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Il Lucherino ventre giallo Silice

testo e foto di BRUNOZAMAGNI

Era il 31 dicembre del 2013, in una trattoria dell’entroterra romagnolo con gli amici Renzo Esuperanzi, Sergio Lucarini e Massimiliano Esposto, lì, nel tempo trascorso tra il primo assalto al tagliere degli affettati misti e l’arrivo dopo un paio di ore del caffè, del grappino e del conto, abbiamo ragionato sulla possibilità di realizzare un doppio salto di specie con la mutazione “silice”, splendida variante cromatica che all’epoca era da poco tempo apparsa nel Lucherino europeo (Spinus spinus). Quel giorno, colpa forse di una punta di euforia provocata da un ottimo Sangiovese, ci ritrovammo a pensare in grande: per sommi capi, l’idea di base era quella che bisognava prima traslare e stabilizzare preventivamente la mutazione in un ceppo di Cardinalini (Spinus cucullata), oppure di Lucherini ventregiallo (Spinus xanthogaster), dopo di che, tentare il salto di genere con mirati incroci di maschi mutati accoppiati a delle Canarine. La creazione di un nuovo tipo di Canarino è ovviamente una acquisizione notevole, in grado di far passare alla storia il nome del realizzatore. A me però, appassionato da sempre di fringillidi sia indigeni che esotici, in particolare di quelli mutati, da subito ha iniziato a intrigarmi soprattutto la prima parte del piano, quella cioè della realizzazione di un piccolo ceppo di Cardinalini Silice, o ancora meglio, di Lucherini ventregiallo Silice.

Questo fattore, a trasmissione genetica autosomica dominante, per quello che si conosce, oltre che nel Lucherino è apparso anche nel Passero europeo

La mutazione “silice” Diverse tra le mutazioni fissate nel Lucherino Spinus spinussono sovrapponibili a quelle già conosciute nel Canarino, tra queste la bruno, la pastello, la topazio(traslata dalla originale del Lucherino testanera), la intenso(conosciuta come giallo), la avorio, la diluito (poi trasferita nel Canarino Jaspe). La mutazione silice è invece peculiare del piccolo Spinus. Apparsa nell’allevamento del Sig. Mojmir Bradzil e da lui fissata, è stata in un primo momento

Lucherino ventregiallo Silice

In evidenza le zone di elezione delle melanine Lucherino ventregiallo Silice

denominata “giallo cecoslovacco”. Nome abbastanza improponibile ed infatti Renzo Esuperanzi, in occasione di un incontro tecnico svolto in concomitanza di una edizione di “Fringillia”, ha proposto di sostituirlo con Silice. È stata una intuizione felice tanto che in breve tale denominazione è diventata di uso comune. Questo fattore, a trasmissione genetica autosomica dominante, per quello che si conosce, oltre che nel Lucherino è apparso anche nel Passero europeo Passer domesticus dove gli è stato assegnato il nome di Black-masked. Il suo effetto sul piumaggio è decisamente vistoso, con un abbattimento delle melanine talmente spinto che queste restano confinate in caratteristiche sottili orlature soprattutto nelle penne forti ed anche, sia nel Lucherino che nel Passero, in tracce di nero che restano evidenti a livello di calottina e pizzetto, distretti dove la fisiologica concentrazione della eumelanina in entrambe le specie è massima. Nel resto del piumaggio c’è una sorta di scarsa diffusione che in alcuni soggetti ha delle strane peculiarità: a volte infatti, in particolare nel dorso, si formano piccoli addensamenti scuri. Il becco e le zampe restano pienamente ossidate, cosa che fa ritenere che il meccanismo di azione dipenda più da una (incostante?) difficoltà nel passaggio delle melanine dal melanocita al follicolo della penna, che ad una deficienza nella loro produzione. Il sottopiuma è nero.

Ibridi e Reincroci Quella del giro a sfondo ornitologico per chiudere in bellezza l’anno è una consuetudine che con Renzo e Sergio si perpetua oramai da diversi decenni. Di solito nella mattinata, prima di recarci a pranzo, facciamo visita ad amici allevatori che condividono la nostra passione. Quella volta avevamo incontrato Stefano Zavoli e Alex Valentini ed è stato appunto nelle loro voliere che siamo rimasti colpiti ed affascinati da un gruppetto di Lucherini Silice. Nei giorni successivi, con oramai in testa il piano che andava prendendo forma, è stato inevitabile che sempre da loro sono tornato per coinvolgerli nel mio progetto: la creazione di un ceppo stabile di Lucherini ventregiallo Silice. In verità non ho dovuto insistere più di tanto; Alex Valentini, che al tempo oltre ai Lucherini Silice aveva anche diversi xanthogaster, con entusiasmo e generosamente si è offerto di produrre per me nella successiva primavera direttamente i primi ibridi. Quel giorno ci lasciammo con la speranza che sarebbe andato tutto per il verso giusto. Così è stato! Alla fine dell’estate, due splendidi maschi F1 mutati Silice arrivarono nel mio allevamento. Nel frattempo mi ero procurato due femmine di Lucherino ventregiallo e, dato che ho l’abitudine di produrre personalmente i soggetti per portare avanti le mie selezioni, ho rimediato anche una bella coppia da far riprodurre in purezza. Il primo anno ho avuto fortuna riuscendo a produrre una decina di soggetti tra i quali 5 mutati, tre maschi e due femmine. Mi ricordo che questi R1 (reincroci di prima generazione) avevano una stazza notevole, molto più grandi dei loro genitori, con un cappuccio più simile a quello di un Lucherino testanera che di un Lucherino ventregiallo. Nella successiva stagione, oltre ai maschi R1, testai anche una femmina che, accoppiata ad un maschio xanthogaster puro, si presentò totalmente feconda. Stessa cosa con tutte le altre femmine negli anni a seguire. Una generazione dietro l’altra, mano a mano che la genetica di base virava

verso il ventregiallo, la forma, la taglia e i disegni si avvicinavano sempre più a quelli della specie di riferimento, chiaramente salvaguardando la presenza nella discendenza della mutazione silice. Per verificare il progresso nell’avvicinamento alle caratteristiche strutturali e di colore dello xanthogasterpuro, ho ovviamente sempre preso come riferimento i fratelli ancestrali che mi nascevano nelle covate miste. Nel portare avanti il mio progetto, ho mantenuto negli anni la barra diritta mettendo in essere cioè, nelle varie generazioni, accoppiamenti che vedevano coinvolti soggetti Silice, i vari “R” sia maschi che femmine, uniti a xanthogasterpuri non mutati. Anche per questo motivo, non avendo mai provato l’accoppiamento mutato per mutato, al momento non so rispondere alla domanda che a volte mi viene posta circa la possibile esistenza di soggetti Silice omozigoti (a doppio fattore mutato) e quale possa essere il loro fenotipo. A questo proposito, tengo a precisare che avendo sempre lavorato con piccoli numeri, dopo sette anni di selezione sono riuscito a traslare la mutazione senza avere messo in circolazione alcun soggetto intermedio; questi sono infatti ancora tutti in mio possesso.

Sul grado di melanizzazione Guardando l’effetto che la mutazione “silice” ha sulle melanine del Lucherino europeo, con calotta e pizzetto ancora ben percepibili, indice di una certa refrattarietà alla riduzione da parte delle zone più ossidate, mi ero fatto l’idea che nel Lucherino ventregiallo mutato ci saremmo trovati di fronte ad importanti addensamenti nelle zone originariamente nere. In realtà, come si può vedere dalle foto, nonostante il tanto nero presente nel fenotipo classico, lo schiarimento nel mutato risulta comunque drastico, con melanine abbastanza marcate solo nell’orlo delle penne forti e a livello della testa. A mio parere, questa situazione fa il paio con quanto già visto nei vari ibridi che il Ventregiallo nel tempo ci ha regalato. In realtà, a fronte del diffuso nero che lo caratterizza, questo esotico tra i vari suoi congeneri è quello che alla sua prole ibrida ne trasmette relativamente meno. Ciò avallerebbe quella teoria, non so quanto attendibile, che preconizza per gli Spinus sud-americani una colonizzazione in due ondate separate; sarebbero cioè distinguibili due rami evolutivi, quello che è andato a formare le specie attualmente caratterizzate da un cappuccio nero che vede nel Negrito il suo apice evolutivo, e quello dei soggetti dotati di calottina e pizzetto, che vedrebbe proprio nel Ventregiallo la massima espressione verso l’acquisizione di diffusioni nere. Le ibridazioni dei componenti del secondo gruppo, esplicative quelle con il canarino, ripristinando situazioni ataviche, mettono in evidenza la loro minore capacità di trasmettere il nero a livello della testa. A tale proposito, anticipando i contenuti di una prossima nota, posso aggiungere che, in un parallelo lavoro che sto portando avanti con Il Cardinalino del Venezuela, risulta che il cappuccio del mutato Silice di questa specie sia più marcato e netto rispetto a quello del pari mutato Lucherino ventre giallo.

Sulla fecondità degli ibridi Un’altra osservazione che vorrei aggiungere prima di chiudere questa nota: riguarda la estrema fecondità riscontrata sia negli F1 che nei vari reincroci. Fecondità totale anche nelle femmine. Cosa che potrebbe certamente essere spiegata, come di norma si fa in questi casi, ipotizzando una forte affinità genetica addebitabile a cicli di speciazione relativamente recenti. Su questo tema ricordo però una nota di Sergio Lucarini apparsa nel n°1/2000 di questa rivista dove, partendo da un parallelo tra quanto avviene nelle ibridazioni coinvolgenti uccelli appartenenti al genere Crithagra/Serinus, che manifestano di norma una sterilità diffusa, e quelle che invece vedono coinvolti gli Spinus sud americani, che all’opposto producono ibridi con ampi riscontri di fecondità, veniva avanzata una teoria alternativa: oltre al tempo trascorso dalla separazione dall’ultimo antenato comune, conta anche il tipo di speciazione, se questa cioè avvenga per un isolamento riproduttivo dovuto a barriere fisiche, come appunto è stato tra gli Spinus che, penetrati in Sud America sfruttando i corridoi montuosi freschi, hanno trovato nella complessa orografia andina nicchie ben distinte in cui evolvere autonomamente nuove caratteristiche fenotipiche senza più entrare in reciproco contatto, oppure avvenga come nei Serini africani per un isolamento indotto e mantenuto grazie a “geni per la sterilità” che vengono progressivamente acquisiti a seguito degli inevitabili accoppiamenti di ritorno tra specie che si evolvono in areali contigui privi di barriere fisiche, come appunto sono quelli africani. Per chi volesse approfondire l’argomento, rimando alla lettura dello scritto di Sergio. Da parte mia, invece, chiudo con la promessa di tornare sul tema: ho infatti in uno stadio avanzato la “lavorazione” del Cardinalino Silice. A presto quindi!

Ho ovviamente sempre preso come riferimento i fratelli ancestrali che mi nascevano nelle covate miste

Piccolo Silice con il fratello non mutato

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