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Canarini di Forma e Posizione Lisci Estrildidi Fringillidi Ibridi
Editoriale
Lamentarsi del brodo grasso
di G IOVANNI CANALI
Un modo di dire abbastanza noto è “lamentarsi del brodo grasso”: sta a significare che qualcuno si lamenta senza motivo, avendo situazione di abbondanza. Può essere anche un ammonimento o invito a non lamentarsi, quando le cose vanno bene. Del resto sappiamo che i “Bastian contrari”, coloro che si oppongono sempre per partito preso, altro modo di dire affine, sono numerosi. Spesso accade che pure i soliti “eterni scontenti” si lagnino senza vero motivo.
Chi si lamenta senza ragione diventa fastidioso o, peggio, stanca chi opera bene, specialmente nelle attività di volontariato; infatti, chi si impegna senza remunerazione spesso gradisce almeno l’apprezzamento, se non proprio la gratitudine. Del resto la gratitudine è rara, direi che lo aveva ben capito Confucio che diceva: “non fare del bene se non hai la forza di sopportare l’ingratitudine”. Altri più cristianamente potrebbero dire di fare il bene a prescindere dalla gratitudine, dai riconoscimenti e magari anche dalle critiche malevoli; mi pare non sia facile da realizzare questo atteggiamento.
Senza filosofeggiare troppo, vorrei ricordare come in tanti ambienti, specialmente amatoriali, compreso il nostro che comunque fa parte del mondo, vi sono casi in cui si critica anche in modo ingiusto o perfino malevolo, con pessimi risultati. La persona criticata ingiustamente può stancarsi e magari dedicarsi ad altro. Non tutti hanno le spalle abbastanza larghe per incassare, o sono troppo sensibili.
In passato ho avuto modo di vedere esempi del genere e, si badi, anche e forse più fuori dal nostro ambiente. Persone responsabili di un ruolo di una certa importanza, boicottate per mettere al loro posto un altro che poi non ha dato buoni risul-
tati, a volte per minore qualità o altre volte per mancanza di tempo; già, occorre anche avere il tempo di impegnarsi. Ho visto pure persone fare di tutto per avere una carica, per poi non presenziare neppure alle riunioni!
A questo proposito penso che gli statuti, ed oserei dire anche le leggi dello Stato, dovrebbero prevedere la decadenza automatica ed obbligatoria per chi non garantisse una presenza adeguata. Sul comportamento si possono avere pareri diversi; un Tizio potrebbe essere considerato ottimo da qualcuno e pessimo da altri, ma sulla presenza o meno alle riunioni il fatto è oggettivo.
Sul giudizio che si dà sul lavoro che uno svolge, come dicevo, i pareri possono essere diversi e si possono avere lodi o critiche di segno opposto. Come distinguere i pareri fondati da quelli pretestuosi, vale a dire da quelli che comportano “lamentela per il brodo grasso” o al contrario lodi ingiustificate?
Non ci sono metodi veramente oggettivi, stante le diverse opinioni ed i diversi pareri sulle scelte e le priorità. Qualche indizio però penso di poterlo fornire. Le critiche degne d’attenzione sono quelle che fanno riferimento a fatti certi, ad esempio su di una decisione più o meno valida, oppure l’indicazione di un mancato dovere, anche se rimangono opinabili.
Critiche sospette di pretestuosità possono essere quelle generiche, ad esempio: “sì, sì, sarà bravo ma si poteva fare di più”. Grazie, si può sempre fare qualcosa di più! Pertanto, a meno che non venga indicata una carenza vera, questa critica è molto sospetta. Un’altra critica potrebbe essere: “sì, sì, sarà bravo, ma non dà spazio agli altri”. Qui potrebbe esserci di mezzo l’invidia verso uno di valore, a meno che non si citi una
Editoriale
circostanza precisa, come potrebbe essere il boicottaggio di una persona valida, oppure che sia stato assunto un comodo “ yes man” o un soggetto meno qualificato di un altro. Fra le critiche, questa volta assurde, mi è stata riportata questa: “Lui no, è troppo bravo, ci mette tutti da parte”, evidentemente la preoccupazione di un mediocre. Diverso il caso se uno sospettasse di tendenze dittatoriali, ma comunque critica sospetta; infatti, anche la critica sull’atteggiamento dittatoriale a volte può essere fondata, ma a volte può nasconde il desiderio di avere un “re travicello” che non crei problemi a chi è abituato a fare i propri comodi.
Insomma non ci sono parametri certi. Ho solo indicato una bussola, cioè: i fatti, non le chiacchere.
Quando si ha il merito o la fortuna di avere qualcuno bravo e qualificato in un posto importante, è bene rallegrarsene; le persone valide non sono molte. Di conseguenza, senza rinunciare a suggerimenti o garbate critiche, le persone valide vanno apprezzate e con loro è bene collaborare, quando è
possibile. Chi si impegna bene, specialmente senza interesse economico, ha ben diritto alla stima. Questo non significa che non si possano valutare anche altre persone, però con molta cautela; è assai difficile migliorare se le cose sono già buone, la qualità è rara. Da non dimenticare che critiche inutili e dannose possono scoraggiare, come dicevo, e perdere persone valide per sfinimento è pessima e dannosissima cosa. Andando leggermente fuori tema, aggiungo che, nelle associazioni, è bene collaborare anche quando c’è un presidente o un direttivo non graditi. Presidenti e direttivi passano, l’associazione resta. Si deve andare giù duri solo quando ci sono situazioni gravi. Si consideri anche che trovare persone disposte a togliere tempo a lavoro e famiglia, per l’associazione, non è facile. Inoltre, se si comportano abbastanza bene, è necessario che le critiche, come dicevo, siano solo quelle utili, costruttive e comunque garbate, senza lesinare gratitudine ed apprezzamenti se meritati. Il brodo grasso è più nutriente, diete permettendo.
Avorio: cromia pigmentaria o strutturale?
testo e disegni di MIMMO ALFONZETTI, foto e A. J. SANZ e E. DEL POZZO
Abstract
È evidente che le spiegazioni del fattore avorio appaiano contraddittorie: se c’è riduzione quantitativa (muta-
L’avorio è una mutazione dei lipocromi, un fattore di diluizione lipocromica, o meglio riduzione. La sensazione visiva è riconducibile ad una deposizione ridotta dei carotenoidi negli elementi e nelle strutture della piuma, in maniera particolare nelle barbole. Alcuni autori francesi parlano di una riduzione dei lipocromi pari al 50%. Il giallo degrada fino ad una tenue tonalità color crema. È comunque convinzione generale, suffragata dalla bibliografia specializzata, che questa riduzione sia, in modo sostanziale, conseguenza di una modifica strutturale delle piume che rende possibile l’appastellamento (espressione discutibile) del colore. Viene mostrato con precisione che la vera natura del fattore avorio sia un mutamento strutturale delle penne, tanto da chiamarlo “fattore di struttura lipocromica”. Studi recenti hanno posto l’attenzione sulle riduzioni quantitative dei carotenoidi delle piume degli uccelli dimostrando, con il supporto di indagini di laboratorio, che sono sostenute da vere e proprie mutazioni genetiche (gene BCO2) che influenzano la quantità di carotenoidi depositata nel piumaggio, riducendola considerevolmente. Nella considerazione che la mutazione avorio mostra, pur palesando penetranza completa, un certo grado di espressività variabile, la possibilità di una vera e propria riduzione quantitativa dei carotenoidi non è da escludere.
zione) non può derivare dalla struttura. Le righe che seguono hanno la presunzione di argomentare sulla dicotomia di quanto l’intestazione dello scritto suggerisce.
Mosaico Rosso Avorio femmina, foto: Antonio Javier Sanz
Premessa: colori strutturali o pigmentari
La colorazione del piumaggio degli uccelli può essere prodotta da pigmenti chimici ma anche da strutture del piumaggio che interagiscono fisicamente con le onde luminose e quasi sempre da una combinazione di entrambi. I pigmenti sono molecole che assorbono e riflettono (“emettono”, preferito in America) in modo differenziato le lunghezze d’onda della luce visibile. Le specifiche delle lunghezze d’onda assorbite e successivamente riflesse sono determinate dalla struttura biochimica della molecola del pigmento. I colori pigmentati sono comuni nel piumaggio, nei gusci delle uova, nel derma e negli occhi degli uccelli (Lucas e Stettenheim,1972; Dyck, 1976, 1978; Fox, 1976; Durrer, 1986).
I colori strutturali differiscono dai colori pigmentati in quanto sono prodotti dall’interazione fisica della luce
con le strutture biologiche delle piume. I colori strutturali sono componenti importanti della colorazione del piumaggio, della pelle e delle iridi di molte specie di uccelli e sono ampiamente distribuiti in tutta l’Aves. La complessa relazione tra colori strutturali e pigmentari può creare confusione sulla distinzione tra i due. Per ribadire le definizioni di cui sopra, i colori pigmentari sono quelli creati esclusivamente come risultato dell’assorbimento molecolare e dell’emissione di luce. La tonalità di un colore pigmentato è determinata dalla struttura molecolare del pigmento e dalla densità della sua distribuzione nel tessuto, ovvero: quanto più densamente distribuito è il pigmento tanto più satura è la tonalità. Al contrario, i colori strutturali risultano dalle interazioni fisiche della luce diffusa dalle interfacce di materiali biologici con diversi indici di rifrazione. Sebbene la dispersione
della luce possa produrre colori mediante vari meccanismi fisici (scattering di Rayleigh, scattering di Tyndall, scattering di Mie, scattering coerente), tutti i meccanismi dipendono dalle proprietà fisiche su scala nanometrica delle strutture e dai loro indici di rifrazione.
La composizione dei tessuti biologici strutturalmente colorati è quasi sempre una combinazione di sostanze i cui indici di rifrazione sono in successione più alti e più bassi: es. cheratina e aria, melanina e cheratina. La confusione può nascere dal fatto che alcuni componenti di questi tessuti strutturalmente colorati sono essi stessi pigmenti, come le melanine. Tuttavia, i colori prodotti da questi tessuti sono comunque strutturali perché le tonalità prodotte sono una conseguenza delle dimensioni, della distribuzione spaziale e degli indici di rifrazione dei granuli di pigmento e non sono determinati esclusivamente dalle proprietà molecolari dei pigmenti
Un po’ di storia
Ci sono diverse scuole di pensiero tra gli allevatori di canarini sulla comparsa dei canarini avorio. Alcuni sostengono che l’avorio sia apparso come risultato dell’accoppiamento Bianco x Rosso-Arancio (suggestivo), altri che sia apparso nell’allevamento di un certo signor Robner, in Germania, da una coppia di cantori Harzer (molto probabile) di colore giallo paglierino, la quale avrebbe generato alcune femmine avorio; altri ancora sostengono che l’avorio sia apparso spontaneamente. Possiamo ignorare tali opinioni e affermare con certezza che l’avorio è una mutazione indubbia. Il Verkamp sembra prediligere l’opinione che la varietà sia apparsa da accoppiamenti tra bianchi x rossoarancio. Questo fattore apparve la prima volta in Olanda intorno al 1950, ma già nel ‘43 si ha certezza che canarini avorio venissero allevati in America senza richiamare, allora, l’attenzione generale degli ornitofili. Il secondo conflitto mondiale, in quel tempo, aveva catalizzato le attenzioni della
Brinato Giallo Avorio, foto: E. del Pozzo
stampa specializzata. Soltanto nel 1964 il canarino avorio fu riconosciuto compiutamente.
Il colore avorio è molto difficile da inquadrare, perché, appunto, non è un colore di tonalità ben definita. La definizione riscontrata tra i cultori che si può dare di “colore avorio”, in particolare quando viene generato da genitori gialli, è bianco-crema, un colore molto simile a quello delle palle da biliardo ricavate dalle zanne degli elefanti. È opportuno ricordare che la selezione avorio è iniziata su base giallo dorato.
Quando proviene da genitori a fattore rosso, il colore avorio avrà una nuance di colore rosso-arancione e viene definito Rosso Avorio (un tempo Avorio Rosa). Una pubblicazione britannica intitolata “The New Canary” pubblicata dalla Canary Breeders Association, definisce il Rosso Avorio come “Rosa Pastello”. In entrambe le varietà si era osservato che il fattore unico responsabile della insorgenza cromatica avesse la peculiarità di rendere omogenei i lipocromi, tanto che remiganti e timonieremostravano la stessa tonalità delle altre piume del corpo. Quando la mutazione avorio è sostenuta da piumaggi che generano riflessi azzurrognoli di natura interferenziale, la tonalità del lipocromo diventa, a mio parere, estremamente pregevole e gradevole. Nei soggetti ad eredità giallo limone la tonalità giallo-verdognola diventa molto tenue, mentre nei soggetti a colorazione rossa il lipocromo appare quasi color rosa (“rosa pesco”, propone G. Canali).
La tonalità bianco-crema, è ovvio, si riferisce alla cromia dei primi soggetti avorio; ora la selezione ha configurato una cromia molto più satura (a mio avviso discutibile quando si discosta poco dalla cromia gialla).
Geneticamente, l’avorio è una mutazione recessiva legata al sesso, quindi può essere aggiunto ai tre colori fondamentali: giallo, rosso e bianco. Il fattore avorio può essere introdotto nei canarini melaninici e in tal caso occorre notare che il substrato avorio fa risaltare le feomelanine brune
(non un aumento, ma una evidenziazione). Questa particolare interferenza può privilegiare il giudizio per i tipi ove la presenza di feomelanina costituisca un pregio (serie dei bruni) e una condizione sfavorevole per la serie degli Agata, dove la presenza di feo costituisce difetto. Le fonti disponibili (oltre quelle del nostro G. Canali) per attingere infor-
mazioni scientifiche probanti sul fattore avorio sono limitate e si riducono a singoli articoli non accompagnati da indagini di laboratorio. Tali articoli concordano sulla diversa deposizione dei carotenoidi che vengono relegati negli strati profondi della penna, sulla maggiore cheratinizzazione della penna e anche sulla riduzione quantitativa dei carotenoidi.
Agata Opale Intenso Giallo Avorio, foto: Antonio Javier Sanz
Fig 1 - Sezioni di barba a confronto: in evidenza il restringimento del canale midollare e l’ispessimento della corteccia nella cromia avorio (Mimmo Alfonzetti)
Avorio strutturale
La percezione del colore del fattore avorio è sostenuta da una modifica della struttura e morfologia delle piume. Tali modifiche hanno portato ad una maggiore cheratinizzazione delle piume e ad una diversa localizzazione dei carotenoidi. Tra le esigue informazioni sul web sul fattore avorio ho rinvenuto alcuni articoli specifici, uno olandese e l’altro brasiliano, le cui osservazioni sulle modifiche della struttura avvenute possono così sintetizzarsi:
•Uncini completamente apigmentati
•Barbole con pigmentazione appena percettibile
•Barbe con strato corneo più spesso L’elemento che agisce e influenza maggiormente il lipocromo sembra essere un accumulo di cheratina all’interno del canale midollare delle piume; c’è quindi un ispessimento delle strutture microporose della cheratina della medulla. Il conseguente restringimento del canale midollare comporta una dilatazione della corteccia (fig.1); c’è dunque minore densità di lipocromi nella piuma perchè si diffondono in un volume corticale maggiore. Il maggiore ispessimento delle pareti delle barbe si traduce in un indice di rifrazione piu grande e quindi in una minore trasparenza. La minore trasparenza causa un tonalità meno nitida e meno vivida. La sensazione visiva riveniente è che i carotenoidi si addensano nello strato più interno della corteccia. È simile alla sensazione che si avverte guardando un recipiente stantio di vernice colorata che si è addensata sul fondo, lasciando in superfice il liquido di diluizione.
È mia personale convinzione, seguendo
un criterio di logicità, che il processo di cheratinizzazione avvenga ad una maggiore velocità; il rapido indurimento impedisce ai lipocromi di diffondersi liberamente nella corteccia e, conseguentemente, si concentrano ai margini del canale midollare, favorendo quella particolare sensazione di profondità dei lipocromi.
Avorio pigmentario
I fattori fisiologici e i meccanismi di regolazione genetica che influenzano il colore del piumaggio nel dicromatismo sessuale degli uccelli hanno sempre attirato un’attenzione significativa nella ricerca. È interessante notare che numerosi geni sono stati identificati per svolgere un ruolo potenziale nella colorazione della melanina e dei carotenoidi nel piumaggio degli uccelli. I geni ASIP, MC1R, TYRP1 sono il risultato delle ultime ricerche sulle melanine, invece SCARB1, BCO2 e CYP2J19 di quelle sui lipocromi. Tali geni esercitano un effetto sulla biosintesi del pigmento, controllando la velocità e il tipo di sintesi o la degradazione della melanina o del carotene. CYP2J19, ricordiamo, media anche l’ossidazione dei carotenoidi gialli in chetocarotenoidi rossi ed è utilizzato da molte specie di uccelli per produrre piume rosse. Alcuni studi recenti hanno confermato che le mutazioni naturali in BCO1 e BCO2 hanno un impatto significativo sul metabolismo dei carotenoidi in diversi organismi. Le mutazioni del gene BCO2 (Beta-Carotene Oxygenase 2) possono causare l’accumulo di carotenoidi xantofilli nei tessuti animali, mentre BCO1 è un enzima chiave nel metabolismo del beta-carotene in vitamina A.
Nel pollo domestico, la pelle gialla è risultata essere causata da una mutazione regolatoria che vi inibisce l’espressione del gene BCO2, consentendo la deposizione di carotenoidi gialli. Le β-carotene ossigenasi 1 e 2 (BCO1 e BCO2) sono gli unici due enzimi di scissione dei carotenoidi presenti negli animali. Ricerche simili sono state fatte in Norvegia su carcasse di pecore dal grasso giallo, altre sull’aumento del β-carotene nel latte di mucca, altre sul dicromatismo dei fringuelli, molto importanti per l’impatto probabile sulla canaricoltura. Infatti, BCO2 (Gazda et al., 2020) può condizionare le differenze di colore dei carotenoidi tra maschi e femmine della stessa specie. Più semplicemente: le differenze di pigmentazione tra i sessi sono dovute all’aumento dell’espressione di BCO2 e alla conseguente degradazione dei pigmenti nelle femmine, dimostrando che le differenze di colore tra maschi e femmine possono evolvere attraverso un semplice meccanismo molecolare. Recentemente è stato dimostrato che la sovraregolazione di BCO2 nelle femmine di canarino mosaico giustifica il dicromatismo sessuale.
La sintesi della pigmentazione carotenoide nel follicolo delle penne può sintetizzarsi nel successivo diagramma di flusso (personaleideazione). È un controllo a feed-back (retroazione) negativa. Il gene SCARB1 attraverso il flusso sanguigno trasporta i carotenoidi ai follicoli delle piume legandoli alle lipoproteine ad alta densità del sangue (HDL). La deposizione dei caroteni nei follicoli è controllata da BCO2 che, attraverso la sua azione, regola l’afflusso di caroteni trasportati da SCARB1
Fig 2- Diagramma di flusso genomico della pigmentazione carotenoide delle piume (Mimmo Alfonzetti)
È logico supporre, come prima ipotesi, che la riduzione dei pigmenti lipocromici legati al fattore avorio possa essere giustificata dall’azione regolatrice di tipo feed-back (retroazione negativa) associata ad una mutazione del gene BCO2, che interromperebbe il flusso di caroteni trasportati da SCARB1. Il gene BCO2, infatti, regola la deposizione dei carotenoidi e le sue mutazioni possono favorire la dissoluzione, ma anche l’arricchimento dei carotenoidi. La bibliografia la associa ad una mutazione cis-regolatoria (a) della espressione genica. È noto, altresì, che una forma mutata del gene SCARB1 sembri essere responsabile della pigmentazione dei canarini bianchi recessivi. Ricordiamo, anche, che la forma mutata del gene
SCARB1 può provocare la depigmentazione dei carotenoidi nelle piume e nella retina nei canarini comuni.
Il minore trasporto di carotenoidi nel flusso sanguigno, conseguente ad una eventuale mutazione di SCARB1, potrebbe essere la causa della minore pigmentazione dei canarini avorio e quindi essere assunta come seconda ipotesi. È accertato che le eventuali mutazioni nel gene codificante SCARB1 possono interrompere il processo di trasporto dei carotenoidi.
Gli omologhi di SCARB1 sono stati implicati come mediatori dell’assorbimento dei carotenoidi nei moscerini della frutta (Drosophila melanogaster), nei bachi da seta (Bombyx mori), nel salmone (Salmo salar), nei topi ma anche negli esseri umani.
Bruno Pastello Intenso Giallo Avorio, foto: E. del Pozzo
Questi risultati suggeriscono che SCARB1 è un meccanismo di assorbimento, antico e conservato, dei carotenoidi negli animali.
La probabile nascita del fattore avorio da accoppiamenti di bianco x rossoarancio, prospettata dal Verkamp, incontra il mio favore. Potrebbe essere, forse con un volo fantasioso esitato dalla mia immaginazione, la premessa della nascita del fattore avorio; la presenza del bianco e la recessività di SCARB1 a lui associato potrebbero essere la causa di questo evento. Quanto sopra esposto mi fa tendere, come causa del fattore avorio, verso una mutazione genetica di riduzione dei carotenoidi, mutazione i cui effetti (forse pleiotropici) hanno modificato il processo di cheratinizzazione e quindi l’ispessimento della corteccia.
Di quanto esposto in questo paragrafo non esiste alcuna giustificazione probante a livello di istituzioni scientifiche, è frutto di mie ponderazioni mentali e, necessariamente, il beneficio del dubbio è ineludibile.
Influenze del fattore avorio Il fattore avorio può contribuire all’espressione fenotipica di alcuni aspetti del piumaggio dei canarini. Non credo che si tratti di pleiotropia ma è qualcosa di simile. È convinzione di molti cultori che gli esemplari interessati da questa mutazione presentino una migliore qualità della piuma, il piumaggio avrebbe un aspetto più setoso e con maggior volume. Trattasi di tesi che si tramanda da allevatore a allevatore, di cui non esistono articoli scientifici che si esprimono sulla veridicità scientifica di questa asserzione, anche se personalmente ne ho diretta esperienza. La circostanza, comunque, non si riscontra sui portatori.
L’inserimento di questa varietà nei tipi melaninici riesce a creare effetti gradevoli, in particolare col tipo opale. L’agata opale giallo intenso, l’isabella opale giallo, ma anche l’agata topazio
intenso sono esempi di soggetti piacevoli alla vista, ma in particolare l’agata opale rosso avorio dà una sensazione di appariscente bellezza. Anche le tenui radiazioni bluastre del fattore limone sembrano essere facilitate dal giallo avorio. La naturale riduzione dei lipocromi non è di ostacolo a queste radiazioni, assicurando un’omogenea saturazione del giallo avorio limone.
La narrazione di molti allevatori, a margine, afferma che il fattore Avorio abbia tendenza a ridurre le dimensioni del canarino, in particolare nelle canarine femmine e soprattutto nella categoria mosaico. Non ho esperienze dirette, ma la reiterazione di accoppiamenti in purezza potrebbe essere una probabile causa.
Conclusioni
Il fattore avorio non è un colore strutturale, ma un colore pigmentario. I colori strutturali, scientificamente chiamati schemocromi, sono ben altra cosa. Sono il risultato della inte-
razione fisica della luce diffusa (interferenza costruttiva) con le interfacce di materiali biologici con diversi indici di rifrazione, in una dimensione nanometrica. In particolare, il sito di questa interazione è lo strato vaporoso all’interno del midollo delle piume. La cromia avorio è semplicemente la riflessione luminosa selettiva conseguente a una riduzione quantitativa dei lipocromi che avviene su strutture morfologicamente modificate. Il fattore avorio non rientra neppure in quelle mutazioni che contemporaneamente sono di natura pigmentaria e strutturale. La cromia è quindi una interazione tra la riduzione quantitativa dei pigmenti e la maggiore cheratinizzazione delle strutture della penna.
Il fattore avorio resta comunque una sciarada ornitologica, almeno fino a quando opportune ricerche non faranno chiarezza. Infatti, come è possibile che ad una riduzione quantitativa dei pigmenti corrisponda una maggiore pigmentazione delle penne forti?
Note a) Gli elementi cis-regolatori sono regioni del DNA non codificanti, che regolano la trascrizione dei geni vicini ed hanno azione promotrice, amplificatrice e silenziatrice.
Fonti
A genetic mechanism for sexual dichromatism in birds, Małgorzata A. Gazda, Ricardo J. Lopes, Matthew B. Toomey, Pedro Andrade, Sandra Afonso e altri
· Avian Coloration Genetics: Recent Advances and Emerging Questions, Rosalyn Price-Waldman, Mary Caswell Stoddard
·I colori strutturali, M. Alfonzetti – I.O. 12/2023
High-density lipoprotein receptor SCARB1 is required for carotenoid coloration in birds, Matthew B. Toomey, Ricardo J. Lopes, Pedro M. Araújo and Miguel Carneiro Colori strutturali, M. Alfonzetti – I.O. 10/2023
A gene for color differences between sexes, Nancy Chen
·vari articoli: I.O. - G. Canali
· Considerazioni sull’avorio, G. Canali – I.O. 11/2016
Mechanism of formation of bird feather diversity based on carotenoid staining, Boning Xue, Yanyun Zhang, Lu Dong
The Gene that Makes Female Birds Drab, Rachael Moeller Gorman
· Color differences between the sexes driven by simple molecular mechanisms, GrrlScientist
Satiné Intenso Rosso Avorio, foto: Antonio Javier Sanz
L’importanza della condivisione negli psittacidi
testo di RAFAEL ZAMORA PADRÓN (*), foto MOISÉS PÉREZ (LPF)
Al Loro Parque Fundación si osservano attentamente le diverse fasi della crescita di un pappagallo. Anche se può sembrare che la riproduzione dei pappagalli consista solo nelle stagioni riproduttiva e di riposo, la realtà è che comprende una lunga lista di processi in cui l’allevatore deve essere attento ad assistere gli uccelli con le loro esigenze specifiche.
Nella fase di indipendenza dei novelli di ogni stagione, esiste un concetto fondamentale da cui dipende il successo della vita di ogni esemplare. Questo termine si chiama: condivisione. Dobbiamo dare ai nostri nuovi soggetti l’opportunità di condividere la loro vita con i loro coetanei. E non parliamo solo della stessa specie, ma anche di altre specie compatibili. I benefici derivanti dalla condivisione dello spazio per i giovani pappagalli sono enormi: infatti, imparano attraverso l’osservazione, il contatto e le esperienze che derivano dall’interazione con altri esemplari.
Sebbene la maggior parte dei comportamenti siano innati nei pappagalli, essi possono svilupparli in assenza di un altro individuo della loro specie. Molti comportamenti deri-
(*)Direttore Scientifico Fondazione Loro Parque
Giovani Conuri del Sole, foto: MPerezLPF
La competizione stimola a provare nuovi alimenti, foto: MPerezLPF
vano dall’apprendimento attraverso il contatto visivo e fisico. Tale conoscenza permette a questi uccelli di crescere con più forza e sicurezza nel loro comportamento. Una delle migliori opzioni per separare correttamente i pappagalli dai genitori nella fase di emancipazione è collocare i piccoli con i fratelli delle covate precedenti che già mangiano da soli. In alcune specie come la Pyrrhura o l’Aratinga si verifica un comportamento molto interessante: i gio-
Molti comportamenti derivano
dall’apprendimento attraverso il contatto visivo e fisico. Tale conoscenza permette a questi uccelli di crescere con più forza
vani più sviluppati possono nutrire i fratelli più piccoli, rigurgitando il cibo come farebbero i genitori o mangiando vicino a loro in modo che i più piccoli approfittino di parte del cibo non completamente mangiato. In natura osserviamo come i giovani, indipendentemente dalle prime covate, assistono i genitori che hanno numerosi piccoli alle loro cure, nutrendo i loro fratelli o anche i loro cugini da altri nidi vicini. Questo comportamento, che sembra altruistico, consiste nel comportarsi come una fattrice affinché la linea genetica abbia maggiori possibilità di successo. Dare a questi esemplari il vantaggio di rimanere in gruppo, significa fornire loro la capacità di evitare meglio i predatori e ottenere maggiori opportunità di localizzare il cibo.
Sulla base di questo concetto vedremo come i nostri piccoli separati dai genitori, anche senza mangiare da soli, possano apprendere dai fratelli maggiori comportamenti alimentari importanti per il loro sviluppo futuro. I giochi e la competizione tra esemplari fanno parte della salute ottimale che chi si prende cura di loro cerca nei pappagalli accuditi.
Una voliera con molti giovani esemplari produce uccelli che si nutrono molto meglio rispetto a quando i pappagalli vengono sistemati separatamente.
Infatti, i più piccoli imparano a mangiare dai più grandi, osservano la loro comunicazione e i loro comportamenti naturali ed entrano in competizione per mangiare quando ce n’è la possibilità. L’alimentazione migliora, perché mangiano tutto ciò che viene loro offerto senza selezionare il cibo in base alle preferenze. Quest’ultimo comportamento favorisce la crescita di uccelli deboli o con peculiarità nutrizionali acquisite. E in questi casi non conta quanto sia buono il cibo offerto se non lo consumano correttamente.
I giovani pappagalli guardano attentamente i loro genitori o i fratelli maggiori: il modo di aprire il guscio dei semi, come mangiare il frutto in modo che non rimanga incastrato nel becco, oppure comportamenti sem-
Novelli che imparano dai giovani, foto: MPerezLPF
Stimoli per mangiare, foto: MPerezLPF
plici come strofinare il becco contro l’apposito trespolo.
L’importanza che i soggetti di ogni
anno condividano lo spazio, al termine della fase di separazione genitoriale, con un adulto della stessa
specie, è quasi obbligatorio affinché l’uccello che cresce secondo questo processo sia sano a tutti i livelli.
Condivisione di cibo vegetale, foto: MPerezLPF
Parrocchetti Reali che apprendono insieme, foto: MPerezLPF
Malinois Waterslager, croce e delizia…
testo e foto di GREGORIO PICCOLI
Finita la stagione calda, iniziamo ad accorgerci che quel gorgheggiare dei novelli nelle voliere comincia ad incuriosire progressivamente il nostro udito, trasformandosi lentamente in un canto più scandito, in fase di assestamento, che ci ricarica con qualche piccola scossa di adrenalina e ci nutre di buone speranze, perché finalmente la muta sta per giungere al termine e si avvicina il momento dell’attesissimo ascolto...
Probabilmente qualcuno potrebbe dare per scontato il risultato del proprio operato, ma non è proprio così, perché le incognite sono tante ed anche nonostante anni di esperienza le sorprese restano sempre dietro all’angolo, positive o negative che siano.
Dobbiamo fare i conti con i molti fattori che potrebbero influenzare i risultati della scuola canto; ad esempio la luce, l’alimentazione, il sovraffollamento, la dimensione degli spazi, la costanza e tenacità del maestro (o dei maestri), l’isolamento da rumori e fastidi indesiderati estranei o esterni, la potenzialità genetica dei novelli, un ambiente tranquillo, la compatibilità tra novelli e maestro/i. Giunti al momento dell’ingabbio, inizialmente i canarini vengono abituati all’armadio scuola, (dove ognuno ha la propria gabbietta con tutto il necessario), per poi passare all’addestramento con orecchio vigile e sempre attento, cercando di mettere insieme i migliori soggetti che hanno simili caratteristiche, puntando alla qualità.
Dopo qualche settimana di ascolto ponderato, senza stressare troppo gli animali ed avendo individuato i potenziali
Stamm
I canarini vengono abituati all’armadio scuola, (dove ognuno ha la propria gabbietta con tutto il necessario), per poi passare all’addestramento
migliori ancora in fase di stabilizzazione, si inizia a creare qualche stamm che riceverà ancora modifiche e rotazioni in base ai successivi ascolti.
Solitamente si allenano i canarini nelle
ore in cui potrebbero essere giudicati in gara, ma è bene, se possibile, diversificare gli orari ed i luoghi indipendentemente dalle condizioni atmosferiche durante gli allenamenti.
Ricordiamoci che anche i nostri piccoli amici pennuti hanno un proprio carattere e non sono giocattolini elettronici con ricarica rapida dai quali possiamo pretendere il massimo sempre, perché inizialmente potrebbe capitare di avere giornate molto redditizie e soddisfacenti ed altre no.
Sicuramente incidono sulla resa delle performances lo stato di buona salute degli animali, l’aver ricevuto un’alimentazione varia ed equilibrata sin dal momento della nascita ed anche l’essere
di Malinois W. in fase di canto
cresciuti in un ambiente pulito e quanto più possibile simile a quello naturale. Sin dalla scelta dei riproduttori, dei quali si esaminano le caratteristiche che si vorrebbero riscontrare nei futuri novelli cantori, si cerca di andare verso l’indirizzo che più ci affascina, anche se il calcolo non è mai matematico e l’incognita resta sempre in agguato.
Per un canarino da canto Malinois Waterslager non basta essere geneticamente ottimo né ascoltare sempre solo maestri di alta qualità, ma è soprattutto necessario avere, come tutti gli atleti, la voglia di dare il meglio di sé stessi e saper restare in equilibrio tra alti e bassi, mantenendo un canto pulito, completo e piacevolmente con-
traddistinto dalle note d’acqua. La continua evoluzione spinge gli allevatori ad essere sempre più esigenti e più selettivi; in tutto questo, si deve sempre continuare a portare avanti il proprio lavoro, con impegno e costanza, credendo sempre in ciò che si fa perché i risultati, prima o poi, arriveranno e le soddisfazioni, piccole o grandi che possano essere, daranno l’energia indispensabile al proprio miglioramento e dei propri amici Malinois Waterslager!
I NOSTRI LUTTI
Giovanni Mannini ci ha lasciato
Ècongrande tristezza che annunciamo la perdita del caro amico Giovanni Mannini, un bravissimo allevatore di canarini, una brava persona, un amico, un personaggio rispettato da tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo. Mannini ha lasciato questo mondo all’improvviso, in silenzio; nessuno di noi se lo sarebbe mai aspettato. Giovanni era una persona solare, sempre sorridente e con lo spirito di un ragazzino. La sua generosità e la sua amicizia ha lasciato un’impronta indelebile nelle nostre vite. La sua prematura dipartita rappresenta una grande perdita per tutti noi che lo conoscevamo e anche per la nostra grande “famiglia FOI”. Giovanni Mannini sarà ricordato non solo per il suo spirito altruista e generoso, ma anche per la sua passione per la vita. Era sempre pronto ad offrire una mano amica e un orecchio attento a chiunque ne avesse bisogno. Un vero appassionato allevatore, ha allevato canarini arricciati ed è stato anche uno dei soci fondatori del Club del Fiorino. Caro Giovanni ci mancherai più di quanto le parole possano esprimere. I tuoi amici di sempre ti salutano. Ciao Giovanni Federico Vinattieri e Rinaldo Gabbanini
Malinois Waterslager in pieno canto
Maschi di Malinois W. in voliera in fase di apprendimento del canto
L’immissione in Italia della specie Serinus canaria
Analogie tra contesto storico e narrazione
testo e foto di PASQUALE LEONE
Premessa
Qualche mese fa, per una serie di circostanze, è capitato che collaborassi con un mio ex alunno ad una ricerca accademica. In quella occasione ho avuto modo di imbattermi in un programma di intelligenza artificiale davvero interessante.
A differenza degli altri programmi di AI che già conoscevo, questo aveva così tante opzioni e funzionalità complesse che mi ha letteralmente lasciato basito.
Alla fine dei lavori, ho chiesto di utilizzare il programma per togliermi una curiosità che nutrivo da anni, ovvero quella di trovare informazioni su come siano davvero arrivati i primi canarini in Italia.
Con ogni probabilità sarà un mio limite, ma ancora nutro qualche perplessità sull’utilizzo dell’AI come fonte unica; usando quindi un libro e dei dati presi da un sito internet, ho impostato i parametri affinché la ricerca non costi-
La storia di come i primi canarini giunsero sul territorio italiano è alquanto intrigante e circondata da un alone di mistero
tuisse una sorta di studio ma, di fatto, fosse una valutazione preliminare.
In pratica, ho inserito le parole chiave in maniera che fossero confrontate con le informazioni storiche dell’epoca per analizzare se ci fossero correlazioni, o viceversa delle discrepanze, tra quanto sostenuto da alcuni autori ed il periodo storico di riferimento.
Il risultato che mi accingo a condividere con voi è stato sorprendente e chissà
che un giorno, magari proprio qualche forma di AI ulteriormente avanzata non ci permetta di scoprire nei minimi dettagli come siano andate realmente le cose in quegli anni.
Introduzione
La storia di come i primi canarini giunsero sul territorio italiano è alquanto intrigante e circondata da un alone di mistero. Difatti, dalla prima metà del
Foto 1 - Confronto tra la ricostruzione reale di un galeone spagnolo del XVI secolo, fatta riproducendo fedelmente i componenti d’epoca, e un disegno sempre del XVI secolo. Impressionante la somiglianza
‘600 alcuni autori, in particolare Antonio Valli da Todi e Giovanni Pietro Olina, sostennero la tesi che, nella metà del XVI secolo, una nave spagnola fosse naufragata nei pressi dell’isola d’Elba a causa del maltempo. Quell’imbarcazione trasportava, tra le tante cose, un carico di canarini. Nel momento in cui il capitano lanciò il famigerato “si salvi chi può” anche i canarini furono liberati e si diressero verso la terraferma. Trovando un ambiente idoneo, i canarini si stabilirono sull’isola e si riprodussero, dando così origine ai cosiddetti canarini elbani e contribuendo alla nascita dei primi canarini in Italia.
Per molti questa narrazione è considerata una sorta di assioma della canaricoltura italiana; per altri, al contrario, è una sorta di leggenda.
Contesto storico e geopolitico Il XVI secolo fu un periodo di grandi trasformazioni storiche e culturali in Europa. Fu epoca di grandi scoperte geografiche, in cui la Spagna ebbe un ruolo di primo piano nel processo di conquista e colonizzazione, diventando una delle maggiori potenze marittime dell’epoca. Fu un’epoca caratterizzata dai grandi viaggi marittimi, sponsorizzati principalmente da Spagna e Portogallo, i quali miravano a trovare nuove rotte commerciali, conquistare territori e sfruttarne le risorse.
Per quanto oggi possa sembrare para-
dossale, i canarini a quei tempi erano considerati una risorsa.
Difatti, gli spagnoli apprezzarono da subito il canto di questi uccellini e la loro straordinaria rapidità ad abituarsi alla vita in gabbia, tanto che in breve tempo divennero oggetto di un florido commercio.
Nell’aristocrazia divenne moda entrare in possesso di un canarino. In particolare, le dame usavano farsi ritrarre proprio con un canarino posato sull’indice della mano.
Questa moda, nata in Spagna, presto si diffuse nelle altre nazioni e limitatamente a determinati ceti sociali, visto l’alto prezzo dei soggetti.
Gli spagnoli, data la facilità con cui il canarino si riproduceva in cattività, per non perdere il monopolio decisero di esportare solo maschi, particolarmente apprezzati per il loro canto.
Stando a quanto riportato dal Valli e dall’Olina, quel monopolio si interruppe proprio con il naufragio della nave nei pressi dell’isola d’Elba.
L’ipotesi alternativa più plausibile è che i primi canarini arrivati in Italia fossero giunti secoli prima
Ricerca
Questo lavoro di ricerca e raccolta di informazioni è stato impostato partendo dall’identificazione delle navi da trasporto merci dell’epoca, esaminando diari di bordo, registri di navigazione e testimonianze riportate degli equipaggi.
Nella seconda metà del XVI secolo, le navi spagnole maggiormente utilizzate per il trasporto merci erano i galeoni (foto 1).
Sempre in relazione a quegli anni, nei pressi dell’isola d’Elba (foto 2) risulta affondato un galeone, il Sancti Iacobi, proprio a causa di una tempesta.
Il galeone Sancti Iacobi era una nave mercantile di grandi dimensioni. Fu costruito a Siviglia nel 1565 e prese il nome da San Giacomo, il Santo Patrono della Spagna.
Il Sancti Iacobi, salpò da Siviglia il 10 giugno del 1585 con un carico merci e con a bordo circa 300 persone.
Il 22 luglio del 1585 fu colto da una violenta tempesta al largo dell’isola d’Elba. La nave fu gravemente danneggiata e affondò con tutte le sue merci.
La maggior parte delle persone a bordo morì, solo pochi riuscirono a salvarsi e a raggiungere l’isola a nuoto.
Il relitto del galeone fu scoperto da un gruppo di subacquei italiani nel 1994.
Discussione
Se analizziamo la vicenda da un punto di vista prettamente contestuale, la
Foto 2 - Confronto tra un’odierna cartina geografica dell’isola d’Elba e una cartina del 1576. Considerate le risorse dell’epoca, anche i dettagli della cartina del XVI secolo vanno considerati particolareggiati
storia del Sancti Iacobi si incastra perfettamente con quanto sostenuto dai due autori Valli e Olina.
Resta tuttavia oscuro il punto cruciale della ricerca, ossia se vi fosse o meno la presenza di canarini sulla nave.
Invero, è possibile che la presenza dei canarini potesse non rivestire una tale importanza da essere riportata, poiché le informazioni dell’epoca giunte a noi non sono particolarmente dettagliate.
Difatti, dalla ricerca effettuata sulle merci trasportate dal Sancti Iacobi si parla genericamente di una varietà di merci, tra cui vino, olio, stoffe e metalli. Ma ciò che non torna, sempre ammettendo che la tesi del Valli e dell’Olina corrisponda al vero, è il fatto che se gli spagnoli avevano deciso di esportare solo i maschi della specie, come mai proprio nel Sancti Iacobi c’erano anche delle canarine femmine?
Di contro, vi è il fatto che i canarini elbani sono una realtà.
Ancora oggi, turisti e visitatori dell’isola d’Elba continuano ad ammirarli allo stato brado e ad apprezzarne il canto. Ovviamente, vi sono altre ipotesi circa l’arrivo in Italia dei primi canarini, che potrebbero per tanti versi essere anche più probabili di quella del naufragio della nave.
L’ipotesi alternativa più plausibile è che i primi canarini arrivati in Italia fossero giunti secoli prima che gli spagnoli decidessero di limitare le esportazioni ai soli maschi, portati da esploratori italiani, e che quegli uccellini siano passati inosservati perché non in auge in quel particolare momento storico.
Questo però non spiegherebbe la presenza di canarini sull’isola d’Elba.
Tuttavia, anche per questa vicenda esisterebbe un’altra leggenda, non meno affascinante.
Dal 3 maggio 1814 al 26 febbraio 1815, Napoleone fu esiliato sull’isola d’Elba. Durante questo periodo, si dice che abbia portato con sé degli animali domestici, tra cui (noblesse oblige) dei canarini. Alla fine del suo soggiorno pare che lo stesso Napoleone abbia deciso di donare la libertà a quegli uccellini, dando origine cosi ai canarini elbani. Per quanto possa apparire dotata d’indubbio carisma, questa storia non trova un riscontro nel contesto storico,
poiché Valli e Olina parlano dei canarini elbani duecento anni prima che Napoleone fosse esiliato; quindi, anche ammettendo che questa storia possa essere completamente fondata, di certo non è all’origine dei canarini elbani. Tornando al Sancti Iacobi, nonostante questo ulteriore tassello, la vicenda resta ancora ingarbugliata e per quanto l’argomento possa sembrare, di primo acchito, ordinario, credo che affrontarlo in maniera seria possa essere una forma
di valorizzazione della microstoria dell’ornicoltura italiana, spesso ignorata, poiché erroneamente considerata una branca inferiore dell’ornitologia.
Bibliografia
Canali, G. "L'ABC del Canarino" (pag.6), Ed. FOI 2018 ·Menassé, V. (1974), Trattato enciclopedico di canaricoltura, Edizioni Encia ·Isola d’Elba: curiosità, miti e leggende che caratterizzano lo splendore di questa perla unica e rara. (2021, November 8). https://unavaligiapienadiviaggi.com/isola-delba-miti-e-leggende/
Foto 3 - L’intelligenza artificiale debitamente utilizzata, anche nella comune fase di ricerca dei dati, riesce a fornire informazioni che spesso non sono disponibili in Open Access
Irish Fancy
testo e foto di ALESSANDRO LEZZI
Ogni anno la stessa storia: formate tutte le coppie ti accorgi che una di esse sono due maschi, e purtroppo è una quelle che consideravi fondamentale, perché destinata a far parte delle balie che serviranno per i Norwich. Chissà se tra gli amici qualcuno ha una femmina in più, o meglio, proprio una coppia.
Dopo svariati tentativi con esito negativo, decido di recarmi in uccelleria per prendere una femmina X, ma prima di andare passo da un amico allevatore che mi aveva chiesto un passaggio lì per ritirare alcuni prodotti. Recatomi dall’amico, mi invita a scendere per un caffè. Dopo il caffè mi conduce in allevamento per farmi vedere come aveva formato le coppie. Mentre chiacchieriamo di standard e preparazione cove, mi imbatto in una schiera di gabbie in cui c’erano coppie di piccoli canarini vispi e simpatici che avevo visto solo in qualche mostra o sul web. Chiedo informazioni e mi viene detto che sono degli Irish Fancy, da lui usati come balie in
quanto “macchine da guerra nell’allevamento e nello svezzamento dei pulli.”
Al che, con molta timidezza, chiedo se per caso mi possa cedere una coppia; dopo qualche scambio di battute e una corte serrata, la spunto portandomi a casa la coppia. Iniziano le cove e così li metto subito alla prova facendogli baliare delle uova di Norwich; con molta sorpresa ho dovuto dare ragione all’amico, perché sin dai primi giorni di vita dei pulli notavo con stupore dei gozzi pieni mai visti prima, senza nessun problema, data la propensione all’imbecco da parte di entrambi i partner. Da qui la mia decisione di lasciare loro le uova per vedere cosa potesse succedere. In due covate mi hanno portato a svezzamento completo ben dieci pulli. E da qui inizia piano piano l’interesse, accompagnato dall’entusiasmo, per questa razza; ho iniziato a chiedere e leggere articoli per apprendere quanto più possibile informazioni sulla storia e sullo standard di questo bellissimo canarino.
Nasce in Irlanda intorno al 1970 come Canarino da Canto
Arriva settembre: inizio la prima selezione in allevamento e intravedo in due soggetti qualcosa di buono, così decido di iniziare a prepararli nelle gabbiette da esposizione in modo che alla prima uscita stagionale li avrei potuti ingabbiare, per una semplice curiosità. I risultati sono stati soddisfacenti, nonostante il mio stupore e incredulità. Ora, nel mio allevamento, l’Irish Fancy si è ritagliato il suo spazio e il numero di coppie è salito da una a otto. Questa è la storia dei miei Irish Fancy, ma la vera storia di questo canarino qual è?
Nasce in Irlanda intorno al 1970 come canarino da canto, tanto da aggiudicarsi il nomignolo di “Roller Irlandese”. Sempre nel 1974, con lo scopo di divulgare e fissare la razza, un gruppo di allevatori della contea di Wexford si riunisce a Dublino per fondare la Irish Fancy Canary Society, impostando anche un primo standard, con le principali caratteristiche molto apprezzate di questo nuovo canarino, enfatizzandone la
Iirish ardesia, all. D’Alo Irish ardesia
Giallo intenso, all. D’Alo
Giallo brinato, all. D’Alo
forma affusolata e la posizione eretta; ormai stavano pian piano mettendo in secondo piano il canto. La facilità di allevamento di questa razza le ha portato da subito molta popolarità in tutta l’Irlanda. Nel 1978 viene fondato il primo club di specializzazione, ossia “The Irish Fancy Canary Club of Ulster” e solo dieci anni dopo, nel 1988, viene organizzata la prima mostra specialistica, con l’obiettivo della divulgazione, l’allevamento, l’esposizione e lo studio di questo canarino. Lavoro svolto egregiamente per-
conoscimento da parte della C.O.M. Ma nello specifico come si presenta un Irish Fancy?
Andiamolo a scoprire nella scheda dello standard. La razza Irish Fancy viene collocata nei canarini leggeri FPL (Forma e
ché, successivamente, la popolarità di questo canarino si diffonde anche in Europa. Nel 2009 la razza viene riconosciuta dalla F.O.I. e nel 2012 arriva il ri-
Verde, all. D’Alo Giallo intenso, all. S. Palma
Bianco, all. Lezzi
Soggetto in cova, all. M. D’Alo
Soggetto in cova, all. Lezzi
Pullo con genitori, all. Lezzi
Schema Standard
Scheda giudizio
Posizione Lisci), ha una taglia massima di 12 cm e nella gabbia da esposizione deve assumere una posizione eretta ma impettita, formando un angolo di circa 70 gradi. La testa, piccola, è proporzionata, arrotondata tipo una nocciola e deve
avere uno stacco netto da tutto il resto del corpo. Il corpo deve essere affusolato, con le spalle ben arrotondate, mentre il petto, che parte dal sottogola, deve vedersi bello pieno a formare un arco, fino a perdersi nella zona cloacale. Il dorso deve partire dalla nuca e deve formare una linea retta che finisce alla coda, anch’essa dritta. Nelle zampe c’è una leggera flessione che lascia mezza tibia, ben in vista, tutta impiumata. Il piumaggio è ben aderente al corpo e lucente, con ali lunghe e dritte; sono ammessi tutti i colori tranne la colorazione artificiale. La gabbia di esposizione deve avere preferibilmente lo sfondo blu, con un’altezza di cm 25, lunghezza cm 31, larghezza cm 13 e due posatoi rotondi da 12 mm distanziati tra loro di circa cm 9 circa e posizionati a 8 cm dalla base. L’anello F.O.I. è quello di tipo Y.
La vivacità e la simpatia contraddistinguono questa razza, mescolandosi alla varietà di colori che essa assume: giallo, bianco, ardesia, verde, pezzato. Consiglio a tutti e soprattutto ai neofiti di cimentarsi all’allevamento di questa splendida e simpatica razza.
Gabbia da esposizione
Ardesia, all. Lezzi
F ocus C.T.N.
CANARINI DICOLORE
La nuova versione dei Criteri di Giudizio dei Canarini di Colore
L’ultima versione dei criteri di giudizio dei Canarini di Colore viene alla luce in una fase storica di transizione della Canaricoltura, a cavallo tra un’impostazione tradizionale, empirica, talvolta
finanche dogmatica, e una realtà più moderna in cui la scienza comincia a imporsi con le proprie scoperte entrando a piccoli passi nel genoma del Canarino e a divulgare verità destinate a soppian-
Copertina Notiziario FOI n.5/1967
Stralcio dei Criteri di giudizio pubblicati sul Notiziario FOI n.5/1967
Copertina Criteri di Giudizio versione 1975
F ocus C.T.N. CANARINI DICOLORE
tare dogmi e vecchie teorie. Ci stiamo lasciando alle spalle quella che scherzosamente noi colleghi delle ultime due CTN abbiamo definito “età del bronzo della canaricoltura di colore”. Conseguentemente, sempre animati dallo stesso spirito giocoso, sintomo di coesione e affiatamento di un gruppo, possiamo affermare che attualmente ci troviamo nell’età del ferro auspicando un rapido passaggio a un’era in cui la scienza possa fare luce su tanti aspetti che meritano di essere chiariti e che riguardano, ad esempio, lo studio delle melanine del Canarino, il suo genoma, la struttura della penna, la complessità delle mutazioni la cui azione molto spesso non si limita a quello che possiamo definire “effetto cromatico” ma che, verosimilmente, per effetto di quel fenomeno denominato “pleiotropia”, intervengono sulla struttura della penna o generano effetti fenotipici secondari e di minore impatto visivo.
Passando alla “sostanza” del discorso, occorre chiarire alcuni aspetti.
Innanzitutto gli attuali standard non stravolgono nulla: ogni versione dei criteri di giudizio rappresenta una tappa di un percorso nato circa 60 fa con la pubblicazione dei primi criteri di giudizio sul bollettino FOI dell’epoca, poi riportati nel glorioso “libretto azzurro” in formato tascabile. Ogni tappa deve compendiare i risultati di studi, ricerche e sperimentazioni, i progressi selettivi meritevoli di attenzione ope-
rati dagli allevatori, le istanze di approfondimenti e chiarimenti provenienti dai colleghi del collegio e dagli allevatori man mano che la canaricoltura di colore pone nuovi e più complessi interrogativi. Premesso che nell’impostazione dei nuovi standard abbiamo pensato non solo ai colleghi ma anche agli allevatori, sia esperti che novizi, sperando di aver fornito indicazioni sufficientemente chiare per la selezione, le novità dell’attuale versione riguardano soprattutto l’inserimento dei risultati di esperienze, di ricerche e di approfondimenti scientifici in un’impostazione che risulta innovativa e differente rispetto alle precedenti edizioni. Nei lipocromici la descrizione delle caratteristiche tipiche e delle non conformità sono state notevolmente ampliate pur rispettando l’impostazione classica. Un’attenzione particolare è stata dedicata al Mosaico in considerazione della complessità della valutazione che rappresenta la sintesi di una serie di caratteristiche che ne connotano la tipicità: ogni caratteristica è stata analizzata singolarmente con la descrizione della tipicità di ognuna di esse e dei relativi difetti.
Per quanto riguarda i melaninici, invece, l’impostazione è molto diversa da quella classica e come tale richiede un approccio differente da parte del giudice.
Innanzitutto va evidenziato che la parte introduttiva contiene indicazioni generali e fondamentali per la valuta-
Copertina Criteri di Giudizio versione 1992
Copertina Criteri di Giudizio versione 2002
F ocus C.T.N. CANARINI DICOLORE
zione e, pertanto, integra quanto prescritto nei singoli standard. Nella trattazione dei singoli standard, la tradizionale griglia di valutazione assume il valore di sintesi e, di conseguenza, un’importanza secondaria rispetto alla descrizione dei caratteri che connotano la tipicità e dei difetti. La piena espressione di tutti i caratteri tipici rappresenta una situazione di ideale tipicità che, in termini pratici, comporta l’attribuzione di 29 punti. Valutazioni inferiori corrispondono all’espressione di non conformità che sia in termini qualitativi che quantitativi inficiano la tipicità. Nella griglia di valutazione e nelle indicazioni a supporto del giudizio sono altresì indicati difetti di particolare rilevanza che automaticamente comportano valutazioni corrispondenti alla sufficienza o all’insufficienza. Va da sé che la valutazione non deve essere il risultato di uno sterile calcolo aritmetico, dovendo sempre prevalere il buon senso evidenziando le criticità più rilevanti soprattutto al fine di fornire all’allevatore utili indicazioni ai fini della selezione.
Dal momento che compito della CTN è anche quello di porre in essere iniziative finalizzate al miglioramento della selezione e, conseguentemente, alla drastica stroncatura di dannose spinte selettive che evidenziano gravi difetti, si rende talvolta necessaria l’adozione di misure che possiamo definire “emergenziali”.
Ci riferiamo in particolar modo alla sempre più frequente presenza di evidenti orlature diffuse sul piumaggio dei melaninici. Negli ultimi anni questo grave difetto sta interessando numerosi ceppi di Agata, problematica fino a qualche anno fa sconosciuta.
Qualcuno ricorderà che negli anni
All Black, all. Alessandro Montanaro
Conix, all. RiccardoTestori. Insieme all’AllBlacktipi in studio che riscuotono interesse in vari Paesi europei
F ocus C.T.N. CANARINI DICOLORE
‘90 del secolo scorso la diffusione del difetto delle orlature negli ossidati (quasi certamente a causa di una pratica all’epoca abbastanza diffusa e consistente in maldestri meticciamenti col Gloster al fine di migliorare la forma del Canarino di Colore) spinse le Commissioni Tecniche dell’epoca a prevedere la non giudicabilità in presenza anche appena percettibile del difetto. Il risultato è noto: in poco tempo il difetto si è ridotto ai minimi termini.
Ebbene, preso atto della gravità e della portata del difetto, abbiano deciso un temporaneo ritorno al passato prevedendo la non giudicabilità della presenza evidente di orlature in numero superiore a tre. Resta invariata la prescrizione contenuta anche negli standard OMJ relativa alla depigmentazione all’apice delle penne forti che comporta la non giudicabilità. Si raccomanda il rispetto del criterio dell’evidenza!
La temporaneità della misura comporta la disponibilità della CTN a ritornare sui propri passi pre-
vedendo un’adeguata penalizzazione in luogo della non giudicabilità nel momento in cui la diffusione dei difetti sarà rientrata in ambiti trascurabili.
Per quanto riguarda la veste grafica definitiva, è opportuno informare che l’attuale format è sottoposto al controllo di un correttore di bozze per ovvie ragioni: ci sono meccanismi che impediscono a chi redige un documento così corposo di individuare tutti i refusi e le imprecisioni che inevitabilmente ne inficiano il contenuto (ma non la sostanza) anche a seguito di ripetute riletture.
Per la veste grafica definitiva, la CTN è già al lavoro per la catalogazione del materiale fotografico disponibile e che con le relative didascalie non rappresenterà un mero valore decorativo.
Cogliamo l’occasione per rivolgere un appello a coloro che, sulla scorta della propria esperienza e, magari, di una specifica professionalità, vorranno contribuire a conferire all’opera una veste grafica gradevole.
Agata brinato giallo, foto: E. del Pozzo
Nero jaspe mosaico giallo DD, foto: E. del Pozzo
F ocus C.T.N. CANARINI DICOLORE
La CTN proporrà altresì la predisposizione di una versione digitale che possa aggiornarsi come una qualsiasi “app” dei nostri smartphone e magari un collegamento ipertestuale che si attivi durante il giudizio di ogni singola categoria a concorso. In considerazione della progettualità che nasce da lontano, sin da prima della pandemia che ha avuto ricadute negative in ogni ambito dell’ornitocultura, sentiamo il dovere di ringraziare i componenti della precedente CTN Ivo Cappellino, Vittorio Creti e Riccardo Paganelli nonché i Presidenti di Collegio
che in questi anni si sono succeduti. Con tutti i Presidenti di Collegio abbiamo avuto un’ottima intesa e abbiamo instaurato un rapporto improntato sulla collaborazione e sul confronto. Un grazie di cuore, affettuoso e riconoscente ad Andrea Spadarotto, Mimmo Alfonzetti e Paride Farabegoli. Un discorso a parte riguarda Michele Laricchia che dopo aver fatto parte della nostra squadra per sei anni è stato recentemente eletto Presidente di Collegio. Ti siamo grati per quello che hai fatto in CTN e per quello che fai nella tua nuova veste.
Nero mosaico rosso, foto: E. del Pozzo
(*)Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione
Questo mese, il protagonista di Photo Show è: MASSIMO ALIBONI - RNA VD83 con la fotografia che ritrae i soggetti "Canarini lipocromici intenso giallo" (Serinus canaria) Complimenti dalla Redazione!
•Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it
•All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.
Vento di novità dal Friuli Venezia Giulia
testo e foto di TIZIANO PINDOZZI (PRESIDENTE RR. FRIULI VENEZIA GIULIA)
Il Raggruppamento Friuli Venezia Giulia è una realtà sul cui territorio operano quattro Associazioni che rappresentano le province regionali ed un club di Specializzazione. Fino al 2019 le Associazioni ed il Club organizzavano individualmente la propria Mostra Ornitologica sotto l’egida della F.O.I. ed altre manifestazioni a carattere locale, per la diffusione della conoscenza del nostro hobby e per divulgare il motto federale “allevare è proteggere”. Con la cesura conseguente all’emergenza sanitaria, molte delle attività si sono inevitabilmente interrotte. Fortunatamente, dopo un biennio, terminata l’emergenza della pandemia, il movimento ornitologico si è rimesso in moto. Così, su iniziativa del rinnovato Consiglio Direttivo dell’Associazione Ornitologica Friulana, è emersa la volontà di organizzare una mostra in collaborazione fra più As-
sociazioni del territorio, con lo scopo di dare attuazione ai fini statutari associativi.
La proposta è stata accolta e formalizzata mediante la sottoscrizione, in data 23 giugno 2024, di un accordo tra la medesima Associazione Ornitologica Friulana, l’Associazione Ornitologica Isontina e l’Associazione Ornitologica Triestina, nell’ambito dell’annuale pranzo sociale organizzato dall’associazione proponente.
La manifestazione
“Meeting Ornitologico Alpe Adria” si svolgerà presso l’Ente Fiera di Udine dal 24 ottobre al 27 ottobre 2024
La manifestazione denominata “Meeting Ornitologico Alpe Adria” si svolgerà presso i locali dell’Ente Fiera di Udine (sito a Martignacco) nei giorni dal 24 ottobre al 27 ottobre 2024. La mostra è volta, con rinnovato vigore, alla ripresa della socialità, degli incontri e degli scambi di opinioni ed esperienze tra gli allevatori ed appassionati che vorranno esporre i propri soggetti e che il Comitato Organizzatore si augura siano numerosi. Sarà questa l’occasione per riprendere l’attività di divulgazione ed informazione, anche al pubblico, della passione e del rispetto per la natura e l’ecologia che si concretizzano anche attraverso la conoscenza del mondo ornitologico e delle sue buone pratiche, per l’allevamento degli animali da affezione e da compagnia a cui appartengono.
Nell’ambito delle attività che vengono svolte nel Raggruppamento
I tre Presidenti con l'accordo firmato
Alcuni dei partecipanti
Friuli Venezia Giulia, è doveroso citare inoltre la Mostra Ornitologica organizzata dall’Associazione Ornitologica Pordenonese dal 10 al 13 ottobre 2024 (giunta alla 47a edizione), nel cui ambito i club “Gloster Canary Club Italiano” e “Hornemanni Middle European Club” effettueranno le rispettive specialistiche del Gloster, dello Spinus e del Loxia. Ultimo ma non ultimo, il club “Hornemanni Middle European club” organizza in proprio, ormai da anni, in una prestigiosa location di Trivignano Udinese (UD) dal 7 al 10 novembre 2024, la rispettiva Mostra internazionale con la presenza, per il secondo anno consecutivo, anche del club del “Cardinalino del Venezuela ed altri Spinus”. Con le iniziative che si svolgono nel Raggruppamento Friuli Venezia Giulia, ci auguriamo di poter dare, come finora avvenuto, il nostro contributo al mondo ornitologico quale esempio di come anche da un piccolo territorio regionale si possa alzare una grande voce in favore dell’ornitologia amatoriale e della sua diffusione.
Una panoramica della sala
La torta celebrativa dell’evento
Il passero (Passer domesticus) e le sue mutazioni
testo di PIERCARLO ROSSI, foto: P. ROCHER, BEATA GALLIPOLI, DOMENICO CAUTILLO e BRUNO ZAMAGNI
Seconda parte
Allevamento
Essendo il passero una specie estremamente gregaria e coloniale, l’alloggiamento ideale è la voliera di qualsiasi dimensione; più è grande più è possibile inserire un numero importante di soggetti. L’importante è disporre un numero elevato di siti di nidificazione (circa il doppio delle coppie). Il nido ideale, diciamo così, è una sca-
tola con base di 15 x 15 cm e altezza di 25 cm, con un foro di ingresso di 3 cm di diametro e può essere costruito con qualsiasi tipo di legno. Può essere fornito loro qualsiasi tipo di materiale per l’imbottitura: erba secca, fibre di cocco, fieno (questo è il materiale maggiormente gradito ed utilizzato), muschio e soprattutto piume d’oca bianca; queste ultime hanno una funzione particolare: servono a mantenere caldo il nido ma anche, per il loro colore, a dare maggiore luminosità all’interno del nido, riflettendo la luce che passa attraverso il foro di ingresso. Lo stesso
Il nido ideale, diciamo così, è una scatola con base di 15 x 15 cm e altezza di 25 cm, con un foro di ingresso di 3 cm di diametro
nido viene utilizzato per tutta la stagione riproduttiva. Una buona norma sarebbe quella di
Maschio "Phaeo", foto e all: BrunoZamagni
Maschio "Phaeo", foto e all.: Domenico Cautillo
porre all’interno un numero superiore di femmine rispetto ai maschi presenti nell’aviario, poiché così facendo i maschi saranno portati a conquistare le femmine e litigheranno meno tra loro. Altro punto da non trascurare è quello di porre un numero di posatoi per il ricovero notturno superiore ai passeri presenti all’interno; infatti, il momento pre-notte è quello in cui i soggetti tendono a litigare tra loro per la scelta di
un determinato posto; così facendo, saranno meno battaglieri.
La voliera offre molti vantaggi, ma anche alcuni svantaggi, uno dei quali è che non è possibile fare selezione; infatti, anche cercando di formare in precedenza le coppie alloggiandole per un determinato periodo a singola coppia nelle volierette, non appena i soggetti verranno immessi nella colonia, i maschi già presenti effettueranno i loro complessi rituali di corteggiamento dando origine a nuove coppie. Possiamo definire il passero una specie molto rustica, robusta e poco esigente; per quanto riguarda il cibo, al di fuori dal periodo riproduttivo, una miscela composta da un 50% di mix per i canarini e un altro al 50% per i parrocchetti ondulati, con una piccola aggiunta di avena decorticata può essere più che sufficiente per mantenerli in salute. La storia cambia se si vuole tentarne la riproduzione: è necessario allora individuare quali alimenti possono integrare l’alimento vivo (larve, tarme, bigattini etc.), indispensabile in questa fase, che possono essere proficuamente utilizzati per l’imbecco dei nidiacei.
Come è noto i passeri, come i fringuelli, gli zigoli e tutti gli uccelli insettivori, imbeccano “in punta di becco”, per
questo è del tutto inutile fornire pastoncini vari.
Ottime anche le larve pinkies surgelate, meno appetite ma più “sicure” sotto il punto di vista igienico. I bigattini venduti nei negozi di pesca hanno un’elevata carica batterica (derivata dal metodo di produzione e dal loro reale utilizzo); una volta acquistati andrebbero lasciati spurgare nella crusca a temperatura ambiente (in frigo rallentano enormemente il loro metabolismo) per qualche giorno, per poi essere somministrati previo lavaggio in acqua bollente.
Con questi accorgimenti dovrebbero risultare innocui.
Nella fase dell’allevamento bisogna prestare molta attenzione in quanto, se l’alimento vivo viene fornito loro singolarmente, può provocare seri danni (soprattutto malformazioni alle zampe) dovuti all’eccesso di proteine e mancanza di vitamine, pertanto è assolutamente necessario integrare il fabbisogno giornaliero con altri alimenti.
Tra questi risultano essere molto graditi pezzetti di uovo sodo (o la classica frittatina fornita anche ad alcuni fringillidi in riproduzione) amalgamati con uno sfarinato proteico a cui è possibile aggiungere carote grattugiate e piselli decongelati.
Essendo il passero una specie onnivora, è possibile fornire loro anche semi di grano e di soia appena germinati, messi a loro disposizione tali e quali.
Ho letto sul web che alcuni allevatori d’oltralpe stanno utilizzando le crocchette (croccantini) per cani (o gatti), che si sono rivelate un ottimo alimento per l’allevamento dei nidiacei a regime alimentare insettivoro.
Vengono utilizzate già da diverso tempo nell’allevamento allo stecco, ben ammollate in acqua vitaminizzata, per varie specie anche di taglia maggiore, con ottimi risultati.
Queste crocchette hanno un ottimo valore nutritivo, superiore a quello delle larve ma il problema resta sempre quello di farle appetire ai riproduttori.
In natura i passeri imbeccano con ciò che trovano: molliche di pane, scarti di
Novello “Phaeo”, foto e all.: BeataGallipoli
Maschio "Phaeo" Bruno, foto e all.: Domenico Cautillo
pizza, patatine fritte, pezzi di pasta e avanzi di cucina, mentre in ambiente controllato sembrano essere un tantino più schizzinosi e selettivi nella scelta del cibo.
Per rendere i soggetti più mansueti e idonei alle esposizioni è possibile tentare il loro allevamento a mano; l’ideale sarebbe quello di lasciare i soggetti sotto i genitori ed iniziare questa pratica dopo alcuni giorni di vita. Per i nidiacei dei fringillidi e per tutti quelli che vengono nutriti con del cibo rigurgitato dalla madre, le cose si complicano enormemente in quanto il loro apparato digerente non è ancora del tutto funzionante ed hanno bisogno degli enzimi presenti nella saliva degli adulti. Infatti, è proprio questa la prima causa di insuccesso per queste specie, ed anche quando arrivano a svezzamento saranno sempre soggetti deboli. Al contrario, per gli insettivori è sufficiente azzeccare la giusta alimentazione e mantenere una temperatura e umidità ottimale all’interno del nido, in questo caso facilmente garantita anche da una canarina che si può prendere cura, in parte, dei pulli. Per l’imbecco dei passeri si possono utilizzare (sin dal primo giorno) bigattini, pezzetti di camole del miele, pezzetti di crocchette per cani junior pre-
cedentemente ammollate, uovo sodo o pezzetti di frittata. Questa alimentazione è più che sufficiente per crescerli nel migliore dei modi. Le polveri apposite per l’imbecco non sono strettamente necessarie per queste specie, ma possono essere utilizzate solo per i primi 5-6 giorni di vita.
L’allevamento in ambiente controllato ebbe inizio con i primi tentativi pioneristici di ibridazione con la canarina, tentativi sempre infruttuosi, visto che stiamo parlando di due famiglie completamente differenti, ma ha subito una rapida accelerazione con la comparsa delle prime mutazioni. Mutazioni e aberrazioni del piumaggio esistono nel passero domestico da tempo immemorabile. Ma i soggetti presenti in natura, viste le loro cromie, erano presto prede designate, non
Mutazioni e aberrazioni del piumaggio esistono nel passero domestico da tempo immemorabile
presentando più i colori mimetici della specie.
Paradossalmente, le mutazioni oggi hanno maggiori possibilità di sopravvivenza rispetto al passato. Ciò è dovuto al fatto che in natura vi sono meno predatori che un tempo e soprattutto visto che sono aumentati gli estimatori di questa specie in tutto il mondo; non appena una mutazione viene recuperata, viene avviato un attento processo di creazione del suo ceppo.
Quanto appena affermato è dimostrato dal numero di varianti cromatiche e conseguenti sovrapposizioni presenti oggi negli allevamenti, cosa inimmaginabile trent’anni fa.
Andando quindi per ordine, la prima mutazione stabilmente fissata fu la Bruno e fu selezionata da Pierre Van Wulpen nel 1971. La mutazione Bruno è caratterizzata dal cambiamento dell’eumelanina nera in bruno. L’effetto che ne deriva è che le zone precedentemente interessate dal nero diventano di tonalità bruna e le zone interessate dal bruno si trasformano in un nocciola carico; la tonalità di bruno varia però in base alla quantità di eumelanina nera presente nei soggetti ancestrali utilizzati nella selezione; molto accattivanti anche i sog-
Maschio Black Masked, foto e all.: Domenico Cautillo
Passero Black Masked Doppio Fattore, foto e all.: Domenico Cautillo
getti di sesso femminile.
Questa mutazione è a trasmissione ereditaria di tipo recessiva sesso-legata.
Fu poi la volta dell’Agata. Nel 1974 Rudy Driesmans riuscì ad allevare il primo esemplare di questa mutazione.
La mutazione Agata agisce soprattutto sulla feomelanina, riducendola fortemente, mentre l’eumelanina rimane invariata; ne risulta che il marrone diventa quasi argentato, il nero e il bianco rimangono inalterati. Le femmine agata, nelle prime 24 ore di vita,
presentano gli occhi più chiari rispetto alla forma ancestrale. Nei soggetti di sesso maschile questa mutazione risulta essere poco apprezzabile, mentre i soggetti di sesso femminile presentano una colorazione di fondo con varie sfumature di grigio ed il disegno dorsale risulta essere molto più evidente.
Questa mutazione è a trasmissione ereditaria di tipo recessiva sesso-legata.
Il primo Lutino nacque nel 1976 nell’allevamento di Rudy Driesmans da un passero recuperato in natura, che Louis Gonnissen, conosciuto per i suoi programmi televisivi e per i suoi articoli su diverse riviste ornitologiche, aveva regalato a Pierre Van Wulpen.
Il soggetto era di sesso femminile e fu accoppiato con un maschio ancestrale portatore di Bruno e dal quale nacquero undici novelli, sette maschi e quattro femmine. Se prendiamo in considerazione le leggi dell’ereditarietà, i maschi erano certamente portatori del fattore Lutino ed era probabile che fossero portatori anche del fattore Bruno. Il signor Rudy venne in possesso di un maschio portatore e da quel soggetto riuscì a costruire il suo ceppo. Risulta essere una delle mutazioni più appariscenti, che elimina completamente la feomelanina e conserva un leggero residuo di eumelanina. Il soggetto si presenta a fondo bianco e le zone interessate dal nero appaiono di un beige chiaro, l’occhio è di colore rubino.
La mutazione Lutino è di tipo recessiva sesso-legata.
La mutazione Lutino, unita alla mutazione Bruno, dà origine grazie al crossing over (la stessa cosa che accade per l’Isabella) a soggetti Satiné.
I giovani maschi saranno portatori di tale gene (detti passepartout) ed in seguito ad un re-accoppiamento daranno vita a soggetti di sesso femminile Satiné. Anche questa mutazione come quelle precedentemente descritte ha una trasmissione ereditaria del tipo recessiva sesso-legata.
Il primo “Phaeo” che è stato esposto fu realizzato da Jean Kint, nel 1985. Il nome che fu dato a questa mutazione, a parere mio, è errato in quanto l’ef-
Femmina Pastello, foto e all.: BeataGallipoli
Ibrido di Passero del Capo x Passero domestico, foto e all.: B.Zamagni
fetto fenotipico è molto simile alla mutazione phaeo, ma il comportamento genetico è completamente diverso; questa mutazione infatti è libera dominante, mentre la mutazione phaeo ha una trasmissione ereditaria autosomica recessiva.
A prescindere da tutto questo, l’effetto visivo è molto accattivante; infatti, grazie all’inibizione dell’eumelanina nera, la mutazione non va però ad intaccare la feomelanina bruna che si va a depositare nella zona più periferica delle penne dando origine ad una caratteristica orlatura, provocando inoltre la depigmentazione melanica di zampe e becco. I soggetti affetti dalla mutazione doppio fattore presentano un piumaggio molto più lipocromico, dove i disegni sono molto meno marcati.
Rudy Driesmans è riuscito ad allevare il primo esemplare di Isabella nel 1986. Come già accennato, questa non è una
L’Opale
è stato allevato per la prima volta in Belgio, nel 1984, ancora una volta da Rudy Driesmans
“vera” mutazione ma la combinazione di Bruno e Agata. Il nostro amico Rudy, che è senza dubbio uno dei migliori allevatori del continente europeo di questa specie, ha impiegato nove anni per raggiungere questo obiettivo. Questa mutazione agisce sull’eumelanina, riducendola lievemente, esaltando le parti bianche. Tutto questo conferisce ai soggetti un colore beige chiaro, dove i disegni risultarono essere poco visibili, mentre l’occhio è rossastro.
Anche in questo caso l’eredità è legata al sesso.
L’Opale è stato allevato per la prima volta in Belgio, nel 1984, ancora una volta da Rudy Driesmans.
Nella mutazione opale, sia l’eumelanina che la feomelanina appaiono fortemente ridotte, conferendo al soggetto una colorazione grigio-azzurrata; i disegni appaiono meno visibili anche se questa è una delle mutazioni maggiormente apprezzate e di forte impatto, benché personalmente non la ami molto proprio per questo particolare.
La mutazione opale è di tipo autosomico-recessiva.
Un’altra mutazione di cui vi sono ceppi consolidati ma di cui non sappiamo con precisione la prima comparsa è la Pastello: questa mutazione è caratterizzata dalla riduzione sia dell’eumelanina che della feomela-
nina, creando come risultato un effetto brinato delle piume; inoltre, in base al grado di ossidazione, crea una depigmentazione più o meno visibile su ali e coda e sulla calotta, conferendo ai soggetti in oggetto un segno evidente di questa mutazione.
La mutazione Pastello si sovrappone facilmente alle altre mutazioni, dando vita a soggetti a doppia mutazione. La mutazione pastello è di tipo recessiva sesso-legata.
L’Albinismo è invece un’anomalia congenita ed ereditaria dovuta ad un difetto di un pigmento, la melanina, ed è caratterizzata da una pelle molto bianca, le piume bianche e gli occhi rossi. L’eumelanina e la feomelanina sono completamente assenti, conferendo al soggetto un fenotipo interamente bianco. L’albinismo è una mutazione autosomico-recessiva.
Tra le mutazioni di più recente acquisizione vi è la Black Masked, che viene chiamata anche “avorio” o addirittura “eumo”. Non è chiara l’azione che esercita sulle melanine e produce un effetto veramente singolare. Conferisce al soggetto un piumaggio bianco/grigiastro, su cui si intravedono macchie melaniche. Nei soggetti da me osservati è sempre presente il ciliare marrone ed il colore
Esistono aberrazioni del piumaggio, alcune di queste anche selezionate come la pezzata, da cui ne deriva la ali e coda bianca e la giallo
della testa è maggiormente infiltrato di grigio, il becco è nero.
Per tutti gli appassionanti di fringillidi, come il sottoscritto, ricorda la mutazione Silice del Lucherino europeo e come quest’ultima ha una trasmissione ereditaria autosomica dominante.
La mutazione Eumo è a trasmissione ereditaria del tipo autosomico-recessiva. I soggetti presentano una notevole riduzione della feomelanina bruna e dell’eumelanina nera.
I soggetti di sesso maschile presentano i disegni del dorso molto confusi, mentre il grigio della calotta è appena visibile ed il pizzetto nero si presenta di colore bruno leggermente infiltrato; il becco è nero. Le ali e le timoniere risultano essere fortemente diluite nella parte cen-
trale e più scure sulle punte. Nelle femmine la colorazione appare grigio brunastro, il disegno dorsale è confuso mentre è visibile il ciliare; la gola assume una colorazione beige chiara; stesso discorso del maschio, per quanto riguarda ali e coda.
Tutte le mutazioni descritte sono state selezionate sulla specie a calotta grigia P. domesticus; in Italia bravi allevatori, tra cui Beata Gallipoli, stanno cercando di trasferire queste mutazioni sia sul passero italico (Passer italiae) che sulla passera sarda P. hispaniolensis. Esistono poi delle aberrazioni del piumaggio, alcune di queste anche selezionate come la pezzata, da cui derivano la “ali e coda bianca” e la “giallo”.
Lo sorso anno ebbi la fortuna di poter giudicare alla prima edizione di Spinus in Romagna organizzata dall'amico Bruno Zamagni, una mostra veramente innovativa in cui gli allevatori al termine del giudizio possono confrontarsi con i giudici che restano a disposizione per qualsiasi chiarimento.
In questa fase di confronto numerosi sono stati gli spunti selettivi per gli espositori, ma non sono neanche mancati degli spunti di riflessione per giudici ed organizzatori.
Data la disponibilità dei Giudici, molti allevatori hanno chiesto il loro supporto in merito ai soggetti da preferire tra quelli esposti in mostra scambio.
Mi furono assegnati i fringuelli ed i passeri e per la prima volta ebbi un numero veramente importante di questa specie sul tavolo del giudizio; fu un’esperienza molto appagante. Anche se mantengono sempre un’indole leggermente forastica, questi animali hanno un grande fascino e meritano sicuramente una maggiore attenzione nelle comuni mostre ornitologiche.
Vorrei dedicare questo mio scritto a tutti gli amici che ogni anno si cimentano con questa specie ed in modo particolare a Pierluigi Cacciola, compagno di mille avventure ornitologiche e grande appassionato di passeri.
Ibrido di Passer luteus x Passerhispaniolensis, foto e all.: D. Cautillo
Carisma come occultamento dell’errore
di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO eFOI
Definire il carisma è molto difficile e si presta a diverse interpretazioni. Certo ha a che fare con l’autorevolezza, tuttavia esiste anche un carisma direi non razionale per chi lo subisce, spesso immotivato ad un esame appunto razionale e logico.
È forse assimilabile alla capacità di vendere; ci sono tecniche di vendita, ma ci sono venditori molto convincenti per natura ed altri che non lo sono e faticano molto di più; per loro le tecniche sono particolarmente necessarie. Difficile definire il talento alla vendita, come è difficile definire il carisma naturale in altri campi. Ho spesso notato e segnalato che nel nostro ambiente errori gravissimi vengono “bevuti” come acqua fresca, se provengono da personaggi seguiti come carismatici, cosa che purtroppo accade anche in altri campi più rilevanti come peso generale.
Dopo pochi anni d’iscrizione alla FOI, mi accorsi che persone considerate ottimi tecnici e addirittura come guide e maestri, avevano una preparazione molto parziale ed alternavano concetti esatti con altri sba-
Difficile definire il talento alla vendita, come è difficile definire il carisma naturale in altri campi
gliati, talora di una gravità imbarazzante.
All’epoca avevo già fatto il liceo ed avevo eseguito anche letture ed approfondimenti ulteriori, quindi avevo già un minimo di preparazione che mi aiutava ad individuare certi errori evidenti e talora ridicoli.
Il primo che ho rilevato poco dopo
che mi ero messo a servire i giudici alle mostre (esperienza importantissima che non mi stanco mai di raccomandare) lo rilevai quando un personaggio, giudice carismatico, parlava fuori luogo di genotipo e fenotipo. Questo personaggio, quando c’era un soggetto atipico, spesso diceva che: come genotipo era una cosa e come
Nero intenso giallo, foto: E. del Pozzo
fenotipo un’altra. Ricordo che si esprimeva così anche a livello di bruni ed isabella, ad esempio affermava: “questo soggetto è un bruno come genotipo, ma isabella come fenotipo”, oppure il contrario. Trattavasi di palese assurdità; un soggetto poco tipico è brutto, tutto qui. Si vede che aveva letto qualcosa sul genotipo e sul fenotipo, ma non aveva capito bene il concetto. Del resto allora, come in seguito, si è sempre detto giustamente che si giudica il fenotipo, cioè ciò che appare, ma il concetto non comporta confusioni fra fenotipo e genotipo. Un altro giudice certo più bravo, ma
Del resto allora, come in seguito, si è sempre detto giustamente che si giudica il fenotipo, cioè ciò che appare, ma il concetto non comporta confusioni fra fenotipo e genotipo
non altrettanto carismatico, se la rideva sotto i baffi dicendo in modo ironico: “come genotipo, come fenotipo…”. Ebbene, i presenti seguivano il carismatico che sbagliava, non l’altro. Non si trattava dell’unico errore, ad esempio difronte ad un nero (nero bruno come si diceva più correttamente allora) buono come disegno del piumaggio, ma non come nero di becco e zampe, oppure il contrario, il carismatico diceva: “c’è il gene per il piumaggio ed il gene per il becco e le zampe”. Uno sfondone gravissimo! Il tipo è determinato da molti geni, mica solo 2! Alcuni agiscono più o meno su tutte le parti ed altri sono più specializzati, tutto qui. Che ci siano più geni che agiscono su tutti gli aspetti è evidente; basta pensare all’acianismo che quando è al massimo inibisce ovunque le melanine, tranne quelle dell’occhio. La mutazione bruno trasforma l’eumelanina nera in eumelanina bruna sia sul piumaggio che su becco e zampe, agendo anche sull’occhio che appare rossiccio nei pulcini; il phaeo inibisce l’eumelanina quando è al massimo (non la feomelanina) in tutto il piumaggio visibile, pars pennacea, ed anche su becco e zampe ma nell’occhio parzialmente, vedi i neri phaeo, la parsplumacea è solo intaccata (il cosiddetto sotto piuma) e ci sono tanti altri esempi. Tuttavia nessuno fiatava, poiché pendevano dalle labbra del carismatico; fra l’altro la presenza di soggetti con situazioni diverse fra il piumaggio ed il becco e le zampe, ad una valutazione molto superficiale, sembrava confermare lo sfondone. Poi c’era la storia dei gialli; un carismatico diceva che c’erano i gialli troppo verdi (si badi lipocromici) e che era un difetto. Ignorando evidentemente che per fare il verde necessita l’eumelanina, come noto inibita nei lipocromici e che la tonalità limone (verdognola) è prevista al massimo, ma non arriva mai al verde! Il verde come effetto d’insieme appare solo nei melanici specialmente neri, non a caso un tempo definiti “verdi”. Questo sfondone però non faceva danni vista l’inesistenza del difetto prospettato.
Phaeo intenso rosso, foto: E. del Pozzo
Molto tempo dopo però ho sentito criticare degli ottimi agata gialli, di varietà limone, dicendo che erano agata verdi e non agata gialli…
La tendenza al verde, nell’agata, è difetto solo se riguarda le melanine poco diluite, non certo quando il giallo limone di fondo è al massimo, cioè tipico. In quel caso era un allevatore abbastanza carismatico, che aveva prevalso con uno stamm di agata gialli mezzi dorati contro uno di agata ottimi come limone, francamente migliori, avendo anche ottimo tipo, non inferiore ai precedenti.
Un altro sfondone storico, proveniente da diversi carismatici ed incredibilmente recepito da molti, atteneva alla femmina che: “non dà niente” oppure in contraddizione parziale: “la femmina dà quello che ha”
Un altro sfondone storico, proveniente da diversi carismatici ed incredibilmente recepito da molti, atteneva alla femmina che: “non dà niente” oppure in contraddizione parziale: “la femmina dà quello che ha” o ancora: “la femmina dà solo un poco di morfologia”. Discorsi stupefacenti, forse derivati dal fatto che si estendeva il concetto di coppia cromosomica sessuale a tutte le altre! Quasi una confusione con i fuchi che hanno tutto il corredo cromosomico dimezzato.
Sull’esterofilia che induce a recepire ogni tesi, anche la più palesemente errata, in quanto proveniente dall’estero, non dico nulla poiché ne ho già parlato ampiamente in passato e perché non credo si possa dire di ca-
Intenso giallo
Brinato giallo, foto: E. del Pozzo
risma dell’estero. Anche se, direi, che l’esterofilia assomiglia al carisma; se poi uno straniero fosse pure carismatico, potrebbe dire anche che “gli asini volano”, che sarebbe seguito da qualcuno.
Inoltre c’è una sorta di timore reverenziale per i titoli o le cariche; ricordo che alcuni si stupivano che osassi contestare anche severamente, in diverse occasioni, il prof. Pomarède e mi ammonivano, nonostante la palese esattezza delle mie argomentazioni. Anche contestazioni a chi aveva cariche mi venivano definite come inopportune a prescindere.
Fra gli errori più pesanti ricordo che si parlava di rifrazione (qualcuno ne parla ancora), nonostante che soprattutto Alfonzetti, ma anch’io, si sia più volte spiegato che la rifrazione non esiste nella penna, ma che esistono altri fenomeni ottici
Non serviva dire che non sono i titoli e neppure le cariche quelle che contano, ma la cultura e gli argomenti utilizzati. Il problema è che non tutti sanno capire gli argomenti e questo è un guaio. Uno mi disse perfino: “possibile che tu abbia ragione e tutto il mondo torto?”. Inutile argomentare, doveva vincere la maggioranza a prescindere. Però certo non ero solo, guarda caso ero seguito da poche persone, ma di cultura. Fra l’altro non bisogna dimenticare che la storia è piena di esempi di argomenti, scoperte, teorie, stili ecc. inizialmente non capiti poiché troppo insoliti o troppo avanti rispetto ai tempi. In un certo senso, nei casi suddetti poteva essere: se non colpa mia, causa mia, per mia carenza di carisma. Oggi è già stato segnalato da molti che, in tutti i campi, soggetti carismatici fanno passare ogni tipo di tesi, anche la più strana ed errata, grazie alla loro capacità d’influenzare il giudizio altrui, specialmente su vari siti e social. Trattasi di carisma. Magari di bassa lega, ma carisma; è la vecchia storia del “chi le spara più grosse”. Tornando al nostro campo, fra gli errori più pesanti ricordo che si parlava di rifrazione (qualcuno ne parla ancora), nonostante che soprattutto Alfonzetti, ma anch’io, si sia più volte spiegato che la rifrazione non esiste nella penna, ma che esistono altri fenomeni ottici. Ebbene, nonostante ciò, c’era chi parlava di feomelanina rifratta ed anche altre cose molto più gravi. La frase peggiore che ricordo diceva più o meno che: “il fattore ottico di rifrazione lipocromica trasformava il bruno in nero”. Qui non servono commenti, eppure c’era di mezzo, almeno in parte, il carisma.
In conclusione, sempre la stessa raccomandazione: diffidenza ed attenzione agli argomenti. Specialmente oggi, ove i vari strumenti informatici come i social danno a tutti la possibilità di esprimersi, incompetenti compresi. Quindi un lato positivo ed uno pessimo. Come se non bastasse, c’è anche l’intelligenza artificiale che può ingannare. Non resta che diventare molto devoti a San Tommaso.
Agata intenso giallo, foto: E. del Pozzo
ALIMENTAZIONE
La Bardana: pianta depurativa
“Se la vecchiaia vuoi tener lontana, fatti amiche ortiche e bardana”
testo
di PIERLUIGI MENGACCI, foto P. MENGACCI, WWW
Premessa
Siamo a fine giugno, sto facendo la mia solita camminata mattutina. Questa volta ho cambiato percorso e ho intrapreso una stradina vicinale per raggiungere un piccolo boschetto con la speranza di raccogliere alcune susine selvatiche. Ad un certo punto, in vista del boschetto, in una zona priva di rovi e cespugli, attira la mia attenzione un insieme di grandi foglie da cui si ergono alcuni fusti pieni di capolini con fiori viola. Mi avvicino. “Toh… la Bardana fiorita!”- esclamo - Quanti ricordi… le pampne… le lop…” .
La Bardana è una pianta che fin da piccolo ho sempre conosciuto con i nomi dialettali di “pianta dle pampne” e “pianta dle lop”. “Pampne” riferito alle
Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo
grandi foglie, mentre “lop” alle infiorescenze uncinate che si attaccavano dappertutto.
Quei nomi mi hanno accompagnato fino alla fine degli anni ‘60 quando, durante un rilievo topografico, ne ho “scoperto” il vero nome.
Siamo nel mese di luglio, in un campo incolto soleggiato pieno di cespugli e di erbacce: stavo indietreggiando con la stadia in mano seguendo le direttive
di Corrado e con l’aiuto dell’amico agronomo Massimo, quando mi “scontro” con un cespuglio dalle grandi foglie alto circa 1,50 metri e mi trovo riempito di brattee “appiccicate” con i loro gancetti su tutti gli indumenti.
“Accidenti alle lop!” esclamo e poi, rivolto a Massimo: “Guardami… sono pieno di lop… Ci sono ancora le piante di “pampne”? Accidenti…. Valle a staccare! Da quando mi sono trasferito a Pesaro non le ho più incontrate. Quante volte ho utilizzato i foglioni, da bambino, come carta igienica… e quanti scherzi con le lop!”. Poi, rivolto a Corrado: “Stai attento, le lop si attaccano dappertutto ed è molto difficile staccarle, soprattutto dai capelli. Da bambini ce le tiravamo addosso… erano dolori staccarle!”.
Massimo, con la sua innata calma, mentre annuiva alle mie parole, mi fece notare che quella pianta si chiamava Bardana e, più precisamente, che si trattava della Bardana selvatica (Arctium nemorosum), che in campagna è facile trovare nelle zone umide vicino ai fossi, nei boschi e nei terreni incolti, come nel caso specifico del terreno che dovevamo frazionare, mentre in città è quasi impossibile incontrarla, se non in periferia o lungo la Bicipoletana che costeggia il fiume Foglia. Le giovani foglie, assieme ad altre verdure selvatiche, venivano lessate dalle nostre nonne e consumate come contorno e i piccioli “spellati” (tolte le fibre) venivano mangiati crudi in insalata e pinzimonio oppure i fusti teneri, prima della fioritura, “spellati”, si consumavano come gli asparagi o ripassati come i cardi, buoni anche nelle zuppe e nelle minestre, così come le radici. Massimo aggiunse anche che pure nella medicina popolare e in erboristeria radici e foglie di Bardana vengono utilizzate in quantodepurative, diuretiche, stimolanti delle funzioni epatobiliari, per la cura della pelle. In ultimo, rivolto a me, declamò un antico proverbio: “Se la vecchiaia vuoi tener lontana, fatti amiche cicoria e bardana!”.
Un piccolo inciso lo devo a Massimo (più volte citato nei miei appunti), perché, da esperto conoscitore delle piante selvatiche, oltre a far riemergere ricordi giovanili è sempre riuscito ad innescare la mia curiosità ed il desiderio di conoscere storia, botanica, fitoterapia e culinaria di tutte le piante con cui siamo venuti a contatto.
Detto ciò, anche la Bardana selvatica, assieme all’antico proverbio, è entrata nel libretto dei miei appunti orto-ornitofili.
Descrizione della Bardana
La Bardana è una pianta erbacea biennale della famiglia delle Asteraceae. Il nome comune viene fatto derivare dal latino medievale dardana, che a sua volta corrisponde al germanico daroth (dardo), forse per la forma delle foglie. Il genere comprende una dozzina di specie e molti ibridi. Quelle presenti in Italia sono quatto e sono molto simili fra loro per cui è facile confonderle e sono:
- Arctium lappa, ossia Bardana mag-
giore: è la più grande e la più vigorosa della specie (i capolini hanno dimensione di 3-4 cm); inoltre, le foglie sono più larghe e i rami superiori si presentano con una configurazione corimbosa. È la più usata in fitoterapia ed erboristeria.
- Arctium minus, ossia Bardana minore: è più piccola e meno vigorosa della Bardana maggiore (i capolini hanno dimensione di 1-2 centimetri). Inoltre, le foglie sono più strette. Confondibile con la nemorosum.
- Arctium tomentosum, ossiaBardana lanuta: la caratteristica più rilevante è nell’involucro; le squame esterne sono uncinate, mentre quelle interne sono con punte diritte.
- Arctium nemorosum, ossiaBardana selvatica: si differenzia per la diversa ramificazione che conferisce alla pianta un aspetto piramidale e per le squame involucrali colorate diversamente (arrossate e giallastre sugli uncini); i capolini possono avere dimensione di 2-3 cm.
La Bardana selvatica
Quella che vado a descrivere è la Bardana selvatica (Arctium nemorosum). È presente nella mia zona e può confondersi con la Minore (Arctium minus). Il nome Arctium sembra che derivi dal greco “arction” (orso), in riferimento all’aspetto ispido e peloso della pianta. L’epiteto nemorosum deriva dal latino “nemus” (radura, bosco), ad indicare l’habitat dove cresce.
La Bardana selvatica ha fusto ramoso e robusto, caratterizzato da scanalature; può raggiungere un’altezza di circa 2 metri compresi i fiori.
Nel primo anno si formano solamente le foglie, nel secondo anno spunta il fusto che si ramifica e all’apice di ogni rametto nascono capolini con i fiori.
Cresce sia in pianura che in montagna, fino ai 1500 metri; è una pianta infestante e possiamo trovarla nei prati incolti, ai bordi di sentieri e vicino ai muri di vecchie case.
Fiorisce da maggio-giugno a settembre inoltrato a seconda della zona ed è presente anche durante l’autunno-inverno, dove i suoi capolini rappresentano una scorta di cibo per molti passeriformi. Le radici sono a fittone cilindrico, car-
Cespuglio di giovane Bardana selvatica, foto: P.Mengacci
Foglie di Bardana selvatica (primo anno), foto: P.Mengacci
Bardana selvatica in fase di fioritura, fonte:www.lavalledelmetauro.it
nose e molto voluminose. Le foglie sono mediamente grandi, di forma ovata, più grandi verso la base; sono di colore verde nella pagina superiore e grigiastro in quella inferiore e hanno un lungo picciolo cavo, generalmente solo alla base.
I fusti e i piccioli delle foglie sono eretti, spesso arrossati e striati. L’infiorescenza è simile a quella dei cardi e dei carciofi, di colore rossiccio, con capolini sferici con fiori color porpora, riuniti in corimbi chiusi, all’apice dei rametti, con delle brattee uncinate che si trasformeranno in pappi e si attaccano facilmente al pelo degli animali, nonché agli indumenti delle persone.
Il frutto è un achenio di pochi millimetri (8-11 mm) di colore scuro, ed è appetito particolarmente dai cardellini.
Curiosità storiche
La Bardana è una pianta erbacea conosciuta fin dall’antichità ed era coltivata come ortaggio e pianta medicinale. È citata negli scritti di Plinio e Dioscoride; Galeno la descrive come una pianta dalle foglie simili a quelle delle zucche e ne cita l’utilità per i disturbi digestivi, in qualità di depurativo e cicatrizzante.
Nella medicina tradizionale mediterranea, nella medicina tradizionale cinese e nell’ayurveda, la Bardana viene usata come rimedio per raffreddori, influenza, infezioni faringee e polmonite. La badessa ed erborista medioevale Hildegard Von Bingen la impiegava nel trattamento dei tumori maligni. Nel XIV secolo, in Europa, le foglie di Bardana venivano polverizzate nel vino e usate come trattamento per la lebbra. Un gioco-gara che si faceva da ragazzi era quello di tirare addosso i fiori della Bardana ad una ragazza senza se ne accorgesse; chi avesse fatto rimanere attaccate più brattee ai vestiti poteva corteggiarla. Forse non tutti sanno che la nascita del velcro si deve alla Bardana, più precisamente all’ingegnoso ingegnere svizzero George de Mestral che, di ritorno a casa da una passeggiata, si era accorto che i suoi vestiti e il pelo del suo cane fossero pieni degli appiccicosi fiori. Più incuriosito che infastidito dal caso, de Mestral con un microscopio cercò di scoprire i segreti di quei fiori.
La loro superficie, infatti, era ricoperta di una sorta di aghi le cui estremità terminavano con degli uncini, i quali a loro volta si arpionavano ai cappi naturali presenti sul pelo degli animali o sui tessuti. E così negli anni ‘50 è nato il velcro, sistema di chiusura alternativo alle zip.
Valori nutrizionali per 100 g di radice di Bardana
Fonte: Burdock root. raw FoodData Central - Energia
-Acqua
-Carboidrati totali
-Zuccheri semplici
-Grassi 0,2 g -Proteine
-Fibre
- Vitamine
-Tiamina o B
-Riboflavina o B
-Niacina o PP o B
.72 kcal
.89,09 g
.17,3 g
.2,9 g
.1,5 g
.3,3 g
.10,01 mg
.20,03 mg
.30,3 mg
-Acido pantotenico o B . . . .50,321 mg
-Piridossina o B6
-Acido folico
-Colina
-Acido Ascorbico o C
-Alfa-tocoferolo o E
-Vit. K
- Minerali
-Calcio
-Ferro
-Magnesio
-Manganese
-Fosforo
-Potassio
-Sodio
-Zinco
.0,24 mg
.23,0 μg
.mg
.3,0 mg
.0,38 mg
.1,6 μg
.41,0 mg
.0,8 mg
.38,0 mg
.0,232 mg
.51,0 mg
.308,0 mg
.5,0 mg
.0,33 mg
Infiorescenze di Bardana, fonte www.lavalledelmetauro.it
Capolini maturi di Bardana selvatica, fonte www.lavalledelmetauro.it
Radice di Bardana, fonte: www.microbiologiaitalia.it
Proprietà della Bardana
La Bardana, oltre ad essere elencata fra le piante officinali, è da sempre conosciuta come la pianta curativa per eccellenza della pelle ed anche per la sua attività antibiotica e depurativa. La parte più attiva e maggiormente utilizzata è la radice, ma anche le foglie contengono delle sostanze che le rendono antibiotiche nei confronti di parecchi germi (gram-positivi) e utili nelle applicazioni esterne per le dermatosi squamose, nell’acne e contro i foruncoli. Studi recenti hanno dimostrato che gli estratti di Bardana possiedono proprietà antiallergiche, riducendo la reazione cutanea immediata e ostacolando l’amplificazione delle reazioni infiammatorie. Inoltre, grazie alla buona presenza di sostanze dalle proprietà antiossidanti tra cui spiccano quercetina, luteina e i composti fenolici, viene considerata adatta a ridurre efficacemente gli stati infiammatori dovuti all’artrite. Oltre alle proprietà curative accennate, la Bardana possiede altre qualità e le più note riportate nei testi consultati sono:
- Depurativa e stimolante la funzionalità del fegato e la produzione della bile -Ipoglicemizzante
-Diuretica
-Antisettica
- Aiuta a curare intossicazioni del sangue, infezioni batteriche, problemi dell’apparato urinario, stati di iperglicemia.
-Ha anche attività ipocolesterolemizzante, antireumatica e antibiotica; -Grazie alla presenza di inulinasvolge un’azione drenante e purificante del sangue favorendo l’eliminazione delle tossine, cioè i “rifiuti” delle diverse reazioni metaboliche dell’organismo.
Utilizzo terapeutico della Bardana
La Bardana viene ritenuta efficace sia per uso interno che esterno. La parte della pianta che viene usata in erboristeria e fitoterapia è principalmente la radice. In commercio si trovano moltiprodotti a base di estratto di Bardana, qualiintegratori alimentari, tisane ed anche prodotti per uso cosmetico per il viso, i capelli, il corpo ed anche per l’igiene intima. Alcuni utilizzi:
- Tintura madre/soluzione idroalcolica (uso interno): 60 gocce 2 volte al giorno sciolte in un bicchiere d’acqua dopo i pasti.
- Decotto di radice (uso interno): 5 g in una tazza d’acqua bollente, far bollire per 5-10 minuti, filtrare e bere 3 tazze al giorno.
- Decotto di radice (uso esterno): 1015g di radice in 500 ml di acqua, far bollire per 10 minuti. Bere il decotto aiuterebbe a sfiammare l’intestino, a regolare l’attività del fegato e a depurare il sangue. Per uso esterno, si può usare il decotto per lavare il
viso al mattino e pulire la pelle da acne, punti neri, foruncoli e altre impurità.
Utilizzo della Bardana in cucina Tutta la pianta si presta a vari utilizzi gastronomici, molti dei quali tramandati dalla cucina contadina. A partire dalle giovani e tenere foglie del primo anno, i piccioli, le coste, i fusti prima della fioritura e le radici delle piante che hanno almeno 2 anni, raccolte generalmente in autunno o fine inverno, è una pianta che si presta a varie ricette gourmet.
Le giovani foglie si possono lessare e condire con olio e limone, oppure tritare e utilizzare per i ripieni di ravioli assieme alla ricotta. I giovani getti e i germogli si utilizzano come gli asparagi o in minestre, zuppe e risotti. I piccioli e peduncoli floreali, le coste, “pelate”, si possono lessare e condire con olio e formaggio oppure gratinati, fritti in pastella. Il fusto è una delle parti più gustose, dal sapore agro-dolce che assomiglia al cardo: si raccoglie poco prima della fioritura e, “pelato”, viene lessato e condito, fritto in padella, oppure utilizzato per alcuni primi piatti o per una frittatina, al pari dei carciofi. La radice
Alcune proprietà della Bardana, fonte: www.benessere360.com
Fusti di Bardana selvatica pelati a pezzi, foto: P.Mengacci
Tagliatelle ai fusti di Bardana e pancetta, foto: P.Mengacci
si utilizza lessata o fresca, grattugiata e condita con olio e limone, macinata per purè, cotta in minestre, zuppe, risotti, oppure si può anche friggere.
Infine, le foglie di Bardana, come le foglie delle viti, si possono utilizzare per involtini di carne, formaggi, riso ecc. Fra i primi piatti in cui il fusto “pelato” e tagliato a “tocchetti” aggiunge un sapore gradevole, delicato, caldo, leggermente dolciastro e particolare, per me ci sono l’insalata di riso con tonno e le tagliatelle all’uovo con pancetta. Ecco la ricetta delle tagliatelle (vedi foto):
-un mazzetto di fusti teneri di Bardana tagliati a pezzi (circa 200 g pelati); -una cipollina bianca; - 100 g di pancetta a dadini; -olio evo q. b.; -sale e pepe q. b.;
-300/350 g di tagliatelle all’uovo fatte in casa
Controindicazioni sull’uso della Bardana
La Bardana è considerata una pianta il cui uso è sicuro. Tuttavia, è sempre bene avere alcune accortezze. È sconsigliata a chi è allergico alla famiglia delle Asteraceae, perché potrebbe creare reazioni allergiche e per chi fa uso di farmaci ipoglicemizzanti. Comunque, è sempre bene avere il parere del proprio medico o di un fitoterapista prima di iniziare qualsiasi trattamento, oppure del veterinario in campo ornitologico.
Utilizzo in campo ornitologico
Anche l’industria mangimistica del campo ornitologico ha ritenuto la Bardana una delle piante più importanti nella disintossicazione e depurazione nell’allevamento degli uccelli ed ha posto in commercio prodotti a base di Bardana con proprietà depurative e diuretiche capaci di stimolare il lavoro del fegato e la produzione di bile. Riporto quanto pubblicizzato su di un prodotto a base di radice di Bardana venduto da una nota ditta: ”Radice di bardana: la bardana contiene molte vitamine e molti tipi di aminoacidi. La bardana ha un effetto antimicotico e batterico. La bile è prodotta dal fegato. Le sostanze biliari servono a digerire meglio i grassi. La bile e il fegato lavorano quindi
Conclusione
Anche l’industria mangimistica del campo ornitologico ha ritenuto la Bardana una delle piante più importanti nella disintossicazione e depurazione nell’allevamento degli uccelli
in stretta collaborazione. La bardana maggiore ha un effetto biliarizzante. Stimola il fegato a produrre la bile. Inoltre, l’acido fenolico protegge il fegato. Migliora notevolmente la funzione del fegato. La radice di bardana maggiore è anche molto benefica in caso di infiammazione del fegato o di un fegato ingrossato.”
Dosi e uso: miscelare accuratamente 2 gr di Bardana in 1 kg di pastoncino e somministrare per 5/7 giorni. Sciogliere 1,5 g di Bardana in 1 litro di acqua e somministrare per 5/7 giorni, avendo l’accortezza di cambiare l’acqua tutti i giorni.
Nella premessa ho descritto ricordi giovanili emersi dall’incontro con la Bardana durante la mia camminata. Però, ho volutamente tralasciato che la vista di quei fusti pieni di capolini con infiorescenze viola mi fece balenare l’idea di usarli per i canarini…
Reciderli, tornare a casa e metterli a disposizione nella voliera dei novelli fu un tutt’uno, anche se qualche brattea mi ha fatto un po’ arrabbiare!
Come è andata? Appena introdotti, forse impauriti e titubanti, gli uccellini hanno svolazzato un po’. Poi, qualche curioso si è avvicinato e, posatosi su di un rametto, piano piano ha iniziato ad esplorare i capolini…. Se ne sono aggiunti altri ed hanno iniziato a litigarsi le posizioni migliori… A farla breve, in mezza giornata la Bardana è stata “spiluccata”!
Il lancio dei pulcinotti in Islanda: una tradizione per salvarli
La stagione dei pulcinotti (piccoli di Pulcinella di mare, NdR) è tornata in Islanda, portando con sé uno spettacolo unico: gli esseri umani lanciano i pulcini fuori dalle scogliere. Questa pratica potrebbe sembrare crudele, ma in realtà si tratta di una tradizione radicata che aiuta questi uccelli a orientarsi nella giusta direzione quando vengono confusi dalle luci della città. Il lancio dei pulcinotti avviene principalmente nelle Vestmannaeyjar, conosciute anche come Isole Vestmann, dove i pulcinotti nidificano in gran numero. … I pulcinotti sono chiamati puffling e, quando è il momento di lasciare il nido, si dirigono verso il mare dove trascorreranno i primi anni della loro vita. L’avventura inizia di notte, quando gli uccelli possono utilizzare la luce della Luna come punto di riferimento per orientarsi. Tuttavia, l’avvento dell’illuminazione elettrica ha creato confusione. A volte, i pulcinotti si lasciano ingannare dall’attrattiva delle luci della città, scambiandole per la Luna. Questo equivoco li porta a schiantarsi sulle strade e nel porto dell’isola, un pericolo che può essere estenuante. Fortunatamente, gli abitanti dell’Islanda sono grandi ammiratori dei pulcinotti e ci sono squadre di soccorso dedicate a salvare gli uccelli quando il loro primo volo va storto. Durante il picco della stagione, i soccorritori possono recuperare fino a 10 pulcinotti a notte, in una corsa contro il tempo per raggiungerli prima che restino bloccati o si allontanino troppo. … Lanciare i pulcinotti da una scogliera può sembrare drammatico, ma è esattamente ciò di cui hanno bisogno quando sono troppo stanchi per decollare da soli. ... Una volta che i pulcinotti toccano l’aria, le loro ali battono rapidamente e si dirigono verso l’oceano. Ogni tanto un pigro pulcinotto potrebbe schiantarsi sul terreno, ma istintivamente inizia a librarsi mentre cade attraverso l’aria.
Ilcollettivo Fénix Canarias ha dato vita a un progetto che cerca di ridurre il rischio di annegamento degli uccelli quando si recano in stagni o laghetti per bere acqua o rinfrescarsi. Non è raro trovare uccelli morti, spesso per annegamento, negli stagni e nelle dighe dell’isola. Entrano in acqua per dissetarsi o rinfrescarsi, ma una volta dentro non riescono a uscire e finiscono per annegare. … È in questo contesto che è nato il progetto Microislas, lanciato da Fénix Canarias, un’associazione senza scopo di lucro composta da professionisti con vocazione forestale che hanno preso sul serio il problema e stanno conducendo una proposta sperimentale per offrire un’alternativa per salvare gli uccelli. Microislas cerca di ridurre il rischio per questi animali installando isole galleggianti ottagonali e modulari, realizzate con materiali riciclati e ricoperte di flora autoctona, in stagni, bacini e piscine di Gran Canaria e anche nello stagno di Maspalomas, a San Bartolomé de Tirajana. … Queste isole, come oasi di salvataggio, permetteranno agli uccelli di riposare, bere acqua e riprendere il volo in tutta sicurezza. Nel caso di quella collocata nella “charca”, che è tra le più grandi, si spera che aiuti alcuni uccelli, come il piviere del Kentish (Charadius alexandrinus), a nidificare lontano dai gatti e da altri potenziali predatori terrestri. … Per il momento, è già stato rilevato che vengono utilizzate da merli, aironi cenerini, martin pescatori e gallinelle d’acqua.
Questo uccello ha un’incredibile corona sulla testa
Alcune delle specie più appariscenti e spettacolari della natura appartengono a un piccolo gruppo di uccelli che vivono all’interno della foresta tropicale sud americana e dell’Amazzonia. In inglese queste specie vengono chiamate Royal Flycatcher ed appartengono al genere Onychorhynchus. Questi uccelli sono appariscenti per via della loro “corona di piume nascosta”, che usano per attrarre il partner prima dell’accoppiamento.
Durante la vita quotidiana, questi uccelli appaiono dei comuni pigliamosche intenti a sopravvivere ai pericoli della foresta. … Quando però sono intenti a corteggiarsi fra di loro, questi uccelli dimostrano di far parte della lista delle creature più belle della nature. Durante questo periodo, infatti, svelano le loro corone e i loro forti colori accesi li rendono immediatamente riconoscibili, anche a diversi metri di distanza.
Fino a qualche anno fa, gli scienziati del Comitato Ornitologico Internazionale riconoscevano fino a quattro specie di Royal Flycatcher, ma di recente tre di queste sono state unite in un’unica specie, il pigliamosche reale tropicale (O. coronatus), lasciando invariato il pigliamosche reale atlantico (O. swainsoni).
Per quanto riguarda invece il nome del genere, Onychorhynchus deriva dalle parole grecheonyx “chiodo” e rhynkhos “becco”, riferendosi al fatto che questi uccelli hanno un becco molto piccolo e sottile.
Il pulcino dell’uccello “più pericoloso del mondo” si schiude nel parco ornitologico di Cotswolds
Unpulcino di casuario del sud, uno degli uccelli più grandi e mortali del mondo, è stato covato con successo per la prima volta in un parco ornitologico nelle Cotswolds. I custodi del Birdland a Bourton-on-the-Water, nel Gloucestershire, cercano di allevare questi uccelli giganti e incapaci di volare da più di 25 anni. Il pulcino è solo il quarto a schiudersi in Europa quest’anno e il primo nato nel Regno Unito dal 2021. …
Il pulcino di casuario meridionale fa parte del Programma europeo per le specie minacciate di estinzione. … Il casuario, imparentato con l’emù e originario delle foreste tropicali della Nuova Guinea e dell’Australia settentrionale, è considerato così pericoloso a causa delle sue zampe potenti, degli artigli affilati e del comportamento aggressivo quando minacciato.
Gli orgogliosi genitori del nuovo pulcino, un maschio di Avifauna ad Alphen, Paesi Bassi, e una femmina di Francoforte, Germania, vivono a Birdland dal 2012 e fanno parte del Programma europeo per le specie minacciate di estinzione. Prima del 2021, la schiusa dei pulcini di “Cassowary” nel Regno Unito era relativamente rara. I casuari sono difficili da allevare in cattività a causa delle loro specifiche esigenze ambientali e comportamentali. Il maschio incuba le uova fino a due mesi e si prende cura dei piccoli. Una volta che i pulcini si schiudono, il maschio li conduce nei suoi abituali luoghi di alimentazione, proteggendoli fino a 16 mesi.
Lo abbiamo fatto di nuovo... L’impegno nel sociale, da sempre, rappresenta un momento di aggregazione di forte impatto emotivo. Noi della Nissena, da questo punto di vista, non abbiamo mai trascurato questo aspetto che, nel corso degli anni, ci ha portati a svolgere attività promozionali/culturali/divulgative in posti quasi inaccessibili. Forte e ancora indelebile è il ricordo del nostro convegno “Benessere sanitario e legalità” svolto presso la comunità terapeutica Villa Ascione che ospita giovani affetti da varie dipendenze, che tanto commosse il mai dimenticato Presidente Salvatore Cirmi. Il 2024 per la nostra associazione sarà l’anno del 40° anniversario e quindi abbiamo voluto fare qualcosa di veramente speciale. Dicevo che siamo entrati in luoghi veramente impensabili, quindi cosa c’è di più impensabile di portare la nostra arte di allevatori in un istituto penitenziario? Per quanto ci riguarda, era un nostro vecchio desiderio inseguito nel corso degli anni ma, forse i tempi non erano maturi...
Siamo entrati in luoghi veramente impensabili, quindi cosa c’è di più impensabile di portare la nostra arte di allevatori in un istituto penitenziario?
Stavolta il luogo prescelto è stato la Casa Circondariale di Caltanissetta, che ospiterà il progetto Ali x Sognare, laddove la “x” non è un errore di battitura ma vuole simbolicamente rappresentare le sbarre di un istituto penitenziario, perchè anche lì è possibile sognare. Più inclusivi di così non si può. Certo, non è la prima volta che si organizza un evento in un istituto penitenziario ma farlo in una struttura di massima sicurezza non è certamente facile per via delle molteplici autorizzazioni e di problemi
ostativi di vario genere. Caltanissetta a livello giuridico-processuale rappresenta una zona “calda” per via dei grandi processi di mafia che vanno da Capaci a via D’Amelio. Quindi, timidamente, ho proposto la nostra idea al Capo Area Trattamentale Dott. Stefano Graffagnino, il quale, nell’immediato, mi ha detto: “Dimmi quello che ti occorre, considerala cosa già fatta”. Pertanto, grazie alla disponibilità della Direttrice Giovanna Maltese e del Comandante Marcello Matrascia, abbiamo messo in moto la macchina organizzativa che è partita a spron battuto nel mese di febbraio. Fin da subito la mente ha cominciato ad elaborare progetti e idee, a cui hanno contribuito in maniera fattiva gli assistenti capo coordinatori Massimiliano Di Forti, Giuseppe Cassisi e Davide Castronovo, con cui si sono elaborate nelcorso dei mesi varie idee, in quanto tutto doveva essere organizzato minuziosamente. Prima telefonata d’obbligo al Presidente del Raggruppamento Siciliano Ignazio Sciacca, il quale ci ha sostenuti fin
Presentazione della iniziativa ai detenuti
Saluti dei dirigenti ROS, della Nissena e del Comandante Polizia Penitenziaria
da subito con un entusiasmo superiore al nostro. Emozionante è stato il suo (umile) messaggio vocale, quando gli proposi di pranzare con noi presso la mensa della casa circondariale, che sintetizzo così: “...per me sarà una grande gioia pranzare con la polizia penitenziaria, quando mi capitera’ più una tale occasione?”. Entusiasmo che ha contagiato anche il nostro Presidente FOI Antonio Sposito il quale, durante l’assemblea delle associazione a Piacenza, cogliendomi di sorpresa, ha manifestato la sua gioia nel poter annunciare un progetto di tale portata che vedeva “protagonista” una piccolissima associazione come la Nissena. Insomma, FOI e Raggruppamento Siciliano hanno costruito un “recinto d’amore” attorno a noi che ha contagiato ed emozionato un po’ tutti. Da cosa nasce cosa e così con il Presidente Sciacca e il Presidente della CTN EFI Carmelo Montagno ci siamo inventati una simulazione di giudizio che ha destato la curiosità dei detenuti selezionati. Presentato il progetto, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria regionale ha rimarcato l’importanza che riveste una iniziativa del genere, con scopi rieducativi di grande rilievo. Arriva il grande giorno: l’8 di settembre, presso l’aula polivalente della casa circondariale, il progetto prende forma con più di 100 soggetti da osservare in tutta la loro bellezza. Molti soci hanno fatto a gara per metterci a disposizione i loro soggetti e a tal proposito è stato organizzato un punto d’incontro per la consegna degli uccellini con l’impegno di alcuni soci, preziosi e insostituibili collaboratori. Ma anche da remoto, dalla bellissima Novara di Sicilia, la nostra Lia Porcino, che con un computer in mano fa la differenza, ha voluto dare il proprio contributo. Devo necessariamente citare chi ci ha messo a disposizione i soggetti in quanto tutti hanno ben compreso che non era una gara ma qualcosa che andava oltre: Alberto Santoro, Rosario Brivido, Antonio Oliva, Giuseppe Cravotta, Carmelo Cusenza, Salvatore Fasciano, Antonio Cusumano, Vincenzo Sillitto,
Il progetto prende forma con più di 100 soggetti da osservare in tutta la loro bellezza. Molti soci hanno fatto a gara per metterci a disposizione i loro esemplari
Salvatore Di Marco, Daniele Fasciano. Ad aprire le “ostilità” è il Comandante Matrascia con un discorso che ha emozionato i presenti e che cosi sintetizzo: “... Quando mi venne chiesto di sposare la causa di questa attività, fui un pochino scettico per l’atavico pregiudizio del concetto di gabbia. Ma il titolo del progetto “Ali x sognare” mi ha fatto cambiare idea e vi dico che con le vostre ali uscendo da qui potete volare e sognare”.
Il Presidente Sposito ha desiderato fortemente essere presente con un video messaggio dal fortissimo impatto emotivo che ha tenuto incollati gli intervenuti con parole semplici cariche di speranza. Così come il presidente della CTN EFI Carmelo Montagno che, emozionatissimo, ha ricevuto, insieme
al Presidente del Raggruppamento Ignazio Sciacca, un manufatto pittorico realizzato dai detenuti, esaltandone le doti artistiche.
Invece, le sensazioni del presidente del ROS Ignazio Sciacca le lascio esprimere direttamente a lui.
L’articolo prosegue con le considerazioni del Presidente del Raggruppamento Ornicoltori Siciliani Ignazio Sciacca
Ringrazio ancora Gaetano Campisi per la sua vulcanica e contagiosa voglia di fare e di rinverdire e rinvigorire, nel suo attuale ruolo di Presidente, l’attività ornitologica della storica Associazione Nissena (CL) sempre molto presente nel panorama ornitologico siciliano e nazionale, per quasi tutti i 40 anni della sua vita e già dai gloriosi tempi del compianto Cav. Vagginelli.
Quando fui coinvolto, lo scorso inverno, nella nascente idea di “entrare” nel carcere di Caltanissetta fui assalito dal desiderio di vivere intensamente quell’esperienza. Che non è stata la prima nel suo genere ma che, vi assicuro, ha avuto un sapore ed una atmosfera davvero particolari. Fui attratto dal pensiero di offrire una giornata diversa alla noiosa e ripetitiva vita degli ospiti della struttura.
Dopo un confronto con il CD del Raggruppamento con l’intento di sostenere in ogni modo questa iniziativa, consigliai a Gaetano di programmare una mostra ornitologica divulgativa della Associazione Nissena da inserire nel calendario mostre 2024 della FOI. Mi era sembrato importante ufficializzare questa attività nell’ambito della stagione espositiva lasciando, nel contempo, una traccia indelebile nella storia espositiva della nostra Federazione.
Dopo la trafila burocratica e la produzione documentale con conseguente autorizzazione all’accesso alla casa circondariale, il sottoscritto, nelle vesti di Presidente del ROS, ed il segretario Carmelo Montagno hanno avuto l’opportunità di vivere un’esperienza che definire emozionante è forse limitativo.
Ringrazio l’Amministrazione peniten-
Uno scorcio della sala con i detenuti
ziaria, il Comandante della polizia penitenziaria e tutti gli addetti alla vigilanza per averci accolti con estremo calore e familiarità.
Ma i ringraziamenti maggiori vanno estesi sicuramente agli “ospiti” della casa circondariale con i quali abbiamo trascorso alcune ore di assoluta coinvolgente cordialità.
Abbiamo accuratamente evitato, insieme a Carmelo Montagno, di affrontare temi ed argomenti di difficile, e forse anche noiosa, interpretazione da parte dei nostri interlocutori.
Il nostro scopo, apertamente ed insistentemente trasmesso nel corso della mattinata, era quello di proporre un appuntamento ornitologico a chi di loro fosse interessato, ed erano in tanti, alla visita ad una mostra ornitologica della FOI appena si sarà conclusa e chiusa quella triste parentesi detentiva.
Oltre questo difficile periodo della loro esistenza, esiste la vita familiare e lavorativa innanzitutto, ma densa anche di passioni ed interessi, fra cui la pratica ornitologica.
Immagino che tutti ci troviamo concordi sull’opportunità di offrire una possibilità di riabilitazione ai carcerati. Se noi della FOI saremo riusciti ad accendere la passione ornitologica, intesa come attività sociale ed aggregativa, avremo attuato con successo uno degli scopi statutari della nostra Federazione.
I libri editi dalla FOI e le riviste I.O. che abbiamo voluto consegnare al-
l’Amministrazione Penitenziaria per arricchire la loro biblioteca, hanno voluto rappresentare un’occasione per sentirci ancora vicini, anche oltre quella mattinata.
Mi ha sorpreso tantissimo l’interesse che i nostri interlocutori hanno manifestato, nella quasi totalità, per l’allevamento di piccoli uccelli. Abbiamo registrato una serie immensa di domande e chiarimenti sempre pertinenti e, in alcuni casi, anche sintomatici di una buona conoscenza del mondo alato amatoriale.
Moltissimi hanno raccontato delle loro varie esperienze di allevamento diretto di vari tipi di uccellini, oppure di loro parenti o amici che si cimentano in questa pratica.
L’osservazione da vicino degli oltre 100 soggetti esposti, per ognuno dei quali era stata predisposta una scheda informativa, ha innescato un interesse ed una curiosità impensabili.
Mi ha sorpreso tantissimo l’interesse che i nostri interlocutori hanno manifestato, nella quasi totalità, per l’allevamento di piccoli uccelli
La simulazione del giudizio di alcuni soggetti, con proiezione su schermo della scheda, è stata la “chicca” che ha stupito sia i detenuti che gli addetti ai lavori. Mai avrebbero immaginato o pensato che la competizione agonistica in una mostra ornitologica potesse avvenire con la meticolosa compilazione di un documento articolato come lo è la nostra scheda di giudizio. Il loro stupore ed il loro interesse in questa parte della mattinata era palesemente espresso dalla religiosa attenzione con cui hanno seguito questa fase. Con continue interruzioni e richieste di chiarimenti. A fine giornata, io e Carmelo siamo tornati insieme alle nostre abitazioni con la speranza, ma anche con la malcelata certezza, di aver fornito un utile servizio sociale, seminando qualcosa che potrebbe fornire, nel tempo, un arricchimento per la nostra Federazione ed un esempio da seguire nel tessuto sociale in cui viviamo.
Grazie all’Associazione Nissena, ai Dirigenti, all’Amministrazione Penitenziaria e a chi ha permesso e consentito la realizzazione di tale evento poiché abbiamo sancito il principio, spesso tanto decantato ma poco attuato, che la nostra pratica ornitologica non deve esplicarsi solo nei nostri allevamenti e nelle mostre ornitologiche agonistiche, ma anche attraverso iniziative di questo tipo, che ci avvicinano sensibilmente alla società civile.
Alcuni soggetti in esposizione
I detenuti seguono con attenzione la presentazione dei lavori
Inanellamento scientifico degli uccelli
testo di DINO TESSARIOL, foto AUTORI VARI
L’inanellamento degli uccelli è una tecnica di ricerca scientifica basata sul marcaggio individuale degli uccelli. Fin dagli albori della civiltà, l’uomo ha osservato e studiato gli uccelli cercando di carpire il segreto delle migrazioni e trovare una spiegazione alla scomparsa stagionale di alcune specie di uccelli; i primi tentativi non sono stati altro che una serie raffazzonata di improbabili teorie. Nell’Antica Grecia, per esempio, si credeva che in inverno gli uccelli volassero fin sulla Luna, oppure che, posandosi sugli alberi spogli, si trasformassero in rami secchi per poi riprendere le sembianze di un uccello in primavera. Una spiegazione a questa misteriosa “sparizione” provò a darla anche Aristotele, lasciandoci la prima testimonianza scritta dello studio del fenomeno mi-
L’inanellamento moderno ebbe inizio nel 1889, quando l’ornitologo danese H.D. Mortensen rilasciò alcuni storni
gratorio; nel suo Historia Animalium, il filosofo greco sosteneva che, per sopravvivere al freddo invernale, le rondini si trasformassero in anfibi. Una teoria bizzarra, passata alla storia come “teoria della trasmutazione”, che però ha una base di verità perché in autunno le rondini formano dei dormitori di migliaia di individui nei canneti sulle sponde dei laghi, per poi ripartire all’alba del giorno dopo. Aristotele probabilmente non riusciva a spiegarsi perché prima del giungere dell’inverno le rondini si nascondessero nei canneti e poi “sparissero” per tutta la stagione fredda. La teoria della trasmutazione di Aristotele ha attraversato secoli di storia, arrivando praticamente indenne fino agli inizi dell’Ottocento, tanto che lo stesso naturalista francese Georges Cuvier, e Linneo prima di lui, ritenevano veritiere le dicerie secondo le quali alcuni pescatori avevano rinvenuto delle rondini rattrappite, ma ancora vive, al di sotto dello strato ghiacciato delle superfici lacustri.
L’inanellamento moderno ebbe inizio nel 1889, quando l’ornitologo danese
Procedura di liberazione di un Culbianco Isabellino appena inanellato, fonte: pizzoc.com
Anelli recuperati da individui ritrovati e segnalati agli Enti di competenza, fonte: www.oasisandaniele.it
H.D. Mortensen rilasciò alcuni storni, ai quali aveva applicato degli anelli metallici autocostruiti, sui quali aveva impresso un numero progressivo ed il suo indirizzo; con quel piccolo anellino di zinco forgiato a mano il giovane Mortensen aveva un solo grande desiderio, ossia trovare la risposta a una delle più grandi domande irrisolte della storia naturale: dove vanno gli uccelli quando migrano? La sua idea era semplice ma geniale: bastava che qualcuno catturasse uno di quegli uccelli marcati a suo nome per scoprire finalmente dove se ne vanno quando spariscono all’arrivo dei primi freddi autunnali. Negli anni successivi Mortensen migliorò notevolmente la sua tecnica, gli anelli diventarono di alluminio, molto più leggeri per gli uccelli, e avrebbe continuato a inanellare ancora e ancora per tutto il resto della sua vita. Non solo storni, ma anche anatre, aironi, gabbiani, cicogne e tantissimi altri uccelli per un totale di oltre 6000 individui. Col tempo iniziarono anche ad arrivare le prime ricatture in giro per l’Europa; i “suoi” anelli vennero ritrovati in Olanda, in Irlanda e in Spagna; la mappa delle rotte e delle destinazioni degli uccelli iniziò così finalmente a prendere forma e, a partire dalla prima metà del ‘900, fu un’esplosione di anelli in volo per tutto il mondo. L’inanellamento a scopo scientifico si diffuse molto rapidamente non solo nel resto d’Europa, ma anche negli Stati Uniti. Da allora l’inanellamento si è evoluto verso una con-
creta tecnica di ricerca scientifica, che consente di definire quali specie migrano, le rotte di migrazione, le aree di sosta e la biologia degli uccelli. Gli uccelli vengono catturati con speciali reti o trappole, qualche volta presi al nido prima dell’involo, e marcati con un anello di metallo su cui è inciso un numero progressivo e il nome del centro d’inanellamento che ha catturato l’animale. Ciascuna ripresa attraverso la ricattura e il successivo rilascio, o quando l’animale viene trovato morto, ci dirà dei suoi spostamenti. La ricostruzione dei viaggi degli uccelli ci consente di definirne le rotte di migrazione ed identificarne le aree di sosta, fornendoci quindi informazioni cruciali per la pianificazione di sistemi integrati di aree protette utili alle varie specie. Altre indicazioni che scaturiscono dalle ricatture sono rappresentate dai parametri di popolazione, ad esempio stime di sopravvivenza, successo riproduttivo ecc., essenziali per determinare i motivi delle variazioni numeriche all’interno delle popola-
La ricostruzione dei viaggi degli uccelli ci consente di definirne le rotte di migrazione ed identificarne le aree di sosta
zioni stesse. Dopo oltre un secolo di marcature questa tecnica di studio è stata oggi modificata e perfezionata sempre più, diventando uno dei metodi più efficaci per studiare la biologia, l’ecologia, il comportamento, i movimenti e le popolazioni di uccelli in tutto il mondo. Progetti e stazioni di inanellamento catturano e marcano ogni specie possibile, contribuendo a raccogliere una quantità di dati impressionante.
Da quel primo tentativo casalingo è nata oggi una vera e propria comunità di ornitologi e naturalisti uniti da un solo grande obiettivo: raccogliere dati che possano servire alla ricerca e alla conservazione degli uccelli. Ogni anno sono circa 4 milioni gli uccelli che vengono inanellati soltanto in Europa e molti di questi si spostano liberamente tra nazioni e continenti. L’uso di anelli individuali per acquisire informazioni sugli uccelli ricatturati necessita quindi di un’efficiente rete organizzativa comune tra i Paesi. Apporre un anello alla zampa di un uccello lo rende un individuo unico e riconoscibile, la cui storia di vita e destino possono così finalmente essere studiati.
Gli uccelli migratori attraversano liberamente le frontiere durante i loro lunghi voli e quindi costituiscono un bene che appartiene all’intera comunità internazionale. Lo studio delle rotte e delle modalità di migrazione delle varie specie di uccelli è stato il primo fine dell’inanellamento scientifico; molte popolazioni di migratori europei sono
Fase di inanellamento di un forapagliemacchiettato, fonte: saturidinatura.it
Inanellamento di un Culbiaco isabellino, fonte: www.ventoteneisolamemorabile.it
soggette a diverse minacce, soprattutto legate alle modificazioni ambientali.
Efficaci misure di conservazione e protezione richiedono una conoscenza dettagliata delle esigenze degli uccelli, particolarmente nel corso della migrazione e dello svernamento in Africa. Ma non basta applicare un anellino, serve che qualcuno lo ritrovi, che lo riconosca e che possa condividere le informazioni con tutti gli altri inanellatori. Per questo motivo esiste oggi una rete di stazioni di monitoraggio sparse per il mondo tra loro perfettamente coordinate attraverso centri nazionali, come quello italiano dell’ISPRA, l’Istituto di Ricerca ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, MASE, che forma e autorizza gli inanellatori coordinando tutte le attività in Italia. A livello europeo, invece, è fondamentale l’EURING, l’Unione Europea per inanellamento (www.euring.org), nata nel 1963, che mette insieme tutti i centri nazionali e gestisce l’enorme banca dati europea dove sono registrati tutti gli anelli. In tutta Europa, più di 10.000 persone altamente preparate svolgono l’attività di inanellamento, catturando ogni anno 3,8 milioni di uccelli, mentre le ricatture sono circa 90.000. Questa vasta comunità di inanellatori rappresenta un caso unico nel contesto della ricerca zoologica sia europea che extraeuropea. L’inanellamento è un tipico esempio del potenziale che gli amatori possono offrire alla ricerca scientifica; la gran parte degli inanellatori è infatti rappresentata da appassionati non professionisti che contribuiscono con la loro esperienza ed il loro tempo libero alla ricerca ornitologica. I professionisti, invece, lavorano di solito presso Università ed Istituti di ricerca in tutta Europa. I Centri Nazionali sono responsabili di coordinare e dirigere questa vasta comunità di ricercatori, integrandoli in progetti comuni e diffondendo i dati raccolti. Attualmente si usano anelli di vario tipo e dimensione, in relazione alla struttura della zampa e al tipo d’ambiente che gli uccelli frequentano nel corso della loro vita; negli ultimi anni, oltre agli anelli di metallo, in animali
di grosse dimensioni e per particolari progetti vengono utilizzati speciali anelli colorati per identificare gli uccelli a distanza; ad esempio i fenicotteri che nidificano nel Mediterraneo, Italia compresa, vengono inanellati da pulcini con speciali anelli in plastica, di vari colori e con differenti iscrizioni, che possono facilmente essere letti con un cannocchiale, anche a distanze ragguardevoli. Questa nuova tecnica, usata in Italia per specie quali Cormorano, Spatola, Fenicottero, Cicogna bianca, Airone bianco maggiore, varie specie di Gabbiani, di Sterne e alcune di Limicoli quali Beccaccia di mare,
gere questi anelli ed aumentare così il numero di segnalazioni. Così si può avere un vero e proprio curriculum vitae dell’animale, sapendo se e dove nidifica, gli spostamenti che fa, quanto tempo rimane in una determinata zona e così via.
Dal punto di vista operativo l’inanellatore, dopo un certo numero di anni di tirocinio presso un collega esperto, la frequenza di appositi corsi e la partecipazione a qualche progetto, dovrà sostenere un esame di abilitazione presso l’ISPRA di Ozzano Emilia e, una volta superata la prova, otterrà il nulla osta dell’Istituto e infine, tramite De-
Avocetta, Cavaliere d’Italia dà enormi vantaggi, in quanto rende possibili molte più segnalazioni, senza dover ricatturare l’animale; infatti, le percentuali di ritrovamenti di uccelli inanellati con anelli tradizionali metallici sono basse. Per alcune specie, in particolare quelle che sono oggetto di intensa attività venatoria, possono raggiungere il 15-30%, ma per la maggior parte dei piccoli uccelli rimangono intorno all’1%.
Grazie agli anelli colorati non solo i ricercatori, ma tutti gli appassionati sono in grado di fare segnalazioni; basta possedere un binocolo o un più potente cannocchiale per riuscire a leg-
creto Regionale, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività; naturalmente dovrà costantemente curare e migliorare la propria formazione attraverso esperienze di collaborazione nell’ambito di progetti coordinati. Sul campo, una volta installate le reti speciali e finissime, dette mist nets, fatte a “sacche” e realizzate appositamente per non creare nessun danno agli uccelli e in cui i volatili restano impigliati, è richiesto il controllo ogni ora compiendo quello che è in tutte le stazioni di inanellamento è noto come “il giro”, quindi gli uccelli vengono estratti dalla rete solamente da persone autorizzate e addestrate che se-
Apposizione dell'anello a un Picchio rosso maggiore, fonte: www.doc.mode.unibo.it
guono precisi passaggi per ridurre al minimo lo stress e non recare alcun danno agli animali. Una volta rimossi dalla rete vengono portati al tavolo dell’inanellamento all’interno di sacchetti traspiranti di cotone, che assicurano agli uccelli tranquillità, spazio e riparo; una volta arrivati al tavolo si procede con tutte le varie fasi dell’inanellamento.
La prima cosa che un inanellatore deve fare una volta estratto l’uccello dal sacchetto è individuare la specie; questo è fondamentale, poiché ogni specie di uccello ha una taglia di anello differente; l’anellino in lega leggera, su cui è inciso un codice alfanumerico univoco per tutto il territorio europeo, viene chiuso attorno al tarso con un’apposita pinza perforata, che quindi non può schiacciare o ferire in alcun modo gli animali; l’anello è leggerissimo, libero di scorrere e di ruotare sulla zampa e non sarà fastidioso per il volo o qualsiasi altra attività del volatile. A questo punto vengono raccolte numerose misure biometriche e fisiologiche che aiutano a valutare anche lo stato di salute di ogni individuo marcato, come la lunghezza dell’ala e del tarso oppure gli accumuli di grasso e lo sviluppo dei muscoli pettorali, che possono essere osservati soffiando sulla pancia grazie al fatto che la pelle di tutti i passeriformi è praticamente
trasparente; questi ultimi due parametri sono molto importanti per capire se l’individuo è in salute e soprattutto se sta per migrare; il grasso è il vero e proprio carburante della migrazione e stimandone gli accumuli è possibile capire se quell’individuo stia per partire, sia appena arrivato o sia ancora in viaggio. Infine, stabilito il sesso e l’età osservando il piumaggio, fatte eventuali fotografie per la documentazione, l’uccello viene pesato e immediatamente liberato, mentre tutti i dati raccolti e digitalizzati finiscono nei database nazionali ed europei. Tutte le operazioni vengono effettuate in pochissimi minuti in quanto la priorità assoluta è sempre la salute e il benessere degli uccelli.
Se i censimenti annuali sono sufficienti per indicare come cambia il numero degli uccelli, l’inanellamento diviene essenziale per determinare la causa di tali mutamenti. Tutto ciò è reso possibile grazie ad una standardizzazione nei metodi di raccolta dati e ad un coordinamento garantito dall’EURING, rappresentata a livello nazionale dall’ISPRA; l’attività è svolta secondo un preciso e rigido protocollo scientifico, definito a livello internazionale, che porta dalla cattura alla liberazione degli uccelli in pochi minuti. Lo svolgimento delle operazioni, durante le quali gli uccelli sono manipolati con cura attraverso prese che ne garantiscono la totale incolumità, può essere suddiviso in quattro fasi: cattura, marcatura, rilievo di parametri biometrici e fisiologici e attribuzione, quando possibile, dell’età e del sesso, eventuale documentazione fotografica e liberazione finale.
In quanto ai progetti più importanti in ambito nazionale bisogna citare il progetto “MonITRing”, Monitoraggio Italiano Inanellamento, promosso dal Centro di Inanellamento dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ISPRA, che si basa su una rete di siti di inanellamento distribuita su tutto il territorio nazionale che operano in modo stagionalmente coordinato e con un comune protocollo operativo. Lo scopo di questo progetto è quello di ottenere una serie di informazioni puntuali su base geografica ed ambientale, quanto più possibili ampie, della situazione dei popolamenti ornitici in Italia e descrivere, con l’utilizzo di indici ecologici, la variabilità stagionale delle popolazioni di uccelli presenti nei singoli siti della rete nazionale di monitoraggio, ponendo infine in relazione i dati raccolti con le variabili di tipo geografico, climatico e vegetazionale.
Oltre al progetto “MonITRing” in Italia già da molti anni sono attivi il progetto “Piccole Isole”, coordinato direttamente dall’ISPRA e che si svolge nei mesi primaverili sulle isole del Tirreno durante la migrazione di ritorno, ed il progetto “Alpi”, coordinato dal Muse di Trento, che si sviluppa in autunno sui passi alpini interessati alla migra-
Anello italiano prima di posizionarlo sul tarso di un uccello, fonte: www.parcodelmincio.it
Transetto di reti, fonte: www.asoer.org
zione di andata verso i siti di svernamento.
Negli ultimi due decenni si è accresciuta la conoscenza scientifica del fenomeno migratorio aviario, delle dinamiche che permettono a un uccello solo e al suo primo viaggio di individuare la propria rotta attraverso il globo affrontando venti traversi, tempeste, fattori atmosferici ostili a costo di fatiche immani; un fattore rilevante è la vista perché sembra che gli uccelli riescano a visualizzare il campo magnetico terrestre grazie a una forma di entanglement quantistico, che è una correlazione quantistica, un fenomeno bizzarro almeno quanto il suo nome. Oggi gli scienziati credono che le lunghezze d’onda blu della luce che colpisce l’occhio di un uccello migratore eccitino degli elettroni correlati in un composto chimico detto criptocromo; microsecondo dopo microsecondo una gamma di segnali chimici differenti si diffonderebbe attraverso innumerevoli coppie di elettroni correlati, dando apparentemente origine nell’occhio di un uccello alla mappa dei campi geomagnetici che sta attraversando. È già capitato di riferire e riflettere circa le ricche esperienze migratorie degli animali e degli uccelli, sia come fenomeno globale antico e moderno sia per gli effetti dei contemporanei cambiamenti climatici antropici globali, ingenti sulle specie che volano, talora capaci e abituati nel cambiare “residenza” in modo più o meno ciclico. Emerge sempre, in un comportamento migratorio comunque molto flessibile, l’esistenza di una connettività migratoria e la tendenza degli uccelli, in particolare nei gruppi della stessa specie che migrano tra Europa e Africa a corto e a lungo raggio, di continuare a rimanere insieme nei loro quartieri tanto di svernamento quanto di riproduzione, quindi con eventuali minori rischi di estinzione. Alcune migrazioni di animali avvengono solo una o due volte l’anno, come per gli uccelli stagionali, altre ogni giorno; alcuni hanno evoluto capacità di viaggiare per migliaia di chilometri, altri no; alcuni compiono molte migrazioni nella loro individuale esistenza, altri si limitano solo a un
viaggio di andata o a parte di esso. I ricercatori hanno a più riprese rilevato che prima dei lunghi voli gli uccelli migratori aumentano la propria massa muscolare senza bisogno di un effettivo esercizio, quindi il fattore scatenante deve essere di tipo biochimico; successivamente, volano ininterrottamente per più giorni senza subire gli effetti della deprivazione del sonno; di notte “spengono” un emisfero cerebrale e l’occhio corrispondente per un secondo o due alla volta, mentre di giorno effettuano migliaia di “microsonni” di pochi secondi. L’inanellamento da tempo, e più recentemente la geolocalizzazione grazie a nuove tecnologie e miniaturizzazione, sono gli elementi essenziali nella ri-
Oggi lo studio degli uccelli e la migrazione in particolare è appena l’ombra di ciò che era una volta, ma quest’ombra è ancora così potente da lasciarci a bocca aperta
cerca e nello studio delle migrazioni aviarie. Oggi lo studio degli uccelli e la migrazione in particolare è appena l’ombra di ciò che era una volta, ma quest’ombra è ancora così potente da lasciarci a bocca aperta; ogni giorno miliardi di uccelli, obbedendo ai loro arcaici ritmi, legano tra loro luoghi selvaggi ed ecosistemi sparsi in tutto il mondo e spesso minacciati, in un tutt’uno senza soluzione di continuità attraverso il semplice servizio del volo. Queste nuove tecniche di inanellamento hanno permesso di scoprire, tra le altre cose, che la maggior parte delle rondini che in primavera si riproducono in Europa passano l’inverno in un’area molto circoscritta della Nigeria chiamata Ebbaken, dove purtroppo vengono catturate per l’alimentazione umana e questo è stato accertato da escursionisti europei in quanto gli abitanti di quella zona adornano la loro collana con gli anelli trovati sulle rondini. Se è pur vero che oggi le moderne tecnologie come radar o GPS consentono di raccogliere molte più informazioni e in maniera precisa e dettagliata, bisogna anche dire che questi sistemi sono ancora troppo costosi e soprattutto più fastidiosi per gli uccelli; l’inanellamento, quindi, nonostante l’età, resta ancora la tecnica di studio migliore, più efficiente e soprattutto più continua nel tempo e sapientemente
Passeggiata sui sentieri dell'isola, fonte: www.sullalunavenezia.it
coordinata. La tecnologia aiuterà certamente a migliorare lo studio e la conservazione degli uccelli, ma le stazioni di inanellamento come quelle dei progetti “Piccole Isole”, “Alpi” e “MonITRing” saranno, per molto tempo ancora, fondamentali per continuare a studiare le dinamiche delle popolazioni, il comportamento e i flussi migratori di centinaia di migliaia di uccelli che, con i loro straordinari viaggi e i loro anellini metallici, connettono continenti, culture e popolazioni di tutti gli ambienti della Terra.
L’autorizzazione all’inanellamento dell’avifauna per scopi di studio scien-
chi coordina nella zona l’attività dell’inanellamento; è importante accompagnare la segnalazione con le seguenti informazioni: specie (se nota), schema serie e numero dell’anello (es. INFS Ozzano – BO - Italy, C-78526), data e località di ritrovamento o cattura, condizioni di ritrovamento, se rinvenuto morto, sparato, ecc.; in caso di lettura di anelli colorati bisognerà integrare le informazioni col colore dell’anello, serie di lettere e numeri, verso di lettura, zampa sinistra o destra, posizione alta o bassa e specie, se conosciuta. Tutte queste informazioni possono anche essere spedite via
www.ponzaracconta.it
tifico è disciplinata dall’art. 4, comma 2, della Legge n. 157/1992, Legge nazionale sulla caccia ed è organizzata e coordinata sull’intero territorio nazionale dall’ISPRA e con riferimento europeo all’ EURING. Questa attività può essere svolta solamente da personale competente con specifica autorizzazione.
È possibile collaborare da semplice cittadino allo studio ed alla raccolta dei dati; qualsiasi amante della natura, quando trova un uccello inanellato, deve far pervenire i dati richiesti al Centro Nazionale o al Coordinatore Nazionale più vicino; sarà lo stesso Centro che provvederà ad inoltrarli a
posta su supporto cartaceo all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - Via Ca’ Fornacetta, 9 - 40064 Ozzano dell’Emilia (BO), oppure essere comunicati via e-mail all’indirizzo La segnalazione della ripresa di uccelli inanellati è peraltro obbligatoria ai sensi dell’art. 4, comma 5 della legge n. 157/1992, che stabilisce: “È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all’ISPRA, o al Comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede a informare il predetto Istituto”. Questo è l’unico modo di rendere preziosa una osservazione, che sarà acquisita dai data-
L’autorizzazione all’inanellamento dell’avifauna per scopi di studio scientifico è disciplinata dall’art. 4, comma 2, della Legge n. 157/1992, Legge nazionale sulla caccia
base internazionali e contribuirà alla conoscenza di quella specie. Concludendo, vorrei caldamente invitarvi a passare qualche giorno su qualche isola Pontina del Mar Tirreno dove sono attive stazioni di inanellamento primaverili, come ad esempio Ventotene, che è una rinomata meta turistica e, come altre isole abitate, è ospitale e confortevole, ma anche altre isole sono molto ricettive e piacevoli, come l’isola di Zannone che però è visitabile solo in giornata in quanto non abitata e tutelata dai Carabinieri Forestali; si tratta di uno scoglio di un chilometro quadrato isolato in mezzo al mare del Parco del Circeo, abitato solo da gabbiani reali e mufloni. Su questo fazzoletto di terra la quotidianità assume nuove sfumature. Qui non c’è acqua corrente, né elettricità e non c’è un traghetto per arrivare, né un molo per attraccare ed in caso di mare mosso bisogna aspettare che il mare si calmi; si viene accompagnati da una piccola barca a motore, che subito dopo rientra nella vicina isola di Ponza per tornare alla sera a riprendere i turisti. Una volta arrivati, bisogna saltare direttamente sugli scogli ed accompagnati dagli agenti si sale in cima nei pressi dei ruderi del monastero di Santo Spirito di Zannone; qui sembrerà di essere in paradiso e la vita inizierà a scorrere a un ritmo irripetibile, scandito solo dal canto territoriale dei gabbiani reali, dallo sciabordio delle onde e dall’alternarsi delle specie di uccelli migratori che giungono sull’isola.
Trasporto ecologico sull'isola di Zannone con due asini, fonte.
Attività F.O.I.
Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 12 aprile 2024
(La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali)
-RINNOVO CONVENZIONE POSTA TARGET PER LA SPEDIZIONE DI ITALIA ORNITOLOGICA;
Il CDF comunica di aver ricevuto da Poste Italiane S.p.A. a mezzo PEC del 08 aprile 2024 l’avviso di scadenza della convenzione Posta Target per la spedizione della rivista federale. Sono stati pertanto attivati i consueti contatti con il responsabile di Poste Italiane operante su Piacenza per conoscere le nuove condizioni di rinnovo della convenzione.
-ACQUISTO GABBIE DI CARTONE;
Il CDF dà conto del pervenimento di due preventivi per la fornitura di fustelle di cartone per l’assemblaggio di gabbie da mostra, ricevuti rispettivamente da Italgabbie srl in data 11 aprile 2024 e da Tecnobox srl in data 4 aprile 2024. Con riferimento a quest’ultimo preventivo si è provveduto a richiedere la campionatura della gabbia al fine di verificarne la perfetta rispondenza agli standard nonché la completa adattabilità ai frontalini già nella disponibilità della Federazione, atteso che tali requisiti erano già noti per le gabbie fornite da Italgabbie. Entrambe le soluzioni, sia quella Italgabbie che quella Tecnobox presentano il miglioramento tecnico della mangiatoia interna antispreco. Dalla disamina del campione messo a disposizione da Tecnobox si è potuto evincere però un ulteriore, notevole miglioramento tecnico della gabbia in quanto il montaggio della stessa non prevede l’applicazione di punti metallici di fissaggio e quindi l’uso della cucitrice. In particolare la gabbia Tecnobox presenta, in luogo delle alette ripiegabili su sé stesse per la chiusura delle quali era previsto l’uso della cucitrice, dei fissatori, ricavati nell’impianto di cartone ad incastro nei ferri superiori e laterali della stessa che facilitano significativamente il lavoro dell’operatore che procede al montaggio, riducendone sensibilmente i tempi. Nonostante l’apprezzamento tecnico-funzionale appena innanzi riferito alla proposta della Tecnobox srl, il CDF ritiene di non procedere all’acquisto delle fustelle di cartone per evitare inutili stoccaggi ed anticipazioni economiche potenzialmente penalizzanti il bilancio federale. Richiederà pertanto alla Tecnobox di valutare ipotesi convenzionale a vantaggio delle associazioni e dei club che volessero usufruirne.
-AGGIORNAMENTO COSTO LAVAGGIO GABBIE;
Il CDF, in considerazione del notevole aumento dei costi dei materiali di consumo, della logistica e dell’energia, dispone che, a partire dalla prossima stagione mostre, il contributo per il lavaggio e la sanificazione delle gabbie date in prestito gratuito alle Associazioni ed ai Comitati Organizzatori sarà pari ad euro 0,75 cadauna.
-VARIE ED EVENTUALI;
-Il CDF, in riferimento alla richiesta pervenuta a mezzo posta ordinaria in data 4 aprile 2024 dal tesserato Mario Procida RNA MA32 nella quale richiede deroga temporale al provvedimento disciplinare adottato nei suoi confronti in data 16/2/2024, denega l’istanza.
-Il CDF, dopo aver ottenuto parere favorevole da parte del Raggruppamento Campano, in accoglimento della richiesta di contributo avanzata dall’Associazione Unione Naturalisti Campania APS – cod. 336 per l’organizzazione di un convegno tecnico sulla nuova mutazione del Satiné Ossidato, concede un contributo di euro 350,00.
-Il CDF delibera l’accettazione del preventivo della Goodnight Agency di Antonino Toppi per la stampa di materiale tipografico di euro 1.000,00 oltre fiscalità.
Stralcio Verbale CDF giugno 2024 – Convenzione gabbie
-Il CDF, esamina la proposta convenzionale per la fornitura di gabbie di cartone pervenuta a mezzo mail da Tecnobox s.r.l. di Modena, recependone la convenienza commerciale ed offrendola in opzione a tutte le Associazioni affiliate ed ai Club riconosciuti.
Le richieste dovranno essere inoltrate direttamente a Tecnobox s.r.l. e per l’applicazione dei prezzi di cui alla predetta Convenzione, dovranno prevedere lo specifico richiamo della stessa.
Della predetta convenzione si dispone la pubblicazione sul sito federale insieme al relativo deliberato.
Contatti: tel. ufficio 059/283418 – indirizzo mail davidesoncini@tecnoboxsrl.net
VARIAZIONI CALENDARIO MOSTRE 2024
64ª Esposizione SOF-APS - 16ª Mostra Ornitologica Nazionale dell’Emilia Orientale cambio data dal 3 al 6 ottobre al 7-10 novembre
Mostra Ornitologica “Ronchi dei Legionari” - ANNULLATA
Mostra Ornitologica “Città di Marsala” - ANNULLATA
Mostra Ornitologica “Nazionale Colonnella” - ANNULLATA
30ªMostra Ornitologica “Città di Augusta” e 2ª Edizione “Arricciati in festa” - ANNULLATE
Mostra Interregionale del Centro Italia cambio sede: Via dell’Artigianato, 24 - 60030 Castelbellino (AN)
1ª Mostra divulgativa “Ornisannio di Montesarchiano” cambio data dal 17-19 novembre al 3-5 gennaio 2025
Mostra Ornitologica Catanese e Misterbianchese cambio sede: Palatenda via Margarone, 15 - Motta Sant’Anastasia (CT)