001 al 2021, sono stati registrati 7120 cardellini europei di cui il 47% proveniva dalla regione dei grandi laghi occidentali, un’area compresa tra il 51˚ e 37,5˚parallelo di latitudine ed il 96˚ ed 81˚ meridiano quanto a longitudine.

I soggetti sono stati costantemente monitorati per valutare l’impatto avuto all’interno del nuovo habitat, considerando che, per il continente americano, si tratta di una specie alloctona.

Sono stati assegnati dei codici a circa 2320 soggetti per registrarne lo stato riproduttivo e la nidificazione. Sono state annotate osservazioni riguardanti gli alberi scelti per nidificare, nonché i materiali utilizzati per la costruzione dei nidi. Altri dati sono stati registrati considerando le fonti di alimentazione sia da semi che da piante erbacee.

Sono stati presi in considerazione i dati relativi alle importazioni degli stessi cardellini. Da questi dati, risulta che oltre il 99% dei cardellini europei è stato importato da solo tre aziende.

Dopo un’analisi di questi dati, sono state tratte le seguenti conclusioni.

È il primo tentativo di delineare la situazione del cardellino europeo nel Nord America

Non sembra che il cardellino abbia avuto un comportamento aggressivo nei confronti di altri uccelli autoctoni, neanche quando subentra la competizione per la scelta delle aree di nidificazione. Per quanto riguarda le risorse alimentari naturali, per il fatto che esso si nutre di preferenza di piante invasive (come ad esempio i cardi) potrebbe in alcuni casi essere considerato addirittura un beneficio. Questo poiché, alimentandosi di semi immaturi, i semi vengono eliminati

ancor prima che questi si possano diffondere. Anche per quanto concerne la potenziale minaccia dell’ibridazione con specie indigene, non sembra che ci siano problemi per due motivi: il primo è legato all’asincronia dei cicli riproduttivi tra i Carduelis americani e quelli europei, l’altro al fatto che gli ibridi tra cardellini ed altri fringillidi sono estremamente rari e quasi sempre sterili. I dati dimostrano chiaramente che i cardellini europei sono prevalentemente residenti nella regione occidentale dei Grandi Laghi del Nord America, si riproducono in quest’area da almeno 20 anni e sono ad oggi presenti in numeri tali che possano essere classificati nell’ambito dell’avifauna locale. Tuttavia, si sottolinea che questo è il primo tentativo di delineare la situazione del cardellino europeo nel Nord America e che i dati attualmente in pos-

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Mappatura della presenza della specie Carduelis carduelis in Nord America

sesso non forniscono che una base per ulteriori studi. Con ogni probabilità, alcune conclusioni sono premature, comunque le considerazioni sulle quali vorrei invitare alla riflessione riguar-

dano altri punti. Appare evidente una notevole differenza nell’affrontare problematiche analoghe tra noi italiani ed i nordamericani, così come è differente l’utilizzo delle risorse, che negli USA vengono focalizzate in sinergie collettive nei vari punti in questione.

In Italia abbiamo situazioni similari, che però hanno causato degli effetti deleteri per la nostra fauna. Diverse specie esotiche, in particolare alcune razze di pappagalli, hanno creato delle vere e proprie colonie. Specie alloctone che, almeno in teoria, dovrebbero essere invasive per la nostra avifauna autoctona. Dico “almeno in teoria” perchè a parte qualche articolo di divulgazione pare non ci sia nessuna documentazione scientifica che attesti lo status quo in maniera ufficiale.

I nordamericani rispetto a noi italiani sono riusciti ad ottimizzare meglio le loro risorse. Lo studio in esame, ad esempio, è stato condotto principalmente con dati che venivano da tre siti: eBird, un database online di osservazioni sugli uccelli; Feederwatch, ossia un sito di birdwatching, e iNaturalist, un social network di amanti della natura, basato sul concetto di mappatura e condivisione delle osservazioni a livello mondiale (tra l’altro, io stesso ne sono membro). La parte restante dei dati è stata fornita dalle rispettive autorità in materia. Da qui si evince un’altra differenza tra noi italiani e gli americani, quella dei rapporti tra le istituzioni e le varie entità associative che hanno correlazioni sulle questioni prese in esame. Pensare di fare qualcosa di simile in Italia sarebbe oggi utopia pura. Per quanto siano presenti università con delle metodologie di studio molto aperte, non credo prenderebbero seriamente in considerazione una pubblicazione scientifica basata sulla raccolta di dati e metadati effettuata tramite una sorta di network sharing di siti amatoriali. Allo stesso modo, ritengo

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Presenza della specie nella regione dei Grandi Laghi Occidentali, suddivisa nei differenti anni Particolare del lago Michigan, che rende l’idea sulla vastità dell’area interessata nella quale la specie è presente

cosa poco probabile che si possa instaurare una collaborazione con le autorità italiane sulla falsariga della collaborazione che hanno instaurato i ricercatori statunitensi con le loro equivalenti autorità. Pur non essendo in alcun modo dati da considerarsi “sensibili”, le autorità italiane non hanno mai dimostrato propensione a metterli a disposizione di terzi, per quanto nobili possano essere le finalità.

Probabilmente, la metodologia di studio americana è quella più orientata verso il futuro. Non a caso, nelle classifiche delle migliori università del mondo, tra le prime dieci sei sono americane, mentre la migliore università italiana la troviamo intorno all’ottantesimo posto.

Forse noi ornicoltori dovremmo fare esperienza di questi fatti e cercare di ritagliarci uno spazio adeguato nelle aree di interesse comuni tra noi e la comunità scientifica.

ternità del cardellino da canto napoletano, sostenendo tesi aleatorie, un po’ come è già successo con la pizza.

Non credo di esagerare se sostengo che, a riguardo della avifauna di nostro interesse, noi ornicoltori potremmo dire la nostra meglio dei birdwatchers, ma come da consuetudine restiamo sempre chiusi nella nostra cerchia. E mentre noi stiamo a guardare, il mondo intorno continua ad andare avanti. Gli americani, in relazione al cardellino, hanno già gettato le basi per dare una sorta di speciale ius soli specifico per questa specie. Non mi meraviglierei più di tanto se tra qualche centinaio di anni gli stessi cominciassero anche a rivendicare la pa- Il nuovo Cardellino americano

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Antagonismi e sinergismi

Quando due caratteri non allelici coesistono nello stesso individuo, di solito, si esprimono assieme creando una nuova espressione fenotipica.

Dico non allelici poiché in caso di allelia la situazione cambia, in quanto uno potrebbe dominare sull’altro oppure potremmo avere una forma intermedia ma solo raramente una doppia espressione.

Un caso di allelia è quello di opale ed onice, caratteri recessivi verso la forma selvatica, che quando sono presenti,

necessariamente in singola dose entrambi, producono l’intermedio, visto che fra di loro sono codominanti. La stessa situazione per phaeo e topazio, anche se qui il topazio è un poco prevalente sul phaeo. Altra situazione ancora per agata e satiné che, quando sono in singola dose, assieme producono agata schiariti, stante una prevalenza genetica non completa dell’agata.

Ho parlato di singola dose poiché in caso di mutazioni alleliche è interessata una sola coppia di geni, che quindi pos-

sono essere: entrambi selvatici, entrambi di un tipo mutato, uno selvatico ed uno mutato (come i portatori che conosciamo, quando la mutazione è recessiva), o ciascuno di un tipo mutato diverso. Non si possono considerare più di due geni, tranne rarissimi casi di trisomia che non è il caso di considerare in questa sede.

In caso di caratteri non allelici, si considerano diverse coppie di geni e quindi è possibile la coesistenza di due mutazioni in doppia dose e di conseguenza l’espressione di entrambe, creando una

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Verdone lutino maschio Nero jaspe sd mosaico giallo maschio, foto: E. del Pozzo

nuova situazione. In qualche caso tuttavia uno dei caratteri può coprire l’altro poiché di maggiore rilievo. Quando uno dei caratteri copre l’altro si dice epistatico, quello coperto ipostatico. Si badi bene che l’epistasi, cioè il fenomeno suddetto della copertura, non deve essere confuso con il rapporto dominante e recessivo che presuppone rapporto allelico. Il caso più noto è quello del bianco recessivo che, inibendo totalmente i carotenoidi, è epistatico su tutte le altre varietà mutate o di origine esterna alla specie, anche sul bianco dominante non essendoci rapporto di allelia.

Ben sappiamo che accoppiando un bianco recessivo con un giallo non sempre abbiamo gialli ma, talora, bianchi dominanti, femmine avorio (se si usasse

il maschio bianco) ed anche giallo arancio.

Il più famoso caso di interazione equilibrata è l’isabella, vale a dire bruno + agata, ove i due caratteri mutati si armonizzano perfettamente. La regola generale con varie eccezioni come il bianco recessivo, è che quando due caratteri, non allelici, sono presenti as-

sieme gli effetti si sommano (ho citato l’isabella).

Talora però abbiamo qualcosa di veramente insolito e cioè fenomeni di sinergismo, effetto maggiore di quello atteso o di antagonismo, vale a dire effetto minore di quello atteso.

Nel canarino direi che l’unico caso di sinergismo sia la somma di bianco dominante e di avorio. Ricordo che il bianco dominante inibisce non del tutto i carotenoidi conservando soffusioni e l’avorio riduce i carotenoidi. In effetti da tale somma ci dovremmo aspettare soggetti con caratteristiche di bianco dominante con soffusioni avorio, ma questo non accade; infatti, le soffusioni proprie del bianco dominante scompaiono, tanto che i soggetti diventano confondibili con il bianco recessivo ad una osservazione distaccata. Solo all’osservazione manuale si capisce trattarsi di bianco dominante + avorio, per il colore giallino e non violaceo dell’epidermide. Sappiamo che il bianco recessivo inibisce totalmente i carotenoidi non solo delle penne ma anche dell’epidermide provocando per trasparenza, rispetto ai vasi sanguigni, il tono violaceo dell’epidermide stessa, mentre il bianco dominante agisce solo sulle penne e quindi l’epidermide è normale. La ragione di tale effetto maggiore nel bianco dominante + avorio pare essere determinata dal fatto che il bianco dominante agirebbe meglio negli strati più interni della penna ove sono relegati i carotenoidi nell’avorio (Alfonzetti).

Di antagonismi ce ne sono diversi: satiné con il bruno, satiné con il pastello ed agata con lo jaspe.

Nel canarino direi che l’unico caso di sinergismo sia la somma di bianco dominante e di avorio

Il primo caso e più noto è satiné con bruno; l’antagonismo è dato dal fatto che il satiné come mutazione si esprime al massimo su base nera o agata (aspetto discusso che non affronto in questa sede avendone già ampiamente parlato, vedere ad esempio “Discussioni sul satiné” I.O. n°2 febbraio 2021). In questi casi le melanine della pars pennacea sono inibite tranne lievi soffusioni alle punte delle remiganti primarie. Quando il satiné interagisce con la mutazione bruno, che trasforma l’eumelanina nera in bruna (comprende di conseguenza anche l’isabella), invece

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Agata jaspe sd mosaico rosso femmina, foto: E. del Pozzo

esprime un disegno di tonalità brunella quasi rossiccia. Vale a dire una forte modificazione dell’eumelanina bruna, che assume un colore normalmente da feomelanina. Quindi un effetto molto minore di quello atteso, che sarebbe la stessa se non maggiore riduzione che si ha in neri ed agata. La ragione di questa strana “resistenza” dell’eumelanina bruna, normalmente più vulnerabile dalle mutazioni, stupisce. Ci sono stati tentativi di spiegazione, quello che pare più sostenibile è legato ad una diversa tempistica. Si è pensato che forse l’eumelanina bruna si esprima in ritardo, mentre l’azione del satiné sia molto precoce e quindi l’eumelanina bruna sfugga in parte all’azione del satiné (Crovace, Canali). A sostegno di questa tesi è stata fatta anche la valutazione dell’occhio; infatti nei bruni di pochi giorni l’occhio appare rossiccio per poi diventare apparentemente nero, nell’isabella il pulcino di pochi

Di antagonismi ce ne sono diversi: satiné con il bruno, satiné con il pastello ed agata con lo jaspe

giorni ha l’occhio rosa, per poi diventare scuro. Anche questo aspetto fa supporre un ritardo nella melanogenesi dell’eumelanina bruna, rilevabile nel bruno e quindi nell’isabella (Crovace). La presenza di tracce di melanina brunella sulla punta delle ali di satiné neri o agata (talora chiamati lutino in altre specie), ha fatto pensare a presenze particolari di eumelanina bruna in quel punto. Questo è un aspetto complesso che non voglio affrontare perché i dubbi sono veramente troppi, tuttavia

considero che quel punto è particolare, come colore, anche in altre mutazioni. Il secondo caso è satiné con pastello Certo un aspetto molto meno evidente dell’altro ed anche di molto minore importanza, tuttavia ho notato che in isabella pastello satiné, vale dire in presenza sia di pastello che di satiné su base isabella, l’effetto come riduzione delle melanine è minore di quello che ci si attenderebbe. L’occhio è rosso e questo non costituisce stranezza, ma il piumaggio appare con tracce di disegno francamente più forti di quelle attese, che dovrebbero essere nulle o quasi, invece sono piuttosto evidenti. Non saprei indicare ragioni plausibili. Il terzo caso è dato da agata con Jaspe. In questa interazione l’effetto riduttivo nell’agata jaspe singolo fattore (o singola diluizione come si classifica) non solo è molto minore di quello atteso, ma addirittura è minore rispetto al nero jaspe singolo fattore, almeno sotto

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certi aspetti. Nel nero jaspe singolo fattore si ha una forte riduzione tale da far somigliare questo tipo al nero pastello ali grigie. Eppure le situazioni sono ben diverse; infatti la mutazione pastello recessiva e sesso legata assume l’effetto ali grigie ad opera di geni modificatori autosomici, mentre la mutazione jaspe è autosomica a dominanza parziale con espressività molto variabile. Di fatto però gli effetti finali del tipo nero pastello ali grigie e del nero jaspe singolo fattore sono molto simili. In entrambi si forma la bifora, vale a dire la persistenza di zone di melanina meno ridotta e quindi più scura nella rachide e nel bordo scaglia, descritta come antracite nel tipo nero pastello ali grigie e grafite nel tipo nero jaspe singola diluizione. Mentre le parti interne della scaglia sono molto ridotte, descritte come: grigio alluminio nel nero pastello ali grigie e grigio acciaio nel nero jaspe singolo fattore. Invece nell’agata jaspe singolo fattore si ha un disegno meno ridotto rispetto al nero jaspe singolo fattore, senza bifora, ma uniforme, magari un poco allargato. Insomma l’agata sembra, in proporzione, più scuro del nero negli jaspe singolo fattore, almeno ad una visione superficiale. Mai successa una cosa simile, permane però chiara la differenza in becco e zampe ossidate nel nero. Nei bruni jaspe singolo fattore funziona come nei neri corrispondenti e negli isabella jaspe singolo fattore come negli agata corrispondenti. Alcuni anni or sono ho visto confondere un pessimo nero jaspe singolo fattore con un’agata jaspe singolo fattore; ebbene erano i primi tempi, ma quel soggetto non avrebbe dovuto essere considerato agata, per la presenza di bifora, assente nei diluiti. Va detto che, a quanto sembra, nel doppio fattore l’antagonismo fra agata e jaspe venga superato con un effetto jaspe cristallino maggiore negli agata jaspe dop-

pio fattore, rispetto ai neri corrispondenti. Questo aspetto può far pensare ad una più elevata efficacia della mutazione jaspe allo stato omozigote.

Tornando ad osservazioni precedenti, è molto difficile capire come si possa arrivare ad una somiglianza in circostanze così diverse: nero pastello ad ali grigie e nero jaspe singolo fattore. Non credo che la risposta possa essere genetica in senso stretto, penso piuttosto a qualcosa di biochimico attinente alle melanine. Non oso dire di più, semmai si nota come rachide e bordo scaglia, ma si potrebbe dire anche stria, debbano avere qualcosa di particolare nel deposito dell’eumelanina, come del resto la punta delle remiganti primarie, notata a proposito del satiné e che nel pastello ali grigie è l’ultima a poter essere ridotta a grigio alluminio (bordo a parte), tanto che viene tollerata antracite nell’ottimo.

Sono aspetti quelli suddetti che richiederebbero studi molto difficili, ma credo che siano ben poche le speranze di avere indicazioni chiare.

Ritengo di sottolineare che negli antagonismi, almeno fino ad ora, è sempre coinvolto il gene che produce l’agata ed il satiné. Nell’articolo: “Domande Sul satiné” I. O. n°1/2024, fra le altre ipotesi per spiegare presenze di disegno in presunti satiné neri o agata, di cui spesso si parla, cito anche quella di un’interferenza possibile con un altro carattere, prodotto da un gene non allelico eventualmente ma non necessariamente mutato. Come accade fra pastello e satiné rilevata in soggetti isabella pastello e satiné assieme; non si può certo escludere che accada anche con altri tipi base: nero, bruno ed agata. La presenza dell’antagonismo del pastello con il satiné è circostanza sempre da considerare; inoltre potrebbe capitare anche in un caso non ancora segnalato. Sempre fatte salve anche altre ipotesi.

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Satiné intenso giallo Intenso rosso avorio

La C.T.N. Canarini di Colore a “Psittacus & Co.” 2023

testo

Il 13 e 14 ottobre 2023 si è svolta nei padiglioni della fiera di Forlì la seconda edizione di “Psittacus & Co.”, nata dal sodalizio tra le associazioni ornitologiche di Forlì e Ravenna.

“Psittacus” nasce come mostra specialistica internazionale per i pappagalli nel 2010 e negli anni si è inserita nella manifestazione “Animali in fiera” che vanta la partecipazione di circa 20.000 visitatori ad edizione.

Ora voglio parlarvi di “& Co.”, che sta per company, ossia “compagni di viaggio”.

“& Co” è la parte dell’esposizione ornitologica che si occupa delle sezioni Canarini ed EFI; proprio nel settore

dei Canarini di colore si è svolto sabato mattina 13/10/2023 un incontro-dibattito sul tipo Agata e le sue mutazioni.

L’incontro è stato presieduto dal presidente della CTN Gaetano Zambetta, coadiuvato da tutti i membri della CTN: Alfonso Giordano, Michele Laricchia, Salvatore Sardisco, Gianfranco Gallucci e dal presidente di collegio Paride Farabegoli.

Il dibattito è stato preceduto dalla spiegazione della storia del suddetto tipo e delle relative mutazioni. Il Presidente della CTN, nell’illustrare agli allevatori presenti i punti del programma della mattinata, oltre all’ausilio di ottime slides ha avuto a disposizione soggetti con ca-

ratteristiche tipiche rispetto agli argomenti trattati.

L’ incontro è proseguito con un dibattito/scambio di pareri e idee fra gli allevatori, i componenti della CTN, i Giudici presenti ed il Presidente di Collegio.

Il confronto si è svolto in un clima sereno e cordiale ed allo stesso tempo sono emersi argomenti utili per gli addetti ai lavori per i miglioramenti tecnici del settore.

Tale iniziativa è stata molto apprezzata dai presenti ed il direttivo di “Psittacus & Co.” si impegna a riproporre il prossimo 12 ottobre un altro incontro prendendo in esame il tipo “Nero” del canarino e le sue mutazioni.

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al volo dal web e non solo

O rniFlash

Il fringuello alpino a serio rischio estinzione

Lasopravvivenza del fringuello alpino, uno dei pochi uccelli che rimangono a vivere nelle aree alpine d’inverno, è minacciata dal ridotto scambio di individui tra le diverse aree riproduttive, sempre più distanti l’una dall’altra per la frammentazione dell’habitat causata dai cambiamenti climatici e dalle attività dell’uomo. Questo è ciò che emerge da uno studio innovativo basato sulla genomica, pubblicato su Journal of Biogeography da Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, Università Statale di Milano, Università di Oulu (Finlandia), Museo delle Scienze di Trento (Muse) ed Eurac Research. Le analisi genetiche condotte su decine di fringuelli alpini, provenienti da Trentino-Alto Adige e Lombardia, rivelano che lo scambio di individui (cioè la loro dispersione) risente della distanza tra le aree riproduttive, con una forte diminuzione già a partire dai 20-30 chilometri. In questo settore delle Alpi molti individui rimangono quindi a riprodursi nell’area dove sono nati. La scarsa propensione alla dispersione limita così il flusso genico e la connettività di popolazione. Inoltre sono stati osservati alti livelli di inincrocio. Circa il 20% degli individui campionati è nato infatti da genitori imparentati tra loro almeno a livello di cugini di primo grado, se non addirittura più strettamente. Questo indica che nella popolazione la dispersione è già insufficiente a garantire opportunità di accoppiamento con individui non imparentati. “Questi alti livelli di inincrocio sono particolarmente allarmanti, perché possono portare all’espressione di mutazioni recessive deleterie, diminuire la probabilità di sopravvivenza degli individui e il loro successo riproduttivo”, commenta Francesco Ceresa, ornitologo del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige e primo autore dello studio.

Fonte: https://www.ilmeteo.net/notizie/scienza/il-fringuello-alpino-a-serio-rischio-estinzione-ecco-lecause-svelate-in-uno-studio.html

Il páramo della Colombia e gli effetti del cambiamento climatico sugli uccelli

Ilpáramo è un ecosistema alpino intertropicale in cui predomina la vegetazione arbustiva. Delle 5.000 specie vegetali, il 60% sono endemiche e adattatesi a condizioni fisico-chimiche e climatiche specifiche, come la bassa pressione atmosferica, gli alti livelli di raggi UVA e il clima ventoso e molto secco. Nonostante questi ecosistemi tropicali di montagna risultino altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici globali, nella Lista Rossa dell’IUCN compaiono poche specie dei páramos. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori in Colombia ha voluto capire se le valutazioni attuali debbano essere riviste in relazione al cambiamento climatico. Lo studio – pubblicato sulla rivista Biodiversity and Conservation – ha esaminato due scenari potenziali di cambiamento climatico, rappresentando le proiezioni ottimistiche e pessimistiche. I ricercatori hanno scoperto che più della metà (5268%, a seconda dello scenario) delle specie di uccelli sarà minacciata dai cambiamenti climatici entro la fine del secolo, ma esiste una significativa discrepanza tra lo stato attuale di conservazione delle specie e il loro grado di vulnerabilità al cambiamento climatico. In altre parole, il problema è ampiamente sottovalutato. Circa il 90% delle specie identificate come minacciate dai cambiamenti climatici attualmente non sono considerate in uno status di conservazione preoccupante, pur rappresentando un insieme significativo di specie prioritarie all’interno del páramo colombiano. «Nel complesso – spiegano i ricercatori – abbiamo identificato fino a 34 specie di uccelli del páramo minacciate dai cambiamenti climatici, ma attualmente non elencate come specie a rischio di estinzione». Si tratta, per esempio di Cistothorus apolinari e Scytalopus canus per i quali occorrerebbero urgenti azioni di conservazione all’interno della Colombia.

Fonte: https://rivistanatura.com/il-paramo-della-colombia-e-gli-effetti-del-cambiamento-climatico-sugli-uccelli/

News
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O rniFlash

Perché il canto degli uccelli accompagna il sorgere del sole

Ilregno animale ha le sue regole e abitudini, esattamente come quello umano. Ogni specie coltiva le proprie strategie di comunicazione, stabilisce i ruoli all’interno dei gruppi e mette in atto comportamenti che non sempre ci è dato comprendere. Fra questi ci sono gli uccelli, che hanno un’abitudine particolare e decisamente radicata: quella di iniziare a cantare al sorgere del sole, circa trenta minuti prima dell’alba. Gli esperti hanno diverse teorie e ipotesi al riguardo: per lungo tempo l’idea più diffusa e condivisa è stata che le prime ore del mattino fossero quelle ideali per distribuire il canto e far sì che raggiungesse distanze più lunghe, grazie alla frescura e alla secchezza dell’aria leggera. Allo stesso modo, si credeva che gli esemplari femmine fossero maggiormente attratte dagli uccelli che riuscivano a estendere il loro canto a distanze maggiori. Tuttavia, negli anni Novanta, questa teoria è stata messa in discussione, osservando il canto di due passeri, uno di bosco e uno di praterie. Il motivo per cui, effettivamente, prima del sorgere del sole il canto viene percepito forte e chiaro è dovuto soprattutto alla mancanza del vento. Un’altra ipotesi è quella che, al di là delle condizioni climatiche, l’uccello che riesce a cantare più forte degli altri già di primo mattino, quando ancora non è riuscito a procacciarsi il cibo dato il buio notturno, si dimostra il più forte e vigoroso, destando quindi maggiore interesse nelle femmine. Ma esiste anche un’altra teoria, che riguarda un improvviso calo della melatonina, ormone che regola il sonno, al mattino: tuttavia, questo non spiega il perché gli uccelli dovrebbero iniziare a cantare, o meglio quale vantaggio ne trarrebbero. L’ipotesi secondo cui, invece, il canto del mattino indurrebbe l’aumento di ormoni androgeni, in grado di attirare le partner, è sostenuta da diversi ricercatori: iniziare la giornata cantando potrebbe predisporli a un maggior successo nelle interazioni sociali già dalle prime ore del mattino.

Fonte: https://www.curioctopus.it/read/50495/perche-il-canto-degli-uccelli-accompagna-il-sorgere-delsole:-le-diverse-teorie-degli-ornitologi

Uccello meraviglioso fotografato per la prima volta: era scomparso da 20 anni

Unuccello considerato “perduto”, che non veniva avvistato da circa 20 anni e quindi si temeva fosse estinto, è stato riscoperto nel cuore delle fitte e remote foreste della Repubblica Democratica del Congo (Africa). Si tratta dell’averla piumata crestagialla (Prionops alberti), che è endemica – cioè vive solo lì – del Paese africano. L’animale era inserito nella lista degli “uccelli perduti” stilata dalla American Bird Conservancy, della quale al momento fanno parte circa 130 specie. Il fatto che siano uccelli perduti non significa automaticamente che siano spariti per sempre, per questo organizzazioni come American Bird Conservancy, BirdLife International e Re:wild hanno messo a punto il progetto “Search for Lost Birds”, volto proprio a rintracciare i volatili scomparsi. Ora si può aggiungere l’averla piumata crestagialla, della quale sono stati identificati ben 18 esemplari in tre siti differenti, durante un’avventurosa spedizione di un mese e mezzo condotta sul massiccio dell’Itombwe, una spettacolare catena montuosa nella porzione orientale della Repubblica Democratica del Congo, ricchissima di foreste e biodiversità. Le foreste in cui vivono le averle piumate crestagialla sono minacciate da estrazione mineraria, disboscamento, agricoltura e altre attività antropiche che continuano a divorare la foresta vergine. La riscoperta di questa specie potrà aiutare nei processi di conservazione di questi ecosistemi meravigliosi e ricchissimi di vita.

Fonte: https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/uccello-meraviglioso-fotografato-per-la-prima-voltaera-scomparso-da-20-anni/

Credit: Matt Brady/Università del Texas a El Paso

News al volo dal web e non solo
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La Gramigna (“Gramegna” e “Falasc”)

Dalla cattiva fama alle proprietà fitoterapiche e non solo

testo di PIERLUIGI MENGACCI, foto P. MENGACCI,

Premessa

La gramigna, dialettalmente “gramegna” ed anche “falasc” (vedi la differenza nei cenni botanici)è quell’erbaccia che non muore mai! La calpestiamo nei marciapiedi o nei parchi pubblici, nei giardini privati e nei cortili; è presente nei bordi stradali, lungo i fossi di campagna o la troviamo dove uno meno se l’aspetta… anche negli interstizi di murature antiche!

I ricacci prodotti dai rizomi riescono a penetrare i substrati più duri in ogni luogo e li vediamo emergere anche nelle strade e nei marciapiedi asfaltati oppure nelle più minuscole crepe di una pavimentazione cementata.

Da sempre è ritenuta un’erbaccia poco gradita, tanto da originare diversi modi di dire alquanto piccanti come “Sei come

la gramigna” o “S’attacca come la gramigna”, riferiti a persone fastidiose e invasive, intente a intrufolarsi dappertutto o anche relativi a cose o situazioni che rappresentano un danno o un fastidio da cui è difficile liberarsi!

La sua nomea si origina dal campo agricolo, dove viene considerata la pianta erbacea con la peggior reputazione. Infatti, per i contadini è un’infestante “rovinacolture”, vista come la peste e, come questa epidemia, di difficile era-

dicazione.

Nel mio piccolo orticello biologico non riesco a liberarmene, la eradico da una parte e lei rispunta poco lontano… perfino inserita nel tubero delle patate! Nemmeno con la pacciamatura sono riuscito ad eradicarla! I getti sopravvivono anche al di sotto, strisciano fuori dell’area pacciamata e spesso bucano i teli pacciamanti.

Tutto questo dà l’idea di quanto fastidiosa e antipatica possa essere quest’erba che cresce dovunque; si insinua, si moltiplica e si intrufola in ogni spazio, soprattutto dove non è richiesta, facendo a volte anche danni.

L’ho sempre detestata e non sono mai riuscito ad apprezzarla. Nemmeno quando l’amico Massimo mi ha detto che i rizomi di questa pianta erbacea,

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IT, WWW INHERBA IT, WWW COCORITI COM,
HTTPS://PIANTEMAGICHE
https://piantemagiche.it/
Cynodromdactylon (gramegna) primaverile nel prato dell’autore, foto: P.Mengacci Agropyronrepens (falasc), fonte:
Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

invasiva per eccellenza, fossero ricchi di proprietà; che i giovani germogli lessati si possono mangiare come gli spinaci; che è ben accetta da asini, cavalli, cani e gatti e che le spighe immature del “falasc” sono gradite da molti uccelli selvatici.

Non l’ho mai presa in considerazione nemmeno quando l’ho trovata descritta fra i componenti dei cosiddetti “semi della salute”, tanto mi era “indigesta”! Per me valeva solo il detto latino “Herba mala cito crescit”, ossia “erbaccia cattiva che cresce velocemente” e, aggiungo io, assai dannosa e nient’altro.

Ma un giorno, diversi lustri fa, sfogliando il volume “Segreti e virtù delle piante medicinali” (testo che più volte ho richiamato nei miei articoli e da cui ho tratto le prime nozioni sulle piante), in cerca delle caratteristiche della pianta del Ginepro, con grande sorpresa mi trovai tra le mani la pagina dedicata alla gramigna. Non ci potevo credere: l’illustrazione di quell’erbaccia che con fatica non riuscivo ad estirpare dal mio orticello mi ha fatto esclamare: “Toh! E questa… Cosa c’entra!?”.

Lessi curioso la paginetta e scoprii che fin dall’antichità la gramigna era molto apprezzata soprattutto dal punto di vista terapeutico e che cani e gatti ne ricercano istintivamente le foglie; che i fitoterapisti la usano come diuretico e depurativo; inoltre appresi che “mescolata al mangime per i cavalli, in pochi giorni, rende lucente il loro mantello”.

Tutte queste asserzioni mi hanno un po’ frastornato. Subito ho pensato al piumaggio dei miei canarini, alla lucentezza, alla gramigna dei semi condizionatori. Poi alla fitoterapia e, perché no, anche all’uso culinario accennato dall’amico Massimo. Come si dice, “chiodo scaccia chiodo”; ebbene, mi sono ricreduto: ho abbandonato i miei preconcetti ed ho rivalutato questa pianta erbacea che ho tanto contestato e vilipeso.

Nel mio percorso cognitivo ho scoperto che possiede svariate proprietà benefiche ed ha utilizzi che non mi sarei mai immaginato!

Alcuni cenni botanicie storici

Gramigna è il nome volgare di alcune piante appartenenti alla famiglia delle Poaceae o Graminaceae. È una pianta erbacea perenne, con rizoma sotterraneo strisciante, di altezze varie da 30 cm fino a 80/100 cm. La foglia, la cui parte inferiore avvolge il fusto, è a forma di lamina allungata ricoperta di peli sulla pagina superiore; i fiori si sviluppano durante l’estate:sono verdi, raccolti in spighe e danno luogo a frutti tipici della famiglia, cioè le cariossidi. La gramigna è una pianta erbacea monocotiledone(una sola foglia embrionale) e allelopatica, cioè disturba la germinazione e lo sviluppo delle altre piante attraverso sostanze tossiche emesse dal suo apparato radicale che inibiscono la crescita e lo sviluppo di piante concorrenti.

In tutto il mondo esistono più di 150 specie di gramigna; quelle più diffuse nel nostro territorio sono:

- Agropyron repens (dal latino, significa “grano selvatico strisciante”). Nomi comuni: grano selvatico, per la spiga che assomiglia a quella del grano, grano delle formiche, gramigna dei medici, dialettalmente “falasc” o altri nomi locali;

- Cynodon dactylon (dal greco “kyon” = cane e “odùs” = dente, per via dei rizomi e degli stoloni che hanno forma simile agli incisivi di cane). Nomi comuni: erba canina, gramigna rossa, o dialettalmente “gramegna”.

È senza dubbio una delle infestanti più conosciute e temute dagli agricoltori di tutto il mondo, essendo presente in Europa, Asia, Africa e America del Nord. L’ampia e vasta diffusione ci dimostra che si tratta di una pianta molto particolare e di una specie dotata di notevole vigoria e forza vegetativa che le consentono di proliferare anche in condizioni avverse o difficili da sostenere per altri vegetali, come siccità, caldo torrido e freddo intenso. Sopporta bene anche condizioni di ristagno idrico, compattamento e asfissia. Si propaga e riproduce per via vegetativa attraverso il rizoma (radice) e mediante semi.

Per riconoscere le due specie basta osservare le spighe: nell’Agropyron (falasc) sono appuntite e uniche; nella Cynodon (gramegna) sono sottili, riunite a forma di ombrelle terminali, raggruppate a 3

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Gramigna autunnale nel prato dell’autore, foto: P.Mengacci Gramigna - Cynodondactylon, fonte: www.inherba.it

o a 7 e sembrano le esili dita di una mano. Entrambe le specie sono presenti nel mio giardino, ma la “gramegna” è quella più presente, soprattutto nel prato, ed è quella che mi fa dannare nell’orto con i suoi rizomi sotterranei striscianti e profondi. In caso di siccità le sue radici possono raggiungere i due metri di profondità. Durante la stagione invernale diventa dormiente e assume una colorazione marrone (da qui il nome di gramigna rossa). Grazie alla sua resistenza, la pianta viene utilizzata come tappeto erboso per campi da golf e prati soprattutto in quelle regioni in cui altre erbe non riescono a sopravvivere. Storicamente troviamo riferimenti alla “graminea” nei testi di Columella, Plinio e Dioscoride (I sec. d.C.). Per Columella, nel suo trattato di agricoltura, era soprattutto necessario estirparla: “Et precipue graminea extirpare”. Mentre Plinio e Dioscoride consigliavano l’utilizzo di questa pianta erbacea per facilitare la diuresi, dissolvere i calcoli renali e guarire le infiammazioni vescicali. Caduta in disuso nel Medioevo, tornò in auge nel XVII sec. e, oltre all’utilizzo suddetto, la radice essiccata veniva anche utilizzata per fare il pane, la birra e come succedaneo del caffè.

È considerata una pianta sacra dagli induisti.

Valori nutrizionali della Gramigna Entrambe le graminacee sopra descritte, i cui valori nutrizionali sono elencati nella sottostante tabella, possiedono le medesime proprietà ed apportano i medesimi benefici.

Tabella Nutrizionale

per 100 grammi di gramigna secca

Fonte: IOSR Journal Of Pharmacy

Calorie: 100 grammi di gramigna forniscono 20 kcal.

In fitoterapia, erboristeria ed omeopatia alla gramigna sono attribuite proprietà diuretiche, depurative e antinfiammatorie

La gramigna contiene inoltre flavonoidi, lo 0,1 % di alcaloidi, l’1% di resine, il 6,3 % di tannini ed il 12,2 % di glicosidi. Altri costituenti dell’erba sono le saponine, gli steroidi, i fitosteroli e gli oli essenziali.

Proprietà, benefici e utilizzi In fitoterapia, erboristeria ed omeopatia alla gramigna sono attribuite proprietà diuretiche, depurative e antinfiammatorie. Più precisamente, tali attività sono ascrivibili alle saponine, ai polifenoli, all’olio essenziale e alla triticina contenuti all’interno della pianta. Le proprietà diuretiche e depurative della gramigna sono ben conosciute anche nella medicina popolare, che utilizza la pianta per il trattamento di cistiti e calcoli renali, ma non solo. Infatti, la gramigna trova impieghi nella medicina tradizionale anche per il trattamento di gotta, dolori reumatici e affezioni cutanee, oltre ad essere usata come rimedio lenitivo in caso di tosse, grazie all’azione svolta dalle mucillagini in essa contenute. Studi effettuati da ricercatori di varie nazioni hanno dimostrato che la pianta: -fa bene al cuore, migliorandone la funzione, e riduce i livelli di colesterolo LDL

-possiede proprietà epatoprotettive -l’estratto di foglie di Cynodon dactylon è in grado di ridurre i livelli di zucchero

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g 11,6
g 2,1 Carboidrati g 75,9 Fibra g 25,9
g 10,4
mg 530
mg 112 Fosforo mg 220 Potassio mg 1630
C mg 58
carotene mcg 28
Proteine
Grassi
Ceneri
Calcio
Ferro
Vitamina
Beta
Giovane cespo di gramigna, foto: P.Mengacci Zolla con rizomi di gramigna, foto: P.Mengacci

nel sangue ed ha proprietà utili per il controllo glicemico

-è utile nella prevenzione e trattamento dei calcoli renali

- haproprietà antibatteriche nei confronti dei batteri Escherichia coli, Staphylococcus aureus e Streptococcus pyogenes

-è molto utile per la salute dell’apparato gastrointestinale, soprattutto perché favorisce la regolarità e aiuta a prevenire e combattere eventuali infiammazioni.

Per scopi terapeutici, sempre dietro consiglio del proprio medico, è utilizzabile il rizoma di entrambe le specie, poiché hanno identiche proprietà terapeutiche.

In genere, la gramigna viene somministrata sotto forma di infuso o decotto. La tisana preparata con il rizoma schiacciato è migliore se preparata in due tempi: far bollire una prima volta, gettare l’acqua amara e preparare un altro decotto più gradevole.

Alcuni esperti di nutrizione consigliano 60-80ml di succo di “germogli” di gramigna al giorno per aiutare a regolare il corpo e eliminare le tossine. Per coloro che hanno appena iniziato l’assunzione della gramigna, viene consigliato di cominciare con 25-30 ml di succo al giorno per arrivare ad 80 ml in una settimana.

La raccolta della gramigna si può effettuare durante tutto l’anno ma la primavera è il periodo ideale per la raccolta dei rizomi, sempre alla mattina presto, in quanto ciò definisce il tempo balsamico (periodo del ciclo vitale in cui una certa pianta medicinale presenta il contenuto ottimale di principi attivi).

Se non vogliamo cimentarci nella preparazione delle tisane, nelle fitofarmacie o erboristerie troviamo degli estratti pronti all’uso che presentano l’intero fitocomplesso della pianta e tutte le indicazioni terapeutiche.

Quanto all’uso culinario, le prime gio-

vani e tenere foglie della gramigna si possono mettere nelle minestre, nelle zuppe e anche nelle misticanze di insalata. L’ho scoperto quando un giorno la badante moldava le inseriva nelle zuppe che preparava per mio padre, dicendomi che nel suo paese era consuetudine utilizzarle anche così. Per quanto le giovani foglie siano poco ispide, io ho sempre avuto una innata repulsione al loro uso in insalata. Invece, la mia curiosità culinaria, superando la ritrosia di mia moglie, è riuscita a far lessare alla mia signora i giovani germogli biancastri e teneri di gramegna, appena “raccolti” nell’orto, per condirli poi con un buon olio “evo”. Vi dico che la degustazione non ha soddisfatto il mio palato e tantomeno quello di mia moglie! Niente a che vedere con il farinello o gli spinaci! Ritrosia innata?

Nell’alimentazione dei nostri volatili familiari, invece, la gramigna può essere molto utile.

Le proprietà antibatteriche e i benefici che può apportare all’apparato gastrointestinale, nonché alla lucentezza del piumaggio, rendono la gramigna un ottimo coadiuvante alla prevenzione e al mantenimento in salute e al miglioramento del piumaggio dei volatili. Mi permetto di dare un consiglio a chi acquista i semi della salute o condizionatori, ossia di scegliere quelli che con-

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Rizomi di gramigna, foto: P.Mengacci Steli con spighe mature di Cynodondactylon , foto: P.Mengacci Cocorita con spighe di gramigna, fonte www.cocoriti.com

tengono anche i semi di gramigna; in caso contrario, è bene aggiungerne una percentuale pari al 2%.

In commercio esistono semi di gramigna biologica senza OGM, privi di sostanze chimiche e senza tossine e sono perfetti per la spremitura, la germinazione, la macinatura, la cottura, la conservazione e altro ancora. Sono ideali da servire nelle apposite linguette una volta ogni 10/12 giorni o aggiunti in dose del 2% ai soliti semi della salute qualora mancanti, come aiuto nella digestione e protezione antibatterica. Per chi si cimenta con la germinazione, ecco un altro seme ideale da germinare ed aggiungere al classico pastoncino secco di allevamento.

Io, che abito in un paesino di collina a pochi chilometri da Pesaro, avendo la possibilità di recarmi in aperta campagna o lungo i fossi lontano da fonti inquinanti, oltre ad aver sperimentato con successo i suddetti semi, ho anche

Gramigna-trattamenti, fonte. www.melarossa.it

raccolto spighe immature di falasc e le ho servite a miei canarini in voliera che le hanno “letteralmente divorate” in pochissimo tempo.

In chiusura, riporto una curiosità sul-

l’utilizzo “ecologico” della gramigna. Anni or sono ho frequentando un corso di eco-bio-architettura a Silandro (Bz): ebbene, la gramigna venne elencata fra quelle piante che vengono utilizzate nella bonifica di terreni contaminati (fitorimediazione o biodepurazione) per assorbire agenti inquinanti o per metabolizzare e degradare i contaminanti in forme non inquinanti ed anche per il contenimento di scarpate e riporti di terreni in pendenza.

Tutto ciò non può non farmi citare ancora una volta quello che sosteneva Aristotele: “La Natura non fa niente di inutile”. Ad maiora, semper.

Alcune fonti

-Segreti e virtù delle piante medicinali

-https://www.mr-loto.it/2020/gramigna.html

-https://www.naturopataonline.org/rimedi/erbeofficinali/gramigna-7-proprieta-e-benefici/

-https://www.melarossa.it/salute/terapie-naturali/gramigna/

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Interregionale dell’Adriatico: unione e successo

testo e foto di EMANUEL

(Presidente Comitato Organizzatore)

Si è svolto dal 19 al 22 ottobre 2023 l’Interregionale dell’Adriatico che ha coinvolto il raggruppamento ornitologico Marche-Umbria e quello Abruzzo-Molise.

Una mostra che a noi piace chiamare “evento”, in quanto va a raccogliere e unire più realtà del territorio, valorizzando ogni singolo aspetto.

L’Associazione Ornitologica Anconetana, una delle organizzatrici insieme

Oltre all’esposizione, tante sono state le attività protagoniste

alla Maceratese, Perugina, Picena, Pescarese, Teramana e Pesarese ha ospitato l’iniziativa a Jesi (AN) presso la bellissima location del Circolo Cittadino, da sempre storico punto di riferimento della città.

Oltre all’esposizione, tante sono state le attività protagoniste, a partire da una mostra fotografica, un concorso di disegno, lo spettacolo di falconeria, fino ad arrivare ad un coinvolgente convegno su libertà e disabilità.

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I protagonisti del Convegno La grande squadra dell’Interregionale

La mostra ornitologica ha ottenuto un ottimo successo, superando la quota di 1200 soggetti esposti, simbolo del coinvolgimento degli allevatori.

Un’enorme sorpresa è stata la visita in mostra del presidente F.O.I. Antonio Sposito. Motivo di orgoglio e soddisfazione per il nostro comitato poterci interfacciare direttamente

Nelle settimane antecedenti la mostra siamo andati nelle classi con l’obiettivo di far conoscere ai ragazzi il nostro settore

con lui mostrando le iniziative intraprese per mantenere alta la passione che ci lega.

Con il supporto dei due raggruppamenti è stato possibile realizzare l’incontro “Un volo verso la libertà”, un convegno rivolto a curiosi e appassionati tenuto da Valentino Cherubini (Direttore della SOD di Diabetologia Piediatrica, Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche), Selena Abatelli (proprietaria della Fattoria dei Sogni e Dream Day) e Filippo Morrone (presidente Associazione Pescarese). Sono stati affrontati moltissimi temi, tra cui cosa significa essere allevatore e il rapporto tra animali, bambini e disabilità.

Abbiamo toccato qui un momento emozionante e commovente con l’intervento dei ragazzi della Fattoria dei Sogni che hanno portato la loro esperienza, mettendo in luce come l’aiuto degli animali sia stato fondamentale per eliminare tante paure.

Per tutta la durata dell’evento le persone hanno avuto l’opportunità di visionare i lavori realizzati dagli alunni delle scuole elementari per il concorso di disegno “Allevare è proteggere”.

Nelle settimane antecedenti la mostra, infatti, siamo andati nelle classi con l’obiettivo di far conoscere ai ragazzi il nostro settore, insegnando l’educazione verso gli animali e divulgando la promozione del corretto allevamento degli uccelli cosiddetti ornamentali.

Oltre a questo, hanno riscosso un enorme successo la mostra fotografica “La natura attraverso un obiettivo fotografico” realizzata dal fotografo Pierfrancesco Mingo e lo spettacolo di falconeria curato dall’associazione “Le Ali della Terra”. Un bilancio ottimo ma quello che ci preme sottolineare è come davvero l’unione faccia la forza. È stato un enorme piacere collaborare direttamente con le associazioni limitrofe, creando una rete di persone che condividono tempo e passione per portare sempre più in alto l’ornitologia tutta.

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Giudici e organizzatori con il presidente Sposito Uno scorcio della mostra

P ensieri in libertà

Anno dopo anno

L’inesorabile scorrere del tempo mi ha portato al gennaio del nuovo anno 2024.

Non scrivo su Italia Ornitologica ormai da un paio di decenni, da quando con Salvatore Cirmi ebbi continui battibecchi interpretativi sulla conduzione di tale periodico, sul tipo di articoli che dovevano essere presenti, sulle riunioni del Comitato di Redazione, ma principalmente sull’esclusiva a dover scrivere soltanto per tale periodico. Era un tipo sanguigno e ora, a distanza di tempo, comprendo i suoi atteggiamenti, considerando che riteneva la F.O.I. essere “cosa sua” giacché è stato capace di trasformare una piccola entità associativa, che viaggiava in una piccola “ventiquattr’ore” in quel di Brescia, in una realtà istituzionale di tutto rispetto e con una sede, prestigiosa, in Piacenza zona Fiera.

Premesso quanto detto, e nella considerazione che manca sinceramente tanto a me quanto a tutti quelli con cui mi trovo a ricordarlo, proprio per ringraziarlo di quanto ha dato alla e per la F.O.I., col nuovo anno 2024 e con Pesaro oggi capitale italiana della Cultura, vorrei simbolicamente farlo contento e felice, iniziando nuovamente a scrivere per “Italia Ornitologica”.

salì su quella bici girando e cantando l’Inno, attorno alla rotonda, lasciando noi tutti, compreso il proprietario della bici, in un mare di ammirazione e risate.

Credetemi, solo Lui era capace di queste azioni.

Senonché la stessa sera, dopo qualche oretta, chiamandolo come d’accordo per la cena, mi lasciò attonito, rispondendomi che si era già messo a letto poiché non si sentiva bene. Era l’inizio della fine.

Pesaro fu purtroppo città sfortunata per Salvatore Cirmi. Alla fine del Campionato Italiano di Ornitologia che ivi si svolse, nella seconda sera, alla fine dei giudizi, si era in tanti in una rotonda nei pressi dell’albergo che alloggiava noi Giudici, quando si avvicinò in bicicletta uno di quei signori con un fascio di rose, invitandolo all’acquisto. Salvatore, in pochi attimi, gli tolse con una copiosa offerta l’intero mazzo di rose e

Gli scritti, come sempre, avranno una componente etologica e da “aviary-bird-watcher”, essendo da sempre attratto dai comportamenti e dalle parate nuziali. Ed in voliera, in Sicilia, con 40 gradi all’ombra, osservare comodamente seduto, con irrigatori d’acqua a tempo, la nidificazione di comuni Prispoloni (Anthus trivialis) o Storni rosei (Pastor roseus), sembra di essere nelle “Highlands” scozzesi o ai piedi dell’Himalaya.

E vi assicuro che è veramente “dolce naufragare” in queste osservazioni. Vorrei iniziare, prossimamente, con osservazioni sullo Storno roseo, avvalendomi anche delle esperienze del valente ornitologo dott. Giovanni Musumeci, che parimenti è proprio un ottimo allevatore di avifauna europea oltre che Giudice Internazionale F.O.I.C.O.M.

Sebastiano Paternò

NUMERO 2 - 2024 49 I nostri ricordi

Il Merlo acquaiolo

Cinclus cinclus (Linnaeus, 1758)

di DINOTESSARIOL, foto AUTORI VARI

Il Merlo acquaiolo è certamente un “unicum” tra gli uccelli europei ed il suo innato connubio con l’acqua dei torrenti stupisce chiunque, come ha stupito fin da subito il sottoscritto; tra tutti gli uccelli che finora ho avuto il privilegio di osservare, starei delle giornate intere ad ammirarne le stupende movenze tra saltelli sui massi, immersioni, nuoto sott’acqua ed emersioni… non per niente, viene anche denominato “il folletto dei torrenti”. In Norvegia è stato eletto uccello nazionale ed in Svezia è stato nominato uccello dell’anno nel 2017.

Nella sistematica zoologica questa specie forma una propria famiglia vicina agli scriccioli ed ambedue appartengono all’ordine dei Passeriformi; il suo aspetto è piuttosto tozzo e paffuto, con testa grande e rotonda che sembra incassata direttamente nel tronco, becco sottile e appuntito, ali corte e arrotondate, coda squadrata, forti zampe dalle lunghe e robuste dita e dagli artigli ricurvi; misura 17-20 cm di lunghezza, l’apertura alare raggiunge i 31 cm, mentre il suo peso è molto variabile tra i due sessi e con l’età e va dai 60 agli 80 grammi; i maschi adulti possono essere più grandi rispetto alle femmine anche di un terzo. Il Merlo acquaiolo è l’unico passeriforme, assieme al Martin Pescatore, in grado non soltanto di nuotare molto bene ma anche di immergersi; a questo scopo ha sviluppato numerosi adattamenti come ossa pesanti, colme di midollo, ali corte ed arrotondate, con le quali si muove sott’acqua, e un fitto piumaggio ricco di piumino. Sott’acqua l’occhio viene protetto da una membrana nittitante semitrasparente e

Nella sistematica zoologica questa specie forma una propria famiglia vicina agli scriccioli ed ambedue appartengono all’ordine dei Passeriformi

l’apertura dell’orecchio viene ricoperta da una piega della pelle. Il Merlo acquaiolo osa immergersi anche nei torrenti più impetuosi.

Il piumaggio è dominato dalle tonalità del bruno e del marrone, ad eccezione

di gola e petto, che sono di color bianco candido; invece fronte, vertice, nuca, faccia e guance sono di colore brunocannella, mentre dorso, fianchi, ali e coda sono di color bruno-ardesia nerastro, più bruno su ali e coda, più scuro sul dorso, che in lontananza appare del tutto nero; la parte inferiore del petto, sotto la fine del bianco toracico, e la parte centrale del ventre sono di color nocciola-ramato. Le popolazioni meridionali sono più piccole e vivacemente colorate rispetto a quelle settentrionali. Non esiste invece dimorfismo sessuale evidente nella colorazione. Il becco è nerastro, le zampe sviluppate e robuste sono di color caramello e gli occhi sono di colore bruno-rossiccio,

NUMERO 2 - 2024 51 ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
La parata nunziale, fonte: www.birdlife.ch

con palpebre nittitanti grigio-biancastre ben evidenti quando l’animale chiude gli occhi.

Il Merlo acquaiolo è una specie sedentaria, dispersiva e migratrice, diffusa con una dozzina di sottospecie in Europa, Asia e Africa nord-occidentale. Le popolazioni del Nord Europa svernano lontano dai loro siti riproduttivi e più a

Il Merlo acquaiolo è una specie sedentaria, dispersiva e migratrice, diffusa con una dozzina di sottospecie

sud dell’areale estivo. In Italia è nidificante sedentario, migratore regolare e parzialmente svernante. È relativamente comune lungo i torrenti alpini non solo in siti tranquilli ma anche in tratti che attraversano cittadine: chi passa per Fiera di Primiero in Trentino, basta che abbia un po’ di pazienza ed un occhio veloce e sicuramente può avere la fortuna di osservarlo nelle sue spettacolari evoluzioni da esperto subacqueo.

Il Merlo acquaiolo ha tendenzialmente un carattere solitario e solo durante il periodo degli amori vive in coppia, strettamente associato ai fiumi a corso rapido, praticando le rive ed i massi affioranti sui quali è possibile osservarli durante il giorno: il Merlo acquaiolo è inconfondibile, oltre che per l’aspetto e le abitudini di vita, anche per la sua vivacità, in quanto questo uccello continua incessantemente a flettere le zampe e ad alzare e abbassare la coda, a volte aprendo leggermente le ali. Dai sassi, una volta avvistata la preda, i Merli acquaioli si tuffano improvvisamente nell’acqua oppure camminano fino ad essere completamente sommersi, rimanendo in apnea fino a un minuto mentre ricercano il cibo, utilizzando frattanto le potenti zampe fortemente unghiate per ancorarsi al fondale mentre camminano e smuovono i sassi e i detriti sommersi per mettere allo scoperto le prede, servendosi delle ali muscolose, utilizzandole come pinne per “volare” sott’acqua. Tuffandosi, si immerge fino ad una profondità di 1,5 m per una distanza misurata fino a 20 m; gli uccelli adulti si tuffano per 5-10 secondi, ma sono stati osservati periodi di immersione fino al mezzo minuto. Il Merlo acquaiolo è aiutato nel suo stile di vita semi-acquatico dal piumaggio folto e isolante, costantemente impregnato dall’uccello col secreto oleoso dall’uropigio per garantirne l’impermeabilità, tanto che l’animale in immersione appare ricoperto da un sottile strato d’aria. Oltre ad essere buoni nuotatori e camminatori, i merli acquaioli sono anche in grado di volare, facendo frullare incessantemente le corte ali con volo dritto e vicinissimo alla superficie dell’acqua: il volo viene utilizzato perlopiù per allontanarsi da eventuali

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Merli acquaioli in coppia, fonte: www.parconazionale-stelvio.it Merlo acquaiolo nel suo ambiente naturale, il torrente, fonte: www.migratoria.it

predatori o fonti di disturbo, rifugiandosi nella vegetazione riparia, mentre è infrequente che questi uccelli volino per lunghe distanze, non lasciano mai l’ambiente ripario e non frequentano neppure le coste marine. Il suo richiamo è pigolante e molto acuto, in maniera tale da essere chiaramente udibile nei dintorni a dispetto del rumore dell’ambiente circostante, dato dallo scorrere incessante dell’acqua.

La sua alimentazione è insettivora e la sua dieta è basata sui piccoli invertebrati raccolti fra i sassi e i detriti del fondale dei ruscelli; è composta in massima parte dalle larve e dalle ninfe di effimere, plecotteri, simulidi e tricotteri, ma durante i mesi freddi, quando gli insetti sono meno abbondanti, catturano anche piccoli pesci e le loro uova, molluschi acquatici, girini, piccole rane e crostacei di ridotte dimensioni: più raramente, possono inoltre rovistare fra il fogliame sul terreno, alla ri-

Un esemplare di merlo acquaiolo mentre imbocca un pullo nelle vicinanze del nido, fonte: www.ilmeteo.net

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Nido di merlo acquaiolo con quattro nidiacei, fonte: nordhausen.nabu-thueringen.de

cerca di piccoli invertebrati terrestri. Si tratta di un uccello monogamo: il maschio corteggia la femmina cominciando a cantare con suoni dolci e simili al canto degli scriccioli con cui condivide la stessa famiglia, per attrarle nei pressi del suo territorio. All’arrivo di un’eventuale partner, il maschio comincia a volare emettendo suoni metallici, cercando al contempo di mettere in massima evidenza il bianco di gola e petto: se la femmina non si allontana, l’accoppiamento avviene a breve e senza molti preliminari. Il nido viene costruito da entrambi i sessi nelle vicinanze dei torrenti, sotto le cascate, nelle crepe dei muri, negli argini o su un tubo di scarico, sotto i ponti ma sempre nelle immediate vicinanze dell’acqua e in un luogo chiuso; è piuttosto voluminoso e presenta forma globosa, costituito da una parte esterna di fibre vegetali, muschio e foglie morte intrecciate, all’interno della quale è presente una camera di cova collegata all’esterno da un piccolo tunnel ed il cui fondo è foderato da una coppa di foglie secche, nella quale la femmina depone 3-6 uova bianche e lucide. La cova dura circa 1516 giorni ed è appannaggio esclusivo della femmina, mentre il maschio sta-

La cova dura circa 15-16 giorni ed è appannaggio esclusivo della femmina

ziona nei pressi del nido a guardia del territorio e si occupa di reperire il cibo per sé e per la compagna intenta nell’incubazione. Alla schiusa, i pulli sono ciechi ed implumi ma, generosamente imbeccati ed accuditi dalla madre, s’involano attorno ai 12-13 giorni di vita; sarebbero già in grado di tuffarsi a pochissimi giorni dalla schiusa, ma lo fanno solo in caso di estremo pericolo. Dopo l’involo, i piccoli rimangono presso il nido ancora per una buona settimana e successivamente cominciano a seguire i genitori durante la ricerca del cibo ed anche il maschio comincia a prendere parte nel loro allevamento, imbeccandoli per un altro paio di settimane, prima che essi si allontanino definitivamente dal territorio natale e si disperdano.

Il Merlo acquaiolo è considerato dagli studiosi un efficace bioindicatore sensibile ornitico per la qualità dell’acqua

dei torrenti di montagna. Dove si mantiene questo uccello capace di tuffare e nuotare, la qualità dell’acqua è buona. Lo stato di conservazione della specie in Europa non è noto, ma essa è rigorosamente protetta dalla Convenzione di Berna, all. II, ed in Italia protetta dalla Legge nazionale 11 febbraio 1992, n. 157. Per quanto riguarda la conservazione di questa specie, in generale è danneggiata dalla canalizzazione dei corsi d’acqua, dalla limitazione della portata dei fiumi e, ancor di più, dall’inquinamento delle acque; la scomparsa del Merlo acquaiolo da alcuni corsi fluviali è da mettere in relazione con una variazione delle qualità chimico-fisiche dell’acqua, con conseguente diminuzione della disponibilità alimentare. Per quanto riguarda il suo allevamento in ambiente controllato non mi è mai giunta notizia di qualche allevatore che ci abbia provato ma, se non erro, molti anni fa ne ho potuti ammirare alcuni all’Alpen Zoo di Innsbruck; in quel posto meraviglioso, per osservare uccelli ed altri animali, vengono ricreate le stesse condizioni ambientali che gli animali prediligono in libertà, quindi è proprio molto bello osservarli come fossero in ambiente selvatico.

Anche i poeti hanno nominato qualche volta il Merlo acquaiolo: Montale, forse sbagliando specie, dice:

“Ho visto il merlo acquaiolo spiccarsi dal parafulmine: al volo orgoglioso, a un gruppetto di flauto l’ho conosciuto”. e la poetessa Adalinda Gasparini lo nomina così:

“Eccoci trasformati in uccellini prede di astori, di nibbi e sparvieri, compagni di culbianchi e capinere, di averle, tarabusi e cardellini, di torcicolli e di merli acquaioli, di pigliamosche, balie e gallinelle di tuffetti e di gheppi e monachelle di germani reali e marzaiole … A noi umani non resta che gioire per il dono che Madre Natura ci ha fatto con questo meraviglioso uccelletto, gratificandoci della possibilità di osservarlo ed impegnandoci perché l’ambiente resti integro, selvatico e non inquinato, preservando così la presenza di questo e di altri meravigliosi esseri del mondo alato.

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Felicità ed appagamento nell’allevamento degli uccelli

Molti allevatori di uccelli si avvicinano a questa passione per puro diletto. Alcuni riescono perfino ad allevare fino a 5/600 uccelli ogni anno, impiegando quasi tutto il tempo libero a loro disposizione, sacrificando parte di quanto potrebbero dedicare ai propri affetti. Sarebbe interessante capire dove finisce il diletto ed inizia una vera e propria “mania”.

Gli uccelli vengono numerati attraverso gli anellini inamovibili, non viene loro assegnato un nome, come succede per esempio nei cani. Da qualche tempo, in alcuni allevamenti, gli animali non mangiano più semi ma alimenti mono-prodotto, pratica che va diffondendosi sempre di più con l’obiettivo finale di economizzare il

Da qualche tempo, in alcuni allevamenti, gli animali non mangiano più semi ma alimenti mono-prodotto, pratica che va diffondendosi sempre di più con l’obiettivo finale di economizzare il tempo

tempo, segnale evidente di stress dovuto all’incapacità di gestire il tempo a disposizione e alla volontà dell’accaparramento di animali. Si passa, per esempio, dall’amorevole produzione di pastone casalingo all’uso di estrusi o similari.

Allevare gli animali più velocemente ed efficacemente è sicuramente possibile, cercando di minimizzare i costi ed i tempi... questo va sicuramente oltre il diletto.

Che ne pensano gli allevatori della loro “vocazione”? Ne sono assolutamente entusiasti.

L’allevamento permette loro di avere un contatto con un “surrogato della natura” e lascia loro immaginare una vita in campagna tra alberi e cespugli dove godere dei suoni della natura stessa. Questo risponderebbero molti. Quando invece mi trovo a confrontarmi con me stesso circa l’eticità dell’allevamento, sorrido e mi convinco che gli uccelli hanno un valore morale all’interno delle pareti di filo di ferro che li racchiudono. Credo di essere una persona emotivamente consapevole che dà l’impressione di un tranquillo pensionato ma cosa si

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racchiude nel mio subconscio? Cerco di avere un sorriso affabile e, a volte, trovo il tempo di leggere qualche quotidiano ma molto più spesso riviste specializzate in ornitologia. Sono giunto alla conclusione che il locale di allevamento sia certamente un buon investimento per la pace dell’anima; un po’ come quello che succede agli eremiti nel chiuso dei loro eremi e ancora mi chiedo cosa li spinga ad isolarsi dal mondo. Il consolidamento morale credo sia una risposta logica agli incentivi che questo hobby ci pone di fronte.

tempo rimanere persone felici, che anzi traggono giovamento da tale evento. Un individuo controllante, quale è l’allevatore, lo è per natura. Egli soddisfa la propria natura controllando (sensazione di benessereserotonina) e ne trae un vantaggioricompensa con altissima probabilità di ripetere il comportamento (dopamina-rinforzo).

Per comprendere questo fenomeno bisogna ritornare al ventesimo secolo. Prima del 1900, quando la maggioranza degli allevamenti si fondava su una scala di conoscenze relativa-

Sicuramente si vanno talvolta a trascurare alcuni aspetti importanti della vita, come la soddisfazione familiare e delle persone che ci circondano. È vero, senza falsi moralismi, che ci potrebbero pure essere vantaggi ad allevare gli animali, ma non dovremmo mai tralasciare le implicazioni psicologiche di un’attività così emotivamente intensa che comporta anche la cessione dei soggetti. Questa pratica spesso necessaria e conseguente alla densità di produzione, riesce a far superare il legame emotivo tra allevatore e animali. In parole povere, ciò permette di cedere gli uccelli in “surplus” e al con-

mente bassa, gli allevatori vedevano i propri animali come frutto del proprio diletto e più spesso attribuivano loro un valore affettivo. Venivano visti come degli esseri viventi con bisogni unici che, se non soddisfatti, avrebbero portato ad una perdita di soggetti. I manuali avicoli dei diversi periodi suggerivano di routine agli allevatori di fare ascoltare ai propri animali musica, parlando loro con toni di voce piacevoli e rassicuranti, garantendo che i loro spazi fossero abbastanza capienti per accudirli con affetto tutti i giorni.

Oggi per questo tipo di attenzioni non si ha più tempo; è comunque da

Gli allevatori del ‘900 non si riferivano mai ai loro uccelli come a degli oggetti numerati. Forse erano più saggi perché il sistema di allevamento che praticavano era definito da una vicinanza fisica

censurare il controllo alimentare diffusosi in maniera sconsiderata attraverso l’utilizzo di antibiotici a go-go ed estrusi per evitare l’inquinamento dei semi, senza pensare di incidere sicuramente sul benessere emotivo e psicologico di ogni animale. Cosa succederebbe al nostro stato mentale se da un giorno all’altro, invece del buon piatto di spaghetti, ci propinassero, senza possibilità di scelta, una scatoletta con spaghetti in capsule? Gli allevatori del ‘900 non si riferivano mai ai loro uccelli come a degli oggetti numerati. Forse erano più saggi perché il sistema di allevamento che praticavano era definito da una vicinanza fisica. Questa “intimità” garantiva che gli allevatori interagissero quotidianamente con i loro uccelli, sviluppando un sentimento scaturito dall’osservazione e dall’addestramento alle esposizioni, mentre oggi alcuni allevatori cercano mangiatoie capienti e beverini grandi in maniera di riuscire a passare solo ogni tre o quattro giorni presso i propri allevamenti. La scala personale dell’allevamento animale rendeva la mostra, che gli allevatori tendevano a frequentare ed organizzare, un’occasione solenne per una migliore conoscenza. Nessuna persona normale sarebbe rimasta indifferente di fronte alla vendita di un proprio campione o altro uccello allevato per diletto.

Successivamente le cose sono cambiate. Si è incominciato a concettualizzare l’allevamento come un’inizia-

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tiva strettamente quantificabile. Le persone si sono sempre meno curate delle idiosincrasie individuali, preoccupandosi più delle valutazioni collettive e della produttività. La produzione si è ampliata e, mentre questo succedeva, diversi presunti allevatori hanno iniziato a parlare in termini economici, con riferimento a tempi, spazi di riproduzione e di gestione delle malattie con medicinali da somministrare a scopo preventivo, senza accorgersi che stavano, giorno dopo giorno, rinforzando solo ed esclusivamente i germi che credevano di combattere. Altri, esagerando, sono arrivati a considerare le attività di allevamento al solo scopo di produrre un determinato numero di animali, a scapito dell'essenza del diletto dell'animo che dovrebbe essere cosa primaria dell'allevamento di canarini. Ciò non vuole essere retorico e altro non è che il balsamo psicologico che ogni allevatore porta con sé.

È nel contesto di queste qualità che la costante interazione con gli animali rende impossibile ignorare che il “beneficio” psicologico dell’allevamento diventi chiaro.

Oggi molti critici di quello che attualmente è l’allevamento aviario insistono perché esso debba ritornare al sistema di allevamento amatoriale, cioè senza pensare ai grandi numeri. Mi chiedo se, in un’era post-darwiniana incentrata sull’etologia (lo studio dei comportamenti animali), ne sappiamo troppo o troppo poco sulle emozioni e sull’intelligenza animale per guardare negli occhi i milioni di uccelli allevati con sincero affetto e attenzione; in altre parole, siamo pronti culturalmente ed emotivamente a sostenere moralmente le attività di allevamento da noi praticate per la “riproduzione” degli uccelli?

Per concludere, credo che ogni allevatore di uccelli abbia delle insicurezze da affrontare, e l’allevamento amatoriale può contribuire ad appagare almeno in parte quella voglia di “gestire” che non riusciamo sempre a soddisfare attraverso altre manifestazioni della vita.

I NOSTRI LUTTI

In ricordo di Filippo Rossi

Il 18 gennaio 2024 il dott. Filippo Rossi, Presidente dell’Associazione AR.CA.FRA. è tornato alla Casa del Padre.

Amico di tutti e per tutti, attento e amante della vita, della natura e delle sue creature: i Canarini. Filippo ci ha lasciato un grande vuoto attorno.

Con lui abbiamo perso per sempre un pezzetto della nostra esistenza che viene a mancare, ma ciò che conforta è tutto il bene che ci ha lasciato, la sua allegria e il suo atteggiamento positivo verso la vita.

Pur avendo lasciato questa terra il tuo ricordo, caro Filippo, resterà sempre vivo nei nostri cuori.

Il Direttivo e Soci dell’Associazione Ornitologica AR.CA.FRA.

Giuseppe Nastasi ci ha lasciati

Con immensa tristezza e commozione comunichiamo che lo scorso mese di novembre ci ha lasciati Giuseppe Nastasi, Giudice Internazionale F.O.I-O.M.J. dei Canarini di Forma e Posizione Arricciati.

Un addio improvviso ed inatteso quello di Giuseppe che ci consegna in eredità il suo sorriso accattivante e la sua inesauribile passione ornitologica. Lo spirito particolarmente critico che contraddistingueva il suo carattere ci era ormai molto familiare. Eravamo abituati alle sue osservazioni, a volte pungenti ma sempre schiette e spesso costruttive. Non si risparmiava mai nel dispensare consigli ed esperienze ai colleghi giudici ed agli amici allevatori, soprattutto ai più giovani ed ai novizi. I suoi canarini Padovani, i suoi Fiorini, i suoi Arricciati del Nord ottenevano riconoscimenti e successi, ormai con regolarità, sia nazionali che internazionali.

Il destino crudele ha voluto che andasse via, a soli 60 anni, proprio durante lo svolgimento della Mostra Internazionale S.O.R. cui ormai da parecchi anni non mancava, sia da Espositore vincente e sia da Giudice. Ciao Giuseppe vogliamo ricordarti tributandoti un immenso affettuoso abbraccio

Gli Amici della tua Associazione Ornitologica Acese

NUMERO 2 - 2024 57

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Mostra divulgativa “Al Borgo”

testo di PIERLUIGI PELLEGRINO, foto E. DEL POZZO

Domenica 4 febbraio, nell’affascinante location de “Il Borgo della Marinella” di Amantea (CS), si è svolta una singolare esposizione divulgativo-didattica di canarini di colore, durante la quale è stata prevista la possibilità di interloquire con esperti qualificati allo scopo di migliorare la selezione dei tipi allevati.

I Sigg. Giudici FOI Alfonso Giordano e Arioste Grano hanno proceduto

ad una valutazione verbale dei numerosi soggetti di ottimo livello esposti, specie nella mutazione Opale, dando nel contempo precise indicazioni sulle caratteristiche previste dallo standard di ciascuna mutazione e rispondendo alle numerose domande poste dai molti intervenuti.

Alla fine della manifestazione i commenti degli allevatori sono stati assai positivi poiché avevano acquisito

un valido e prezioso contributo di nozioni certamente utili per affinare la selezione dei propri soggetti. Esperienza molto positiva e sicuramente da ripetere.

Oltre all’Associazione Amantia, padrona di casa, hanno collaborato alla realizzazione dell’evento le Associazioni Tirrenica e Paolana.

Si ringrazia l’Ordine dei Giudici per aver consentito l’intervento dei Giudici del Colore sopra menzionati.

NUMERO 2 - 2024 59 ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Argomenti a tema

P agina aperta

Riceviamo e volentieri pubblichiamo le osservazioni del socio Teo Gherardi, alle quali facciamo seguire i relativi riscontri.

Vorrei porre all’attenzione della redazione alcuni dubbi sorti durante la passata stagione mostre per avere un qualificato riscontro da parte vostra.

1)durante una mostra ho visto, tra una decina di stamm, uno stamm alimentato con “pasto unico”; idem in alcuni singoli della stessa categoria. A mio avviso, è sembrato un chiaro segno di riconoscimento; il presidente di giuria, interrogato su tale quesito, ha risposto che tutto era regolare. Non ritengo giusta tale disposizione, primo perché anche chi alleva con le perle o altri prodotti alternativi alle sementi, se facesse ugualmente, genererebbe molta confusione, ma soprattutto perché tanti allevatori che usano il “pasto unico” mettono a disposizione dei canarini anche la scagliola, quindi potrebbero alimentarli con sementi anche durante le mostre.

A seguito di varie e sempre maggiori richieste provenienti da molti allevatori dislocati su tutto il territorio nazionale, già da alcuni anni è stato deliberato che è possibile fornire nelle mostre espositive mangimi differenti dai semi purché forniti dagli stessi allevatori, senza così gravare sulle organizzazioni delle stesse manifestazioni. Visto il diffondersi della somministrazione di tali mangimi alternativi, si è ritenuto che gli stessi non possano

essere considerati come segno di riconoscimento, confidando anche nella massima correttezza deontologica dei Giudici FOI.

Si riporta di seguito lo stralcio del Verbale CDF 29/07/2021: “… Qualora in ogni caso concorresse la disponibilità dell’Associazione o del Comitato organizzatore potrà essere consentito all’Allevatore di fornire, a proprie spese, l’alimento specifico diverso da quello tradizionale per i soggetti di sua pertinenza esposti in mostra. Il diverso alimento non sarà considerato ricompreso fra i segni di riconoscimento di cui all’art. 31, lettera b), del Regolamento Generale Mostre. … “

2)Altra situazione che sta costringendo la stragrande maggioranza degli allevatori a ridurre sensibilmente le coppie o addirittura cessare l’allevamento. A differenza del recente passato è diventato sempre più difficoltoso cedere soggetti in eccedenza soprattutto per chi come me, e penso la maggioranza degli allevatori, non ha altre soluzioni se non ridurre drasticamente le coppie. Credo che la FOI dovrebbe attivarsi verso altre zone del mondo (Est Europa. Nord America, Cina ecc.). Mi rendo perfettamente che è più facile a dirsi che a farsi ma se non si sbloccano i mercati internazionali sarà sempre più difficile per i commercianti italiani ritirare il surplus che tutti gli allevatori devono smaltire riconoscendo anche un prezzo migliore.

desideri proporre un argomento scrivi a: redazione@foi.it
Se
60 NUMERO 2 - 2024

P agina aperta

La Federazione continua a monitorare la situazione internazionale ma, pur riconoscendo le attuali difficoltà che attanagliano il mondo dell’ornicoltura, non ha la possibilità – come da Statuto –di occuparsi di attività commerciali, o comunque inerenti la cessione/vendita di uccelli, riservate direttamente ai proprietari degli stessi. Sarà comunque massimizzato l’impegno a creare e supportare eventi e manifestazioni che possano essere fulcro di agevolazioni per le attività di interscambio tra gli allevatori.

3)Ultima richiesta che vorrei porre alla redazione riguarda la nostra rivista Italia Ornitologica: se fosse possibile, sarebbe opportuno ritornare - come è stato fatto in passato - a visitare e intervistare i nostri allevatori, registrare le loro filosofie di allevamento, le loro esperienze utili soprattutto per più giovani, in modo da offrire contenuti che vanno ad aggiungersi agli ottimi articoli di Giovanni Canali, agli utilissimi appunti di Mengacci su tutto quanto di genuino la natura ci offre, ecc.

La rivista Italia Ornitologica pubblica tutti gli interessanti articoli che pervengono volontariamente dagli autori, in base alle rispettive specializzazioni ed esperienze. La Federazione sollecita in tutte le occasioni i suoi tesserati a inviare testi e immagini a corredo, così da arricchire i contenuti della rivista. Sarebbe certamente auspicabile se, tra questi contenuti, fossero più presenti le interviste ad al-

levatori esperti, verso le quali verrà sollecitata l’attenzione degli autori che contribuiscono preziosamente alla realizzazione di ciascun numero.

4)Ultima ma non meno importante la richiesta di ritornare ad una vecchia utile informazione, cioè pubblicare sulla rivista l’elenco delle mostre a livello nazionale. Avere sotto mano, stampato, l’elenco completo consente di verificare subito a quali mostre partecipare a seconda delle esigenze di ognuno di noi. Credetemi non è perché non si può o non si vuole andare sul sito, ma non sempre è meglio finalizzare tutto on-line se si può divulgare un’informazione in 2/3 pagine all’anno della nostra rivista. Colgo l’occasione per fare i migliori auguri di buon anno a tutta la meravigliosa famiglia FOI.

La decisione di non pubblicare l’elenco del Calendario Mostre sulla rivista è stata presa dopo il periodo “Covid” che causò molte modifiche, annullamenti, ri-schedulazioni degli eventi in programma, generando molta confusione a livello comunicativo. Data la facilità di consultazione del sito federale, accessibile anche dalla maggior parte dei cellulari, è stata adottata l’esclusiva pubblicazione del Calendario Mostre on-line anche per gli anni seguenti, così da fornire una comunicazione esatta, corretta e aggiornata in tempo reale circa le date, i luoghi e le tipologie di mostre in corso di svolgimento su tutto il territorio nazionale.

NUMERO 2 - 2024 61
Argomenti a tema

Mostra divulgativa di Selargius

L’A.O.S. (Associazione Ornitologica Sarda) ha organizzato nei giorni 12-13-14 gennaio una mostra divulgativa nel centro storico di Selargius, nei suggestivi ambienti di una antica casa recentemente restaurata.

Per l’occasione sono state coinvolte le classi della scuola primaria del Comune dell’hinterland cagliaritano e gli alunni hanno risposto con grande entusiasmo, inviando disegni e pen-

sieri relativi agli uccelli, il loro allevamento e la vita in libertà. I migliori elaborati sono stati premiati con un uccellino e una gabbietta fornita dal Raggruppamento Sardegna. Nella giornata di sabato il Raggruppamento Sardegna, in collaborazione con l’A.O.S., ha organizzato un convegno tenuto dal dott. Gianluca Todisco avente per oggetto l’alimentazione degli uccelli fra tradizione e nuove tendenze.

Gli allevatori hanno partecipato numerosi, mostrando interesse per l’argomento di grande attualità e ponendo molte domande al dott. Todisco.

Riteniamo che tali manifestazioni, ancorché non prevedano l’esposizione a concorso, siano molto utili sia per i neofiti sia per avvicinare i ragazzi al nostro hobby e, da ultimo, per creare momenti di incontro e di confronto tra gli allevatori.

62 NUMERO 2 - 2024 CRONACA

V olontariato

L’Eco dei Social

Cari

Amici oggi volevamo sottolineare l’importanza dei Social che, inevitabilmente, ci permettono di far conoscere e rendere note le nostre attività. In particolare la visita alla Casa di Riposo Madonna di Soverato di Terlizzi - Bari gestita da suore, nata proprio dalla curiosità di una infermiera che ha letto su Facebook della felicità e spensieratezza che gli anziani in una casa di riposo vivono con i nostri canarini. Questa comunità ospita 27 nonnini che ci hanno accolto con fiducia e attenzione particolare. Si è creata subito una situazione interattiva forte, ricca di domande, racconti e curiosità. I loro sorrisi parlavano da soli ed esprimevano, appunto, la loro voglia di conoscere da vicino i nostri amici canarini che hanno riacceso la memoria della loro giovinezza. In fondo, le persone anziane sono piccole e meravigliose poesie che con il tempo

hanno dimenticato una rima. Il nostro compito allora è proprio quello di donare loro parole, gesti, momenti che consentono ad ogni poesia di continuare ad emozionare ogni giorno che passa. Il nostro laboratorio di Didattica Pet ha portato un momento di svago, un incontro ravvicinato con i canarini che ha destato un gran interesse intorno al loro mondo. Abbiamo ascoltato le loro esperienze e sorriso insieme a loro, certi di aver donato tanto buonumore. Che ne dite allora di aiutarci a raccontare la nostra esperienza a tutti gli amici che come noi condividono questa bellissima passione? Noi ci crediamo e continueremo a farlo! Un grande grazie a chi ci aiuterà a rendere forte il nostro messaggio.

Giuseppe Albergo cell. 340.3039199

Progetti ed eventi
NUMERO 2 - 2024 63

Attività F.O.I.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 16 dicembre 2023

(La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) Incontro con i Presidenti di Raggruppamento: attività organizzative del convogliamento al Campionato Mondiale di Talavera (Spagna)

Il CDF dà atto dell’esito dell’incontro avuto con i presidenti/rappresentanti dei raggruppamenti regionali ed interregionali tenutosi a Lanciano alle ore 15,00 del 16 dicembre 2023. Nel detto incontro sono stati definiti i criteri, le modalità e le tempistiche dell’attività di convogliamento dei soggetti a concorso al campionato mondiale di Talavera (Spagna). Sono stati individuati i coordinamenti fra i raggruppamenti territorialmente confinanti al fine di gestire il trasporto in piena applicazione del benessere animale soprattutto per quanto attinente ai tempi di permanenza dei soggetti a bordo degli automezzi. Come nelle precedenti esperienze l’attività di convogliamento sarà centralizzata presso il deposito FOI di Calendasco per poi, una volta raccolti tutti i soggetti iscritti, accomodare i carrelli con i trasportini sull’unico automezzo che li condurrà a Talavera. L’automezzo prescelto per la trasferta da Calendasco a Talavera sarà della medesima tipologia di quelli utilizzati per le precedenti trasferte internazionali e sarà acquisito a noleggio dalla BRK Autotrasporti di Belperio Rosario - Longiano (FC). La medesima procedura sarà adottata anche per il rientro in Italia e la riconsegna dei soggetti ai legittimi proprietari.

Varie ed eventuali

-Il CDF, con riferimento alla proposta di convenzione per sessaggio molecolare aviario, pervenuta con mail del 24 ottobre 2023 da parte del Laboratorio Gentras di Prato, dopo attenta disamina dell’indicazione dei costi per i servizi offerti, ritenendoli concorrenziali rispetto a quelli ordinari di mercato, delibera l’accettazione della stessa con l’indicazione dei costi concordati disponendone la pubblicazione sul sito istituzionale. Le procedure per l’attivazione dei servizi convenzionati saranno concordate direttamente con i tesserati FOI interessati con i quali andranno altresì gestiti le modalità ed i tempi dei pagamenti.

-Il CDF prende atto del contenuto della lettera di scuse trasmessa dal tesserato Nicola Nastri (RNA 890D), iscritto all’Associazione Ornicoltori Salernitani “Enzo Nicastro” (cod. 440), che fa seguito all’incontro avvenuto in Modena il 25 novembre scorso, in cui erano presenti lo stesso Nicola Nastri, il Presidente COM Carlos Fernando Ramoa, il Presidente FOI Antonio Sposito ed il Presidente OMJ e vice Presidente FOI Diego Crovace.

-In considerazione dell’utilizzo di due differenti programmi per l’espletamento delle attività di giudizio nelle mostre ornitologiche e di tutte le funzioni ad esse connesse, atteso che il programma software denominato “GEM” ha un impiego minoritario, ma massivo rispetto all’altro software di recente impiego, denominato “ORNIMOSTRE”, considerato che il programma operativo dei tablet da utilizzare per i due software è differente, al fine di razionalizzare l’allocazione geografica dei tablet con cui si utilizza il programma “GEM”, consentendo la verifica del funzionamento (attesa la vetustà degli stessi) e l’uso alle associazioni che ne faranno richiesta, il CDF dispone la consegna di detti tablet da parte dei giudici che ne sono in possesso ai rispettivi raggruppamenti di appartenenza. Sarà cura della segreteria FOI fornire gli elenchi dei possessori di detti tablet ai presidenti di raggruppamento che avranno il compito di curarne la raccolta. Le associazioni ed i Comitati Organizzatori che opteranno per la scelta di GEM sono tenuti al preventivo aggiornamento dello stesso.

-Il CDF delibera l’invio alla COM ed all’Associazione Ornicoltori Salernitani di richiesta per la revoca dei premi assegnati all’allevatore Serra Nicolò RNA 2BBE che, inspiegabilmente, ha avuto possibilità di partecipare alla mostra internazionale di Salerno pur non essendo iscritto alla FOI per l’anno 2023. Si richiede altresì che, all’esito della revoca dei premi, questi ultimi vengano assegnati agli aventi diritto.

-Il CDF ratifica la proposta di tenuta della sessione d’esami per giudice nazionale per le sezioni D, FH ed I indetta dall’Ordine dei Giudici per il 13/14 gennaio 2024 a Gioia del Colle (BA).

64 NUMERO 2 - 2024

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