Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus
ANNO XLV numero 8-9 Agosto-Settembre 2019
Canarini da Canto
Veterinario
Canarini di Forma e Posizione Lisci
Harzer-Roller, come dire: Atoxoplasmosi, malattia Quale ciuffo un’orchestra perfetta che conviene ricordare vogliamo
Selezione
VitalitĂ ed efficienza estetica
ANNO XLV NUMERO 8 9 AGOSTO SETTEMBRE 2019
sommario 3
Idee per un hobby Giovanni Canali
Harzer-Roller, come dire: un’orchestra perfetta
7
Michele Mariella
Atoxoplasmosi, una malattia che conviene ricordare Antonia Paladino e Salvatore Catania
10
31 Le Melanine (1ª parte) Umberto Zingoni 37 Convegno/incontro“Attualità Ornitologica” Gennaro Iannuccilli 43 Orni-flash News al volo dal web e non solo 47 La Santoreggia domestica Pierluigi Mengacci
PDD- Proventricolite dilatativa nei pappagalli
51
Federica Ardizzone
L’Amadina testarossa (Amadina erythrocephala) Venanzio Campolini
Canarini da Canto
7
53
15
Canarini di Forma e Posizione Lisci
Recensioni Novità editoriali
Quale ciuffo vogliamo Giuliano Passignani
Fringillia 2019 30 anni di scoperte Renzo Esuperanzi
I padri dell’ornitologia italiana Orazio Antinori Roberto Basso
Pagina aperta Argomenti a tema
Vitalità, efficienza ed estetica Giovanni Canali AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it
13 15 17 21 25 27
Cronaca
Estrildidi Fringillidi Ibridi
53
Gemellaggio fra il Museo FOI ed il Museo civico di Lentate sul Seveso Giovanni Canali
Giugno ornitologico in Abruzzo Filippo Morrone
Attività FOI - Verbale Consiglio Direttivo del 14-15 giugno 2019
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975
Direttore Responsabile: Antonio Sposito Caporedattore: Gennaro Iannuccilli Collaboratori di Redazione: Giovanni Canali, Renzo Esuperanzi, Maurizio Manzoni
Stampa: TEP s.r.l. - Strada di Cortemaggiore, 50 29122 Piacenza - Tel. 0523.504918
Commissione Salute, Benessere animale e Ricerca Scientifica: Elena Circella, Giuseppe Marruchella, Gianluca Todisco
ABBONAMENTI ANNUI: Italia € 50,00 - Estero-Europa € 70,00 Estero-ExtraEuropa € 90,00 Un numero € 5,00 - Arretrato € 6,50 C.C.P. 53684957
Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani
36
Inoltro postale in Italia: Effezeta srl Via Amilcare Mazzocchi, 36 - 29122 Piacenza
56 59 63
Le quote abbonamento vanno versate, mediante vaglia o assegno, alla Segreteria. Le opinioni espresse dagli Autori non impegnano la Rivista e la sua Direzione. La Redazione si riserva il diritto di non pubblicare o emendare gli articoli proposti. I collaboratori assumono piena responsabilità delle affermazioni e delle immagini contenute nei loro scritti. Vietata la riproduzione, anche parziale, se non espressamente autorizzata. © F.O.I. In copertina: Gloster corona a fondo bianco (Serinus canaria) Foto: PHILIPPE ROCHER
Editoriale
Idee per un hobby di G IOVANNI CANALI, foto FOI
I
l nostro hobby di allevatori di uccellini, nonostante sia così affascinante e creativo, ha avuto difficoltà da sempre, ma oggi le difficoltà aumentano ed il ricambio generazionale ha un saldo molto negativo. Le iscrizioni calano ogni anno ed è problematico pensare a possibili rimedi. Alcuni problemi che riducono le adesioni sono noti da sempre. I più pesanti sono legati al luogo dove tenere gli uccelli d’affezione. Non tutti hanno una stanza in più, anzi spesso gli appartamenti sono piuttosto esigui come spazio. Non sempre c’è un garage, una cantina o una soffitta idonei. Nei condomini moderni le difficoltà spesso si accentuano e c’è da affrontare la frequente ostilità dei condòmini. Un altro aspetto è dato dal tempo disponibile; infatti, gli uccellini devono essere seguiti costantemente, di regola tutti i giorni, specialmente durante il periodo riproduttivo. Pesante il problema delle ferie, con la necessità di trovare qualcuno che sostituisca l’allevatore. Di solito ci si rivolge ad un parente, anche se non sempre del tutto affidabile, oppure ad un amico, magari socio della stessa associazione di appartenenza, previa restituzione del favore.
Oggi si accentua l’ostilità più o meno rilevante di parte dell’opinione pubblica che non ama gli uccellini in gabbia. Si va diffondendo un sentimento di protezione degli animali ed anche vero e proprio animalismo, che possono avere aspetti positivi ma anche negativi. È abbastanza strano che alcuni accettino senza problemi cani e gatti (magari castrati) e non accettino l’uccellino in gabbia. Si accetta talora il coniglio, il criceto, ma il bengalino e perfino il canarino per alcuni sono inaccettabili. Eppure ben sappiamo che, se ben tenuti, i pennuti non soffrono allo stato domestico, come parimenti un piccolo mammifero, specialmente se nati in ambiente controllato (consiglio di vedere l’articolo: - Stress, miti e verità - del prof. José Mauricio Duarte, I. O. n°5 maggio 2019 riportato da rivista straniera).Senza parlare dell’utilità dell’allevamento come baluardo verso le estinzioni e fonte di osservazioni scientifiche, non possibili in natura. La diffusione di filosofie ostili alla detenzione domestica riduce il numero delle persone disposte ad allevare, anche se magari adatte per la loro sensibilità ed attitudine. Personalmente vedo molto di buon occhio la diffusione di sen-
AGOSTO-SETTEMBRE 2019
3
Editoriale timenti di attenzione verso la natura e sono contrario alle catture, se non in casi particolarissimi, come il recupero di animali feriti non più recuperabili per la vita libera (tipiche le ferite all’ala). Pratico il birdwatching ma non ci trovo incompatibilità alcuna con l’allevamento, anzi direi che potrebbero esserci aspetti complementari. Si dovrebbe anche considerare che gli allevatori fanno nascere, non uccidono! Inoltre vi sono specie che si riproducono da molto tempo e da molte generazioni allo stato domestico (il canarino da oltre 5 secoli!), con la comparsa di varie razze domestiche. Purtroppo, però, questi aspetti sono poco noti e vengono spesso ignorati, si trova perfino da ridire sulle mostre, anche se le gabbiette da esposizione sono utilizzate solo per pochi giorni. Non si considera che le mostre sono un veicolo di conoscenza insostituibile. Non ho nulla in contrario a leggi severe sul benessere animale, anzi, purché siano nei limiti della logica ed il legislatore si faccia consigliare da persone veramente esperte. Oltre a tutto ciò, si rileva che ci sono interessi presso i giovani, che li allontanano da certi hobbies impegnativi. Basta pensare ai vari strumenti informatici; si provocano perfino incidenti stradali per rispondere ai telefonini o simili. Davanti al computer si passa molto tempo, si hanno perfino visioni distorte della realtà: un esempio sono le false notizie. Eppure la realtà e il virtuale dovrebbero essere ben distinti. Un altro aspetto molto specifico è da ricondurre alla sempre minore presenza di negozi specializzati in uccellini, come quelli di una volta, che potevano essere considerati come “botteghe dell’arte”. Un tempo c’erano quasi in ogni città e c’era magari anche da scegliere. Non a caso si nota come le migliori associazioni del settore fiorivano, spesso, in concomitanza con queste botteghe. Oggi trionfano i supermercati ove, di solito, non si crea il rapporto personale con un negoziante appassionato che può dare qualche consiglio al neofita. Talora gli allevatori si spostano da una città all’altra per fare certe spese di mangimi, attrezzature ecc. Le leggi sulle associazioni (terzo settore), stanno diventando sempre più complesse, tanto da scoraggiare la prosecuzione della vita delle associazioni stesse, per non dire la nascita. È una vecchia storia, per l’abuso di qualcuno si creano problemi a tutti. Il legislatore farebbe bene a semplificare al massimo gli oneri per le associazioni, invece si va nella direzione opposta, nonostante l’importanza dell’associazionismo in tanti campi, come quello culturale o del volontariato. Le complicazioni non spaventano chi vorrebbe fare qualcosa di illecito, spaventano chi vorrebbe agire in tranquillità. Per evitare abusi ci vogliono controlli, non lacci e laccioli controproducenti. Le mostre sono un momento indispensabile alla vita delle associazioni come le nostre o simili, ma le mostre diventano
4
AGOSTO-SETTEMBRE 2019
sempre più problematiche. Ci sono difficoltà sempre maggiori a trovare i luoghi adatti, vuoi per oggettiva carenza, vuoi per le spese, vuoi anche per l’ostilità di amministratori locali. Sono fortunate le associazioni che vivono in paesi ove sono viste con simpatia. Nelle città grandi è sempre più difficile. È possibile porre qualche rimedio? Forse, ma riconosco non a tutto campo e non senza difficoltà. Certo la FOI o le associazioni consociate non possono allargare le residenze di nessuno o obbligare qualcuno ad aprire botteghe specializzate. Tuttavia qualche tentativo si può fare. Già si sono messi a disposizione di vari enti pubblici nostri esperti, e a vari livelli si è cercato di trovare attenzione nella società civile. Per indicare qualche iniziativa che sia realizzabile, e non un capitolo del “libro dei sogni”, cerco di fornire qualche idea. La FOI da sempre è spesso stata gestita bene al suo interno, ma è stato curato poco l’aspetto dei rapporti esterni, anche se recentemente ci si è mossi di più. Cercare di apparire in una società dell’immagine temo sia indispensabile. Ritengo quindi che apparire in televisione sia utilissimo per suscitare curiosità che potrebbe diventare interesse. Certo le televisioni a carattere nazionale sono ben difficili da indurre a considerarci, forse meno difficili le televisioni locali. Ricordo che una trasmissione di qualche anno fa ha suscitato interesse. L’importante è che chi interviene, sia in grado di non prestare il fianco a critiche varie e dimostrare competenza. A livello locale sarebbe utile che le associazioni avessero un buon rapporto con i negozianti del nostro settore. Ad esempio, se nel negozio venisse esposta una locandina indicante il modo di iscriversi all’associazione stessa, potrebbe essere senz’altro vantaggioso. Posso ben dirlo poiché, se il titolare del negozio che frequentavo da bambino fosse stato collaborativo con l’associazione della mia città, mi sarei iscritto prima. Non che abbia poca anzianità, viso che ho effettuato la mia cinquantesima iscrizione, tuttavia mi sarei iscritto ancora prima. Il fatto è che il negoziante non era in buoni rapporti con l’associazione di Parma, la mia città. Anche nelle mostre non dovrebbe mancare un cartello che indicasse la possibilità di iscriversi e di informazioni in genere. Un ulteriore aspetto da pubblicizzare, allo stesso modo di cui sopra, sarebbe il nostro sito, specialmente ora che Italia Ornitologica è ivi pubblicata anche in versione sfogliabile. Spesso le associazioni mettono a disposizione dei visitatori un accompagnatore. Ebbene, sarebbe utile che questo servizio ci fosse sempre e ben pubblicizzato, certo nei limiti del possibile. Se qualche giovane si avvicinasse, sarebbe perentorio accoglierlo con la massima disponibilità, coinvolgendolo ed aiutan-
Editoriale
dolo, non certo buggerandolo con soggetti scadenti. Anche qui mi viene in aiuto il ricordo personale. Ero piuttosto timido e non osavo chiedere di partecipare come aiutante alle mostre. Se mi fosse stata offerta la possibilità, avrei cominciato prima. Non si cada però nell’errore di essere troppo pressanti; massima disponibilità e sollecitudine non sono sinonimi di pressione soffocante. Quando vedo un giovane adepto, mi comporto come avrei voluto si comportassero con me, e mi metto subito a disposizione, dicendo sempre però frasi come: “se credi, se desiderassi approfondire”, non cerco mai di imporre alcunché. Questo vale anche per i soci da tempo. Talora i presidenti si lamentano per scarsa collaborazione, ma ciò non serve. Non è mai successo, che io sappia, che lagnanze abbiano indotto qualcuno a fare di più; è invece successo che qualcuno si sia stufato ed abbia ridotto ulteriormente la partecipazione. I soci impegnati sono sempre una minoranza, del resto le motivazioni sono diverse. Meglio incoraggiare in modo suadente, segnalando per esempio che servire i giudici è una palestra eccellente di apprendimento. Personalmente ritengo di aver imparato di più come porta gabbie che non al corso. Utilissime le iniziative sociali di tutti i tipi, dalla conferenza alla cena, bisogna cercare di fare gruppo. Utili i contatti con le scuole. Sia come accompagnamento di scolaresche, magari fatte entrare gratis, ed anche con concorsi a tema, come disegni o temi di contenuto ornitologico. Si potrebbero studiare anche incontri aperti alla società civile,
come convegni, mostre divulgative o didattiche. A questo proposito segnalo che tanti anni or sono l’associazione di Reggio Emilia (SOR), con la FOI, il CRMU dell’università di Parma e l’“Istituto Candioli” di Torino, riuscirono ad effettuare due convegni a Reggio Emilia che furono, mi dissero, di ottimo successo. Ho gli atti del primo convegno del 1961, purtroppo non ho l’altro. In quei convegni parteciparono illustri scienziati e docenti universitari. Un ulteriore tentativo potrebbe essere, quindi, quello di cercare contatti con l’università o ornitologi scientifici. L’esito però oggi sarebbe certo negativo, per difficoltà insuperabili. Tuttavia lo farei ugualmente, anche con la certezza di non riuscire, se non altro per non avere recriminazioni morali. Comunque qualche convegno di un certo spessore è stato fatto anche più recentemente in diverse località. Non sto a citare esempi per non far torto a nessuno. Spero si possa continuare con successo. Per quanto riguarda i locali di allevamento, dicevo all’inizio che non possiamo allargare le residenze delle persone, ma forse un’associazione potrebbe trovare un luogo con diversi locali, magari da affittare ai soci. È difficilissimo ma ricordo un esempio di tanto tempo fa a Bologna, nella vecchia fornace. Fra l’altro la vicinanza degli allevamenti favorisce le collaborazioni. Anche un privato potrebbe muoversi in tal senso percependo un equo affitto. Può darsi benissimo che non mi siano venute tutte le idee possibili, spero quindi in suggerimenti dei lettori.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019
5
CANARINI DA CANTO
Harzer-Roller, come dire: un’orchestra perfetta di MICHELE MARIELLA, foto R. BUCCHERI e M. MARIELLA
P
ur avendo non poche difficoltà nel mettere a confronto due periodi storici così diversi, di cui a breve vi parlerò, cercherò di spiegare cosa realmente è successo in tutti questi anni nel mondo del magnifico Harz Roller. Facciamo un passo indietro: negli anni ‘60 e fino agli anni ‘80 vi era una massiccia presenza di allevatori di Harz. In quel periodo l’Harzer era tanto diffuso, non soltanto per la conoscenza canora della razza ed il maggiore interesse verso di essa, ma anche perché
I tedeschi hanno creato l’Harzer ed insegnano per tutta l’Europa che la tendenza è la purezza e non la quantità Canarino Harzer-Roller, autore: R. Buccheri
era una delle poche razze allevate. Non c’erano infatti tutte le mutazioni nel colore che oggi conosciamo. I canarini di forma e posizione erano poco diffusi e gli esotici iniziavano ad arrivare. Quindi l’Harz la faceva da padrone anche rispetto al Malinois, adottato in Italia intorno ai primi anni ‘70 e che poco più tardi avrebbe trovato diffusione e notorietà. I grandi allevatori di Harzer di quel periodo erano molto chiusi, poco comunicativi con i nuovi appassionati, salvo poche eccezioni, ad esempio l’ottimo Visen-
tin che fu allevatore serio e disponibile. Difficilmente riuscivi ad ascoltare i loro soggetti e quasi mai questi allevatori ti cedevano la migliore loro produzione. I poveri “comuni mortali”, appassionati del cantore ed animati di sincero entusiasmo, si accontentavano di ciò che si rendeva loro disponibile, mai potendosi confrontare in gare con i grossi espositori. La maggior parte degli allevatori di prestigio era concentrata in Veneto, dove nacque (nel 1956) ed ebbe sede l’Associazione
Harzisti Italiani, conosciuta come A.H.I. Nessuno degli allevatori di quel tempo spiegava nulla a chi si affacciava alla conoscenza dell’Harzer, né in sede di gara, né presso i propri allevamenti, quindi si cercava di imparare qualcosa leggendo o ascoltando le loro conversazioni nelle riunioni associative o in sede di gare. Insomma, tutto era chiuso e invalicabile, solo pochi fortunati riuscivano a rompere questo muro ed a piccoli passi salire verso la cima. Alla fine degli anni ‘80 alcuni dei
AGOSTO-SETTEMBRE 2019
7
Canarino Harzer-Roller, autore: M. Mariella
migliori allevatori ruppero questo muro di silenzio e finalmente i “senatori” si resero disponibili ad aiutare i novelli allevatori, ad indicare i rudimenti fondamentali, la base di partenza per potere allevare e realizzare dei buoni cantori nel proprio allevamento. Purtroppo, ciò coincideva con un decremento del numero degli allevatori, dovuto soprattutto all’evoluzione della canaricoltura; i canarini di colore, infatti, riscuotevano sempre più successo e la divulgazione era repentina e considerevole, a discapito delle razze di canto. Arriviamo ai giorni nostri: la platea degli iscritti è diminuita, ma si mantiene costante nel tempo, non solo nel mondo Harz ma in tutte le specializzazioni; tutto questo non è dovuto ad una chiusura, ma ad un’evoluzione dei tempi. Pochi sono i ragazzi che si interessano all’Harzer, all’ornitofilia in genere e, da un po’ di tempo a questa parte, è venuto a mancare il ricambio generazionale, se si tiene conto che i più giovani degli attuali allevatori di Harzer hanno una età media di cinquant’anni circa.
8
AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Questo fenomeno coinvolge tutta l’Europa. Si registra uno spaventoso calo in Germania, come anche in Belgio. Gli unici Paesi attualmente indenni dalla crisi sono quelli del nord Africa, ma la tecnologia prima o poi arriverà anche lì. Tornando al nostro tempo ed al nostro canarino, sfido chiunque attualmente allevi o si voglia approcciare all’Harzer a dire che da parte nostra ci sia chiusura. Nelle esposizioni, al termine del giudizio, non sono mai mancati innumerevoli ascolti di stamm con la presenza di giudici o allevatori esperti che con dovizia spiegano note e loro sfumature, e nessuno dei grandi allevatori si è mai negato nel cedere soggetti in esposizione (questo prima non accadeva). Pertanto, asserire che “siamo alla frutta” non vuol dire che la responsabilità sia riconducibile al comportamento di noi attuali allevatori e giudici di Harzer, che invece da tempo ci muoviamo con attenzione e dedizione verso gli allevatori meno esperti. La triste verità è che la diminuzione di allevatori, di interesse in genere verso l’Harzer, come
verso altre razze, è una inquietante conseguenza del periodo storico che stiamo vivendo ed i motivi sono quelli sopra indicati. I giovani si interessano di altro. Non saremo molti ma neanche pochi, le difficoltà che si incontrano nell’allevare questo magnifico canarino non sono poche. Il tutto è legato alla sensibilità umana; sono troppe le sfumature che molte orecchie non percepiscono, ma ciò non toglie che, se ci si crede e si ha passione, si impara ugualmente, come ho fatto io e tanti come me. Neppure le altre razze di canto, in particolare il Malinois, attraversano un periodo facile. Il Malinois è sempre stato più diffuso. Dagli anni ‘80 in poi prese il sopravvento sull’Harzer ed ha sicuramente più allevatori iscritti rispetto, appunto, all’Harzer, ma le difficoltà sono identiche. Mentre il Timbrado, di nuova introduzione nel mondo del canto, attraversa un periodo più felice, probabilmente perché esprime un canto più vicino ai gusti dei giovani oppure perché è la novità del momento e, come tale, si gode una brillante espansione anche in Italia oltre che in Spagna. Passiamo alle note dell’Harzer: molti contestano un limitato repertorio, ma in seno all’emissione delle quattro note fondamentali (hohlrollen/knoren/ pfeifen/hohlkligel) posso assicurarvi che le sfumature sono molteplici e di una bellezza unica. Non vi è nessun divieto nel selezionare soggetti con gluck, wasser o altro riconosciuto dal regolamento; ognuno può allevare e selezionare i soggetti che più gradisce nella espressione canora, considerato che alla fine si tratta solo di un hobby che, in quanto tale, ha come prioritario requisito la libertà dell’appassionato di fare come meglio ritiene. Ma non condivido assolutamente la critica sui Giudici, verso i quali si punta il dito, come se taluni di essi preferissero una linea di canto a discapito di un’altra. Questo non è vero ed è inammissibile. I Giudici in Italia punteggiano regolarmente tutte le note, quindi anche i wasser, la glucken ed altro, se fosse espressione chiara del cantore. Però bisogna chiarire che, se un allevatore
seleziona i suoi cantori ed inserisce una nota come la gluck, porta solo problemi nell’equilibrio del repertorio del canarino, laddove molto spesso la gluck è difettosa e scatena ben altri difetti nella canzone dell’Harz ed il Giudice non ha nessuna colpa per questo! L’allevatore deve capire che, essendo l’Harz una macchina perfetta, anche la nota deve rasentare la perfezione, altrimenti sarà sempre un soggetto mediocre che farà anche 7/8 note ma tutte espresse in mediocrità. Negli ultimi anni le schokeln e le wasser punteggiate sono innumerevoli: chiunque è libero di selezionare le altre note, ma il rischio è che il cantore perda la qualità delle note fondamentali o, peggio ancora, possa emettere difetti piccoli o grandi. Questo induce inevitabilmente ad un percorso sbagliato, ad una selezione dell’Harzer non conforme al suo standard, la cui prerogativa è la perfezione fonetica. I tedeschi hanno creato l’Harzer ed insegnano per tutta l’Europa che la tendenza è la purezza e non la quantità. Aggiungo che negli anni ‘70/’80/’90 la qualità dei nostri attuali canarini è stata molto elevata e che i precedenti allevatori (200/300 in quegli anni), seppure più numerosi, non avevano neppure la consapevolezza della qualità delle note emesse da un Harzer dei giorni nostri. Questo per chiarire, una volta per tutte, che l’attuale Harzer è cresciuto e si è evoluto in questi ultimi decenni e che la Germania ha dato e continua a dare un contributo notevolissimo al mantenimento della qualità delle quattro note fondamentali e alla purezza di espressione. Noi continuiamo con serietà e dedizione per questa strada. Concludo ribadendo due concetti semplici e fondamentali da osservare per il buon allevamento dell’Harzer: qualità e purezza dello standard.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019
9
VETERINARIO
Atoxoplasmosi, una malattia che conviene ricordare Testo e foto di ANTONIA PALADINO (*) e SALVATORE CATANIA (*)
L’
atoxoplasmosi è una malattia parassitaria causata da un protozoo appartenente al genere Atoxoplasma, il quale può rendersi responsabile di eventi di mortalità sostenuta nei canarini novelli e non solo. Verso la fine degli anni ’60, esordì negli allevamenti di passeriformi una forma morbosa che stava minacciando gravemente la salute degli animali. La natura parassitaria della sindrome fu per la prima volta ipotizzata dalla parassitologa Edith D. Box la quale isolò, dagli organi degli animali deceduti, un protozoo le cui oocisti, forma di resistenza del protozoo nel mondo esterno, ricordavano molto quelle di un gruppo di parassiti, i coccidi, ben conosciuti dagli allevatori. Al contempo, la studiosa aveva osservato come questi microorganismi attuassero un ciclo biologico differente da quello dei coccidi classici, il quale si espleta soprattutto a livello intestinale. I parassiti del genere Atoxoplasma, infatti, sono capaci di oltrepassare la barriera intestinale, diffondere nel circolo sanguigno, raggiungere organi quali il fegato, la milza ed il polmone, dando cosi vita ad una forma patologica sistemica, alle volte particolarmente grave. L’infezione avviene per via oro – fecale: brevemente, il canarino sano ingerisce le oocisti sporulate presenti nell’ambiente (fondo gabbia), emesse precedentemente da un canarino già infetto.
Canarino sintomatico
La natura parassitaria della sindrome fu per la prima volta ipotizzata dalla parassitologa Edith D. Box (*) Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Laboratorio di Medicina Aviare, Verona
Uno dei momenti critici nello sviluppo della parassitosi è rappresentato dalla fase che va dallo svezzamento fino alla muta. La maggiore sensibilità alla manifestazione dell’atoxoplasmosi è infatti individuabile nei novelli. E’ tuttavia necessario porre le medesime attenzioni anche ai soggetti adulti, soprattutto alle femmine le quali, durante la fase di riproduzione, affrontano un periodo di particolare stress che potrebbe favorire la replicazione del parassita.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 11
L’infezione da Atoxoplasma si caratterizza da segni clinici aspecifici: nei novelli si può osservare depressione del sensorio, progressivo dimagrimento, le feci sono talvolta diarroiche, le piume arruffate. I valori percentuali di mortalità sono variabili. Negli adulti l’atoxoplasmosi può manifestarsi anche con segni respiratori e neurologici. Le lesioni anatomopatologiche sono localizzate principalmente a livello della milza la quale appare di notevoli dimensioni. Lesioni si repertano anche a livello del tratto enterico ove le anse intestinali possono essere dilatate e congeste. In minor misura si può osservare epatomegalia. I segni clinici sono aspecifici tuttavia una corretta diagnosi eziologica è possibile grazie al ricorso degli esami di laboratorio. Per il controllo della malattia è impor-
Le lesioni anatomopatologiche sono localizzate principalmente a livello della milza la quale appare di notevoli dimensioni
tante dimostrare la presenza delle oocisti o del parassita nell’allevamento al fine di attuare tutte le misure gestionali in grado di contenere la problematica sanitaria. Fondamentale per dimostrarne la presenza è condurre un esame parassitologico delle deiezioni che possono essere prelevate dai cassetti sotto-gabbia oppure raccolte su carta stagnola. E’ buona norma raccogliere gli escrementi deposti nell’arco dell’intera giornata e per più giorni, dato che l’eliminazione delle oocisti è intermittente, sebbene sia riportato che vi sia un picco di eliminazione nel primo pomeriggio. L’esame microscopico permet-
12 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Immagine al microscopio dell’atoxoplasmosi
te di rilevare l’eventuale presenza di oocisti. Limite di questo tipo di indagine è che permette solo di rilevare la presenza di oocisti ma non consente solitamente di riconoscere il genere di appartenenza. La PCR da deiezioni di soggetti adulti in riproduzione si rileva di grande aiuto, oltre che per fini diagnostici anche per attuare un monitoraggio sanitario. Tale aspetto risulta giustificato in relazione al fatto che l’atoxoplasmosi può rappresentare un’importante causa di mortalità e, conseguentemente, di perdite economiche nell’allevamento dei canarini. L’atoxoplasmosi risulta essere di difficile eradicazione poiché spesso i microorganismi rimangono quiescenti a livello organico per poi nuovamente innescare la patologia subito dopo la sospensione della terapia o a seguito del sopraggiungere di nuove situazioni di stress per l’animale (fase di deposizione, stress da trasporto). Inoltre, i continui e possibili scambi di soggetti, tipici di tale tipologia di allevamento, possono rappresentare un fattore che di sicuro non facilita l’eradicazione. Per quanto riguarda l’eventuale terapia, è bene porre attenzione alla pos-
sibile resistenza acquisita dal parassita nei confronti di alcuni prodotti, potenzialmente favorita dall’uso inappropriato degli stessi mediante schemi empirici suggeriti dal passaparola, e che contribuiscono, unitamente al ciclo biologico, a rendere molto difficile la sua eradicazione. A fronte di una tale situazione, la figura del Medico Veterinario svolge un ruolo chiave nella profilassi e nella gestione sanitaria dell’allevamento. Rigorose precauzioni igieniche (pulizia e disinfezione delle mangiatoie, del fondo gabbia e delle griglie) ed un buon management dell’allevamento (presenza di griglie in buone condizioni igieniche, evitare sovraffollamento e, in caso di malattia conclamata, isolamento dei soggetti sintomatici e terapia) risultano essere i pilastri per la prevenzione della malattia. In un’ottica di approccio olistico alle malattie, lo stato di salute fisica dei nostri animali può essere ottimale solo quando essi sono liberi di vivere in un ambiente che garantisca il proprio benessere. Fattori di stress ambientale e condizioni di scarso comfort possono essere situazioni predisponenti all’insorgenza di malattie.
R ecensioni Atlante degli Uccelli Nidificanti e svernanti nel Parco Naturale Regionale di Veio a cura di Alberto Sorace, Emiliano De Santis, Raffaella Falasconi, Gisella Monterosso, Enzo Savo, Alessandra Somaschini Edizioni Miligraf per Parco di Veio Editore - Pagine 303 Con piacere e interesse, l’Associazione Romana Ornicoltori ha aderito all’invito ricevuto dall’Ente Regionale “Parco di Veio” per assistere alla presentazione del volume “Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti nel Parco Naturale Regionale di Veio”. Il Presidente A.R.O. Alberto De Vita ha fermamente condiviso la volontà di essere presenti con una delegazione, perché è di fondamentale importanza guardare oltre il “recinto” dell’allevamento ornitologico e allargare i nostri orizzonti entrando in contatto e collaborando con altre realtà da considerare partner della nostra comune passione. La presentazione dell’Atlante si è svolta lo scorso 11 Giugno presso la Sala Tevere, nella sede della Regione Lazio, gremita di persone interessate a vari livelli: giornalistico, naturalistico, ambientale e amatoriale. Nel corso della mattinata, si sono susseguiti vari interventi da parte dei relatori, tra i quali: il neo presidente del Parco di Veio Giorgio Polesi, insediatosi solo da un mese, Giuseppe Cangemi, vicepresidente del Consiglio Regionale del Lazio, Alessandra Somaschini, direttore del Parco di Veio, Alberto Sorace ed Emiliano de Santis dell’associazione Parus, Enrica Onorati, assessore Ambiente e Agricoltura della Regione Lazio, oltre a Fabio Neri, coordinatore dei guardiaparco. È stato sottolineato l’importante lavoro svolto da oltre 12 anni per cercare di recensire tutte le specie nidificanti nel Parco (83), nonché quelle osservate nel periodo dal 2005 al 2017 (in totale 136), in un’area di oltre 15000 ettari e grazie all’impegno di soli 15 guardiaparco, un urbanista e un ingegnere al servizio dell’Ente. Il volume si apre con una descrizione esauriente del Parco di Veio, che si estende nell’ampio territorio a nord di Roma e che comprende anche i Comuni di Campagnano, Castelnuovo di Porto, Formello, Magliano Romano, Mazzano Romano, Morlupo, Riano e Sacrofano, come ben visibile grazie alla corredata cartina in buona risoluzione grafica, per poi elencare i metodi seguiti per ottenere le necessarie informazioni da archiviare e, quindi, per illustrare i risultati conseguiti al termine del periodo impiegato. Seguono, poi, tutte le schede delle specie osservate, con rispettive fotografie e descrizioni. Ciascuna scheda è così articolata: Nome italiano e scientifico, Corologia, Distribuzione nazionale e regionale, Tabella di sintesi, Habitat, Stato di conservazione, Periodo riproduttivo/svernamento, Cartina di distribuzione. Alcuni relatori hanno evidenziato le specie in declino nel Parco, come Verdoni, Rondini, Cardellini e Allodole, mentre è stata riservata particolare attenzione alle specie alloctone come il Parrocchetto dal collare, considerata tra le 100 specie più invasive e in forte competizione con il Torcicollo e il Picchio muratore, e il Parrocchetto monaco, comunque meno invasivo e problematico per le specie autoctone. Anche se si è distanti dall’area del Parco di Veio, questo Atlante degli Uccelli vi farà entrare in questo meraviglioso territorio e vivere l’emozione delle varietà di volatili ivi presenti, con la nutrita speranza che si riesca a preservare la natura in queste oasi di biodiversità, contrastando i tentativi di sfruttamento, ahinoi sempre presenti.
Novità èditoriali
di GENNARO IANNUCCILLI
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 13
CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI
Quale ciuffo vogliamo di GIULIANO PASSIGNANI, foto FOI E S. GIANNETTI
D
opo diverso tempo torno a scrivere sui canarini, più precisamente su alcuni problemi irrisolti che hanno alcune Razze. Raramente nei canarini lipocromici il ciuffo nasce lipocromico. Leggendo quasi tutti gli articoli che appaiono sulla rivista Italia Ornitologica, ho appreso della decisione che la commissione OMJ ha preso nei riguardi del Ciuffato Tedesco. La decisione così recita: “con chiarezza è stata definita la presenza di melanine nel ciuffo della razza Ciuffato Tedesco lipocromico, dove la melanina non deve oltrepassare il limite della nuca e, letteralmente, una linea immaginaria (ben evidenziata nel disegno allegato a questa decisione) che parte dalla commessura del becco ed attraversa l’occhio, indicando il limite della melanina del ciuffo”. Finalmente qualcosa si è mosso! Non solo nei confronti del Ciuffato Tedesco lipocromico doveva essere fatto questo chiarimento, ma anche per altre due razze di canarini di postura liscia, precisamente Lancashire e Rheinlander. In questi ultimi tempi, in alcune mostre ornitologiche, sulle schede di giudizio di Lancashire coppy e Rheinlander a testa ciuffata si legge: “non giudicabile, ciuffo debordante sulla nuca”. Ecco il perché di questo articolo, il quale dovrebbe chiarire alcune importanti specifiche sul ciuffo dei canarini lipocromici. È buona norma accoppiare un canarino ciuffato ad uno a testa liscia. L’accoppiamento tra ciuffati e testa liscia è dovuto al fatto che l’accoppiamento tra due ciuffati produrrebbe mortalità parziale e alcuni soggetti con ciuffo a doppio fattore (soggetti malsani), in quanto il ciuffo è un fattore genetico a carattere dominante subletale. Ritornando al ciuffo, i canarini lipo-
Ciuffato tedesco, foto: S. Giannetti, all. Franz Winze, 94 p.ti al Campionato Mondiale di Bari 2014
cromici quasi sempre hanno il ciuffo melaninico, mentre i testa liscia hanno quasi sempre la testa lipocromica. Questo fattore genetico è dovuto al sistema melaninico che interessa gli
È buona norma accoppiare un canarino ciuffato ad uno a testa liscia
occhi: occhi neri, ciuffo eumelanico; occhi bruni, ciuffo feomelanico. Il ciuffo nasce da un piccolo centro, posto al centro del vertice della testa, e questo piccolo centro, dal quale nascono tutte le penne che formano il ciuffo, è influenzato dalla sostanza melaninica che interessa gli occhi. Nei canarini a testa liscia, le penne tectrici che rivestono la testa non nascono da un piccolo centro vicino al sistema melaninico degli occhi, ma nascono da piccoli pterili superficiali che si trovano sulla cute della testa.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 15
Lancashire testa ciuffata
I ciuffi meno marcati sono quelli che hanno avuto una trasmissione melaninica più leggera sario applicare la stessa normativa anche per i Lancashire coppy e per i Rheinlander a testa ciuffata. Non è più accettabile che un Lancashire coppy passi dai 93 punti di una mostra ornitologica alla successiva in cui non viene giudicato per tracce di melanine sulla nuca. Nei Rheinlander ciuffati le penalizzazioni sono talmente tante che hanno indotto alcuni allevatori ad escludere questa Razza dal proprio allevamento. Sono certo che quanto prima verrà chiarita questa attuale discriminazione nei confronti dei Lancashire e dei Rheinlander. Sempre a disposizione per ulteriori chiarimenti. Rheinlander
I ciuffi, nei canarini lipocromici, sono quasi sempre melaninici; raramente sono lipocromici e i melaninici possono essere più o meno marcati. I ciuffi meno marcati sono quelli che hanno avuto una trasmissione melaninica più leggera rispetto a quei ciuffi che hanno avuto una spinta molto più forte di carica melaninica. I canarini lipocromici con il ciuffo melaninico subiscono le seguenti mutazioni: quando la carica melaninica è leggera, il ciuffo subisce una schiarita, chiamata volgarmente “screziatura”; quando la carica melaninica è molto forte, la screziatura è più evidente e ricopre tutta la testa compresa la nuca, in quanto anche la nuca fa parte della testa. Quando gli esperti OMJ in quella riunione hanno deliberato, con parole chiare e uno specifico disegno, che la nuca fa parte della testa, chiarendo una volta per tutte che in fase di giudizio la stessa nuca melaninica non debba essere più penalizzata, forse sarebbe stato neces-
16 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
CRONACA
Fringillia 2019 30 anni di scoperte testo e foto di Renzo Esuperanzi
Vista panoramica della mostra
E
ra la fine degli anni ’80 e Bruno suo tempo per i canarini di colore. Per specializzazione selettiva, motivo per Zamagni era un affermato allequalche anno, girando per gli allevacui, coinvolgendo tutti gli apvatore di Verdoni mutati con lo menti italiani che si stavano passionati dell’epoca (era il 1989) sguardo rivolto al futuro. In quegli dedicando alle nuove mutazioni di organizzò a Rimini la prima “Mostra anni, infatti, stavano comparendo le colore sui Fringillidi, capì che tutti Sperimentale dei Fringillidi mutati”, prime mutazioni di colore sull’Orgapotevano essere interessati ad una abbinata ad un interessantissimo connetto (bruno e pastello), sul vegno domenicale sulle Lucherino (diluito e bruno), nuove mutazioni di colore sul Ciuffolotto (pastello) e che stavano via via compaCoinvolgendo tutti gli appassionati sul Fringuello (agata e brurendo. Nonostante fossimo dell’epoca (era il 1989) organizzò no), così egli pensò bene che agli albori di quel nuovo quello fosse l’inizio di mondo, parteciparono tutti a Rimini la prima “Mostra un’era, da affrontare con gli allevatori italiani di mutaSperimentale dei Fringillidi mutati” ti, con circa 100 soggetti dedizione e specializzazione così come era avvenuto a esposti in totale. Ovviamen-
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 17
Femmina di Cardinalino pastello-bruno-diluito
te, l’attenzione venne catturata sia dalle mutazioni ormai consolidate sul Verdone (agata, bruno, isabella, lutino e satiné), per le quali si cercò di individuare l’indirizzo selettivo, sia dai pochi soggetti che erano lì a rappresentare le nuove mutazioni sugli altri Fringillidi indigeni oltre che sul Cardi-
In questi 30 anni la formula della mostra è rimasta la stessa; è cambiato il nome (Fringillia)
nalino del Venezuela e sul Lucherino testanera. In questi 30 anni la formula della mostra è rimasta la stessa; è cambiato il nome (Fringillia) e, grazie all’evoluzione del mondo che ci circonda, l’esposizione è stata aperta anche ai Fringillidi non mutati, agli ibridi ed a tutti i soggetti non Estrildidi. Queste aperture, abbinate alla forte specializzazione che ha coinvolto il nostro ambiente in tutto questo tempo, hanno fatto sì che si passasse dai 100 soggetti iniziali, ai 1500 attuali (bloccati dal numero chiuso degli ingabbi). Chiaramente, le mutazioni presenti sono ormai tantissime e riguardano tutte le specie comunemente allevate, ma ogni anno la mostra fa da vetrina alle nuove mutazioni che insorgono, sulle quali si concentra normalmente anche buona parte del dibattito domenicale. La restante parte della discussione viene sempre focalizzata sulla selezione e qui gli interventi non mancano mai, a tutto vantaggio degli espositori e dei giudici presenti. Volendo citare le novità di volta in volta presentate a Fringillia, come non ricordare l’Organetto pastellobruno, L’Organetto perlato, l’Organetto scuro, l’Organetto feo, il Verdone diluito, il Verdone ambra, il Verdone mascherato, il Verdone scuro, il Verdone pezzato, il Verdone citrino, il Lucherino pastello-bruno (che allora chiamavamo erroneamente “isabella”), il Lucherino avorio, il Lucherino giallo, il Lucherino silice, il Lucherino topazio, il Lucherino feo, il Ciuffolotto pastello-bruno, il Ciuffolotto topazio, il Ciuffolotto giallo, il Ciuffolotto pezzato, il Fringuello opale in tutte le sue sovrapposizioni, il Fringuello diluito, il Fanello bruno, il Verzellino bruno, il Verzellino satiné, il Cardellino agata, bruno, isabella, pastello, opale, perlato, perlé, giallo, testa bianca, faccia bianca, faccia nera, il
Il tavolo della premiazione 2018
18 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Maschio di Verdone ambra
Negrito diluito, il Lucherino ventregiallo diluito e bruno, il Cardinalino diluito, pastello, bruno, pastello-bruno, topazio ed avorio, il Lucherino pettonero bruno, diluito e pastello, il Lucherino testanera diluito, topazio albino e bruno, il Verdone di Cina agata, bruno e isabella, il Carpodaco messicano feo, torba, grigio ed opale con relative combinazioni, il Merlo pastello, bruno, “siamese” ed albino, il Tordo bruno e lutino, il Tordo sassello bruno, nonché le varie mutazioni finora fissate sul Passero domestico e sulla Passera mattugia. Dalla lunghissima lista di cui sopra, si può facilmente capire che gli argomenti sui quali discutere non sono mai mancati grazie ai fantastici allevatori italiani che, nel tempo, hanno imparato a ben selezionare i soggetti allevati, fissando le mutazioni che di volta in volta si presentavano, ma anche grazie ai rivenditori del settore, che hanno contribuito non poco nel diffondere quanto compariva negli allevamenti del Nord Europa. Grazie al fattivo contributo di Bruno Zamagni nel costante ruolo di instancabile organizzatore e catalizzatore di interesse, del Club dell’Esotico nella veste di supporto tecnico, dell’AAA (Associazione Adriatica Allevatori, ndr) che con i suoi fantastici soci determina la perfetta riuscita della manifestazione, dei commercianti del settore, dei Giudici, degli allevatori e di tutti gli appassionati che collaborano, anno dopo anno, Fringillia è diventata il punto di riferimento tecnico per chi alleva Fringillidi e non solo. Quest’anno, in occasione di questo importante compleanno, da appassionato, mi aspetto di vedere una mostra che sappia ben rappresentare i 30 anni di storia ed auspico anche la presenza di tutti gli allevatori ed espositori che in questi anni l’hanno fatta crescere e diventare quella che
Le mutazioni presenti sono ormai tantissime e riguardano tutte le specie comunemente allevate
è. Il tutto perché è fondamentale continuare a guardare avanti, ma in questo caso, anche guardandosi indietro, le soddisfazioni tecnicoorganizzative non mancano di certo e confrontarsi con gli amici che Fringillia ci ha fatto conoscere non può che continuare ad arricchirci umanamente e tecnicamente.
Maschio ibrido di Cardellino x Crociere fasciato
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 19
DIDATTICA & CULTURA
I Padri dell’Ornitologia italiana
Orazio Antinori (Perugia 1811 - Let Marefià 1882) di ROBERTO BASSO e ANGELO BLANCATO foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO
F
iglio del marchese Giacomo Antinori e della contessa Tommasa Bonaini-Boldrini, Orazio Antinori fin dalla tenera età mostrò un grande interesse verso le discipline zoologico-naturalistiche ed in particolar modo verso l’ornitologia. Iniziò gli studi classici al collegio dei benedettini dell’Abbazia di San Pietro, senza però appassionarvisi e senza conseguire alcun diploma. Nel frattempo, si dedicò per circa dieci anni all’ornitologia e all’imbalsamazione, costituendo una ricca collezione di esemplari che donò all’università di Perugia. All’età di 27 anni, trasferitosi a Roma, approfondì ancora di più l’ornitologia, facendosi apprezzare sin da subito come naturalista preparatore; iniziò a tal proposito un rapporto di collaborazione con il principe Carlo Bonaparte, non solo come imbalsamatore e conservatore del gabinetto di scienze naturali ma anche nella stesura dei libri Fauna Italica e Conspectus generum avium. Sempre grazie al principe Bonaparte conobbe Lorenzo Landini, celebre acquerellista, che in seguito al viaggio con Antinori scrisse il libro “Due Anni in Africa col Marchese Orazio Antinori”. A stravolgere la sua personalità fu l’influenza delle ideologie mazziniane; dieci anni dopo, nel 1848, si arruolò nell’esercito pontificio comandato da Giovanni Durando, prendendo parte alla campagna del Veneto, e combatté contro
L'Antinori ritratto in una foto del 1878
Un'immagine in Tunisia che ritrae sulla destra l'Antinori
Il timore delle possibili rappresaglie francesi lo costrinse alla fuga fuori dall’Italia; iniziò così un lungo esilio che terminerà solo nel 1861
gli Austriaci a Cornuda riportando una ferita da arma da fuoco al braccio destro. Tornato a Roma, partecipò ai moti democratici e venne eletto deputato all’Assemblea Costituente, ma la vittoria e l’entrata delle truppe francesi in città determinarono la caduta della Repubblica Romana e lo scioglimento della milizia. Il timore delle possibili rappresaglie francesi lo costrinse alla fuga fuori dall’Italia; iniziò così un lungo esilio che terminerà solo nel 1861. La prima di una lunga serie di peregrinazioni lo portò ad Atene; poi si trasferì a Costantinopoli, dove mise a frutto la propria esperienza di cacciatore e imbalsamatore. Qui collaborò con il console svizzero Guido Gonzenbach, fondatore di una Casa d’Esportazione di reperti zoologici per svariati musei europei; durante questa fase Antinori scrisse alcuni lavori che, una volta tradotti, furono pubblicati in diverse riviste tedesche: in essi egli descrisse e studiò svariate specie di animali. Successivamente, il suo esilio lo portò in Egitto, dove esplorò il Nilo come nessun altro prima d’allora, raccogliendo un’ingente mole di reperti naturalistici che, una volta tornato in Italia, rifornirono svariati musei d’Europa ed in particolar modo quelli di Genova e Torino. Intraprese quindi una vita da esploratore: ripartì, infatti, per l’Egitto nel 1859 in seguito alla riscossione dell’eredità
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 21
paterna che fece da trampolino di lancio per numerose nuove spedizioni. Le prime esperienze importanti le visse a Sennar, in Sudan, accompagnato da Angelo Castelbolognesi e dai fratelli Ambrogio e Giulio Poncet. Egli inoltre portò a compimento diverse altre escursioni, avendo come base operativa Khartuan. Possiamo quindi affermare che Orazio Antinori, dotato di una solida conoscenza delle scienze naturali, fu uno tra i primi pionieri italiani ad addentrarsi così in profondità nel continente africano. Raccogliendo esemplari come fonte di documentazione diretta dei propri studi, esemplari che nell’insieme formarono un’ampia e dettagliata collezione di studio zoologico-naturalistica, in pochi anni Orazio Antinori divenne una figura di spicco nel panorama europeo per ciò che concerne le spedizioni scientifiche a scopo naturalistico. Rientrato in Italia, vendette la propria collezione tassidermica al governo italiano per l’importo di 20.000 lire, con l’espressa volontà di destinarla interamente al Museo di Torino ma, come sovente accade, questa fu frammentata e dispersa tra le più importanti strutture museali italiane, con la palese conseguenza di azzerarne nel complesso la rilevanza scientifica. Donò invece la propria collezione etnografica al Museo dell’Università
Atti della giornata di studi in memoria di Orazio Antinori
di Perugia. Successivamente, fu cofondatore della Società Geografica Italiana assieme a Cristoforo Negri e Cesare Correnti e ne fu per molti anni il segretario generale, partecipando attivamente all’editoria del Bollettino della Società. Ma la sua passione per i viaggi fu inarrestabile: nel 1863 partì per la Sardegna insieme all’ornitologo Tommaso Salvadori per dedicarsi all’ornitologia e raccogliere nuovi campioni zoologici per le proprie collezioni. Nel 1866 partì alla volta della Tunisia, non solo per raccogliere esemplari ma anche per ridisegnare una nuova mappa idro-geologica dei luoghi visitati; si
Preparazioni di ardeidi Antinori nel Museo dell'Universitàdi Perugia
22 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
occupò inoltre della ricerca archeologica dei reperti romani. Nel 1869 fu investito dell’importante incarico di rappresentare il governo italiano in Egitto in occasione dell’inaugurazione del Canale di Suez. Nel 1870 partecipò, insieme al naturalista Odoardo Beccari e al geologo Arturo Issel, ad una spedizione nel Mar Rosso, nella terra dei Bogos, ovvero l’odierna Eritrea. Cinque anni dopo tornò in Tunisia per una nuova spedizione promossa dalla Società Geografica, ma la sua più grande impresa, all’età di 66 anni compiuti, fu la “Grande Spedizione” ai laghi equatoriali. Era il 7 marzo 1876 quando il principe Umberto proclamò l’inizio della grande spedizione che, promossa con entusiasmo, si rivelò poi una catastrofe. La prima squadra, costituita da Antinori, da Giovanni Chiarini e da Sebastiano Martini, una volta sbarcata a Zeila, incontrò una grande ostilità da parte del sovrano egiziano Abu Barker; inoltre, lungo l’arduo tragitto che da Zeila porta allo Scioa, persero gran parte del proprio equipaggiamento, sciagura che si ripetè nella seconda spedizione, alla quale Antinori non poté partecipare a causa di un incidente di caccia che lo privò dell’uso della mano destra. Quest’ultimo avvenimento fece sì che il sovrano Menelik gli donasse un terreno di 95 ettari a Let-Marefià come luogo di riposo, ma, una volta rimessosi in sesto, Antinori compì ancora brevi escursioni verso sud. Si occupò delle proprie collezioni naturalistiche, impegnandosi a trasformare LetMarefià in una stazione scientifica ed ospedaliera, su suggerimento dell’Associazione Internazionale per l’Esplorazione e l’Incivilimento dell’Africa. Rifiutò in ogni modo di rientrare in patria per non abbandonare LetMarefià, dove sognava di realizzare una scuola agraria. Gravemente ammalato, morì il 26 agosto 1882 tra gli indigeni che lo amavano e stimavano perché, come scrisse Baratieri, “poteva tutto con la dolcezza in paesi dove tutto si suole imporre con la forza”. Fu costruita una tomba a forma di capanna secondo le usanze abissine,
la quale fu trovata intatta durante l’occupazione italiana del 1936. Nello stesso anno della sua morte la Società Geografica Italiana gli conferì la Medaglia d’Oro alla Memoria. In onore e alla memoria di Orazio Antinori, che fu tra i primi naturalisti europei a studiare sul campo l’ampia biodiversità delle regioni più interne dell’Africa, furono dedicate diverse specie appartenenti alla fauna del Nord-Est africano. I rapporti di collaborazione e le amicizie costruite da Antinori con i più grandi naturalisti dell’epoca, figure fondamentali per meglio comprendere la storia e l’evoluzione della museologia naturalistico-scientifica italiana, consentirono di far maturare in questi personaggi un profondo interesse verso quei luoghi. Il suo lascito, in termini meramente ornitologici, riguarda la descrizione di 15 specie, più altre 10 che egli scoprì ma che furono descritte da altri. Gli scritti in lingua italiana furono: - Catalogo descrittivo di una collezione di uccelli fatta da Orazio Antinori nell’interno dell’Africa centrale dal maggio 1859 al luglio 1861 (1864). - Descrizione di una nuova specie del genere Saxicola, Antinori e Salvadori (1872) - Nuova specie del genere Hyphantomis (1873) - Viaggio dei signori O. Antinori, O. Beccari, ed A. Issel nel Mar Rosso, nel terreno dei Bogos e regioni circostanti durante gli anni 1870/71. (1873) - Relazione del Marchese Antinori alla presidenza della Società Geografica e al Comitato Esecutivo per la spedizione italiana nell’Africa equatoriale (1878). A Casalina, vicino Deruta, è possibile visitare la Galleria di Storia Naturale dell’Università di Perugia collocata negli edifici dell’ex manifattura tabacchi. Qui sono esposti circa 7000 reperti tra animali, minerali e vegetali all’epoca raccolti dai naturalisti Orazio Antinori e Monsignor Giulio Cicioni. Una delle sue più celebri citazioni fu: “Meglio cento volte la tenda del beduino, meglio il dorso del cam-
Frontespizio del catalogo delle collezioni ornitologiche Antinori
Bella preparazione dell'Antinori
mello, meglio la continua lotta e la sublime incertezza dell’indomani... io voglio morire in Africa, libero come la natura”. Oggi, ad onorare la sua memoria, troviamo diverse vie recanti il suo nome nelle città di Perugia, Roma, Catania, Palermo, Portogruaro (VE), Torino, Vicenza, Padova, Frigole (LE), Rende
(CS). Nella sua città natale, all’interno dei giardini “Giosuè Carducci” è stata eretta una colonna con un busto in bronzo a lui dedicato. Sempre a Perugia, in Piazza Italia, è stata affissa in sua memoria una lapide in marmo e diverse furono le mostre che in passato commemorarono il grande esploratore umbro.
Avvoltoio degli agnelli o Gipeto dell'Antinori
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 23
Se desideri proporre un argomento scrivi a: redazione@foi.it
P agina aperta
Gent.mo Paolo, il Border è una bellissima razza, ripresa egregiamente da uno stato di decadimento in cui era caduta negli anni ‘90 e riportata nei dettami dello standard. Ha recuperato molto nel piumaggio, nelle zampe, nella posizione e, di conseguenza, anche in eleganza; in tal senso il lavoro selettivo degli allevatori è stato fondamentale, ma tutto ha un prezzo e questi ottimi risultati estetici si pagano in termini di robustezza e prolificità, soprattutto se accoppiati in consanguineità. Questo discorso è valido per tutte le razze, ma nel Border si è reso molto più evidente. Purtroppo, è invalsa nell’opinione di molti allevatori la convinzione che la consanguineità sia l’unica strada per selezionare un “ceppo” di qualità; io penso invece che sia un tentativo di scorciatoia molto pericoloso, che non può essere utilizzato come regola generale applicabile da chiunque. Questo, infatti, ha generato canarini molto deboli e particolarmente sensibili a patologie, basti pensare alle infezioni da Bornavirus nel canarino che ha colpito soprattutto soggetti di razza Border o anche fenomeni più generali come appunto l’ipofertilità o la sterilità totale. Oltre alle cause genetiche possono esserci anche errori gestionali; ad esempio, un’altra leggenda metropolitana vorrebbe che ai maschi andrebbe allungato il fotoperiodo in anticipo rispetto alle femmine nel tentativo di renderli fertili già negli ultimi mesi invernali. In realtà, in natura, il sole sorge e tramonta alla stessa ora sia per i maschi che per le femmine e le uova raramente sono sterili nelle prime covate; quindi, il mio consiglio, che è poi quello che faccio nel mio allevamento di Norwich e Gloster, è di simulare il più fedelmente possibile ciò che avviene in natura, mi spiego meglio: in natura il fotoperiodo comincia ad aumentare a metà dicembre e i Fringillidi selvatici cominciano a riprodursi all’incirca ad aprile, questo vuol dire che per passare da una fase di riposo sessuale allo status di riproduttore, la natura ha previsto di impiegare circa quattro mesi, nei quali avvengono gradualmente delle modificazioni ormonali e anatomiche che abilitano all’attività riproduttiva. In allevamento, invece, la maggior parte degli allevatori aumenta la luce a partire da dicembre per accoppiare a fine gennaio/febbraio chiedendo agli uccelli
Argomenti a tema
Voglio farvi i miei complimenti per aver pensato di dedicare una rubrica della nostra rivista all’esposizione di problematiche ricorrenti o dubbi nella conduzione degli allevamenti. Sono un allevatore da più’ di quarant’anni, ho allevato svariate razze per finire con la razza Border che amo in maniera viscerale. Ahimè gioia e dolori, in quanto molteplici sono i problemi a cui si va incontro nel dedicarsi all’allevamento di questa splendida razza, molti risolvibili con una accurata selezione dopo aver reperito ed accoppiato soggetti, diciamo, non del tutto sani e con tare importanti. Una cosa però non riesco a migliorare e a capirne le cause, ed è la fertilità dei maschi nelle prime covate che, davvero, a volte diventa imbarazzante. Ritengo che le prime siano le più importanti, per far nascere soggetti robusti, allevati con vigore e non in modo stentato come può succedere con l’avvento dei primi caldi. Chiedo gentilmente un consiglio autorevole di qualche esperto sulle cause e sui possibili rimedi, anche perché nel corso degli anni ne ho sentite di tutti i colori, trattamenti di preparazione per i maschi miracolosi, ma mai niente su base scientifica o frutto di esperienze provate e riprovate con successo. Tengo a precisare che nel mio allevamento esistono condizioni igienico sanitarie ottime, con la collaborazione di un medico veterinario, e che non utilizzo medicinali miracolosi ad uso integrativo continuo nei pastoncini di allevamento. Grazie e vi prego di continuare a riprendere questi spazi nella rivista: la conoscenza di tutti i volatili è sicuramente utile ed importante, ma non tralasciate il trattamento di argomenti che possono interessare tutti ed in modo particolare i neofiti. PAOLO COMINATO
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 25
P agina aperta
Argomenti a tema
Border melaninico pezzato, 94 p.ti al Campionato Mondiale di Bari 2014, all. T. Winkelmans, foto: S. Giannetti
Border lipocromico pezzato, 94 p.ti al Campionato Mondiale di Bari 2014, all. Giove Antonio, foto: S. Giannetti
di passare dallo stato di quiescenza sessuale allo stato di riproduttore in soli due mesi, ovvero in metà tempo rispetto a quanto previsto dalla fisiologia di questi animali. Non è un caso, infatti, se dalla seconda covata la percentuale di fecondità aumenti, proprio in risposta all’aumentato fotoperiodo da maggior tempo. Parimenti, è molto importante variare l’alimentazione parallelamente all’aumento del fotoperiodo; oltre alla classica miscela di semi, infatti, è necessario aumentare verdure fresche, come pisellini decongelati, frutta, semi germinati e quant’altro sia di corredo all’arrivo della primavera. Personalmente trito le verdure e la frutta ottenendo una poltiglia che asciugo con del pastone secco con contenuto proteico non inferiore al 20%. Per il Border, così come per tutte le altre razze “pesanti”, la percentuale di proteina dovrebbe essere aumentata con uovo sodo e integratori proteici di alto valore biologico. I nutrienti come vitamine e sali minerali presenti negli alimenti freschi hanno una maggiore biodisponibilità rispetto a quelli presenti negli integratori commerciali, per quanto, soprattutto in certe razze meno rustiche, tali prodotti commerciali siano molto utili. La vitamina E, ad esempio, è utile in riproduzione, ma decisamente sopravvalutata dagli allevatori; consiglio di somministrarla a partire da un mese prima di accoppiare e associarla alle altre vitamine liposolubili A e D. La somministrazione di Calcio è fondamentale non solo per la femmina, in quanto va a costituire il guscio delle uova, ma anche nel maschio per la funzionalità degli spermatozoi. Il Calcio andrebbe possibilmente associato alla vitamina C. L’argomento, tuttavia, è molto vasto e impossibile da esaurire in queste poche righe; oltre questo è fondamentale un’anamnesi più precisa e dettagliata di quella che ci offre, utile a fornirle un piano d’intervento specifico per il suo allevamento. A tale scopo l’aiuto del suo Medico Veterinario è molto importante. Dr GIANLUCA TODISCO Medico Veterinario, PhD Accreditato FNOVI per la medicina e chirurgia aviare
26 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
SELEZIONE
Vitalità, efficienza ed estetica di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO
Nero opale intenso rosso
I
n più di un’occasione mi sono espresso a favore della vitalità e della funzionalità che attengono anche ad una maggiore efficienza, da non mettere in secondo piano rispetto agli aspetti estetici. In questa sede ritengo di dover ricordare che l’attitudine alle cure parentali è ereditaria e deve essere tenuta nella massima considerazione. A volte si sente dire da diversi allevatori che “i canarini sani allevano sempre”, ma ciò è gravemente errato. Quando il canarino non ha conservato l’istinto delle cure parentali, non imbecca neppure se “scoppia di salute”. È più facile che imbecchi un soggetto malaticcio con l’istinto dell’imbeccata, fino a sfinirsi. Certo, quest’ultimo imbeccherà pulcini a loro volta facilmente malaticci, che probabilmente non sopravvivranno comunque. Allo stato selvatico, la selezione naturale contro i soggetti poco portati alle cure parentali è severissima. Costoro non si riproducono o si riproducono poco. Mentre sono premiati con maggiore prole i genitori più solleciti ed efficienti. Qui, però, sarà bene lascia-
Allo stato selvatico, la selezione naturale contro i soggetti poco portati alle cure parentali è severissima
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 27
re da parte certe inopportune umanizzazioni, come “genitori affettuosi” o “genitori snaturati”: si tratta solo di istinto. Allo stato domestico, le cose possono andare diversamente. Forse all’inizio veniva fatto tesoro dei migliori riproduttori ma poi, con ceppi o razze sempre più sofisticati, si è cominciato ad usare le “balie”, vale a dire coppie ritenute di minor pregio, ma ottime allevatrici, per allevare i piccoli di coppie pregiate, ma non efficienti nell’allevamento della prole. Questo comportamento, che non ritengo affatto positivo bensì decisamente sbagliato, ha causato il fatto che si siano venuti a formare ceppi non autonomi o poco autonomi come allevamento. Quindi necessitanti di balie; io li chiamo “ceppi cuculo”. Le ragioni per essere contrari al largo uso di balie sono abbastanza ovvie; prima di tutto, si devono tenere molte coppie di balie in più rispetto a quelle di pregio. Questo riduce di molto il numero delle coppie di elevato valore selettivo. Tanto per capirci: chi avesse spazio per 30 coppie dovrebbe tenerne almeno 20 di balie, se vi fosse una totale dipendenza. Un
certo numero di balie ci può stare come appoggio, magari da usare in presenza di covate molto numerose; infatti, nel canarino sono pochissime le coppie che allevano 6 novelli. Inoltre, qualche novello potrebbe rimanere indietro se nato dopo per deposizione tardiva, cosa che a volte accade con qualche uovo, specialmente l’ultimo. A questo proposito, vale la pena ricordare l’utilità di avere schiusa simultanea, in molte specie, al fine di evitare che gli ultimi nati soccombano, sovrastati dai primi nati. Quindi è necessario togliere le uova sostituendole con uova finte per poi metterle dopo la deposizione dell’ultimo. Di solito, nel canarino si mettono con il quinto, ma il sesto eventuale rischia molto. In natura le cure parentali sono massime e le covate, di regola, sono portate a termine completamente, anche se la canarina comincia a covare con il secondo uovo. Sarebbe molto comodo che iniziasse con l’ultimo, ma ciò non accade, salvo fatti del tutto eccezionali (a me è capitato una sola volta). Su questi aspetti ho sentito dire da allevatori di razze di canarino molto
rustiche, come la spagnola, che le femmine migliori vadano a cercare anche i figli più piccoli e li imbecchino regolarmente. Forse nella razza spagnola può incidere la recente parentela con il selvatico. Purtroppo, però, come dicevo, di solito questo non accade e prevalgono, fra i pulcini, quelli che si protendono maggiormente, reclamando l’imbeccata, mentre gli altri sono trascurati, essendo sovrastati dai più grossi. Non utilizzi il metodo di togliere le uova e poi rimetterle chi alleva uccelli che hanno il cosiddetto “latte del gozzo” (il canarino non ce l’ha), poiché l’alimentazione è diversa e i pulcini più piccoli sono alimentati prevalentemente con il “latte”, mentre i più grandini, via via, di più con altro cibo. In caso di schiusa simultanea, il latte
In natura le cure parentali sono massime e le covate, di regola, sono portate a termine completamente potrebbe non bastare. Queste specie, a volte, depongono le uova non ogni giorno, come il canarino, ma distanziate, proprio per avere pulcini di età diverse con diverse esigenze alimentari. Un esempio importante è dato dal pappagallino ondulato. Negli estrildidi (che hanno il latte del gozzo) spesso si usano balie di specie diversa, in particolare i celeberrimi ed efficientissimi passeri del Giappone, sempre che anch’essi non appartengano a ceppi superselezionati. Ebbene, si è sostenuto che il latte diverso dalla specie allevata sia un po’ meno adatto, sia come nutrimento che per via degli anticorpi. Molto meglio sarebbe avere riproduttori autonomi o quantomeno balie della stessa specie. Nelle specie che non hanno il latte, come il canarino, non vi è alcuna dif-
Passero del Giappone rosso-grigio
28 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Sono noti anche comportamenti anomali, come quello di spiumare i novelli quando escono dal nido ferenza se i piccoli sono allevati dalla madre o da altre femmine della stessa specie, ma immagino anche di specie diversa però abbastanza simile, pur non avendo dati su questo secondo caso. Forse con specie diverse potrebbe, semmai, esserci qualcosa come imprinting. Certamente si nota che non esiste alcun imprinting per quanto riguarda le cure parentali; infatti, i soggetti figli di genitori pessimi nell’imbeccata, allevati da balie ottime, diventeranno facilmente pessimi nell’imbeccata come i loro genitori biologici e non avranno appreso nulla, a questo livello, dalle balie. Ancora una volta la genetica si dimostra preminente. Allevatori accorti tengono in gran conto la rusticità dei riproduttori, vale a dire principalmente la salute e le cure parentali. È scelta che io ampiamente condivido e ritengo che alla lunga paghi. Certo, rinunciare ad ottimi soggetti perché non sufficientemente rustici può dispiacere e può comportare un ritardo nel conseguimento di risultati ottimali, ma alla fine, quando si arriva, si è veramente arrivati e non si deve tribolare continuamente. Attenzione, però, a non fare selezioni dimezzate. A volte, specialmente con i canarini, sento dire: “Tengo solo le femmine che imbeccano”, ma questo è riduttivo. Anche i maschi canarini imbeccano, oppure no, ed un maschio che non imbecca facilmente genera figlie che non imbeccano o imbeccano poco. Quindi si devono guardare non solo le femmine ma anche i maschi. Normalmente, quando si parla di cure parentali si pensa all’imbeccata ed in
effetti è l’aspetto di gran lunga più importante; tuttavia possono esserci anche altri rari aspetti. Uno di questi è il fatto di non covare. Nel canarino è raro, anzi, talora vi è, almeno in apparenza, un eccesso di cova; infatti, sembra che la femmina si preoccupi solo di riscaldare i piccoli, trascurando del tutto l’alimentazione. Sono noti anche comportamenti anomali, come quello di spiumare i novelli quando escono dal nido per preparare quello successivo.
Un caso rarissimo (me ne è capitato uno solo) accade quando il maschio, che prima aveva imbeccato nel nido, aggredisca i figli all’uscita dal nido; sembrerebbe geloso, come se li scambiasse per rivali. Un’anomalia è che la femmina scelga due figli ed imbecchi abbondantemente solo quelli, trascurando gli altri. Mi è capitato un caso e mi è stato riferito anche della scelta di un solo piccolo. Comportamento anomalo è il fatto che il maschio mangi le uova, quasi
Ondulato di colore normale serie blu
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 29
mai la femmina; occorre attenzione, tuttavia è un caso raro. In alcune specie si ha anche la mutilazione e/o l’uccisione dei piccoli, anche con successivo cannibalismo. In tutte queste circostanze è meglio rinunciare a tali soggetti con comportamenti anomali, certo senza tacerli all’eventuale acquirente. Esistono anche aspetti diversi dall’attenzione alle cure parentali: uno è il fatto di trascurare la vitalità dell’individuo; non si considera, spesso per nulla, la vivacità oppure se, in caso sia maschio, canti o no. Ebbene, non credo che questi aspetti siano del tutto insignificanti; i soggetti interessati potrebbero essere affetti da una patologia subdola o semplicemente essere deboli. Non vorrei esagerare, ma anche questi aspetti dovrebbero ricevere almeno un minimo di attenzione. Visto che l’allevamento amatoriale
Agata cobalto intenso giallo
deve essere un piacere, non mi pare che ci possa essere molta soddisfazione nell’allevare con fatica soggetti letargici, deboli, con patologie o semplicemente che non imbeccano. A me vedere i piccoli invocare cibo ed essere ignorati dalla madre, nonostante abbia a disposizione ogni prelibatezza, ingenera una rabbia profonda e a quella femmina rinuncio subito; analogamente con i maschi indifferenti, anche se la loro carenza può essere compensata dalla femmina. Piacevolissimo è invece avere coppie pimpanti, con maschi cantori che coadiuvano la femmina, già di per sé solerte, nell’allevamento di una folta nidiata di soggetti dal gozzo pienissimo, che crescono come funghi. Non vorrei apparire come “un cuore di mammola”, non lo sono, ma sensibile sì e posso ben dire che vi sono diversi aspetti gratificanti, oltre alle
vittorie in mostra, ad esempio il riempire la gabbia di erbe selvatiche con semi immaturi ed assistere al festino di genitori e figli. Certo, gli allevatori competitivi devono curare la selezione genetica per avere dei campioni. In questo campo mi sono già espresso in tante occasioni. Il fatto di poter ammirare le forme, la posizione, le arricciature o i colori, come pure di poter apprezzare il canto, è molto gratificante. Sono come opere nate per il nostro ingegno selettivo ed è giusto, anzi, fondamentale. Confermo che i successi in mostra sono motivo di grande soddisfazione; soddisfazione ben meritata, per l’impegno profuso. Tuttavia, non vanno dimenticati altri aspetti, come quelli di cui sopra. Per me poi, e spero anche per qualcun altro, c’è anche l’interesse per la ricerca, ma questo è un ulteriore capitolo che andrebbe trattato a parte.
I NOSTRI LUTTI
Un ultimo saluto al nostro caro socio Silvio Giara,esperto e meticoloso allevatore. Un caro abbraccio a Donata,ai figli Alberto e Filippo e al suo papà Renato. Sempre nei nostri cuori,ci mancherai. I soci A.S.O.B. Biella.
30 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
ALIMENTAZIONE
La Santoreggia domestica
L’orto-ornitofilo
testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI
Una pianta minuta dall’aroma inconfondibile e grandi proprietà
Satureja hortensis nel giardino dell’autore
Premessa Quando iniziai a dedicarmi seriamente all’ortaggio, un amico agronomo mi ha consigliato di predisporre, ai bordi dell’area prevista, delle aiuole per alcune piantine di erbe aromatiche e fiori officinali. Mi disse: - “Gigi, avrai due grandi benefici: primo, allontanerai afidi, nematodi e altri insetti nocivi alle colture orticole che pianterai; secondo, avrai, per la tua tavola, una varietà impagabile di aromi particolari di piante con grandi proprietà salutistiche.” E il
Alcuni studiosi fanno derivarne il nome dal greco sátyros; altri dal latino saturejum, proveniente da satura
terzo beneficio lo aggiungo io, da incallito ornitofilo: e se fanno bene a me perché non possono farlo anche i miei canarini? Detto, fatto. Timo, maggiorana, origano, santoreggia, basilico, calendula, nasturzio e tagete, sono le essenze che sono entrate di diritto a contornare il mio giardino e l’orticello in una gradevole varietà di colori e profumi! Del Timo ho descritto proprietà ed utilizzo in un mio precedente articolo (vedi I.O. Nov. 2016 pagg.19-21); oggi voglio descrivere la Santoreggia domestica una pianta aromatica officinale, le cui proprietà ho riscoperto seguendo il consiglio del mio farmacista-erborista. Quel mattino, pur sentendomi “affaticato, pesante e gonfio” per non aver ancora digerito l’ottima e abbondante cena consumata a casa dell’amico Romano Fraternali, ho dovuto recarmi in farmacia, pur non avendone voglia, perché avevo finito le mie compresse per la pressione e… perché mia moglie non me ne fa saltare una, di compresse! Ho raccontato al farmacista il mio “stato” e, tra le varie soluzioni, mi ha prospettato anche una tisana di Santoreggia - “visto che tu la coltivi nel tuo orticello - mi ha detto - la Santoreggia, grazie alle sue qualità carminative e di blando antisettico sull’intestino, ti aiuterà a togliere il senso di pesantezza, a lenire i dolori e senz’altro a sgonfiarti. Provala e mi dirai”. Ho seguito il suo consiglio e, vi dirò, aveva ragione! Una buona tazza di tisana
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 31
Satureja hortensis appena raccolta
con fiori e foglie di santoreggia appena raccolti, addolcita poi con miele millefiori, ha fatto il suo effetto. Più che convinto dai benefici ottenuti, ho voluto approfondire le mie poche conoscenze su questa pianta erbacea, che vado a descrivere.
proprietà digestive della pianta. Comunque, la Santoreggia domestica (Satureja hortensis) che coltivo nel mio orticello, è una pianta erbacea cespitosa con radice a fittone, stri-
Dati botanici Regno : Plantae Classe: Magnoliopida Sottoclasse: Asteridae Ordine: Lamiales Famiglia: Lamiaceae Tribù : Menteae Genere : Satureja Specie : Satureja montana e Satureja hortensis Origine: Regione mediterranea. Nome Comune : Santoreggia Prima di descrivere le caratteristiche botaniche di questa preziosissima erba aromatica, va detto che l’etimologia del nome Satureja risulta molto incerta. Alcuni studiosi fanno derivarne il nome dal greco sátyros; altri dal latino saturejum, proveniente da satura, ed altri ancora sempre dal verbo latino saturare, “saziare “, riferito alle
32 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Veduta parziale delle aiuole officinali
sciante, alta non più di 10-20 cm. Emana un profumo aromatico molto gradevole e persistente. Ha gambi legnosi alla base, eretti e ramificati e sono di un verde tendente al rossastro o violaceo. Le foglie sono piccole lineari-lanceolate di colore verde chiaro, opposte a due a due con breve picciolo. I fiori a calice campanulato, di color lilla chiaro, rosato o bianco iniziano a sbocciare entro la fine di aprile per durare tutta l’estate fino a settembre inoltrato. Sono molto bottinati dalle api, per cui fare attenzione nella raccolta. I frutti sono dei semini (acheni) duri, bruni o neri. Mentre la Santoreggia montana (Satureja montana), che possiamo trovare nelle praterie rase, nei prati e pascoli aridi e nel Nord-Est d’Italia fino ad una altitudine di m.1300 ed anche i luoghi pietrosi, è una specie spontanea perenne che possiede un aroma più pungente, con una struttura generalmente più robusta ed arriva fino ad un’ altezza di 40-50 cm. Il fiore è leggermente più scuro. Nel seminare la Santoreggia, in primavera, o trapiantarla dai vasetti acquistati nei negozi, va tenuto presente che la varietà domestica predilige un terreno alcalino, ben drenato senza ristagni d’acqua e molto fertile, mentre per la varietà montana il terreno può essere più povero. Oltre che per seme la riproduzione può avvenire per divisione dei cespi sia in primavera che in autunno, oppure può essere fatta per talee in estate. L’esposizione ideale è in pieno sole. Chi non ha la fortuna o possibilità di possedere un piccolo orticello o giardino può tranquillamente coltivarla in vaso con tutte le accortezze su descritte. A partire dal risveglio vegetativo e fino al mese di settembre possiamo utilizzare le foglie fresche e le sommità fiorite sia per usi culinari che officinali, avendo l’accortezza di staccarle con le dita. Nel mese di agosto, possiamo essiccare le pianticelle tagliandole a pochi centimetri da terra. Appena raccolte vanno tenute all’ombra fino a completa essiccazione; successivamente sminuzzate, si conservano in vasi di vetro.
Schema di un rametto di Santoreggia (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Satureja_hortensis)
Nutrienti principali per 100 gr. di Santoreggia hortensis Acqua 9 g Calorie 272 kcal Proteine 6.73 g Grassi 5.91 g Ceneri 9.63 g Carboidrati 68.73 g Fibre 45.7 g Carboidrati Minerali Calcio 2132 mg Ferro 37.88 mg Magnesio 377 mg Fosforo 140 mg Potassio 1051 mg Sodio 24 mg Zinco 4.3 mg Rame 0.847 mg Manganese 6.1 mg Selenio 4.6 μg Vitamine Vitamina C (acido ascorbico) 50 mg Tiamina (vitamina B1) 0.366 mg Niacina (vitamina B3 o PP) 4.08 mg Piridossina (vitamina B6) 1.81 mg Vitamina B12 0 μg Vitamina A (RAE) 257 μg Retinolo 0 μg Vitamina A, IU 5130 IU Vitamina D (D2+D3) 0 μg Vitamina D 0 μg Lipidi Grassi saturi 3.26 g Colesterolo 0 mg Fitosteroli Fitosteroli 31 mg Aminoacidi Altro
Fonti: U.S. Department of Agriculture, Agricultural Research Service. 2011. USDA National Nutrient Database for Standard Reference, Release 24 (http://ndb.nal.usda. gov/). RDA (Recommended Daily Allowance) - dose giornaliera raccomandata di vitamine e sali minerali che dovrebbero essere assunti.
83,3 % RDA 26,1 % RDA 22,7 % RDA 90,5 % RDA 32,1 % RDA
Alcuni cenni storici e curiosità varie Prima di elencare le grandi proprietà di quest’umile pianticella, ritengo utile far presente che fin dall’antichità la Santoreggia aveva i suoi estimatori “mitologici, culinari e medicinali”. Partendo dalla mitologia, Satureja è “l’erba dei Satiri” (dal plurale greco sátyroi), mitiche creature dei boschi, metà uomini e metà capre, dediti alla più sfrenata lussuria, per cui quest’erba venne considerata altamente afrodisiaca; tant’è che Greci e Romani la consacrarono al dio Bacco (alias Dioniso per i Greci), proprio perché ne apprezzavano il potere afrodisiaco. Gli antichi egizi preparavano dei vini afrodisiaci, insaporiti con la Santoreggia ed altre erbe, che avevano il potere di eccitare moltissimo gli amanti e fra questi vini il più efficace pare fosse il “vino di Cleopatra”, in cui assieme ad alcune solanacee, conteneva anche dell’oppio grezzo. Anche nella tavola dei Romani la Santoreggia era conosciuta non solo come erba afrodisiaca ma anche per le sue proprietà digestive e antisettiche e veniva utilizzata per aromatizzare salse e aceto. A tal proposito troviamo riferimenti negli scritti di Marziale, Ovidio e Plinio che ne esaltano le proprietà e anche Dioscoride dice “ l’uso della Santoreja è convenevole a conservar la santà, e mettersi nei cibi” (da Pietro de’ Crescenzi, Lorenzo Ciccarelli - 1724 - Agriculture) La santoreggia è stata introdotta in Europa dai monaci benedettini, come “pianta della felicità”e ne iniziarono la coltivazione nei loro orti come erba
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 33
curativa e medicinale per i problemi dello stomaco e dell’intestino e per stimolare l’appetito. Ben presto, però, fu loro proibita sia la coltivazione che l’uso della pianta, poiché risvegliava e stimolava gli istinti sessuali repressi. Nel Medioevo, Carlo Magno nella famosa ordinanza detta “Capitulare de villis” ha inserito la Santoreggia fra le erbe che dovevano essere coltivate per le sue proprietà medicamentose. Nel Rinascimento venne definita ‘salsa dei poveri’. Sotto il regno di Luigi XIV la pianta era molta rinomata in quanto il re Sole ne apprezzava l’aroma nelle pietanze e gli effetti afrodisiaci. L’uso della Santoreggia, come pianta aromatica e medicinale è sempre stato tramandato fino ai nostri giorni; inoltre è sempre presente nella composizione delle “erbe provenzali” (spezie utilizzate in cucina per aromatizzare i piatti e composte a seconda dei casi da: timo, rosmarino, basilico, finocchio, salvia, maggiorana, menta, origano, e santoreggia). La santoreggia è anche conosciuta come “erba dei fagioli” perché attenua la formazione di gas intestinali dovuti al loro consumo ed anche perché i semini vengono piantati nello stesso periodo.
Proprietà e utilizzo I contenuti di Sali minerali, Vitamine e fibre riportati nella suesposta tabellina dei Nutrienti principali, rendono la santoreggia ricca di proprietà benefiche e la fitoterapia moderna ha recepito e confermato tra l’altro anche le proprietà antisettiche e stimolanti della santoreggia, già in uso nella medicina popolare. Ecco, a mio avviso, le principali proprietà di questa minuta pianticella: - Carminativa (forse la principale): Una tisana di santoreggia è un vero e proprio toccasana in caso di cattiva digestione; aiuta a lenire i dolori gastrici ed i problemi di fermentazione intestinale e meteorismo. Favorisce la digestione e protegge l’apparato gastrointestinale. Anche i manuali di farmacologia hanno classificato l’Herba Satureja fra gli aromi carminativi. - Antibatterica e antivirale: soprattutto grazie all’olio essenziale di santoreggia ricco di carvacrolo, timolo ed eugenolo che aiutano la guarigione nei casi di raffreddore e influenza. - Vermifuga: aggiungendo poche gocce di olio essenziale nel tè, aiuta a combattere i vermi intestinali (ottimo a mio avviso nella sverminosi pre-cova dei canarini).
Satureja montana da Segreti e virtùdelle Piante Medicinali - Selezione dal Readers Digest
34 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
- Antinfiammatoria: il contenuto di elementi come i tannini proteggono l’organismo in caso di infezioni ai reni, ai polmoni e all’intestino e svolgono un’azione antinfiammatoria. - Antiossidante naturale: L’infuso di foglie e germogli di santoreggia aiuta a contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi proteggendo anche l’organismo da malattie cardiovascolari e tumori. - Antispasmodica: le foglie della pianta strofinate sulle punture di api e vespe leniscono il dolore e l’irritazione grazie alle proprietà antinfiammatorie e antimicotiche del carvacrolo presente. - Cardiotonica: anche in caso di affaticamento cardiaco una tisana di santoreggia può apportare dei benefici e togliere il senso di pesantezza. - Afrodisiaca: proprietà attribuita fin dai tempi antichi, in parte vera in quanto oggigiorno alla santoreggia è riconosciuta la capacità di stimolare le funzioni fisiche e cerebrali. - I fiori essiccati: messi in un sacchettino di cotone e posizionati nell’armadio tra gli indumenti di lana allontanano le tarme. - Tonico per pelle e capelli: un decotto di santoreggia nell’acqua del bagno rende più morbida la pelle. Inoltre, l’infuso di santoreggia applicato sui capelli previene la comparsa dei pidocchi, fortifica il bulbo pilifero e previene la caduta dei capelli (adatto anche per il bagnetto dei canarini). - Anti zanzare: l’aroma pungente della santoreggia allontana le zanzare (Inoltre un rametto di santoreggia posto nel nido allontana il famigerato pidocchio rosso) - In cucina la santoreggia è ottima per aromatizzare carne, pesce, verdure, cacciagione e li rende più digeribili. Una fresca insalatina di fagioli cannellini e cipolla, con sopra un trito di questa preziosa erbetta è da leccarsi i baffi! La santoreggia si presta altresì per aromatizzare alcune bevande alcoliche e liquori, in particolare il Vermout. - Una precisazione: l’olio essenziale di santoreggia è molto forte. Va utilizzato con grande attenzione e preferibilmente sotto controllo medico.
Conclusione Non vorrei ripetermi nelle conclusioni e dire che anche la santoreggia è entrata nell’allevamento dei miei canarini di colore, come di fatto lo è stato sotto forma di infuso, nel bagnetto e nei nidi. Ma vorrei fare una disquisizione generale sull’utilizzo delle “erbe”. Le erbe spontanee sono state una fonte di sostentamento e di utilizzo terapeutico nel corso dei secoli e, quindi, sono una grande ricchezza biologica e culturale che merita di essere valorizzata a vantaggio di tutti. La natura ci dà sotto forma di minute e modeste pianticelle tutti nutrienti utili al nostro organismo, come se fosse il nostro carburante, (o quasi); sta a noi saperle riconoscere, sfruttarle, trarne i benefici e tramandarne la conoscenza. Si tratta di riscoprire la stagionalità, il valore dei prodotti locali, del produrre nel rispetto della natura e delle risorse nell’ottica della sostenibilità. Poi, visto che ci allietiamo di un hobby bellissimo
Infuso di Santoreggia domestica
qual è l’allevamento di varie specie di uccelli, reputo utile ed istruttivo abituare anche i nostri uccelletti a cibarsi di erbe che i loro consimili in natura scelgono, nutrendosi a seconda della stagione e stato di salute. Infusi, tisane, oli ecc. sta alla sensibilità e disponibilità di ognuno a farli propri e utilizzarli a seconda delle necessità. Ecco l’infuso che mi ha consigliato il far-
macista: Far bollire in un pentolino coperto per 10 minuti in 250 ml. di acqua, circa 20 gr. di foglie e fiori sminuzzati di santoreggia; lasciar riposare sempre coperto per altri 15-20 minuti e poi filtrare; aggiungere un buon cucchiaio di miele millefiori e… buona bevuta! Chiudo con questa, a mio avviso, boutade: “La santoreggia è il vero afrodisiaco di luglio. Ma non solo. Mette a tappeto anche l’astenia di questo periodo. In alcuni di noi, infatti, l’organismo fa fatica ad adeguarsi all’eccesso di fuoco e di energia caratteristici di luglio. La stanchezza e la mancanza di desiderio rappresentano proprio la reazione di fuga dal surplus energetico. Per fortuna nei confronti di questi disagi arriva la santoreggia.” (https://www.larottadiulisse.it/naturopatia/Santur.html)” Aggiungo io, sarà sufficiente berne una tisana al giorno, dopo cena? Chissà… provare per credere!
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 35
Dall’archivio storico F.O.I.
Le Melanine (1ª parte) di U. ZINGONI (ITALIA ORNITOLOGICA febbraio-marzo 1997)
- Prefazione A sette anni dalla sua scomparsa, riproponiamo per la sezione “Archivio Storico F.O.I.” un testo del compianto prof. Umberto Zingoni. In questo articolo il prof. Zingoni, che tutti ricordiamo almeno per la sua meritatissima fama, fece un ampio quadro delle melanine, seguendo il rigore scientifico. Oggi è risaputo che la ricerca abbia fatto qualche passo in più, ma questo testo è ancora attuale. Lo riteniamo utilissimo, non solo per fornire uno strumento culturale ai lettori più impegnati, ma anche per far capire che sulle melanine non ci si può esprimere con leggerezza e superficialità, stante la complessità dell’argomento. Ibrido di Cardellino anomalo x Canarina, all. A. Praticò
Più volte, specialmente da parte di alle‐ vatori di Canarini di Colore, sono stato sollecitato a fare il punto sui traguardi cui sono pervenuti gli studi sulle mela‐ nine degli uccelli. Mi sono dato un po’ da fare e, avendo trovato le fonti scientifiche adatte per una documenta‐ zione aggiornata, mi sono sentito auto‐ rizzato ad aderire all’invito. Come già noto, lo studio sulle melanine resta tuttora alquanto ostico, sia per la loro difficile solubilità, che per le conse‐ guenti inevitabili alterazioni che questi composti sono suscettibili di subire durante gli energici trattamenti chimici cui vengono sottoposti per ridurli ad uno stato adatto a svelarne la composi‐ zione e la struttura chimica. Già nel 1990 riferii su I.O. (mesi di ottobre e novembre) sull’argomento,
prendendo lo spunto da alcuni uccelli selvatici “isabella” della cui cattura ero venuto a conoscenza. Invito fin da ora il lettore a leggere o rileggere i due articoli, specialmente il secondo che include alcuni dati sugli studi chimici sull’argomento. Credo che ormai tutti gli ornitofili sap‐ piano che i colori chimici (pigmenti) dei nostri uccelli sono ascrivibili a due cate‐ gorie del tutto differenti fra loro: mela‐ nine, più o meno brunastre o nerastre, e lipocromi (carotenoidi) più o meno gialli o rossi. Abbiamo avuto la fortuna di avere pro‐ prio in casa nostra uno studioso che si è occupato e si occupa tuttora, con meto‐ diche originali meritorie, dello studio dei carotenoidi negli Uccelli e, in parti‐ colare, nelle Specie che più interessano
la maggioranza dei nostri allevatori. Il lettore attento ha già capito che mi rife‐ risco al prof. Riccardo Stradi, professore ordinario all’Università di Milano. Una bella fortuna davvero. Minor fortuna abbiamo avuto per quanto riguarda l’atro gruppo di pigmenti, le melanine, presenti, si può dire, in tutti gli uccelli di questo Mondo. A dire il vero esi‐ stono notevoli studi anche su questo grup‐ po di composti chimici, però, nella mas‐ sima parte sull’Uomo e sui Mammiferi. Sul piumaggio dei piccoli uccelli non abbiamo trovato alcunchè. Ma varie pubblicazioni abbiamo “scovato” sul piumaggio del pollo New Hampshire e del Piccione selvatico (Colomba livia): fra queste le più interessanti ci sono sembrate le due seguenti, nelle quali, fra l’altro, vi è una estesa bibliografia.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 37
Eccole. Prota, G.The Chemistry of Melanins and Melanogenesis – Prog. Chem. Org. Nat. Prod., 1995, 64, 93‐148 (Dipartimento di Chimica organica e biologica dell’Univer‐ sità di Napoli). E. Haase, S. Ito, A. Sell, K. Nakamatsu – Melanin concentration in Feathers from Wild and Domestic Pigeons – The Journal of Heredity, 1992, 83(1), 64. La prima pubblicazione è una esauriente revisione degli studi fatti in tutto il Mondo sulle melanine di molti animali ed ha una particolare importanza per noi allevatori, in quanto riassume anche tutte le ricerche che l’Autore e la Sua Scuola hanno com‐ piuto negli ultimi trent’anni sulle melanine del piumaggio del pollo New Hampshire. La seconda è una ricerca fatta sulla distri‐ buzione delle eumelanine e feomelanine nelle penne del Piccione selvatico e dome‐ stico, con riferimenti sui risultati di altre ricerche sullo stesso argomento. Ho la fondata convinzione che le nozioni acquisite sul pollo e sul piccione possano essere estese anche ai nostri piccoli uccelli: per cui, in mancanza di studi più pertinenti, ci possiamo contentare. I lettori che sono compiaciuti di leggere quella quarantina di puntate che, a titolo “L’allevamento tecnologico”, “Realtà ecolo‐ giche”, ecc. sono apparse su I.O. degli ultimi anni, si sono resi conto che il mio modo di affrontare un problema è molto metico‐ loso, per non dire “pedante”. Però è l’unico mezzo, sia in sede universitaria che in altre, per conoscere tutto quello che hanno fatto gli altri ricercatori sull’argomento sul quale si intende sperimentare o sul quale si vuol fare semplicemente una relazione. Ebbene, anche sul capitolo “melanine” ho fatto un aggiornamento bibliografico “pignolo”: per cui molto di quanto esporrò interesserà solo i pochi Lettori più iniziati. Ma vi sarà anche una parte riassuntiva che, senza tante formule e parole “difficili”, sarà alla portata di tutti. Infine, la discussione sui rapporti fra colore e costituzione chi‐ mica della relativa melanina, credo sarà la risposta più seria possibile ai vari interro‐ gativi che il problema “melanine” ci pone ogni volta che sulla scena della canaricol‐ tura, appare una nuova mutazione. In conclusione, il Lettore si prepari a “sor‐ birsi” delle lunghe chiacchierate, che saranno indispensabili per rendersi conto
38 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
che sulle EU nere, sulle EU brune, sulle FEO, sulle loro relazioni e sulla loro distri‐ buzione delle penne del Canarino, non è per adesso possibile dire l’ultima parola. Resterà la soddisfazione di poter fare delle ipotesi basate sui dati scientifici più pro‐ banti e non “campate in aria”, come sono spesso quelle che si leggono qua e là. I melanociti e l’albinismo Per quanto riguarda il nostro argo‐ mento, le melanine vengono prodotte da cellule della pelle dette melanociti, situate nel derma a contatto con lo strato germinativo epidermico, e nella papilla delle penne. Da qui entrano nel‐ l’epidermide o nelle penne in formazio‐ ne, colorandole di bruno o di nero. I melanociti sono presenti anche negli albini, però una certa mutazione impe‐ disce loro di formare adeguate quantità di melanina per deficit del fermento “tirosinasi”. Il colore nero della pelle dei neri o della pelle esposta a sole non dipende da maggior numero di melanociti, ma da una loro maggiore attività. Si può pen‐ sare che sia così anche gli Uccelli. Nel Canarino il deficit tirosinasico impe‐ disce la colorazione melaninica del piu‐ maggio, per cui resta soltanto il giallo del lipocromo (Canarini lipocromici). Se intervengono due certe altre mutazioni che bloccano il passaggio dei lipocromi nel germe della penna, si hanno i Canarini bianchi, dominanti o recessivi. Però, in ogni caso gli occhi restano neri, per cui si può parlare solo di albinismo parziale. L’albinismo totale lo si avrebbe se intervenisse un’altra mutazione che impedisce la formazione di melanina anche nell’occhio. Come è noto, questa mutazione è la “Rubino”. In conclusione, per avere l’albinismo totale il Canarino ha bisogno di tre mutazioni. L’albinismo umano è ancora più com‐ plesso (forse appare tale perché più stu‐ diato), poiché si presenta sotto una deci‐ na di forme, le più diffuse delle quali sono, però, quella totale o oculare. L’albinismo limitato all’occhio nell’Uomo e il “particolare albinismo” del Canarino che, al contrario, esclude l’occhio, ci fanno pensare a qualche affi‐ nità genetica sulla quale non è qui il caso di dissertare.
La chimica delle melanine Dobbiamo adesso esaminare e com‐ mentare quanto si sa sulla formazione chimica delle melanine entro il melano‐ cita, cioè sul loro metabolismo. Per i non iniziati promettiamo che la “curiosa” figura esagonale (idem per la pentagonale) che compare in tutte que‐ ste formule, è una semplificazione uni‐ versalmente adottata per rappresentare l’anello ciclico (atomi che si legano fra loro formando un anello) che costituisce la formula di struttura del benzene (benzolo), che è la seguente con formula bruta C6H6. In essa un singolo trattino rappresenta un solo legame, mentre quello doppio rappresenta un doppio legame, fra due atomi. Poiché l’atomo di Carbonio dispone di 4 legami, ne resta uno che si lega con un atomo di Idrogeno (che dispone di un solo legame) nel benzene, o con un lega‐ me dell’Ossigeno (che dispone di due legami), o dell’Azoto (3 legami), ecc. Nei tantissimi composti che includono nella loro formula l’anello benzenico (composti ciclici) uno o più atomi di idrogeno, sono sostituiti da altri atomi o gruppi con formazione di sempre nuovi composti. La melanogenesi ha come composto di partenza semplicemente un amino‐ acido, la tirosina (aminoacido ciclico). Sulla tirosina contenuta nel melanocita (ma non su quella inclusa in tutte le pro‐ teine dell’organismo) agisce un fer‐ mento specifico che catalizza (promuo‐ ve) le due razioni TIROSINA‐DOPA‐
DOPACHINONE, aggiungendo prima un ossidrile (‐HO) alla tirosina, e poi ossi‐ dando (=deidrogenando) la DOPA, con l’ottenimento del prodotto finale DOPA‐ CHINONE. Già da queste prime reazioni si vede che il metabolismo delle melanine è essen‐ zialmente di tipo ossidativo. Infatti è ormai da tempo dimostrato che nella melanogenesi in vitro vi è un netto con‐ sumo di ossigeno (e produzione di CO2) e che basta l’ossigeno dell’aria per cata‐ lizzare alcune delle reazioni coinvolte nella melanogenesi. Per inciso ricordiamo che la DOPA è anche il farmaco che viene usato in medicina umana per la cura del morbo di Parkinson. Ricordiamo ancora che sarebbe inutile che ai suoi Canarini di Colore a forte carica melaninica (Nero‐bruni, Agata, Bruni, ecc.) l’allevatore somministrasse, durante la muta, tirosina o DOPA nell’in‐ tento di “scurirli”, perché di tirosina negli alimenti comunemente usati per i canarini (semi, ecc.) ce n’è più che a suf‐ ficienza e il melanocita non fabbrica melanina in base alla quantità di cui può disporre, ma solo in base all’indirizzo metabolico che i geni coinvolti nella melanogenesi gli danno. In altre parole, il melanocita preleva dal sangue o dalla linfa che lo bagnano, la tiro‐ sina che gli serve, ovviamente in base alle direttive del rispettivo gene (in vitro le cose possono anche svolgersi diversa‐ mente). Adesso il melanocita dispone di una certa quantità di dopachinone che può “incanalare” su due differenti indirizzi metabolici, uno che porta alla for‐ mazione di dopacromo e quindi di eume‐ Le reazioni iniziali della melanogenesi
Uccello di fiamma scarlatta, Zoo Varese
lanina (EU) ed uno che porta formazione di feomelanina (FEO); in questo secondo caso, di norma, è indispensabile la presen‐ za di cisteina che si lega subito al dopa‐ chinone per formare la cisteinildopa. Lo schema è il seguente:
I due indirizzi della melanogenesi Il dato saliente col quale terminammo la precedente puntata è che dal dopachinone possono iniziare due differenti serie di reazioni, una che parte dal dopacromo e porta alla formazione di EU, ed una che parte dalla cisteinildopa e porta alla formazione della FEO. Il Lettore ha certamente capito l’impor‐ tanza fondamentale dell’indirizzo meta‐ bolico che il melanocita può dare al dopachinone, indirizzo ovviamente impostogli dai geni coinvolti nel deter‐ minismo del colore delle penne che nascono in quel certo tratto di pterilio. L’influenza di questi geni deve essere assai complessa, poiché in una stessa penna, ma localizzate in aree differenti di essa, si depositano EU e FEO, oppure entrambe in quantità diversa, oppure EU a differenti gradi di polimeriz‐ zazione. Ciò che fa pensare che la papilla funzioni un po’ come un computer.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 39
Si pensi al particolarissimo “disegno” delle singole piume della Beccaccia, di molti Tordi e Rapaci, ecc.: brune nettamente barrate di nero, simili a quelle del nostro Lizard. Si pensi al Cardellino in cui lo pterilio delle testa anteriormente dà piume nere, poi rosse, poi bianche, indi nere e infine brune, con ogni colore netta‐ mente separato dall’altro; ma tutte, comprese le bianche, con la base ne‐ rastra eumelaninica. Quanti saranno i geni che “pilotano” in modo così complesso la melanogenesi? Certamente molti, e qualcuno è già iden‐ tificato nei mammiferi; fra questi il gene per l’albinismo che controlla la tirosinasi e quindi può impedire la for‐ mazione di qualunque melanina. I geni che regolano il colore della pelle e dei peli del topo sono circa 150, con circa 62 loci (Silver W.K. The Coat Colors of Mice N.Y. S. Verlag. 1979). Ritornando al nostro melanocita, l’effetto della sua attività potrebbe essere ricolto verso la esclusiva forma‐ zione di EU, oppure di FEO, oppure verso una certa percentuale dell’una e dell’al‐ tra, oppure verso una globale maggiore o minore produzione di entrambe. Certamente qualche mutazione esplica il suo effetto a questo primo livello meta‐ bolico e, seppure senza la minima prova sul Canarino, ciò potrebbe far pensare alla mutazione “Bruno”, determinata da un blocco nella formazione del dopacro‐ mo. Ma è altrattanto logico (però la logica non va sempre d’accordo con la scienza …) pensare che la mutazione “Bruno” agisca nelle tappe successive consen‐ tendo sì la formazione dei EU, ma limi‐ tando la sua polimerizzazione e, perciò, la dimensione dei granuli, col ché il colo‐ re finale sarebbe il bruno più spinto responsabile del “disegno”; ma sono verosimili anche altre ipotesi …
Diciamo subito che le analisi dimostrano che molto raramente esistono esempi di melanina estratta da un tessuto animale che contenga solo EU o solo FEO; ciò che indica, ad esempio, che anche in un piumaggio apparente‐ mente nerissimo (Corvo, Merlo, ecc.) è contenuta una certa quantità di FEO, la quale, però, resta mascherata dal nero della EU (fortemente coprente, come sanno i pittori). Pertanto, il fantomatico “Canarino nero” almeno in teoria, è prevedibile, perché nero apparirebbe anche se vi fosse della FEO. Su queste basi è anche facilmente spie‐ gabile come la selezione abbia potuto, col tempo, portare il piumaggio del canarino Nero‐bruno verso quello scu‐ rimento generale che ha indotto recen‐ temente la C.O.M. a modificare il primi‐ tivo standard. È presumibile che questo fenomeno sia dovuto alla mutazione di qualche gene minore il cui reclutamento ha favorito lo scurimento. Affronteremo meno teoricamente questi argomenti quando esporremo i dati di fatto emersi dallo studio del piu‐ maggio del pollo New Hampshire e del colombo, ma prima dovremo descrivere le tappe successive della melanogenesi, considerando separatamente le vie metaboliche della EU e della FEO. La chimica delle Eumelanine Possiamo dire che le EU iniziano a carat‐ terizzarsi come tali quando il dopachinone si trasforma in dopacromo il quale successivamente passa ad acido 5,6 – diidrossindolico – 2 – carbossilico (DHICA), indi a 5,6 diidrossindolo (DHI), detto anche indolo 56 chinone, che è il composto che, poli‐ merizzandosi, si trasforma nei granuli più piccoli di melanina di colore bruno, visibili solo al microscopio elettronico e
FIG.2 - Reazioni finali della formazione di eumelanina. A partire dal 5-6 diossindolo (DHI) inizia la polimerizzazione
40 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
destinati ad ulteriori forme di polime‐ rizzazione con formazione di granuli sempre più grossi che alla fine possono assumere la forma di bastoncelli visibili anche al microscopio ottico. A compli‐ care le cose, sembra che questo processo possa iniziare già dal DHICA. Questi passaggi metabolici sono quelli che più facilmente sono stati individuati, sia in vivo che (soprattutto) in vitro; ma, quelli in vitro in particolare mostrano che sussistono anche altre vie metaboliche che partendo dal dopachinone e perfino dalla DOPA possono portare ugualmente alla formazione di granuli di eumelanina più o meno polimerizzata. A questo punto si deve dire che, benchè le EU siano diffusissime nel mondo ani‐ male, solo poche di esse sono state ben individuate chimicamente. Fra queste in primo luogo la sepiomelanina, ottenibile facilmente dall’in‐ chiostro della Seppia, adesso largamente utilizzata in cosmetica per le creme solari. Ben studiata è anche la EU dell’occhio, dei tumori (melanomi), dei capelli umani e dei peli di vari animali. Nella loro forma nativa le EU sono gene‐ ralmente unite a proteine, ma la costi‐ tuzione esatta del loro legame è difficile da stabilire. Forse il legame avviene attraverso i gruppi sulfidrici (HS‐) della proteina, tramite la cisteina in essa contenuta. Ciò spiegherebbe la presenza di piccole frazioni di zolfo in certe EU separate dalle proteine. A questo proposito devo fare un inciso. Ho letto che qualcuno attribuisce gene‐ ricamente alle melanine una “origine proteica”. Secondo quanto detto al pre‐ cedente capoverso tale affermazione appare fuorviante poiché all’origine di tutta la melanogenesi vi è la tirosina, e non significa niente che essa sia un ami‐ noacido.
Se la molecola proteica debba essere considerata indispensabile per la for‐ mazione del granulo melaninico, ed eventualmente in quale misura, questo non è stato accertato. Perciò il termine melanoproteina ha un significato incerto che gli studi sul‐ l’argomento non hanno ancora chiarito. FIG.3 - Polimerizzazione del 5-6 - diossindolo. Da Nicolaus
Come precedentemente detto, i dubbi restano legati al tipo di legame che, comunque, non sembra essere tale da far considerare il complesso come una vera e propria proteina coniugata con il composto colorato (DHICA e/o DHI) come gruppo prostetico (v. in “Canari‐ coltura”).
A pag. 103 della monografia citata, il Prota così conclude sull’argomento “… sembra che una considerevole parte della proteina sia debolmente legata ai granuli di pigmento, ciò che solleva dei dubbi sul considerare la sepiomelanina come una melanoproteina”. Ricordo che sepiomelanina è la EU più studiata e quella sulla quale ci sono meno incertezze … Che i composti che, man mano, partendo dalla tirosina, si succedono nella mela‐ nogenesi, siano legati a proteine, questo è un discorso del tutto diverso che rientra nel chimismo della maggior parte dei composti del metabolismo ani‐ male. Per citare un esempio certamente cono‐ sciuto da tutti, lo stesso vale per il DNA, per l’RNA, ecc.. Quando parliamo di DNA pensiamo agli effetti della sua complessa struttura molecolare; non pensiamo che esso è legato sempre ad una proteina (in genere ad un istone, per formare una nucleop‐ troteina) che gli fa da base vitale. In altre parole, senza proteina non ci sono processi vitali. Spesso quando la molecola proteica ha svolto il suo ruolo abbandona al suo destino il composto che ha “portato per mano” e, eventualmente, va a cercarsi i composti di partenza (nel nostro caso la tirosina) per iniziare un nuovo ciclo metabolico. Ma, come già detto, quando studiamo le melanine ci disinteressiamo della mole‐ cola proteica che le guida nel suo cam‐ mino metabolico, costituendo transito‐ riamente una melanoproteina. Concludiamo l’inciso ripetendo che affermare essere la melanina una pro‐ teina è per lo meno fuorviante, così come lo potrebbe essere l’ipotesi (da noi stessi avanzata) che la EU rinforzi le remiganti di molti uccelli bianchi, poiché ve ne sono molti che le hanno del tutto bianche (airone maggiore, minore, Spatola, Cigni, Pernici bianche, vari Gab‐ biani, ecc.). Ritornando al punto di partenza (frazioni di Zolfo nelle EU), vediamo che la più alta percentuale di Zolfo si trova nella EU dei peli dei vari mammiferi domestici, la più bassa nell’inchiostro di Seppia. In qualche caso lo Zolfo manca del tutto.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 41
Nella sua esposizione lo stesso prof. Pro‐ ta indica varie altre ipotesi riferibili a studi fatti da numerosi altri ricercatori, che noi tralasciamo … per compassione e rispetto del Lettore … Comunque, sfortunatamente, tutto ciò non è mai stato studiato sul piumaggio dei piccoli uccelli. Molti ricercatori hanno studiato il pro‐ blema mediante tentativi di sintesi in vitro, ma ciò non è servito a molto per capire cosa in effetti avvenga nelle sintesi naturali. Lo stesso vale per i numerosi studi fatti con tecniche di demolizione successiva delle EU. Fra le cose certe c’è che il colore delle EU va dal bruno al nero a seconda delle dimensioni dei suoi granuli. Anche in questo caso c’è una voce discorde, secondo la quale le EU sareb‐ bero soltanto nere e la loro rarefazione potrebbe tutt’al più dare il grigio, ma mai bruno. A parte ciò che noi allevatori siamo ormai abituati a dire: EU nere ed EU bru‐ ne, che potrebbe essere una semplifica‐ zione di comodo, in tutti gli articoli che ho letto si dice sempre che le EU possono essere anche brune. Ad esempio il Fitzpatrick dice: le EU hanno un colore che va dal bruno scuro al nero. Il Nicolaus dice: le EU sono responsabili del colore nero e bruno del‐ la pelle, peli, penne, scaglie, ecc., di mol‐ tissime Specie animali. E così via. Un’altra certezza è che il colore fisico, ed in particolare quello che dà l’azzurro (e quindi il verde in associazione con i lipo‐ cromici), ivi compreso l’effetto “Opale” del Canarino di Colore, è dovuto ai piccoli granuli di EU che nel loro insieme costituiscono quel cloudy‐medium, di cui si parla nel libro “Canaricoltura” (effetto Tyndall).
È inoltre, fuori discussione che, quando la polimerizzazione (ad opera di una polimerasi) ha formato i granuli, questi, per la loro insolubilità, non hanno più facoltà di trasformarsi chimicamente. Ciò vale per le FEO ed indica che a questo stadio l’una non può più trasformarsi nell’altra. Una tale interazione può even‐ tualmente solo avvenire durante le rea‐ zioni che precedono la polimerizzazio‐ ne. La conclusione che possiamo fare a que‐ sto punto è che poco o niente si sa sul chimismo delle EU negli Uccelli, e questo, per quanto noi allevatori ci aspettavamo, è assai sconsolante. Le Feomelanine Dopo la sconsolante dichiarazione che chiude il precedente paragrafo, adesso avremo la consolazione di constatare che disponiamo di un discreto numero di dati relativi alle FEO degli Uccelli, sep‐ pur limitati al pollo ed al piccione. A differenza delle EU che hanno compo‐ sizione chimica abbastanza uniforme, quella delle FEO non lo è per niente. Gli studi principali sono stati fatti sul pollo New Hampshire ed hanno mostra‐ to che dalla FEO contenuta nel loro piu‐ maggio sono estraibili almeno 9 compo‐ sti assai simili fra loro, ma tuttavia ben distinguibili e riferibili a due gruppi: quello delle tricosiderine (5 composti) e quello delle gallofeomelanine (4 composti), individuabili per mezzo del‐ l’analisi spettrale nell’ultravioletto. Non è escluso che qualcuno di questi composti si formi durante i trattamenti chimici cui la FEO nativa viene sottopo‐ sta. Le tricosiderine sono più omogenee e più facili da studiare e identificare, tan‐ tochè nei casi di dubbio tra EU e FEO ci
FIG.4 - Reazioni finali della formazione di feomelanine cui segue la polimerizzazione. Da Prota
42 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
si limita spesso a ricercare analitica‐ mente solo quelle. Si è visto che tutto ciò vale anche per i peli rosso‐bruni della maggior parte dei mammiferi e fa sì che quando si parla di FEO si debba riferirci a questa mesco‐ lanza di composti. Quindi non feomela‐ nina, ma feomelanine. Le tricosiderine hanno questo nome perché un tempo sembrava che conte‐ nessero ferro (sidus). Contengono invece, come le gallofeomelanine, sem‐ pre Zolfo in quantità notevolmente superiore a quella che, con significato ancora incerto, può occasionalmente riscontrarsi nelle EU (v. prima). Il colore delle FEO va dal giallo al bruno, con l’eccezione delle due tricosiderine E ed F, che lo hanno rosso – viola. Le ricerche compiute su preparati di pel‐ le di embrione di pollo sono stati fonda‐ mentali per individuare le tappe della lunga catena di reazioni che dalla tirosina portano alle tricosiderine e quindi al granulo feomelanico, mentre rimane ancora incerto il meccanismo di formazione delle gallofeomelanine. Rimane incerto anche il tipo di polime‐ rizzazione di questi composti, ma, cer‐ tamente la polimerizzazione (copolime‐ ri?) avviene (Fitzpatrik, pag. 2913; Nico‐ laus, pag. 350) seppur con formazione di granuli più piccoli di quelli della EU. Poiché esistono anche le oximelanine, diciamo due parole in proposito. Sia nell’uomo che in vari mammiferi, si trovano pigmenti feomelaninosimili privi di zolfo i quali derivano proba‐ bilmente dall’ossidazione del DHI di un polimero eumelaninico. Attualmente non esiste una seria possi‐ bilità di distinguere queste melanine di colore chiaro (oximelanine) dalle vere FEO. Fine prima parte
CRONACA
Una veduta della Sala
Convegno/incontro “Attualità Ornitologica” (Chieti, 30 giugno 2019) di GENNARO IANNUCCILLI
S
pesso ascoltiamo lamentele di chi, allevatori, giudici o semplici appassionati, vorrebbe si organizzassero sul territorio nazionale incontri tecnici, convegni, dibattiti sull’ornitologia amatoriale e sportiva. La cosa assurda è che, poi, sono proprio le persone più attive nel reclamare tali appuntamenti a non presentarsi, quando questi vengono finalmente realizzati con grande impegno e sforzo da parte degli organizzatori. È un atteggiamento che ben conosciamo, simile a quello dei Soci che chiedono alla propria associazione di appartenenza di allestire mostre sempre più importanti, salvo poi non presenziare neanche alle riunioni preliminari per la realizzazione delle stesse. Rendiamo, invece, merito a coloro che si prodigano nell’organizzare attività
ornitologiche sfidando le sempre maggiori difficoltà logistiche e pratiche, pur di far fede all’impegno di tenere viva la
passione per l’allevamento di uccelli da gabbia e da voliera, secondo i diversi livelli di coinvolgimento di ciascun alle-
Alcuni relatori e giudici presenti
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 43
Il tavolo dei relatori
vatore (competizione, studio, tecnica, hobby, ecc). Tra gli appuntamenti degni di nota, si è svolto lo scorso 30 Giugno a Chieti un Convegno/Incontro organizzato dall’Associazione Ornicoltori Città di Chieti, per volere del suo Presidente Paolo Sablone, con il supporto del Raggruppamento Abruzzo/Molise rappresentato dal Presidente Domenico Maione e dal Segretario Antonio Del Ponte. Nonostante la giornata di grande caldo, la presenza di chi ha preferito sacrificare una domenica “balneare” per partecipare a questo appuntamento è stata premiata dagli interventi dei relatori di primo piano, invitati dagli organizzatori per illustrare e discutere interessanti aspetti tecnici e pratici che attengono al mondo ornitologico. Dopo i saluti di rito, la parola è stata data al Presidente dell’Ordine dei Giudici Andrea Benagiano: la sua è stata un’esaustiva esposizione sull’evoluzione degli ultimi decenni, messa in atto per migliorare e garantire la formazione dei giudici delle varie specializzazioni. Oggi, infatti, l’iter per diventare giudice ornitologico passa attraverso corsi specifici, organizzati a livello centrale, con accesso alla qualifica di “allievo giudice” tramite una pre-selezione atta a dimostrare di essere allevatore esperto, di saper riconoscere i soggetti, le mutazioni, ecc. per poi affinare le tecniche e le capacità di giudizio grazie a un percorso triennale sotto la guida della rispettiva C.T.N. L’obiettivo è quello di puntare sulla qualità, piuttosto che sulla quantità dei giudici in servizio, auspicando un maggiore
44 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
L’obiettivo è quello di puntare sulla qualità, piuttosto che sulla quantità dei giudici in servizio e più costruttivo confronto tra giudici, allevatori e Club, anche per definire, aggiornare e descrivere meglio i vari standard selettivi. Un richiamo è stato rivolto dal Presidente Benagiano nei confronti delle Associazioni, affinché queste siano più comprensive verso i giudici convocati per le relative mostre, i quali spesso si sobbarcano viaggi alquanto impegnativi pur di venire incontro alle locali esigenze organizzative.
Uno scorcio della Sala
L’intervento di Diego Crovace, Vice Presidente F.O.I., è stato anticipato da una sua considerazione (condivisa da tutti i presenti) su quanti sono sempre pronti e attivissimi nell’arte della polemica sui social media, per poi evitare di esporsi o intervenire di persona quando se ne presenta l’occasione. Il relatore ha delineato la situazione che si è venuta a creare negli anni riguardo il “parco giudici” nazionale: infatti, è stato sottolineato che negli anni ’90 ci fu un incremento dei giudici giustificato, allora, dall’aumento delle mostre ornitologiche; purtroppo, non tutti coloro che furono arruolati nel “corpo giudici” erano in possesso delle qualità necessarie per svolgere tale compito. La F.O.I. ha, comunque, intrapreso un’azione mirata a togliere la qualifica di giudice a chi, ad esempio, è stato riscontrato non allevasse da anni: è una questione di correttezza verso gli allevatori che espongono investendo tempo e risorse nella partecipazione alle mostre ornitologiche. Tuttavia, riscontriamo che chi esige il rispetto delle regole si fa, inevitabilmente, tanti “nemici”. Le CC.TT.NN. sono chiamate, ad ogni modo, a intervenire sui giudici impreparati, attraverso controlli nelle giurie delle mostre, richiamandoli eventualmente ad aggiornarsi; Diego Crovace ha altresì evidenziato che la F.O.I., pur effettuando una continua attività di controllo su tutti gli organi federali, non può essere direttamente responsabile dell’operato delle Commissioni Tecniche, in quanto elette dai giudici stessi.
In chiusura del suo intervento, ha poi posto l’accento sul perché talvolta assistiamo a giudizi non proprio uniformi; ciò può accadere a causa della diversa temperatura, del clima, della luminosità variabile da mostra a mostra: elementi che possono far giudicare un soggetto in maniera differente in contesti diversi, anche se dallo stesso giudice. Da considerare, inoltre, che tutti noi abbiamo percezioni dissimili, soprattutto per quanto concerne la vista, per cui i colori non sono necessariamente percepiti allo stesso modo. Al tavolo dei relatori, sono stati chiamati anche due tra i più esperti allevatori ed esponenti della canaricoltura italiana. Gianmaria Bertarini ha fornito un’ampia descrizione dell’ultima mutazione di cui tanto si sta parlando, e studiando, nell’ambito della specializzazione del Colore: il Nero Perla, affascinante canarino che è già stato oggetto di alcuni articoli sulla nostra Rivista e che ci auguriamo possa essere presto protagonista di un più diffuso allevamento, per l’otte-
La locandina dell’evento
nimento di risultati selettivi ottimali. Mauro Montanaro ha illustrato ai presenti il progresso raggiunto attraverso
i suoi studi sulla selezione dei fattori di incremento delle melanine, sia per quanto riguarda il tipo Nero che Agata, grazie all’esposizione, in occasione di tale incontro, di pregevoli soggetti del suo allevamento. Ci auguriamo che su questi argomenti più genuinamente tecnici si possano presto pubblicare degli articoli specifici, magari redatti dagli stessi relatori, poiché gli affascinanti scenari da loro ipotizzati meritano certamente una trattazione più ampia e appropriata. Il Convegno si è chiuso con un momento conviviale tra tutti i partecipanti, soddisfatti di aver dato il loro contributo anche attraverso domande pertinenti e giuste osservazioni di cui si è potuto discutere grazie all’evento organizzato dall’Associazione Ornicoltori Città di Chieti, con il Raggruppamento Abruzzo/Molise. L’auspicio è che il loro esempio possa essere presto emulato da altre realtà ornitologiche presenti in ambito nazionale.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 45
O rniFlash Un uccello con un dito insolitamente lungo trovato fossilizzato nell’ambra nella valle Hukawng del Myanmar nel 2014 è stato studiato da un gruppo di ricerca dell’Università delle geoscienze della Cina, Pechino. Il fossile appartiene ad un esemplare vissuto 99 milioni di anni fa. Lo studio, pubblicato poi su Current Biology, mostra che questo uccello utilizzava tale dito particolarmente lungo per rintracciare e raccogliere il cibo degli alberi, probabilmente larve e insetti all’interno delle insenature dei tronchi. Confrontando la zampa di questo uccello con quella di altri 20 uccelli estinti vissuti nella stessa epoca e di altri 62 uccelli attualmente viventi e simili, i ricercatori hanno trovato che nessuno di essi poteva vantare un dito così lungo. I ricercatori, che hanno denominato questo uccello Elektorornis chenguangi, lo hanno inserito all’interno del gruppo degli Enantiornithes, uccelli vissuti durante l’era mesozoica e abbastanza diffusi a quel tempo. L’uccello aveva dimensioni minori di quelle di un passero ed era arboricolo: passava la maggior parte della giornata sugli alberi dove espletava tutti i suoi bisogni, dalla ricerca di cibo alla riproduzione. Fonte: https://notiziescientifiche.it/uccello-con-dito-dalla-lunghezzarecord-trovato-fossilizzato-nellambra/ Rappresentazione artistica dell’Elektorornis chenguangi (credito: Zhongda Zhang, Current Biology)
Dopo 10 anni di studi la scoperta: Snowball il Cacatua sa ballare È ora una verità scientifica: Snowball, il pappagallo ballerino, che fece impazzire YouTube nel 2007 con la sua danza al ritmo di “Everybody” dei Backstreet Boys, sa effettivamente ballare. Gli scienziati hanno studiato il suo repertorio di mosse per dieci anni e pubblicato di recente i loro risultati finali sulla rivista Current Biology, stabilendo che Snowball, un cacatua ciuffogiallo, condivide con gli umani, unico caso al mondo, il piacere di muoversi al ritmo di musica. E lo fa meglio di molti umani, con passi complessi: headbanging, voguing, rotazioni del corpo. Vero animale da palcoscenico, Snowball esegue almeno 14 passi di danza diversi quando parte la musica. Secondo lo studio è una prova che i pappagalli sono capaci di un controllo cognitivo raffinato e possiedono un livello di creatività sconosciuto ad a altre specie. Non è chiaro come l’animale abbia imparato tante mosse complesse, ma lo studio indica che alcuni uccelli condividono con gli umani cinque caratteristiche che facilitano la capacità di danzare, tra cui l’abilità nell’imitare i movimenti e la tendenza a formare legami sociali a lungo termine. Le coreografie di Snowball ci dicono che la danza spontanea al ritmo di una canzone non è una prerogativa umana, ma ciò che sorprende è che gli uccelli possiedono capacità cognitive complesse che permettono loro di danzare a differenza di specie più vicine all’uomo, come i primati, ha spiegato Aniruddh Patel, uno degli autori della ricerca. Fonte: https://notizie.tiscali.it/esteri/articoli/dopo-10-anni-studi-scoperta-snowball-cacatua-saballare-00001/
News al volo dal web e non solo
Uccello con dito medio da record trovato fossilizzato nell’ambra
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 47
O rniFlash È un’abitudine sempre più diffusa quella di nutrire con una mangiatoia i piccoli uccelli nel balcone o cortile di casa. A causa dei cambiamenti climatici, della scomparsa degli habitat e anche del gran numero di gatti domestici lasciati incautamente liberi su balconi e giardini (potrebbe bastare un campanello al collo per rimediare), molte specie di uccelli sono a rischio. Consapevoli di questo, in Gran Bretagna – ma non solo – si abbellisce l’uscio con una mangiatoia. Adesso una ricerca evidenzia che questa abitudine sta aumentando la biodiversità tra i volatili nelle regioni urbanizzate. Lo studio ha evidenziato che circa la metà dei residenti britannici nutre gli uccelli selvatici, e questo aumenta la possibilità di sopravvivenza per ben 133 specie diverse, ovvero la metà delle specie registrate nel Regno Unito, ridisegnando il panorama della popolazione alata urbana. La presenza dei cardellini tra gli uccelli che si nutrivano dalle mangiatoie ad esempio era all’8% nel 1972 ed è ora aumentata dell’87%. Le colombe nel 2012 erano l’88% in più che quarant’anni prima, mentre i codibùgnoli sono a più 77%. Infine, sono stati avvistati per la prima volta picchi, gazze, fagiani e picchi muratori; ma anche specie in transito migratorio come la capinera. Fonte: https://www.peopleforplanet.it/uccellini-le-mangiatoieaumentano-la-popolazione-urbana-di-specie-un-tempo-rare/
In Galles si ricordano i bambini grazie al canto degli uccelli Tŷ Hafan è un hospice, ossia una struttura di cure palliative (in questo caso pediatriche) che si trova in Galles e che aiuta i piccoli pazienti e le loro famiglie a sfruttare al massimo il tempo che gli resta da trascorrere insieme. Per ricordare i tanti guerrieri che non ce l’hanno fatta, si è deciso di realizzare una bella iniziativa commemorativa con l’aiuto degli uccelli. Il centro, infatti, ha deciso di ricordare tutti i bambini che sono passati di lì, e che non ce l’hanno fatta, grazie ad un progetto del Memorial Garden della struttura chiamato “These Names Will Be Forever In Our Skies” (“Questi nomi rimarranno per sempre nei nostri cieli”). Concretamente cosa significa? Il nome di ogni bambino viene prima tradotto usando il codice Morse nel canto della specie di uccello che canta più forte nel mese in cui il piccolo è morto. La canzone è seguita da un secondo di silenzio per ogni anno della vita del bambino. Tutte le canzoni dedicate ai bambini sono poi unite insieme. Attualmente il pezzo dura più di due ore e mezza e continuerà a crescere man mano che vengono aggiunti altri nomi di bambini. Ma l’obiettivo, come spiegano dal centro, è anche un altro: “La speranza è che, mentre il pezzo risuona nel giardino commemorativo, gli uccelli locali inizieranno a imitare i nomi e inizi a cantarli ad altri uccelli, in modo che i nomi passino da uccello a uccello nei cieli” Insomma, oltre a realizzare la canzone che li raccoglie tutti, i nomi dei bambini vengono rilasciati verso il cielo affinché gli uccelli li “catturino” e, magari, scelgano di utilizzarli nei loro melodiosi canti. Fonte: https://www.greenme.it/vivere/costume-e-societa/hospice-galles-bambini-canto-uccelli/
News al volo dal web e non solo
Le mangiatoie aumentano la popolazione urbana di specie rare
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 49
VETERINARIO
PDD - Proventricolite dilatativa nei pappagalli Indagini diagnostiche associate e gestione della patologia di FEDERICA ARDIZZONE
L
a PDD (proventricular dilatation disease) fu originariamente riscontrata nelle specie facenti parte del genere Ara (Ara spp.) importate in Nord America ed Europa dalla Bolivia negli anni ‘70 (Clark FD et al). Per questo motivo fu inizialmente chiamata “Macaw wasting disease” (malattia da deperimento delle Ara). Altre definizioni usate sono state: “macaw fading syndrome”, “myenteric ganglioneuritis”, “infiltrative splanchnic neuropathy”, “neuropathic gastric dilatation” ed infine “proventrucular dilatation disease” (PDD) (Gerlach H. et al), (Graham DL. et al) (Hughes PE. et al). Quest’ultimo, risulta il nome più comunemente usato per indicare questa patologia. Recenti studi portati avanti da un gruppo di ricercatori italiani, dimostrano che la definizione più corretta per questa patologia sia: Avian Ganglioneuritis (AG) (ganglioneurite aviare) (Rossi G. et al). Proseguendo l’articolo, troverete la sigla AG usata come sinonimo di PDD. Questa patologia è stata descritta in più di 80 specie di psittaciformi e non, sia in ambiente controllato che in natura. Oltre ai pappagalli per esempio, sono coinvolti canarini (Serinus canaria), verdoni (Chloris chloris), oche canadesi (Branta canadensis) (Daoust PY et al), tucani (Rhamphastidae),
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 51
falchi pellegrini (Falco peregrines), ed altre specie (Shivaprasad HL et al) (Perpiñán D et al).
(Rossi et al.). Le osservazioni cliniche riportano periodi di tempo molto variabili, da qualche settimana a molti anni.
AG/PDD che cos’è? La AG risulta essere una patologia neurologica progressiva con alta percentuale di mortalità, dalla presentazione della sintomatologia clinica. I segni clinici sono molto variabili e dipendono dalla specie colpita. Nei pappagalli sono spesso riscontrati segni clinici di pertinenza dell’apparato gastro-enterico come: - anoressia; - presenza di materiale indigerito nelle feci (vedi foto); - calo ponderale del peso; - rigurgito; - rallentamento del transito del cibo, con conseguente ritardo nello svuotamento del gozzo e stasi; Molto spesso però, possono essere evidenziati anche sintomi neurologici centrali. La AG può portare anche miocarditi, con lesioni più frequentemente riscontrate a livello di cuore destro (Rossi et al.). Le lesioni cardiache possono portare pazienti clinicamente sani a morte improvvisa.
Diagnosi di AG/PDD AG/PDD dovrebbe essere presa in considerazione ogni volta che si manifestino sintomi neurologici e/o gastroenterici in un pappagallo (valutare anche miocardiopatie) (Rossi et al.). Il primo step per fare diagnosi è sicuramente uno studio radiografico con proiezioni latero-laterali e ventro-dorsali. In questo modo è possibile diagnosticare tempestivamente la dilatazione del proventricolo (stomaco ghiandolare degli uccelli). Radiograficamente il proventricolo è considerato dilatato quando il diametro è uguale o superiore alla lunghezza del femore (Rossi et al.). In alcuni soggetti possono essere dila-
Eziologia: avian bornavirus Fin dalle prime apparizioni della AG/PDD, si è sospettata un’importante infettività ma l’agente eziologico è rimasto sconosciuto fino al 2008, anno in cui fu dimostrata la correlazione tra il Bornavirus aviare (ABV) e la AG/PDD. È dimostrata una positività al Bornavirus (ABV) nel 15-40% dei soggetti sani (Lierz et al.) ma la sintomatologia clinica si manifesta solo in pochi di questi soggetti, infatti la maggior parte degli animali positivi ad ABV non manifesta la patologia. Trasmissione ed incubazione L’epidemiologia di ABV non è ben chiara. Il virus è eliminato con feci ed urine (Rubbenstroth et al.) e di conseguenza presenta molto spesso trasmissione orizzontale ed interspecifica. La trasmissione per via verticale (in ovo) non è ancora dimostrata ma non si può escludere. Il periodo di incubazione non è noto
52 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Una diagnosi presuntiva può essere effettuata valutando l’anamnesi dell’animale e dell’allevamento tati anche il ventricolo (stomaco muscolare) ed il duodeno. Nel gruppo dei Lori, spesso la dilatazione del proventricolo, ventricolo e duodeno è generalmente assente (Doneley et al.) e la morte sopraggiunge apparentemente per altre cause; la necroscopia infatti, non evidenzia i segni patognomonici della patologia. Una diagnosi presuntiva può essere effettuata valutando l’anamnesi dell’animale e dell’allevamento, la sintomatologia clinica e gli esami radiologici del tratto gastro-enterico per valutare la dilatazione del proventricolo ed eventualmente del ventricolo, gozzo e/o duodeno. La diagnosi di certezza si basa sulle lesioni istopatologiche. Gli esami del sangue spesso non danno informazioni utili, riflettendo lo stato di disidratazione e malnutrizione del paziente. Inoltre spesso possono esse-
re presenti infezioni secondarie. La diagnosi ante-mortem può essere confermata effettuando una biopsia del gozzo. Sfortunatamente però, non tutti i soggetti con AG/PDD mostrano lesioni a livello dell’ingluvie. Infatti queste sono riscontrabili nel 40-76% dei casi (Rossi et al.) e la biopsia del gozzo risulta essere diagnostica solo nel 30-35% dei pazienti (Berhane et al.) (Kistler et al.). L’eliminazione del Bornavirus Aviare (ABV) risulta intermittente per questo i tamponi cloacali sottostimano la prevalenza di ABV. La discrepanza tra la positività alla PCR per ABV e la manifestazione clinica di AG/PDD è ben conosciuta nei pappagalli (Heffels et al.) (Piepenbring et al.). La sierologia per la ricerca di anticorpi anti-gangliosidi (anticorpi autoreattivi, coinvolti nella patogenesi di AG/PDD) sembra essere un valido metodo nei pazienti che manifestano clinicamente la patologia. Trattamento AG/PDD risulta essere una patologia fatale con una mortalità che arrivava al 100% storicamente. I soggetti colpiti spesso periscono a causa del progressivo deperimento e delle infezioni secondarie. Oggi, con un’appropriata terapia di supporto che prevede alimentazione forzata tramite sonda, fluidoterapia e monitoraggio intensivo del paziente, in associazione ad una terapia antinfiammatoria basata sulla somministrazione di inibitori selettivi delle COX-2, la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti colpiti risulta migliorata. Si è dimostrata utile anche la somministrazione di procinetici per migliorare il transito del gastro-enterico e l’assorbimento. Vista la scarsa funzionalità dell’apparato digerente, è fortemente consigliato somministrare i farmaci per via intramuscolare e non per via orale. È consigliabile anche trattare con antibiotici ed antimicotici le possibili infezioni secondarie (solo se presenti). Visto l’incremento dei segni clinici durante l’attività riproduttiva, è fortemente consigliato evitare stimolazioni ormonali in questi animali, bloccandone quindi la riproduzione
ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI Amadina testarossa
L’Amadina testarossa (Amadina erythrocephala) di VENANZIO CAMPOLINI, foto P. ROCHER
L’
Amadina testarossa (Amadina erythrocephala), come il Gola tagliata (Amadina fasciata) sono gli unici due rappresentanti del genere Amadina. È un piccolo esotico proveniente dal Sud Africa , con una lunghezza che varia fra i 12 e i 13 cm, dal corpo armonioso, elegante e tondeggiante, il maschio si distingue bene dalla femmina per avere la testa di color rosso carminio e i disegni delle macchie più vistosi, generalmente anche le sue
È un piccolo esotico proveniente dal Sud Africa dimensioni sono superiori a quelli della femmina. I primi soggetti di cattura importati, pur di indole tranquilla, si dimostrarono poco socievoli e spaventati, poi, col passare degli anni, sono divenuti molto domestici e adattissimi alla
voliera mista anche con più coppie, senza particolari problemi anche nella stagione riproduttiva. Amanti della vegetazione, soffrono parecchio il freddo invernale. Esotico robusto, non ha preferenze particolari di alimentazione, una buona miscela per esotici è la base della dieta, integrata con il solito panico e semi di erbe prative secchi, quando si può. Pastoncino a base di uova amalgamato con piccoli insetti o con uova di formica, almeno nel perio-
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 53
Amadina testa rossa femmina
erano decisamente più grandi del Gola tagliata, quasi simili ai Passeri, ma di color nero lucente e di forma molto allungata; prendendoli in mano per anellarli strisciavano sul palmo della mano. Nella terza covata lasciai le uova alla madre che, finalmente, portò a compimento la nascita di tre figlioli. Quando mi avvicinavo al nido per i controlli, non si muoveva ma alzava le piume del capo e arruffava il piumaggio come volesse dimostrarmi di essere molto più grossa; dondolandosi nel nido col becco aperto. A dieci giorni di vita, quando la pelle nuda si veste con le prime piume che coprono il pulcino, cominciando dal codione, si può già notare il dimorfismo sessuale, infatti, il maschio veste la testa, già a questa età, del tipico color rosso cupo. Le uova deposte vanno da 4 a 8, ma regolarmente non più di 5 o 6, che covano per 13-14 giorni, i giovani nati con la bocca spalancata sembrano dei Gould.
A dieci giorni di vita si può già notare il dimorfismo sessuale do della riproduzione. I miei primi soggetti li nutrivo con panico al 90%,scagliola al 10% e pastone all’uovo per canarini. In gabbia li ho sempre trovati molto spaventati, mentre in voliera si comportavano abbastanza confidenzialmente, assieme agli altri esotici. La mia prima coppia depose quattro uova in un nido a cassetta lasciato libero dai Diamanti mandarini, che abbandonarono dopo otto giorni, uova comprese; nella seconda covata, deposero ancora quattro uova, due delle quali misi a balia dei Passeri del Giappone e due ai Gola tagliata. Dopo tredici giorni trovai neI nido dei Passeri due Amadina testarossa ed uno nel nido del Gola tagliata, i pulcini
Amadina testa rossa maschio
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 55
CRONACA
Gemellaggio fra il Museo FOI ed il Museo civico di Lentate sul Seveso di GIOVANNI CANALI, foto G. NUNZIATA
D
omenica 16 maggio a Lentate sul Seveso si è tenuto un incontro fra i dirigenti del museo civico di quel luogo e i dirigenti FOI, sia federali che locali, con la presenza anche di soci. I dirigenti del museo di Lentate, il direttore Paolo Lietti, il curatore Angelo Lietti e collaboratori, sono stati ospiti squisiti. Prima dell’inizio della manifestazione, di fronte all’interesse suscitato dalle particolarissime caratteristiche delle lucide uova di un tinamiforme da parte di esponenti FOI, il curatore ed il direttore, hanno voluto donare un uovo di un appartenente a quell’ordine ed anche uno raro di Tacchino selvatico. Inutile dire che, con sorpresa e gratitudine, i “nostri” sono stati ben lieti di accettare i doni. Il museo di Lentate è davvero interessante; infatti, oltre a varie specie di Uccelli ci sono anche rappresentanti di altre classi: Mammiferi, Rettili, Pesci, di questi ultimi anche qualcuno vivo in acquario. Di straordinario interesse il settore in fase di catalogazione di falene e farfalle, con moltissime specie, anche molto simili e differenziabili data la vicinanza, circostanza impossibile in natura. Insomma un museo molto ben gestito, del resto la preparazione dei fratelli Lietti e collaboratori è ben nota. Al dibattito seguito, sia i dirigenti del
56 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Foto di gruppo
Premiazione
museo di Lentate che il presidente FOI Antonio Sposito hanno parlato toccando diversi argomenti e sottolineando l’importanza e l’utilità del gemellaggio che consente collaborazioni reciprocamente utilissime. Sono poi intervenuti anche altri come Giorgio Giorgetti, che si è soffermato sul fatto che pochi conoscono l’esistenza dei musei e che quindi è bene pubblicizzare, nonché il prof. Giuseppe Garagiola, presidente del raggruppamento lombardo, che ha accennato finanche al tema di un possibile campionato italiano in Lombardia. Vi sono stati poi altri interventi tutti di segno positivo. C’è stato anche un simpatico angolo dedicato alla premiazione di Rinaldo Asnaghi e Mario Cattaneo, campioni mondiali dell’Associazione Allevatori Uccelli di Seveso, con soddisfazione del presidente della stessa, per l’appunto Mario Cattaneo. L’associazione di Seveso con il raggruppamento Lombardo hanno collaborato signoril-
Scorcio della sala
mente all’accoglienza. L’interesse generalmente dimostrato di fronte a tanto pregio sulle tematiche naturalistiche, rende difficile pensare come sia stato possibile che, in passato, qualcuno abbia trovato da ridire sull’utilità del museo FOI, che costituisce un fiore all’occhiello della Federazione sul piano culturale.
In seguito, durante discussioni informali, i dirigenti del museo ospitante hanno suggerito di lanciare un invito agli allevatori affinché possano inviare uova non fecondate per arricchire i musei. In effetti, il problema delle uova “chiare” non è piccolo e si verifica spesso, quindi, purtroppo, non dovrebbero mancare. Naturalmente non interessano uova di specie molto comuni come Canarino o Pappagallino ondulato, ma altre rare si. C’è da sapere che le uova conservate devono essere svuotate praticando un foro. Chi non fosse in grado potrà inviarle tali e quali, avvolte in carta di giornale o simile; di solito l’uovo non si rompe se impacchettato, ovviamente andrebbero bene le confezioni commerciali se l’uovo fosse grande. In conclusione, una giornata interessantissima e piena di buone prospettive per il futuro. C’è da sperare che, con l’impegno di tutti, si potranno avere risultati in linea con le aspettative.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 57
CRONACA
Giugno ornitologico in Abruzzo di FILIPPO MORRONE
I
l mese di giugno ha visto l’Abruzzo diventare protagonista di tutta una serie di eventi a tema ornitologico che si sono susseguiti, settimana dopo settimana, andando a toccare varie Province della Regione. Ad aprire le danze è stata l’Associazione Pescarese Ornicoltori che, sabato 8 giugno, ha organizzato in Piazza Spirito Santo, nel pieno centro di Pescara, l’iniziativa: “Incontra e conosci i pulcini”. In sostanza, è stata portata in piazza una ventina di pulcini, appartenenti a varie razze di
I bambini, in particolare, sono stati felicissimi di interagire con i pulcini, tempestando di domande quanti di noi ne erano i “custodi”
Relatori al Corso di abilitazione per il trasporto degli uccelli di affezione
Gruppo Scout Pescara I° al Baby Show
galline, messi a disposizione dalla ditta Raggio di Sole, per il tramite del Sig. Silvio Colangelo: essi sono stati “presentati” ai numerosi astanti (il posto pullulava di persone, vista la concomitanza delle attività Scout). I bambini, in particolare, sono stati felicissimi di interagire con i pulcini, tempestando di domande quanti di noi ne erano i “custodi”. L’iniziativa ha riscosso notevole successo tanto che, pur essendo stata ideata per durare poche decine di minuti, si è protratta per più di tre ore. Al di là dell’entusia-
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 59
Il Giudice Sandro Maestà in fase di giudizio
smo dimostrato dal pubblico, adulti compresi, ciò che ci ha colpito particolarmente è stato il fatto che sui circa 80 bambini presenti quasi un terzo abbia confessato di non aver mai visto un pulcino dal vivo… Sappiamo bene che la nostra Federazione sta vivendo, in questo periodo storico, una flessione nelle iscrizioni dettata da tutta una serie di fattori, tra i quali lo scarso avvicendamento generazionale nel nostro hobby. Tale problema lo imputiamo spesso al blando interesse che le nuove generazioni mostrano per l’ornitologia, a causa dei numerosi stimoli che ricevono da ogni dove e che risultano avere un appeal ben più elevato rispetto all’allevamento di uccelli da affezione. Alla luce di quanto emerso sabato 8 giugno, però, forse dovremmo aggiungere un altro elemento all’equazione e cioè il fatto che almeno parte dei giovani di oggi non si sia mai neppure approcciata da vicino a un esserino piumato e ciò rende assai difficile che possa dunque innamorarsene, tanto
60 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Ciò che ci ha colpito particolarmente è stato che sui circa 80 bambini presenti quasi un terzo abbia confessato di non aver mai visto un pulcino dal vivo
da decidere di volerlo allevare. Lungi da me, comunque, la presunzione di voler proporre soluzioni, mi limito a segnalare la questione. Sabato 15 giugno, sempre l’Associazione Pescarese Ornicoltori, in collaborazione con l’Associazione Ornitologica Teramana, ha organizzato, in Pescara, il “II° BABY SHOW di Ondulati di Forma e Posizione”. Pur non trattandosi di una manifestazione ufficiale, i 57 soggetti esposti, grazie alla benevolenza del Presidente dell’Ordine dei Giudici F.O.I. Andrea Benagia-
no, sono stati egregiamente giudicati dal Giudice Sandro Maestà, che una volta di più ha dimostrato in primis le proprie disponibilità e passione, ma anche le competenze e la professionalità che lo caratterizzano, svolgendo magistralmente il non certo facile compito di valutare animali di età compresa tra i tre e i nove mesi. Tutta la fase di giudizio si è svolta dinnanzi agli allevatori/espositori e al pubblico, con i quali il Giudice si è confrontato, in un clima sereno e scherzoso in ogni momento, motivando e argomentando le proprie scelte, mentre parallelamente i “non addetti ai lavori” ricevevano nozioni e informazioni sui soggetti esposti, quali cenni storici, comportamento, alimentazione, dimorfismo sessuale ... Tutto ciò ha fatto sì che l’evento sia stato un grande successo, per il quale ancora la sera gli organizzatori hanno ricevuto telefonate di apprezzamento da parte dei partecipanti e dei genitori dei bambini presenti. Il momento più appagante della giornata è risultato comunque essere quello in cui i bambini, Lupetti e Coccinelle del “Gruppo Scout Pescara I°Parrocchia Spirito Santo”, hanno eletto due dei tre “best in show” della manifestazione. Un siparietto divertentissimo in questo frangente si è svolto quando un bambino, scherzosamente rimproverato perché, contrariamente alle “regole”, votava per tutti i soggetti presentati, ha risposto: “Ma a me piacciono tutti, come faccio a sceglierne uno?”. Per chiudere il breve resoconto sul “Baby show”, una nota di merito va riconosciuta al Gruppo Ondulati Inglesi Italia che, partecipando massicciamente alla manifestazione, ci ha permesso di realizzare un evento divulgativo di innegabile successo, che ci auguriamo di trasformare in un appuntamento fisso negli anni a seguire. Ancora l’Associazione Pescarese Ornicoltori, questa volta in collaborazione con il Raggruppamento Ornitologico Abruzzo-Molise, domenica 16 giugno ha organizzato il “Corso di abilitazione per il trasporto degli uccelli da affezione”. Davanti a una settantina di persone, tra partecipanti e curiosi, i
gentilissimi e preparatissimi Dottori Veterinari Domenico Borrelli, Feridoun Jamali e Giuseppe Quici, hanno dissertato di benessere animale, primo soccorso, legislazione inerente agli uccelli da affezione, profilassi e tanto altro, riuscendo a tenere ben desta l’attenzione dei presenti per diverse ore. Grazie alle capacità dialettiche dei tre oratori e all’interesse dimostrato dai convenuti rispetto ai temi proposti, il corso è andato ben oltre il mero rapporto relatore-pubblico, rivelandosi momento di incontro e dibattito tra le diverse anime che arricchiscono il mondo ornitologico e che all’interno di questo si combinano, fondendosi: allevatori, espositori, veterinari, dirigenti di associazione e organizzatori di mostre; tutti hanno espresso, più o meno pacatamente, il proprio pensie-
Tutta la fase di giudizio si è svolta dinnanzi agli allevatori/espositori e al pubblico, con i quali il Giudice si è confrontato
In fila per il Baby Show
ro, tutti sono stati ascoltati e a tutti è stata fornita una risposta, con i due Presidenti di Raggruppamento presenti, Domenico Maione e Domenico Borrelli che, in virtù dei propri ruoli, si
sono fatti carico di presentare alla Federazione alcune istanze che sono emerse nel corso della giornata. Sabato 22 giugno, in Val Vibrata di Colonnella (TE), ospiti della Associa-
Foto di gruppo del “Cuore d’Italia”
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 61
Baby Show: pronti per il giudizio
zione Ornitologica Teramana, si sono riuniti i rappresentanti di ben 23 Associazioni appartenenti ai Raggruppamenti Abruzzo-Molise, UmbriaMarche e Lazio per progettare il prossimo “Campionato Inter-Regionale del Cuore d’Italia”, che si terrà dal 6 al 10 novembre prossimi, proprio nella località che ha visto svolgersi l’assemblea. Gli intervenuti hanno proficuamente dibattuto dei vari aspetti dell’organizzazione mostra: dalle premiazioni alla logistica, dall’ospitalità ai giudici e allevatori alla composizione del Comitato Organizzatore, gettando le basi di un evento che, visti i presupposti, si preannuncia di indubbio successo. Domenica 30 giugno è salita alla ribalta l’Associazione Ornicoltori Città di Chieti, che ha organizzato l’interessantissimo convegno “Attualità Ornitologica”. Considerando la qualità dei relatori, quali il Vicepresidente F.O.I. Diego Crovace, il Presidente dell’Ordine dei Giudici Andrea Benagiano e gli allevatori esperti Gianmaria Bertarini e Mauro Montanaro, il consesso non poteva che essere un successo e in effetti tale è risultato. Si è dibattuto della formazione dei
62 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
Si è dibattuto della formazione dei giudici, delle dinamiche e delle variabili da considerare in fase di giudizio giudici, delle dinamiche e delle variabili da considerare in fase di giudizio, di recenti mutazioni e di interazioni fenotipiche nei canarini di colore; nei ritagli di tempo si è anche riusciti a parlare di alcune somiglianze nell’iter selettivo seguito da allevatori di canarini e di ondulati. Numerosi sono stati gli interventi del pubblico, a testimonianza dell’attualità dei temi trattati e dell’interesse suscitato dagli stessi. Un’esperienza sicuramente da ripetere dunque, un evento che è andato certamente a impreziosire il già ricco “giugno ornitologico abruzzese”. Per concludere, riporto un commento del Presidente del Raggruppamento Ornitologico Abruzzo e Molise, Dome-
nico Maione: “Sono molto soddisfatto della vivacità che vive in questo momento il movimento ornitologico abruzzese; fintanto che i Presidenti di Associazione, coadiuvati dai propri Consigli Direttivi e supportati dai soci, continueranno a mostrare la stessa passione, voglia di fare e spirito di iniziativa che li anima al momento, il nostro Raggruppamento potrà farsi strada a spron battuto sia a livello nazionale che internazionale. Il prossimo banco di prova saranno le mostre 2019 e, a tal proposito, approfitto per ricordare gli appuntamenti ornitologici del nostro territorio: a fine settembre “Erythrura”, il gioiello dell’ornitologia abruzzese, che si terrà a Lanciano, organizzata dall’A.O.C.A.; dal 30 ottobre al 1 novembre a Val Vibrata di Colonnella si svolgerà una Rassegna che vedrà accorpate ben 8 specialistiche, dai Neophema agli Ondulati, dagli Arricciati ai Gloster; per finire, in crescendo, il Campionato InterRegionale Cuore d’Italia, aperto a tutti gli allevatori appartenenti ai Raggruppamenti di Lazio, Umbria-Marche e naturalmente Abruzzo e Molise, che avrà luogo, sempre a Val Vibrata, nei giorni 6-10 novembre”.
Attività F.O.I. Sopralluogo e incontro con organizzatori Campionato Italiano - Bari 2019 In occasione del Consiglio Direttivo Federale svolto il 12/13/14 Luglio a Gioia del Colle (BA), è stato effettuato un sopralluogo presso i locali dell’Ente Fiera di Bari destinati a ospitare il Campionato Italiano di Ornitologia 2019. I padiglioni che ospiteranno i soggetti iscritti al concorso hanno ottima luminosità e facilità di accesso, con punti ristoro previsti secondo le esigenze logistiche e ampia area destinata alla parte commerciale e alla mostra scambio. Gli ampi spazi messi a disposizione dall’Ente Fiera daranno l’opportunità di poter effettuare le fasi di ingabbio in un’area coperta adiacente i padiglioni, dove saranno dislocate varie postazioni assistite da personale appositamente preparato, che fornirà le gabbie agli allevatori per gli alloggiamenti dei soggetti. Le stesse gabbie verranno poi catalogate e sistemate sulle strutture espositive numerate dagli addetti qualificati all’allestimento, secondo le modalità predisposte dall’organizzazione. A seguire, il CDF ha avuto un incontro con tutte le Associazioni del Rag-
gruppamento Puglia-Basilicata coinvolte nell’organizzazione del Campionato Italiano, durante il quale è stata ribadita l’importanza della collaborazione tra associazioni per rendere tale evento un successo, frutto di condivisione. Il presidente Antonio Sposito ha confermato l’impegno della FOI a supportare l’organizzazione con convogliamenti da tutta Italia, tranne che dai Raggruppamenti limitrofi, per la fase di ingabbio; ha altresì comunicato la previsione di acquisto di ben 4000 medaglie per le premiazioni di chi conquisterà il podio al Campionato Italiano; tale quantità è dovuta all’aumento del 25% delle categorie a concorso. Il presidente ha concluso la riunione richiamando il senso di responsabilità di chi intende organizzare il Campionato Italiano, assumendo degli impegni e attenendosi alle regole. Un cenno è stato fatto anche alle candidature finora ricevute in FOI per i prossimi Campionati Italiani, riscontrando con positività l’interesse pervenuto da varie Regioni e confermando la validità di tali candidature per il futuro.
AGOSTO-SETTEMBRE 2019 63
Attività F.O.I.
Veduta di uno dei Padiglione che ospiteranno il Campionato Italiano di Bari 2019
Sintesi del Verbale Consiglio Direttivo del 14 e 15 giugno 2019 L’intero Verbale è pubblicato sul sito www.foi.it/verbali - Candidature per il ruolo di Vice Presidente C.O.M. e del responsabile OMJ della Fauna Europea (sez. G e H) in vista delle nuove elezioni previste a gennaio 2020: proposte e determinazioni; Il CDF, all’unanimità dei voti, delibera di inviare alla COM ITALIA le seguenti indicazioni: con riferimento alla candidatura nel ruolo di Vice Presidente COM di non avanzare alcun nominativo; con riferimento alla candidatura a Responsabile OMJ della Fauna Europa (sez. G e H), di avanzare il nominativo del Giudice Riccardo Rigato. - Il CDF prende atto delle dimissioni rassegnate dal Consigliere Giuseppe Ielo con lettera pervenuta in data 22 maggio 2019 accettando le stesse pur non condividendone le addotte motivazioni. - Incontro con i Presidenti delle Commissioni Tecniche Nazionali; Nella mattina di sabato 15 giugno 2019 il CDF ha avuto un incontro con i Presidenti delle Commissioni Tecniche nazionali durante il quale sono stati esaminati diversi profili di interesse tecnico scientifico. In particolare il Presidente FOI ha fatto osservare che il vertiginoso innalzamento del numero delle categorie sta sostanzialmente annullando la valenza sportiva delle mostre nelle quali non vi è più competizione giacché il rap-
64 AGOSTO-SETTEMBRE 2019
porto fra soggetti ingabbiati e soggetti premiati si è ridotto a 4:1. Sollecita l’assunzione di responsabilità in ordine alla necessità di tenere sotto controllo il numero delle categorie anche eventualmente eliminando quelle non rappresentative e non interessate da ingabbi. - Assemblea dei Club di Specializzazione; Nel pomeriggio di sabato 15 giugno 2019 si è tenuto l’incontro plenario tra i Club di Specializzazione e le CTN. Tale incontro è stato preceduto da altre riunioni tra i Club appartenenti ad ogni singola sezione con i rispettivi Presidenti di CTN. Sia per il primo che per le seconde si rinvia agli appositi verbali. - Il CDF, a precisazione del deliberato di cui al punto 7 all’ordine del giorno della riunione del CDF del 17-18/05/2019 circa la tenuta del Congresso Tecnico dei Giudici, chiarisce che la decisione definitiva di rinviarne la tenuta è stata raggiunta non già all’esito delle consultazioni di cui ivi è cenno ma solo dopo il serrato ed intenso confronto avuto sul punto con l’Ordine dei Giudici e con i Presidenti delle Commissioni Tecniche Nazionali in occasione della riunione plenaria dei predetti Organi di cui si è dato conto nel presente verbale. - Il CDF autorizza il seminario sui canarini Eumo, Jaspe ed Opale che sarà tenuto a Reggio Calabria in data 8 dicembre 2019 a cura dell’A.O. Fata Morgana con la collaborazione dei rispettivi club di specializzazione.