Italia Ornitologica, numero 7/8 2024

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Estrildidi Fringillidi Ibridi Il Passero (Passer domesticus)
Ondulati ed altri Psittaciformi Novelli, giovani, competizione e gioco
Didattica & Cultura La comunicazione negli animali
Canarini da Canto La ricerca del bel canto
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In copertina: Passero domestico mutato (Passer domesticus) Foto: DOMENICO CAUTILLO

Estrildidi Fringillidi Ibridi Ondulati ed altri Psittaciformi
Didattica & Cultura Canarini da Canto

Editoriale

Italia Ornitologica in festa!

NNella giornata di sabato 29 Giugno, presso la sede FOI di Piacenza, abbiamo avuto modo di festeggiare in “famiglia” il 50° anno di pubblicazione di “Italia Ornitologica”; un traguardo editoriale degnamente celebrato grazie alla graditissima partecipazione di alcuni tra i più assidui autori e collaboratori della rivista nonché di tanti esponenti del nostro movimento, presenti in occasione dell’annuale incontro con i Club affiliati, le CCTTNN e i Raggruppamenti Regionali. Nei giorni antecedenti tale evento, mi è tornato in mente che esattamente 20 anni fa, in occasione del trentennale di Italia Ornitologica, scrissi di impulso un messaggio alla redazione per congratularmi della eccezionale ricorrenza, frutto di un continuo impegno di coloro che al tempo si occupavano (e/o si erano occupati) della rivista. Non conoscevo personalmente l’allora Presidente, il compianto Salvatore Cirmi, che con mia grande sorpresa pubblicò quel messaggio sul numero successivo di Italia Ornitologica, poiché – così mi riferì successivamente – rimase colpito dal fatto che avessi notato e apprezzato quella ricorrenza; da quel momento, iniziò il mio coinvolgimento nella vita federale a vari livelli e in varie modalità di partecipazione fino a ritro-

varmi – oggi – a onorare il 50° anniversario della rivista. Salvatore Cirmi dedicava tantissima attenzione a Italia Ornitologica, considerandola il “fiore all’occhiello” della FOI. Abbiamo avuto modo di ricordarlo grazie anche alle belle e sentite parole del Presidente Antonio Sposito, sottolineando quanto fosse ancora “tangibile” la sua presenza tra noi. Memori di tale dedizione, nonostante le molte difficoltà che attanagliano il mondo dell’editoria, con i continui aumenti dei costi produttivi e delle materie prime, Italia Ornitologica sarà ancora stampata e distribuita con cadenza bimestrale a tutti i Soci FOI e agli abbonati/appassionati, con il fine di diffondere cultura, tecnica e cronaca ornitologica a 360°. Tutti sono sollecitati a sostenerla, dal Consiglio Direttivo Federale alle Commissioni Tecniche Nazionali, dai Raggruppamenti Regionali alle Associazioni e ai Club. Un sentito ringraziamento a coloro che sono stati testimoni di questo importante ed emozionante anniversario e a quanti avrebbero voluto esserci ma, per varie cause, non hanno potuto. Lasciamo spazio alle immagini per descrivere la bella atmosfera creatasi per tale occasione. “Italia Ornitologica”: da 50 anni, la “vita” della FOI nelle sue pagine.

Il Presidente Antonio Sposito con il Consigliere Gennaro Iannuccilli Il Presidente Sposito con l'Assessore Comunale Dadati A. Sposito, A. Cirmi, G. Iannuccilli con la torta celebrativa
Vista della sala FOI (lato sinistro)
Vista della sala FOI (lato destro)
Saluto ai partecipanti
Tributo a Giovanni Canali Tributo a Ivano Mortaruolo
Tributo a Francesco Faggiano
Tributo a Giovanni Fogliati
Tributo a Simone Olgiati Tributo a Francesco Rossini
Tributo a Filippo Morrone
Torta celebrativa del 50° Anniversario

Il passero (Passer domesticus) e le sue mutazioni

QQuello tra l’uomo ed il passero è sempre stato un rapporto simbiotico, in alcuni casi anche molto battagliero; ecco infatti che cosa succedeva agli inizi dell’800 nelle Regioni Vallone.

Vi erano corporazioni in cui il contadino doveva consegnare 25 passeri per squadra di cavalli che possedeva e, secondo i regolamenti del 1804 della corporazione dei passeri nel comune di Halsteren, ogni membro doveva consegnare 25 teste di passero all’anno, in determinati giorni, al capotribù.

Erano ammessi anche altri uccelli nocivi: una testa di corvo contava quattro passeri, lo stesso valeva per una testa di sparviero. Storni, picchi e gazze contano per due passeri e un fringuello o uno zigolo giallo per un passero. Se uno non poteva adempiere al suo dovere, veniva multato di mezzo penny. Verso la metà del XIX secolo, le direttive agricole cambiarono e gli uccelli, in special modo quelli insettivori, non furono più considerati dannosi, al contrario piuttosto utili per l’agricoltura.

Purtroppo negli ultimi 40 anni le cose sono cambiate, sfortunatamente in peggio; infatti, un recente studio rivela un massiccio declino di questa specie, un tempo una delle più comuni in Europa.

Passero domestico, foto: P. Rocher
Passerhispaniolensis, foto e all: Domenico Cautillo
Nido in voliera, foto e all.: BrunoZamagni
Prima parte

Ci sono infatti 247 milioni di passeri domestici in meno in Europa rispetto al 1980; purtroppo questa non è l’unica specie presa in esame ad aver subito questa triste sorte, in quanto negli ultimi quattro decenni si è assistito alla scomparsa di un sesto degli uccelli – una perdita di quasi 600 milioni di esemplari. Fra le specie maggiormente colpite vi sono la cutrettola gialla Motacilla flava (97 milioni di esemplari in meno), lo storno Sturnus vulgaris (75 milioni in meno) e l’allodola Alauda arvensis (68 milioni di uccelli in meno). Lo studio ha preso in esame i dati relativi a 378 delle 445 specie di uccelli nativi dell’Unione Europea e del Regno Unito, osservando che il declino degli uccelli è passato dal

Ci sono infatti
247 milioni di passeri domestici in meno in Europa rispetto al 1980

17% al 19% nel periodo compreso fra il 1980 e il 2017. Questo declino è particolarmente evidente fra quelle specie che vivono in aree coltivate.

Quella del passero domestico è la specie che ha subito le perdite maggiori, arrivando a perdere quasi metà della

sua popolazione – mentre il suo parente più prossimo, il passero mattugio, ha visto la perdita di più di 30 milioni di esemplari.

Molteplici le cause che hanno portato a questa débâcle; tra le altre, l’inquinamento ambientale, le malattie come la malaria aviaria ed inoltre le tecniche di agricoltura intensiva che stanno provocando la distruzione degli ecosistemi e la perdita dell’habitat per molti insetti nonché la loro scomparsa dovuta prevalentemente ai pesticidi utilizzati, considerato che questa specie necessita di molti insetti nel periodo della riproduzione per nutrire i suoi piccoli. Come se tutto questo ancora non bastasse, si aggiungono l’inquinamento

Trasformazione da nido da Canarino a nido da Passero
Altro nido molto amato dai Passeri, foto e all. Domenico Cautillo
Passeri mutati a nido, foto e all.: BrunoZamagni
3 Novelli ("Pheo", Pastello, Bruno), foto e all.: BeataGallipoli

delle falde acquifere oltre all’aumento delle popolazioni di gatti domestici, predatori di piccoli uccelli.

A Parigi, ad esempio, sembra che la diminuzione di oltre il 50% sia più netta nei quartieri in cui gli abitanti sono cam-

biati nel tempo, da appartenenti alla classe operaia a quelli della piccola e media borghesia, un fenomeno chiamato gentrificazione.

Vorrei inoltre riportare un caso veramente originale: nei giardini di Gla-

sgow, in Scozia, sono stati segnalati dei passeri che avevano assunto una colorazione rosa carico e quegli uccelli sembravano abbastanza sorprendenti. “Si pensa che tali uccelli si siano nutriti di mangime per salmone a pellet lasciato

Novelli di Passera lagia, foto e all.: BeataGallipoli
Maschio bruno, foto e all.: BrunoZamagni
Novello di Passero Bruno, foto e all.: BeataGallipoli

incustodito e che il contenuto di gamberetti che aiuta a trasformare la carne di salmone in rosa promuova la crescita di queste piume così colorate”. Ron Summers, principale scienziato della conservazione presso RSPB Scotland, ha affermato che anche le bacche potrebbero aver causato il colore rosa. “Le bacche ad alto contenuto di rodoxantina, un pigmento, hanno causato il piumaggio rosso/rosa anche in alcuni uccelli del Nord America. Presumo che ciò ac-

cada nel periodo della muta o quando sono pulcini. Altrimenti non sarebbero in grado di accumulare il colore sulle piume esistenti”.

Il passero in natura

In Italia vivono ben quattro specie del genere Passer che sono il passero domestico (P. domesticus), diffuso in tutta Europa, il passero d’Italia (P. italiae) tipico del nostro Paese e di poche altre aree, ritenuto da molti ornitologi un

ibrido tra il passero domestico e la passera sarda, la passera mattugia (P. montanus), che si distingue per una taglia inferiore e per due macchiette sulle guance e la passera sarda (P. hispaniolensis) diffusa in Sardegna, Sicilia ed in alcune province pugliesi, oltre alla passera lagia (Petronia petronia).

Nel Basso Piemonte, dove sono nato, fuori dai paesi, il ‘Passero ‘ era il Mattugio. Ve ne erano a migliaia, forse milioni, a rallegrare col loro cip cip frutteti, vigne, campi di cereali, boschetti e filari di gelsi. La sera poi, già sul presto e col sole, si riversavano a nugoli nei boschetti di robinie a “ciarlottare” fino al buio, prima del sonno ristoratore... ora se ne vedono pochissimi.

Il passero in ambiente domestico Questa specie fa parte della nostra vita quotidiana in modo tale che alcune volte non ci accorgiamo nemmeno della sua presenza.

È più che dimostrato che il passero domestico è un uccello robusto che sa resistere alle avversità; questo grazie al suo forte becco, al suo corpo tozzo, alle sue zampe potenti e al suo fitto piumaggio.

Presenta dimorfismo sessuale molto evidente; il suo legame con l’uomo è molto forte e basti pensare che nelle regioni inospitali dove l’uomo non vive non troviamo nemmeno i passeri.

Continua sul prossimo numero

Maschio Agata, foto e all.: BrunoZamagni
Femmina Agata, foto e all.: BrunoZamagni
Maschio Opale, foto e all.: BeataGallipoli

Novelli, giovani, competizione e gioco

Prima dell’inizio dell’estate i pappagalli adulti sono in piena attività riproduttiva. E la cura va fo-

(*)Direttore Scientifico Fondazione Loro Parque

La crescita degli uccelli dipende molto dall’interazione tra loro

calizzata su questa parte della gestione, insieme al mantenimento dei nuovi soggetti che stanno diventando indipendenti e dovranno interagire con i giovani dell’anno precedente. La crescita degli uccelli dipende molto da questa interazione tra loro. Anche il loro comportamento alimentare migliora nella competizione tra loro se

3 Ara di Coulon (Primoliuscouloni) con 2 Conuri di Patagonia (Cyanoliseuspatagonus) al LPF - foto: M.Pérez(LPF)

condividono gli spazi fin dalla tenera età.

Il periodo riproduttivo è più impegnativo. L’osservazione dovrebbe essere dedicata alle coppie adulte, alla loro alimentazione speciale per la stagione, alla loro incubazione e riproduzione. Bisogna invece prestare attenzione ai giovani degli anni precedenti, così come un’attenta osservazione dei novelli, che devono crescere in modo ottimale.

Tuttavia, molti allevatori potrebbero pensare che la nutrizione sia la magia che mantiene i pappagalli al meglio. La dieta deve essere accompagnata, nel caso dei pappagalli, dai fattori psicologici propri di questo tipo di uccelli. I pappagalli sono uccelli sociali e il loro benessere dipende direttamente da questo fattore. Per questo motivo è sempre consigliabile che siano sempre

Tuttavia, molti allevatori potrebbero pensare che la nutrizione sia la magia che mantiene i pappagalli al meglio

in compagnia di un altro psittacide simile anche se non si trova nella stessa voliera. Semplicemente stando vicini, il loro comportamento cambia, agendo con più calma rispetto a quando sono isolati. Il rischio che un pappagallo sviluppi un comportamento inappropriato aumenta proporzionalmente in situazioni solitarie nel corso degli anni. Le circostanze ambientali, che possono sempre cambiare, hanno un effetto minore se un pappagallo è in compagnia di un pappagallo simile nelle vicinanze. Comprendendo questo concetto, al Loro Parque Fundación, mettiamo i novelli in crescita in compagnia di altri soggetti. Ciò si traduce in animali più sani che crescono meglio e più velocemente.

Per le specie di piccole dimensioni, come i parrocchetti australiani, la cre-

Parrocchetti australiani nella nursery del Loro Parque, foto: M.Pérez(LPF)
Cacatua di Goffin (Cacatuagoffiniana) al LPF

scita di più pulli nel nido o nell’incubatrice fa la differenza nel loro sviluppo. Si tengono più caldi a vicenda, il loro gozzo è più stimolato e il comportamento si evolve con comportamenti specie-specifici.

Nelle specie più grandi è particolarmente evidente che questo contatto diretto fa anche una differenza sostanziale rispetto all’allevamento di un singolo uccello. Nelle prime fasi dell’indipendenza, l’interazione con altri uccelli consente loro di diventare più forti attraverso il gioco e la competizione.

Il modo in cui si nutrono in gruppo è molto diverso da quello dei pappagalli che crescono isolati. Anche l’atteggiamento degli uccelli si trasforma poiché la com-

Le circostanze ambientali

hanno un effetto minore se un pappagallo è in compagnia

petitività li rende più attenti e più rapidi nel rispondere agli stimoli. Molti allevatori pensano che sia meglio separare un pappagallo fin da piccolo per renderlo più docile nei confronti dell’uomo. Invece, il risultato è l’opposto di quanto previsto perché allevano un uccello che a lungo termine è più dipendente, più debole e più insicuro. Non dobbiamo dimenticare che i pappagalli sono entusiasti di giocare, sebbene non abbiano realmente bisogno di avere un giocattolo specifico. Giocano con qualsiasi cosa, quindi è bene offrirgli una varietà di materiali, in modo casuale, per incoraggiare questo comportamento giocoso che rafforza le loro condizioni fisiologiche in generale.

La comunicazione negli animali

La parola è uno strumento fondamentale per l’uomo. Senza la parola, non ci sarebbe civiltà, non essendoci modo di comunicare ad alto livello, instaurando vari tipi di rapporto. Gli animali non hanno la parola ma possono avere gradi di intelligenza più o meno elevati a seconda della specie di appartenenza e comunicano in vari modi anche se diversi della parola. Quante volte abbiamo sentito la frase: “gli manca solo la parola” riguardo per solito al cane. Sappiamo tuttavia che il cane comunica e non poco, con i suoi simili ed anche con l’uomo, quando questi ne capisce il linguaggio. I latrati non sono tutti uguali, il pelo ritto oppure no non è la stessa cosa, come il movimento della coda e delle orecchie ed anche altro, come il ringhiare.

Gli animali non hanno la parola ma possono avere gradi di intelligenza più o meno elevati a seconda della specie di appartenenza

Si sa di una rana esotica maschio (Eleutherodactylus coqui) che emette suoni bisillabici, da cui il nome onomatopeico coqui; ebbene un suono, il “co” è di minaccia per gli altri maschi, l’altro, il “qui” di richiamo per le femmine. Vale a dire che i maschi reagiscono negativamente al “co” e le femmine positivamente al

“qui”. Un fenomeno interessante legato a diverse sensibilità alle frequenze dei suoni (chilohertz), maggiori nelle femmine. Il fenomeno, come altri, è ottimamente illustrato sul bellissimo testo: “L’etologia caso per caso” di Danilo Mainardi, editore: Giorgio Mondadori & Associati Editori S.P.A. 1988 (redazione Milano).

Sappiamo che nel mondo animale vi sono non solo suoni, ma anche colori, odori e soprattutto movenze che costituiscono comunicazione. Basta pensare ai “lek”, cioè alle esibizioni nelle arene, vale a dire in luoghi deputati, di varie specie come il gallo cedrone, il combattente o gli uccelli del paradiso. Vi sono anche esibizioni ben note e suggestive come la ruota del pavone che appunto si pavoneggia per attirare

Usignolo, fonte: Animalidacompagnia.it
Fagiano, fonte: www.spiritoinvolo.it

le femmine. Sappiamo anche di intimidazioni spesso ritualizzate per evitare scontri cruenti. Pure esistono segnali di sottomissione o resa come l’offerta della giugulare nei canidi. Nella maggior parte dei nostri uccellini, come nei Fringillidi, non esistono segnali di resa;

la resa sarebbe l’abbandono del territorio, ma questo non può accadere in gabbia. Pertanto l’aggressione del soggetto più forte continua, talvolta fino all’uccisione del più debole, quindi occorre l’attenzione dell’allevatore che intervenga.

Oggi ci sono in corso studi importantissimi sul linguaggio degli animali che prevedono anche l’uso dell’intelligenza artificiale; si ipotizzano e sperano grossi risultati, anche se non manca chi mette in guardia da possibili errori od equivoci. In effetti un problema sarà quello di identificare quali aspetti hanno valore di segnale con funzione comunicativa. I successi finora ottenuti nella traduzione delle lingue umane sarebbero incoraggianti, ma con le altre specie animali vi sono diverse difficoltà. L’uomo comunica principalmente con la parola, ma anche in altri modi. È argomento ormai diffusamente studiato: sulla modulazione dei toni, il linguaggio del corpo, sui simboli, sul gesto, ecc. Nell’uomo la parola tuttavia può anche essere scritta e questo non è un aspetto piccolo, tutt’altro: ne prolunga l’effetto nel tempo e ne aumenta la trasmissibilità. In fondo, però, le tracce odorose, i graffi sui tronchi e sul terreno coi quali alcune specie marcano il territorio non svolgono un po’ la medesima funzione?

Noi udiamo solo suoni di alcune frequenze, non gli ultra né gli infra-suoni, non vediamo frequenze visive (colori) più alte del violetto (ultravioletto) né più basse del rosso (infrarosso). Perce-

Canarino, fonte: www.cibocanigatti.it
Merlo, fonte: canberrabirds.org.au
Pettazzurro, fonte: www.canti-uccelli.it

piamo i segnali elettrici solo oltre una certa intensità e quelli elettromagnetici mai del tutto. Molte specie di pesci, pipistrelli, ecc. ci sembrano perciò muti proprio perché se ne avvalgono. Anche il nostro olfatto è limitato rispetto a quello di certi animali, che possono percepire e interpretare sfumature odorose per noi impercettibili. Su questo aspetto, cito Ed Yong nel suo Un mondo immenso, La nave di Teseo, Milano, 2023.

In campo ornitologico ben sappiamo che alcuni uccelli sono in grado di imitare il linguaggio umano e non solo, se la loro siringe lo consente. Talora certi pappagalli non parlano semplicemente “a pappagallo”, come si dice, ma sono in grado di usare le parole giuste associate alla circostanza giusta. Vi sono studi specialmente sul pappagallo cenerino che dimostrano associazioni corrette. Non mi dilungo ma, parlando di espressioni diverse, cito il fatto che un canarino maschio che risponde ad un altro maschio lo fa con toni differenti da quando corteggia una femmina; nelle gare di canto si fa in modo che i cantori non si vedano per evitare suoni non graditi, probabilmente di intimidazione, e non ci devono neppure essere femmine in giro. Semmai negli stamm (con gabbie impilate) si mette il più volenteroso in basso per incoraggiare gli altri, forse per imitazione e/o competizione canora.

Dagli studi già noti, sappiamo che il canto qualifica il cantore, come specie e sesso; sappiamo altresì che il canto delimita il territorio e può essere sia di minaccia per altri conspecifici maschi sia di attrattiva per le femmine. Tuttavia si è rilevato che oltre questi aspetti principali, ve ne sono altri, in particolare un canto ludico fine a sé stesso; in altri termini, gli uccelli cantano anche perché gli piace farlo (o come mezzo di “allenamento”?). Interessante a questo proposito il testo di David Rothenberg “Perché gli uccelli cantano”, copyright 2006 Ponte alle Grazie - Milano. Esistono anche versi sonori per chiamare i pulcini o annunciare la deposizione dell’uovo, celeberrimi quelli di gallina. Comunque la comunicazione degli animali, per quanto ne sappiamo finora, non si avvicina (non se n’è indi-

viduata una sintassi complessa che illumini le funzioni causali, le successioni temporali e così via, la disponibilità di molti vocaboli) al linguaggio dell’uomo, che non è solo parola singola ma discorso complesso con regole complesse, anche se per semplificare in

modo incisivo, a volte si sintetizza semplicemente con parola scritta o verbale (e i suoni, urla, toni, gesti). Ma la decantata memoria dell’elefante, a cosa servirebbe e perché si sarebbe sviluppata se i suoi contenuti non potessero essere trasmessi al branco?

Pavone, fonte: www.focusjunior.it
Pappagallo cenerino, fonte: www.petme.it

La reazione di Maillard

Una disamina dei probabili effetti nell’alimentazione dei canarini e dei più comuni uccelli d’affezione

testo e foto di PASQUALE LEONE

Premessa

Lo scopo di questo scritto ha carattere meramente divulgativo, essendo destinato agli ornicoltori. La poliedricità dell’assunto tocca aree che vanno dalla chimica alla medicina e ovviamente alla nutrizione. Nell’ambito alimentare, questo processo è stato ampiamente studiato per gli effetti che genera sulla qualità degli alimenti. Finora, nel circuito letterario scientifico, nulla è stato pubblicato a riguardo.

È auspicabile che quanto segue possa essere da stimolo per futuri approfondimenti, specialmente in considerazione del fatto che nell’ultimo decennio la base alimentare dei più comuni uccelli di affezione e in particolare della specie Serinus canaria è andata spostandosi sempre più dai semi verso prodotti sottoposti a procedimenti termici.

Cos’è la Reazione di Maillard

La reazione di Maillard (RM) si verifica quando gli zuccheri riducenti e le proteine (gruppi NH2) interagiscono sottoposti a specifiche temperature (durante la cottura, tra i 140° e i 180°) e in condizione di bassa attività dell’acqua. Si tratta di un fenomeno alquanto complesso che scaturisce da una serie di reazioni che portano come risultato finale che l’alimento abbia un odore e un colore caratteristico.

Essa si suddivide in tre fasi:

1.fase iniziale (initial stage): non avviene nessuna colorazione o nessun aroma, ma un processo chimico definito “prodotto Amadori”

La reazione di Maillard (RM) si verifica quando gli zuccheri riducenti e le proteine (gruppi NH2) interagiscono sottoposti a specifiche temperature

2.fase intermedia (intermediate stage): i prodotti subiscono una leggera colorazione e si percepisce notevolmente l’aroma degli stessi

3.fase finale (final stage): determina la formazione di un colore che arriva fino al marrone scuro e nella quale gli aromi raggiungono la loro massima espressione.

I fattori che determinano la RM sono

molteplici e vanno dalla quantità e dall’attività dell’acqua al tipo e quantità degli elementi e, per finire, al tempo e alla temperatura alla quale questi ultimi sono sottoposti.

Perché si usa una tecnica di cottura che prevede questa reazione Nell’alimentazione umana, la tecnica di cottura che prevede questa reazione è molto usata in quanto conferisce agli alimenti sottoposti a tali processi particolari caratteristiche organolettiche attese dal consumatore in un prodotto cotto. Siffatta tecnica conferisce all’alimento quello che scientificamente viene definito un “imbrunimento non enzimatico”; per rendere l’idea, nella pratica ciò costituirebbe la crosta se prendiamo come riferimento ad esempio il pane, oppure quella “crosticina” marrone che si forma quando

Schema sintetico della RM con foto di Louis Camille Maillard, da cui deriva il nome della reazione

la carne o il pesce vengono soffritti e che fornisce ulteriore sapore alla pietanza.

Conseguenze della reazione di Maillard

Come in ogni reazione, vengono prodotti degli effetti che possono essere sia positivi che negativi. Volendo fare un esempio pratico, se sottoporre un cibo ad un trattamento termico (cottura) è positivo per renderlo edibile, di contro, ciò potrebbe essere causa della perdita di nutrienti. Se questa disamina viene fatta in relazione alla RM, va preso in esame che essa va sempre tenuta sotto controllo poiché, una volta raggiunte le caratteristiche sensoriali ottimali (colore, odore e sapore), continuare nel processo termico potrebbe portare a formare dei composti pericolosi per la salute. Non avendo questo scritto referenze scientifiche nella fattispecie, non saranno riportati riferimenti di tecnologie alimentari su studi enzimatici correlati alla RM inerenti l’alimentazione umana. Tuttavia, va segnalato che alcune sostanze (l’acrilamide, le ammine eterocicliche e i glicidil esteri) sono stati ritenuti dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authority) potenzialmente cancerogeni.

Considerazioni

Nell’alimentazione degli uccelli di affezione, gli effetti che la RM potrebbe avere sono sostanzialmente correlati all’utilizzo di pastoni, prodotti alimentari unici e di alcuni integratori alimentari. Questi ultimi, avendo almeno in teoria una bassa percentuale di assunzione, non rivestono interesse nella disamina in oggetto, anche in virtù del fatto che comunque il loro utilizzo dovrebbe avere una durata temporale relativamente limitata.

Pertanto, il punto va focalizzato sui pastoni e gli alimenti unici.

Va premesso che in Italia la quasi totalità delle aziende hanno un notevole tasso di professionalità. Pertanto, se prendiamo in esame i pastoni, la distinzione da fare in questo caso è tra due tipi, ossia i pastoni prodotti con materie prime e quelli prodotti con scarti di panificio e/o di pasticceria. Già in passato su questa rivista è stata approfondita la questione inerente la salubrità per ciò che concerne la carica batterica dei pastoni non prodotti con materie prime. A scanso di equivoci, va chiarito che un alimento viene definito “salubre” quando non possiede sostanze nocive e, nel contempo, ha una carica batterica bassa. In genere, vengono prese in esame sostanze nocive provenienti da contaminazioni crociate che si verificano durante i pas-

saggi nella fase di produzione e confezionamento. In questo caso, le potenziali sostanze nocive vanno considerate come un effetto della RM.

Un altro punto da considerare è la genuinità dell’alimento a seguito della RM.

Nell’ambito della scienza della nutrizione, per “genuino” non si intende un alimento composto da ingredienti sani, bensì un alimento che mantiene inalterate le proprie caratteristiche organolettiche e nutrizionali. È palese che sarebbe opportuno utilizzare pastoni prodotti con materie prime, sia per una questione di salubrità, poiché il prodotto subisce minori passaggi e di conseguenza minori possibilità di contaminazioni crociate, sia per una questione di genuinità (sempre in relazione alla RM) poiché non avrebbe senso “antropomorfizzare” un alimento destinato a dei volatili di affezione con delle caratteristiche organolettiche prettamente apprezzate dagli umani. Invero, gusto e aroma distinti che la RM conferisce agli alimenti non pare siano particolarmente apprezzati dagli uccelli, perlomeno dai canarini. Per gli alimenti unici, valgono le stesse considerazioni fatte per i pastoni prodotti con materie prime. Il nome di questi alimenti, spesso caratterizzati dall’anglicismo feed, viene erroneamente tradotto come “pasto unico”.

Nei pastoncini prodotti con scarti di panificio o di pasticceria in genere non è possibile vedere gli effetti della RM, poiché vengono aggiunte sostante coloranti e aromi artificiali
Nei pastoncini prodotti con materie prime, si evince una colorazione che non prevede degli effetti deleteri della RM, visto che gli uccelli non sono particolarmente attratti da queste caratteristiche organolettiche

Per quanto il termine feed sia appropriato, la traduzione non lo è. Per feed si intende “mangime, alimento, nutrimento”, in senso lato “razione”, mentre per pasto si utilizza il termine meal.

Conclusioni

Il fatto che non ci sia ad oggi nessuna letteratura scientifica specifica a riguardo degli uccelli d’affezione non consente di trarre delle conclusioni dettagliate nel campo nutrizionale. Tuttavia, in considerazione di quanto riportato dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, va perlomeno segnalata la possibilità che vi possano essere effetti collaterali (probabili ma non certi, come riferito dall’EFSA, e comunque in relazione agli esseri umani) dovuti all’acrilamide prodotto dalla RM. Ininfluente la genuinità nutrizionale, specialmente in rapporto ai prodotti alimentari realizzati con materie prime.

prodotti unici, per quanto riguarda la RM, vale quanto detto per i pastoncini prodotti con materie prime;

una certa omogeneità di caratteristiche, pur essendo tutt i prodotti presi in esame di ditte differenti

si

Nei
difatti,
denota

•Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

•All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*)Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

Questo mese, il protagonista di Photo Show è: SAMUEL PUGLISI R.N.A. 5BPP con la fotografia che ritrae il soggetto:

“Ondulato di Colore Ala Nera Verde novello” (Melopsittacus undulatus)

Complimenti dalla Redazione!

A proposito della mutazione Agata

Lo scorso anno, in data 01/10/2023, su invito del Club Hornemanni, nelle mie vesti di Presidente della CTN-EFI ho partecipato ad una riunione tenutasi a Colloredo di Monte Albano (UD), nella sede di Ornitalia. Il tema del giorno da trattare era l’indirizzo selettivo per la mutazione Agata e Isabella nel Lucherino europeo. La gran mole di soggetti che erano stati riprodotti in ambiente domestico dagli appassionati allevatori della specie, che avevano ereditato il testimone da parte del compianto collega Paolo Gregorutti, precursore nella selezione della va-

Ad oggi manca uno standard di giudizio specifico per loro, si pensò in maniera costruttiva di dare un indirizzo selettivo agli allevatori, affinché avessero chiaro il traguardo verso cui convergere

riante fenotipica Agata nel Lucherino, reclamavano con urgenza indicazioni chiare e specifiche mirate ad indirizzare correttamente la selezione di questa nuova variante fenotipica.

Con estrema meraviglia, ho ammirato in anteprima una mole di soggetti riprodotti nella variante fenotipica Agata, sia maschi che femmine, e un certo numero limitato di soggetti Isabella, seppur di sesso femminile. Infatti, parecchi allevatori partecipanti alla riunione, allo scopo di affrontare il tema del giorno in presenza dei soggetti mutati, si erano fatti carico di portare con sé parte del frutto del proprio allevamento. Tenuto conto che da lì a breve quelle varianti fenotipiche ce le saremmo ritrovate esposte nelle principali mostre specialistiche, su gran parte del territorio nazionale, ed in considerazione del fatto che ad oggi manca uno standard di giudizio specifico per loro, si pensò in maniera costruttiva di dare un indi-

rizzo selettivo agli allevatori, affinché avessero chiaro il traguardo verso cui convergere, ma ancor di più per continuare a programmare gli accoppiamenti mirati per gli anni successivi. Inoltre, si poneva la questione urgente di fornire utili elementi ai Giudici del collegio di specializzazione EFI, appartenenti alla sezione GH, affinché potessero avere durante il giudizio un iniziale riferimento oggettivo quale punto di riferimento unanime, nell’attesa che venisse redatto lo standard di riferimento. Lo scopo della giornata era quello di raccogliere più dati ed informazioni pos-

Disegno eumelanico su un piumaggio affetto da variante fenotipica ossidata (disegno allineato, spesso e continuo)
Disegno eumelanico su un piumaggio a variante fenotipica diluita (Agata e Isabella), disegno allineato, stretto, spezzettato e ad intervalli regolari

sibili, insieme agli allevatori della specie, ma principalmente in presenza dei soggetti mutati, affinché successivamente, insieme agli altri due membri della CTNEFI, Carmine Bloisi (sezione GH) e Manuele Piccinini (sezione FH), si diramasse una nota congiunta al collegio di specializzazione EFI contenente elementi utili per definire oggettivamente le varianti fenotipiche indagate sia sotto il profilo del Disegno che del Colore. Le successive considerazioni conclusive, a valle di quell’incontro, furono raccolte quindi in un documento scritto inviato ai giudici del collegio di specializzazione

EFI in data 04/10/23, prima che avesse inizio la stagione mostre 2023. Il documento inviato al collegio di specializzazione conteneva chiare indicazioni riguardo l’indirizzo selettivo da dare ai Lucherini Agata, facendo rilevare che i soggetti maggiormente apprezzati nella suddetta variante fenotipica Agata risultano essere quelli che esprimono un disegno sottile, spezzettato a grani o chicchi di riso, regolare negli intervalli vuoto-pieno e preferibilmente quanto più lineare possibile, sia sul dorso che sui fianchi.

Quella sintesi non fu certamente il ri-

sultato della ricerca di un banale gusto estetico. Fu il risultato di una ricerca selettiva, rispettosa dell’identità scientifica dell’effetto mutante.

Se avessimo indirizzato la selezione verso la moda del momento avremmo per forza di cose preferito convergere verso disegni a trama larga e continui (disegno tipico delle varianti fenotipiche ossidate). Ma così non è stato. Sappiamo bene che la selezione non è una passerella cui far sfilare i nostri soggetti vestiti con toni e disegni impropri che non identificano l’azione del gene mutante. La selezione è una cosa seria, rispettosa della identità dell’effetto mutante, e come tale il fenotipo crediamo debba convergere, in maniera naturale ed indiscutibile, verso trame e toni coerenti con l’effetto mutante.

Ricordo che nei fenotipi ossidati (Classico e Bruno) abbiamo da sempre preferito un disegno dorsale e sui fianchi molto importante, connotato da larghi rigoni molto ossidati composti da eumelanina (nera o bruna) e sotto il profilo geometrico quanto più lineari possibili e non spezzettato. E ciò in considerazione del fatto che nelle penne dei distretti prima citati (specialmente sul dorso) si ha una topografia della melanina concentrata maggiormente nella parte centrale della penna e contornata perimetralmente lungo i bordi della penna medesima, dal pigmento feomelanico. Risulta pertanto legittimo pretendere un disegno importante e continuo nei fenotipi ossidati (Classico e Bruno).

Nel fenotipo Agata e Isabella (Agata+Bruno) queste affermazioni valide per i fenotipi ossidati, per ovvie ragioni a carattere scientifico, vanno riconsiderate. Intanto, in considerazione del fatto che il pigmento eumelanico connotato dalla mutazione Agata si presenta ridotto (primo fattore di diluizione), non possiamo e non dobbiamo più pretendere che si manifesti con il medesimo Disegno a trama largo e continuo, di cui si è detto per i fenotipi ossidati (Classico e Bruno). Nei fenotipi Agata, a causa dell’azione del gene mutante, il disegno eumelanico si manifesta ridotto di dimensioni (larghezza ridotta) ma anche in lunghezza, connotato da piccoli e spezzettati tratti (cosiddetti a grani o

F1 maschio mutato: Lucherino Agata x Canarino Agata (ottenuto da Matiaz Peric), foto: M. Peric
Prole mutata F1, maschio a destra e femmina a sinistra: Lucherino Agata x Canarino Agata (ottenuti da BrunoZamagni), foto: BZamagni
I due soggetti presentato fenotipo identico, foto: BZamagni

chicco di riso). Infatti, il pigmento eumelanico presente al centro della penna, a causa della riduzione dovuta

all’azione del gene mutante, non manifesta un disegno lungo con evidente trama centrale (per ogni singola penna)

che l’attraversa senza soluzione di continuità. L’azione del gene mutante Agata riduce il disegno (quale conseguenza

Lucherino Agata maschio. Si apprezza un disegno sottile, spezzettato ad intervalli regolari (a grani o chicco di riso) e possibilmente allineato, foto: C.Montagno

della diluizione del pigmento eumelanico) e lo fa apparire stretto e spezzettato. Inoltre, la drastica inibizione della sintesi del pigmento feomelanico accentua ulteriormente la trama spezzettata del disegno, venendo meno la pigmentazione periferica di ogni singola penna. Pertanto, i soggetti maggiormente apprezzati nella variante fenoti-

Lucherino Agata femmina. Il disegno sui fianchi dovrebbe volgere verso una trama maggiormente sottile e spezzettata ad intervalli regolari seppur mantenendo un regolare allineamento, foto: C.Montagno

pica Agata risultano essere quelli che esprimono un disegno sottile, spezzettato a grani o chicchi di riso, regolare negli intervalli vuoto-pieno e preferibilmente quanto più lineare possibile, sia sul dorso che sui fianchi. La linearità richiesta al disegno prefigge un ordine geometrico dei tratti che, seppur manifestandosi in maniera sottile e spezzettati, si adagiano lungo linee virtuali, grossolanamente rettilinee. E ciò in completa aderenza all’identità dell’effetto mutante.

La mutazione Agata non è una variante fenotipica ossidata. La mutazione Agata dalla letteratura scientifica viene definita come il primo fattore di diluizione. Pertanto ritengo sia rispettoso selezionare i fenotipi in aderenza all’effetto mutante. Quindi la selezione del disegno sottile, spezzettato a grani o chicchi di riso, è una scelta rispettosa dell’identità scientifica dell’effetto mutante e non certamente un modo per rincorrere la moda del momento.

Peraltro, bisogna stare attenti a non cadere nella tentazione di selezionare il fenotipo Agata verso fenotipi particolarmente ossidati, come già accaduto per esempio negli ultimi anni con il Verdone. Una attenta lettura dello standard del Verdone Agata maschio indirizza la selezione a far risaltare un disegno a grani completo, ma ridotto di colore nerastro. Mentre il pigmento lipocromico, carico intenso e brillante,

per la drastica riduzione della feomelanina e per la diluizione dell’eumelanina, si deve manifestare di tonalità limone ed avere un’estensione adeguata e uguale all’ancestrale. La carenza di lipocromo deve quindi essere considerata difetto grave del colore. Becco grigio, zampe carnicine o appena melanizzate e occhio nero.

Così come per le femmine di Verdone Agata, lo standard indirizza la selezione a far risaltare un disegno a chicchi della testa, del dorso, dei mustacchi, del disegno a grani del petto e dei fianchi come per l’ancestrale, seppur ridotto nello spessore. Il capo e il dorso devono presentare un fondo grigio chiaro su cui deve risaltare un disegno a grani grigio scuro quasi nerastro, completo e marcato, assimilabile a quello del tipo base. Groppone di colore verde chiaro intenso e brillante. La gola e il petto devono presentare un fondo grigio molto chiaro, quasi biancastro, su cui deve risaltare un disegno a grani ridotto, di colore grigio scuro e ben marcato. È richiesta una espressione completa dei mustacchi, del disegno a grani del ventre e dei fianchi, mentre il lipocromo apparirà limpido e di tonalità limone. Becco carnicino o appena melanizzato, zampe carnicine o appena melanizzate e occhio nero.

Nonostante queste chiare indicazioni, presenti all’interno dello standard del Verdone Agata, assistiamo quasi costantemente a vedere esposti nelle mostre ornitologiche soggetti ossidati fino all’inverosimile, non solo nel piumaggio, ma anche nelle parti cutanee e cornee (becco, zampe e unghie), tanto da farli apparire neri, con petto, ali e dorso privi addirittura di pigmento lipocromico; tali soggetti sono sovente supportati da una sottile pretesa di vittoria nella categoria in cui gareggiano, non tanto per una coerente aderenza delle loro linee selettive allo standard di riferimento, ma per una recondita ed illegittima consuetudine oramai consolidata.

Per finire, appare necessario anche dedicare delle circostanziate considerazioni alla fondatezza dell’acronimo Agata che è stato dato al recente fenotipo apparso nel Lucherino Europeo, selezionato dal compianto collega e amico Paolo Gregorutti.

Lucherino Agata femmina. Si apprezza un disegno sottile, spezzettato ad intervalli regolari (a grani o chicco di riso) e possibilmente allineato, foto: C.Montagno

Nei mesi scorsi si sono succeduti alcuni interventi, scritti o apparsi su Facebook, ad opera di studiosi ornicoltori, ma anche pubblicati su Italia Ornitologica ad opera del Giudice Riccardo Rigato, che hanno messo in discussione l’autenticità della suddetta mutazione Agata nel Lucherino, a causa della nascita di pulli che nei primi giorni di vita appaiono ad occhi rossi, quindi con una evidente depigmentazione delle melanine presenti nell’occhio. In aderenza a quanto avviene nel Verdone Ambra e nel Cardellino Aminet, si è concluso, in maniera forse un po’ frettolosa, che non sia corretto definire Agata la suddetta variante fenotipica del Lucherino, ma qualcos’altro di allelico (per esempio Aminet/Mascherato)

Mi permetto di ricordare che ogni specie possiede un proprio corredo melanico e lipocromico ed allorquando questi componenti biochimici vengono interessati dall’azione selettiva di un

Lucherino Agata femmina. Il disegno dorsale dovrebbe volgere verso una trama maggiormente sottile e spezzettata ad intervalli regolari seppur mantenendo un regolare allineamento, foto: C.Montagno

gene mutante come l’Agata, il risultato fenotipico finale non è certamente identico per tutte le specie. Sappiamo

che la mutazione Agata produce una riduzione quantitativa delle melanine presenti nel tipo base. Se diamo per scontato che il bagaglio eumelanico del Lucherino non sia così abbondante come in altre specie, diventa agevole spiegare come sia possibile ottenere un occhio depigmentato nei nascituri affetti dall’azione del gene mutante Agata. Peraltro, l’evidenza che il Lucherino non abbia un proprio corredo melanico importante, come quello presente in un Canarino, lo si deduce dal fatto che la mutazione Bruna nei Lucherini maschi non è sempre così agevolmente individuabile attraverso il fenotipo, per un occhio poco allenato o poco attento. Infatti, l’azione del gene mutante Bruno (mutazione qualitativa che trasforma l’eumelanina nera in Bruna), allorquando agisce su un corredo povero di pigmento eumelanico si riconduce ad un effetto flebile e poco percettibile visivamente, facilmente

confondibile con un fenotipo classico. Tale effetto mutante apparso recentemente nel Lucherino e selezionato ad opera di Paolo Gregorutti, è stato definito Agata (mutazione non ancora standardizzata) grazie ad una prova di complementazione eseguita dall’amico Giudice Internazionale OMJ di origine Slovena, Matiaz Peric, che per primo ha ibridato un maschio di Lucherino affetto da questa mutazione presunta Agata con una Canarina Agata. In effetti, le due mutazioni non hanno complementato e, trattandosi di mutazione sessolegata a carattere recessivo ed avendo ottenuto da questa coppia prole maschile mutata, si è desunto che le due mutazioni in capo ai genitori fossero identiche o quanto meno alleliche. Di recente, anche l’amico Giudice Internazionale OMJ Bruno Zamagni ha condotto una prova simile, accoppiando un Lucherino Agata con una Canarina Agata. Da questo accoppiamento, la prole è nata tutta mutata, maschi e femmine.

Dai risultati ottenuti da Bruno Zamagni, prole mutata sia maschile che femminile, è possibile fare ulteriori considerazioni rispetto alla prole ottenuta da Matiaz Peric.

Se per ipotesi il maschio di Lucherino non fosse stato mutato Agata ma Aminet-Mascherato, dal suddetto accoppiamento sarebbero dovuti nascere figlie femmine Aminet e figli maschi Agata, per il fatto che le due varianti fenotipiche Agata ed Aminet sono alleliche fra

Dai risultati ottenuti da Bruno Zamagni, prole mutata sia maschile che femminile, è possibile fare ulteriori considerazioni rispetto alla prole ottenuta da Matiaz Peric

loro, ma la prima è dominante rispetto alla seconda. In effetti, il fenotipo da adulti di questi due soggetti appare identico, mentre sappiamo bene che la mutazione Aminet rispetto all’Agata ha un effetto selettivo molto più deciso sui pigmenti melanici. In sostanza, ci saremmo aspettati un fenotipo diverso fra i due soggetti. Il maschio Agata con pigmento melanico più saturo e la femmina Aminet con pigmento melanico dai toni più diluiti. Inoltre, sarebbe stato interessante capire se alla nascita i due soggetti avessero entrambi occhio rosso (depigmentato) oppure soltanto la femmina. Se alla nascita fosse stata soltanto la femmina ad avere l’occhio rosso, questa ulteriore indicazione sarebbe stata risolutiva per dichiarare che la coppia genitrice fosse affetta da due varianti fenotipiche diverse seppur alleliche fra loro, Aminet il Lucherino padre ed Agata la Canarina madre. Men-

tre, se entrambi i due pulli, fratello e sorella, alla nascita fossero stati ad occhi rossi oppure ad occhi neri, questa indicazione sarebbe stata risolutiva per dire che le due mutazioni, cui erano affetti i genitori, fossero identiche. Qualora entrambi i fenotipi appartenenti alla coppia genitrice, fossero stati Agata, non escludo neanche che la prole F1 nata fosse tutta ad occhio nero (contrariamente a quanto accade invece nei Lucherini Agata che nascono ad occhio rosso). Infatti, il corredo melanico di un F1 sarà certamente più importante rispetto a quello di un Lucherino puro, grazie alla presenza più nutrita del corredo melanico del Canarino, che viene trasmesso alla prole discendente per una componente pari al 50%.

Concludo ricordando a tutti gli interessati che fino a quando non sarà ratificato lo standard del Lucherino Agata e dell’Isabella l’indirizzo selettivo ufficiale che bisogna valorizzare è un disegno sottile, spezzettato a grani o chicchi di riso, regolare negli intervalli vuotopieno e preferibilmente quanto più lineare possibile, sia sul dorso che sui fianchi. I soggetti esposti in mostra saranno maggiormente apprezzati dal collegio giudicante quanto più aderenti a tale indirizzo selettivo.

Mi congedo da questa piacevole dissertazione, non senza aver ringraziato tutti gli allevatori che erano presenti lo scorso anno, domenica 01/10/2023 a Colloredo di Monte Albano (UD), ospiti nella sede di Ornitalia, accolti dal consueto affetto di Antonella Gregorutti e di Roberto Buttolo.

Ma è altrettanto doveroso porgere un ringraziamento a tutti quegli allevatori, particolarmente abili, capaci di riprodurre queste creature amorevoli nelle più svariate cromie, che ci permettono, attraverso la loro sapiente opera selettiva, di poter ammirare questi soggetti ed apprezzarli in fase di Giudizio. Grazie ancora, perché senza di voi noi Giudici FOI non avremmo motivo di essere. Infine, ma non in ordine di importanza, un pensiero lo dedico al nostro amico Paolo Gregorutti, che non è più fra noi ma di cui si parlerà sempre per l’importante e sapiente lavoro selettivo che ha saputo fare, con queste creature, mentre era in vita. Grazie, Paolo.

Lucherino Isabella femmina. Il disegno dorsale dovrebbe volgere verso una trama maggiormente sottile e spezzettata ad intervalli regolari seppur mantenendo un regolare allineamento, foto: C.Montagno

S pazio Club

Nuove iniziative

Ancora un obbiettivo e un risultato di prestigio per la FOI e per il Club del Canarino Selvatico. Il riconoscimento arriva direttamente dalla magnifica isola di Madeira al centro dell’Atlantico e patria, insieme alle isole Canarie e alle isole Azzorre, della vita endemica del Canarino Selvatico. L’associazione di Madeira ha ottenuto quest’anno la prima manifestazione dell’Atlantico, fatto di per sé straordinario ma anche frutto del lavoro diplomatico di Joao Fernandes e Renato Carvalho. Questo evento apre scenari importanti per l’ornitologia che riscontra sull’isola un ottimo lavoro di eccellenti allevatori. In questo quadro di contatti, il Presidente del Club Pasquale De Maio, sotto l’egida della FOI, ha realizzato dei gemellaggi ornitologici a scopo di studio recandosi e relazionandosi con le Associazioni delle isole Canarie, delle isole Azzorre e di Madeira. Proprio quest’ultima, cogliendo l’occasione della manifestazione ornitologica e del rapporto amicale con Pasquale De Maio, ha organizzato contestualmente un convegno informativo invitando lo stesso De Maio dal 24 al 27 ottobre come relatore per raccontare cenni storici, allevamento in purezza e salvaguardia della specie nell’attuale scenario ornitologico. Il convegno nasce come spunto da una semplice domanda posta da un piccolo visitatore che in una

mostra, vedendo i molteplici soggetti esposti, con una semplicità genuina disse: “… qui ci sono canarini gialli, bianchi, rossi, con il ciuffo, con la gobba, belli cicciottelli, ma io ho visto in foto che il vero Canarino qui non è presente”. Questo fece scattare quella molla che ha portato Pasquale De Maio ad allevare questo spettacolare uccellino e a fondare il Club del Canarino Selvatico nel 2018. Il convegno a Madeira avrà come titolo “Un volo lungo 600 anni”, a significare come da questo spettacolare Canarino ha avuto l’inizio tutta la canaricoltura mondiale, con gli allevatori che nei secoli, attraverso incroci e selezioni, hanno portato alle diverse varianti cromatiche e di postura e taglia.

Il convegno offrirà anche l’occasione per ribadire il grande lavoro del Club del Canarino Selvatico e del suo Presidente che, a ragion veduta e non solo per i risultati ottenuti a livello nazionale e mondiale, lo pone tra i più importanti allevatori anche e soprattutto per aver fatto riscoprire negli ultimi anni quello che lui simpaticamente definisce “il Dinosauro dei Canarini”.

A cura del Club del Canarino Selvatico info@clubcanarinoselvatico.it

Locandina convegno
Il relatore Pasquale De Maio
Locandina evento 2024

“L’orecchia di topo” o falsa ortica

Lamium purpureum

Premessa

Ai primi di marzo, nelle aiuole del mio orticello predisposte per le semine e trapianti primaverili, spunta sempre qualche cespuglio di falsa ortica a smentire il vecchio proverbio che recita “Nel campo lavorato non crescono ortiche”.

È una pianta modesta e l’ho sempre ritenuta infestante; appena spuntavano le foglie, facilmente confondibili con la vera ortica, mi affrettavo ad eradicarla, pur tollerando la sua presenza alla base delle piante da frutto e tra le viti del vicino pergolato per la bellezza dei suoi fiorellini rosa,

Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

meta soprattutto di api, bombi ed altri insetti impollinatori. Nei primi anni della formazione del pergolato, l’amico agronomo Massimo veniva a controllare la potatura delle viti. Quel giorno, vedendomi in mano quei cespuglietti verdi di falsa ortica da cui partivano i primi fusti con qualche

cima fiorita di color fucsia, esclamò: “Oggi si fa una bella frittatina con l’orecchia di topo…”.

Lo guardai sorpreso ed incredulo... mai avrei pensato di farmi una frittata con quell’erba dal profumo poco gradevole e dal nome ancor meno invitante: orecchia di topo! Ma, per non far sempre la figura dello sprovveduto, gli risposi che l’avrei portata ad Angela per pulirla e, logicamente, per farne una frittata come facevo con l’ortica vera.

Pur utilizzando l’ortica dioica in diverse combinazioni culinarie e non solo (si veda il mio articolo su I.O., feb-

Lamiumpurpureum, fonte: www.actaplantarum.org
Cespuglio di orecchia di topo (Lamiumpurpureum) nell’orto dell’autore, foto: P.Mengacci

braio 2016), non avevo mai pensato che anche la cosiddetta falsa ortica fosse commestibile. Il suo profumo poco gradevole quando la prendevo fra le mani per eradicarla mi aveva sempre nauseato, per cui… cucinarla, mai e poi mai!! Come sempre, l’amico Massimo ebbe la capacità di innescare la mia curiosità: “Però…” pensai “sarà buona? Se lo dice Massimo… Eh! mi piacerebbe provarla!”. Così è stato ed anche la falsa ortica, come la vera ortica ed altre erbe mangerecce, previa scottatura, è finita sbattuta fra due uova in una padella antiaderente per una gustosa frittatina! Vi dirò che il suo profumo poco gra-

devole si è trasformato in un gradito sapore dolciastro che si avvicina molto allo spinacio… niente male. Anche Angela, che all’inizio era riluttante, l’ha gradita. Da quel giorno, ogni primavera, una nuova pianta selvatica si è aggiunta ai sapori della mia tavola!

Questa ed altre esperienze mi hanno insegnato che molte erbe che ci circondano, che calpestiamo, che ci sono indifferenti o che ammiriamo per la bellezza dei loro fiori o che addirittura consideriamo erbacce, non solo sono commestibili ma sono anche ricche di proprietà medicinali, come nel caso specifico della falsa ortica, che vado ad esporre.

Attenzione però: se certe piante non le conosciamo, lasciamole stare. Di contro, l’insicurezza e il timore di raccogliere piante tossiche o addirittura velenose non deve farci desistere dal praticare la fitoalimurgia

È una pianta erbacea alta non oltre i 20 cm; ha una radice fibrosa e delicata; i fusti ramificati e prostrato-eretti, talvolta radicanti ai nodi, sono a forma quadrata, con piccola peluria

(conoscenza dell’uso delle specie vegetali a scopo alimentare)ed il foraging (andare per campi e boschi per raccogliere erbe selvatiche), ma deve spingerci prima di tutto a farci consigliare da persone esperte nel riconoscimento delle piante eduli e araccogliere e utilizzare tassativamente solo erbe spontanee di cui si è certi, sempre nel rispetto della natura e lontano da fonti inquinanti.

Descrizione della falsa ortica

La falsa ortica presente nel mio giardino, il Lamio rosa, mache ortica proprio non è (nome scientifico Lamium purpureum, L., 1753), appartiene alla famiglia delle Lamiaceae (di cui fanno parte Salvia, Menta, Lavanda, Timo, Basilico ecc.) e non a quella delle Urticaceae come la vera ortica. È una piccola pianta erbacea annuale dai delicati fiori labiati color rosa-porpora o fucsia.

Al genere Lamium appartengono circa 30 specie presenti nel bacino Mediterraneo, ma le più conosciute e che si trovano facilmente ovunque in Italia sono i Lamium album, i Lamium maculata e i Lamium purpureum. Il Lamium purpureum, o falsa ortica rosa, detta anche orecchia di topo per la forma leggermente curvata che assumono le foglie, è tra le prime piante erbacee chefioriscono prima dell’equinozio di primavera e ci avvisa che il clima si sta scaldando.

È una pianta erbacea alta non oltre i 20 cm; ha una radice fibrosa e deli-

Infiorescenza di falsa ortica purpurea nell’orto dell’autore, foto: P.Mengacci
Pagina superiore di Lamiumpurpureum, fonte: wikipedia.orgwiki, autore: E. Blasutto Pagina inferiore di Lamiumpurpureum, fonte: wikipedia.orgwiki, autore: E. Blasutto

cata; i fusti ramificati e prostratoeretti, talvolta radicanti ai nodi, sono a forma quadrata, con piccola peluria. Le foglie di color verde scuro sono tutte picciolate, pelose, cuoriformi, dentate al margine. Le foglie lungo il fusto sono più rade e le superiori sono ravvicinate ai fiori ed il colore si trasforma in porpora-violaceo.

Le foglie di color verde scuro sono tutte picciolate, pelose, cuoriformi, dentate al margine.

Le foglie lungo il fusto sono più rade e le superiori sono ravvicinate ai fiori

I fiori, di color fucsia, sono zigomorfi e sono disposti in verticilli apicali; hanno una particolare forma che li fa assomigliare a piccole bocche aperte

Particolare del fiore Lamiumpurpureum, fonte: wikipedia.orgwiki, autore: E. Blasutto

o gole e nel labbro inferiore hanno macchie scure come ad indicare ad api, bombi ed insetti impollinatori la “pista di atterraggio” per tuffarsi nel tubo corollino che contiene il nettare. Il frutto si sviluppa all’interno del calice e si presenta diviso in quattro parti. I semi sono neri, tondeggianti e piccolissimi; si disperdono molto facilmente, trasportati dal vento o dagli stessi insetti che hanno contribuito all’impollinazione oppure dalle formiche, attratte dalla appendice oleosa ricca di grassi, proteine e zuccheri. È una pianta che possiamo incontrare nei prati, ai margini dei sentieri, nelle aie delle case di campagna, nei vigneti, ai margini di orti e campi coltivati. Spesso cresce negli stessi luoghi in cui cresce l’ortica e, somigliandole, sfrutta il meccanismo di difesa di quest’ultima per non essere mangiata: classico esempio di mimetismo vegetale detto batesiano (nome dal naturalista britannico H. Walter Bates).

Una curiosità etimologica Il termine Lamium, ad indicare il nome generico di questo fiore, sembra che derivi da due parole greche: “laimos” (= fauci o gola) o “lamos” (= larga cavità). Altri lo fanno derivare dal nome della regina libicaLàmia(trasformatasi in una sorta di vampiro ante litteram che uccideva i bambini entrando

La letteratura riporta che la falsa ortica purpurea è ricca di vitamina C, contiene vitamine del gruppo B, oltre a tannini, mucillagini, saponine e sali di potassio

e uscendo da una grotta dove si era rifugiata dopo l’uccisione dei suoi figli da parte di Era, moglie di Zeus), oppure dalle “lamie”, che secondo la mitologia greca erano figure femminili in parte umane e in parte animali, rapitrici di bambini o fantasmi seduttori che adescavano giovani uomini per poi nutrirsi del loro sangue e della loro carne. Tutto ciò in riferimento alla conformazione dei fiori che, come sopra riportato, sembrano delle piccole gole che ingoiano gli insetti impollinatori.

L’epiteto specifico purpureum (= di colore purpureo) fa riferimento al colore particolare dell’infiorescenza.

Proprietà della falsa ortica e utilizzi La letteratura riporta che la falsa or-

tica purpurea è ricca di vitamina C, contiene vitamine del gruppo B, oltre a tannini, mucillagini, saponine e sali di potassio. Inoltre, la ricerca scientifica ha recentemente dimostrato che nei Lamium sono presenti diverse classi di componenti chimici tra cui fenoli, oli essenziali, terpenoidi, flavonoidi, antociani, betaina ecc. che, testati in vitro e in vivo, sono risultati antiossidanti, antinfiammatori, antimicrobici, antifungini, antivirali.

Uso terapeutico

Tradizionalmente veniva usata come rimedio di campagna per guarire le ferite, per lenire le punture degli insetti e come diuretico. Anche la medicina popolare ne ha sfruttato le proprietà antinfiammatorie, decongestionanti, febbrifughe, depurative (favorisce lo smaltimento delle impurità), toniche (rafforza l’organismo in genere), astringenti (limita la secrezione dei liquidi), per alleviare i dolori reumatici ed artritici, nell’ipertensione e nei disturbi mestruali.

Foglie, fiori e le punte dei germogli in fioritura sono le parti attive della pianta a cui vengono attribuite le caratteristiche terapeutiche suddette e con le quali si possono fare tisane, decotti ed infusi specifici, ad esempio per eliminare gli acidi urici in eccesso, lenire le affezioni vescicali e prosta-

Cime fiorite di falsa ortica purpurea da lessare per frittatina, foto: P.Mengacci Frittatina con falsa ortica purpurea, foto: P.Mengacci
Lamium album, fonte www.actaplantarum.org

tiche e contrastare i calcoli renali. Nelle erboristerie e fitofarmacie sono in vendita integratori alimentari e tinture a base di Lamium, per le varie terapie sopra menzionate. Comunque, è sempre bene farsi consigliare dal proprio medico o dal fitoterapista prima di intraprendere qualsiasi uso terapeutico.

Tradizionalmente veniva usata come rimedio di campagna per guarire le ferite, per lenire le punture degli insetti e come diuretico. Anche la medicina popolare ne ha sfruttato le proprietà antinfiammatorie

www.actaplantarum.org

Uso culinario Il lamio rosa è elencato fra le piante commestibili. Le sue foglie, dal profumo poco gradevole, crude hanno

Lamium maculatum, fonte:

un sapore erbaceo leggermente aromatico; lessate, invece, sono dolciastre, con sfumature tra il cetriolo e lo spinacio. I fiori hanno un sapore dolce e delicato e sono molto apprezzati anche per arricchire i piatti dal punto di vista scenografico.

In cucina viene utilizzato sia crudo per misticanze di insalata, che cotto o meglio lessato e condito come altre verdure simili. Si presta anche per il ripieno di ravioli con ricotta o come ingrediente per un impasto di gnocchi di patate.

Va fatto presente che la falsa ortica contiene delle tossine (tannini e saponine) che in quantità rilevanti sono dannose; pertanto, è una pianta che va usata con prudenza, con un consumo moderato. Nel caso specifico, al contrario del detto latino, è “melius deficere quam abundare”!

Uso ornitologico

Non ho trovato riscontri nella letteratura ornitologica sull’utilizzo della falsa ortica come alimento per uccelli. Però la mia curiosità mi ha portato a provare anche questa pianta erbacea. Una mattina presto ne ho raccolta per farmi una frittatina; la quantità è risultata superiore al previsto e al posto di gettarla nella compostiera ho frullato il rimanente, comprese le cime fiorite, ed ho inumidito circa 100 grammi di pastoncino secco, come ho sempre fatto con l’ortica dioica. L’ho servito in due mangiatoie ai canarini ancora presenti in voliera prima degli accoppiamenti… e via velocemente al lavoro. Durante il percorso per raggiungere lo studio mi sono sorti alcuni dubbi sull’utilità o meno di tale operazione; li ho subito eliminati dicendomi che se la frittata della settimana precedente non mi aveva lasciato alcun disturbo, certamente non avrebbe fatto male neanche ai canarini. Però, il pensiero della prima volta di un’erba mai utilizzata ti fa stare un po’ in apprensione…. Dopo pranzo faccio sempre una capatina nella stanza dei canarini: in voliera erano tutti a razzolare sulla lettiera. I dubbi sulla falsa ortica mi sono ritornati. Controllo le mangiatoie dei semi… solo bucce; quelle del pastone com-

pletamente vuote. “Accidenti… stamane non ho rinnovato i semi!Ecco perché il pastoncino è stato letteralmente divorato” mi son detto. “E se avesse fatto male?”. Osservo attentamente lo stato dei canarini che sono risaliti sui posatoi: svolazzano tranquillamente ed i maschi hanno iniziato il loro verso, non mostrando alcun segno di sofferenza…li vedo tutti in forma! Rinnovo i semi nelle mangiatoie e rimango ancora un po’ in osservazione. Si tuffano tutti sulle mangiatoie, litigandosi i semi più graditi. “È andata bene, Gigi” mi dico “anche se da incosciente hai sperimentato un’erba contenente delle tossine su tutti i riproduttori!”. Il famoso detto di mia nonna Ersilia quel ch’ingrasa en astrosa (quello che ingrassa non

Navigando su internet, per avere dei riscontri sulla presenza della falsa ortica negli orti botanici, ha attirato la mia attenzione un sito con la scritta in bella evidenza “Simona Quilici botanica inversi

strozza) viene sempre in mio soccorso quando utilizzo qualche erba poco conosciuta ed anche in questo caso mi ha rasserenato, tanto che anche l’orecchia di topo è entrata a far parte delle verdure che alternativamente ho utilizzato nella alimentazione dei miei canarini di colore.

Conclusione

Navigando su internet, per avere dei riscontri sulla presenza della falsa ortica negli orti botanici, ha attirato la mia attenzione un sito con la scritta in bella evidenza “Simona Quilici botanica inversi”. Con curiosità e successivamente con interesse ho iniziato a scorrere pagine, con ottime foto di piante edibili declinate in versi toscani, fin quando è apparsa la falsa ortica purpurea. Non ho esitato a salvare foto e versi che ripropongo ai lettori di I.O. tali e quali (pur essendo, a mio avviso, il titolo “Linium purpurea” errato), aggiungendo una nota folcloristica a questo mio articolo.

Botanica in foto e versi di SIMONA QUILICI

Linium Porpurea (falsa ortica)

Se ti trovi a girà su e giù per i colli, mi vedi sparsa, come la gramigna, somiglio a un’altra ma se controlli, so’ più carina, assai meno maligna. Difatti un pungio anco s’ho i peletti, son morbida piccina e profumata, ho fiori deliati, a tuba, un po’ violetti van’ colti d’aprile, conditi in’ insalata. La mí radice profuma un po’ di fungi. Bolli la foglia, dà un tè eccezionale Sfriggila co’ l’aglio, a filo l’oglio ungi, ha un saporin’ sfizioso, niente male!

Se sai trattammi mando via il prurito. Passino i crampi, pure le vene variose! Ancora leggi? Via allora un hai ‘apito! O forse già ce l’hai du’ gambe strepitose? Ad maiora, semper.

Alcune fonti: -https://www.pimpinella.it/it/Eventi/Lamiumpurpureum/ -https://it.wikipedia.org/wiki/Lamium_purpureum -https://www.gavorchio.it/Simona%20Quilici%20 Botanica%20in%20versi.htm -Il prato è in tavola, di Dafne Chanaz - Terra Nuova Edizioni

Falsa ortica purpurea, fonte: www.gavorchio.it

Qualcosa da proteggere

Il desiderio di qualcosa da proteggere e di cui prendersi cura è uno dei sentimenti più forti e radicati dentro di noi; uno dei suoi risultati è il desiderio di tenere gli animali sotto il nostro controllo, che a suo tempo è senza dubbio uno dei nostri istinti più sani. È vero che gli animali inferiori sono sottoposti all’uomo, ma la disposizione a cui ci riferiamo non nasce da alcun desiderio di sottomettere o distruggere, bensì è il frutto di qualche tenero istinto insito nella nostra natura e che ci spinge ad affezionarci, ad abbattere alcune barriere che ci separano, studiare le loro abitudini e provvedere ai loro bisogni, subordinando il tutto al loro ed al nostro vantaggio. Sappiamo che l’uomo, in una certa misura, è un animale predatore e che un elemento del suo carattere rientra nel caso di coloro che si abbandonano a ciò che, in mancanza di altre parole, è conosciuto come “sport”. Egli cementa qualcosa di molto simile a un’intima amicizia e a un’intelligente fiducia tra lui e gli animali, che sono fatti per il perseguimento di quello che è, forse, un fine legittimo, sebbene le menti sensibili possano metterne in questione la moralità. Non vogliamo includere nei ranghi dello sportivo l’uomo con il fucile che mette a terra ogni creatura piumata che incontra sulla sua strada e con un atteggiamento così spietato deruba noi e la natura tutta di molti bellissimi uccelli. Un comportamento del genere non rientra né nello sport né nella moralità.

Un sentimento simile a questa disposizione predatoria può essere visto nell’entusiasmo con cui qualche monello che abita nelle periferie o nella sperduta campagna spende le sue energie nella costruzione di trappole o reti o si

Fonte: www.cocoriti.com

muove furtivamente attraverso un bosco ceduo o lungo i bordi di esso, armato di fionda o di altri rudimentali strumenti di fabbricazione domestica, felice se solo con l’esercizio della sua pazienza e abilità riesce a procurare la morte o la cattura anche di un solo uccellino. Per lui l’avvento dell’inverno, con il suo gelo, la neve e le lunghe notti buie significa l’arrivo della sua stagione

Il desiderio di qualcosa da proteggere e di cui prendersi cura è uno dei sentimenti più forti e radicati dentro di noi

sportiva, sfruttando il momento in cui gli uccelli, spinti dalla fame, lasciano i soliti luoghi di ritrovo e di ricerca per trasferirsi nei cortili e villaggi abitati, rifugiandosi a dormire nei bassi alberi da frutto dove, al riparo tra le foglie, si sentono al sicuro o anche tra le edere che adornano i muri di alcune case di campagna. Ma anche se tutto questo può essere vero, il ragazzo ha ancora una punta di dolcezza e bontà nel suo cuore, che deve essere coltivata ed accresciuta dai suoi educatori. Con l’inverno arrivano anche i simpatici pettirossi, attirati dalle briciole, consumano il loro pasto mattutino sulla finestra e gli è permesso di andare e venire, saltando dentro e fuori l’insidioso setaccio o nelle stalle frugando tra il letame alla ricerca di qualche verme. Il tordo infreddolito e catturato nella

neve durante una spedizione di caccia dei monelli di zona, o ferito con un’ala rotta, fa appello alla sua parte migliore, venendo curato e diventando poi un animale domestico, perché il ragazzo non ha il coraggio di ucciderlo ma non lo lascia in libertà… lui stesso a volte appare prigioniero e meno felice di loro.

Un tempo, con l’arrivo della stagione primaverile, i nidi di uccelli, al riparo

dalle intemperie, venivano quotidianamente visitati con passo furtivo affinché altri occhi attenti non li scoprissero e, portati con cura a casa, magari posti nel berretto, diventavano oggetti di estrema sollecitudine, facendo capire al ragazzo che forse non era bello se venivano uccisi per scherzo e, per di più, come è importante la vita ed avere cura di essa. È uno strano miscuglio il ragazzo, un misto di bei pensieri e sconsideratezza, ma buono di cuore. Niente

di ciò che fa appello alla parte migliore della sua natura è nello spirito, ma ricorrendo al desiderio di qualcosa da amare e di cui prendersi cura supera l’altra brutta tendenza inferiore del sopprimere. Il buono della sua natura va avanti con la sua crescita, si rafforza con le sue emozioni e, quando gli insegnanti sono soddisfatti, le tante lezioni di abnegazione rimangono scolpite. L’amore per gli animali domestici, infatti, ci porta inconsapevolmente ad approfondire la conoscenza e lo studio della natura. La vita è aperta davanti a noi, piena di cose messe allo studio ed allo stesso modo coinvolgenti, sia che l’argomento sia la nostra meravigliosa anatomia o la struttura di un mollusco o anche la quercia che ha visto un secolo di estati e inverni o il fungo che spunta in poche ore.

Gli uccelli da gabbia si trovano sulla nostra particolare linea di tiro; essi hanno fatto, fanno e faranno scrivere fiumi di parole che ci aiutano a guardarli da un punto di vista casalingo. Quanto al nostro hobby, non si tratta di un lavoro astruso, ma quotidianamente viene trattato in modo che la vita, tramite la gestione degli uccelli, ci insegni qualcosa e ci dia la possibilità di avere e dare per migliorare il nostro essere “cacciatori e distruttori”, portandoci ad amare e rispettare. Anche il naturalista

Fonte: uribarren.es
Foto: P. Rocher

o l’ornitologo vero e proprio potrebbero, forse, immergersi nelle tecniche di allevamento ed imparare qualcosa delle abitudini domestiche e dell’economia di qualche piumato loro favorito. Una delle nostre specialità è il Canarino, l’uccello originario delle Isole Atlantiche; è quello più comunemente incontrato in ogni manifestazione. Altri uccelli, ciascuno con la propria qualità peculiare, sono rappresentati in numero minore, ma il canarino, molto probabilmente per il suo aspetto attraente, i suoi modi empatici, i suoi colori, le sue forme, le sue posizioni è “l’uccello del popolo”.

I favori di molti popolari e famosi autori di canzoni e poesie hanno fatto sì che l’attenzione si riversasse su di loro, dal più recente Toto Cutugno nella famosa canzone “L’Italiano” ad Umberto Saba ed ancora al grande Totò nella sua poesia “S’i’ fosse n’auciello” . In quante case c’è un monello che detiene in una gab-

Anche

il naturalista o l’ornitologo vero e proprio potrebbero, forse, immergersi nelle tecniche di allevamento ed imparare qualcosa

bietta il suo uccellino, appeso fuori dalla finestra? Quanti di noi ricordano un qualche artigiano con la gabbietta appesa nella bottega con l’animaletto sempre in movimento che canta tutto il giorno? Quanti di noi da ragazzi, con i soldi duramente guadagnati, non ha comprato un canarino o altro uccello, di quelli che cantano nei campi verdi o con fieno appena falciato, come il merlo o il tordo, per tenerlo custodito in una pittoresca gabbia di vimini e,

udendo le ricche esplosioni di musica deliziosa, ancora oggi, sente risvegliarsi echi di giorni passati, ricordando le prime speranze e amori e le ambizioni, ora temperate dalla severa necessità e dalle preoccupazioni della vita? Ogni zampillo di melodia inonda il cuore come il ritornello del canto degli angeli e sussurri, forse di persone care lasciate indietro, che dormono tranquillamente sotto un piccolo tumulo verde. Allegro e vivace, socievole e docile, vario e bello nel piumaggio, facile da allevare e facilmente allevabile, non c’è da meravigliarsi che il canarino sia così favorito perché, non ultima delle sue molte virtù, c’è la sua disposizione sociale e domestica stranamente marcata. Il modo in cui una coppia di canarini organizza e ordina il proprio nido è già di per sé sufficiente a conferire all’uccello una forte pretesa sulle nostre simpatie. Altri uccelli, in condizioni favorevoli, si riproducono in ambiente controllato,

ma il nostro eroe si è affermato da generazioni nelle nostre famiglie come uno di casa e indipendentemente da occhi indiscreti o curiosità costruisce la sua piccola alcova e ci spiega tutti gli interessanti dettagli dell’avifauna che non possono essere visti da nessun’altra parte se non nel suo piccolo nido. C’è uno strano fascino nel nido di un uccello e pochi sono quelli che non riescono a ricordare con quali emozioni di gioia e meraviglia abbiano fatto la loro prima scoperta, anche solo di un nido dell’umile passero, con il suo tesoro di piccole uova, accuratamente nascoste in un angolo tranquillo nel giardino o di una casa in costruzione; e chi non ha poi sollevato qualche bimbo per fargli scrutare attraverso le foglie o i fili di una gabbia lontani da sguardi indiscreti la piccola ma fantastica e amorevole canarina che imbecca i suoi pulcini? Chi di noi può dire di non essere stato più saggio e di avere una coscienza migliore ad ogni visita? Se c’è poesia viva nelle canzoni senza parole, dove altro cercare il tenero sentimento, il ritmo più puro o la cadenza più dolce se non nei nostri cari volatili? Accade spesso che con tutta la nostra attenzione siamo in grado di osservare l’intera routine quotidiana di una famiglia così piccola, o di imparare come, senza disegno o copia, e senza aver mai visto un modello, un uccello costruisca il suo nido dopo uno schema invariabile e peculiare al suo genere. È uno dei misteri di cui la creazione è piena, anche se alcuni sono così quotidiani che smettiamo di

considerarli tali. Ma il nostro amico canarino ci porta gran parte di questo e ci mostra senza riserve come si fa, occupandosi tutto il giorno, facendo e disfacendo in un perpetuo trambusto ma con un metodo meraviglioso, finché il lavoro non è finito.

Una gabbia per l’allevamento è un ornamento per qualsiasi casa e per quasi ogni stanza in essa contenuta. Non sorprende, quindi, che la richiesta di questi uccelli sia così grande in tutto il mondo che il loro allevamento costituisca un elemento non trascurabile nelle industrie che a lui si interessano. Il numero

degli amatori, degli allevatori che adottano una o più delle tante varietà del canarino e fanno dello sviluppo delle sue bellezze il loro studio è molto vasto, come può attestare l’indice dei cataloghi di qualunque esposizione ornitologica dove la partecipazione è notevole, nonostante una leggera flessione degli ultimi anni.

Tra i suoi estimatori si trovano le più svariate classi lavoratrici, persone che dedicano il loro tempo libero a questo interessante hobby. In molte case si può udire la musica della macchina da cucire o di altro accessorio domestico e sopra tutti gli altri suoni si leva la musica allegra ma rumorosa della stanza degli uccelli, perché per quanto piccole siano alcune case, gli uccelli devono avere la loro parte. Si tratta di una di quelle attività che, forse, non presenta quasi mai un bilancio migliorativo di una economia familiare. Metà del profitto consiste nel piacere di allevare e l’altra metà in calore e rapporti umani, che potrebbe andare per vie più discutibili. Anche l’occasionale abnegazione messa in atto nel provvedere ai bisogni di creature incapaci di provvedere a sé stesse e le lezioni di gentilezza così insegnate devono essere scritte sul credito del conto. Pochi hobby pagano, eccetto nelle mani di capitalisti più grandi degli allevatori di canarini per il mercato italiano ed internazionale. Gli uccelli di classe superiore difficilmente rientrano in questa categoria, e le nostre osservazioni, quindi, si applicano soprattutto al comune canarino. Tra gli uccelli domestici, il canarino si è “ramificato”, sotto la cura e l’abilità dell’uomo, in un certo numero di varietà distinte. Queste differiscono nel colore e nella forma così ampiamente dal ceppo originale che è difficile rendersi conto del fatto che procedono, tutte e ciascuna, dalla stessa origine e sono semplicemente divergenze da un tipo comune. La maggior parte di essi esiste da molti anni, ma non sappiamo come siano nate. È facile indovinare il modo in cui alcune di esse sono state ottenute, ma quando si arriva a sperimentare il modo di incrociare si troverà che i risultati sono generalmente molto lontani da quanto previsto; la tendenza a ritornare, per così dire, alle forme pri-

Pettirosso, fonte: AnimaliVolanti.it,autore:RobertSendelbach
Foto: F.O.I.

mitive si manifesta così fortemente, specialmente in quelle razze che sono le più lontane dal tipo originale, che le speranze e le aspirazioni dell’allevatore di produrre qualche nuova forma intermedia vengono generalmente vanificate. Come il Lizard, uno dei canarini più antichi e puri dell’albero genealogico, che quando incrociato con altri canarini perde immediatamente i suoi caratteristici lustrini.

Attualmente non vi è alcuna tendenza in nessuna varietà a conservare permanentemente le sue caratteristiche peculiari senza un’attenta selezione. Queste variazioni nella forma e nel piumaggio sono tanto marcate quanto quelle che esistono nelle razze affini del pollame e dei piccioni, ai quali si applicano gli stessi principi generali di sviluppo di quelli a cui abbiamo brevemente fatto riferimento. È la variazione, con le sue infinite ramificazioni, che rende il canarino un oggetto

Tra

gli uccelli domestici, il canarino si

è “ramificato”, sotto la cura e l’abilità dell’uomo, in un certo numero di varietà distinte

di attrazione per coloro che fondono i suoi modi naturalmente coinvolgenti in altre considerazioni e lo rende degno dell’attenzione del naturalista, così come degli appassionati. Evolute da un ceppo comune, abbiamo oggi tantissime varietà separate e distinte, ciascuna con caratteristiche fortemente marcate e fissate. Questi sono i Canarini di Colore, di Forma e Posizione sia Lisci che Arricciati. È il desiderio di produrli alla perfezione, ciascuno nel suo

genere, che ha portato all’attuale vasto sistema di allevamento quasi scientifico. È meraviglioso vedere quali miglioramenti siano stati apportati negli ultimi decenni e, sebbene alcuni individui differiscano riguardo a questi progressi, questi sono giorni in cui gli individui non possono elevare i propri standard. I vari club specializzati hanno elaborato con attenzione gli standard che cercano di difendere e far progredire ed è giusto che sostituiscano tutte le opinioni individuali, anche contro chi, vestito di prosopopea, tenta di “tarpare le ali” del progresso. Il nostro scopo è quello di contribuire al raggiungimento degli ideali così stabiliti mediante un’enunciazione intelligente di principi semplici e un resoconto dettagliato della pratica effettiva. Legato da un lato all’hobby dell’allevatore di canarini e dall’altro a quello del birdwatcher, è un affascinante passatempo di allevamento di ibridi o esotici.

Se desideri proporre un argomento scrivi a: redazione@foi.it

P agina aperta

Patentino

Recentemente si è appreso dai media di tragedie in seguito ad attacchi di cani, specialmente di certe razze, a bambini e non solo. Circostanze che talora hanno avuto come conseguenza la morte o gravissime lesioni.

Da più parti si è sostenuto la necessità di un patentino per l’idoneità a gestire i cani specialmente di razze impegnative. Secondo alcuni l’importante è che il corso non riguardi solo aspetti generici, ma specifici delle razze problematiche. Sulla pericolosità maggiore o minore di certe razze non vi sono pareri univoci. Non essendo io esperto di cani, pur avendone avuti alcuni, preferisco non esprimermi; tuttavia non posso non dire che anche certi aspetti del carattere e comportamentali, sono ereditari, in tutte le specie. C’è anche chi, con validi argomenti, riprova selezioni tese ad accentuare caratteristiche pericolose. Queste dolorosissime notizie mi hanno fatto pensare ad una vecchissima proposta di legge regionale (decenni or sono), che avevo preparato assieme ad un amico avvocato e fatta presentare in regione da conoscenti presenti nel consiglio regionale. Purtroppo mi pare che non sia stata neanche presa in considerazione. Essendo la FOI apolitica ed apartitica non do ulteriori informazioni. Posso dire che era una legge in anticipo sui tempi, sotto vari aspetti, forse per questo non ben apprezzata. L’input iniziale non era teso tanto alla tutela delle persone, ma piuttosto a quella degli animali, anche se i due aspetti finiscono col coincidere, visto che gli interessi convergono. Se una sensibilità del genere fosse ampiamente sentita, avremmo sia una tutela dell’animale, sia una tutela delle persone.

In quella proposta di legge si ipotizzava un esame, sia pure non troppo impegnativo, per chi volesse tenere un animale domestico. Insomma una preparazione minima, per escludere o almeno ridurre al minimo i rischi di maltrattamento che possono derivare da carenze di preparazione. In effetti ben sappiamo che l’impreparazione può fare danni anche se involontari. Inoltre c’era l’idea di un principio importantissimo per noi allevatori, e cioè la non estensione del concetto di “specie protetta” a quella parte della specie che sia nata allo stato domestico. Una buona preparazione sulle necessità di un animale, anche in rapporto alla famiglia nella quale viene a trovarsi, è utilissima o meglio indispensabile. Tanto per fare esempi molto diversi: è necessario sapere che i canarini non è bene che vengano tenuti in

camera da letto, sia per non disturbarli, sia per evitare l’insorgere di allergie nelle persone; molto più importante saper gestire cani, magari molossoidi, che non tutti possono ben controllare. Per quello che ne so un cane normale e ben gestito, di regola, non è pericoloso per i bambini, anzi può proteggerli ed essere compagno di giochi. Comportamenti aggressivi verso i bambini, specialmente se non conosciuti, mi si suggerisce che potrebbero essere indotti da un comportamento che ricorda la preda, come strilli e movimenti particolari. C’è anche chi mi ha parlato di gelosie insorte dopo la nascita del bambino. Aspetti da considerare, anche se rari, con adeguata preparazione. Necessario comunque sorvegliare cani e bambini specialmente se piccoli, per evitare che i bimbi possano fare dispetti ai cani, magari involontariamente. Mi si suggerisce che i cani, magari dopo diversi avvertimenti non capiti dai bambini, potrebbero mordere. C’è anche chi consiglia “presentazioni” del bimbo al cane, che non deve sentirsi trascurato, con la consulenza del veterinario. Ricordo che i miei familiari mi narravano di aver raccolto un cane pastore tedesco a pelo lungo di nome Buck, abbandonato dai tedeschi in ritirata, magnifico ed addestrato. Il cane si affezionò moltissimo alla famiglia e pare anche a me quando arrivai. Mi raccontavano che a volte lo mettevano a farmi la guardia, cosa che faceva diligentemente con le orecchie dritte; se qualche malintenzionato mi si fosse avvicinato, peggio per lui.

Non vado oltre, so che ci sono dei soci che allevano anche cani e magari potrebbero intervenire con maggiore competenza, a maggior ragione potrebbero esprimersi anche veterinari.

Quello che intendo sostenere è che gli esseri viventi non sono oggetti e non possono essere trattati come tali, specialmente gli esseri senzienti, ma direi anche gli altri; non è bello veder languire in pieno sole una piantina ombrofila. La competenza è necessaria a tutto campo e per tutti gli aspetti.

Il mio auspicio è che le tragedie recenti possano indurre il legislatore a prevedere corsi con patentini finali, per animali che possono essere problematici e pericolosi, e magari intanto che c’è, anche patentini per animali non particolarmente o per nulla pericolosi. Nell’interesse prevalente dell’uomo nel primo caso e dell’animale nel secondo, comunque alla fine nell’interesse di entrambi.

Argomenti

La ricerca del bel canto

Chiunque non operi caoticamente, si propone degli obiettivi per accrescere le capacità canore dei cosiddetti canarini cantori e, a tempo debito, riflette sul proprio operato e verifica l’adempimento degli obiettivi stessi.

Penso tutti siano d’accordo che nel nostro bagaglio culturale ha preso corpo soltanto quello che abbiamo prodotto. I concetti non possono essere trasmessi.

Il soggetto educativo se li deve ricostruire, deve essere il produttore della propria cultura.

Penso tutti siano d’accordo che nel nostro bagaglio culturale ha preso corpo soltanto quello che abbiamo prodotto

Se il beniamino piumato deve ricostruire i concetti previsti dal canaricolo, dev’essere smosso da motivazioni proprie, il che non significa che dovrà seguire i suoi immediati impulsi o i molteplici sintomi di interesse che giorno per giorno si manifestano in lui.

La motivazione di cui parliamo non è immediata, ma mediata dalla situazione educativa di vita che il canaricoltore va costruendo, attraverso un processo di vita che implica la partecipazione intellettuale, affettiva, emotiva dell’allievo, la necessaria dimensione sociale e il soddisfacimento dei bisogni di fondo.

La determinazione di curriculi, di materiali e strumenti didattici non toglie al gestore della scuola di canto la necessità di una programmazione personale, in rapporto al proprio ambiente e a ciascun assistito.

I curriculi potranno fissare livelli concettuali, potranno esemplificare modi

di procedere tipici, fornire indicazioni concrete, ma non potranno mai fornire la “materia didattica”.

Sarà necessaria la capacità inventiva e creativa dell’organizzatore del sistema, artefice coi propri discenti del reale curricolo: quello che si verrà concretamente attuando nella vita di gruppo e che non sarà mai uguale ad un altro.

Il “campo educativo” non deve essere inteso solo come quello ristretto dei membri del gruppo, ma riguarda anche i rapporti tra le comunità – scuola, gli arredi, i formatori, i programmi, gli orari, l’organizzazione della vita della scuola nel più ampio senso della parola.

Quanto più lungo è il periodo della formazione generale e basilare, tanto più questa potrà portare ciascun apprendente a completa maturazione.

Tutte le dimensioni della personalità (quella emotiva, affettiva, ludica, espressiva, intellettuale…) debbono essere considerate e promosse equilibratamente, senza che a ciascuna di esse sia dato un peso eccessivo, che porti a scompensi e disarmonie.

Quando è introdotto nella scuola di canto, il giovane canarino ha generalmente raggiunto nella comunità familiare una sufficiente sicurezza nei rapporti con gli individui e le cose gli stanno intorno e interagiscono con lui;

Il primo contatto del piccolo canarino col nuovissimo universo della scuola, può essere fonte di traumi e di profonda ansietà

nell’ambito di questo mondo egli si muove con tranquillità.

Il primo contatto del piccolo canarino col nuovissimo universo della scuola, può essere fonte di traumi e di profonda ansietà.

La categoria dell’insegnare e quella dell’apprendere sono tra loro abbastanza collegate e di reciproco sostegno.

Ove si puntasse alla trasmissione di un sapere precostituito, catechizzante ed opprimente, o si volesse prescindere del tutto da una organizzazione culturale, non si avrebbe nessuna garanzia di una formazione che, per essere completa, non può ignorare i modi e le forme con il linguaggio canoro che si è sviluppato e accumulato nel tempo. Non possiamo fare a meno, da principio, di accettare il soggetto in formazione com’è e di lasciare che l’espressione libera finisca senza remore o

inibizioni, in modo che la storia passata e presente della bestiola si rilevi in tutta la sua pienezza.

Il compito dell’ambiente scolastico è di eliminare il più possibile i caratteri dell’ambiente esistente che non sono degni di influenzare le abitudini mentali.

Stabilisce un ambiente di azione purificato.

La selezione mira non solo a semplificare, ma a rastrellare tutto ciò che è indesiderabile.

Occorre che pian piano il cucciolo di canarino si svincoli dal proprio ambiente, si conquisti un livello di cultura superiore, assimili norme e valori nuovi. Una cosa è vivere nella realtà, altra cosa è studiarla.

Nel primo caso si percepisce, in maniera molto globale, solo ciò che serve per orientarsi nel mondo, per adattarsi alle cose.

Nel secondo caso, invece, si concentra il fuoco dell’attenzione su certi aspetti (in base a un proposito preciso) che vanno analizzati nelle loro componenti, nei loro nessi e processi.

Le nozioni che vengono così a far parte di una struttura mentale sono definitive, organiche, fanno parte del canarino “artista”, come le sue strutture fisiche.

La forza che ci guida è la ricerca del bel canto specialistico.

50 candeline per l’A.Po.O. di Aprilia (LT)

testo e foto a cura dell’ASS. PONTINA ORNICOLTORI

Lo scorso 26 Maggio, l’Associazione Pontina Ornicoltori di Aprilia (LT) ha spento le sue prime 50 candeline. L’evento è stato celebrato presso il ristorante “Le Isole”, dove associati, appassionati, amici e parenti hanno festeggiato l’attività di un gruppo tra i più longevi della Regione. Nel 1974, infatti, la città di Aprilia vide nascere l’associazione ornitologica A.Po.O., gruppo che

Nel 1974, infatti, la città di Aprilia vide nascere l’associazione ornitologica A.Po.O., gruppo che oggi è più attivo che mai

oggi è più attivo che mai. Nel corso degli ultimi anni, infatti, sono stati organizzati convegni a tema, eventi di promozione culturale, mostre espositive ornitologiche tra cui il più recente Campionato Regionale Ornitologico realizzato nel Lazio. L’associazione apriliana, inoltre, vanta tra i suoi soci alcune eccellenze dell’allevamento amatoriale di uccelli, due dei quali hanno conquistato il titolo

Da sinistra: G. Iannuccilli, A. Sposito, R. Blasi, G. Mattioli
Intervento del Presidente FOI SpositoIl Direttivo A.Po.O. con il Presidente FOI A. Sposito
Panoramica della sala ristorante

di “campioni del mondo” nelle ultime stagioni.

Domenica 26 Maggio, molti componenti storici dell’associazione hanno ricevuto un premio speciale per la fedeltà all’interno dell’A.Po.O. Per questa speciale occasione, sono intervenuti anche il Presidente nazionale della Federazione Ornicoltori Italiani – FOI (alla quale l’A.Po.O. aderisce) avvocato Antonio Sposito, il Consigliere federale Gennaro Iannuccilli, la Presidente del Raggruppamento regionale Rosamelia Blasi e, ovviamente, l’attuale Presidente del-

l’associazione Giancarlo Mattioli.

“Un onore partecipare a queste giornate”, ha dichiarato il Presidente FOI Sposito, “50 anni fa appassionati come noi hanno deciso di dare vita a questo gruppo e oggi altre persone hanno deciso di raccogliere il testimone e proseguirne l’attività. Oggi siamo qui per celebrare tutti loro e tutti voi. L’associazione apriliana rappresenta un vero punto di riferimento nel panorama ornitologico. Un gruppo molto attivo sotto tutti i punti di vista, sia sotto il profilo della cultura e della promozione sia sotto quello pratico di allevamento e

risultati sportivi”. Il momento più emozionante, come ogni compleanno che si rispetti, è stato il taglio della torta celebrativa con 50 candeline simboliche, seguito da un brindisi tra tutti i presenti e la consegna di riconoscimenti agli iscritti. “Una giornata di festa dedicata a tutti i membri del gruppo, di ieri e di oggi”, hanno voluto rimarcare il Presidente A.Po.O. Giancarlo Mattioli e Pasquale De Maio, storico membro del gruppo: “un plauso alla passione riversata all’interno dell’associazione”.

G. Mattioli consegna targa A.Po.O. al Presidente FOI Riconoscimento al socio storico M. Sopino Targa A.Po.O. al Presidente FOI A. Sposito
Torta celebrativa 50° A.Po.O.

O rniFlash

Ora gli uccelli imitano i suoni dei dispositivi tecnologici

Ogni azione umana, per quanto piccola o insignificante possa sembrare, ha un impatto sull’ambiente circostante e sugli animali che lo abitano. L’espansione urbana, l’inquinamento acustico e la diffusione di nuove tecnologie influenzano costantemente gli ecosistemi naturali. …

Anche gesti quotidiani come l’utilizzo di mezzi di trasporto elettrici o l’installazione di infrastrutture tecnologiche possono alterare il comportamento degli animali selvatici. Gli uccelli, in particolare, sono estremamente sensibili ai suoni ambientali, che utilizzano per comunicare e orientarsi. Le modifiche sonore introdotte dall’uomo possono quindi avere conseguenze imprevedibili sulla loro vita e sul loro habitat.

Nella città di Kiel, un fenomeno curioso ha attirato l’attenzione dei ricercatori: i merli hanno iniziato a imitare il suono d’allarme dei monopattini elettrici. Questo comportamento è stato osservato e documentato dall’ornitologo Bernd Koop, che ha spiegato come la frequenza e il ritmo dell’allarme dei monopattini coincidano sorprendentemente con quelli del canto naturale dei merli.

L’imitazione dei suoni non è un comportamento insolito tra i merli, che utilizzano queste capacità per varie funzioni, come l’interazione sociale, l’instaurazione del territorio e l’accoppiamento. … Gli allarmi dei monopattini elettrici Bolt, emessi quando i veicoli vengono mossi senza permesso, sono stati così frequentemente ascoltati dai merli da diventare parte delle loro vocalizzazioni naturali.

Secondo Koop, i merli trovano attraente il suono dell’allarme dei monopattini elettrici, il che potrebbe avere implicazioni particolarmente interessanti per i maschi nella ricerca di una compagna.

Fonte: https://www.biopianeta.it/2024/07/continua-linvasione-umana-della-natura-ora-gli-uccelli-imitano-i-suoni-dei-dispositivi-tecnologici/

Carinzia: droni e AI rivoluzionano il monitoraggio degli uccelli acquatici

LaCarinzia si conferma all’avanguardia nella ricerca ambientale con il progetto “KI-Bird”, una sinergia innovativa tra droni e intelligenza artificiale per il monitoraggio degli uccelli acquatici. L’iniziativa, guidata dall’Università di Scienze Applicate FH Kärnten di Villach, ha già ottenuto il prestigioso premio per la biodiversità della Fondazione privata Kärntner Sparkasse. Il cuore del progetto risiede nell’impiego di droni dotati di camere ad alta risoluzione, che sorvolano aree naturalistiche sensibili come il Bleistätter Moor e il fiume Drau. Questi droni catturano migliaia di immagini per sessione, successivamente analizzate da sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale capaci di identificare e classificare le diverse specie di volatili. …

I test sul campo hanno evidenziato l’efficacia del sistema. In un’operazione condotta a Brenndorf, mentre gli esperti a terra hanno contato 209 uccelli acquatici, l’occhio elettronico ne ha rilevati 467. L’algoritmo di riconoscimento Yolo (You Only Look Once) si è dimostrato particolarmente efficace nell’identificazione in tempo reale.

“KI-Bird” non solo offre un’alternativa più efficiente e meno invasiva ai metodi tradizionali di censimento, ma fornisce anche uno strumento prezioso per monitorare i cambiamenti ambientali e il loro impatto su fauna e flora.

Fonte: https://www.quadricottero.com/2024/07/carinzia-droni-e-ai-rivoluzionano-il.html

O rniFlash

Riserva del Mesima, individuate 3 rarissime specie di uccelli

L’elenco degli uccelli osservati alla foce del Mesima, la riserva naturale regionale istituita nel dicembre del 2022 e gestita dal Wwf Vibonese, e che comprende già oltre cento specie, si arricchisce di altre tre presenze la cui comparsa in Calabria risulta davvero eccezionale, tanto da suscitare lo stupore e l’interesse degli esperti del settore. Pollo sultano, Piovanello pettorale e Falaropo beccosottile: sono questi gli strani nomi degli uccelli osservati e fotografati alla foce del fiume. A immortalare i volatili, un appassionato fotografo naturalista di Gioia Tauro, Antonio Aricò, che collabora con la Riserva nel programma di monitoraggio ornitologico avviato e voluto dalla Direttrice della riserva stessa, la biologa nicoterese Jasmine De Marco. In particolare il riconoscimento, non facile, del Piovanello pettorale, la cui comparsa in Italia risulta accidentale o irregolare, con pochissime segnalazioni dopo il 1950, è stato possibile grazie alla fortunata presenza sul posto del professor Toni Mingozzi, docente Unical, nonché uno dei massimi studiosi italiani di ornitologia. La specie nidifica nel Nord America e nell’est della Siberia e per svernare compie una lunga migrazione fino al Sud America, il che fa comprendere l’assoluta eccezionalità dell’evento.

Un maggiore interesse riguarda l’avvistamento del Pollo sultano, una specie sedentaria di grosso rallide con il becco rosso e il corpo color blu scuro, di cui esistono popolazioni nidificanti in Sardegna e, di recente, anche in Sicilia dopo il riuscito progetto di reintroduzione con soggetti spagnoli. Lo stesso Falaropo beccosottile che nidifica nella Penisola scandinava e in Russia, sverna sulle coste meridionali della Penisola arabica e solo qualche individuo giunge sulle coste de Mediterraneo.

Fonte: https://www.ilvibonese.it/ambiente/442029-riserva-del-mesima-individuate-3-rarissimespecie-di-uccelli-negli-ultimi-70-anni-pochi-avvistamenti/

La voce degli uccelli racconta come si modifica il Cremasco

Ilcambiamento climatico modifica l’ambiente e determina la presenza o la scomparsa di talune specie di uccelli. Sono loro che ci dicono come sta il nostro habitat. E secondo l’ultimo monitoraggio dell’avifauna, che il Parco del Serio ha commissionato ai naturalisti Giuditta Corno e Jacopo Barchiesi, l’allodola, l’averla piccola e il barbagianni rischiano di scomparire; mentre gli ibis sacri, i cormorani, le capinere e le cince aumentano. Il monitoraggio invernale, con stagioni sempre più calde, ha permesso di rilevare 51 specie. Due le aree del Cremasco prese in considerazione: quella tra la città e Mozzanica e quella da Crema a Montodine. Nella prima, la specie più diffusa è il germano reale con 271 esemplari censiti, nella seconda è il gabbiano comune con 191. I rilevamenti primaverili ed estivi hanno permesso di individuare 99 specie. I numeri sono sostanzialmente stabili rispetto all’indagine precedente. E l’attività di controllo dell’avifauna e la consulenza tecnico-scientifica permettono di raccogliere dati e informazioni utili per una attenta gestione degli habitat dell’area protetta, indicando quali siano gli interventi prioritari da realizzare, al fine di conservare la biodiversità del Parco e delle sue due riserve. I dati presentati nella relazione, basata anche su registrazioni dei richiami effettuate soprattutto di notte, offrono le dimensioni sia delle popolazioni nidificanti sia di quelle svernanti, con particolare focus sulle specie indicatrici di ambienti ad alta naturalità, tipicamente legate alle aree aperte, a quelle forestali e alle zone umide.

Fonte: https://www.laprovinciacr.it/news/cronaca/451133/la-voce-degli-uccelli-racconta-come-simodifica-il-cremasco.html

Il Rigogolo (Oriolus oriolus)

La zona dove abito, situata a nord ovest della collina del Montello, un tempo era denominata ai Biliòri: Biliòro è il nome col quale il nostro dialetto identifica il Rigogolo, tanto che giù in paese, quando si chiedeva di qualcuno che era venuto qui a coltivare la terra, si diceva el e su ai Biliòri, oppure, se si doveva indicare a qualcuno che andasse lassù si diceva: Va’ su ai Biliòri. Così, nel rispetto della vecchia denominazione, anch’io ho denominato la mia stazione di inanellamento scientifico degli uccelli Ai Biliòri.

Il Rigogolo ha molte denominazioni locali e ne conosco alcune: nel Vastese il Rigogolo è chiamato la Ràule, che deriva direttamente dal nome latino della specie, Oriolus; in Puglia è chiamato jRàule, nel Cremonese Galvedre, in bergamasco Galbèr, Trusuleu in Calabria, Beccafic nelle Marche, Gavle a Urbino, Cusufai nel Salento, Golo nel Grossetano e Papafigh, ossia “mangiatore di fichi”, nel Pavese. Stiamo parlando di uno degli uccelli europei più belli in quanto a colorazione, silhouette e volo; il maschio adulto sfoggia un colore giallo carico

con alcune sfumature nere, mentre la femmina adulta porta una colorazione giallo verde molto più sbiadita e diluita. Nei due primi anni di vita, però, il piumaggio dei due sessi non denota molta diversità e spesso, anche da un esame ravvicinato, i sessi sono indistinguibili. La taglia va dai 22 ai 27 cm di lunghezza, l’apertura alare è di 43-48 cm ed il peso medio è di 70 grammi.

Il Rigogolo è una specie migratrice a lungo raggio, diffusa con due sottospecie in Europa, Asia occidentale e Nord Africa occidentale. Le popola-

Maschio su un fico, la frutta preferita, fonte Animalia.bio
Maschio adulto di Rigogolo, fonte Animalia.bio

zioni europee estendono l’areale di nidificazione dalla Svezia meridionale e dalla Finlandia sud-orientale all’area mediterranea. I quartieri di svernamento sono posti nell’Africa sub-sahariana, dall’Equatore al Sudafrica. In Italia è migratore regolare tra la metà di agosto e la metà di settembre e in

aprile-maggio, estivo e nidificante. Nelle regioni settentrionali è presente in pianura e nelle basse colline, mentre più a Sud si insedia anche nelle zone montane fino a 1.000 metri di altitudine. Nelle estreme regioni meridionali e in Sicilia è più raro ed è del tutto assente in Sardegna. Tranne durante le migrazioni, ha abitudini diurne e passa la maggior parte del suo tempo alla ricerca di cibo fra i rami alti e bassi del sottobosco, dimostrandosi piuttosto vivace, anche se molto timido e facile allo spavento; sparisce nel folto della vegetazione o si allontana in volo al minimo disturbo. Da un posatoio all’altro si sposta con volo rapido, caratterizzato da lunghe ondulazioni, frequenti tuffi e impennate. Sul terreno procede saltellando; durante la stagione riproduttiva è particolarmente irrequieto, infatti sono frequenti inseguimenti e combattimenti con altri esemplari. All’infuori del periodo riproduttivo tollera bene la presenza di conspecifici, tuttavia è raro vederne gruppi o stormi, mentre è comune osservare questi uccelli in coppie, con i due partner che si dimostrano estremamente teneri e affettuosi. Per non farsi identificare canta raramente dallo stesso ramo, spostandosi in con-

tinuazione per fare perdere i riferimenti a chi lo avesse sentito. Il suo volo è agile e svelto, anche durante le migrazioni quando predilige spostarsi in orari notturni. Preferisce i boschi di latifoglie e zone alberate anche isolate in zone inaccessibili ma non disdegna aree verdi in vicinanza dei centri abitati. È di indole solitaria e vive al massimo in coppia. Solamente dopo la nidificazione è possibile osservare gruppi familiari di Rigogoli ancora uniti. Uccello difficile da vedere a distanza ravvicinata se non nelle prime ore del mattino, ma la sua presenza è tradita dal suo canto continuo e melodico, un fischio modulato facile da imitare ed al quale risponde prontamente. Intorno alla mia abitazione le sue note riempiono le mattinate e le sere estive, tanto da notare subito il suo arrivo ai primi di maggio e la sua partenza ai primi di settembre.

Il rigogolo nidifica tra maggio e giugno; la stagione riproduttiva è annunciata da una frenetica attività con inseguimenti e combattimenti. La formazione della coppia avviene dopo un corteggiamento da parte del maschio, che segue da vicino la femmina in ogni suo spostamento tra la vegetazione. Avvenuto l’accoppiamento viene scelto il sito ove costruire il nido che ha molte somiglianze con quelli dei Tessitori tropicali; in genere viene posizionato all’estremità di un ramo di un albero lontano dal tronco e piuttosto in alto e, a parte l’altezza e la copertura fogliare, è facilmente riconoscibile per la sua forma ad “amaca”. La costruzione è compito della femmina ed è formata da una fitta trama di foglie, erba, rametti cementati con terra; viene costruito sulla biforcazione di un ramo ed ancorato ad essa con strisce di corteccia e legacci vegetali, mentre la parte centrale è sospesa nel vuoto. La struttura, a dispetto della forma a cestino pendulo, è assai solida e può venire utilizzata anche in anni successivi; il luogo preferito per la nidificazioneè certamente rappresentato dalla cima più alta degli alberi di caducifoglie con chiome rigogliose. Compie in genere una co-

Nido di rigogolo con adulto e nidiacei, fonte: MonacoNatureEncyclopedia
Fase di inanellamento di un bel soggetto maschio, fonte: saturidinatura.it

vata, eccezionalmente due, ma solo per rimpiazzo. In maggio vengono deposte da 3 a 6 uova, la cui incubazione è assolta principalmente dalla femmina per 16-17 giorni. I pulcini sono nidicoli e vengono accuditi da entrambi i genitori; all’età di circa 2 settimane abbandonano il nido, ma rimangono in compagnia dei genitori fino al momento di intraprendere la migrazione. Se attaccato, il Rigogolo difende strenuamente il suo nido anche dalle incursioni di predatori ben più grandi di lui. La scelta del territorio ove nidificare non è casuale, ma oculatamente definita; infatti cerca aree ove sia facilmente reperibile sia l’acqua sia il cibo, cioè vicino a torrenti, frutteti o vigne. Una volta trovati questi spazi, è facile vederli nidificare in quell’area per molti anni. In quanto all’alimentazione, il Rigogolo in primavera ed estate si nutre con insetti, con le loro uova e larve,

Il Rigogolo nidifica tra maggio e giugno; la stagione riproduttiva è annunciata da una frenetica attività con inseguimenti e combattimenti

nonché piccoli invertebrati, mentre in autunno integra la dieta con frutta e bacche quali ciliege, fichi, uva, lamponi, more e frutti selvatici in genere; le bacche di biancospino vengono ricercate prima della riproduzione per accumulare energie. Curioso è il modo con cui scortica o percuote la vegetazione per mettere a nudo le larve pelose prima di inghiottirle. In Italia il Rigogolo viene inanellato

con difficoltà nelle aree di nidificazione, mentre più semplice risulta l’inanellamento in numeri anche elevati di soggetti in siti di transito, e in particolare sulle isole del Tirreno nel corso dei massicci movimenti primaverili. In quanto a numeri, nell’anno 2000 sono stati inanellati poco meno di 1.000 esemplari. Nella mia stazione ornitologica ho provveduto a potare ciliegi e fichi con forme adatte alla cattura ed ogni anno riesco ad inanellarne un certo numero. L’area geografica di inanellamento dei soggetti segnalati in Italia si colloca nell’Europa nord-occidentale, centro-orientale e balcanica. In termini numerici i Paesi più rappresentati sono Francia, Germania, Svizzera, Belgio e Olanda. I siti di inanellamento sono localizzati in contesti sia costieri sia continentali, e le distanze massime percorse superano anche i 2.500 chilometri. In quanto alle rotte di migrazione verso

sud, i Rigogoli inanellati in Italia sono stati ricatturati in Algeria, Tunisia, Egitto, Grecia e Turchia.

La specie in Europa è considerata in uno stato di conservazione favorevole, con un range estremamente ampio e grandi popolazioni apparentemente stabili; è una specie tutelata ai sensi della L. n.157 dell’11-2-1992 “Norme

per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio” e specie strettamente protetta in base alla Direttiva di Berna del 19-9-1979, Allegato II. Sebbene la specie nel suo areale complessivo non risulta particolarmente minacciata, in Italia sembra si stia verificando una diminuzione della presenza, probabilmente per via

della modifica e riduzione degli habitat ideali alla nidificazione.

L’allevamento del Rigogolo in ambiente controllato è relativamente facile a patto di alimentarlo con pastoni ricchi di insetti e frutta, mentre molto più problematica è la sua riproduzione per la difficoltà pratica di creare un ambiente simile a quello scelto in natura. La specie in passato è stato molto perseguitata e cacciata per le richieste dei tassidermisti e non c’era cacciatore che sopra l’armadio dei fucili non avesse un rigogolo imbalsamato; per fortuna l’usanza è andata in declino ed attualmente la specie è sufficientemente rispettata.

Concludo raccontando un fatto che mi è successo molti anni addietro: ero andato a camminare nel bosco il giorno dopo di un violento temporale e, passando sotto alcune vecchie piante di pioppo, notai a terra un grumo strano che si rivelò un nido di Rigogolo, sicuramente abbattuto dal fortunale del giorno prima: raccolto, mi accorsi che all’interno aveva ancora due nidiacei, mentre poco dopo altri due li sentii a terra che reclamavano cibo. Pensai cosa fare e la vista di un filo di ferro appeso ad un cespuglio mi dette l’idea; con una forcella abbassai una fronda di un pioppo, legai alla meglio il nido al ramo con il fil di ferro, misi all’interno i quattro nidiacei e rilasciai dolcemente la frasca. Anche se lo speravo, mi sembrava poco probabile che i genitori si facessero vivi e stavo già pensando a come alimentare i piccoli per allevarli allo stecco. Mi nascosi, ma non passarono dieci minuti che il richiamo dei Rigogoli adulti si fece sentire e, all’udirlo, i nidiacei affamati incominciarono insistentemente a chiamare i genitori; controllai l’orologio e precisamente ventisette minuti dopo il salvamento, la coppia adulta stava già imbeccando i piccoli senza nessun problema dovuto al cambiamento della posizione del nido. Mi commossi ed in quel momento pensai ai genitori che abbandonano i neonati nei cassonetti delle immondizie… ancora una volta Madre Natura si dimostrava una grande maestra.

Nido di Rigogolo, fonte: commons.wikimedia.org
Coppia al nido, fonte: www.migratoria.it

La Cornuta di Caltanissetta

“Cornuto” molto spesso è colui che ha subito un tradimento sentimentale.

A volte si sente dire al contrario e cioè “cornuta”. Ma, non volendomi impelagare in discorsi moralistici e/o etici, vi invito a cominciare a prendere familiarità con questo termine in quanto durante l’articolo lo leggerete spesso. Ma come vedrete non può suscitare ilarità, in quanto parliamo di una razza avicola tanto curiosa e affascinante quanto meritevole di attenzione e che del suo essere “cornuta” fa un vanto ed è inconfutabilmente il suo segno distintivo. Quindi non parlerò di argomenti a noi conosciuti come canarini, pappagalli, fringillidi etc. etc. Parliamo di una razza autoctona, la Cornuta di Caltanissetta, appunto, dall’aspetto selvatico e affa-

scinante e di cui si stavano perdendo le tracce ma grazie al lavoro svolto da Giovanni Cirasa e la sua Associazione Tutela Razze Selvatiche (T.R.S.) possiamo affermare che la razza si sta avviando al suo riconoscimento nonostante molteplici difficoltà, tra cui quella di chiamarla genericamente “Cornuta di Sicilia”, mentre la cocciutaggine di Giovanni farà sì che si chiamerà con il nome della nostra città e cioè “Cornuta di Caltanissetta”, a difesa delle culture del territorio. Bravo, Giovanni.

È da molto tempo che mi ronza in testa il pensiero di scrivere questo articolo, ma mi mancava la “materia prima” e cioè trovare un allevatore/cultore, ma anche custode della razza. Parlavo con amici, nella fattispecie il mio amico e collega

È da molto tempo che mi ronza in testa il pensiero di scrivere questo articolo, ma mi mancava la “materia prima”

Voliere

di lavoro, nonché allevatore delle più svariate razze avicole Massimo Meli, il quale candidamente, durante la pausa pranzo presso la casa circondariale di Caltanissetta, mi dice: “Ma come, a Caltanissetta abbiamo un grande allevatore e conoscitore della razza e ancora ti barcameni?”. Detto fatto, una domenica mattina chiamo Giovanni e prima di sentire la sua voce sento cantare inconfutabilmente un gallo e capisco immediatamente di essere nel posto giusto e di parlare con la persona giusta. Ho dovuto calmare l’animo entusiastico di Giovanni, il quale voleva dirmi tutto e subito al telefono, perché altrimenti cosa avremmo dovuto scrivere nell’articolo? Ma la cosa che mi ha fatto più piacere è stata constatare che Giovanni conosce l’Associazione Ornitologica Nissena e le nostre

Splendido esemplare di Cornuta di Caltanissetta
L'autore dell'articolo con Giovanni Cirasa
ordinate e pulite

molteplici attività, non solo quelle canoniche di una associazione ma anche il nostro impegno fattivo nel sociale. Giovanni ci accoglie nella sua bellissima tenuta a San Cataldo, in contrada Scarlata e, tra puntali e monumenti solari, gustosi distillati delle più svariate erbe selvatiche, la discussione scivola via in maniera entusiasmante e collaborativa. Come spesso si dice, accanto ad un grande uomo c’è sempre una grande donna, ed infatti Giovanni è coadiuvato nelle attività dalla moglie Angela, energica donna tuttofare. Ho anche chiesto a Giovanni come intendesse impostare il lavoro du-

rante il nostro incontro e, quando mi sono sentito dire che sarebbero stati sufficienti un foglio ed una penna, tutto è stato molto semplice perché ho immediatamente capito che avrei avuto a che fare con una persona semplice e senza tanti fronzoli per la testa, nonostante sia un ricercatore laureato in scienze turistiche e sociologiche. Ho espresso il desiderio di non attingere a notizie che si trovano su internet in quanto volevo che fossimo solo noi a creare l’articolo. Di fatto, è stato semplicissimo instaurare un rapporto di collaborazione con le nostre associazioni per progetti futuri tutti da inventare, ma con l’entusiasmo non ci saranno ostacoli. L’allevamento si presenta tenuto ottimamente, pulito e organizzato in maniera “militare”, con voliere per la selezione ed uno spazio per le incubatrici e lo svezzamento dei pulcini. Moltissimi i soggetti tenuti liberi che gironzolano un po’ ovunque. Quindi sentiamo Giovanni a cui cedo immediatamente la parola:

Giovanni, il curioso termine “Cornuta di Caltanissetta” merita una spiegazione approfondita

“Il termine Cornuta di Caltanissetta deriva dalla particolare caratteristica della cresta a corna della razza avicola, che la distingue dalle normali razze mediterranee presenti sul territorio. La sua presenza nel circondario di Caltanissetta è stata molto diffusa nel corso dei secoli, proprio per il suo legame intrinseco con la storia e la cultura della città. In particolare, nelle aree archeologiche di Nissa, oggi Caltanissetta, si trovano le uniche testimonianze storiche che risalgono fino alla popolazione autoctona dei Sicani, i primi abitanti della Sicilia. Questa razza di polli, conosciuta per la sua cresta ornamentale a forma di corna, rappresenta un vero e proprio tesoro della tradizione avicola locale. Le sue origini si perdono nel tempo, risalendo addirittura a epoche remote, quando i Sicani erano ancora un popolo insediato sulle terre dell’isola. Grazie alla sua storica presenza nel territorio di Caltanissetta, la Cornuta è diventata un simbolo di riconoscimento per la comunità locale”. La tua Associazione (T.R.S.) si sta impegnando fattivamente al recupero della Razza. È stato difficile questo processo

selettivo? Possiamo affermare che la Razza è salva o ci sono ancora degli ostacoli da superare?

Grazie agli sforzi congiunti di appassionati, oggi la Cornuta di Caltanissetta continua a vivere e a prosperare, portando avanti una tradizione tramandata di generazione in generazione. La sua riscoperta e valorizzazione rappresentano un impegno costante nel tutelare non solo l’avicoltura locale, ma anche per l’ecosistema e l’identità della comunità nissena. Siamo partiti da pochissimi soggetti in purezza, affidati a me personalmente dal sig. Amico di Mussomeli, al fine di ottenere il riconoscimento ministeriale. Oggi in purezza abbiamo un numero consistente e ben cinque linee mappate geneticamente”.

Quali sono le caratteristiche della Cornuta di Caltanissetta?

“Al contrario di quello che molti pensano, la caratteristica principale è l’ovodeposizione; essendo una eccellente ovaiola, è questa la sua caratteristica più importante. L’estetica della cresta è relativa, infatti le grandi corna servono a dissipare il calore nelle giornate torride nissene. Così come il piumaggio è utile per mimetizzarsi nei rovi, la sua colorazione è appunto chiamata selvatica”. Ci sono delle leggende curiose che i nostri lettori devono conoscere. Le prime notizie risalgono addirittura all’VIII secolo a.C. e sono legate al Santo patrono di Caltanissetta, San Michele Arcangelo, ma anche a Lucifero. Di cosa si tratta?

“Leggenda di San Michele e della lotta con Lucifero. Nella lotta, che avvenne nei cieli della Sicilia, si narra che una piuma dell’Arcangelo si sia staccata dall’ala e sia precipitata proprio a Caltanissetta. La leggenda narra che la Cornuta di Caltanissetta sia nata da questo evento, anzi dal tradimento che i nisseni fecero usando la piuma come attrattiva per i turisti. Potrebbe essere una rappresentazione dell’eterna lotta del bene e del male e la Cornuta rappresenta l’inganno e il tradimento. Lo stesso Arcangelo mette alla prova i pastori con questo animale imponendo di non venderlo e custodirlo, pena la dannazione eterna! Il tradimento si perpetua nei secoli, perché sappiamo che il mondo è pieno di traditori, e basta mettere alla prova l’essere umano per capire che la sua fame

Giovanni con un altro bel soggetto
Giovanni coadiuvato dalla moglie Angela

Grazie agli sforzi congiunti di appassionati, oggi la Cornuta di Caltanissetta continua a vivere e a prosperare

di ingordigia è insuperabile. Sebbene siano leggende popolari, sono molto legate a valori e credenze che hanno basi solide nei valori umani e cristiani. Questa tradizione da un lato ha permesso la conservazione di ceppi puri, dall’altro la diffusione di incroci da parte di truffatori che approfittano dell’ingenuità degli allevatori. Sta proprio qui la «prova divina» nello smascherare i traditori. Come abbiamo visto non si tratta solo di una semplice razza, ma di un simbolo molto legato alla città”.

Una razza canina siciliana, il cane di Mannara, meglio conosciuto come pastore siciliano, ha avuto bisogno di un lavoro selettivo di recupero molto laborioso perché gli esemplari in purezza erano davvero pochi. Oltretutto tu hai dei bellissimi esemplari in purezza. Per la “Cornuta” quali sono state le difficoltà principali? Quanti esemplari esistono attualmente? “Il cane è molto difficile da recuperare per via della consanguineità; infatti, nei mammiferi è più facile rimarcare un carattere, ma è più difficile avere una variabiltà di caratteri. Gli avicoli soffrono meno il problema consanguineità; ad esempio, con la Cornuta di Caltanissetta sono partito da una coppia, cosa impossibile da fare con i cani, per i quali invece

mi ci sono voluti ben sei ceppi differenti per arrivare ad avere l’80% dei caratteri desiderati. Come per la Gallina, il principale scopo è quello di selezionare la caratteristica da reddito e in questo caso il nostro cane è un guardiano che custodisce le galline e non un cane espositivo”.

È possibile allevare la “Cornuta” in altri ambienti climatici diversi dal territorio nisseno? Ad esempio, la si potrebbe allevare in Trentino o regioni simili?

“Le razze domestiche si chiamano autoctone perché si sono adattate in un determinato territorio. Una razza trentina vive bene in Trentino, non muore in Sicilia ma soffre. La razza ha bisogno delle nostre erbe selvatiche, il nostro clima e il nostro grano; è assolutamente inutile un allevamento in paesi diversi e addirittura per motivi di esposizione, non considerando che si tratta pur sempre di animali da reddito. La Cornuta è una razza addomesticata in Sicilia e allevata sempre in libertà. Allevarla in piccoli pollai o addirittura in gabbia è una tortura per questi animali.

La “Cornuta” ha solo uno scopo sportivo/ornamentale o può produrre reddito? Si può pensare ad un allevamento intensivo per la produzione di uova?

“Attualmente non ha uno scopo sportivo o ornamentale ma solo per tutelare e salvaguardare la biodiversità siciliana. Si adatta agli agriturismi o alle aziende agricole che vogliono essere custodi del territorio. La nostra filosofia di allevamento è completamente diversa da chi usa questi animali per sport. Per noi sono animali da reddito, producono uova e devono essere usati come tali.

Giovanni, per concludere, quali altre Razze sono presenti nel tuo allevamento?

“Allevo tutte le razze autoctone siciliane che abbiamo recuperato. La prima è sicuramente la Siciliana Coronata che ha la cresta a corona legata a San Cataldo, La Valplatani nel territorio agrigentino e di recente la Cenerina, importata da Napoli a Palermo nell’800, che stiamo selezionando grazie a Gianluca Gueli di Termini Imerese”.

Grazie, Giovanni!

Sicuramente ci rivedremo per far conoscere altre razze e le relative curiosità dei tuoi bellissimi esemplari.

Tra le tante cose belle di Caltanissetta, e mi riferisco al cannolo, alla settimana santa, la gara di velocità in salita coppa Nissena, all’abbazia di Santo Spirito, d’ora in poi la Cornuta di Caltanissetta andrà annoverata tra i vanti della nostra città.

LUCHERINO DORSO NERO

LUCHERINO DI YARRELL

Grande qualità • Ottimi riproduttori Tel. 347.0784494

Un momento dell'intervista
Alcuni esemplari per la riproduzione

“In volo”

38° Campionato Interregionale Appulo Lucano di Ornitologia

testo e foto di ALESSANDRO LEZZI

Nella splendida cornice del territorio salentino, nel comune di Carmiano (LE), si è svolto il 38esimo Campionato Interregionale Appulo Lucano di Ornitologia “IN VOLO” dal 18 al 22 Ottobre.

Le associazioni che hanno contribuito alla realizzazione di questo evento sotto l’egida della FOI e del Raggruppamento Appulo Lucano sono:

• Associazione Ornitologica Salentina

• Associazione Ornitologica Fenice Mesagne

• Associazione Ornitologica Tarantina con il patrocinio del comune di Carmiano (LE).

Sin da subito, nei primi incontri fatti per decidere il da farsi per l’organizzazione dell’evento c’è stato un entusiasmo senza eguali, che è proseguito nella fase di allestimento e svolgimento del Campionato grazie alla col-

laborazione dei soci delle associazioni summenzionate, che con impegno e sacrificio, in sinergia tra di loro, hanno sempre creduto nella riuscita dell’evento.

Inoltre, non per minor grado di importanza, va un ringraziamento speciale ai Presidenti di Associazione Sig. Andrea Cudazzo, Sig. Ivan Micelli e Sig. Nicola Castellano.

Con orgoglio e soddisfazione posso dire che il 38esimo Campionato Interregionale Appulo Lucano si è rivelato come una manifestazione di successo che ha rappresentato l’attività sportiva del nostro hobby ma anche l’attuazione concreta dei valori e delle motivazioni di tutti noi allevatori di questo territorio, rendendoci orgogliosi di farne parte. L’impegno e l’armonia hanno fatto da padroni per l’intera durata della mostra, unendoci

Un momento della manifestazione
L’inaugurazione
Logo Ass.ne Ornitologica Fenice Mesagne
Logo Ass.ner Ornitologica Salentina
Logo Ass.ne Ornitologica Tarantina Locandina dell’evento
Il montaggio della Mostra

tutti nella stessa direzione e nello stesso pensiero che ci accomuna, ossia “allevare è proteggere”, alla base dell’ornicoltura.

Solo insieme possiamo dare al nostro hobby la giusta visibilità e i giusti valori che la passione di ognuno di noi possiede; tali elementi vengono racchiusi in un movimento tecnico culturale al servizio dell’uomo e della salvaguardia della biodiversità domestica.

La qualità dei soggetti ha confermato l’impegno per la selezione. Dei 1691 ingabbi che ci sono stati nella manife-

L’impegno e l’armonia hanno fatto da padroni per l’intera durata della mostra, unendoci tutti nella stessa direzione

stazione in tutte le razze e categorie, non sono mancati punteggi come 94/95, cosa che va a conferma della qualità presente, come dicevo prima. La voglia di rifare questa esperienza non manca; spero in nuova futura riuscita nella prossima stagione mostre, con lo stesso impegno ed entusiasmo che le associazioni organizzatrici hanno messo in campo insieme.

Le premiazioni
Foto di gruppo degli organizzatori
All. MartaMaghenzani
All. Fabio Martena

V olontariato

Viva i bambini!

Ibambini

sono la nostra più importante risorsa, la nostra migliore speranza.

Sanno stupirci, cogliere il bello, essere umili e fragili proprio come i nostri amici Canarini! La nostra Associazione Piccoli Appassionati di Canarini, con il supporto della Federazione Ornicoltori Italiani, entra in punta di piedi nelle scuole con laboratori didattici che permettono un confronto bambino-animale, favorendo anche l’inclusione di bambini con difficoltà emotive e interattive.

Attraverso l’incontro gioviale con i canarini, tra-

smettiamo amore per le creature viventi, per gli altri, per le regole e per il rispetto.

Al termine di ogni incontro lasciamo raccontare ai bambini le emozioni e le sensazioni provate e vissute e vi assicuriamo che attraverso il gioco ci piace ascoltare quanto siano stupiti, meravigliati e felici della bella giornata!

Aiutateci a portare il nostro messaggio ad ogni bambino che avrà voglia di prendersi cura di un canarino.

Giuseppe Albergo (cell.3403039199)

Attività F.O.I.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 25 marzo 2024

(La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali)

-PARTECIPAZIONE ALLE MANIFESTAZIONI ORNITOLOGICHE

RICONOSCIUTE DALLA F.O.I. E/O DALLA C.O.M.; Dopo aver esaminato le segnalazioni pervenute presso la Segreteria FOI circa la presenza nei locali mostra durante le fasi di alloggio e di riconsegna dei soggetti di persone espulse dalla FOI e/o non tesserate per l’anno in corso alla Federazione o ad altre Federazioni riconosciute dalla COM, il CDF ritiene opportuno dover rammentare che possono partecipare alle manifestazioni ornitologiche sotto l’egida della FOI/COM, solo gli espositori tesserati per l’anno in corso alla Federazione o, per le mostre internazionali, tesserati anche ad altre Federazioni purché riconosciute dalla COM, a patto che siano esenti da provvedimenti disciplinari che limitino questo diritto.

Ai fini dell’ammissione e della regolarità della partecipazione di ciascun espositore, è compito del Comitato Organizzatore Mostra verificare l’identità dell’espositore e l’iscrizione del medesimo ad una Associazione federata per l’anno in corso.

Durante le fasi di alloggio dei soggetti (ingabbio) e di riconsegna dei soggetti (sgabbio), sono ammessi nei locali della mostra soltanto i membri del Comitato Organizzatore e le persone incaricate dell’assistenza e della cura dei soggetti esposti.

Durante le fasi di giudizio dei soggetti sono ammessi nei locali della mostra soltanto i Giudici costituenti la Giuria, gli Allievi-Giudici, i membri del Comitato Organizzatore, le persone incaricate dell’assistenza ai giudici e della cura dei soggetti esposti. I principi innanzi affermati, sia pure a carattere immediatamente esecutivo, verranno recepiti dall’aggiornamento del Regolamento Generale Mostre insieme all’individuazione del sistema sanzionatorio che verrà applicato nei confronti dell’Ente Organizzatore della Mostra (Associazione, Comitato Organizzatore, Direttore Mostra) in caso di violazione che sarà quello generale previsto dal Regolamento Organico.

-VERBALI DELL’ORDINE DEI GIUDICI NN. 6 e 7 2023 e NN. 1 e 2 2024: DETERMINAZIONI;

Il CDF, con riferimento ai verbali n. 6 del 7/9/2023 e n. 7 del 16/12/2023, n. 1 del 6/2/2024 e n. 2 del 16/3/2024 del Consiglio dell’Ordine dei Giudici provvede come segue:

Non si fa luogo a provvedimento di ratifica della delibera n. 21/2023/01 – CTN Canto – modifica box a titolo sperimentale per la durata di un anno. Si richiede all’OdG di conoscere, all’esito della sperimentazione, le risultanze della stessa e le considerazioni in merito;

Ratifica la delibera n. 21/2023/02 – CTN Canto – partecipazione a titolo meramente sperimentale di Malinois Waterslager bianchi senza diritto di assegnazione di premiazione ordinaria e/o straordinaria. Si richiede di conoscere le motivazioni tecniche alla base di questa delibera, nel contempo invitando il Presidente del Collegio e la CTN a valutare la uniformazione alle direttive COM;

Ratifica la delibera n. 21/2023/03 – CTN Canto – Malinois Waterslager modifiche ed integrazioni al Regolamento Gare;

Ratifica, a condizione della sussistenza delle possibilità tecniche relativamente ai punteggi massimi, la delibera n. 21/2023/04 – CTN Colore – approvazione nuovi standard; richiesta inserimento alert nel tablet per l’attribuzione punteggi

massimi; categorie a concorso; dettagli di giudizio e conferma diametro anelli per canarini di colore;

Ratifica, ma non per quanto riguarda la prossima assemblea, la delibera n. 22/2023 - realizzazione per l’Assemblea dei Giudici di nuovi tesserini di riconoscimento, da realizzarsi in diversi colori in base alle specializzazioni e/o alle qualificazioni. Consegna della spilla nel corso dell’Assemblea ad ogni Giudice, con richiesta di inserire su di essa l’attuale logo dell’Ordine, distinguendo i Giudici fino a 10 anni di anzianità con la spilla normale, quelli con più di 10 anni d’anzianità con la spilla bordata d’argento e quelli con più di 20 anni d’anzianità con il bordo dorato.

Non ratifica la delibera n. 24/2023 – con cui si richiede la sostituzione dell’art. 31 lett. B Regolamento Ordine dei Giudici – “quando non partecipa in qualità di espositore almeno una volta ogni tre anni ai Campionati Italiani”, ritenendo di approfondire l’argomento, anche valutando l’introduzione di sistemi di valutazione alternativi;

Non ratifica la delibera n. 25/2023 - Integrazione art. 33 Regolamento Ordine dei Giudici - “Tutti i Giudici e gli Allievi Giudici sono obbligati a partecipare agli aggiornamenti tecnici disposti dalla CTN di competenza a meno di importanti impedimenti che in ogni caso dovranno essere giustificati, questo al fine di essere edotti ed informati per la successiva partecipazione alle mostre. Nel caso in cui il Giudice si assenti per due aggiornamenti consecutivi lo stesso sarà sospeso dal ruolo fino alla successiva partecipazione all’aggiornamento, questo comporterà l’immediato reinserimento nel ruolo senza alcuna preclusione”, a motivo della necessità di migliorare alcune specificazioni testuali. Il testo viene rimesso all’OdG che ne concorderà le modifiche migliorative con il consigliere federale delegato; Non ratifica la delibera n. 26/2023 - Integrazione art. 37 Regolamento Ordine dei Giudici – “Non saranno chiamati a far parte della Giuria del Campionato Italiano tutti i Giudici che non avranno partecipato in qualità di espositori allo stesso nei due anni precedenti”, ritenendo di approfondire l’argomento, anche valutando l’introduzione di sistemi di valutazione alternativi;

Ratifica la delibera n. 27/2023 – Modifiche Regolamento CCTTNN – inserire nel regolamento CCTTNN all’art. 7 al punto 10 il seguente deliberato: “Le CCTTNN devono organizzare i corsi di aggiornamento in presenza ovvero online almeno uno all’anno entro il mese di giugno. Si rende obbligatorio da parte delle CCTTNN trasmettere al Presidente dell’Ordine e al Presidente di Specializzazione l’elenco dei Giudici che hanno partecipato ai Corsi di aggiornamento”. Con l’integrazione all’art. 7 del Regolamento CCTTNN l’attuale punto 10 diventa 11, a condizione che non si generino costi a carico della federazione.

Ratifica la delibera n. 4/2024 – Giudice Benemerito - nomina a Giudice Benemerito di Lorenzo Alcamo (sezione B) e Giovanni Canali (sezione D);

Ratifica la delibera n. 5/2024 – Giudice Mentore – nomina a Giudice Mentore di Lorenzo Alcamo (sezione B);

Ratifica la delibera n. 6/2024 – Giudice Onorario – nomina a Giudice Onorario di Gaetano Acella (sezione E1), Fabio Fuzzi (sezione D), Giuseppe Iannone (sezione D), Mario Moretti (sezione E1), Giuseppe Petrina (sezione D), Pietro Provvidenti (sezione E2);

Non ratifica la delibera n. 7/2024/10 Richiesta di ampliare le categorie a concorso

Attività F.O.I.

per le razze Llarguet Spagnolo e Irish Fancy per i Campionati Regionali, Interregionali e Campionato Italiano anno 2024 in attesa di una puntuale indicazione dell’estensione di dette categorie;

-RIENTRO IN FOI DI TESSERATI PROVENIENTI

DA ALTRE SEDICENTI FEDERAZIONI;

Con riferimento alle reiterate richieste di tesseramento pervenute in FOI per il tramite delle Associazioni Ornitologiche federate, avanzate da parte di allevatori in precedenza iscritti ad altre sedicenti federazioni, il CDF chiarisce ancora una volta che la Segreteria FOI potrà accettare le istanze di tesseramento solo previa valutazione di ogni singolo caso, anche in considerazione del comportamento assunto da ognuno di essi nei confronti della FOI e dei suoi Dirigenti. Qualora il tesseramento fosse autorizzato lo stesso potrà ritenersi efficace, in applicazione dell’art. 11 del Regolamento Organico, unicamente nel caso in cui venga dimostrato che il richiedente ha interrotto definitivamente ogni rapporto con le altre sedicenti Federazioni. Il CDF chiarisce che, in esercizio della c.d. clausola di gradimento, non sarà comunque consentito il rientro in FOI ai tesserati provenienti da altre Federazioni: che avevano in precedenza ricoperto in FOI ruoli dirigenziali, in seno ai Rag-

gruppamenti, alle Associazioni, ai Club di Specializzazione, ecc.; che avevano in precedenza ricoperto la carica di Giudice FOI o di Allievo-Giudice; che con affermazioni sui social o con comportamenti assunti hanno denigrato la FOI ed i suoi Dirigenti; che hanno ricoperto ruoli apicali di qualsiasi genere in seno ad altre sedicenti federazioni; che, con l’obiettivo di persuadere e/o di manipolare le decisioni altrui, hanno assunto ruoli attivi nelle campagne di tesseramento di altre sedicenti federazioni; che con comportamenti deontologicamente ed eticamente scorretti hanno effettuato o tentato di effettuare tesseramenti FOI per conto di propri familiari o di altri accondiscendenti “prestanome”.

-VARIE ED EVENTUALI;

- Il CDF, dopo aver ottenuto parere favorevole da parte del Raggruppamento Calabria, in accoglimento della richiesta di contributo avanzata dalle Associazioni Amantia cod. 343, Tirrenica cod. 93 e Paolana cod. 362, in quanto afferenti attività divulgative, concede un contributo di euro 350,00, per l’attuazione del progetto divulgativo tenutosi in occasione della mostra nella città di Paola (CS) dal 2 al 5 novembre 2023.

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