Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus
ANNO XLV numero 4 Aprile 2019
Estrildidi-Fringillidi-Ibridi
Ondulati e altri Psittaciformi
Colore
Cronaca
Il Diamante di Kittlitz
Il normale a doppio fattore scurente
Caratteristiche occulte
Primi approcci sulle novitĂ del terzo settore
ANNO XLV NUMERO 4 APRILE 2019
sommario Nuove prospettive per Italia Ornitologica
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Gennaro Iannuccilli
Il Diamante di Kittlitz Francesco Faggiano e Mimmo Frascerra
Caratteristiche occulte Giovanni Canali
Orni-flash News al volo dal web e non solo
Gli ibridi del genere Chloris Piercarlo Rossi
I Cinorrodi Pierluigi Mengacci
Contributo alla conoscenza del piumaggio dei Canarini Arricciati Umberto Zingoni e Michele Del Prete
Conservare è proteggere Italy Parrots Club
Primi approcci sulle novità del terzo settore
Canarini di Colore
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Ibridi
Verdone dell’Himalaya x Canarino Renzo Esuperanzi
Il normale a doppio fattore scurente Giovanni Fogliati
Il Passero del Giappone Sergio Lucarini
L’ibridazione: arte, magia, emozione Simone Olgiati
Il Pívaro Antonio Carlos Lemo e Wladimir Silva
Il Malinois delle Meraviglie Francesco Di Giorgio
La testata Italia Ornitologica fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus - Via Caorsana, 94 Località Le Mose - 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 - Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it Direttore Responsabile: Antonio Sposito Caporedattore: Gennaro Iannuccilli Collaboratori di Redazione: Giovanni Canali, Renzo Esuperanzi, Maurizio Manzoni Commissione Salute, Benessere animale e Ricerca Scientifica: Elena Circella, Giuseppe Marruchella, Gianluca Todisco Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani
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Maria Carla Bianchi
Pagina aperta Argomenti a tema
Ondulati e altri Psittaciformi
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Verbale Consiglio Direttivo del 22-23 febbraio 2019
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Canarini di Froma e Posizione Lisci
La posta dei lettori
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Editoriale
Nuove prospettive per Italia Ornitologica di G ENNARO IANNUCCILLI
La Primavera è da sempre il sinonimo di rinnovamento, rinascita, risveglio ecc. nelle più varie accezioni del termine che indica l’arrivo della bella stagione. Abbiamo voluto approfittare di questa concomitanza temporale per dare vita alla nuova veste grafica della nostra storica rivista federale, Italia Ornitologica, giunta nel 2019 al suo 45° anno di edizione FOI. L’esigenza di dare un nuovo “volto” alla rivista non nasce dalla semplice necessità di cambiare tanto per cambiare, dato che anche la precedente versione era più che soddisfacente dal punto di vista grafico e di facile leggibilità; ma, come accade naturalmente, anche nell’editoria è opportuno cambiare “vestito” per rinfrescare gli occhi e lo spirito dei lettori, con l’intento di venire incontro a quegli aggiornamenti di impostazione editoriale, al fine di rendere sempre più agevole la lettura. Detto ciò, a fronte di un nuovo layout grafico, preme sottolineare la sempre maggiore volontà di coinvolgere il più possibile tutto il nostro movimento ornitologico per cercare di utilizzare e servirsi di Italia Ornitologica con lo scopo di veicolare, divulgare e far conoscere le esperienze di allevamento, gli studi e le ricerche in campo ornitologico, le attività delle Associazioni federate, le iniziative dei Club di specializzazione, gli indirizzi selettivi delle Commissioni tecniche, la gestione programmatica dell’Ordine dei Giudici, il management del Consiglio Federale. Tutto ciò sarà possibile solo sentendosi più coinvolti nel progetto che riguarda il rilancio della comunicazione all’interno della F.O.I., in tutti i suoi aspetti. Purtroppo, continuiamo a sentire e ad avvertire da alcune (e spesso solite) voci una sorta di avversione e contrasto verso le attività della Federazione, a prescindere dalle persone che in essa operano, senza tenere conto dell’obiettivo prefisso da raggiungere
per il bene comune, talvolta anche a costo di provvedimenti e soluzioni apparentemente impopolari. Così, leggiamo talvolta sui social critiche ai contenuti della rivista, critiche il più delle volte strumentali poiché ci si rende facilmente conto che gli autori di tali post non hanno neanche avuto modo di leggere il sommario del numero preso a bersaglio… Di contro, dobbiamo invece
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Editoriale sottolineare l’apprezzamento degli argomenti espressi attraverso gli articoli di Italia Ornitologica, che ci giungono direttamente e non attraverso qualche messaggio pubblicato a caso su gruppi di chat attualmente molto in voga. Italia Ornitologica è nata, si è evoluta ed è arrivata fino ad oggi grazie all’impegno di molti autori che, nel corso degli anni, si sono susseguiti tra le pagine della rivista come firme autorevoli del panorama ornitologico italiano (e non solo). A loro, senza fare nomi, tutto il movimento dovrebbe esprimere un sincero ringraziamento per essersi sempre messi in gioco, senza sottrarsi al giudizio dei lettori (spesso superficiale e a volte poco benevolo), non lesinando di impegnare gran parte del tempo a loro disposizione con l’unico intento di contribuire volontariamente alla crescita esperienziale e perfino scientifica dell’allevamento e la selezione degli uccelli a scopo ornamentale e sportivo. Noi lo sappiamo e ci farebbe davvero piacere dedicare loro un premio, un riconoscimento, un attestato di stima per il fondamentale apporto fornito, nel passato e nel presente, ma perché no anche nel futuro, al movimento dell’ornicoltura che, sebbene in questi ultimi anni stia accusando una flessione “figlia dei tempi”, continuerà ad esistere e a svilupparsi magari con nuove modalità e metodologie che si affiancheranno alle conoscenze acquisite nel tempo e apprese dai nostri preziosi predecessori. Italia Ornitologica non appartiene ad alcuna società “privata”, non è appaltata a una casa editrice, non deve essere considerata come proprietà di coloro che attualmente se ne stanno occupando, o dell’attuale direttivo federale; Italia Ornitologica è la rivista del movimento degli allevatori, a prescindere da chi la guida e la dirige periodicamente. Tutti noi siamo chiamati a far circolare, quindi a pubblicare e trasmettere ogni ambito che riguarda l’allevamento degli uccelli da gabbia e da voliera, per alimentare e salvaguardare la nostra passione in un momento storico in cui sembra scemare l’interesse verso attività sane ed etiche come l’ornicoltura, al cospetto di forme effimere di socializzazione di massa e degli ormai consueti attacchi da parte del cosiddetto “animalismo militante”. Tutti siamo a chiamati a fare “qualcosa”, a dare un seppur minimo contributo in termini di partecipazione e collaborazione: invece di lamentarci per la mancanza di un determinato articolo/argomento, cerchiamo di prodigarci nel produrre dei contenuti per noi importanti, magari sollecitando persone di nostra conoscenza in grado di poter divulgare la loro esperienza e conoscenza. Italia Ornitologica non è stata concepita e non deve essere percepita solo come una rivista di “intrattenimento”, anche se di settore; essa è per sua natura una rivista di servizio, atta a raggiungere tutti i suoi lettori, da quelli più esperti e
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colti, a quelli meno pratici o a quelli che hanno appena approcciato l’appassionante allevamento ornitico. Ci piace pensare a Italia Ornitologica come un “servizio pubblico”, paragonandola all’elettricità che deve essere portata fino al paesino più sperduto, oppure alla linea ferroviaria che deve raggiungere la profonda periferia, oppure al segnale radiotelevisivo che deve coprire perfino le ultime località di confine; cioè, un servizio “vitale” che deve essere garantito senza tenere esclusivamente conto della eventuale perdita di investimenti, dei mancati incassi e senza considerare, quindi, solo quelle azioni o attività tali da consentire dei guadagni. Certo, bisognerà sempre cercare di utilizzare il potenziale pubblicitario della rivista, visto che raggiunge migliaia di lettori fortemente interessati al settore ornitologico, così come ipotizzare altri introiti che aiutino la sostenibilità della stessa pubblicazione ma che non ne costituiscano l’unica motivazione. Italia Ornitologica rappresenta la voce e il modo migliore per tenere in contatto tutto il mondo ornitologico, dal semplice appassionato a chi riveste ruoli guida nella struttura federale; si dovrà tenere conto delle nuove possibilità di comunicazione e di diffusione che, oltre la stampa, permettono di aumentare il raggio d’azione di tale voce. Non a caso, da qualche mese, è possibile consultare e leggere integralmente la rivista anche on-line su pc, tablet e smartphone, attraverso la versione sfogliabile pubblicata sul sito ufficiale della FOI. Italia Ornitologica è un work in progress che necessita del coinvolgimento e delle idee di tutti noi per essere sempre perfettibile e mai statica. Abbiamo pensato a nuove sezioni dedicate agli articoli estratti dall’archivio storico di Italia Ornitologica, che contiene delle vere e proprie “perle” d’informazione ancora utili da apprendere, anche se pubblicate a distanza di anni; stiamo consolidando la collaborazione con autori e redazioni di altre riviste estere, che ci consentirà di aggiornarci sui progetti e le selezioni in auge in altri Paesi europei e non solo; cercheremo di sensibilizzare i lettori a suggerire argomenti per la rubrica “Pagina Aperta”, nonché di fornire anche sintesi di documenti, verbali e attività che riguardano la vita del movimento ornitologico. Siamo tuttavia sempre aperti a valutare suggerimenti e proposte da condividere per rendere sempre più funzionale la pubblicazione: l’invito è quello di considerarsi tutti parte di una grande redazione virtuale ma, al tempo stesso, operativa. Ci aspettiamo che molti più lettori decidano di inviare i loro contributi, superando eventuali timidezze o timori di esporsi, perché Italia Ornitologica, così come la FOI e le sue Associazioni, non esisterebbero senza quel mondo di allevatori e di appassionati al quale tutti noi sentiamo di appartenere.
ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
Il Diamante di Kittlitz di FRANCESCO FAGGIANO e MIMMO FRASCERRA - foto M. FRASCERRA
Allevamento, Selezione ed Ibridazione Introduzione Il Diamante di Kittlitz è la specie maggiormente presente e allevata tra le Erytrhure, seguita a breve distanza soltanto dal Diamante pappagallo, entrambi considerati ormai uccelli domestici dalle disposizioni COM/OMJ. Il Kittlitz è una specie granivora, di buona rusticità, che si adatta bene a vivere nelle più disparate condizioni di allevamento che l’avicoltore predispone, anche se i successi riproduttivi non sono poi così scontati. Chi ha esperienza con questi graziosi e svelti granivori, sempre in movimento e attenti, sa che, a fronte della loro robustezza, per ottenere buoni risultati riproduttivi è necessario adottare tutta una serie di piccole accortezze che andremo ad analizzare nel paragrafo seguente assieme agli estremi selettivi ed alle novità cromatiche che oggi caratterizzano questa specie.
Il Diamante di Kittlitz è una specie granivora di buona rusticità
Diamante di Kittlitz bruno maschio
Allevamento Anche se molti sostengono di poter allevare il Diamante di Kittlitz in gabbie non particolarmente ampie, è nostra esperienza condivisa adottare gabbie con lunghezza minima di 60 cm, ma vi troverete ancor meglio utilizzando piccoli gabbioni da 90cm, che consentono alla coppia, in primis, di non ingrassare. Ricordiamo che gli spazi adeguati sono una buona regola generale, che ogni allevatore dovrebbe adottare per la salute e i successi riproduttivi dei propri soggetti.
Diamante di Kittlitz lipocromico
Inoltre, poter ammirare in ampi spazi le proprie coppie che si corteggiano e magari covano, allevano e svezzano i piccoli è un piacere impagabile. Spesso è opportuno mettere a disposizione della coppia di Kittlitz due diverse tipologie di nido, una con foro di entrata rotondo tipo cassettina per gli ondulati e l’altra a entrata rettangolare, di quelle comunemente usate per tutti gli estrildidi; questo per dar loro la possibilità di scegliere quello che più li mette a proprio agio. Noterete a volte che la femmina depone le uova nel nido trascurato dalle attenzioni del maschio... la causa di questo comportamento è da attribuire all’esuberanza dello stesso che infastidisce o, per
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meglio dire, a volte perseguita la propria compagna, che trova sollievo e un po’ di tranquillità nascosta nel secondo nido. All’allevatore più attento e volenteroso ci sentiamo di dire che infrascare leggermente l’ingresso del nido con rami verdi, veri o di plastica poco importa, è un’ottima strategia, perché consente di tranquillizzare la coppia e di indurla più facilmente in estro. I Diamanti di Kittlitz, così come tutte le Erytrhure, non gradiscono un’esposizione diretta ai raggi solari, apprezzando, di contro, un ambiente protetto e riservato. Il nido verrà approntato e disfatto ripetutamente, a volte anche nella stessa giornata, con fibra di cocco e sisal ma, se messi a disposizione, anche il fieno fresco e altre lunghe ed elastiche fibre naturali faranno la gioia dell’instancabile maschio. Difficilmente apprezzano la juta o le piume. All’estro del maschio, segnalato con insistenti trilli e per l’appunto l’allestimento del nido, non sempre segue la deposizione della femmina, situazione da monitorare per la possibilità che il maschio, sovraeccitato ma frustrato, possa aggredire la stessa. In questi casi, il gabbione da 90 cm risulta così ancor più utile a salvare la femmina, che riesce così a sfuggire alle aggressioni del focoso compagno. Il Diamante di Kittlitz è di
I Diamanti di Kittlitz non gradiscono l’esposizione diretta ai raggi solari indole una specie curiosa che appetisce qualsiasi alimento fornito, ma è soprattutto un animale goloso, quindi andrà curata l’alimentazione, che nel periodo riproduttivo dovrà essere ricca di grassi e proteine, ma mai troppo abbondante, altrimenti si rischia che gli esemplari ingrassino. Il sovrappeso dei riproduttori porta come conseguenza principale la scarsa deposizione o peggio, addirittura, la mancata deposizione. Inoltre, l’obesità determina alte percentuali di infertilità sia del maschio che della femmina, ma soprattutto morte improvvisa dei riproduttori per cause cardiovascolari e/o epatiche. Quindi, l’attenta gestione della razione alimentare risulta fondamentale per la buona riuscita dell’allevamento e la riproduzione di questa specie. Andranno somministrate giornalmente piccole quantità di cibi proteici, magari a base di insetti, uovo (sia albume proteico che tuorlo ricco di grassi e di moltissimi altri nutrienti), semi germinati come niger e grano assieme a piselli verdi frullati, associati a buone integrazioni
di sali minerali e vitamine, ma soprattutto di calcio e vitamina D (ideale è l’Adisterolo, in quanto direttamente biodisponibile). Il tutto mescolato a poco pastone secco e ad un filo di olio di oliva, per rendere granulare e appetibile l’impasto. Questo miscuglio di proteine, grassi e tanto altro rappresenta l’integrazione ideale per far entrare in estro i nostri esemplari che generalmente ne vanno ghiotti, ma per evitare la pinguedine andrà fornito una volta al giorno nella misura massima di un cucchiaio o linguetta per coppia. Il misto di semi secchi classico per esotici sarà, di contro, lasciato a disposizione e possibilmente addizionato da una parte (100 grammi per chilo) di misto per carduelidi con alta percentuale di erba mazzolina. A disposizione poi grit e osso di seppia, che garantiscono una copertura adeguata dell’apporto di calcio necessario per una corretta formazione del guscio delle uova. Nel Kittlitz le deposizioni non sono mai generose: generalmente le femmine depongono dalle 2 alle 4 uova, mediamente 3. Di contro, la fertilità è generalmente alta, anche perchè difficilmente le femmine di questa specie depongono in presenza di un maschio che non abbia ancora raggiunto l’estro. Il bagnetto fornito quotidianamente e le spighe di graminacee selvatiche vanno a completare una gestione vincente nell’allevamento di questo simpatico estrildide. Anche se alcuni allevatori sono riusciti a riprodurre in purezza i Kittlitz, consigliamo di porre a balia di bravi passeri del Giappone le covate che si susseguono spesso con impensata rapidità. Generalmente la maggior parte delle balie riesce ad allevare senza difficoltà questi pulli che, caratteristicamente, tendono ad allungare il collo e “camminare” strisciando per il nido, cosa che a volte verso i 7/8 giorni può infastidire i genitori adottivi, che tendono a imbeccare poco o per niente i piccoli. Sarà opportuno in tale situazione intervenire con imbec-
Piccoli di Kittlitz: in basso ancestrale e in alto lipocromico distinguibili dagli opercoli buccali
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cate supplementari nella speranza che dopo qualche giorno i passeri ricomincino a fare bene il loro compito di genitori. L’alimentazione dei novelli richiede buone percentuali di proteine animali (ottimi sono i prodotti a base di farina di insetti e l’uovo cotto nel microonde o sodo) e semi germinati, ricchi di vitamine e fattori di crescita. Sconsigliamo l’uso di tarme o altri insetti la cui carica batterica può provocare infezioni letali, oltre al fatto che non sempre i passeri gradiscono e imbeccano con questi alimenti. Le mutazioni fissate e la selezione Da qualche anno anche nel Diamante di Kittliz sono comparse mutazioni del colore che hanno aumentato l’interesse verso questa specie che per lungo tempo non ha manifestato novità cromatiche. La prima mutazione comparsa è stata la classica Lutino sessolegata, purtroppo ancora oggi poco diffusa a causa della gracilità dei soggetti, che spesso si presentano barcollanti ed ipovedenti. Quasi contestualmente è comparsa la mutazione Avorio, piacevole ma cromaticamente poco appariscente, che risulta pertanto poco diffusa. Sarebbe molto interessante ammirare la sovrapposizione tra la Lutino e l’Avorio, così come sarebbe interessante, e presumibilmente dall’effetto molto simile, osservare la sovrapposizione tra Avorio e Lipocromico, mutazione comparsa qualche anno dopo le due prime varianti cromatiche. La mutazione Lipocromica è caratterizzata da una livrea praticamente uguale alla Lutino, se non fosse per il sottopiuma leggermente beige nel Lutino, che si vede solo ispezionando il soggetto, e l’occhio rosso molto evidente anche nei soggetti Lutino adulti. In entrambe le mutazioni è spettacolare la maschera facciale, che dal blu dell’ancestrale diventa bianco candido e spicca sul giallo del dorso e sul rosso della coda e del groppone. I Kittlitz Lipocromici,
Da qualche anno nel Diamante di Kittlitz sono comparse mutazioni di colore pur se più delicati degli ancestrali, non presentano tutte le problematiche dei Lutino, ma come questi è opportuno vengano accoppiati con dei verdi portatori, che caratteristicamente presentano piccole pezzature sul becco o sulla testa. Dall’accoppiamento tra Lipocromico x Pezzato nascono due terzi di lipocromici e un terzo di pezzati, essendo il carattere a trasmissione mendeliana recessivo autosomico; ricordiamo che non esistono portatori di Lipocromico che non presentino almeno qualche piuma acianica. Di recente è comparsa in Olanda e si è rapidamente diffusa, anche se sempre con numeri proporzionati alla diffusione europea delle Erytrhure, una mutazione indicata a furor di popolo come “Bruno” classico. Ad oggi, possiamo addurre a tale ipotesi solo osservazioni del fenotipo, nell’attesa di fare il test di complementazione ibrida col Diamante di Gould e verificare in parte la veridicità della denominazione. Tale mutazione produce comunque una cromia piacevole e caratteristica che ricorda effettiva-
mente quello che potrebbe essere un bruno, con maschera violacea e dorso verde tendente al marrone. Alla nascita l’occhio è rosso scuro, ma nell’adulto appare quasi indistinguibile dall’ancestrale. Interessante sarà poter ammirare la combinazione tra Lutino e Bruno, sperando così anche di rinforzare i ceppi di Lutino oggi rari e spesso, per giunta, combinati con i Lipocromici. Tanto per l’ancestrale che per tutte le altre varietà di colore è importante a livello selettivo che i soggetti si presentino, in primis, di buona struttura, con taglie e morfologie soddisfacenti e maschere ampie e precise e del giusto colore a seconda della varietà, associate al giusto colore del dorso che dovrà essere sempre brillante e uniforme e staccare in modo netto dal groppone rosso sempre ben evidente, che diventa arancio salmone nella varietà Avorio. E’ importante per questi estrildidi curare il piumaggio, che tende a sciuparsi e apparire disordinato e inaridito. In merito alla cura del piumaggio segnaliamo che questa specie è soggetta a più mute durante l’anno. Queste possono essere determinate da fattori ambientali e o da stress causato addirittura da spostamenti di gabbia. Sarà cura dell’avicoltore sostenere questi momenti di
A confronto da sinistra kittliz lipocromico occhineri e lutino, Evidente l'occhio rosso
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sforzo fisiologico con adeguata alimentazione e integrazione vitaminica. L’avvento di una muta in prossimità della stagione riproduttiva non deve spaventare l’avicoltore, in quanto entro un mese dall’inizio della stessa gli esemplari saranno nuovamente pronti a riprodursi. Ibridazione Di ibridi col diamante di Kittlitz fino al 2018 e da oltre 20 anni, abbiamo visto ufficialmente solo quelli col Diamante di Gould, perché quelli con altre Erythrure erano occasionali, in quanto non ammessi in esposizione. Dal 2019 solo per le mostre FOI, nel bene o nel male, sono riammessi a concorso anche i meticci intragenerici. Tornando all’ibrido tra Kittlitz x Gould, per esperienza personale riportiamo una certa difficoltà di realizzazione legata sia a fattori genetici che comportamentali. L’insistenza e la bravura degli ibridisti ha comunque permesso di ammirare veri capolavori della natura, tanto a maschera lipocromica che a testanera, sfruttando la conoscenza genetica delle teste del Diamante di Gould. Per inciso, il Kittlitz in ibridazione va considerato, rispetto alla genetica delle maschere, come un Gould testanera. Di ibridi mutati tra Kit-
Diamante di Kittlitz avorio
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tlitz e Gould per ora abbiamo visto solo quelli pastello sf (singolo fattore, ndr), anche grazie alla genetica semidominante della mutazione, ma ci auguriamo di ammirare presto qualche ibrido Lutino e, ancor meglio, un ibrido “Bruno”. Interessante sarebbe tentare in modo sistematico l’ibrida-
Di ibridi mutati tra Kittlitz e Gould abbiamo visto quelli pastello (s.f.)
Ibrido nerobruno di D. Gould x D. di Kittlitz
zione col genere Cryptospiza, ovvero con gli astri montani con cui si ipotizza una lontana affinità. Conclusioni La storia ci insegna che si alleva per passione, ma che la stessa viene alimentata dalle opportunità dateci dalle varietà cromatiche presenti in una specie, dalle sue possibilità espositive e, senza vergognarcene, anche dalla commerciabilità dei soggetti. Oggi questa specie, sempre presente con piccoli numeri nelle mostre, ha espresso di suo la forza di proporsi come opportunità selettiva interessante grazie alla comparsa e stabilizzazione di ben 4 mutazioni nell’ultimo decennio, che peraltro possono essere combinate tra loro, in programmi di selezione mirati ed entusiasmanti. Manca soltanto il sostegno tecnico legato alla formulazione di un adeguato standard di selezione e l’attribuzione di adeguate categorie a concorso che sicuramente stimolerebbero gli ingabbi e gli scambi. Ci auguriamo che questo scritto, frutto della nostra esperienza diretta sul Diamante di Kittlitz, possa stimolare qualche altro allevatore ad allevare con entusiasmo ed ambizione questa specie molto promettente.
COLORE
Caratteristiche occulte di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO e F.O.I.
Bianco dominante foto: E. del Pozzo
Vi sono caratteri espressi, ma altri occulti: sia in quanto recessivi latenti, sia in quanto ipostatici coperti da altri. Il concetto di recessività penso che sia abbastanza noto, comunque spendo poche parole. Un carattere dominante appare sia quando è omozigote, cioè in doppia dose, sia quando è eterozigote cioè in singola dose. I caratteri recessivi invece devono essere sempre in doppia dose. Questo perché i geni, che sono i fattori che generano i caratteri, sono a coppie. Gli appartenenti alla stessa coppia sono
Un esempio di dominanza può essere la categoria intenso rispetto al brinato detti alleli. Se un carattere domina sull’altro, si esprime, mentre il recessivo rimane latente e potrà ripresentarsi in seguito, accoppiamento permettendo. L’epistasi è un fenomeno meno noto, ma importante; si verifica quando un carattere che agisce nella stessa parte
del corpo di un altro carattere, ha un effetto maggiore e copre l’altro carattere a lui non allelico. Mancando allelicità non c’è dominanza, né recessività, ma il carattere con effetto maggiore, detto epistatico, copre quello con l’effetto minore, detto ipostatico. Un esempio di dominanza può essere la categoria intenso rispetto al brinato; se un gene codifica per l’intenso ed il suo allele codifica per il brinato, si ha un intenso eterozigote. Un esempio di epistasi è dato dal bianco recessivo nei confronti del bianco domi-
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nante. Essendo i bianchi prodotti da mutazioni non alleliche, si può avere il caso di un soggetto che sia bianco dominante e recessivo assieme. In questo caso appare come bianco recessivo, poiché l’effetto del bianco recessivo è di inibizione totale dei carotenoidi, mentre quello del bianco dominante è di inibizione parziale anche se ampia. Può sembrare un contro senso che un bianco recessivo copra un dominante, ma è solo l’effetto di una copertura fenotipica, possibile per la non allelicità delle due mutazioni. Mi rendo conto che possano non essere concetti facili per tutti, tuttavia è bene conoscerli, per potersi districare in certe situazioni. Sul mio testo (I Colori nel Canarino, ed. FOI - ndr) questi aspetti sono spiegati in modo ampio. Le caratteristiche occulte, quindi, sono
tali principalmente per due diversi fenomeni sopra descritti: dominanza ed epistasi, tralascio la più rara penetranza ridotta. Diverso il caso delle interazioni, cioè quando due caratteri appaiono assieme con rilevanze variabili; il caso più importante è dato dall’isabella che è la somma di bruno + agata, possibile causa la non allelicità delle due mutazioni. Abbiamo anche il fenomeno degli intermedi, quando c’è allelicità senza dominanza completa, ed un gene codifica per un carattere e l’altro per un altro, ad esempio opale-onice, oppure phaeo-topazio. La presenza di caratteri latenti in quanto recessivi, o coperti in quanto ipostatici, può creare problemi, specialmente quando tali presenze non sono note.
Ci sarebbe da chiedersi quanti guai abbia prodotto l’inserimento di bianchi recessivi di ignota origine Ci sarebbe da chiedersi quanti guai abbia prodotto l’inserimento di bianchi recessivi di ignota origine, sia acianici che melanici. Di certo molti; infatti, più di una volta accoppiando bianco recessivo con giallo limone, si sono visti nascere degli arancio, dei dorati, dei bianchi dominanti, degli avorio. Il primo caso è la rovina di un ceppo, il secondo un grave danno e negli altri due ultimi, l’inserimento di ulteriori caratteri non previsti e magari non desiderati. Che il bianco recessivo possa essere una specie di “cavallo di Troia” è abbastanza noto e viene visto con timore, specialmente se di dubbia origine. Tale condizione deriva dal fatto che il bianco recessivo è epistatico su tutte le altre varietà, avendo l’effetto di totale inibizione, che è il massimo possibile. Inoltre sia ben chiaro che il bianco recessivo non distrugge ma solo inibisce, cioè blocca, i carotenoidi. Anche la categoria intenso è problematica; infatti non è possibile, alla vista, sapere cosa nasconde l’intenso. L’intenso è dominante su di un gene del brinato (la categoria brinato è poligenica), ma non è certo se sia allelico nei confronti dell’altra mutazione mosaico. In altri termini, non è certo se vi sia dominanza oppure epistasi dell’intenso sul mosaico. Non mi dilungo sulle ragioni di questo dubbio, dico solo che in passato ritenevo più probabile l’allelicità e quindi la dominanza, oggi al contrario ritengo più probabile che non ci sia allelicità e quindi che vi sia epistasi dell’intenso sul mosaico (vedere: “Un dubbio sul mosaico” I. O. n°4 aprile 2017). Comunque sia, guardando un intenso non è possibile sapere se provenga dal brinato o dal mosaico e, pure, non è possibile sapere
Agata topazio bianco recessivo
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Certo, quando servono intensi sono quelli che devono essere inseriti se nasconda un ottimo brinato o un pessimo brinato, come anche il mosaico. Accade non di rado di avere sorprese sgradite; infatti, l’inserimento di un intenso anche bellissimo in un ceppo dove si alleva intenso x brinato, può fare il pessimo scherzo di introdurre il mosaico, oppure di veder nascere si dei brinati, ma di cattiva qualità, ad esempio che segnano molto il collare. Non a caso, se si dovesse rinsanguare un ceppo, è meglio inserire dei brinati che mostrano ciò che sono e non i dubbi intensi. Certo quando servono intensi, sono quelli che devono essere inseriti, in questo caso è bene acquistarli presso allevatori affidabili. Le sorprese, sia buone che cattive sono comunque possibili in diversi casi. L’inserimento di maschi melanici in un ceppo, spesso vede nascere qualche femmina che esprime una mutazione recessiva legata al sesso. Possono venire fuori femmine: brune, agata, isabella, pastello e satiné. L’uscita inattesa di un’agata è sempre sgradita, poiché nasce da maschi neri, quindi indica accoppiamenti errati; negli altri casi, di volta in volta, la cosa può dispiacere o meno. Nei lipocromici, una sorpresa del genere può essere data da femmine avorio, l’unica mutazione legata al sesso riguardante i carotenoidi. Non è escluso che la nascita inattesa riguardi anche caratteri recessivi come: opale, topazio, cobalto ecc. Il caso però è meno frequente, poiché è necessario che entrambi i genitori siano portatori del carattere recessivo. Ricordo che, anni or sono, mi nacquero, inattesi, dei bianchi recessivi (ovviamente melanici) in un ceppo di agata classici e pastello. La cosa non mi fu sgradita, del resto
ebbi con tali soggetti anche qualche discreto risultato espositivo. Alle latenze di vari caratteri spesso vengono attribuiti inesistenti vantaggi, o più spesso inesistenti danni. Bisogna valutare caso per caso e, soprattutto, bisogna saper distinguere se vi è consequenzialità o casualità nei risultati ottenuti. In passato ricordo strani discorsi, come quello che affermava essere pericoloso acquistare maschi, poiché non si sa cosa possano portare. Poi si continuava dicendo che “la femmina non dà nulla”, oppure che “dà quello che ha e lo fa vedere”, in contraddizione con quanto detto prima. Deve essere chiaro che discorsi del genere sono privi di valore. La femmina non può essere portatrice di caratteri legati al sesso (per via del cro-
mosoma Y), ma per tutto il resto trasmette (o nasconde) quanto il maschio, anzi un poco di più, viste le eredità uni-parentali (ologinica e citoplasmatica). Le coppie cromosomiche nel Canarino sono 39 o 40 (vale a dire 78 o 80 cromosomi), è difficile il conteggio dei cromosomi più piccoli, da qui il dubbio, e la coppia cromosomica sessuale è una sola. Nel Canarino non abbiamo molti altri casi di epistasi completa come quelli descritti sopra, tuttavia vi sono caratteri con effetti maggiori di altri ed interazioni che possono essere ingannevoli. Fra le interazioni più ingannevoli c’è quella bianco dominante ed avorio assieme; infatti, i soggetti che presentano entrambe le mutazioni, apparentemente, nella gabbia, sono uguali ai bianchi recessivi,
Isabella pastello intenso giallo, foto: E. del Pozzo
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Nero intenso rosso, foto: E. del Pozzo
stante la cancellazione delle soffusioni ad opera dell’avorio. Tuttavia l’inganno può essere svelato osservando alla mano l’epidermide che appare normale e non violacea come nel vero bianco recessivo. Un’interazione ingannevole era quella phaeo + pastello, quando c’erano i melaninici ad occhi rossi; infatti, anche le femmine potevano sembrare ottime, grazie all’interazione suddetta, mentre solo i maschi potevano esserlo senza l’intervento del pastello, stante la minore presenza di feomelanina in questi, caso satiné a parte. Oggi il problema non si pone più, vista la giusta soppressione di tale categoria a concorso confondibile con i lipocromici ad occhi rossi. È semmai in questi ultimi che non si distingue il geneticamente phaeo dal geneticamente satiné. In effetti, i phaeo ed i satiné sono facil-
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Con i lipocromici ad occhi rossi si possono fare diverse confusioni
mente distinguibili nei melanici, ma non nei lipocromici, ove le differenze di rosso dell’occhio non consentono di avere certezza alcuna. Con i lipocromici ad occhi rossi si possono fare diverse confusioni, vista la non evidente diversità fra le due mutazioni suddette ed il fatto che possono anche coesistere o essere latenti nello stesso soggetto. Da qui la necessità di informarsi bene sulla natura dell’occhio rosso, prima di fare acquisti. Un aspetto delicato riguarda le mac-
chie melaniche nei canarini acianici. Vi sono diversi casi in cui le macchie sono occultate e si rischia di usare in allevamento un soggetto erroneamente considerato “pulito”. I canarini acianici hanno un tipo di melanine non visibile, poiché nascosto dall’acianismo stesso, in quanto questa mutazione inibisce tutte le melanine, salvo quelle dell’occhio e salvo zone spurie (macchie) che costituiscono motivo di squalifica. Il tipo occulto può essere qualunque: nero, bruno, agata ecc. Solo l’occhio, ma non sempre, e solo le macchie, quando ci sono, possono dare indicazioni. Un problema è dato dalla presenza di mutazioni, che non consentono di vedere le macchie del becco e delle zampe. Praticamente tali macchie sono visibili solo nei neri; in caso di altri tipi, come bruno, agata ed altro, becco e zampe appaiono puliti anche quando non lo sono, ed il guaio è che le macchie melaniche degli acianici si manifestano in vari punti, non necessariamente nello stesso luogo anatomico dei genitori. Nulla di strano quindi che una macchia occulta del becco appaia poi sulla testa o sull’ala. Da qui il mio consiglio di avere acianici geneticamente neri e di usare il satiné per avere gli occhi rossi, in quanto associabile al nero (almeno come accoppiamento) e più facile da gestire in caso di rinsanguamento. Il phaeo richiede, invece, mutazioni aggiuntive, poiché l’occhio del nero phaeo non appare rosso nell’adulto. Naturalmente non manca chi pensa di inserire mutazioni per evitare le macchie di becco e zampe, trascurando il fatto che le macchie si spostano. Un altro aspetto è dato dalle macchie visibili solo nella pars plumacea che richiedono accurato esame alla mano, questo specialmente negli occhi rossi. Potrebbe essere il caso di un canarino acianico geneticamente satiné senza disegno o la sommatoria di ulteriori mutazioni, come phaeo e satiné. Vi sarebbero ancora altri aspetti da rilevare, ma spero di aver fornito indicazioni sufficienti.
ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
Verdone dell’Himalaya x Canarino Testo e foto di RENZO ESUPERANZI
Verdone dell'Himalaya maschio
Nuove esperienze con gli ibridi
Ho già parlato di questa ibridazione 6 anni fa e ritorno sull’argomento solo per condividere l’esperienza del 2017, anno in cui ho realizzato altri F1 di Verdone dell’Himalaya x Canarino. Come tutti sanno, allevare gli Himalaya in purezza non è facilissimo e spesso si incontrano una serie di difficoltà legate al periodo di estro. Capita, infatti, che soltanto uno dei componenti della coppia vada in estro e l’altro ne esca quasi sempre scondizionato. Nel 2017 mi sono ritrovato con i maschi (portatori di agata) regolarmente in estro in primavera e le femmine che “non volevano saperne”. A quel punto, ho messo un maschio con una canarina agata giallo brinata ed un altro con una canarina jaspe ardesia doppio fattore. Dalla prima coppia ho ottenuto un unico uovo fecondo, da cui è nato un bel soggetto agata rivelatosi poi maschio, mentre dall’altra coppia ho ottenuto una decina di F1 metà jaspe e metà jaspe ardesia (più una femminuccia jaspe agata). Tra i jaspe, sono venuti fuori 3 maschi ardesia e 3 maschi verdi. L’F1 agata Il maschietto ibrido agata ha mutato molto lentamente e ad un certo punto ho anche temuto di perderlo. Fortunatamente, a crisi scampata, ha ripreso la muta ed ha manifestato un ottimo disegno finale. Il lipocromo, però, non era uniforme ed ho aspettato la muta successiva per presentarlo in mostra. Nel 2018 la muta del piumaggio è filata liscia e, grazie alla fornitura di erbe prative durante tutto il periodo, il piumaggio è risultato serico e brillante, con un disegno nerastro ben evidente sul fondo giallo. Volendo evitare che si stressasse, ho esposto l’ibrido soltanto al Campionato Italiano di Parma, dove è stato decisamente apprezzato dal giudice che l’ha valutato.
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F1 maschio agata di Verdone dell'Himalaya x Canarino
Gli F1 jaspe Tra i jaspe, il soggetto più bello era la femminuccia jaspe agata, grazie ad un disegno netto su un colore di fondo
F1 maschio jaspe ardesia di Verdone dell'Himalaya x Canarino
14 APRILE 2019
F1 maschio jaspe di Verdone dell'Himalaya x Canarino
molto delicato. Quando sono andato a prenderla per portarla in mostra a Jesi, mi sono accorto che le mancava una falange e così la sua carriera espositiva si è conclusa prima di cominciare. Gli F1 jaspe a fondo verde erano tutti molto simili tra loro e, nonostante l’appastel-
lamento, i disegni della testa erano ben evidenti. Sull’ala, poi, era nettissimo il tipico disegno dell’Himalaya. Per i jaspe ardesia, stesso discorso per i disegni della testa (calotta, guance e mustacchi) ma disegno dell’ala meno appariscente a causa della mancanza di contrasto con il lipocromo giallo. Alle mostre ho esposto sempre e solo il jaspe verde col disegno più netto ed è stato costantemente apprezzato da coloro che l’hanno giudicato, anche perché di F1 col Verdone dell’Himalaya non è che se ne vedano tantissimi. La muazione jaspe, dopo l’ardesia, ha aperto un nuovo mondo in ibridazione, dando la possibilità di realizzare ibridi maschi mutati anche utilizzando le specie dove non sono ancora presenti mutazioni di colore. Molti F1 jaspe sono già stati ottenuti, ma qualche combinazione da tentare c’è ancora, per cui, dato che la selezione dei canarini jaspe sta facendo passi da gigante, per gli anni a venire non possiamo che aspettarci l’esplosione di questi begli ibridi “appastellati” in tutte le mostre ornitologiche.
ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI
FORMA & POSIZIONE PARTIAMO DALLE BASI
Il normale a doppio fattore scurente Testo, foto e disegni di GIOVANNI FOGLIATI
Verde Oliva e Malva sono rispettivamente il doppio fattore scurente delle serie Gialla e Bianca. Ovviamente, è riscontrabile il fattore scurente anche in Grigioverdi e Grigi, purtroppo di difficile interpretazione da parte di chi non è molto pratico nell’allevamento di queste due mutazioni. Il Verde Oliva fu osservato per la prima volta nel 1916, mentre per i Malva si dovette attendere il 1921. La comparsa del Verde Oliva fu ben accolta dai francesi che, unendolo con l’Azzurro, ottennero degli ottimi Cobalto, che a loro volta uniti fra loro diedero la luce ai Malva. Era il 1924 e l’anno dopo i francesi cedettero dei Malva ad allevatori tedeschi che iniziarono subito a selezionarli. Migliorarono e svilupparono così bene questa mutazione al punto da arrivare a far credere agli appassionati che la nuova mutazione Malva avesse origini tedesche. Descrizione del Verde Oliva La colorazione del corpo deve essere Verde Oliva scuro, uniformemente distribuito e pulito. Le ondulazioni e le marcature di testa, nuca, collo, guance, dorso e ali devono essere nere su fondo Giallo; ben parallele, nette, pulite e senza interferenze di colore del corpo. La faccia e il bavaglio della maschera saranno Giallo Oro ben pulite, i marchi guanciali violacei e le perle della
maschera Nero profondo. Le Remiganti sono nere con una soffusione verdastro metallica sul vessillo esterno e presentano, sempre sul vessillo esterno, una bordatura giallastra sull’intera lunghezza. Le Timoniere centrali sono Blu zaffiro molto scuro con Rachide nera. Il becco ha una tinta che può variare
Giovane novello normale Malva
tra il corno chiaro e il Giallo Camoscio. Le zampe e le dita sono Grigio Ardesia chiaro, le unghie sono color Grigio. Gli occhi sono neri con cerchio oculare Bianco.
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La Cera è Blu nei maschi e Marrone, più o meno scuro, nelle femmine.
Maschio Verde Oliva Maschio Malva
Descrizione del Malva La colorazione del corpo dovrebbe essere Malva con leggere rifrazioni vinacee, brillante, uniforme e pulito. Le ondulazioni e le marcature di testa, nuca, collo, guance, dorso e ali devono essere nere su fondo bianco; nette, pulite e senza interferenze indesiderate del colore del corpo. La faccia e il bavaglio della maschera saranno Bianchi e ben puliti, i marchi guanciali violacei e le perle della maschera Nero profondo. Le Remiganti, nere con soffusione blu metallico sul vessillo esterno, presentano, sempre sul vessillo esterno, una bordatura bianca sull’intera lunghezza. Le Timoniere centrali sono Blu zaffiro molto scuro con Rachide nera. Il becco ha una tinta che può variare tra il corno chiaro e il Giallo Camoscio. Le zampe e le dita sono Grigio Ardesia chiaro, le unghie sono color Grigio. Gli occhi sono neri con cerchio oculare Bianco. La Cera è Blu nei maschi e Marrone, più o meno scuro, nelle femmine. L’ereditarietà Come già detto quando abbiamo parlato del singolo fattore scurente, anche il Malva (doppio fattore scurente) fa parte del gruppo conosciuto come Fondo Bianco, che comprende anche l’Azzurro, il Cobalto, i fattori Viola a fondo bianco e il Grigio. Analogamente il Verde Oliva (doppio fattore scurente) fa parte del gruppo detto Fondo Giallo, che comprende anche il Verde chiaro, il Verde scuro, i fattori Verde viola e il Grigioverde. Il colore Verde, come sappiamo è il colore del tipo selvatico e come tale è di riferimento al comportamento ereditario di tutte le mutazioni. Combinato con il singolo fattore scurente da luogo al Verde scuro, con il doppio fattore scurente avremo il Verde oliva, con il Grigio, dominante, si otterrà il Grigioverde. Il colore Blu nelle sue forme Azzurro, Cobalto e Malva è una mutazione autosomica recessiva in quanto recessiva al suo allele Verde selvaggio, quindi un uccello che possiede un singolo allele blu (l’eterozigote) è identico nell’aspetto ad un
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Verde puro. In un soggetto con due alleli blu (l’omozigote), la mancanza dell’allele Verde significa che il pigmento giallo non può più essere prodotto e quindi il colore del corpo sarà Blu. Il locus del gene Blu è situato su uno dei cromosomi autosomici. Accoppiamenti ideali per ottenere il Verde Oliva - VERDE SCURO X VERDE SCURO - VERDE SCURO X VERDE OLIVA - VERDE OLIVA X COBALTO - VERDE SCURO X MALVA Accoppiamenti ideali per ottenere il Malva - COBALTO X COBALTO - COBALTO X MALVA - MALVA X VERDE SCURO/BLU - MALVA X OPALINO COBALTO Naturalmente, i ruoli di maschio e femmina nelle tabelle degli accoppia-
menti possono essere invertiti senza che la selezione ne subisca alcun danno. Se si utilizzerà la mutazione Opalino all’ottenimento dei doppio fattore scurente, sarà giovamento per le perle della maschera, che miglioreranno in grandezza, mentre non porterà sviluppi vantaggiosi alla colorazione della livrea. Sarà necessario selezionare i soggetti che non presentano caratteristiche intermedie; quindi niente sfumature azzurrastre o verdastre tra le ondulazioni, niente iridescenza nel colore del corpo e occorrerà fare molta attenzione a punti della maschera in sovrabbondanza e alla ticchiolatura. L’immissione del fattore Viola porta a una modifica della qualità del colore, che potrebbe subire uno sviluppo rosaceo indesiderabile. Spesso i soggetti Viola-Malva sono scambiati per Malva in quanto prati-
camente indistinguibili tra loro se non dopo un attento programma di progeny test. Esperienze personali Solitamente, quando si osserva un soggetto a doppio fattore scurente, esso raramente ci colpisce nella taglia, che sovente risulta essere meno massiccia se confrontata con Verdi chiari, Azzurri, Grigi e Grigioverdi. Nella realtà la struttura rimane pressoché la stessa; a fare la differenza è la tessitura del piumaggio di contorno, che esibisce una architettura più stretta e meno morbida. Più strette sono le maglie della trama e più l’effetto scurente si esprime. La selezione deve convergere verso il giusto equilibrio e l’uniformità delle tinte. In base alla mia esperienza, i migliori soggetti a livello di colore si ottengono selezionando una linea ereditaria che escluda soggetti privi di fattore scuro.
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ESTRILDIDI - FRINGILLIDI - IBRIDI
Rosso bruno Ali chiare
Il Passero del Giappone Gli Ali chiare e i Pastello Testo e foto di SERGIO LUCARINI
Tra le diverse mutazioni apparse nel Passero del Giappone, quella che pone più interrogativi è la cosiddetta “pastello”. Già il suo esordio è stato inusuale; infatti, contrariamente a quanto avvenuto per le altre varietà conosciute, di questo fattore non è segnalata una data certa di apparizione e ciò sembrerebbe addebitabile al fatto che gli allevatori non si siano accorti che quel fenotipo piuttosto sbiadito che ogni tanto appariva tra i poco esaltanti soggetti che di norma vengono adibiti a baliare i più blasonati esotici australiani, non fosse da attri-
buire ad un generico difetto cromatico, bensì venisse causato da un preciso fattore di diluizione. Un fattore, poi si è capito, dall’andamento ereditario recessivo autosomico che, oltre ad una discreta variabilità nella sua incidenza sulle melanine, è anche caratterizzato da una tendenza ad
Gli Ali chiare sono caratterizzati da un marcato schiarimento di copritrici alari, remiganti e copritrici ventrali
agire in modo più marcato su dorso, ali e parti inferiori. Becco, maschera, calzone e coda conservano invece una discreta dose di pigmento. Questa realtà, in abbinamento con le canoniche varietà Moka bruno e Rosso bruno, ha portato a linee cromatiche divergenti: i Pastello propriamente detti, dal mantello il più possibile uniforme, con una quantità di melanine indicativamente prossima al 50% di quella posseduta dal tipo base e gli Ali chiare, caratterizzati invece da un marcato schiarimento di copritrici alari, remiganti e copritrici ventrali
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che raggiungono colorazioni prossime ad un bianco latte, contrastante con il colore ben marcato delle parti anteriori (testa e petto) e posteriori (calzone e coda). Ipotesi sulla genetica Quanto sopra, cioè l’idea che le due tipologie in oggetto fossero il frutto di selezioni divergenti partendo dallo stesso fattore mutato e che il tutto fosse riconducibile a fattori quantitativi (selezionabili) già presenti nel tipo base, per decenni lo si è accettato senza porsi troppe domande. Cosa che ovviamente ho fatto anche io. Oggi però, alla luce di quanto notato negli accoppiamenti messi in atto nel tentativo di migliorare i miei Rosso bruno Ali chiare, devo dire che sono stato costretto a rivedere tale convinzione. Il motivo è semplice: la teoria, pur elegante, non regge di fronte alle risultanze pratiche di allevamento. Personalmente, nelle mie selezioni, soprattutto quando ho a che fare con soggetti affetti da mutazioni recessive autosomiche
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Piccoli Ali chiare nel nido, autore A. De Angelis
(esternate oltretutto, come spesso succede quando si introducono in allevamento nuove varianti, da soggetti strutturalmente piuttosto scarsi), uso “tagliarli” fino allo sfinimento con “tipi base” dalle caratteristiche ottimali. Anche in questo caso, partendo come ho fatto con Ali chiare provenienti da un ceppo di quelli che definiamo “balie”, cioè animali rustici e prolifici ma strutturalmente lontani da quelli che sono gli attuali canoni dei soggetti da esposizione, stagione dopo stagione, unendoli a grossi Rosso bruno ho prodotto ogni volta nuovi portatori che, in accoppiamenti di ritorno verso il genitore mutato, oppure assortiti
La teoria, pur elegante, non regge di fronte alla risultanze pratiche di allevamento
tra loro nella speranza di pescare il jolly in quel quarto di mutati promesso dalle leggi di Mendel, mi hanno permesso di migliorarne sensibilmente la taglia. Già dai primi accoppiamenti, la sorpresa: la teoria che attribuisce la differenza tra un Pastello ed un Ali chiare a differenti selezioni, una tesa a frenare l’eccessiva diluizione e quindi a mantenere una certa uniformità, mentre l’altra a spingere lo schiarimento fino ad ottenere ali (e ventre) chiarissimi prossimi al bianco, non regge. Mettendo infatti un Ali chiare con un tipo base Rosso bruno canonicamente ben saturo di feomelanina, la presunta selezione a schiarire (se mai ci fosse stata) dovrebbe azzerarsi, o quanto meno dimezzarsi. Andando a riaccoppiare tra loro i “portatori”, per la teoria corrente dovremmo ottenere dei soggetti intermedi meno spinti verso la diluizione, cioè dei cosiddetti Pastello, invece nascono reiteratamente dei tipici Ali chiare. Evidentemente, a produrre tale variante dalla spinta diluizione
non è la selezione di un ipotetico pool di geni quantitativi, ma è la forza riduttiva della mutazione stessa quando lavora in omozigosi. Cosa significa questo? Presumo che come minimo la spiegazione debba per forza essere cercata a livello dei geni coinvolti: quello che codifica per il fenotipo Ali chiare deve essere necessariamente diverso, più “drastico” rispetto a quello che codifica per il fenotipo Pastello. Probabilmente, stante le analogie di trasmissione (entrambi autosomici recessivi), questi due fattori potrebbero essere due forme mutate differenti dello stesso gene ancestrale, essere cioè degli alleli con gradienti diversi di funzionalità in grado, come spesso accade in tali frangenti, di condurre in reciproca eterozigosi a fenotipi intermedi. Cosa che potrebbe aver contribuito ad alimentare le false convinzioni che nel tempo hanno accompagnato questi accattivanti fenotipi. Al momento, però, non sono in grado di aggiungere altro, soprattutto a carico della
Nella zona ventrale deve essere percepito il classico disegno squamato tipico della specie forma Pastello della quale non ho esperienze dirette. Le foto proposte certificano quanto sopra detto: quelli immortalati sono i figli di due soggetti a loro volta nati da Rosso bruno x Rosso bruno Ali chiare. Gli Ali chiare sono cioè venuti con la stessa disposizione cromatica della nonna e questo nonostante il nonno Rosso bruno fosse un soggetto super saturo. Selezione Dal punto di vista pratico non c’è molto da aggiungere alle procedure sopra descritte. Importante è avere ben chiaro l’obbiettivo. In pratica, come si evince dalla denominazione,
Giovane Ali chiare con il fratello Rosso bruno
si tratta di ottenere dei Passeri che abbiano tutte le penne delle ali (copritrici e remiganti) più chiare possibile, diciamo bianco latte, contrastanti con la residua melanizzazione delle parti anteriori, cioè testa, collo, petto, e di quelle posteriori, cioè codione, calzone, coda. Nella zona ventrale deve essere percepibile il classico disegno squamato tipico della specie. Non è che in tale direzione ci siano grossi consigli da dare. Al lavoro di accrescimento strutturale che a tutt’oggi porto avanti introducendo frequentemente dei Rosso bruno massicci, cerco nel limite del possibile di affiancare una attenta selezione nella scelta dei soggetti puri da porre in riproduzione. I requisiti? Non è che ci sia molto da inventarsi: ovviamente, massima diluizione delle ali e massima colorazione del resto del corpo. Siamo tutti consapevoli che purtroppo, come spesso accade nelle direttive previste dagli “standard di eccellenza”, le due cose (massima colorazione e massima diluizione)
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siano tra loro fisiologicamente in contrasto; però, cercando di produrre una prole numerosa, capita abbastanza di frequente che qualche soggetto risulti più in linea con i difficili equilibri dei dettami dei criteri di giudizio. Dovendo scegliere, personalmente do la preferenza a quelli dalle ali più candide, magari a discapito di colorazioni feomelaniniche non ottimali (che comunque devono essere uniformi), questo in particolare se tali soggetti sono destinati a produrre, in unione con ottimi Rosso bruno, gli ennesimi nuovi portatori. Conclusioni Nell’ambito delle varietà possibili quando sono coinvolti i fattori mutati in oggetto, personalmente mi dedico ai soli Rosso bruno Ali chiare. Il perché è presto detto: si tratta di una scelta di comodo, in quanto sono i più facili da selezionare. Volendo, però, ci sono diverse altre combinazioni ufficializzate e standardizzate; questo l’elenco: - Moka bruno Pastello - Rosso bruno Pastello
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- Moka grigio Pastello - Rosso grigio Pastello - Moka bruno Ali chiare - Rosso bruno Ali chiare - Moka grigio Ali chiare - Rosso grigio Ali chiare Parlando degli Ali chiare, a parte appunto quelli con il tipo base Rosso bruno, con gli altri subentra una difficoltà fisiologica legata alla scarsa propensione che ha questo fattore ad agire sulle eumelanine, sia quelle canoniche possedute dai tipi base Moka sia quelle “di ritorno” tipiche dei Grigio. Questa realtà fa sì che nella quasi totalità dei casi, in questi abbinamenti, lo schiarimento delle ali non sia ottimale. C’è sì un gradiente di diluizione apprezzabile rispetto alle parti anteriori e posteriori, ma a livello di remiganti risulta lontana la spinta diluizione prevista negli standard. In tale logica si giustifica anche il fatto che già dall’inizio non sia stato previ-
La differenza a questa età è nei calami. Spesso becco e occhi degli Ali chiare sono più scuri rispetto a quelli dei tipi base (vedi primo sogg. a sin.).
sto, tantomeno ufficializzato un fenotipo legato ai tipi base più ossidati quali il Nero bruno e il Nero grigio. Non è che tali abbinamenti non siano mai stati tentati, o comunque fortuitamente realizzati; spesso relativamente al Passero del Giappone nella categoria a concorso “Altre mutazioni” si vedono soggetti che presumibilmente sono dei Nero bruno Pastello. Di norma sono confondibili con dei brutti Moka: rispetto a questi hanno un colore più freddo e le rachidi, soprattutto quelle delle piccole copritrici della testa, risultano più evidenti in quanto più chiare. Il problema è che sono animali poco conosciuti, certamente confondibili con altri fenotipi che risultano analogamente poco studiati, quali ad esempio i cosiddetti Perlato atipici, cioè degli animali con melanine che, pur ridotte quantitativamente, non mostrano le tipiche “perlature” previste dal modello ottimale. Ma di questi ultimi soggetti avremo modo di parlare in una prossima nota, dove il protagonista sarà il Passero del Giappone Perlato.
ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
L’ibridazione: magia, arte, emozione testo e foto di SIMONE OLGIATI
La più estrosa pratica di allevamento captivo è certamente l’ibridazione: essa è una vera e propria forma d’arte e rappresenta l’espressione concreta del guizzo geniale dell’ibridista. Ogni ibrido è un animale unico ed irripetibile, frutto, in primis, di un lungo lavoro teorico di scelta delle specie genitrici e della relativa realizzazione pratica. Il fine principale dell’ibridismo è la creazione di animali con caratteristiche intermedie tra le due specie genitrici, facendo combaciare ed esaltando dise-
Verdone diluito x fringuella
gni, colori o altre qualità dei genitori; ciò rende più competitivi i soggetti alle mostre, appagando così l’ambizione dell’espositore. Per citare alcuni esempi, l’ibrido Canarino del Mozambico x Verdone dell’Himalaya esprime al meglio i caratteri ereditati da entrambi i genitori: mustacchi, eumelanina nera del capo e scrosciante lipocromo sul petto, oltre a
manifestare un ottimo specchio alare e una silhouette interessante, mentre un Diamante mandarino x Diamante codalunga presenta la forma tondeggiante e il becco rosso corallo comune ai parentali, oltre alla bavetta della madre e ad un accenno di lacrima e guancia provenienti dal padre. Inoltre, può accadere che un ibrido mostri caratteri fenotipici assenti nelle specie genitrici: il caso più emblematico è quello tra Lonchurae. Non è affatto raro che dall’ibridazione tra due soggetti appartenenti a questo
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genere nascano ibridi con disegni assenti nelle specie parentali; l’incrocio tra Donacola testa grigia e Cappuccino becco grosso presenta un fenotipo che ricorda moltissimo la Donacola petto castano, quindi molto distante da quello dei genitori. Un ibridatore, nella scelta dei parentali e nella realizzazione del suo sogno, non è mosso solo dal desiderio di creare qualcosa di bello, magnifico, mozzafiato, ma anche di realizzare qualcosa di unico ed inedito, che nessuno ha mai visto prima. Col progredire delle tecniche e della mangimistica, nonché grazie alla facilità di scambio di esperienze e soggetti che permette la navigazione del Web, le capacità e le conoscenze degli ibridatori sono incrementate notevolmente. Ciò ha consentito di ampliare la rosa degli ibridi realizzati, anche se è ancora possibile essere “pionieri” per alcune specie e combinazioni di mutazioni. Nel calderone degli incroci in attesa di vedere la luce si possono citare, ad esempio, Ciuffolotto codalunga x Trombettiere del Liechtenstein, Cardellino mutato x Peppola, Diamante mandarino x Padda e Diamante di Bichenow x Diamante guttato.
Grazie al Web le capacità e le conoscenze degli ibridatori sono notevolmente incrementate In qualsiasi caso, fare ibridi non è mai semplice ed immediato: le problematiche non sono poche e sempre dietro l’angolo. È quindi necessario prestare attenzione a tutta una serie di particolari riguardanti l’alimentazione, l’alloggiamento, l’affiatamento, la muta, la preparazione alle mostre; tutto ciò incrementa non poco le difficoltà già presenti nella riproduzione in purezza. Nell’assemblaggio della coppia da ibridare è fondamentale la conoscenza del comportamento delle specie parentali e dei singoli soggetti; se i due passano la maggior parte del tempo a litigare o ad ignorarsi, le possibilità di avere prole si riducono al lumicino. Un esempio pratico può essere rappresentato da Verdone x Canarina e Canarino x Verdona: se per la prima coppia può rendersi necessario l’uso del divisorio per evitare danni al nido e/o alla femmina, nel secondo caso
i due possono essere lasciati insieme senza che il maschio disturbi eccessivamente la compagna. In queste circostanze la conoscenza dei caratteri delle due specie è determinante nella scelta delle strategie da impiegare per ottenere ibridi: una Canarina depone più facilmente rispetto ad una Verdona, soprattutto in spazi più angusti, ma la femmina di Serino può essere soggetta all’irruenza e all’estro del maschio indigeno; al contrario, i maschi di Canarino sono più inclini all’avere un carattere mite e un comportamento più equilibrato nei confronti della propria partner. Inoltre, la Verdona può essere più riluttante rispetto alla Canarina a riprodursi con un maschio di specie diversa; ha bisogno di maggiori spazi e di un’alimentazione differente rispetto al Serino domestico. Tutte queste problematiche sono amplificate in coppie ibride più complesse e quindi di maggior difficoltà, come Cardellino x Ciuffolotta ad esempio, incrocio per il quale è d’obbligo l’uso della femmina di phyrrula per la riuscita dell’impresa. Inoltre, ogni specie e ogni soggetto reagisce diversamente allo spazio a disposizione e alla presenza dell’altra specie nello stesso alloggio. Nel caso di Verdone x Fringuella, è consigliabile porre i due in una voliera di buone dimensioni già nel periodo autunnale/invernale in modo tale da consentire un necessario affiatamento tra il maschio e la sua compagna allo scopo creare un forte legame di coppia, oltre ad abituare la Fringuella a conoscere l’ambiente ed il luogo di nidificazione. È d’uopo spendere due righe per l’affiatamento, il cui corretto svolgimento pone le basi per rendere possibile l’incrocio. Questa tecnica consiste nel far convivere le due specie per un certo periodo di tempo in modo tale da abbattere quelle barriere comportamentali e caratteriali che potrebbero impedire l’accoppiamento; per quanto ciò sembrerebbe banale ai più, questa è una delle fasi più delicate dell’ibridazione. Sovente è necessario comporre la coppia molto prima del periodo riproduttivo per garantire un tempo necessario
Coppia di Donacola testa grigia x Cappuccino becco grosso
24 APRILE 2019
Canarino del Mozambico x Verdone dell’Himalaya all. Marco Pagani
ai due partner per “conoscersi” e “innamorarsi”. Se per le specie che si riproducono nella nostra primavera/estate non è sbagliato unire i due nei mesi tra ottobre e dicembre, per i cosiddetti Esotici si può alloggiare la coppia nel periodo primaverile/estivo, per esempio da aprile in poi; in generale un periodo di 5 mesi può essere sufficiente per una coppia per affiatarsi. Questo lasso di tempo è relativo alla coppia ibrida che si va a comporre: se nel caso di Donacola petto castano x Passero del Giappone si possono unire i due partner già a ridosso del periodo riproduttivo, è impensabile applicare lo stesso metodo ad una coppia composta da Peppola e Ciuffolotto messicano. Addentrandoci maggiormente nella realizzazione pratica dell’ibridazione, è altresì importante anche trattare l’incubazione delle uova e ciò che potrebbe accadere durante questo periodo. Se generalmente la durata della cova delle uova ibride è pari a quella delle specie parentali, in media due settimane, può capitare che tale periodo possa allungarsi di qualche giorno; nel caso di Passero del Giappone x Padda ho assistito a schiuse a 21 giorni contro i canonici 18 della specie a cui appartiene la madre. Fenomeni simili li ho osservati anche nel caso di poli-ibridi. Non bisogna dimenticare le eventuali morti embrionali, sempre dietro l’angolo nelle coppie ibride per via dell’appaiamento cromosomico che non sempre, purtroppo, riesce del tutto. Dalla mia esperienza, ho notato che lo sviluppo dello zigote si interrompe spesso intorno al quarto giorno di cova, al decimo giorno oppure appena prima della schiusa. Riguardo ai pulli, essi sono generalmente robusti e di crescita rapida grazie al cosiddetto lussureggiamento ibrido, ovvero la condizione di eterozigosi dovuta al “rimescolamento” genico dei genomi, molto differenti tra loro, ereditati dai genitori. Per lo sviluppo dei giovani appena nati è consigliabile porre i
Per lo sviluppo è consigliabile porre i piccoli ibridi sotto balie fidate
piccoli ibridi sotto balie fidate, sia per avere maggiori garanzie di successo che per far ripartire prima la coppia ibrida. Le classiche madri putative, per i Fringillidi, sono le Canarine e le Ciuffolotte messicane, queste ultime utili soprattutto nel caso dell’allevamento di specie
Peppola x Ciuffolotta messicana
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molto insettivore poiché in grado di nutrirsi di alimenti proteici senza essere troppo schizzinose; utili possono risultare pure femmine ibride come balia, come le classiche Incardellate. Per uno svezzamento più sereno sarebbe consigliabile usare sempre la coppia come balia e non la sola femmina, poiché è sul maschio che ricade la responsabilità delle ultime imbeccate. Ovviamente, per gli Estrildidi sono necessari due soggetti per allevare la prole ibrida; di solito, la specie da balia per eccellenza è il Passero del Giappone, in grado di adattarsi alle più svariate esigenze e situazioni. Essendo comunque una Lonchura, certe specie non troppo affini, come gli Esotici africani, non allevano con la stessa facilità di altre più simili, come i Cappuccini, ma non è comunque un’impresa impossibile. A svezzamento avvenuto, per il quale valgono le stesse accortezze dell’allevamento in purezza, è necessario garan-
26 APRILE 2019
La preparazione alle mostre deve essere molto accurata tire agli ibridi una muta serena e tranquilla, in modo tale da poterli presentare, nel periodo autunnale, alle diverse esposizioni sparse per il Paese. Durante questa fase delicata è consigliabile alloggiare i futuri campioni in gabbie singole o in voliere molto ampie; queste ultime non debbono essere troppo affollate per garantire sì un buon esercizio muscolare, ma evitando al tempo stesso che gli altri suoi eventuali coinquilini possano aggredirli e rovinarne il delicato e prezioso piumaggio.
Diamante Mandarino x Diamante Codalunga, ibrido dorso chiaro portatore di Ino, all. Mario Pagani
Altra tappa fondamentale nella vita dei giovani ibridi è la preparazione alle mostre, la quale deve essere molto accurata soprattutto per quelli che non hanno un carattere particolarmente docile; per questo è necessario un periodo di allenamento in gabbie da esposizione per almeno sei settimane precedenti la mostra. Inoltre, durante questo lasso di tempo è possibile spostare la gabbia che alloggia il nostro futuro campione in diverse zone dell’allevamento per abituarlo al movimento che avverrà durante la fase di giudizio. Questo è solo un piccolo assaggio dell’ibridazione, l’arte dell’ornitocoltura amatoriale che più mi infiamma, appassiona e che mi ha dato le maggiori soddisfazioni durante questi anni di allevamento. Spero vivamente di essere stato d’aiuto per qualche nuovo ibridatore e, perché no, anche d’ispirazione per qualche nuova e ardita combinazione ibrida.
articoli da autori e riviste estere
ORNITOLOGIA INTERNAZIONALE
Il Pívaro di ANTONIO CARLOS LEMO - Giudice C.O.M.-O.M.J. e WLADIMIR SILVA - Giudice F.O.B.-O.B.J.O foto © ANTONIO CARLOS LEMO
Una nuova razza di canarino di Forma e Posizione è stata presentata ai giudici durante il 67° Campionato brasiliano di ornitologia a Itatiba-São Paulo - 2018
All’inizio di questo secolo, nella città di Londrina, stato di Paraná, in Brasile, l’allevatore Marcelo Pívaro, nella ricerca di alternative che migliorassero il ciuffo dei suoi canarini Gloster, mise in pratica accoppiamenti tra due razze distinte, i Gloster e i Crested. Da questo accoppiamento risultarono canarini dalle diverse caratteristiche, cosa naturale a causa della diversità di informazioni contenute nel DNA di questi uccelli, e naturalmente nacquero anche soggetti in cui il miglioramento desiderato del ciuffo venne confermato. Questi canarini che hanno presentato caratteristiche interrazziali, sono stati utilizzati per continuare il lavoro degli incroci negli anni seguenti; ciò ha permesso di fissare diverse peculiarità, anche se non è stata questa la ragione principale del lavoro svolto dall’allevatore. Nel 2008, durante una visita all’allevatore Marcelo, i suoi amici Claudionor Bigattão e Ayr Gadret videro qualcosa di diverso in alcuni canarini presenti in allevamento, con caratteristiche diverse dagli standard ufficiali della COM. Sulla base di questo risultato, suggerirono all’allevatore di iniziare un lavoro incentrato sulla selezione e la fissazione di queste caratteristiche, al fine di ottenere ciò che chiamarono un mini Crested. Nacque lì il progetto per lo sviluppo della nuova razza Pívaro. Nel luglio 2018, durante il 67° Campionato brasiliano di ornitologia a Itatiba-São Paulo, è iniziata ufficialmente la prima valutazione tecnica per il riconoscimento della razza della sezione “Forma e Posizione” chiamata “Pívaro”. Cinque giudici FOB / OBJO e anche un giudice argentino hanno partecipato alla valutazione. Nel loro primo processo, i canarini presentati hanno ottenuto una media finale di 88 punti, risultando entro il punteggio minimo richiesto e ottenendo così il primo passaggio ufficiale dei tre obbligatori.
Canarino Pívaro
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Il Pívaro ideale Idealmente il Pivaro dovrebbe avere un ciuffo circolare con un diametro di almeno 3 cm, con piume lunghe e abbondanti irradiate da un punto centrale che copre completamente il becco e gli occhi, senza difetti e perfettamente aderente alla nuca. Negli uccelli senza ciuffo, la testa dovrebbe essere larga con la fronte piatta, quasi a 90° vedendola dall’alto, sopracciglia molto grandi e ben definite che cadono sugli occhi. La dimensione ideale è 14,5 cm. La forma è allungata, collo corto, largo e non prominente. Il torace è largo, rotondo e pieno, senza prominenze, la parte dorsale è ampia e quasi piatta. La posizione è di 60° in orizzontale e può raggiungere i 70° nei soggetti ciuffati. Il suo piumaggio è abbondante, setoso e aderente al petto e alla schiena, ma denso e poco allentato nei fianchi. La coda è proporzionale al corpo e chiusa, le sue zampe sono corte e con le cosce coperte. Gli uccelli con piume di gallo alla base della coda e piccole piume sulla nuca dovrebbero comunque essere più apprezzati. Sono ammessi soggetti colorati con usuali coloranti (fattore rosso).
Dettagli del ciuffo con i capellini
Testa liscia fronte piatta
Standard Ciuffo, testa, sopracciglia, becco e collo
Ciuffo: grande almeno 3 cm di diametro, perfettamente rotondo con un punto centrale, da cui irradiano simmetricamente lunghe, ampie, setose e abbondanti piume che coprono gli occhi e il becco, perfetta30 Punti mente aderenti alla nuca. Testa: grande e larga con fronte piatta, quasi a 90° dall'alto, con becco proporzionale. Sopracciglia: grandi ben definite che cadono sugli occhi. Collo: corto e spesso
Taglia
Lunghezza tra 14 e 15 cm. L'ideale è 14,5 cm, ben proporzionato
Corpo e Forma
Petto molto largo, rotondo e pieno, senza arricciature. Schiena ampia e quasi piatta con le Ali lunghe, 20 Punti uniformi, ben aderenti al corpo
Piumaggio e Colore
Nessun fregio, setoso, brillante, abbondante e lungo, aderente al corpo, tranne sui fianchi. Piccole piume 15 Punti nella regione della nuca saranno apprezzate. Tutti i colori sono ammessi, incluso il fattore rosso.
Posizione
60° in orizzontale, fino a 70° negli uccelli con ciuffo.
5 Punti
Coda e Arti inferiori
Coda allineata sul retro, chiusa, proporzionale. Gli uccelli con piume di gallo saranno più apprezzati. Gambe leggermente flesse con cosce coperte, stinchi corti.
5 Punti
Benessere generale
Stato di salute buono, vivace, curato igienicamente
5 Punti
Gabbia chiusa con due posatoi distanti 12 cm, di sezione tonda e diametro di 12 mm. - Anello 3,2mm
28 APRILE 2019
20 Punti
PĂvaro
Disegno Standard del PĂvaro
testa liscia e fronte piatta
Dettaglio del ciuffo
Fuori concorso - Uccelli di dimensioni superiori a 16 cm o di dimensioni inferiori a 14 cm; - Uccelli con ciuffo difettoso, aperto frontalmente, incompleto o rialzato sulla nuca che presenta una zona calva; - Uccelli con ciuffo il cui punto centrale è di area superiore a 2 mm di diametro; - Ciuffo con una forma diversa da quella raccomandata per la razza; - Uccelli con forma diversa dalla quella raccomandata per la razza.
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CANARINI DA CANTO
Il Malinois delle meraviglie di FRANCESCO DI GIORGIO, foto GIANLUCA MARSON
Per poter selezionare dei buoni cantori, il canaricoltore deve conoscere bene le norme selettive d’allevamento e le caratteristiche canore della razza. Le osservazioni fatte in proposito inducono a pensare che sulla validità canora di un soggetto l’ereditarietà influisca nella misura del 60%, l’addestramento nella misura del 25% e l’attività ormonale nella misura del 15%. Un uccello ha una gamma di note delimitata dalla conformazione del suo apparato vocale ma entro questi limiti
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il canto può essere modificato per imitazione di altri suoni. Inoltre, il canto è condizionato dallo stato fisico e da eccitazioni varie. I caratteri ereditari del canto si trasmettono secondo le leggi di Mendel, l’ereditarietà essendo limitata alla struttura dell’apparato vocale propriamente detto. Nel combinare gli accoppiamenti dei cantori, valgono in linea generale le stesse norme che presiedono alla scelta dei riproduttori aventi altre
caratteristiche suscettibili di trasmissione ereditaria. L’attività ormonale influenza le contrazioni delle membrane vibratorie e, quindi, il canto; anche le ghiandole sessuali con l’azione degli ormoni emessi esercitano un’influenza. Il sole e la vitamina A favoriscono produzioni ghiandolari endocrine a influsso positivo sull’apparato canoro, rendendo più rapide le vibrazioni delle apposite membrane; inversamente il freddo, l’oscurità e il processo di muta
del piumaggio neutralizzano tali secreti ghiandolari, determinando la qualità del canto o provocandone la sospensione. Ancora: nel volatile sottoposto ad eccesso di fatica risulta alterato il funzionamento del sistema ghiandolare, con ripercussioni negative sulle doti canore. Anche un eccesso di attività dei muscoli delle membrane vibratorie risulta deleterio perché impedisce alcune contrazioni, pregiudicando così l’estensione e la qualità del fraseggio. Se la riproduzione dei Malinois Waterslager non differisce da quella degli altri canarini, diverso è il trattamento da riservare ai giovani maschi, i quali vanno addestrati al canto con un lavoro paziente che esige notevoli doti di esperienza congiunte a sensibilità musicale, mancando la quale non è il caso di dedicarsi all’allevamento di questi volatili. Dopo una certa permanenza in voliera, i giovani maschi vanno alloggiati in appositi “armadi – scuola” dove possono raggiungere la propria maturità canora con l’aiuto di un maestro, costituito da un maschio adulto eccellente canoro oppure, come ripiego, da apposita registrazione meccanica; il miglior maestro resta sempre però un maschio adulto eccellente cantore. L’allevatore deve cercare di raggruppare i cantori con caratteristiche affini, scartare i soggetti che risultano irrimediabilmente afflitti da difetti canori e preparare adeguatamente i soggetti destinati a partecipare ai concorsi. Si deve tendere all’ottenimento di canarini armoniosi, che cantino in una qualsiasi ora della giornata non appena esposti in piena luce, sia naturale che artificiale, anche alla presenza di persone estranee, e che raggiungano e mantengano la piena forma per il periodo della gara. Per effettuare un allevamento selezionato, il canaricoltore deve approfondire le proprie conoscenze con la lettura di testi specializzati, con l’ascolto di registrazioni del canto e visitando buoni allevamenti, possibilmente giovandosi anche della consulenza di un allevatore esperto.
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O rniFlash I movimenti di alcuni gruppi di animali possono sembrare una coreografia di danza: le evoluzioni in volo di determinate specie di uccelli e negli sciami degli insetti, in acqua per i pesci e alcuni cetacei, la sincronizzazione del movimento di branchi di zebre, bufali o animali domestici quali le pecore. Si tratta di quelli che vengono definiti “comportamenti collettivi”, comportamenti sociali con più di un interattore, nei quali i singoli individui si uniscono per aggregazione non casuale e compiono movimenti coordinati anche molto complessi. In termini di strategie anti-predatorie, il raggruppamento degli animali presenta diversi vantaggi. «Innanzitutto per ragioni prettamente statistiche, perché nel gruppo diminuisce per i singoli la probabilità di essere catturati e l’area sulla quale possono essere attaccati», spiega a OggiScienza Claudio Carere, biologo del comportamento all’Università della Tuscia e autore di uno studio condotto con colleghi olandesi dell’Università di Groninga sui comportamenti di fuga collettivi nello storno (Sturnus vulgaris), un passeriforme molto diffuso in Italia. Analizzando gli schemi di fuga che un gruppo di storni può esibire in presenza di un falco, Carere e i suoi colleghi hanno così identificato sei modelli di comportamento collettivo in risposta alla predazione, il più frequente dei quali è il blackening, o l’addensamento dello stormo. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che il pattern di comportamento collettivo esibito è strettamente dipendente dall’intensità della minaccia: in assenza del falco, gli storni mantengono distanze ampie l’uno dall’altro; se il predatore è nei dintorni o li sta seguendo, tenderanno a raggrupparsi (blackening) o a fare le “onde di terrore”, il cosiddetto wave event, nel quale bande più dense si propagano lungo lo stormo con un meccanismo che probabilmente implica rapidi movimenti a zig-zag dei singoli individui. Infine, durante l’attacco vero e proprio, lo stormo va incontro alla flash expansion: gli individui si allontanano radialmente l’uno dall’altro, poi fanno movimenti di split formando piccoli gruppi. Fonte: https://oggiscienza.it/2019/04/26/movimenti-collettivi-animali/ Foto: Claudio Carere e Francesca Zoratto
Un gufo alleva un anatroccolo dopo aver scambiato quell’uovo per il suo È la strana amicizia che ha immortalato Laurie Wolf, una fotografa amatoriale della Florida, nel giardino di casa sua. «Ho avvistato questo insolito duo in una casetta per gli uccelli nella mia proprietà racconta -. Stavano insieme e a me è sembrato incredibile». Laurie Wolf era preoccupata per la salute dell’uccellino e così ha contattato un esperto. «Un rifugio locale mi ha detto che si sarebbero presi cura dell’anatroccolo se io fossi riuscita a prenderlo - continua -. Ma poco prima che riuscissi a farlo, il piccolo era volato verso uno stagno lì vicino». Poco dopo, nella casetta per gli uccelli c’era soltanto l’anatroccolo: «era da solo e chiamava i suoi genitori», racconta la donna. Un po’ di tempo dopo i due animali erano di nuovo insieme nel loro «rifugio». Ma come è possibile che un gufo si prenda cura di un anatroccolo? «Forse c’è stato uno scambio di uova. Qualche settimana fa nei paraggi è stata vista una femmina di anatra, che poi è volata via verso il bosco. Il gufo avrà covato e fatto schiudere l’uovo. Fonte: https://www.lastampa.it/2019/04/21/societa/un-gufo-alleva-un-anatroccolo-dopo-averscambiato-quelluovo-per-il-suo-A8V6Xt9j6pboyOyBPK59BM/pagina.html Foto: Laurie Wolf
News al volo dal web e non solo
Movimenti collettivi, la perfetta coordinazione degli animali
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O rniFlash News al volo dal web e non solo
Volatili a rischio estinzione, cause e responsabilità
34 APRILE 2019
Almeno il 40% delle specie di uccelli in tutto il mondo sono in declino. In gran parte per cause riconducibili all’attività umana. Una su otto è a rischio di estinzione, tra cui anche creature un tempo molto diffuse come pulcinelle di mare, gufi delle nevi e tortore. Il 75% degli uccelli in pericolo sono minacciati innanzitutto dall’agricoltura, secondo The State of the World’s Bird, un report realizzato ogni cinque anni che studia i cambiamenti nella popolazione di gruppi di animali. Jonathan Franzen, uno tra i più popolari scrittori a livello internazionale e anche uno dei più famosi birdwatcher al mondo, individua tra le cause di pericolo per i volatili i gatti randagi e i topi, che uccidono e feriscono centinaia di milioni di esemplari ogni anno negli Stati Uniti. Una battaglia che gli ha causato molte critiche e un grande dissenso. Ma non tutto è perso. Birdlife, per esempio, racconta la storia di 25 specie di uccelli estinti in natura, ma salvati con successo attraverso la riproduzione in cattività. Il biologo Carl Jones a Mauritius – patria dell’estinto dodo – è riuscito a salvare numerose specie tra cui l’ultimo rapace rimasto sull’isola, il gheppio. Jones, anche lui molto contestato, sostiene che troppe famiglie di animali sono state studiate fino all’estinzione senza fare nulla e racconta del lavoro fatto per “coccolare” le varietà in pericolo, di incoraggiamenti alla riproduzione e di politiche per il controllo dei predatori. Fonte: https://www.digitalic.it/magazine/volatili-a-rischio-estinzione-cause-e-responsabilita
Ibis sacro in Lombardia Mentre passeggiavo nella campagna del mio paese in provincia di Cremona, mi sono imbattuta in un gruppo di Ibis sacro che era posato su di una concimaia. Di primo acchito sono rimasta stupita, era una vista non attesa ed anche suggestionata. Spesso i luoghi ricchi di stallatico sono frequentati dagli Aironi guarda buoi, per via del cibo che vi si può trovare, presumo lombrichi ed altro. Il mio pensiero è andato all’Egitto, ove questo animale era venerato come sacro, simbolo del Dio Tot, da cui il nome. Mi trovavo di fronte ad una scena che sembrava collegare la campagna lombarda all’Egitto. Superato il primo momento di suggestione ho fatto però pensieri ben diversi; infatti l’Ibis è un alloctono invasivo. Non è presente in Italia per ragioni naturali, ma perché è stato importato come animale ornamentale e, successivamente, alcuni individui sono fuggiti o sono stati liberati, riuscendo ad adattarsi al nostro ambiente. Si direbbe quasi che le specie più dannose, per la nostra ecologia, siano quelle che più facilmente riescono ad adattarsi. In effetti l’Ibis è molto dannoso, poiché mangia un po’ di tutto a livello di animaletti e preda attivamente anche i nidi di uova e piccoli, specialmente delle specie legate all’acqua. Risulta altamente concorrente (e con successo) con diverse nostre specie indigene, come: Garzette, Aironi guardabuoi ed altre. Ecologia a parte, questi esotici bianchi e neri sono suggestivi e suggeriscono pensieri non tutti negativi, anzi inizialmente buoni e impregnati di ricordi scolastici, ma bisogna saper andare oltre. Penso che, anche a livello legislativo e regolamentare, ma soprattutto attuativo, bisognerebbe intervenire efficacemente in questi casi, per porre rimedio a situazioni come questa. Fonte: Maria Carla Bianchi (F.O.I.)
ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
Gli ibridi del genere Chloris di PIERCARLO ROSSI, foto P. ROSSI, F. GIACALONE e F. CIPRÌ
Grazie alla mutazione diluito di natura dominante, è possibile ottenere soggetti mutati di sesso maschile già in prima generazione
Canarino solforato x Verdone, all. E. Parise, autore P. Rossi
Questo genere, negli ultimi tempi sdoganato dal genere Carduelis, ha sicuramente colori meno appariscenti rispetto ad altri fringillidi ma gli ibridi prodotti, a cui il parentale indigeno trasmetterà i colori ed i disegni, oltre alla forma possente ed al becco, sono comunque interessanti. Grazie alle mutazioni apparse negli anni, le combinazioni ibride sono molteplici e ci danno la possibilità di ammirare soggetti molto interessanti; tra questi, sicuramente, i migliori risultano quelli in cui è possibile ancora ammirare i disegni caratteristici della specie. Le più indicate sono la Bruno, l’Agata, l’Isabella, la Pastello, e la Diluito, un po’ meno la Satiné e la Lutino; tra le due comunque è da preferire la prima, in quanto, non riducendo completamente la EU bruna, lascia intravvedere un residuo del disegno. Grazie alla mutazione diluito di natura dominante, è possibile ottenere soggetti mutati di sesso maschile già in prima generazione. Le femmine di Verdone accettano di buon grado i maschi di qualsiasi altra specie, deponendo con una certa facilità anche in gabbia, purché di dimensioni adeguate. Grazie alle importazioni copiose di un tempo, abbiamo potuto ammirare altri tre rappresentanti di questo genere provenienti dal continente Asiatico: il V. di Cina, il V. Testa nera e sicuramente il più interessante, per quanto riguarda i colori ed i disegni, il V. dell’Himalaya. Gli ibridi creati con i primi due rappresentanti risultano “comuni”, mentre quelli ottenuti con l’Himalaya sono dei veri e propri capolavori espositivi, grazie alle cromie trasmesse da quest’ultimo. Questi ibridi verranno trattati in un articolo futuro, ma ora andiamo ad analizzare gli ibridi prodotti dal Verdone europeo, iniziando dal più classico.
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Verdone Isabella x Ciuffolotto, autore F. Giacalone
Verdone x Canarino Insieme all’ibrido con il cardellino, è sicuramente uno dei primi ibridi più tentati da chi si affaccia per la prima volta a questo splendido mondo. Rispetto ad altri componenti dell’ex genere Carduelis, l’affinità non è così elevata, come succede invece con altre specie, come il Fanello, in cui il numero di uova fecondate e di piccoli svezzati, per ogni covata, è cospicuo. Per quanto riguarda l’ibrido in questione, si può avere un numero elevato di uova fecondate, ma non tutte giungono, solitamente, a completo sviluppo; lo dimostra il fatto che, nelle mostre, di stamm di ibridi con il Verdone se ne vedono relativamente pochi. Prima dell’avvento delle mutazioni, i soggetti presenti in mostra erano di colore prevalentemente verde con un aspetto fiero, dove i colori dell’indigeno ed i disegni tipici del parentale serinus si fondevano tra loro, dando
Verdone x Ciuffolotto, autore F. Giacalone
36 APRILE 2019
Prima dell’avvento delle mutazioni, i soggetti presenti in mostra erano di colore prevalentemente verde
vita ad un soggetto che potremmo definire comune, spesso pezzati. Col passare degli anni, le canarine usate in tale ibridazione incomincia-
rono ad essere “studiate a tavolino”, non più quelle rimaste inutilizzate in allevamento; questo ci ha permesso di ammirare soggetti sempre più interessanti. I più audaci, usando la femmina indigena, univano a questa Canarini pastello, isabella e satiné, dando vita ai primi soggetti mutati, di sesso femminile, con calde tinte pastello che si aggiudicavano quasi sempre il premio d’onore. Molto interessanti risultarono anche i soggetti ardesia, ottenuti grazie alle Canarine Nero-Bianco dominante Ma la vera svolta arrivò con le prime mutazioni; infatti, anno dopo anno, il numero dei soggetti mutati presenti in mostra aumentò, consentendoci di ammirare soggetti di sesso maschile veramente interessanti. Tra questi, come non ricordare uno stupendo maschio Agata del collega Antonio Ranghetti: questo soggetto, rispetto a quelli ottenuti solitamente che si presentano con un classico disegno mosaico, aveva un colore giallo intenso che ricordava i canarini agata a fattore giallo, con una tinta uniforme, un disegno dorsale molto marcato ed il colore delle remiganti tendente al nero veramente notevole. Se non ricordo male, il buon Antonio, per ottenere questa meraviglia, aveva usato una femmina di Verdone agata ed un maschio Canarino interessato dalla stessa mutazione. Descrivendo questo ibrido, oltre alle caratteristiche già elencate in precedenza, è possibile notare un disegno facciale, in alcuni soggetti maggiormente marcato rispetto ad altri (questo lo si nota soprattutto nei soggetti nero-bruni) ed il disegno del dorso; sulle ali e sulle timoniere caudali di colore scuro, è sempre presente la bardatura gialla, mentre sulle remiganti secondarie è possibile ammirare una bordatura grigio cenere tipica del parentale indigeno. Lucherino x Verdone Ibrido ottenuto tra due degli indigeni maggiormente allevati ma, a disca-
pito di quanto si può pensare, di non facile realizzazione. A conferma di quanto scritto, il grande ibridologo Lino Clerici dovette perseverare, anno dopo anno, prima di riuscire ad ottenere un soggetto mutato bruno. A mio modesto parere, i soggetti migliori rimangono quelli ancestrali, in cui è possibile ammirare la perfetta fusione dei colori e dei disegni dei due parentali. Questi soggetti presentano una forma tozza dove il verde risulta predominante, arrivando anche ad inquinare il giallo del petto. Sulla testa è presente la calottina nera del lucherino, che donerà al soggetto anche i fianchi con un disegno appena accennato, il ciliare giallo ed il nero della punta del becco. Le ali e la coda sono nere con una piccola barratura gialla; anche in questo soggetto, sulle remiganti secondarie possiamo ammirare il disegno grigio cenere tipico del Verdone. Verdone x Ciuffolotto In quest’ibrido noteremo un aspetto superbo robusto e tondeggiante, forme donate dalla femmina Ciuffolotta; anche se creato tra due soggetti di diverso colore, il risultato “non colorato” è veramente interessante. Quest’ibrido è molto ricercato, ed ambito, soprattutto nei paesi anglosassoni. Il soggetto presenta tinte giallo molto cariche tendenti all’arancione; è presente la tipica calottina nera del ciuffolotto, attraversata da un ciliare appena marcato, la mascherina nera alla base del becco attraversa l’occhio. Il colore del dorso è grigio ardesia, ben visibile alla base del collo, con leggere sfumature verdastre, le remiganti sono nere, così come la coda, le barrature alari risultano appena percettibili. In questi soggetti potremo notare la fierezza del Verdone con le forme tondeggianti del Ciuffolotto. Interessanti i soggetti di sesso femminile mutati.
Gli ibridi con i Canarini africani Grazie ai numerosi rappresentanti del genere Serinus/Crithagra, con tinte molto simili a quelle del Verdone, gli ibridi da subito sono risultati molto apprezzati in ambito espositivo. Uno dei primi fu sicuramente quello con il Canarino del Mozambico che, grazie ai disegni molto marcati di quest’ultimo, lo rendono un soggetto interessante, anche se a mio modesto parere meno bello di quelli prodotti con altri canarini africani. In questi soggetti è ben visibile il disegno facciale del Mozambico, anche se la forma, e soprattutto il becco, ricordano inequivocabilmente il Verdone. Il colore del petto non è mai completamente giallo, ma risulta essere sempre leggermente infiltrato di verde. Il dorso
L’ibrido di Verdone x Ciuffolotto è molto ricercato soprattutto nei paesi anglosassoni
è marroncino con ali e coda nere. Sulla testa i disegni del Mozambico sono evidentissimi, i ciliari gialli molto marcati ed uniti sulla fronte, ed i mustacchi ci fanno intravvedere in piccolo il Canarino africano. Analizzando quello con il ventre giallo, a mio modesto parere il più bello, noteremo che il disegno della testa è sicuramente meno marcato rispetto a quello poc’anzi descritto ma la fusione dei due disegni facciali, con dominanza del Crithagra africano, lo rendono un animale molto gradevole; il becco rimane imponente e, nei soggetti di sesso maschile, il giallo sul petto risulta essere minimamente infiltrato di verde. Inoltre, sulle remiganti sono sempre presenti le lunette grigiastre tipiche del Verdone. Il disegno dorsale è appena visibile. In questo ibrido, anche i soggetti di sesso femminile sono molto interessanti in quanto, sebbene con colori sicuramente più modesti, presentano il tipico disegno facciale, che in questi soggetti è bianco. Il dorso brunastro che stacca nettamente dal grigio della nuca ed il codione di
Lucherino testa nera x Verdone, autore F. Ciprì
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un giallo acceso, danno vita ad un soggetto in grado, sicuramente, di primeggiare nelle categorie dedicate agli ibridi femmina. Anche i soggetti mutati hanno il loro perché; interessanti quelli Agata, anche se la mutazione agisce in modo deciso e ci permette di apprezzare in maniera minore i contrasti cromatici. Quello con il Canarino Solforato, grazie anche alla struttura di quest’ultimo, si presenta come un soggetto tozzo, dove i disegni di entrambi i parentali, sulla testa danno vita alla massima espressione cromatica. Il ciliare sfumato ma ben evidente ed il mustacchio scuro sono sicuramente due punti forti di questo splendido ibrido. La gola è gialla e ricorda il Solforato, mentre il giallo del petto è appena percettibile, fortemente infiltrato di verde; stesso discorso dei soggetti precedenti per quanto riguarda ali e coda. Parlando di questo ibrido, come non ricordare lo splendido esemplare di sesso maschile prodotto da Mauro Bagiolo, o la sorella satiné, oppure il fantastico stamm di Ezio Parise (un soggetto è ammirabile nelle foto allegate) pluripremiato. Degni di menzione quelli con il cantore d’Africa, in cui le tinte “grigie” di quest’ultimo la fanno da padrone, dando vita ad un soggetto fondamentalmente ardesia in cui i disegni della testa sono comunque ben evidenti, come nei soggetti appena descritti. L’amico Domenico Cautillo è riuscito a realizzare quello con il Crithagra striolatus; in questo soggetto, il canarino africano domina fortemente, inibendo quasi totalmente il parentale indigeno. In quello con il Crithagra flavivertex di Gregorio Bartolone, i colori dei due parentali si fondono in maniera perfetta e danno vita, soprattutto sulla testa, ad una cromia particolare; sicuramente uno dei più belli, per quanto riguarda il genere Chloris, ammirati negli ultimi anni. In questo soggetto il Verdone è ben visibile, come sempre, ad un becco possente ed al colore delle remiganti, oltre alla forma tozza. Il blocco delle importazioni ha limitato di molto la possibilità di ammirare ibridi inediti, ma le combinazioni ibride rimangono ancora molte.
38 APRILE 2019
Gli ibridi con i Lucherini del sud America Gli Spinus del continente sudamericano hanno sempre fornito una buona “base ibridologica”; il principe è sicuramente il Negrito della Bolivia, ma altri Lucherini, come il Cardinalino ed il Lucherino testa Nera, sicuramente tra le specie maggiormente allevate, possono sicuramente dire la loro. Andando per ordine, ed analizzando quello con il testa Nera, noteremo che il cappuccio risulta quasi sempre incompleto - prassi ormai comune in moltissimi ibridi con il testa Nera; a mio modesto parere, il tutto è dovuto al fatto che i soggetti non sono più puri al 100%. Questo è accaduto da quando in questo robusto Spinus sono state introdotte le mutazioni traslate da altri Spinus. Ciò ci permette di intravvedere i ciliari del Verdone, oltre all’inconfondibile becco. Il petto risulta di un bel giallo leggermente infiltrato, il dorso è brunastro, mentre le ali e la coda sono nere con il tipico disegno del parentale indigeno; è presente inoltre una barratura alare gialla, ben evidente. Quando il cappuccio si manifesta in maniera molto evidente, ci permette di ammirare un soggetto strepitoso, come quello nella foto allegata di Franco Ciprì.
Canarino x Verdone, autore F. Rossi
Intriganti potrebbero essere le combinazioni con un parentale interessato dalla mutazione diluito. Molto simile l’ibrido ottenuto con il Lucherino petto nero. Quello con il Negrito della Bolivia ha un cappuccio nero molto segnato, il becco possente del Verdone, con il resto del piumaggio che ricorda quello appena descritto del L. T. N., anche se il colore del petto non raggiunge mai la stessa intensità di giallo, ma rimane sempre un po’ velato. Utilizzando la femmina di Verdone le forme rimangono più arrotondate. Il soggetto ottenuto dall’incrocio con il Lucherino barbato risulta decisamente inferiore a quello realizzato con il Lucherino europeo, anche perché il L. barbato non trasmette mai né il pizzetto, né la calottina alla prole, quindi i soggetti, anche di sesso maschile, assomigliano molto alla femmina dello Spinus sudamericano e rimangono modesti. In ultimo vorrei trattare quello con il Cardinalino del Venezuela, ibridazione sicuramente non “perfetta” in quanto frutto di un incrocio tra un soggetto a fattore rosso ed uno a fattore giallo; il risultato è un soggetto con dimensioni medie in cui noteremo subito il cappuccio, anche qui incompleto, ed il becco del Chloris. Il resto del piumaggio, come colori e disegni, ricorda quello con il testa Nera. Se colorato, come quello nella foto allegata, risulta accattivante. Vorrei ricordare, inoltre, quello realizzato con il Ciuffolotto delle Pinete (specie per il momento poco utilizzata in ibridazione) da Paolino Archetti. Molti altri sono gli ibridi che è possibile ammirare con il Verdone, come quello con il Cardellino ed il Fanello che tratterò in un articolo successivo, senza dimenticare la grande affinità con il Fringuello. Le varie mutazioni ci permetteranno di ammirare ibridi sempre nuovi e, fantasticando con la mente, sicuramente quello con il Frosone e la Peppola, ibridazione realizzata una sola volta dal maestro Lino Clerici; sono quelli più attesi, non ci resta che aspettare ed incrociare le dita.
ALIMENTAZIONE
I Cinorrodi
L’orto-ornitofilo
testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI
“Falsi frutti” della rosa selvatica: un pieno di vitamina C «In inverno, sul grigiore dei rosai selvatici brillavano i penduli frutti rossi tra un incessante via vai di merli e cinciallegre così petulanti». HUGH JOHNSON
Premessa È un lunedì pomeriggio di gennaio soleggiato e con temperatura mite: non si direbbe che siamo in pieno inverno! Seduto in macchina, il display segna una temperatura di 16°, mentre aspetto mio nipote Niccolò alla fermata del pulmino. “Con questo sole, - mi dico - porto Nico al parco di Vismara, così lui scorrazza un po’ ed io raccolgo, se ci sono, le bacche di rosa selvatica, nei cespugli che in primavera erano pieni di fiorellini bianchi e rosati, così le aggiungo a quelle che ho raccolto ieri, nel mio giardino, con le quali riesco a fare a malapena un barattolino di marmellata!” Sono le 16:15, il rumore del pulmino mi avverte che è in arrivo, scendo dalla macchina e vado alla fermata. Niccolò, che frequenta la prima elementare a tempo pieno, è subito pronto ad abbracciarmi! - “Oggi, Nico, ti porto al parco!” - “Ma… nonno, non dobbiamo andare a pallacanestro? - “No… Oggi è lunedì. Domani è il giorno di basket! C’è il sole, non è freddo e poi… il nonno deve raccogliere delle bacche! “Saliamo in macchina e si va. Dopo qualche minuto di silenzio: - “Nonno cosa sono le bacche? - “Sono i frutti di alcune piante… speriamo che ci siano nei cespugli di rose selvatiche che abbiamo ammirato in primavera lungo la siepe, nel percorso
Cinorrodi in primo piano nel giardino dell’autore
pedonale, che fiancheggia la ferrovia”. - “Posso aiutarti anch’io a raccoglierli?” – - “Va bene… però… ci sono molte spine e dobbiamo stare attenti a non graffiarci”! -
Scesi dalla macchina, Niccolò corre subito verso il parco, mentre io prendo dal bagagliaio l’attrezzatura necessaria per la raccolta, che porto sempre con me per qualsiasi evenienza. Munito di guanti, cestino e ferro con gancio mi avvio, mentre Niccolò, attraversato il ponticello di legno che supera un piccolo rivolo
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d’acqua, è già sul prato che tira calci ad un pallone abbandonato. Una signora richiama il suo pastore tedesco che si era messo a rincorrere il pallone calciato da Niccolò ed io, giunto vicino ai cespugli chiamo il nipotino: - “Nico, dai, torna su, i cespugli sono pieni di bacche! La raccolta è fruttuosa e, non senza qualche graffietto, riempiamo un cestino di cinorrodi. Durante la raccolta soddisfo le curiosità di Niccolò dicendogli che, con tutti quei “frutti” che sono ricchi di molte proprietà utili per il nostro organismo, farò, aiutato da nonna Angela, un’ottima marmellata, tisane ed infusi, che hanno un profumo ed un gusto molto particolare. Si torna a casa e, saliti in macchina, gli racconto sempre qualche storiella o leggenda. - “Oggi, Nico, visto che sei stato bravo ad aiutarmi nel raccogliere le bacche, ti racconto la leggenda della nascita del cespuglio delle rose selvatiche. Bacco, dio del vino, un personaggio ubriacone e dall’aspetto un po’ bruttino, si innamorò di una fanciulla e cercò più volte di conquistarla. Lei non lo voleva; alla sua presenza si nascondeva impaurita e fuggiva sempre quando cercava di avvicinarla. Un giorno, le apparve all’improvviso… e mentre cercava di conquistarla, fuggì terrorizzata. Correndo, inciampò in
La rosa canina è una pianta antichissima; sono stati trovati reperti fossili risalenti a quattro milioni di anni fa un cespuglio, provò più volte a rialzarsi ma Bacco la raggiunse… Soddisfatto e trionfante per la conquista, Bacco si rivolse al cespuglio, lo ringraziò per aver fatto cadere la fanciulla e, con i suoi poteri, lo trasformò in un tripudio di rose, pieno di splendidi fiori di un bellissimo e delicato color rosato, come le guance della sua ninfa…”Guardo nello specchietto retrovisore… Nico si è addormentato! Interrompo il racconto ed il pensiero va al lavoro che l’indomani dovrò fare per “sistemare” un paio di chilogrammi di cinorrodi… Però, mi dico, la fatica sarà ricompensata dal piacere di gustarmi per colazione qualche vasetto di marmellata e dal profumo e sapore di qualche tisana che farò “assaggiare” anche ai canarini. Ho premesso quanto sopra perché la raccolta dei cinorrodi mi ha dato l’input per descrivere le caratteristiche e le proprietà di questa pianta, nota fin dall’antichità ed oggi molto usata in fitoterapia, erboristeria e non solo.
Dati botanici Regno : Plantae Classe: Magnoliophsida Sottoclasse: Rosidae Ordine: Rosales Famiglia: Rosaceae Sottofamiglia: Rosoideae Genere: Rosa Specie: Rosa Canina La rosa canina è un arbusto legnoso che generalmente non supera i tre metri d’altezza. È una pianta spontanea che troviamo nella macchie, nei boschi, nei sentieri ed è diffusa in tutta Europa. I suoi fusti arcuati e pendenti sono ricoperti da foglie caduche ovali od ellittiche, ognuna composta generalmente da cinque o sette foglioline, il cui bordo risulta irregolare e dentato. I rami sono provvisti di spine a base larga molto acute e robuste. I fiori singoli o raggruppati a tre sbocciano in primavera, decorando la pianta di piccole macchie bianche o rosa pallido, emanano un lieve profumo e sono molto bottinati dalle api. I frutti o bacche di rosa canina (precisamente “falsi frutti” chiamati cinorrodi, dal greco kyon “cane” e rodon “rosa”) sono a forma ovale allungata, lucidi, carnosi, avvolti da sepali pelosi che dal verde tenue passano al gialloarancio, per poi diventare di un bellissimo rosso scarlatto a maturazione raggiunta, che avviene nel tardo autunno. I cinorrodi sono commestibili a maturazione avvenuta, liberati dei molti semini e dei peli irritanti; hanno un sapore asprigno. Sono anche graditi a molta fauna autoctona. Merli, cinciallegre, fringuelli, frosoni, verdoni ed anche alcuni mammiferi fra cui lepre, riccio ed istrice vi trovano rifugio e nutrizione nei mesi freddi e rigidi invernali. La Rosa canina è sempre stata usata come porta innesto per tutte le altre specie di rose coltivate. Si adatta a qualsiasi terreno, ma predilige aree con terreni limosi, profondi e ben soleggiati. Si riproduce per seme o per talea.
Cinorrodi pronti per la lavorazione
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Questa pianta deve l’appellativo botanico “canina” a Plinio il Vecchio, che racconta di un soldato romano, morso da un cane, che fu guarito dalla rabbia grazie ad un decotto ricavato delle radici della rosa. Infatti, le spine dell’arbusto, secondo la Teoria delle Segnature (già nota da Ippocrate e Galeno) erano paragonate alle zanne affilate dei cani; pertanto stabilire una connessione tra i morsi di un cane ed il graffio dato dalle spine della pianta è stato semplicissimo.
Secondo tale teoria, le malattie di una qualsiasi parte del corpo potevano essere curate con una pianta che di quella parte riproponeva la forma. La farmacologia successivamente ha escluso la connessione fra la Rosa e la rabbia. Nel Medio Evo troviamo erbari medici con la descrizione di vari rimedi naturali a base di rosa canina, per lo più tisane e sciroppi per problemi alle vie respiratorie, ma anche marmellate e dolci in cui venivano usati i cinorrodi.
Valori Nutrizionali Medi per 100 gr. di cinorrodi Fonte: http// Erbe Officinali.altervista.org/category/erbe-medicinali
Cionorridi con semini
Cenni storici La rosa canina è una pianta antichissima; reperti fossili di questo fiore sono stati ritrovati nel Colorado e nell´Oregon risalenti a quattro milioni di anni fa. Una pianta quindi molto resistente, sopravissuta per secoli e secoli, differenziandosi in varie specie. Era altresì nota non solo per la bellezza e delicatezza dei suoi fiori, ma anche per le sue proprietà terapeutiche. Infatti, gli Assiri la consideravano altamente medicamentosa; i medici greci la prescrivevano come tonico; i Persiani producevano con alcool uno sciroppo chiamato “giulebbe”; i Romani, oltre che coltivarla a scopo ornamentale, ne estraevano un olio essenziale per profumi ed unguenti e le belle donne romane si profumavano e truccavano con polvere di rose e oli essenziali ricavati dal fiore. Era inoltre di moda presso la nobiltà romana un liquore, il “rosatum”, (vino con l’aggiunta di petali di rosa macerati).
ENERGIA Kcal. ACQUA gr. PROTEINE gr. CARBOIDRATI gr. LIPIDI gr. FIBRA TOTALE gr. Minerali CALCIO mg. FERRO “ MAGNESIO “ FOSFORO “ POTASSIO “ ZINCO “ 0,3 RAME “ 0,1 MANGANESE “ 1,0
162,0 58,7 1,6 38,2 0,3 24,1 169,0 1,2 69,0* 61,0 429,0
Vitamine: VITAMINA B1 (Tiamina) mg. 0,1 VITAMINA B2 (Riboflavina) “ 0,2 VITAMINA B3 (Niacina) “ 1,3 VITAMINA B5 (Ac. Pantotenico) “ 0,8 VITAMINA B9 (Folati) “ 3,0 VITAMINA A IU 4345 VITAMINA C mg. 426,0 VITAMINA E “ 5,8 VITAMINA K “ 25,9 COLINA “ 12,0 BETAINA “ 2,9
Cinorrodi al miele
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Nei valori nutrizionali suddetti, ho evidenziato la Vitamina C in quanto 100 grammi di cinorrodi contengono la stessa quantità di Vitamina C di 1Kg di agrumi; per cui, possiamo tranquillamente affermare che con poche bacche possiamo fare un pieno di vitamina C! Come è risaputo, questa vitamina contribuisce al rafforzamento delle difese naturali dell’organismo che viene aggredito quotidianamente dallo stress, dall’inquinamento atmosferico, dal fumo e tanti altri fattori, per cui ne ha bisogno di una quantità sempre maggiore rispetto a quella che può dare una normale alimentazione. Inoltre, la vitamina C aiuta a combattere l’affaticamento generale; è utile nel prevenire le malattie da raffreddamento, nelle affezioni asmatiche, durante la convalescenza e a prevenire e rimuovere le malattie virali. La medicina popolare fin dai tempi antichi ha sempre usato le bacche di rosa canina. Infatti, la parte erboristicamente più interessante della pianta sono proprio i cinorrodi, la bacca che viene raccolta ad iniziare da fine ottobre. Si utilizza solo la parte esterna dopo, come già dicevo, aver estratto i semi e la peluria.
Proprietà e benefici Come già anticipato, è la vitamina C il componente più importante di questa bacca, considerati tutti i benefici che essa apporta. Ma anche il contenuto delle altre vitamine, minerali e acidi rende la rosa canina una pianta molto utilizzata in fitoterapia. È dimostrato che queste bacche siano in grado di fornirci zuccheri di pronta assimilazione, acidi organici, tannini, pectina, pigmenti flavonici, sali minerali, calcio, fosforo e magnesio. L’insieme di questi elementi fa sì che i cinorrodi esercitino un’azione positiva nelle forme di avitaminosi, rivelandosi anche tonici e ricostituenti, utili ad aumentare le difese organiche e anche a normalizzare le funzioni dell’apparato gastrointestinale, intervenendo da leggero astringente. Il modo più semplice e diretto di trarre beneficio dalle bellissime e colorate bacche dei rosai selvatici è quello di gustarle allo stato naturale, facendo attenzione che siano ben mature e abbiano perso l’asprigno allappante dei cinorrodi un po’ acerbi. Attenzione ai semini e ai peli urticanti! Faccio presente, inoltre, che il periodo migliore per la raccolta è quello dopo le prime gelate invernali che esaltano la già notevole presenza di vitamina C e tutte le altre vitamine. In erboristeria, chi non ha la possibilità di coltivare la rosa canina può trovare prodotti pronti per la preparazione di tisane, tintura madre, sciroppi, tè e macerati. Un consiglio a chi ha la fortuna di possederne un cespuglio: usare sempre la macerazione a freddo, in quanto la vitamina C è termolabile e si rischia di perdere tutte le sue proprietà superando una temperatura di 37-38 gradi. Ecco i principali benefici che queste bacche di rosa selvatica apportano al nostro organismo e di cui possono beneficiare anche i nostri allevamenti amatoriali ornitologici: - Sistema immunitario: le sue proprietà immunomodulanti aiutano l’organismo a difendersi dalle infezioni o da altre malattie.
Cinorrodi pre-cottura
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Cinorrodi ai primi di dicembre
- Assorbimento di calcio e ferro: il contenuto di vitamine e antiossidanti favorisce l’assorbimento nell’intestino di calcio e ferro, equilibrando così i livelli di colesterolo e di emoglobina. - Aiuta a combattere stress e stanchezza: una buona tisana fatta con i cinorrodi aiuta a recuperare le energie in modo naturale ed efficace in situazioni di stress e stanchezza, sia fisica che mentale.
prevenire e rimuovere il grasso nel fegato soggetto a steatosi, oltre a svolgere un’azione dimagrante. - Azione antinfiammatoria: è dovuta all’interazione tra flavonoidi e vitamina C che rendono i cinorrodi ideali contro tutte le affezioni delle vie respiratorie: raffreddore, tosse, faringiti, tonsilliti, asme e forme allergiche.
Alcune curiosità
- Azione depurativa e astringente: la presenza di pectina mantiene l’equilibrio della flora batterica intestinale e la proprietà astringente e antibiotica è utile contro diarrea e coliche intestinali; stimola la diuresi, senza affaticare i reni, ed elimina le tossine attraverso l’urina. - Azione epatoprotettiva: viene esercitata dalla betaina nei confronti delle tossine ambientali e agisce al fine di
Marmellata di cinorrodi
Secondo il premio Nobel Linus Pauling, assunta in forti dosi la vitamina C previene e combatte, in caso di malattia, la crescita cancerogena delle cellule, sebbene tali studi furono poi contestati dalla comunità medica internazionale, che considerò completamente prive di fondamento le teorie sulla vitamina C. Durante la seconda guerra mondiale la vitamina C dei cinorrodi, in mancanza di agrumi, ha aiutato moltissimi bambini britannici che hanno fatto largo consumo di queste bacche di Rosa canina. In Germania era anticamente considerata una pianta che cura tutti i mali e le bacche venivano mangiate, secondo tradizione, nella notte di Capodanno, per preservarsi dalle infezioni. In Emilia- Romagna, Piemonte ed altre regioni del Nord con i cinorrodi viene preparato un liquore chiamato gratacül (liquore a base di grappa non troppo dolce ma raffinato, dal profumo intenso e con buona gradazione). Mettendo a macerare i semini dei cinorrodi si ottiene un ottimo antiparassitario naturale. Mia nonna materna Marietta, una donnina semplice, sempre profumata e che curava in modo particolare il proprio aspetto, con i petali di rosa canina e con l’acqua raccolta dalla grondaia, in cui li faceva bollire, faceva un profumo (“acqua di rose”) che utilizzava “per avere il viso sempre fresco” - mi diceva - e quando aveva le gengive infiammate o il mal di denti.
per le innumerevoli proprietà che madre natura ha infuso in loro, ma anche per il grande effetto cromatico e decorativo che ammiriamo sia nella delicata fioritura primaverile che nel tardo autunno, dove rami intricati, spinosi e bruni, privi di foglie e fiori ma ricchi di cinorrodi variegati, ci annunciano l’imminente inverno. A volte son tentato di non raccoglierli, ma ne lascio sempre un po’ (quelli che non raggiungo) per gli uccelli, soprattutto merli e tortore, e qualche scoiattolo, che frequentano il mio giardino. Come accennato nella premessa, mi cimento nel mese di gennaio, con i cinorrodi che raccolgo nel mio cespuglio, a fare alcuni vasetti di marmellata e qualche tisana. Con la tisana, che in frigorifero può essere mantenuta per un paio di mesi, inumidisco il pastoncino secco che servo ai miei canarini due o tre volte la settimana in preparazione alle cove primaverili. Un piccolo contributo di vitamina C che sicuramente apporta al loro organismo tutti i benefici intrinsechi di questa vitamina. Fa bene? Sicuramente non fa male e poi, come si dice dalle mie parti “quel c’an stroza, ingrasa” (quello che non strozza, ingrassa)!
Conclusioni Senza tema di smentita, si tratta di “frutti” molto interessanti, non solo
Tisana di cinorrodi
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Dall’archivio storico F.O.I.
Contributo alla conoscenza del piumaggio dei Canarini Arricciati di UMBERTO ZINGONI e MICHELE DEL PRETE (ITALIA ORNITOLOGICA novembre e dicembre 1982 e gennaio 1983)
- Prefazione Abbiamo pensato di riprendere e riproporre articoli di grande importanza ed eventualmente di autentica valenza storica, al fine di aiutare il ricordo agli anziani e soprattutto di rendere edotti i giovani, poiché le citazioni, sempre parziali, spesso non bastano. Si è ritenuto doveroso cominciare dall’articolo storico del prof. Zingoni e di Del Prete “Contributo alla conoscenza del piumaggio dei canarini arricciati” apparso su I. O. n°11 - 1982. In questo articolo gli autori seguono una metodologia autenticamente scientifica e fanno diverse osservazioni. Fondamentale quella sulle differenze fra il piumaggio mutato intenso e quello brinato. Tali differenze non riguardano solo gli arricciati, ma tutti i canarini. Di conseguenza sono illuminanti per capire come la mutazione intenso incida non solo sulla struttura del piumaggio e la morfologia, ma anche sui vari colori che su di esso si esprimono, influenzando fra l’altro, come evidenziato da interpretazioni successive, le dimensioni del disegno. Buon studio, preferiamo dire buon studio, poiché solo buona lettura, lo riterremmo riduttivo. LA REDAZIONE
La scelta dei riproduttori più adatti a costruire le singole coppie è per il canari‐ coltore il problema più importante da risolvere ai fini dei risultati della succes‐ siva annata di allevamento. Come gli alle‐ vatori di tante Specie di animali, anche gli allevatori di Canarini Arricciati sanno che da due campioni non è facile ottenere dei campioni. La ragione sta nel fatto che il Campione esprime al massimo grado i connotati positivi che più lo diversificano da quelli propri del Canarino selvaggio, o, comunque, da quelli della Razza, verso i quali ogni generazione tenderebbe a ritor‐ nare in assenza di selezione. Un Gibber è tanto più pregiato quanto più esprime il suo anomalo portamento. Un Arricciato del Nord è tanto più pregiato quanto più esprime lo spicco fra le regioni lisce e quelle arricciate. Un Parigino è tanto più pregiato quanto più esprime la massima taglia, le grandi arricciature, ecc. Tutte que‐ ste “espressioni” nel Canarino selvaggio non esistono. Noi crediamo che molti alle‐ vatori qualche volta abbiano pensato che, man mano, dopo anni di selezione, sareb‐ bero riusciti ad estirpare dal loro ceppo ciò che lo standard considera difetto ed avreb‐ bero avuto la meritoria soddisfazione di
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NOTA: in questo articolo si fanno riferimenti a immagini che non sono state riportate, poiché non più disponibili, e pertanto sostituite con altre più recenti
Arricciato del Nord lipocromico, 94 punti a Bari 2014 all. Massimo Sabba, autore S. Giannetti
ottenere costantemente ottima prole da ottimi genitori. L’esperienza loro e degli altri è stata, però, sempre deludente, poi‐ ché, se è vero che la continua indispensa‐ bile selezione riesce di norma a mantenere i pregi di un buon ceppo, si rivela però ben meno efficace per il suo miglioramento. D’altra parte, anche partendo da soggetti di alto pregio, a lungo andare, la selezione è l’unico mezzo che l’allevatore possiede per conseguire qualche successo prestigio. Una serie di articoli comparsi su “I.O.” negli anni 1978‐79 spiegava, a parer nostro molto bene, le ragioni di questi fatti. Vi si metteva in evidenza che, se si escludono alcuni caratteri, come il colore bianco, il colore isabella e pochi altri, la maggioranza dei connotati dipende da fattori genetici non strettamente mendeliani, ma “addi‐ tivi”. Così è per la taglia, per le brinature del piumaggio, per la quantità di melanine del piumaggio e dei tarsi, ecc. Gli articoli face‐ vano riferimento solo alla taglia e spiega‐ vano, su base genetica, le ragioni per le quali da due “Campioni giganti” o di “minima taglia” raramente ne nasce uno simile. Gli articoli erano utili perché, a parte l’interpretazione genetica del feno‐ meno, fornivano agli allevatori una guida
sugli accorgimenti opportuni da seguire, relativamente alla taglia, nel formare le coppie. Ma, come ben sappiamo, oltre la taglia sono molti i caratteri che l’allevatore ogni anno deve tenere sotto controllo selettivo. Per questo controllo selettivo assume importanza fondamentale il tipo di piumaggio di ciascuno dei partners: piu‐ maggio che tiene conto, in primo luogo, del grado di brinatura, oltre che della qualità e del colore. Ai fini espositivi, il colore, a differenza di quelle che sono le esigenze della Razza Sassone e per certi aspetti anche delle Razze Inglesi, nelle Razze Arricciate ha un’importanza di secondo piano; invece, i caratteri del piumaggio hanno importanza determinante sulla cor‐ retta conformazione e sul risalto delle arricciature. Scopo delle osservazioni che sono riferite in questo articolo è stato quello di individuare quali debbano essere i caratteri delle piume dei due soggetti della coppia, affinché nella prole si combi‐ nino nel migliore dei modi un abbondante e aderente piumaggio con arricciature ampie e sostenute. Il problema è tutto qui. Due sono i tipi di piumaggio richiesti nelle Razze Arricciate, il “piumaggio scarso” del Gibber e il “piumaggio abbondante” di tutte le altre. Sappiamo che il più delle volte (ma non sempre!) la scarsità, la “durezza” e la intensità di colore di un piu‐ maggio sono caratteri associati fra loro, come lo sono l’abbondanza, la “sericità” e la brinatura. È noto che il massimo svi‐ luppo delle piume, non disgiunto natural‐ mente da una adeguata sostenutezza, può fare di un lungo Parigino un vero Cam‐ pione di questa Razza, cioè un “Fiorone”. Alla domanda se sia opportuno unire fra loro due campioni di tal sorta, la nostra risposta, come sarebbe certamente quella dei molti esperti di questa Razza, è decisa‐ mente negativa. Ma più o meno, lo stesso vale anche per le altre Razze. Ugualmente negativa è la nostra riposta alla domanda se sia opportuno unire fra loro due Gibber dal piumaggio che presenta in massimo grado i caratteri della durezza e dell’inten‐ sità del colore. Questo nostro studio sui caratteri delle piume dei Canarini Arric‐ ciati non è stato difficile, poiché ha richie‐ sto soltanto molta pazienza. Ne anticipiamo subito i risultati essenziali. In una stessa Razza la struttura del piumag‐ gio brinato differisce da quella dell’in‐ tenso, perché le barbe delle singole piume
Fig. 1 - Piume del sottocoda di Parigino, di 3 Arricciati del Nord e di Gibber, fissate ad un cartoncino per la conservazione e misurazione dei loro elementi costitutivi
sono più lunghe e più ricche delle barbole; dunque, non per una maggiore “lun‐ ghezza” delle singole piume. Le piume più adatte per rilevare queste differenze sono quelle della testa.
Arricciato di Parigi melaninico, 93 punti a Bari 2014 all. Luca Braccani, autore S. Giannetti
Materiale e tecnica Premettiamo che usiamo il termine “piume” al posto di “penne” per le ragioni descritte alle pagg. 12 e 13 dell’opuscolo “Criteri di Giudizio dei Canarini Arricciati” edito dalla F.O.I.. Abbiamo prelevato da 5 soggetti le piume di 9 regioni differenti. I soggetti esaminati sono stati: un Gibber maschio (1), un Arricciato del Nord maschio di colore intenso (2), due Arric‐ ciati del Nord, maschio (3) e femmina (4), decisamente brinati ed un normale Pari‐ gino (5). Tutti gialli, salvo il Parigino che aveva qualche pezzatura. La taglia dei 3 Arricciati del Nord era pressoché la stessa. Abbiamo scelto 3 Arricciati del Nord, poi‐ ché solo in questa Razza ci è stato possibile trovare soggetti di forte grado di intensità e di forte grado di brinatura del colore, in modo che il confronto avesse il massimo significato. Da ciascun soggetto abbiamo prelevato una piuma dalla testa, delle spal‐ line, dei fianchi, dalla groppa, del sovrac‐ coda, del sottocoda, dell’addome, della culotte e del jabot, scegliendola sempre fra le più lunghe della regione. Abbiamo pre‐ levato le piume della testa e dei fianchi di 4 Parigini maschi, 2 di colore giallo alquanto intenso e 2 di colore decisamente più pallido, tutti e quattro con volumino‐ sità di piumaggio simile. Da due “lunghi” Parigini, padre e figlio, che avremmo potuto definire “a piumaggio corto” abbiamo prelevato le piume dei due fian‐
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Fig. 2 - Piume della testa di Arricciato del Nord maschio di colore intenso (soggetto n.2), di altro di colore brinato (n.3) e di Verzellino maschio. Ingrandimento oltre 4 volte. Forma e larghezza sono già caratteri differenziali; ma soprattutto lo sono la differente ricchezza e distribuzione delle barbole nel “pericardio”. La piuma del Verzellino è di tipo chiaramente brinato. Le freccette indicano la zona delle barbe di maggior lunghezza
chi, il sinistro dei quali appariva decisa‐ mente migliore per “sostenutezza”. Da un Arricciato di Colore bianco abbiamo pre‐ levato alcune piume del fianco sinistro che erano ben sostenute e di quello destro che erano totalmente cadenti. Infine, non avendo a disposizione i debiti confronti un Canarino selvatico, abbiamo prelevato alcune piume della testa e della groppa di un Verzellino maschio e di due Fringuelli, maschio e femmina. Per prima cosa, ogni volta, abbiamo contato le barbe dell’ipora‐ chide, prendendo nota anche della loro lunghezza. Successivamente, mediante un quadratino di nastro adesivo di 2 mm di lato, abbiamo fissato nell’ordine detto all’inizio, la radice di ciascuna delle 5 piume della stessa regione sul margine
Fig. 3 - Piuma del fianco di Arricciato del Nord femmina (n.4) e di Gibber (n.1) in grandezza naturale. La forma è nettamente diversa da quella delle piume della testa. Mentre le dimensioni delle due piume sono differenti, il rapporto fra la lunghezza delle barbe più lunghe (indicate dalla freccetta) e quella dell’intera piuma, come pure la forma del “cuore”, sono gli stessi in entrambe. La piuma del Gibber nel soggetto vivente appare più stretta perché compressa con le altre contro il fianco dell’animale. Il disegno non riesce a mettere in risalto la differenza, peraltro modica, fra le barbole delle due piume
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della striscia di cartoncino. Indi, con l’aiuto di una lente, di una pinza e di un compasso, abbiamo misurato la lunghezza della barba più lunga, che risultava essere sem‐ pre una di quelle nascenti dalla parte media del vessillo (freccette delle figg.2 e 3). Infine abbiamo fotografato e disegnato gli elementi che ci sembravano più signifi‐ cativi. Poiché la maggioranza delle piume sono incurvate, la loro fotografia risulta in parte a fuoco ed in parte sfuocata. Lo schiacciamento fra due vetri peggiora la situazione perché, in questo modo, le piume si piegano di lato e si deformano malamente. Solo le piume del sottocoda e del sovraccoda, avendo poca curvatura, danno fotografie migliori (fig.1). Come abbiamo già detto, questo campionamento non ha presentato difficoltà, salvo una buona dose di pazienza e di tempo, soprat‐ tutto quando si trattava di misurare la lun‐ ghezza di certe piume fortemente incurvate; in questo caso, durante la misu‐ razione, le tenevamo stirate con l’aiuto di pinze. Risultati e loro interpretazione Dimensioni delle piume Il grafico della fig. 4 riporta la lunghezza (rachide + barbe apicali) delle piume delle 9 regioni di ciascuno dei 5 Canarini esami‐ nati. Per visualizzare meglio le differenze fra un soggetto e l’altro abbiamo raccor‐ dato fra loro i 5 dati relativi alle piume della stessa regione. È facile rendersi conto che per tutte le regioni le piume più corte sono quelle del Gibber, le più lunghe quelle del Parigino, di lunghezza intermedia, ma simili fra loro, quelle dei 3 Arricciati del Nord; cioè la lunghezza delle piume è sem‐ plicemente proporzionale alla taglia del
soggetto. Determinante a tal proposito appare il confronto fra i 3 Arricciati del Nord. Da esso risulta che per alcune regioni non esistono praticamente diffe‐ renze di lunghezza (testa, sottocoda, groppa, addome). Per le altre le differenze sono modeste e non univoche, per cui pen‐ siamo che, almeno in parte, dipendano dal non essere noi riusciti a prelevare la piuma realmente più lunga fra quelle della regione scelta; secondo noi, anche queste differenze non sono significative (soprac‐ coda, spalline, fianchi, jabot). Il dato rima‐ nente, relativo alla culotte (con valori di 30, 38 e 40 mm), ci appare invece significativo. Nel maschio tipico, il piumaggio di tipo più intenso (soggetto n. 2) le piume della culotte sono decisamente più corte di quelle della femmina (4). Noi ipotizziamo che questo divario relativo alla culotte possa costituire una differenza tipica fra i due sessi. La selezione naturale può avere avvantaggiato quelle femmine che ave‐ vano la possibilità di creare una cappa piu‐ mosa più vasta e più densa per meglio coprire e scaldare le uova. Infatti, come diremo oltre, anche nelle specie selvagge la femmina ha un piumaggio di tipo più brinato di quello del maschio. A conforto Gibber italicus lipocromico, 94 punti a Bari 2014 all. Oronzo Montrone, autore S. Giannetti
di questa ipotesi stanno tre fatti: il primo è che nel nostro maschio (3) con piumag‐ gio dello stesso grado di brinatura di quello della femmina, la lunghezza delle piume della culotte è quasi uguale a quella di essa: il secondo è che la larghezza delle piume della culotte della femmina è la massima fra tutte le 45 piume osservate; il terzo è che la regione della piuma della culotte più ricca di barbole (regione che, come diremo più oltre, abbiamo chiamato “cuore”), può arrivare ad occupare tutta la piuma e determinare il suo alto grado di fioccosità; ma su cui torneremo fra breve. La conclusione è che la lunghezza delle piume, escluse eventualmente quelle della culotte, non presenta sostanziali differenze fra un soggetto di colore intenso ed uno di colore brinato, sia esso maschio o femmina. Per cui risultano del tutto improprie le espressioni “piumaggio lungo” e “piumaggio corto”, quando le si intendano usare al posto di “piumaggio brinato” e “piumaggio intenso”. La lunghezza delle piume dipende in primo luogo dalla Razza, ma ciò non esclude che nell’ambito di una stessa Razza vi siano soggetti con piume più lun‐ ghe di quelle di altri; però ciò, almeno per buona parte, è indipendente dal grado di intensità o binatura. Abbiamo avuto la pos‐ sibilità di osservare questo fatto in tutte le Razze Arricciate e, in particolare, nei Pari‐
Grafico della lunghezza totale (rachide + barbe apicali) in millimetri delle piume di 9 regioni diverse di 5 soggetti Arricciati. La lunghezza delle piume risulta proporzionale alla taglia, ma non al differente grado di brinatura dei soggetti della stessa Razza. Fa eccezione la culotte (tratto grosso) le cui piume nel soggetto n.4 sono più lunghe di oltre il 30% rispetto a quelle del soggetto n.2. L’interpretazione di questa differenza è discussa nel testo
Arricciato di Parigi lipocromico pezzato, 94 punti a Bari 2014 all. Paul Lauwers, autore S. Giannetti
gini, alcuni aventi piume di colore alquanto brinato e contemporaneamente “corte”, altri eventi piume alquanto intense e con‐ temporaneamente “lunghe”. Il grafico della fig. 5 riporta un secondo gruppo di dati ottenuti dividendo la lunghezza della barba più lunga per la lunghezza totale della piuma e moltiplicando per 200. Natu‐ ralmente il valore di questo rapporto per‐ centuale è, grosso modo, proporzionale alla lunghezza del vessillo (considerata doppia di quella della barba più lunga – perciò il moltiplicatore 200 dà un valore percentuale). Abbiamo scelto il raddoppio della barba più lunga, anziché la misura della larghezza apparente del vessillo, per‐ ché questo appare più o meno largo per condizioni contingenti, quali l’angolo di inserzione delle barbe sulla rachide e la loro differente apertura. Questi dati per‐ centuali indicano che nel Gibber e nel Pari‐ gino la lunghezza della piuma prevale sulla larghezza. Nel Gibber è la eccessiva brevità delle barbe che determina vessilli stretti e perciò piume sproporzionatamente lun‐ ghe; nel Parigino invece è la eccezionale lunghezza dell’intera piuma che, nono‐ stante il vessillo sia abbondantemente svi‐ luppato, la fa apparire proporzionalmente
lunga. Ben diverso e di grande significato è lo stesso rapporto nei maschi di Arric‐ ciato del Nord. Le piume dell’Arricciato del Nord brinato (3) sono molto più larghe di quelle del soggetto intenso (2); la massima differenza si ha nelle piume della testa (fig.2). Nella femmina (4) si hanno valori molto vicini a quelli del maschio (3); il valore minore relativo all’addome della femmina non costituisce eccezione, perché dipende dalla maggior lunghezza (deno‐ minatore del rapporto). La conclusione è che l’intensità del colore si accompagna a vessilli stretti, la brinatura a vessilli larghi; che è come dire che in una stessa Razza le piume brinate sono larghe (non lunghe!), le intense sono strette (non corte!). Ai fini pratici di individua‐ zione del tipo di piumaggio, l’aver appu‐ rato che le piume di colore intenso sono strette, quelle brinate sono larghe non ha ovviamente grande importanza se il Cana‐ rino è giallo o pezzato a fondo giallo, poi‐ ché la valutazione della carica lipocromica è già risolutiva di per sé. Invece, nel Cana‐ rino bianco o ardesia il dato ha una utilità ben maggiore, poiché in questi soggetti l’intensità non può essere messa in evi‐ denza. Questo vale anche per alcuni sog‐ getti totalmente verdi. Un mezzo ancora più valido per individuare il tipo di piu‐ maggio, qualunque sia il colore di esso, ci è offerto dalla osservazione della struttura
Grafico rapporto percentuale fra la larghezza della piuma e la sua lunghezza totale. Il valore della larghezza è ottenuto raddoppiando la lunghezza della barba più lunga
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Arricciato del Nord melaninico pezzato, 92 punti a Bari 2014 all. Ciro Rapicano, autore S. Giannetti
delle piume. In tal modo i due dati – dimensioni e struttura delle piume – inte‐ grandosi fra loro, permettono di risolvere agevolmente molti dubbi. Dimensioni delle piume. Le differenze strutturali che si riscontrano fra una piuma ed un’altra dipendono dalle barbole, che differiscono fortemente da una piuma all’altra e da una zona all’altra della stessa piuma. Nella estremità distale della piuma le barbole sono corte e munite di uncini; man mano che si scende verso la base, le barbole si fanno sempre più lun‐ ghe e gli uncini tendono a trasformarsi in ciglia sempre più lunghe. Nelle barbe della base ed in quelle dell’iporachide si ha il massimo sviluppo delle barbole. Tutto ciò determina il fatto che solo in una parte del‐ l’estremità distale delle piume il vessillo risulta omogeneo per l’agganciamento delle barbe con quelle contigue. L’aggan‐ ciamento è dovuto naturalmente alla pre‐ senza degli uncini che solo in questa parte della piuma sono ben fatti e solidi. Gli uncini sono visibili solo al microscopio. Abbiamo già detto che in tutte le piume le barbe prossimali sono le più ricche di bar‐ bole; occorre aggiungere che in un’area
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generalmente ben delimitata, posta al cen‐ tro della parte basale della piuma, le bar‐ bole sono massimamente sviluppate per un tratto ben preciso che si estende dalla rachide fino ad un certo tratto della barba. Ciò porta alla formazione di un’area a forma di cuore dove l’intreccio delle lun‐ ghe e numerosissime barbole dà l’aspetto di un feltro. Noi abbiamo dato a quest’area il nome di “cuore” ed alla restante parte periferica il nome di “pericardio”. Quando il “cuore” si estende all’intera piuma, sem‐ bra che questa ne sia priva; in questo caso la piuma ha una estrema vaporosità. Non vogliamo soffermarci e descrivere la mag‐ giore o minore evidenza e la estensione del “cuore” nelle varie piume, poiché ognuno può rendersene conto con la semplice osservazione ad occhio nudo. Quello che, invece, costituisce la osservazione più importante di questa nostra relazione è la differente struttura delle barbe del “pericardio”. Le differenze di gran lunga più significative si riscontrano nelle piume della testa. Le piume della testa di colore intenso hanno la massima parte delle barbe del pericardio prive, o quasi, di barbole; le piume brinate hanno l’intera barba, o quasi, fornita di abbondanti barbole. Se l’allevatore inte‐ gra questi inequivocabili dati relativi alla struttura, con quelli relativi alla forma della piuma (stretta nell’intenso, larga e panciuta nel brinato) ha a disposizione il criterio più preciso di ogni altro per stabi‐ lire il tipo di piumaggio dei suoi Canarini Arricciati, specialmente se bianchi. Tale criterio è meno valido per il Parigino per le ragioni che esporremo fra poco. Basterà che l’allevatore osservi con una lente le piume della testa di un congruo numero di adatti soggetti per farsi una propria espe‐ rienza. Si renderà anche conto del valore che l’ornitognostica, della quale queste nostre osservazioni fanno parte, ha nel perfezionare e valorizzare le conoscenze che derivano dalla pratica e dalla espe‐ rienza. Le piume dei fianchi. Abbiamo detto in principio che nell’ambito di una stessa Razza vi sono soggetti con piume più lunghe di quelle di altri indipen‐ dentemente dal grado di brinatura. Abbiamo anche parlato di “sostenutezza” delle piume. Per renderci conto di questi fatti abbiamo esaminato 4 Parigini e un
Arricciato di Colore bianco. Ci siamo accorti che le piume della testa si presta‐ vano, per confronto, meno bene di quelle di altre Razze, perché le loro dimensioni e la loro curvatura sono troppo diverse a seconda del punto di prelevamento, essendo difficile trovare due Parigini che abbiano la stessa arricciatura della testa. D’altra parte, non sempre si è disposti a prelevare tante piume fino a trovarne due perfettamente confrontabili fra loro. Abbiamo perciò rivolto la nostra atten‐ zione alle piume dei fianchi. Quando le piume dei fianchi sono ben formate, le dif‐ ferenze fra un soggetto intenso ed uno bri‐ nato (fig.3) sono meno marcate di quanto ci si aspetti e si osservi nelle piume della testa, però il differente sviluppo dell’ipo‐ rachide è valido aiuto nella discrimina‐ zione. Quando, invece, le piume dei fianchi non sono ben strutturate, le differenze sono molto marcate, poiché i difetti di sostenutezza si fanno risentire su di essi più che in ogni altra ragione e provocano la “caduta” di questa arricciatura (più spesso la destra), con notevole scadimento del valore di un soggetto. Il confronto fra i soggetti simili, ma di diversa intensità di colore si dimostra significativo se si pren‐ dono in considerazione le barbe più lun‐ ghe che nascono dalla punta del “cuore” (freccette della fig. 3), perciò esattamente come avevamo constatato nelle piume della testa di tutti gli altri soggetti. Occorre precisare ancora due cose. Una è che le dif‐ ferenze sono apparse meno nette, poiché i nostri due Parigini più intensi non lo erano certamente quanto l’Arricciato del Nord n.2; d’altra parte non ne avevamo a dispo‐ sizione altri. L’altra cosa è che la piuma prelevata dalla parte anteriore del fianco è di tipo più brinato (largo) di quelle posteriori. Questa seconda osser‐ vazione ci ha sorpresi e ci sembra interes‐ sante, perché può fornire la ragione del fatto che i fianchi in molti soggetti sono più “aperti” sul davanti che sul dietro. A con‐ clusione di queste osservazioni si può dire che nel Parigino la definizione del tipo di piumaggio non è così facile come nelle altre Razze. Però, il metodo riacquista tutta la sua validità se lo si utilizza per confron‐ tare fra loro due soggetti nell’intento di stabilire chi dei due abbia piumaggio più intenso dell’altro; in fondo ciò è quello che più ci interessa. Altri dati ci sono forniti dal confronto delle piume del fianco sinistro
in un Arricciato di Colore bianco che aveva solo questa seconda arricciatura del tutto “cadente” e in due Parigini (padre e figlio) scarsi di piumaggio e con fianco sinistro più “forte” del destro. Tutte le piume sono risultate di lunghezza simile (45‐50 mm); la destra ha barbe più lunghe 2‐4 mm, ma lievemente più sottili e, stranamente, quasi prive di barbole nel “pericardio”; ma, soprattutto, è la rachide che si presenta visibilmente più sottile e meno resistente alla deformazione. Nel complesso, a colpo d’occhio, la piuma destra appare meno ricca di cheratina e fa pensare ad un carat‐ tere costituzionale di abnorme funziona‐ lità dei follicoli; però, anche se la robustezza della rachide è minore, è sem‐ pre più che sufficiente per garantire la sostenutezza del fianco. La conclusione è che la caduta di un fianco non dipende dalla rachide, ma da fattori riguardanti l’aderenza della radice nel follicolo, oppure, da debolezza dei muscoletti follicolari. A conferma di ciò sta il fatto che il soggetto bianco, come spesso accade, fino a un certo momento della muta aveva entrambi i fianchi sostenuti e, inoltre, il fatto constatabile frequentemente che un fianco è sostenuto o cadente a seconda del momento: essendo evidentemente la piuma sempre la stessa, la causa è da ricer‐ carsi nel follicolo o nell’appesantimento della piuma stessa per cause esterne. Nei due soggetti, padre e figlio, definibili ad occhio “a piumaggio corto”, le piume dei fianchi sono risultate circa un centimetro più corte di quelle degli altri Parigini, però anche la loro sostenutezza appariva minore. Si trattava perciò di soggetti vera‐ mente “a piumaggio corto”, ma anche “ a piumaggio debole”; ciò che sta a dimo‐ strare ancora una volta (si veda quanto esposto a pag. 15 dei “Criteri di Giudizio” già citati) che la “minore lunghezza”, la “durezza” e la “intensità” del piumaggio possono anche non essere associate fra loro. Forse, statisticamente, sono più numerosi i casi in cui lo sono, ma, certa‐ mente, lo sono meno di quanto si creda. Le piume del fianco possono essere benis‐ simo brinate (larghe) e lunghe e, nello stesso tempo, sostenute. Tutto dipende dalla loro cheratinizzazione e dalla “tenuta” degli elementi del follicolo. Quanto più questi fattori sono positivi, tanto più un fianco è pregiato; le ragioni “a monte” vanno ricercate nella validità dei
ceppi e in una muta ben fatta. L’importanza di questo secondo fattore è dimostrata dal fatto che un fianco cadente, dopo la succes‐ siva muta, può risultare sostenuto o vice‐ versa. L’importanza della struttura delle barbe, delle barbole, dell’iporachide e della rachide nel determinare la sostenutezza di una piuma, fondamentale nell’arricciatura dei fianchi, è messa in evidenza da un’altra considerazione. Si sa che quando si vuole far desistere precocemente una Canarina dal deporre le uova, le si strappa un certo numero di piume da alcune parti del corpo, onde favorire l’inizio della muta la quale coincide con l’estinguersi del ciclo estrale. In questa occasione chiunque si sarà accorto che le piume che oppongono minore resistenza allo strappamento sono proprio quelle della culotte. Di ciò è edotto anche chi spiuma gli uccelli a scopo gastro‐ nomico. Ebbene, sono proprio queste che hanno il cuore massimamente esteso e massima iporachide, ma rachide partico‐ larmente sottile. È come se, dalla grande quantità di cheratina che è andata a for‐ mare gli elementi del vessillo, una parte è stata sottratta alla quota spettante alla rachide. Una piuma di tal genere ha anche un’esile radice che male si presta a rima‐ nere ben salda nel follicolo. Si tratta di una piuma “gracile” nella quale il vessillo ha perso la sua fisionomia per trasformarsi nei casi estremi in un “fluente e flaccido pennacchio”. Quanto più la struttura delle piume di un fianco si avvicina a quella della culotte, tanto più il fianco risulterà molle e cadente. Nel corso delle nostre osserva‐ zioni sui fianchi abbiamo anche rilevato che le relative piume, oltre ad essere incur‐ vate verso l’alto, lo sono, a partire dalla metà, anche verso il davanti; perciò, nel complesso, risultano un poco ritorte. L’os‐ servazione dell’iporachide ha dato questi risultati. Le piume della testa sono le uni‐ che che non hanno iporachide. Nelle piume del sovraccoda l’iporachide è assente nel Gibber e nell’Arricciato del Nord intenso, è minima negli altri. Le piume del sottocoda, dell’addome e del jabot hanno iporachide modesta. Tutte le altre l’hanno abbondante. Il numero e la lunghezza degli elementi (barbe libere) di essa sono vari. Lo sviluppo è maggiore nei soggetti brinati, sia per numero che per lunghezza. Il numero massimo riscontrato è stato di 11 elementi in una piuma del fianco del soggetto 3. Contrariamente a
Arricciato del Nord melaninico pezzato, 93 punti a Bari 2014 all. Rosario Usso, autore S. Giannetti
quanto speravamo, i caratteri dell’ipora‐ chide non si prestano da soli a costruire un elemento discriminativo. Nel Verzellino e nei due Fringuelli l’osservazione delle piume ha dato i seguenti risultati. In tutti e tre i soggetti le piume sono di tipo bri‐ nato (larghe). La femmina del Fringuello ha piume larghe quasi quanto quelle dei due Arricciati del Nord brinati (3, 4). Il maschio le ha ancora un poco meno larghe. In tutti e tre, le piume della testa hanno la stessa larghezza che risulta un poco minore di quella dei due soggetti brinati (3, 4). Pertanto, limitatamente alle nostre osservazioni, possiamo dire che i Fringil‐ lidi selvatici hanno piume di tipo brinato (largo), però il maschio meno della fem‐ mina. Ciò convalida la tesi che nel Canarino il piumaggio di tipo intenso (stretto) è innaturale ed è stato ottenuto in cattività per selezione di mutazioni. Considerazioni conclusive Lo studio comparativo da noi fatto sul piu‐ maggio dei Canarini Arricciati permette di affermare che quanto è scritto al capitolo “il piumaggio degli Arricciati” nell’opuscolo “Criteri di Giudizio dei Canarini Arricciati” è in accordo con le nostre osservazioni,
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Gibber italicus melaninico, 94 punti a Bari 2014 all. Tommaso Longo, autore S. Giannetti
salvo il significato da attribuire ai termini “piumaggio lungo” e “piumaggio corto”. I Canarini Arricciati presentano piumaggi compresi fra due tipi estremi, nei quali il grado di brinatura è proporzionale alla lar‐ ghezza delle piume. Le piume di colore intenso sono “strette” in quanto le barbe sono più corte. Possono essere cor‐ rettamente definite “ruvide” o “secche” in quanto le barbe sono povere di barbole. L’uso di altri termini non appare corretto. La lunghezza e la sostenutezza delle piume sono caratteri sostanzialmente indipen‐ denti dall’intensità del colore. Ogni follicolo efficiente produce un certo tipo di piuma ben fatta che risulterà più o meno lunga a seconda della regione nella quale cresce e delle condizioni ormonali del momento, le quali possono abbreviare o prolungare il periodo di attività generativa del follicolo stesso. Questa è la ragione per la quale la lunghezza è indipendente dal grado di intensità. Un follicolo meno efficiente dà piume meno robuste per difetto di che‐ ratinizzazione; molti dati indicano che que‐ sta minore efficienza, ancorché limitata ad una sola regione, è ereditaria e perciò “costituzionale”. Nel Parigino, infatti, è sta‐ tisticamente significativa la prevalenza di
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difetti di cheratinizzazione nelle piume del fianco destro. Se in un soggetto di tal genere le influenze ormonali abbreviano l’attività del follicolo, avremo una cattiva piuma corta, se la prolungano, avremo una cattiva piuma lunga, la quale si manterrà sostenuta più difficilmente della prima. L’Arricciato di Parigi “Campione” è un sog‐ getto nel quale: 1. i follicoli sono perfetta‐ mente efficienti e perciò forniscono piume ben fatte e robuste nelle quali un’abbon‐ dante cheratinizzazione delle barbe non va a discapito della cheratinizzazione della rachide (il follicolo ha dei limiti fisiologici nella quantità totale della cheratina che può fornire!), 2. le influenze ormonali pro‐ lungano l’attività dei follicoli che perciò producono piume più lunghe. Tutto ciò appare indipendente dal maggiore o minore grado di intensità del colore. Ma i piumaggi intensi, poiché sono costituiti da piume strette, e perciò meno voluminose, hanno più probabilità di rimanere soste‐ nuti; perciò solo un soggetto di giusto grado di brinatura potrà dare il “Cam‐ pione”. Esso è il soggetto nel quale varie cir‐ costanze favorevoli fanno convergere e sommare i vari caratteri positivi che, in quanto geneticamente “addittivi”, sono fra i più difficili da valutare e selezionare. Unire due soggetti brinati significa favorire nei figli la formazione di piume nelle quali l’ec‐ cessiva cheratinizzazione delle barbe e delle barbole va a discapito della cherati‐ nizzazione della rachide, talché, alla fine della muta, le piume, divenute troppo vaporose e pesanti, peccano di adesione e di sostenutezza. In ciò sta la grande importanza compensativa del soggetto intenso che frena nella prole l’eccessivo sviluppo delle barbe e delle barbole a vantaggio della rachide e della sua aderenza al follicolo. Il piumaggio dei soggetti selvatici suggerisce che nella coppia il maschio debba essere più intenso che della femmina. Queste norme valgono per tutte le Razze di Canarini Arricciati nelle quali lo standard richiede un piumaggio abbon‐ dante. Nell’allevamento del Gibber, per prima cosa, si dovranno selezionare soggetti a piume corte. Nell’ambito di questi soggetti si dovrà disporre di maschi di forte intensità di colore, perciò con piume strette, e di femmine che abbiano un certo grado di brinatura. Teoricamente, poiché l’intensità di colore è carattere dominante e il soggetto fortemente intenso
è ritenuto eterozigote, da due intensi si dovrebbe avere il 50% di intensi, il 25% di brinati e il 25% di non vitali. Secondo noi questo schematismo non è del tutto valido. Noi diciamo solo che praticamente sce‐ gliendo due soggetti fortemente intensi si rischia di avere un numero troppo elevato di figli difettosi, perché la cheratinizzazione troppo ridotta si fa risentire inevitabil‐ mente anche sulle squame dei tarsi, sulle unghie e sulla pelle (la cui epidermide è fatta di cheratina) favorendo la formazione di soggetti deboli che difficilmente hanno muta regolare; il primo sintomo è la man‐ canza di apertura del vessillo della piuma che non riesce a liberarsi del suo astuccio corneo. Ciononostante, poiché il carattere “intenso” è addittivo e tendenzialmente dominante, si avranno anche ottimi soggetti, ma in numero esiguo. Se la femmina avrà il giusto grado di brinatura, avremo la maggioranza dei figli in “perfetta salute” ed un numero sicuramente non inferiore di ottimi soggetti. Risassunto Gli autori, nell’intento di portare un con‐ tributo alla conoscenza dei criteri da seguire nella formazione delle coppie dei riproduttori, studiano la forma e la strut‐ tura di piume prelevate da varie regioni di Razze diverse di Canarini Arricciati e di alcuni altri Fringillidi. Le piume di colore intenso risultano più strette e più povere di barbole di quelle di colore brinato. Le più adatte per rilevare queste differenze sono quelle della testa. La lunghezza e la robustezza delle piume appaiono caratteri indipendenti dall’intensità del colore e perciò anche dalla larghezza. Le piume di un fianco cadente hanno rachide più sot‐ tile e vessillo anomalo per eccessiva che‐ ratinizzazione di questo; tuttavia la rachide ha sempre sufficiente robustezza per mantenersi sostenuta. Le ragioni della “caduta” vanno perciò ricercate in difetti di aderenza nel follicolo. Fra soggetti con piume poco robuste, quelli intensi hanno maggiore possibilità di avere i fianchi sostenuti, poiché le piume intense sono meno pesanti per la minore carica di barbe e barbole. I Fringillidi selvatici hanno piume di tipo brinato; il maschio, però, un poco meno della femmina. I dati osservati confermano la validità dei criteri tradizio‐ nali finora ritenuti più idonei nella scelta dei riproduttori.
CRONACA
Conservare è proteggere di ITALY PARROTS CLUB Da moltissimi anni l’impatto dell’uomo sulla natura ha reso difficile la vita di moltissimi esseri viventi sul pianeta Terra. Oggi molti animali, tra cui numerose specie di pappagalli, rischiano l’estinzione per opera del cambiamento climatico, della distruzione degli habitat, dell’inquinamento, dell’introduzione delle specie alloctone e del bracconaggio, che rappresentano solo alcune delle cause scatenanti di questo fenomeno. È nostro compito, quindi, riportare ordine al caos che abbiamo provocato, conservando e proteggendo tutte le specie che sono presenti sul nostro Pianeta. Grazie a parchi, zoo, santuari e allevamenti è possibile riprodurli in ambiente controllato e tentare la reintroduzione attraverso strutture specializzate limitrofe all’habitat. Da questi concetti nasce ITALY PARROTS CLUB. Italy Parrots Club è un’associazione (e non un club di specializzazione, visto che i temi trattati sono ben altri) al servizio degli psittaciformi che si occupa di salvaguardia, conservazione e reintroduzione in natura di specie in pericolo d’estinzione, formatosi dalla grande amicizia di due giovanissimi allevatori affiliati alla F.O.I. ovvero Alex Gattola e Mariano Piscopo. La nostra storia: “Da ogni lacrima nasce un fiore”: è proprio quanto accaduto a due giovanissimi ragazzi. Due storie, due esperienze, un comune denominatore: una grande sensibilità d’animo che passando dalla porta di momenti di dolore, si è trasformata in entusiasta amore per
Due esemplari adulti di Ara giacinto
L’Italy Parrots Club collabora con programmi di ricerca le creature della natura. Un piccolo pappagallino con i suoi colori e la sua tenerezza, incontrato per caso sul proprio percorso, ha fatto sbocciare ed esplodere una grande passione. Se inizialmente era un semplice prendersi cura di una creaturina in gabbia, l’incontro tra Alex e Mariano, di soli 17 e 19 anni, ha scaturito un fiume inesauribile di desiderio di sapere. Il passo verso l’ufficialità è poi stato breve. Mariano era un giovanissmo come tanti, era da un anno che non sorrideva più, per via di un grave lutto in famiglia. Un giorno entrò in un’uccelleria e trovò conforto in un pappagallino, che gli ricordava le passioni di una famiglia ormai spezzata. Senza neppure sapere di che specie fosse, se ne prese cura con affetto e ricevette tranquillità, pace e svago. Ritornò pian piano anche il sorriso. Alex invece era l’appassionato di famiglia. Sin da piccolissimo educato tra gli allevamenti di casa, incontrando Mariano, formò una coppia inseparabile. Una grande passione in comune spinse Alex e Mariano a creare IPC, quella particolare sensibilità verso la conservazione delle specie a rischio e tutto quello che ne deriva. Nacque quindi l’ITALY PARROTS CLUB, di Alex Gattola e Mariano Piscopo, che proseguirono la loro crescita come volontari dell’Ente Nazionale di Vigilanza Zoofila e Ambientale M.E.Z.
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L’Italy Parrots Club collabora oggi attivamente con programmi internazionali per la ricerca e la conservazione delle specie di pappagalli in pericolo di estinzione attraverso raccolte fondi, vigilanza del bracconaggio, sensibilizzazione delle popolazioni locali, allevamento, riabilitazione e reintroduzione dei soggetti in natura. A tale scopo organizza eventi, raccolte fondi per aiutare le associazioni nei loro programmi di monitoraggio e osservazione nei loro luoghi, per le specie in via d’estinzione.
Un esemplare di Ara macao, due Cacatua goffiniana ed un’Ara rubrogenys detenuti nel C.R.A.S.E. (Centro di Recupero Avifauna Selvatica ed Esotica) di Castel Volturno gestito dai Carabinieri forestali
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Sul territorio nazionale svolge diverse attività tra cui anche l’educazione ambientale nelle scuole, per sensibilizzare i bambini sui temi della salvaguardia ambientale e dell’ornitologia. L’I.P.C., affiancato dalle guardie del M.E.Z. (movimento eco zoofilo), si occupa inoltre di vigilare e prevenire i maltrattamenti animali, di sensibilizzare le persone sul tema con eventi nelle riserve naturali, nei parchi, negli zoo e nei centri per animali, tra cui ritroviamo il CRASE (centro di recupero avifauna selvatica ed esotica). Nel CRASE, Italy Parrots Club svolge volontariato per assicurare e sostenere una corretta gestione dei pappagalli presenti all’interno del centro, che provengono da sequestri a causa di maltrattamenti o
dal mercato nero. I membri di I.P.C. fanno da guida a tutte le persone, gruppi, scolaresche e studenti nel centro, per informare gli stessi quanto più possibile riguardo la conservazione delle varie specie di psittaciformi a rischio estinzione. Il centro è ospitato in una riserva naturale statale a Castel Volturno (CE) gestita dai Carabinieri Forestali. Inoltre l’I.P.C. sta per attuare un progetto da tempo atteso in Italia, ovvero lo studio e il monitoraggio delle specie alloctone di pappagalli presenti libere nel nostro Paese, per osservare e documentare i danni provocati alla nostra flora e fauna autoctona, per poi studiare un metodo di monitoraggio delle popolazioni di queste specie invasive.
Senza il rilevante interesse di veterinari e allevatori di grande fama o semplici appassionati che hanno lasciato feedback positivi e consigli costruttivi utili per una crescita di qualità, i due giovanissimi allevatori, avrebbero realizzato ben poco. Fanno infatti dell’ascolto continuo degli esperti, il loro motivo di crescita. Consapevoli del tanto ancora da apprendere, l’I.P.C. vuole tenere informati e coinvolgere gli allevatori affiliati F.O.I., certi dello scopo comune di sviluppare le vere attività necessarie per l’ornitologia italiana e mondiale.
Alcune foto di visite guidate, presentazioni e lezioni di educazione ambientale svolte dai membri del Club
APRILE 2019 53
CRONACA
Primi approcci sulle novità del terzo settore
Immagine tratta da: www.vita.it
Ci saranno due tipologie di Associazione
di MARIA CARLA BIANCHI
Avrei voluto aspettare un pochino a parlare di questioni fiscali e giuridiche riguardanti le recentissime e non ancora definitive novità del terzo settore e, cioè, quelle riguardanti il mondo no-profit; ma l’amico, nonché caporedattore, Gennaro Iannuccilli mi ha, come si dice dalle mie parti, “tirato la giacchetta”, in quanto desiderava avere qualche notizia poiché si tratta di un argomento di grande attualità.
54 APRILE 2019
Cosicché, nonostante la normativa non sia conclusa ma anzi in itinere, inizierò a dire qualcosa a titolo orientativo. Come forse saprete, è in corso la riforma del terzo settore che però non è conclusa e stiamo aspettando alcuni decreti attuativi, nonché la costituzione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) e il benestare della UE. Senza il RUNTS e il benestare UE la riforma non parte.
Questi ultimi due presupposti dovrebbero concretizzarsi presumibilmente nel corso del 2019 e, se così fosse, la riforma del terzo settore partirebbe dal 01.01.2020. Per quanto riguarda la FOI onlus, nell’assemblea di Aprile 2019 ci appresteremo a modificare lo statuto, così come previsto dalle novità normative. Per quanto invece riguarda le associazioni aderenti alla Foi, grazie agli incon-
tri tenuti sul territorio nazionale, ho potuto riscontrare le seguenti diverse situazioni: 1) Associazioni Onlus 2) Associazioni APS (associazioni di promozione sociale) 3) Associazioni generali non riconosciute Per quanto riguarda le associazioni Onlus, è importante segnalare che entro il 02 agosto 2019 avranno l’obbligo di adeguare gli statuti (con modalità semplificata attraverso l’assemblea ordinaria e il suo quorum) alle nuove normative, al fine di iscriversi nel RUNTS (una volta istituito). In difetto, tali associazioni dovranno devolvere il loro patrimonio ad altre associazoni. Anche le associazioni di promozione sociale si trovano nella stessa situazione delle onlus. La maggior parte delle nostre associazioni, però, sono di tipo generico e quindi non hanno il termine perentorio
Immagine tratta da: www.cesvot.it
di adeguare il proprio statuto entro il 02.08.2019 al fine di essere riconosciuti come Enti del terzo settore e, quindi, di avere il diritto di essere iscritti nel RUNTS. Queste associazioni possono aspettare per decidere. Come avete capito, se la riforma entrerà in vigore con il 2020, ci saranno due tipologie di associazioni: quelle iscritte nel RUNTS, che quindi devono
Le Onlus dovranno adeguare gli Statuti entro il 2 agosto 2019 seguire le nuove norme del Codice del Terzo settore, e quelle che seguiranno le norme del Codice Civile unitamente a quelle del Testo unico per la parte delle imposte dirette, in parte rivisitato. Nel primo caso, le associazioni, a fronte di qualche agevolazione di vario tipo (fiscale/accesso alle erogazioni liberali da parte di terzi, maggiore visibilità nei
confronti della pubblica amministrazione, ecc.) avranno maggiori adempimenti e maggiori controlli da parte degli uffici. Al RUNTS vanno fatte per esempio tutte le comunicazioni di variazioni dell’associazione, deposito del bilancio, ecc.; nel secondo caso (associazioni che stanno fuori dal RUNTS), a fronte di minori adempimenti / minore trasparenza, ci saranno maggiori oneri fiscali. È necessario quindi fare una valutazione di opportunità/convenienza (caso per caso) per decidere se transitare o meno nel RUNTS. Per le associazioni di tipo generale (intendo dire non onlus, non associazioni di promozione sociale o organizzazioni di volontariato), in termini prudenziali suggerirei di attendere l’emanazione del decreto attuativo del registro unico nazionale (RUNTS), prima di adottare le modifiche al proprio statuto e quindi decidere se iscriversi nel RUNTS oppure no, tenendo conto anche degli adempimenti burocratici che l’iscrizione comporterà.
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Ho ricevuto domande sull’articolo apparso sul numero di marzo 2019 “Aspetti importanti da non dimenticare”. Più che altro da parte di appassionati di fringillidi ed affini sulla questione del tipo, varietà e categoria nei fringillidi stessi. Ebbene va confermato che l’unico tipo selvatico è il nero – bruno e non solo nei fringillidi, ma in genere. Naturalmente le varie specie possono esprimere disegni diversi come possono esprimere quantità diverse di eumelanina e di feomelanina. Tuttavia è sempre rilevabile la presenza dell’una come dell’altra, talora con differenze elevatissime, ma poco importa, ci sono. Tutti gli altri tipi sono frutto di mutazioni o loro interazioni che non possono essere forma selvatica. Ho sentito di dubbi o infondate certezze su alcune specie, che si vorrebbero brune, ma tali non sono, anche se ingannevoli. Entrambi i pigmenti sono presenti nel piumaggio, anche quando il bruno è sovrastante. Inoltre, talora, non si considerano il becco e le zampe; nei selvatici il becco e le zampe sono invece di regola nero o grigio, non bruno, o almeno non del bruno frutto di mutazione. Nella normalità, vi possono essere becco e zampe più o meno pigmentati, ma non con pigmento mutato, che attiene solo ai mutati. La mutazione di isabellismo che noi inopportunamente chiamiamo bruno, trasforma il nero dell’eumelanina in un bruno molto scuro. Tale bruno rimane di eumelanina non diventa di feomelanina, che è più chiara, e ben lo si nota osservando il piumaggio, ove il disegno bruno è molto più scuro del bruno della feomelanina. Nelle varie specie il nero di becco e zampe, in seguito alla mutazione di isabellismo, diventa bruno, con situazioni diverse da una specie all’altra. Nel canarino, il bruno di becco e zampe è molto modesto, talora non lo si rileva neppure, in altre specie è molto più evidente, ad esempio nel Lucherino. Presumo per una diversa concentrazione del pigmento, ma la circostanza non mi risulta essere stata accertata. Ci può essere anche pigmento bruno naturale dato da eumelanina bruna simile, ma non esattamente corrispondente a quello mutato. Si tenga anche presente che i bruni da mutazione nascono ad occhi rossi, fatto che non si verifica nelle forme selvatiche. Un caso di affermazione errata, per fortuna solo orale, fu quello che il Passero italico fosse bruno, il quale invece non è affatto bruno in natura, anche se i toni bruni sono nettamente prevalenti, ma non esclusivi; inoltre, le presenze di nero si rilevano bene
Passero domestico
58 APRILE 2019
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nella gola del maschio, come su becco e zampe. Nella Passera europea il pileo del maschio è grigio. Un dubbio venne avanzato anche su qualche Carpodacus, ma anche qui, ad attento esame, si nota la persistenza di nero, inoltre nelle ibridazioni si comportano come nero – bruni. Anche le altre mutazioni sono da escludere come forma selvatica, del resto non mi risulta che siano mai state proposte come tali. In ogni caso la forma selvatica nelle ibridazioni si comporta sempre come nero – bruna. Si tenga solo presente che raramente anche in natura ci sono soggetti mutati, ma è discorso del tutto diverso; la normalità è quella descritta. Per quanto riguarda la varietà, invece abbiamo molte differenze, anche notevoli. In molti fringillidi abbiamo il giallo come colore di fondo da carotenoidi. Tale colore deriva dall’alimentazione. I carotenoidi assunti con il cibo vengono elaborati in diverse xantofille e pigmentano le penne. Negli Zigoli e nelle Cince, invece, raggiungono direttamente le penne senza elaborazione. I colori di conseguenza hanno toni diversi, più carichi, in assenza di elaborazione. Fa eccezione il Canarino Lizard che non elabora i carotenoidi ed ha un colore diverso e più carico rispetto agli altri conspecifici. Nelle specie a fattori rossi i carotenoidi vengono pure elaborati con un processo più lungo, ne derivano diversi pigmenti come le ben note: alfa doradexantina, astaxantina e cantaxantina presenti nel Cardinalino del Venezuela e nei Canarini a fattori rossi da esso derivati, ma ve ne sono anche diversi altri come: il 3- idrossi – echinenone nell’Organetto e nel Fanello, o l’adonirubina nel Ciuffolotto assieme ad altri più noti pigmenti. Come curiosità segnalo che in alcuni Lizard ci sono tracce dei carotenoidi dell’Organetto e del Fanello che ritengo causa delle tonalità bronzee di alcuni soggetti Lizard; appare ovvio che debbano esserci state antichissime ibridazioni. Direi più probabili con il Fanello che non presenta fenomeni degenerativi negli ibridi ed una discreta percentuale di fecondità nei maschi. Esistono anche specie che non manifestano carotenoidi, come il Cantore d’Africa il quale appare a fondo bianco. Le ibridazioni indicano come dominante tale bianco, mentre appaiono di solito quantitativi gli altri colori citati. Non si commetta però l’errore di confondere il bianco presente nelle forme selvatiche con i bianchi recessivo e dominante letale del Canarino, che sono solo mutazioni domestiche. Inoltre il bianco dei selvatici non è certo letale. Per quanto concerne la categoria, ribadisco che nei selvatici c’è solo il brinato, anche se certe espressioni possono far pensare a qualcosa di diverso. Per ora, intenso e mosaico sono solo forme domestiche del Canarino. Non posso escludere accidentali presenze in natura in seguito a mutazioni, ma sarebbero fatti rari come per le altre mutazioni. Semmai penso che il mosaico, essendo molto simile al brinato, non dovrebbe essere molto invalidante. Mentre sarebbe pericoloso l’intenso, che se la mia teoria sulla sua natura paramutagenica fosse esatta, potrebbe ingenerare fenomeni degenerativi (vedere: “L’unicità della mutazione intenso” I. O. n°8/9 agosto settembre 2018). Tuttavia gli intensi eventuali dovrebbero essere molto meno adatti alla vita selvatica e c’è da credere (e sperare) che avrebbero meno possibilità di sopravvivenza. Sulla categoria nell’articolo in oggetto e non solo, mi pare di essere stato abbastanza ampio e non aggiungo altro. G IOVANNI C ANALI
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Il Lizard, un rebus ancora irrisolto L’articolo del gennaio u.s., a nome del Sig. Sergio Palma, mi dà l’occasione di poter esprimere una mia personale opinione su quanto ho potuto leggere, oggi come ieri, su svariati articoli relativi all’annoso problema delle origini del Lizard. Sono d’accordo, in linea di massima, su quanto esposto dal Sig. Palma, ma dissento da alcune sue argomentazioni. Il Lizard, questo canarino allevato da più di 400 anni, non ha ancora trovato, per quanto riguarda le sue origini, una collocazione ferma e decisa, condivisa da tutti gli ornicoltori che apprezzano tale razza. Il primo punto riguarda la sua storia conosciuta. Se da più di 400 anni viene allevato nelle sue caratteristiche, a mio parere, ciò vuol dire solo una cosa: che è una razza che ha raggiunto l’optimum, quindi non ha bisogno di ulteriore perfezionamento. Chi alleva Lizard come me da tanti anni non ha mai, credo, pensato di meticciarlo con altre razze di canarini. Il Lizard è uno “spartito” completo ed esaustivo e non ha bisogno di altre note aggiuntive. Noto che il Sig. Palma, al primo punto del suo schema di accoppiamenti, ovvero melaninico per pezzato, che giustamente darà nella prole melaninici e pezzati, non ha specificato se si tratti di accoppiamenti tra canarini di colore, che potrebbero quindi manifestare nel corredo genetico un diverso comportamento, se rapportati ai geni del Lizard. Infatti qualche anno fa, quando mi ero illuso di provare qualcosa di nuovo accoppiando Lizard per pezzato verde (nero bruno), ho ottenuto una numerosa prole di un colore melanico insignificante, con disegno tutto da decifrare ma comunque senza pezzature. Da ciò avevo arguito che il Lizard non fosse un pezzato ma un melaninico dominante e non recessivo, che alla discendenza meticcia dà quasi sempre la propria impronta (come disegno). Se il Lizard fosse stato un pezzato avrei dovuto ottenere prole pezzata; penso nel prossimo futuro di continuare l’esperimento con diverse coppie, perché solo esperimenti allargati a diversi accoppiamenti potrebbero dare risultati più confacenti alla realtà. Una sola rondine non fa primavera. Per quanto riguarda la calotta, nei meticciamenti scompare; essa risulta evidenziata solo se il Lizard viene accoppiato ad altro Lizard, cioè maschio e femmina con alleli della stessa specie, e non sempre, dal momento che la calotta può anche non apparire, fermo restando il colore di fondo che nel Lizard dorato si estrinseca particolarmente nella doratura della calotta. Sono invece del parere che non sia il London una ver-
sione chiara del Lizard ma che potrebbe essere il contrario (tutte le ipotesi sono ammissibili, dal momento che certezze non ne esistono ancora). Il Lizard potrebbe essere la versione scura del London che, non potendo saturare con l’ossidazione tutto il piumaggio, ha lasciato inalterato il colore della calotta e di fondo. È un’ipotesi come un’altra! Sono invece più propenso a pensare che l’origine del Lizard scaturisca da una ibridazione a sé stante che nulla abbia che fare con il London e che nei secoli, attraverso una mirata selezione, abbia fissato le caratteristiche che noi oggi possiamo ammirare. Per essere poi pignoli al massimo, potremmo anche affermare che il canto del Lizard non somiglia a quello degli altri canarini, ma presenta delle note stridule e poco significative, come il canto di quasi tutti gli Spinus. Anche il guscio delle uova presenta un color latte e cioccolato, con punteggiature ancora più marcatamente marroni, almeno questo ho potuto notare da qualche anno a questa parte in allevamento comparando uova di gloster e canarini di colore con le uova del Lizard. Il London, che già alcuni esperti allevatori stanno cercando di ricreare, potrebbe essere stato un canarino a sé. Soggetti gialli con ali e coda al 90% melaniche si possono notare in altre razze di canarini, come Gloster, Fife, Norwich. Possiamo solo immaginare che 400 anni fa gli allevatori non avessero purtroppo frequenti contatti fra di loro, vuoi per mancanza di mostre, di riviste, di testi specifici e non, di Internet e quant’altro, come per fortuna succede oggi. Per cui una razza di canarini o un esperimento bene o mal riuscito poteva rimanere circoscritto in un paese per decenni e decenni, senza avere la possibilità di essere conosciuto in altre nazioni. Se è vero che gli Ugonotti, anche solo nell’ultimo periodo della loro persecuzione (1685), arrivarono in Inghilterra già in possesso del canarino Lizard, cosa fa pensare che non allevassero già il Lizard da anni e anni prima? Sono solo congetture che non solo non portano da nessuna parte, ma che non possono essere dimostrate con certezza, per cui chi apprezza questa razza di canarino deve continuare ad allevarla in purezza senza voli pindarici. Sono del parere che il London possa essere ricreato con accorti meticciamenti tra diverse razze di canarini che già presentano quelle caratteristiche richieste nel London. Rimane pur sempre un mio parere, che spero di avere l’opportunità, nonché la fortuna, di dimostrare.
Lettere in Redazione
di F ILIPPO TIGANI SAVA
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Attività F.O.I. Sintesi del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 22-23 febbraio 2019 L’intero Verbale è pubblicato sul sito www.foi.it/verbali • Commissione Disciplinare: assunzione di eventuali provvedimenti; Il Presidente, prima che il CDF senza la sua presenza si occupi della disamina dell’argomento in parola riguardante l’assunzione di eventuali provvedimenti nei confronti dell’ABC di Bologna e del sig. Antonio Petraroli, chiede di valutare il differimento della definizione dei procedimenti disciplinari aperti in una seduta del Consiglio successiva alla tenuta della prossima Assemblea generale delle Associazioni in Chianciano Terme il 7 aprile p.v.. E ciò in quanto l’assunzione degli eventuali provvedimenti disciplinari, potrebbe in astratto indurre la impossibilità per i soggetti sotto procedimento di partecipare all’assemblea e, conseguentemente, di sostenere la mozione di sfiducia avanzata nei propri confronti. Il Presidente motiva tale sua richiesta sulla precisa volontà di esternare la propria versione dei fatti nella sede istituzionale sovrana e dinanzi a coloro che gli hanno conferito nell’aprile del 2016 l’onore della presidenza federale. Il Presidente riferirà infatti in quella sede sui fatti accaduti, destituendo di fondamento, punto per punto, le labili accuse mosse nei suoi confronti, evidentemente animate solo da un desiderio distruttivo di ciò che di eccellente il CDF attualmente in carica è riuscito a realizzare per la comunità FOI. Il CDF all’unanimità aderisce alla richiesta del Presidente. • Mozione di sfiducia del Presidente FOI da parte ABC Bologna da inserire all’ordine del giorno dell’Assemblea Generale delle Associazioni: determinazioni circa l’ammissibilità; Il CDF esamina altresì la mozione di sfiducia dal punto di vista della inammissibilità della medesima. Tale ultima considerazione non ha però avuto alcun riverbero circa l’immissione della mozione all’ordine del giorno dell’Assemblea ma ha costituito argomento di attenzione sulla necessità di integrare il Regolamento Organico con la disciplina da osservare in casi come quello all’esame ed in particolare mediante la previsione di una frazione minima di associazioni che debbano concordare per avanzare una mozione di sfiducia al Presidente. Di tanto ci si dovrà occupare successivamente alla tenuta della prossima tornata assembleare. • Demerio s.a.s.: valutazione costo anellini nell’ottica del rinnovo contratto (scadenza giugno 2021) anche in previsione di un ulteriore aumento di 1 cent per il 2021: valutazione delle altre proposte di mercato, richiesta di incontro con Demerio per la verifica della sussistenza delle condizioni per l’eventuale rinnovo del contratto; Il CDF delibera di invitare la società Demerio presso la sede federale al fine di verificare la sussistenza delle condizioni economiche per un eventuale rinnovo contrattuale. Pur essendo fissata la prossima scadenza contrattuale per il mese di giugno 2021, il CDF ritiene di anticipare la trattazione di tale evidenza al prossimo mese di maggio in occasione della tenuta di una riunione a convocarsi. Quanto innanzi perché, qualora le condizioni economiche proposte dall’attuale società fornitrice non fossero ritenute soddisfacenti, dovrà residuare un congruo lasso temporale per strutturare un novello rapporto contrattuale per la fornitura degli anellini.
62 APRILE 2019
• Verbale del Consiglio dell’Ordine dei Giudici del 10/12/2018: determinazioni; Con riferimento alla richiesta di modifica dell’art. 22 del regolamento generale Mostre, il CDF, a parziale ratifica della proposta contenuta nel verbale dell’ODG del 10/12/2018, così provvede: - sancisce il criterio della inamovibilità, precisando che l’inanellamento con anello di diametro inferiore non è da considerarsi irregolarità né segno di riconoscimento; - modifica ed integra il testo dell’art. 22 del regolamento generale mostre come segue: “In caso di irregolarità riconosciute all’ingabbio, il Comitato Organizzatore dovrà escludere il soggetto dalla manifestazione. Se le irregolarità saranno rilevate durante o dopo il giudizio, il Comitato dovrà, in ogni caso, escludere i soggetti dalle classifiche e dalla premiazione. Nel caso l’irregolarità sia considerata dolosa, cioè nel caso di provata frode intesa ad ingannare il Comitato Organizzatore od il Giudice, l’esemplare dovrà essere eliminato da qualsiasi classifica o premio. Le infrazioni dolose ed espressamente palesi, rilevate durante il giudizio, dovranno essere verbalizzate e sottoscritte dal Responsabile di Giuria, dal Giudice interessato e dal Direttore Mostra. Gli atti relativi dovranno essere inviati alla Segreteria FOI per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari. Elenco delle infrazioni dolose: a. esposizione di soggetti adulti non previsti dalle classifiche ufficiali FOI, calzanti anelli non colorati (acciaio); b. esposizione di soggetti con RNA di altro allevatore; c. esposizione di soggetti calzanti anelli con diametro superiore al massimo consentito; d. anellini manomessi; e. qualsiasi alterazione manuale atta ad alterare le caratteristiche del fenotipo del soggetto.”. - modifica ed integra il testo dell’art. 45 del regolamento Ordine dei Giudici come segue: “Il Giudice deve astenersi dal giudicare i soggetti che non sono accompagnati dalle indicazioni previste dal Regolamento mostre (nomenclatura del soggetto, tipo, varietà e categoria non riconosciuta ufficiale, nonché parentali per gli ibridi, ecc.). Qualora il Giudice rilevi l’errata attribuzione della categoria dovrà procedere alla compilazione della parte di sua competenza del modulo appositamente predisposto, facendo conseguentemente provvedere al controllo, da parte del Comitato Organizzatore, di quanto dichiarato dall’espositore. Il Comitato Organizzatore procederà alla compilazione dello stesso modulo, nella parte di propria competenza, considerando essenzialmente la descrizione indicata dall’espositore. Verificata l’erronea indicazione da parte di quest’ultimo, il Giudice adotta il declassamento del soggetto e successivamente al giudizio del medesimo nella categoria in cui è stato dichiarato, indicando nelle note quella corretta. Tutti i soggetti per i quali non corrisponderà il numero della categoria corretto e/o non sarà indicata la descrizione (per le Specializzazioni EFI ed O&aP), verranno declassati così come sopra riportato. Qualora l’errata attribuzione della categoria discenda da errore del Comitato organizzatore o del convogliatore non si procede al declassamento ma alla rettifica nella categoria corretta ed al conseguente giudizio. Il modulo di cui al presente
Attività F.O.I. articolo, debitamente firmato da coloro che procedono alle verifiche e dal Giudice deve essere allegato al verbale di servizio di quest’ultimo”. - modifica ed integra il testo dell’art. 45 del regolamento generale mostre come segue: “Il Giudice deve astenersi dall’iniziare o proseguire il giudizio: a. di soggetti appartenenti a specie o razze per le quali non è abilitato; b. di soggetti appartenenti a specie o razze non previste a concorso; c. di soggetti che riportano segni di riconoscimento (doppio anello oppure anello colorato di anni precedenti non previsti nelle classifiche ufficiali FOI); d. di soggetti con mancanza di un arto, di una o più dita, di una o più unghie; e. di soggetti con cecità parziale o totale; f. di soggetti che presentano mancanza importante e/o comunque evidente di timoniere e/o remiganti; g. di soggetti che presentano cattive condizioni di salute; h. di soggetti con dita non prensili; i. in ambienti non idonei, o comunque con luce insufficiente o a temperatura inadeguata (per le razze da canto vale quanto disposto dal regolamento speciale); j. quando infrazioni regolamentari impediscano od ostacolino il suo operato. Al termine del giudizio il Giudice compilerà le classifiche ufficiali, secondo quanto stabilito dal regolamento-programma della manifestazione ed un verbale, in duplice copia, su modello federale, sul quale vanno annotati il numero dei soggetti giudicati per specie e categorie a concorso, quelli dichiarati primi classificati, eventuali infrazioni ritenute dolose nonché una relazione sull’andamento del giudizio. La consegna del suddetto verbale sancisce l’ufficialità e la chiusura delle operazioni di giudizio.”. • Verifica dello stato di introduzione e di utilizzo del nuovo programma per l’inserimento di mostre a calendario; Il CDF rileva il soddisfacente grado di utilizzo del sistema intranet per l’inserimento di mostre a calendario da parte delle Associazioni. Il primo step si è esaurito il 15 marzo u.s. ed all’attualità è aperta la fase di disamina dedicata ai Presidenti dei Raggruppamenti. In questa fase si potranno apportare tutti i necessari accorgimenti e le eventuali correzioni. L’esito conclusivo del procedimento condurrà verso la definizione del calendario mostre perfettamente aderente con le nomenclature delle mostre previste dal regolamento. • Progetto pubblicitario Italia Ornitologica: proposta di un nuovo tariffario alla luce di nuove possibilità inserzionistiche; Il CDF esaminato il progetto pubblicitario inerente la rivista Italia Ornitologica approva la proposta del nuovo tariffario, predisposto per le Aziende del settore, per le Associazioni e per i tesserati, che presto verrà veicolato agli inserzionisti. • Acquisto nuove attrezzature, gabbie tipo York, gabbie tipo Gloster e cavalle richiudibili: determinazioni; Il CDF, dopo aver attivato una licitazione privata alla quale hanno risposto tre aziende del settore, delibera l’acquisto di n. 500 gabbie tipo York, di n. 550 gabbie tipo Gloster e n. 200 cavalle richiudibili con relativi contenitori di alloggiamento delle stesse, accettando il preventivo pervenuto da Italgabbie srl.
• Adozione delle categorie a concorso per la stagione mostre 2019: determinazioni; Il CDF delibera l’approvazione delle categorie a concorso per la prossima stagione mostre, così come pervenute dalle singole Commissioni Tecniche Nazionali. Dispone la pubblicazione delle stesse sul sito istituzionale. • Inserimento delle modifiche ai regolamenti apportate dal CDF nel sito della Federazione; Il CDF dispone la integrazione di tutte le modifiche regolamentari deliberate ed approvate dall’inizio del proprio mandato nonché inserite nei propri verbali, nei testi pubblicati sul sito istituzionale per modo da ottenere l’aggiornamento all’attualità di questi ultimi. Tale procedura sarà completata entro il 31 maggio 2019. • Riconoscimento del club del Canarino Lipocromico Bianco Il CDF, constatata la regolarità della documentazione pervenuta ed in particolare la rispondenza degli scopi statutari ai dettami federali, delibera il riconoscimento del Club del canarino Lipocromico Bianco, nel contempo disponendo la remissione in termini del medesimo per l’eventuale richiesta di mostre specialistiche ad inserirsi parte dei Presidenti di Raggruppamento interessati. • Varie ed eventuali. Il CDF delibera l’acquisto di n. 5.000 penne a scatto con personalizzazione e brandizzazione del logo FOI, accettando il preventivo della Royal Trophy srl. Il CDF indice licitazione privata al fine di ottenere preventivi per l’acquisto di nuovi trasportini e relativi alloggiamenti, da utilizzare in occasione dei convogli, al momento soprassedendo nell’assumere ogni determinazione in ordine alla modifica strutturale dei carrelli in alluminio già presenti nel parco attrezzature. Il CDF, accogliendo specifica richiesta in tal senso pervenuta dalla CTN O&aP, delibera l’implementazione di un nuovo anellino del diametro interno di 16 mm e dell’altezza di 4,6 mm che sarà ordinabile a partire dal prossimo mese di luglio con la campagna anelli 2020; lo stesso sarà prodotto solo in acciaio. Il CDF, nel prendere atto delle molteplici richieste pervenute da un cospicuo numero di Raggruppamenti regionali ed in attesa di definitive determinazioni circa la inequivocabile applicazione dell’art. 3 del regolamento generale Mostre nella sua attuale conformazione, dispone quanto segue: - in adesione alla richiesta congiunta pervenuta in data 27/2/2019 dal club dell’esotico e dall’Italia Zebravinken club, concede a questi ultimi deroga al fine di consentire l’esposizione nella mostra di Zebras’ 2019 le specie di esotici non rappresentate in ambito federale dai club monospecie; - in adesione alla richiesta pervenuta in data 4/3/2019 da parte dell’associazione romagnola canaricoltori Forlì, essendo tutti gli psittaciformi appartenenti al medesimo ordine, concede deroga alla mostra Psittacus 2019 di ingabbiare anche le restanti tipologie di psittaciformi oltre a quelle già rientranti nella manifestazione. - Il CDF non assume determinazioni circa le deroghe richieste dall’Associazione Ornitologica Paolana per “Il Salone dei Fringillidi 2019” e dall’Associazione adriatica allevatori per “Fringillia 2019” in quanto, consultati i responsabili delle rispettive organizzazioni, hanno dichiarato che avrebbero richiesto la modifica delle nomenclature delle mostre per modo da renderle perfettamente aderenti al dettato regolamentare.
APRILE 2019 63
Attività F.O.I. Le predette deroghe hanno esclusiva vigenza per la stagione mostre 2019. Il CDF autorizza l’approfondimento tecnico formativo sul canarino Arlecchino Portoghese richiesto dal club, da tenersi in occasione della mostra specialistica di Grugliasco (TO). Il CDF autorizza l’approfondimento tecnico formativo sul canarino Llarget spagnolo richiesto dal club, da tenersi in occasione della mostra specialistica di Roccapiemonte (SA) Per entrambi i casi non è autorizzato alcun Master. Il CDF indice il Primo Congresso Tecnico per i Giudici FOI di tutte le specializzazioni fissando le date per la relativa tenuta per il 21-22 settembre 2019 riservandosi la scelta del luogo. Si osserva che gli schemi progettuali pervenuti da parte delle CC.TT.NN. per il tramite del Presidente dell’ODG si appalesano, tranne quello della CTN EFI, assolutamente insufficienti e tali da non consentire la proficua organizzazione dell’evento e da non giustificare un molto cospicuo impegno di spesa. Il CDF sottopone, pertanto, la tenuta del Congresso alla presentazione da parte delle CC.TT.NN. di programma tecnico esplicativo delle attività che si intendono effettuare e di contestuale predisposizione del materiale da inviare in via preventiva a tutti i giudici delle singole specializzazioni. Il termine entro il quale far pervenire quanto richiesto viene fissato improrogabilmente per il 15 maggio 2019. La CTN EFI è unicamente invitata ad effettuare approfondimenti esplicativi ed eventualmente fotografici della propria relazione, allo stato già sufficientemente compendiosa. Si osserva che la CTN Canto non ha fatto ancora pervenire alcunché. Il CDF delibera la concessione di un contributo di euro 500,00 alla Associazione Ornitologica Basso Piave onlus per la tenuta dell’Oasi Naturale di Tre Palade. Il CDF delibera la concessione di un contributo straordinario, a favore del Raggruppamento Regionale Toscano, di euro 1.345,00 a saldo delle spese sostenute per l’allestimento delle 10 teche ad utilizzarsi per attività di divulgazione e di rappresentanza. Sono pervenuti presso la Segreteria Federale i seguenti documenti: - richiesta di partecipazione di allevatori stranieri a mostre ornitologiche FOI organizzate da associazioni nei pressi delle zone confinarie; - richiesta di spostamento della data unica per la tenuta dei Campionati regionali ed Interregionali alla prima settimana del mese di dicembre; da parte del Raggruppamento Interregionale Veneto Trentino Alto Adige con due distinte note entrambe del 28/2/2019; - richiesta di revisione della data per la tenuta dei Campionati Regionali ed Interregionali, pervenuta in data 3/3/2019 dal Raggruppamento regionale Friuli Venezia Giulia; - richiesta inerente lo sblocco della data dedicata ai Campionati regionali pervenuta il 4/3/2019 dal Raggruppamento Regionale Emilia Romagna; - quesiti circa l’ammissibilità delle proposte inserite all’ordine del giorno dell’Assemblea di Chianciano Terme dall’ABC di Bologna e dall’AOBF di Frosinone, sulla partecipazione di allevatori stranieri a mostre ornitologiche FOI organizzate da associazioni nei pressi delle zone confinarie, sulla necessità di inoltro di un avviso tramite SMS da parte del Presidente dell’ODG in caso di modifiche delle giurie, sulla necessità di dotare i Presidenti di Raggruppamento di una tessera di riconoscimento FOI, pervenuti in data 19/3/2019 dal Raggruppamento regionale Liguria, richieste alle quali, a vario titolo, hanno aderito anche altri Raggruppamenti.
64 APRILE 2019
Il CDF osserva che tutte le predette istanze risultano essere pervenute dopo la scadenza del termine fissato al 26/2/2019 per l’inserimento di proposte all’ordine del giorno dell’Assemblea di Chianciano Terme e, pertanto, sulle stesse non potrà essere chiamato a decidere l’Organo Sovrano almeno nella prossima tornata. Trattandosi di richieste rivolte a modifiche di sistema il CDF ritiene indispensabile devolvere la trattazione dei predetti argomenti dapprima al vaglio dei Presidenti di raggruppamento chiamata in adunanza plenaria per il prossimo 6 aprile 2019 e, successivamente, alla eventuale disamina dell’Assemblea Generale del 2020, attivando il medesimo percorso che su tali argomenti fu seguito nel 2017 (cfr. verbale CDF del 10-11/02/2017, verbale RR del 25/03/2017 e verbale CDF del 09-10/06/2017). - Per quanto attiene in particolare alla richiesta da più parti pervenuta di immediata applicazione della modifica sul cambio della data dei Campionati Regionali e sullo sblocco della data unica si fa rilevare che allo stato sono stati già inseriti nel sistema intranet tutte le mostre regionali ed è scaduto in data 15/3 u.s. il termine per eventuali modifiche. - Il CDF dispone la proroga del termine assegnato ai Presidenti di Raggruppamento per l’esame e l’approvazione del calendario mostre relativo ai rispettivi territori di competenza. Il termine viene pertanto differito al 15 aprile 2019. - Il CDF delibera l’acquisto di n. 180 trofei da destinare ai Club di Specializzazione, accettando l’offerta n. 63 del 2019 della società Nadia Premiazioni srl, da ripartire in numero di 4 per ogni club organizzatore di mostre specialistiche nella prossima stagione. - Il Presidente ed il Segretario mostrano agli altri Consiglieri i depliant relativi all’Ente Fiera di Carrara, loro consegnati dal Presidente dell’A.O. Apuana in occasione dell’ultima assemblea elettiva del Raggruppamento Toscana, in quanto quest’ultima avrebbe intenzione di avanzare la propria candidatura per l’organizzazione di uno dei prossimi Campionati Italiani. Il Presidente fa notare che sembra trattarsi di strutture a prima vista valide ed in linea con gli standard necessari per la tenuta del Campionato Italiano nonché geograficamente collocati in zona favorevole. Il CDF prende atto e si riserva di valutarne la fattibilità qualora l’intenzione si concreti in formale richiesta, allo stato non ancora pervenuta. - Il CDF esamina il verbale dell’Ordine dei Giudici del 02/02/2019 e, allo stato, delibera quanto segue, riservandosi ogni più compiuto approfondimento delle restanti proposte di ratifica alla prossima riunione. E quindi: - autorizza la pubblicazione di bando per la selezione di N. 2 Allievi Giudici della sezione I (Ondulati), N. 4 Allievi Giudici della sezione J (altri Psittaciformi), N. 2 Allievi Giudici della sezione A (Harz) e N. 2 Allievi Giudici della sezione B (Malinois); - ratifica la proposta di avvio di un corso di aggiornamento per Giudici della sezione F relativo alle categorie tortore, colombi, quaglie e colini (sezione O-P); - ratifica la definitiva conclusione di tutti i corsi Allievi Giudici pregressi; - prende atto della comunicazione ricevuta dal Commissario della CTN Canto Renato Buccheri in ordine agli esiti del Congresso di Cervia e devolve gli atti al Presidente della COM-Italia per il successivo inoltro alla COM/OMJ.