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Giovanni Canali
Rusticità
di GIOVANNICANALI, foto F.O.I.
Il significato di rustico e quindi di rusticità, stando al vocabolario, ha a che fare con la campagna e per estensione alla rozzezza o alla scarsa socievolezza e simili. Nel linguaggio degli allevatori, invece, sta a significare robustezza, vitalità, magari riferito anche a qualcosa di poco raffinato. Ebbene, io mi attengo al significato di rusticità attribuito dagli allevatori, esteso anche alle ottime attitudini alle cure parentali. Le selezioni spinte, in tutti gli animali allevati, comportano di regola problemi, come l’indebolimento in senso generale, la maggiore frequenza di patologie, specialmente ereditarie, difetti che ricorrono ed altro. Tutto ciò favorito anche dalla consanguineità, specialmente stretta e se non ben gestita. Per contro, in ceppi allevati in modo diciamo spartano, o comunque in modo non spinto selettivamente, ove magari si premiano i soggetti più robusti ed appunto detti rustici, si ha una notevole vitalità. Certo la vitalità a volte, diciamo anche spesso, non si associa a buone qualità particolari. Gli esempi sono numerosi, come per le bovine da latte che hanno carriera breve o galline altamente ovaiole che pure durano poco, anche se, quando funzionano, danno risultati eccezionalmente interessanti economicamente. Le razze ornamentali o d’affezione, ma con ambizioni da mostra, non fanno eccezione. Noi allevatori di uccelli domestici, sappiamo tutti che razze a selezione spinta, specialmente quelle giganti, spesso sono cagionevoli come salute e spesso non allevano bene. Si sente anche dire che i più belli sono i più problematici, e questo fa pensare non solo alla sfortuna ma anche ad una condizione molto omozigote. Del resto, studi scientifici dimostrano che una condizione molto omozigote, anche per una serie di alleli e non solo in generale, crea problemi di vitalità.
Secondo Lerner occorre una condizione eterozigote di almeno un quarto per avere compatibilità con la sopravvivenza: è la questione dell’omeostasi genetica, sostanzialmente dell’equilibrio. Appare quindi abbastanza chiaro che parlare di accoppiamenti misti non serve solo per avere tipicità maggiori (è nota l’utilità dei portatori), ma probabilmente serve anche a favorire situazioni non troppo omozigoti, anche se questo aspetto lo ritengo secondario rispetto alla condizione generale. Chi alleva per esporre deve certo considerare la ricerca della massima tipicità, che comporta selezioni accurate; tuttavia è bene tener presente che non si può arrivare mai alla perfezione, che non è cosa di questo mondo. Non è quindi il caso di essere assillati per ogni piccolo difetto, ma semmai cercare la presenza delle caratteristiche peculiari di ogni selezione. Importante negli accoppiamenti cercare la compensazione, cioè accoppiare soggetti con difetti diversi, non gravi, e poi scegliere nella prole chi ha raccolto le caratteristiche migliori. Sempre tenendo conto che un soggetto perfetto non lo avremo mai e neppure una prole tutta ottima, non essendo possibile una condizione del tutto omozigote. Inoltre, e questo è un punto cruciale, bisogna selezionare non solo per la bellezza ma anche per la rusticità. Certo, questa scelta può far perdere un poco di tempo all’inizio, ma alla fine si avrà un ceppo non solo bello ma anche abbastanza robusto e prolifico. Penso in particolare all’attitudine alle cure parentali. Il giochino di spostare le uova da un nido di campioni cattivi allevatori a quello di soggetti non di particolare pregio ma ottimi allevatori, a breve può anche dare buoni risultati, ma poi ci si ritrova spesso con un ceppo di soggetti che dipende dalle “balie” e questo non è affatto bello, né utile. Si tenga presente che i soggetti di pregio diventano meno numerosi, quando si deve dedicare parte dell’allevamento alle balie. Chi ha tempo e spazio, per esempio diciamo per 50 coppie, con ceppi non autonomi (quelli che io chiamo “ceppi cuculo”), dovrà tenere almeno 30 coppie di balie, mentre quando i ceppi sono autonomi tutte le coppie potranno essere di pregio. La presenza di qualche coppia di balie per casi particolari, come aiuto per nidiate molto numerose, è altra cosa e ci può stare. Inoltre, lasciatemelo dire, ma vedere dei pulcini invocare cibo invano è spettacolo davvero triste, mentre vedere nidi traboccanti di pulcini con gozzi ricolmi è gratificante. Il nostro dovrebbe essere solo un hobby e quindi foriero di soddisfazioni e non
di tristezze. Certo le tristezze non sono eliminabili, ma possiamo ben ridurle al minimo con una buona gestione e con selezioni adeguate. Per selezionare ceppi con ottima attitudine alle cure parentali, bisogna preferire riproduttori molto dotati in tal senso. Si badi bene che non basta tenere le femmine che allevano e le loro figlie, ma tutta la loro prole; infatti bisogna considerare anche i maschi. Ci sono maschi che imbeccano e le loro figlie di norma imbeccano, ma se il maschio non imbecca, le sue figlie spesso non imbeccano o imbeccano poco. Quindi, la selezione dei soggetti che nutrono bene deve essere completa, riguardando maschi e femmine. La frase che si sente dire: “tengo le figlie delle femmine che imbeccano” è parziale e non basta. Si consideri che l’attitudine alle cure parentali è strettamente genetica. A volte si sente dire che quando un canarino è sano alleva; purtroppo non è affatto vero, un soggetto può anche “scoppiare di salute”, ma se non ha la programmazione genetica giusta non alleva. Per contro, soggetti in difficoltà quando hanno attitudine alle cure parentali, allevano o tentano di allevare fino allo sfinimento, anche se la loro prole ben difficilmente sarà sana o sopravvivente, per ovvi motivi.
Non esiste neppure un imprinting; infatti, soggetti allevati benissimo da ottime balie possono rivelarsi pessimi nell’allevamento, quando lo erano i loro genitori biologici. L’imprintingincide in alcune specie, ma non parimenti in tutte, per il senso di appartenenza appunto come specie (si verifica molto negli Anseriformi, celeberrima l’oca Martina di Konrad Lorenz), riconoscendo come madre il primo soggetto in movimento che vedono, ma non per le qualità delle cure parentali. A livello di attitudine alle cure parentali, il soggetto dipende dalla genetica dei genitori, non altro. Questo almeno per le specie comunemente allevate ed in particolare per il Canarino. Aggiungo che l’indebolimento nelle selezioni spinte non si ripercuote necessariamente sull’attitudine alle cure parentali, ma accade spesso, magari non per un collegamento stretto ma per circostanze contingenti. Circostanza contingente può essere la volontà di avere prole da un soggetto molto bello, indipendentemente dalla sua attitudine alle cure parentali. La frequenza del problema è evidente; ricordo che un allevatore di passeri del Giappone molto selezionati mi disse che usava anche balie della stessa specie. Praticamente le balie delle balie, visto che il passero del Giappone è una specie usatissima come balia, per specie affini di altri Estrildidi, causa la sua efficienza notevolissima nell’allevamento della prole. Tuttavia, anche in quest’ultimo caso, più d’uno segnala che quando allevano i genitori le cose vanno meglio a livello di vitalità; in tal senso si parla spesso dei diamanti della signora Gould. In questo caso c’è anche l’aspetto di specie diverse; se la specie fosse la stessa, ci sarebbero meno problemi, semmai quelli già indicati. Indipendentemente dall’attitudine alle cure parentali, è bene non sacrificare troppo la robustezza alla bellezza. Soggetti deboli o addirittura tarati devono essere esclusi dalla riproduzione. È bene non farsi illusioni: è molto più facile perdere un pregio che eliminare un difetto,
specialmente quando il difetto è una tara. Ho visto tenere soggetti con i lumps per poi tirarseli dietro all’infinito, magari illudendosi che basti inserire l’intenso per eliminarli. Inserendo l’intenso si fanno gli intensi con i lumps, serve proprio a poco. Certo l’intenso è utile per l’equilibrio del piumaggio, ma non per combattere una tara ereditaria con un suo comportamento genetico specifico. C’è poi l’aspetto degli allevamenti intensivi che rendono necessarie le medicine più del normale. Questa circostanza riguarda soprattutto gli allevamenti intensivi da reddito, tuttavia anche noi allevatori amatoriali dobbiamo ben sapere quanto dannoso sia l’affollamento. Quando c’è affollamento si ha un aumento esponenziale delle malattie, anche in presenza di buone norme igieniche. Pertanto è bene non dimenticare la natura amatoriale del nostro allevare, di conseguenza non dobbiamo cercare di strafare. Per noi allevatori amatoriali, allevare deve essere un piacere e non dobbiamo rinunciare a fornire ai nostri amici pennuti tutte le migliori condizioni di vita. Deve essere un bene per loro ed un piacere per noi. Dover combattere con le patologie non è certo divertente. Ed in conclusione non dimentichiamo che soggetti rustici, sani e ottimi allevatori, ci trasmettono un senso di soddisfazione che non possono certo darci soggetti problematici, anzi potrebbero finire con lo scoraggiarci. Per quanto mi riguarda, sono un allevatore che, pur apprezzando le raffinatezze, ama avere soggetti rustici; inoltre, sono anche abbastanza rustico io stesso e nel senso più tipico della parola! Quando avevo gli uccelli nella casa avita, ricordo che tornavo dai campi con fasci di erbe selvatiche con semi immaturi destinate ai miei beniamini, nel tentativo di avere un’alimentazione il più possibile vicina a quella naturale. Un gran bene per loro e gratificante per me, che amo tanti aspetti della natura.
RICONOSCIMENTI Giovanni Nisticò - Società Ornitologica Genovese
Riconoscimento con targa ricordo offerta dai soci della Società Ornitologica Genovese all’attuale Presidente del Raggruppamento Liguria Giovanni Nisticò quale ex Segretario dal 1990 al 2015 dell’Associazione che per oltre 25 anni ha saputo distinguersi per la scrupolosità e la grandissima passione dimostrata alla S.O.G. e ai Soci. La targa è stata consegnata dal socio anziano Giorgio Foglia. il Direttivo ed i Soci della Società Ornitologica Genovese