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Osservatorio medico-legale

osservatorio medico legale Osservatorio medico-legale Osservatorio medico-legale La manovra di Kristeller. Aspetti medico-legali

Barbara Bonvicini*, Erich Cosmi**, Giovanni Cecchetto*, Claudio Terranova*, Guido Viel*, Massimo Montisci*

Sommario: 1. Premessa. – 2. La responsabilità professionale in ostetricia. – 2.1. I presupposti giuridico-deontologici della responsabilità professionale medica. – 2.2. Evidence Based Medicine e responsabilità professionale medica. – 2.3. Linee guida: implicazioni medico-legali. – 3. La manovra di Kristeller. – 3.1. Evidenza scientifica e raccomandazioni nazionali/internazionali. – 3.2. Interpretazione delle evidenze scientifiche e considerazioni medico-legali. – 4. Problematiche in caso di danno alla madre e/o al feto. – 4.1. Valutazione della condotta sanitaria ostetrico-ginecologica – 4.2. Nesso di causa tra condotta e danno materno e/o fetale – 5. Conclusioni.

Abstract: L’attività medica ha risentito negli ultimi anni dei profondi mutamenti normativi che hanno coinvolto la materia della responsabilità professionale sanitaria. La necessità di operare nel rispetto delle evidenze scientifiche, ha messo in luce la vulnerabilità di alcuni settori specialistici, come quello ostetrico-ginecologico, interessato da una crescita esponenziale delle azioni giudiziarie e dell’entità del contenzioso economico, tra i più elevati nelle diverse discipline mediche. In tale ambito, la pressione del fondo uterino, nota anche come manovra di Kristeller, eseguita durante la seconda parte del travaglio di parto, espone i professionisti al rischio di azioni legali e sentenze potenzialmente sfavorevoli per l’assenza di sufficienti prove scientifiche a suffragio o a sfavore della procedura, peraltro non sempre dichiarata nei documenti sanitari a causa delle possibili implicazioni medico-legali che ne possono derivare. Gli autori ritengono auspicabile redigere linee guida o raccomandazioni specificamente mirate ad identificare le manovre che possono essere compiute durante il parto vaginale, illustrare le tecniche consentite e quelle assolutamente vietate, allo scopo di orientare gli specialisti nel loro operato.

The medical practice has been influenced by recent changes in laws in the area of medical liability. The need to work in compliance with the Evidence Based Medicine highlighted the vulnerability of some specialist sectors, such as obstetrics and gynecology, where litigation claims have higher average indemnity payments and higher paid-to-closed ratios than most other medical specialties. In this context, the fundal pressure, also known as Kristelle maneuver, performed during the second part of labor, exposes practitioners to the risk of malpractice lawsuits and potentially unfavorable outcomes, because there is currently insufficient evidence for the routine use of procedure and a significant amount of data concerning maternal-fetal injury are missing due to medicolegal implications. The authors suggest that it would be desirable to draft specifically targeted guidelines or recommendations on maneuvers during vaginal delivery to point out exactly what kinds of maneuvering techniques are to be considered appropriate or banned, in order to guide the specialists in their work.

* Sede di Medicina Legale, Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Cardiovascolari, Università degli Studi di Padova. ** Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova.

1. Premessa

Negli ultimi anni, si è assistito nella realtà occidentale ad una crescita esponenziale dei casi di responsabilità professionale che afferiscono all’autorità giudiziaria, prevalentemente, ove la realtà dei servizi sanitari è maggiormente evoluta. I presupposti di tale fenomeno si riconoscono in ragione di una progressiva crescita culturale e socio-economica, accompagnata da una sempre maggior consapevolezza del singolo cittadino, e della collettività nel complesso, circa i propri diritti, con conseguente mutamento delle proprie aspettative nei confronti del Servizio Sanitario e delle prestazioni professionali mediche. Tale realtà ha comportato nel tempo un significativo trend, sostanziato non soltanto da uno spiccato aumento dei costi di gestione dei sinistri, delle spese legali e di giustizia, ma anche del Sistema Sanitario tout court, avendo alimentato il cosiddetto fenomeno della “medicina difensiva”, per la quale si registrano ogni anno aumenti delle spese mediche e degli esami a cui il paziente viene sottoposto, nel tentativo da parte del professionista sanitario di ridurre le probabilità di contenzioso. Il settore specialistico dell’ostetricia-ginecologia risulta peraltro tra quelli a maggior incidenza in termini di entità dei risarcimenti e trend di crescita temporale, interessando in modo economicamente importante anche i medici in formazione specialistica. Si rende pertanto imprescindibile, nel novero della disamina di argomenti inerenti la responsabilità professionale medica, e con particolare riguardo al delicato campo dell’ostetricia, frequentemente bersaglio di contenziosi giuridici, una riflessione in merito agli aspetti medico-legali che scaturiscono dall’applicazione di “pratiche” e/o “manovre” cliniche non sempre di comprovato valore scientifico, e.g. la “manovra di Kristeller”, frequentemente adottate nonostante gli attuali orientamenti giurisprudenziali dettati dal legislatore sui principali aspetti della materia in discorso (Legge 8 marzo 2017, n. 24) che richiamano il professionista ad attenersi alle buone pratiche cliniche ed alle raccomandazioni previste dalle linee guida redatte dalle società scientifiche.

2. La responsabilità professionale in ostetricia

2.1. I presupposti giuridico-deontologici della responsabilità professionale medica

Il fenomeno del contenzioso giudiziario in ambito sanitario trova fondamento nella lesione del bene salute, ovvero di quel diritto fondamentale che consente all’individuo di integrarsi nel suo ambiente naturale e sociale, la cui compromissione impone il risarcimento del danno a prescindere dalla capacità del danneggiato di produrre reddito (danno biologico). A partire dalle direttive fondamentali stabilite dalla Conferenza Internazionale della Sanità (New York, 1946) e recepite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la salute è definita come: “uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non consiste soltanto nell’assenza di malattie o infermità. Il possesso del migliore stato di sanità che si possa raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun essere umano”. In linea con la dichiarazione dell’OMS, le principali Convenzioni Internazionali sanciscono il diritto alla salute come uno dei diritti fondamentali dell’individuo e della collettività. Parimenti, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione Italiana, “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Tale diritto si concretizza in un complesso di regole e servizi volti alla promozione ed al mantenimento del benessere psico-fisico della popolazione 1 . Il principio e la definizione del bene “salute” quale interesse individuale giuridicamente e costituzionalmente tutelato, rendono conto del grande interesse della società rispettivamente alla garanzia del diritto alla salute, divenuto pertanto sempre più oggetto di contenzioso legale. Di pari passo, la fattispecie giuridica della responsabilità professionale medica in Italia, come nel resto d’Euro

pa, configura un tema di grande attualità per la crescente considerazione che, a livello sociale, viene dedicata al diritto alla salute, fondamentale e degno della massima tutela. Se da una parte, infatti, le nuove acquisizioni in ambito diagnostico-terapeutico hanno contribuito al miglioramento delle prospettive di guarigione e di benessere della popolazione ed alla diminuzione dei rischi intrinseci a determinati atti medico-chirurgici, si sta assistendo per contro ad un aumento della richiesta risarcitoria per presunti errori medici. In tale contesto vi è stata un’evoluzione della normativa che passando attraverso il decreto Balduzzi è approdata nella oramai non più recente legge Gelli-Bianco che ha cercato di modificare la previgente disciplina nel tentativo di trovare un corretto bilanciamento tra la tutela della salute del paziente e la tenuta del sistema sanitario, apportando significativi cambiamenti sia sul versante civilistico, sancendo definitivamente la natura extracontrattuale della responsabilità del medico, sia su quello penalistico, inserendo una causa di esclusione della punibilità ad hoc.

2.2. Evidence Based Medicine e responsabilità professionale medica In ambito di responsabilità professionale medica, la valutazione della correttezza dell’operato medico da parte del giudice rappresenta un percorso logico-valutativo di particolare impegno e difficoltà, dovendosi identificare la sussistenza di errori e/o inosservanze di doverose regole di condotta che abbiano configurato un profilo di “colpa”, che può derivare da generiche imprudenza, imperizia o negligenza nell’atto medico (colpa generica), ovvero da inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (colpa specifica). L’identificazione di profili “colposi” è pertanto conseguente alla sussistenza di inosservanze di specifiche regole di comportamento volte a prevenire il verificarsi di un danno. L’individuazione delle regole di condotta, la cui trasgressione dà luogo a colpa, può essere compiuta solo attraverso l’identificazione, rigorosamente ex-ante, della prevedibilità e della evitabilità dell’evento dannoso 2 . L’errore vero in ambito medico si identifica quindi in un’azione che, alla luce della Medicina delle Evidenze, sia giudicata inopportuna e/o svantaggiosa; errore, quindi, definito come tale secondo il criterio di probabilità scientifica, secondo assunti statistico-epidemiologici o secondo credibilità razionale, per i quali l’evento dannoso possa essere giudicato prevedibile e pertanto prevenibile e/o evitabile. Nella valutazione della condotta medica è necessario accertare se il sanitario, avvalendosi del background culturale e dei livelli di competenza caratteristici della propria categoria professionale, abbia correttamente definito in termini prognostici il succedersi degli eventi ed abbia pertanto formulato correttamente diagnosi e procedure terapeutiche. A fronte di tale definizione medico-legale di errore e di inosservanza di doverosa regola di condotta, si farà riferimento, nella valutazione dell’operato medico da parte del Giudice, alla “leges artis”, sostanziata, in termini concreti, da principi di comportamento che siano frutto di consolidata esperienza, corroborata attraverso sistematiche revisioni critiche da parte della comunità scientifica. Il principio di pratica medica ispirata alle più recenti acquisizioni e conoscenze scientifiche e, pertanto, il monito al professionista sanitario ad una costante revisione ed aggiornamento del proprio bagaglio culturale, costituisce inoltre uno dei fondamentali richiami deontologici al medico, allorché, all’articolo 12, il Codice di Deontologia Medica sottolinea che “[…] le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ed aggiornati a sperimentate acquisizioni scientifiche anche al fine dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente. Il medico è tenuto ad un’adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei farmaci, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e prevedibili reazioni individuali, nonché delle caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e terapeutici e deve

adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate”. In tale contesto viene quindi a definirsi l’importanza della cosiddetta Evidence Based Medicine (EBM), come strumento di guida per il professionista sanitario nelle scelte di condotta diagnostico-prognostico-terapeutiche 3 . La diffusione della Medicina Basata sulle Evidenze ha peraltro trovato piena corrispondenza istituzionale nella stesura di specifiche linee guida dapprima richiamate dal Programma Nazionale Linee Guida (PNLG) introdotto dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 4 e, successivamente, divenute un dettame normativo secondo la legge Gelli-Bianco (art. 5), in cui si rimanda l’operato specialistico al rispetto delle “raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge” 5 .

2.3. Linee guida: implicazioni medico-legali

La progressiva diffusione negli ultimi anni di raccomandazioni, linee guida e protocolli, testimonia l’esigenza della comunità scientifica di ordinare il sapere medico in sistemi conoscitivo-operativi, finalizzati al raggiungimento di elevati standards di qualità 6 . Le linee guida, la cui finalità ed il cui ruolo consistono nell’orientare il medico alla miglior gestione delle problematiche cliniche, devono, in quanto tali, essere soggette a costanti revisioni, rispecchiando la conoscenza medico-scientifica più recente, compito attualmente demandato al Sistema Nazionale per le Linee Guida (SLNG) istituito dal Ministero della salute. Lo sviluppo di linee guida impone infatti: che le conoscen

3 Viero, Montisci, Prospettive della responsabilità sanitaria alla luce della c.d. legge Gelli Bianco (L. 24/2017). L’apporto medico-legale, in questa Rivista, 2018, 223-227.

4 Ferrara, Pfeiff er, Unitariness, evidence and quality in bio-medicolegal sciences, in Int J Legal Med., 2010; 124(4): 343-4.

5 Viero, Montisci, Prospettive della responsabilità sanitaria alla luce della c.d. legge Gelli Bianco (L. 24/2017). L’apporto medico-legale, op. cit.

ze disponibili siano correttamente interpretate e delineate (validità); che a partire dalle medesime evidenze scientifiche siano desumibili le medesime conclusioni da parte di più esperti revisori (riproducibilità); che tutte le discipline più importanti abbiano contribuito allo sviluppo della linea guida (rappresentatività); che il gruppo cui esse sono destinate sia chiaramente definito (applicabilità clinica); che venga utilizzata una terminologia precisa (chiarezza). L’interesse medico legale al tema delle linee guida assume rilievo allorché si debba procedere alla valutazione della condotta medica in tema di responsabilità professionale. Come precedentemente illustrato, la condotta medica deve sottendere a norme e principi, di derivazione deontologica e giuridica, la cui mancata osservanza, per inadeguate perizia, prudenza e/o diligenza, implica la definizione di “colpa”. L’operatore sanitario, medico o paramedico, assume in altri termini una posizione di garanzia nei confronti della tutela della salute, diritto fondamentale dell’individuo. Nell’arduo compito di valutazione della condotta medica da parte del giudice, questi avrà il compito di valutare se l’operato clinico sia stato conforme ai dettami ed alle conoscenze disponibili nello specifico momento storico di accadimento dell’evento, facendo riferimento non già alla soggettività dell’esperienza del singolo, bensì a conoscenze accreditate, consolidate a seguito di processi di corroborazione e di revisioni della comunità scientifica. È pertanto in tale contesto che linee guida, così come documenti di consenso, protocolli, trattati di riferimento e letteratura scientifica (concorrenti a definire la “Evidence Based Medicine”), assumono rilievo medico legale in sede giuridica, inquirente e giudicante, come sancito dall’art. 5 della novella n. 24 del 7 aprile 2017 7 . In sede civile, la verifica del comportamento del professionista in relazione alle buone pratiche cliniche, servirà al giudice per definire l’ammontare del risarcimento; nell’ambito penale, l’aver rispet

7 Viero, Montisci, Prospettive della responsabilità sanitaria alla luce della c.d. legge Gelli Bianco (L. 24/2017). L’apporto medico-legale, op. cit.

tato le raccomandazioni previste dalle linee guida, potrà comportare per il medico, ai sensi dell’art. 6 della citata novella, l’esclusione di punibilità in caso di imperizia (esimente) per i reati di lesioni personali ed omicidio colposo. Per contro, è importante considerare che le linee guida non assumono e non assumeranno mai valore di “verità”, essendo esse rappresentative della conoscenza scientifica di un dato periodo storico e, pertanto, “relative”. La leges artis non deve quindi essere tassativamente interpretata come insieme di inderogabili norme di condotta cui il medico deve soggiacere, bensì come orientamento, di carattere più o meno specifico e dettagliato, alla risoluzione di problemi, soggetto a potenziale mutamento nel tempo 8 . D’altro canto nella stessa norma, all’art. 5, è esplicito il richiamo alle raccomandazioni previste dalle linee guida, ovvero, in mancanza di queste alle buone pratiche clinico-assistenziali, purché le stesse “risultino adeguate alle specificità del caso concreto”, conferendo potere di autonomia decisionale al medico. Quest’ultimo potrà infatti autodeterminarsi nell’applicazione dei mezzi che egli ritenga maggiormente opportuni ai fini della risoluzione delle specifiche problematiche cliniche, potendo egli disattendere le indicazioni fornite dalle linee guida, ovvero potendo applicare discrezionalmente metodiche diagnostico-terapeutiche di propria scelta in caso di assenza di linee guida o di altre indicazioni della comunità scientifica, purché nel rispetto delle best practices 9 .

8 Dickens, Cook, The legal effects of fetal monitoring guidelines, in Int J Gynaecol Obstet., 2010; 108: 170-173.

9 A tale riguardo, secondo l’orientamento giurisprudenziale e di Corte costituzionale “la pratica dell’arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione […] La regola di fondo in questa materia è costituita dall’autonomia e dalla responsabilità del medico, che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione” (Corte cost., 26.6.2002, n. 282).

3. La Manovra di Kristeller

3.1. Evidenza scientifica e raccomandazioni nazionali/internazionali

La manovra di Kristeller, altrimenti detta “Fundal pressure”, consiste nell’applicazione di pressione, esercitata con le mani e/o con il braccio dell’operatore, a livello del fondo uterino, coadiuvando le forze espulsive naturali e facilitando la progressione ed il disimpegno fetale attraverso il canale vaginale. Tale metodica nacque originariamente, alla fine del ‘900, allo scopo di ridurre le tempistiche del secondo stadio di travaglio, in particolare in casi di sofferenza fetale acuta per i quali si rendesse necessaria l’espulsione rapida del feto. Nella valutazione degli aspetti medico-legali inerenti tale pratica è necessaria, come illustrato nelle premesse giuridico-deontologiche alla valutazione della responsabilità professionale, una preliminare disamina delle evidenze cliniche più aggiornate, attraverso la valutazione delle raccomandazioni desumibili dalle linee guida nazionali ed internazionali, dai trattati di riferimento e dalla letteratura scientifica di merito. Va sottolineato come la manovra di Kristeller necessiti ai fini della sua realizzazione, condizioni ginecologico-anatomiche permittenti, sostanziate dall’assenza di sproporzione feto-pelvica, dall’assenza di ostacoli alla progressione fetale costituiti da parti molli materne e dalla mancata sovra-distensione del segmento inferiore pelvico. È, inoltre, preferibile non porre in essere la manovra prima che la parte presentata abbia raggiunto il piano perineale 10 . In ordine alle complicanze descritte in trattatistica, si annoverano contusioni uterine e/o peritoneali, distacco intempestivo di placenta, rottura d’utero, lesioni viscerali materne, fratture costali o sternali, lacerazioni perineali di terzo o quarto grado 11 .

10 Pescetto et al., Ginecologia e Ostetricia, vol. II, Roma, 2009.

11 Matsuo et al., Use of uterine fundal pressure maneuver at vaginal delivery and risk of severe perineal laceration, in Arch Gynecol Obstet., 2009; 280(5):781-6.

A carico del feto, sono più frequentemente segnalate fratture di femore o altre ossa, morte perinatale, emorragia intracranica e sottogaleale, compressioni funicolari, alterazioni della circolazione intervillosa con possibilità di trasfusione feto-materna e possibile microembolismo trofoblastico o amniotico. In particolare, viene descritta quale controindicazione relativa l’effettuazione della manovra a carico di partorienti precedentemente sottoposte a parto cesareo ovvero ad altri interventi chirurgici a carico dell’utero, nonché in casi di gravidanze gemellari. L’eccessiva pressione sul fondo uterino è descritta in associazione ad incrementi di pressione intracranica fetale, sino a quadri di significativo decremento del flusso cerebrale con pattern di FCF patologici. La compressione del funicolo e le alterazioni funzionali nello spazio intervilloso causate dalla compressione sul fondo dell’utero possono compromettere lo stato fetale determinando ipossia ed asfissia fetale. Come desumibile da quanto sopra sinteticamente riportato, sono quindi descritte numerose “complicanze”, a fronte di un unico beneficio (accelerazione della fase di disimpegno senza ausilio di mezzi meccanici). Passando poi alla revisione delle raccomandazioni internazionali inerenti la procedura, emerge come la maggior parte dei trattati e dei manuali di riferimento nel contesto centro-europeo e nella realtà anglosassone, non descrivano tout court la manovra. Essa è inoltre non ammessa o scoraggiata in Olanda, Irlanda, Austria, Germania, Francia, Gran Bretagna, Svizzera e Slovenia 12 . Revisioni sistematiche della letteratura (Cochrane reviews) concludono affermando l’assenza di evidenza scientifica in ordine alla appropriatezza ed alla sicurezza della manovra di Kristeller nell’accelerazione del secondo stadio di travaglio 13 .

12 V. Sim pson, Knox, Fundal pressure during the second stage of labor, in Am J Matern Child Nurs., 2001; 26(2): 64 -70. Si veda altresì Clinical Practice Guidelines, Use of fundal pressure during the second stage of labour. Formal consensus – Haute Autorité de Santé – 2007.

Tale assenza di evidenza è infine sostanziata dall’assenza di concrete, sistematiche indicazioni da parte della comunità scientifica nazionale, non essendovi, nel novero delle linee guida più recenti, precise indicazioni all’effettuazione della metodica. Alcune linee guida, come quelle del Regno Unito e degli Stati Uniti, vietano nella pratica ostetrica l’uso di tale procedura nel corso del travaglio di parto solo nei casi di possibile rischio di distocia di spalla, mentre non ne definiscono chiaramente l’applicazione in presenza di altre condizioni neonatologiche 14 .

3.2. Interpretazione delle evidenze scientifiche e considerazioni medicolegali Le evidenze scientifiche ad oggi disponibili in merito alla manovra di Kristeller sono indicative di quanto di seguito sinteticamente esposto. a. È descritto un elevato numero di possibili complicanze, a fronte di un singolo potenziale vantaggio; b. Il rapporto rischio-beneficio risulta largamente sfavorevole; c. Le possibili complicanze della tecnica sono ampiamente descritte in trattatistica, pertanto tutte classificabili come “prevedibili”; d. Molte delle complicanze descritte (e.g. contusioni viscerali materne e/o fetali; fratture materne e/o fetali; compressioni funicolari) sono riconducibili ex-post con certezza alla manovra, essendo pertanto giudicate “evitabili” con difformi condotte sanitarie; e. Non vi sono indicazioni univoche, ufficiali ed unanimi da parte della comunità scientifica internazionale; tuttavia, vi è una evidente preponderanza di raccomandazioni alla non effettuazione della pratica. Pertanto, si può concludere affermando che il professionista sanitario, ferma restando l’autonomia nella scelta dei mezzi e delle procedure ap

14 Zaam i et al., Fundal pressure: risk factors in uterine rupture. The issue of liability: complication or malpractice?, in J Perinat Med., 2018. 46 (5): 567-568.

plicabili in ciascun specifico caso, ha il dovere giuridico-deontologico di essere edotto ed aggiornato circa i dati scientifici consolidati ed accreditati, al fine di porre in essere le metodiche e le procedure più appropriate (id est scientificamente valide), nell’interesse del paziente. A fronte della mancanza di raccomandazioni favorevoli all’effettuazione della pratica, nonché a fronte delle evidenze scientifiche indicative di uno sfavorevole rapporto rischio-beneficio e di un elevato tasso di complicanze certamente prevedibili, alcune delle quali evitabili con difforme condotta, il professionista sanitario che si accingesse all’applicazione della metodica deve avere consapevolezza che, dal punto di vista medico-legale, dovrà assumersi la responsabilità degli eventuali danni cagionati alla gestante e/o al feto, con relativo onere della prova (a propria discolpa) in caso di valutazione della condotta in ambito giudiziario.

4. Problematiche in caso di danno alla madre e/o al feto

4.1. Valutazione della condotta sanitaria ostetrico-ginecologica La legge Gelli-Bianco, all’art.7, è intervenuta a disciplinare la responsabilità civile, introducendo un “doppio binario” di responsabilità: –quella della struttura sanitaria che risponde sempre a titolo contrattuale per fatto proprio ex art. 1218 c.c. (a causa dell’inadempimento di una prestazione gravante direttamente sulla struttura), ovvero per fatto derivato dalle condotte poste in essere dai dipendenti o degli ausiliari ex art. 1228 c.c., anche laddove i professionisti siano stati scelti dal paziente e non siano dipendenti della struttura; –quella degli esercenti la professione sanitaria, che sarà invece generalmente di natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c., salvo, però, essere contrattuale nel caso in cui il paziente si sia rivolto direttamente al medico incaricandolo di eseguire una prestazione. Nel caso di malpractice, anche in campo ostetrico-ginecologico, viene quindi riconosciuto al danneggiato (madre e/o feto) il diritto di poter cumulare le proprie azioni risarcitorie (nei confronti della struttura e del medico) con aspetti giuridico-procedurali che si differenzieranno in relazione al riparto dell’onere probatorio ed ai termini di prescrizione dell’azione. Nei giudizi vertenti in ambito di responsabilità contrattuale, il paziente danneggiato, entro dieci anni dal verificarsi dell’evento, si limiterà a provare che esiste un contratto con il sanitario danneggiante e che è insorto o si è aggravato uno stato di malattia, per poi semplicemente affermare che il sanitario danneggiante ha posto in essere un inadempimento astrattamente idoneo a determinare la condizione patologica. Nella responsabilità extracontrattuale, invece, colui il quale agisce, sostenendo di aver subito un danno, è tenuto a provare, entro cinque anni, l’effettiva verificazione del danno lamentato, che questo è imputabile al danneggiante, il danno subito ed il nesso di causalità materiale tra fatto e conseguenze di nocumento. Ancorché il focus delle azioni giudiziarie, alla luce di quanto indicato, si sia spostato nei confronti della struttura ospedaliera lasciando maggior respiro al professionista, la specializzazione ostetrico-ginecologica continua ad essere una delle “massime unità di rischio” con risarcimenti per malpractice che risultano essere tra i più elevati nel settore sanitario, coinvolgendo spesso economicamente anche i medici in formazione specialistica. Si deve poi considerare che in ambito sanitario, cosi come in ogni altra prestazione d’opera intellettuale, l’orientamento giurisprudenziale e di Suprema Corte prevede che la dovuta diligenza si traduca concretamente nella cosiddetta “obbligazione di mezzi”, dovendo il professionista impegnarsi ad applicare tutti i migliori mezzi, diagnostico-prognostico-terapeutici, necessari al conseguimento del risultato nell’interesse del paziente 15 . Nello specifico, i mezzi che il professionista è giuridicamente tenuto ad utilizzare devono essere coerenti con i dettami della metodologia clinica, basata sull’utilizzo di conoscenze accre

ditate e corroborate, appartenenti pertanto alla “Medicina dell’Evidenza”. Analogamente, dal punto di vista deontologico (Codice deontologico - 2006) il medico è tenuto ad “attenersi alle conoscenze scientifiche” (art. 5); “le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche” (art. 13); vige infine l’obbligo deontologico di “mantenersi aggiornati in materia tecnico-scientifica, etico-deontologica e gestionale-organizzativa, onde garantire lo sviluppo continuo delle sue conoscenze e competenze in ragione dell’evoluzione dei progressi della Scienza” (art. 19). Nella valutazione della condotta del sanitario da parte del giudice, è evidente che i parametri di valutazione della perizia, della diligenza e della prudenza debbano basarsi sull’evidenza scientifica consolidata ed accreditata, al fine di garantire la massima obiettività nella valutazione e nel giudizio. La Medicina dell’Evidenza è quindi il parametro di riferimento per identificare la sussistenza di errori e/o di inosservanze di doverose regole di condotta. Calandosi nel contesto pratico, nel caso di danno al paziente si dovrà stabilire, facendo riferimento alle evidenze scientifiche consolidate ed attraverso un ragionamento ex-ante, se esso fosse: 1) non prevedibile e pertanto non evitabile (non si configura l’errore e la responsabilità del professionista è esclusa); 2) prevedibile, in quanto rientrante fra le “complicanze” note della pratica adottata, ma non evitabile con difforme condotta (non si configura l’errore); 3) prevedibile ed evitabile con difforme condotta, ovvero non raccomandato o non indicato (errore vero e responsabilità del professionista). La prevedibilità dell’evento, come più volte ribadito, scaturisce dalla sussistenza di evidenze di trattatistica e letteratura. Prendendo ora in esame casi di danno conseguenti all’applicazione della manovra di Kristeller, gli eventi negativi cagionabili a seguito della messa in atto della manovra sono ampiamente illustrati e documentati nella Letteratura di riferimento ostetrico-ginecologica e non vi sono pertanto dubbi in merito alla loro prevedibilità. Posta la prevedibilità del danno, si tratterà dunque di stabilire se quest’ultimo fosse: 1) evitabile attraverso l’applicazione di manovre/ presidi maggiormente accreditati dal punto di vista scientifico, così configurando un errore commissivo sostanziato da errata scelta terapeutica, identificativo di responsabilità del professionista; 2) non evitabile, nel caso in cui l’applicazione della manovra fosse, nel caso concreto e per le specifiche condizioni clinico/organizzative del momento, l’unica/la migliore opzione disponibile nell’interesse della paziente, circostanza identificativa dell’esclusione di profili di responsabilità in capo al professionista. Si evidenzia tuttavia, sotto il profilo giurisprudenziale, come nel caso della responsabilità extracontrattuale il danneggiante risponde sempre di tutti i danni che il danneggiato ha subito, anche quelli che non potevano prevedersi al momento in cui è sorta l’obbligazione (quando è stato commesso l’illecito). Ergo, l’insorgenza di un evento iatrogeno (legato alla procedura sanitaria), relativamente comune e descritto in letteratura, rientrante nel novero delle c.d. complicanze, prevedibili ma non evitabili, non sempre è scevro da conseguenze sotto il profilo giuridico civilistico. In merito, per consolidato orientamento giurisprudenziale 16 , il lemma “complicanza” identifica “un evento dannoso, insorto nell’iter terapeutico, che pur essendo astrattamente prevedibile, non sarebbe evitabile”; in quest’ottica, la Suprema Corte 17 ha ribadito che in caso di insorgenza di un peggioramento delle condizioni del paziente con evento di danno: 1. “o tale peggioramento era prevedibile ed evitabile, ed in tal caso esso va ascritto a colpa del medico, a nulla rilevando che la statistica lo annoveri in linea teorica tra le complicanze;

16 Cass., 30.6.2015, n. 13328, in Resp. civ. e prev., 2015, 1990 ss.

2. ovvero tale peggioramento non era prevedibile oppure non era evitabile: ed in tal caso esso integra gli estremi della causa non imputabile di cui all’art. 1218 c.c., a nulla rilevando che la statistica clinica non lo annoveri in linea teorica tra le complicanze”.

4.2. Nesso di causa tra condotta e danno materno e/o fetale A seguito dell’analisi della condotta, una volta identificata la sussistenza di errore e/o di inosservanza di doverosa regola di condotta, si procederà alla valutazione della valenza causale dell’errore rispetto al danno. Il nesso di causalità materiale (per condotta omissiva o commissiva) rappresenta infatti condizione indispensabile per l’affermazione della responsabilità professionale. L’accertamento della valenza causale dell’errore/ inosservanza e, conseguentemente, l’identificazione della responsabilità professionale, implica criteri valutativi diversi per ambito giuridico, essendo diverse le finalità perseguite dal diritto civile e da quello penale (di natura principalmente risarcitoria in civile, sanzionatoria in penale). Si ricorre infatti al principio per il quale il grado di probabilità di verificazione dell’evento deve essere inversamente proporzionale all’importanza del bene protetto. In concreto, in sede penale, dovendo prevalere la protezione dell’innocente ed essendo a rischio la libertà individuale del cittadino, fondamentale bene protetto dalla legge, l’accertamento della valenza causale dell’errore dovrà soggiacere ad una estrema rigorosità, potendo emanarsi una sentenza di condanna unicamente a fronte di un giudizio di elevata probabilità – quasi certezza (con livelli probabilistici prossimi a 100%) circa la sussistenza del nesso causale. Diversamente, il bene primariamente protetto in ambito civile, ossia l’interesse risarcitorio del danneggiato, implica la possibilità di ridurre la soglia di rigore, ammettendosi nell’accertamento giudiziale del nesso causale livelli probabilistici di grado quantitativamente inferiore rispetto all’ambito penale (secondo il cd criterio del “più probabile che non”). Calandosi nel contesto della valutazione di ipotesi di responsabilità professionale in caso di danno derivato dall’applicazione della manovra di Kristeller, potranno essere diversi i giudizi espressi in sede penale e civile, stante il diverso grado di probabilità necessaria all’identificazione del nesso di causa. La manovra è gravata, come illustrato nei precedenti paragrafi, da evidenze controverse, essendovi esigui vantaggi della pratica a fronte di un elevato rischio di complicanze, prevedibili e spesso evitabili mediante l’applicazione di difformi condotte (e.g. utilizzo di forcipe, effettuazione di parto cesareo, etc…). Non vi sono, tuttavia, raccomandazioni univoche ed ufficiali che vietino in maniera tassativa la pratica, dichiarandola obsoleta ovvero nociva. Pertanto, in sede penale potrà essere più difficile, in particolare per determinate tipologie di danno (ad esempio in caso di paralisi cerebrale), l’identificazione della manovra quale causa certa o altamente probabile, escludendo in tal modo profili di responsabilità. Diverso potrà essere invece il percorso accertativo in ambito civile, in cui le evidenze scientifiche di svantaggioso rapporto rischio-beneficio e la non concordanza della comunità scientifica internazionale circa l’ammissibilità della pratica assumeranno maggior rilievo nella definizione di un rapporto causale fra condotta e danno, conducendo più facilmente all’attribuzione di responsabilità in capo all’ostetrica e/o al medico co-responsabile.

5. Conclusioni

In epoca recente si è verificata un’evoluzione normativa che ha caratterizzato l’intera materia della responsabilità civile, coinvolgendo prevalentemente il settore sanitario, quale conseguenza della centralità assunta dalla persona e dai suoi valori, specie il bene salute. Grazie inoltre al progresso tecnologico e scientifico, nel rapporto medico-paziente, si è passati da una mera aspettativa di tutela della salute, ad una pretesa di garanzia di risultato, con sviluppo della medicina difensiva ed aumento dei costi sanitari. Nel “microsistema” della responsabilità medica, un ruolo di primario ordine è riservato all’ambito ostetrico-ginecologico, posta la crescita esponenziale del contenzioso che ha interessato gli specialisti del settore, la cui attività è da ritenersi

“a doppio rischio”, per la duplicità dei centri di interesse coinvolti: la donna ed il nascituro. Uno studio americano che ha raccolto i dati relativi alle richieste indennitarie presentate alle compagnie d’assicurazione tra il gennaio 2005 ed il dicembre 2014, oltre a confermare il trend di crescita temporale del fenomeno, ha evidenziato come l’entità dei risarcimenti nel settore ostetrico-ginecologico sia più elevata (+30% circa) rispetto alla maggior parte delle altre specialità mediche 18 , coinvolgendo spesso i Medici in Formazione specialistica, tenuto conto che non hanno ancora maturato adeguate capacità esperienziali, idonee a soddisfare le richieste di una medicina sempre più basata sulle evidenze scientifiche 19 . La necessità di operare nel rispetto di quest’ultime, ha rappresentato il filo conduttore del percorso giurisprudenziale che con la Legge Gelli-Bianco ha trovato la sua massima espressione, richiamando il sanitario (all’art. 5) ad osservare le raccomandazioni previste dalle linee guida ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali 20 . In tale contesto, la manovra di Kristeller, ancorché ad oggi largamente applicata nella maggior parte degli ospedali di tutto il mondo, costituisce una pratica clinica la cui validità scientifica non è riconosciuta. Molti autori, nonché istituzioni come l’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) e Cochrane Collaboration 21 , si esprimono scoraggiando o vietandone l’applicazione, con non poche ripercussioni sotto il profilo della responsabilità laddove la manovra venga attuata da parte del ginecologo e dell’ostetrica. A livello internazionale, la procedura (assieme all’episiotomia) è stata addirittura inserita tra gli atti medici che configurano la “violenza ostetrica”, intesa come violazione dei diritti umani che si configura ogni qualvolta che nell’assistenza al parto vengano poste in essere manovre non necessarie, non raccomandate, ovvero obsolete 22 . Nel merito, si è anche espressa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che a far tempo dal 2014, ha riconosciuto la “violenza ostetrica” come un problema di salute pubblica 23 , peraltro sottostimato nella sua portata e gravità. Recentemente gli Autori di un documento che ha raccolto dati sull’entità reale del contenzioso relativo alle lesioni provocate dall’esecuzione della manovra di Kristeller 24 , in esito ad un’approfondita disamina di motori di ricerca generali (PubMed-Medline, Cochrane, Embase, Google, GyneWeb), oltre che di banche dati legali italiane, britanniche e statunitensi (De Jure, Bailii; WestLaw, Thomson Reuters, ecc), hanno concluso che il fenomeno è molto più ampio di quanto non appaia attraverso i canali ufficiali. Ciò in ragione del fatto che una quantità significativa di informazioni relative al danno materno-fetale derivato dalle procedure e/o manovre finalizzate ad accorciare la seconda fase del travaglio di parto, non vengono annotate nei documenti sanitari, causa le implicazioni medico-legali che ne possono derivare.

18 Glaser et al., Trends in malpractice claims for obstetric and gynecologic procedures, 2005 through 2014, in Am J Obstet Gynecol., 2017; 217: 340.e1-340.e6.

19 Glover et al., Schaffer A. Characteristics of Paid Malpractice Claims Among Resident Physicians from 2001 to 2015 in the United States, in Acad Med., 2020 Feb;95(2):255-262.

20 Viero, Montisci, Prospettive della responsabilità sanitaria alla luce della c.d. legge Gelli Bianco (L. 24/2017). L’apporto medico-legale, cit.

22 Sul punto si vedano Jardim , Modena, Obstetric violence in the daily routine of care and its characteristics, in Rev Lat Am Enfermagem, 2018, 29; 26: e3069; Lansky et al., Obstetric violence: influences of the senses of birth exhibition in pregnant women childbirth experience, in Cien Saude Colet, 2019 5; 24(8): 2811-2824.

23 Organizzazione Mondiale dell a Sanità (OMS), La Prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere, Ginevra, 2014.

24 Malvasi et al., Kristeller maneuvers or fundal pressure and maternal/neonatal morbidity: obstetric and judicial literature review, in J Matern Fetal Neonatal Med., 2019; 32(15): 2598-2607.

Peraltro, sempre in riferimento alla manovra di Kristeller, non esiste un’unica procedura di pressione sul fondo uterino in sé identificata e descritta in modo uniforme, ma una varietà di tecniche che si differenziano in intensità, modalità di applicazione e utilizzo, ovvero in una serie di condizioni di carattere spesso empirico/soggettivo non facilmente standardizzabili ai fini di un accordo o consenso universale sull’efficacia o meno della pratica durante il parto 25 . Alla luce di quanto indicato appare di evidenza palmare come la manovra non possa soddisfare il principio guida di pratica medico-sanitaria basata sulle “Evidenze”, ovvero fondata sull’applicazione delle migliori metodologie, conoscenze e prassi operative derivanti dal consenso della comunità scientifica e Professionale di riferimento e basate su dati scientifici oggettivi, consolidati e comprovati a livello di efficacia (c.d. “Piramide delle Evidenze”, di crescente oggettività e valore probatorio). Tali argomentazioni non potranno essere ignorate dal professionista ostetrico, tenuto peraltro conto che numerosi tribunali, sia negli Stati Uniti d’America (USA) che negli Stati membri dell’Unione Europea (UE), hanno decretato l’uso della manovra stessa, assumendo una posizione favorevole alla presunzione di colpa nei confronti di quei medici e operatori sanitari che ne hanno fatto ricorso nell’assistenza ostetrico-ginecologica di una paziente. Pertanto, tenuto conto che la manovra di Kristeller costituisce ancora oggi una controversa procedura ostetrica, lo specialista che scelga di metterla in pratica dovrà prestare particolare attenzione al proprio processo decisionale valutando accuratamente, in riferimento al caso concreto ed alle circostanze cliniche ed organizzative del momento, i potenziali vantaggi, le prevedibili complicanze, il rapporto rischio-beneficio e le possibili alternative terapeutiche, con particolare riferimento all’opportunità di applicare metodiche/presidi maggiormente accreditati e scientificamente validati. L’auspicio concreto è che le società scientifiche, anche alla luce della citata novella Gelli-Bianco, redigano linee guida o raccomandazioni specificamente mirate alle manovre durante il parto vaginale, in cui indicare esattamente quali tipi di tecniche devono essere assolutamente vietate e quali manovre possono essere consentite e in quali condizioni l’applicazione può essere considerata appropriata, al fine di fornire un supporto scientifico capace di validare l’operato specialistico laddove, in caso di eventuali eventi negativi, il sanitario venga chiamato a dimostrare la correttezza della propria condotta.

25 Si vedano Merhi, Awonuga, The role of uterine fundal pressure in the management of the second stage of labor: a reappraisal. Review., in Obstet Gynecol Surv., 2005; 60: 599-603; Matsuo et al., Use of uterine fundal pressure maneuver at vaginal delivery and risk of severe perineal laceration and aneedforepisiotomy, in Arch Gynecol Obstet., 2009; 280: 781- 786.

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