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Parole: esplicite, implicite ed escluse nel linguaggio della l. 219/2017GaudinoLuigi

Saggi e pareri Saggi e pareri pareri saggi e Parole: esplicite, implicite ed escluse nel linguaggio della l. 219/2017

Luigi Gaudino Professore nell’Università di Udine

Sommario: 1. Parole nuove e parole “usate”. – 2. La legge 219/2017: gli obiettivi. – 3. L. 219/2017: decidere per l’oggi. – 4. L. 219/2017: decidere per il domani, con la consapevolezza di una situazione in atto. – 5. L. 219/2017: decidere per il domani, per il timore di ciò che potrebbe accadere. – 6. I silenzi della legge (e qualche parola di troppo). – 7. Abbiamo una legge; la conosciamo a fondo. E ora?

Abstract: La 219/2017 non è solo una legge sul fine vita, né un testo che si limita a confermare quanto già acquisito in virtù dell’attività di dottrina e giurisprudenza. È una legge che consente di fare cose buone, incidendo profondamente sulle relazioni in ambito sanitario. Occorre, a tal fine, uno sforzo per riconoscere la ricchezza di significato dei termini nuovi, presenti nella legge, così come il nuovo e diverso senso che anche i termini già noti assumono all’interno del nuovo contesto; dando altresì valore a quanto, volutamente, è invece assente dal lessico della nuova normativa. Una legge oggetto di molte e profonde analisi eppure generalmente poco conosciuta e ancora meno applicata. È tempo che tutti si impegnino, ciascuno nel proprio ruolo, in uno sforzo operativo volto a rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione al molto di buono che v’è in questa legge.

The l. 219/2017 is not just an Act regarding “end of life” issues, nor a text that merely confirms rules already known, by virtue of scholars’ and judges’ activity. It is an Act that allows to do good things, deeply affecting relationships in all the health sector. To this end, an effort is needed to recognize the richness of meaning of the new terms, adopted in this law, as well as the new and different meaning that “old” words acquire in the new context; giving also value to what is deliberately absent from the lexicon of the new legislation. An Act deeply studied and analysed, yet generally little known and even less applied. It is time for everyone to commit, each in their own role, in an operational effort aimed at removing the obstacles that prevent the realization of all the good that is in this Act.

1. Parole nuove e parole “usate”

Negli ultimi anni il dialogo tra il mondo del diritto e quello della salute è andato infittendosi e arricchendosi. La discussione – spesso sull’onda di una casistica mediaticamente “interessante” 1 – è passata dalle aule dei tribunali alle pagine della cronaca, ai vo

1 Merita sempre ricordare i nomi delle persone le cui vicende hanno imposto la riflessione su questi temi: Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli, Walter Piludu e, più di recente, Fabiano Antoniani (DJ Fabo).

lumi degli studiosi e, infine, ai provvedimenti del legislatore 2 . In questi anni, la Gazzetta Ufficiale ci ha consegnato tre normative di grande rilevanza: a) l. 15 marzo 2010, n. 38, “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”; b) l. 8 marzo 2017, n. 24, “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”; c) l. 22 dicembre 2017, n. 219, “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” 3 . Una rapida e sommaria cernita dei termini che appaiono maggiormente significativi, tra quelli che compaiono nelle tre leggi sopra citate, ci offre questo risultato: aggiornamento – alleviare – appropriatezza – assistenza psicologica – autodeterminazione – autonomia – buone pratiche – capacità effettive di comprensione/decisione (minori/incapaci) – competenza, autonomia professionale, responsabilità del medico – comunicazione – consenso libero e informato – continuità assistenziale – dignità – disposizioni anticipate di trattamento – équipe – equità – fiducia – fiduciario – formazione – inesigibilità (di trattamenti contrari a legge, deontologia, buone pratiche clinico-assistenziali) – informazione (comprensibile; adeguata) – linee guida – non discriminazione – organizzazione – ostinazione irragionevole – pianificazione condivisa delle cure – prevenzione/ gestione del rischio – programma di cura individuale – qualità (delle cure; della vita fino al suo termine) – relazione (di cura e fiducia) – responsabilità – revocare – rifiutare – rispetto – sedazio

2 Una discussione segnata, come rilevato [Casalone, Diritto sulla vita e valore della vita. Prospettiva etico-teologica, a cura di Verduci, Il diritto sulla vita, Pisa, 2018, 53 s.] da una logica dello scontro e della contrapposizione che ha ridotto gli spazi di dialogo.

3 Gli intrecci e la necessità di coordinamento fra le ultime due normative sono oggetto dell’indagine di Salanitro, Il consenso, attuale o anticipato, nel prisma della responsabilità medica, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 67 ss.; nonché delle considerazioni di Pucell a, La relazione di fiducia tra medico e paziente, in questa Rivista, 2019, 75 ss.

ne palliativa profonda continua – sicurezza delle cure – sostegno – trasparenza – vita. Ovviamente l’elenco, pur ricco, di per sé non ci dice molto. Le parole assumono significato all’interno del contesto in cui vengono utilizzate. In questo senso è possibile constatare come, nell’ultimo decennio, parole nuove siano entrate a far parte del nostro armamentario; termini già usuali abbiano riacquistato vitalità e senso; formule già digerite abbiano assunto – inserite in un nuovo contesto – un significato originale. Ma è altresì possibile – forse doveroso – spingersi oltre, evidenziando come anche parole non pronunciate (o non scritte) abbiano conquistato cittadinanza nel nostro discorso, poiché evocate implicitamente nel momento stesso in cui si dichiarano gli obiettivi da perseguire e si tratteggiano le modalità e gli strumenti volti a realizzarli 4 .

2. La legge 219/2017: gli obiettivi

Delle tre leggi sopra citate la l. n. 219/2017 5 è senz’altro – al di là delle critiche che, con diver

4 Utili, con riguardo a questi profili, le considerazioni di Pescatore, Appunti di analisi linguistica per l’uso della legge 22 dicembre 2017, n. 219, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, 2018, 217 ss. Per un’indagine molto serrata (e critica) del lessico utilizzato dal legislatore: Cavicchi. Le disavventure del consenso informato. Riflessioni a margine della legge sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento, in Forum. La legge n. 219 del 2017, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, in Biolaw Journal-Rivista di BioDiritto, 2018, 91 ss.

5 I passaggi che hanno condotto alla sua approvazione sono ricostruiti da Mantovani, Relazione di cura e disposizioni anticipate di trattamento, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 188 ss., nonché in Mainardi (a cura di), Testamento biologico e consenso informato. Legge 22 dicembre 2017, n. 219, Torino, 2018, 43 ss. I commenti – tanto individuali quanto a più voci – sono ormai numerosi; in particolare: Atti del Convegno “Un nuovo diritto per la relazione di cura? Dopo la legge n. 219/2017”, in questa Rivista, 2019; Commento, in Nuove leggi civ. comm., 2019; Forum. La legge n. 219 del 2017, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, in Biolaw Journal-Rivista di BioDiritto, 2018, 11; Speciale riforma, in Il civilista, 2018; Focus, Riflessioni interdisciplinari sulla legge n. 219/2017, in Riv. it. med. leg., 2018, 931 ss.; Questioni di fine vita, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1-bis; Baldini, Prime riflessioni a margine della legge n. 219/17, in Biolaw Journal-Rivista di BioDiritto,

sità d’accenti, non sono mancante 6 – la più innovativa 7 ; e lo è soprattutto per l’approccio del

2018, 97 ss.; De Filippis, Biotestamento e fine vita – Nuove regole nel rapporto medico paziente: informazioni, diritti, autodeterminazione, Milano, 2018; Di Pentim a, Il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento-Commento alla l. n. 219/2017, Milano, 2018; Ferrando, Rapporto di cura e disposizioni anticipate nella recente legge, in Riv. crit. dir. priv., 2018, 43 ss.; Foglia (a cura di), La relazione di cura dopo la l. 219/2017, Pisa, 2019; Travia, Biotestamento e fine vita. Legge 22 dicembre 2017, n. 219, Milano, 2018; Triberti e Castell ani, Libera scelta sul fine vita. Il testamento biologico. Commento alla Legge n. 219/2017 in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, Firenze, 2018; Verduci (a cura di), Il diritto sulla vita, Pisa, 2018.

6 Per qualche prospettiva (variamente) critica: Azzoni, Una legge formalmente (semanticamente) inutile e sostanzialmente (pragmaticamente) pericolosa, in Newsletter OLIR.it, 2018, consultabile all’indirizzo: www.olir.it; Bertolone, Testamento, orientamento, dichiarazioni... non soltanto etichette – Alcune prospettive di un Pastore della Chiesa Cattolica, in Vita not., 2018, 133 ss.; Bilotti, L’efficacia delle disposizioni anticipate di trattamento, a cura di Verduci, op. cit., 87 ss.; Cavicchi, op. cit., 91 ss.; Carusi, Disposizioni anticipate di trattamento – La legge “sul biotestamento”: una luce e molte ombre, in Corr. giur., 2018, 293 (“una legge dai pregi minimali”); Casell a et al., La tutela giuridica delle persone affette da malattie progressivamente invalidanti anche alla luce della legge n. 219/2017, in Riv. it. med. leg., 2018, 143 ss.; Casalone, op. cit., 48 s.; D’Agostino, Come leggere la legge 219, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 15 ss. (preoccupato, al di là delle singole disposizioni della legge, per il nuovo paradigma bioetico: individualistico, funzionalistico, economicistico, eticamente freddo); Eusebi, Decisioni sui trattamenti sanitari o «diritto di morire»? I problemi interpretativi che investono la legge n. 219/2017 e la lettura del suo testo nell’ordinanza di rimessione alla corte costituzionale dell’art. 580 c.p., in Riv. it. med. leg., 2018, 415 ss.; Felis, Gli atti di disposizione del proprio corpo e Dat - Testamento biologico - Limiti e condizioni, in Vita not., 2018, 145 ss.; Liberali, Prime osservazioni sulla legge sul consenso informato e sulle DAT: quali rischi derivanti dalla prassi applicativa?, in Rivista di diritti comparati, 2018, 268, consultabile all’indirizzo: www. diritticomparati.it, sottolinea alcuni aspetti problematici del testo, che potrebbero determinare lo svuotamento dei diritti proclamati dalla legge; Pizzim enti, Il diritto di conoscere o di non conoscere il proprio stato di salute: modalità e contenuto dell’informazione, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 67 (sottolinea una serie di lacune nell’elencazione degli obblighi informativi operata dal legislatore); Rocchi, Le nuove norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, in La Magistratura, 2018, 169 ss. (legge “gravemente incongrua e palesemente incostituzionale”).

legislatore che ha scelto di redigere un testo che, più che obbligare/vietare determinati comportamenti 8 , consente di fare cose; e consente di fare cose giuste 9 , utili, buone 10 (anche se obblighi e divieti non mancano) 11 . L’atmosfera – come da tutti sottolineato – è quella di un diritto attento ai principî: un diritto mite 12 , un diritto gentile 13 . La l. n. 219/2017 dichiara, all’art. 1, i suoi obiettivi: tutelare vita, salute, dignità, autodeterminazione. Appare chiara, anzitutto, dall’intero impianto della legge, come il riflettore illumini la vita “biografica” e non quella meramente “biologica”; la persona

di cura, quasi una rivoluzione (articolo 1, commi 2 e 3), in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 26; Milone, Dal living will del 1997 alla legge 22 dicembre 2017, n. 219, con nota finale sul dovere di morire, in Vita not., 2018, 1397].

8 Il testo “ricerca l’accordo e la sintesi tra gli interessi coinvolti nelle vicende, piuttosto che l’affermazione degli uni sugli altri; disegna il perimetro di esercizio dei diritti evitando di pre-definire contenuti inderogabili e sanzioni” [Baldini, La pianificazione condivisa delle cure: prime riflessioni a margine della l. 219/2017, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit., 131].

9 Forni, Scelte giuste, anche alla fine della vita: analisi etico-giuridica della legge n. 219/2017, in Giurisprudenza penale web, 2019, 1-bis, 20 ss.

10 Canestrari, Una buona legge buona (DDL recante “norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), in Riv. it. med. leg., 2017, 975.

11 Rileva Zatti, Cultura della relazione e linguaggi normativi, in questa Rivista, 2019, 34: “Il linguaggio normativo si apre a contaminazioni di tipo etico, deontologico, scientifico; e si avvicina fortemente a quello proprio alle linee-guida professionali”. Testo normativo denso, ponderato ed equilibrato, che valorizza l’autodeterminazione del paziente senza oscurare né immiserire la figura del medico, secondo Mantovani, op. cit., 192. “La forza di questa normativa, difatti, risiede tutta in un messaggio in primis valoriale, all’indirizzo dei medici (come si fa la Medicina) e dei giudici (ciò che si può, che si deve fare: la concretizzazione stessa della condotta diligente), nonché all’indirizzo, infine, dei pazienti stessi, in termini di acquisizione di consapevolezza ed assunzione delle relative responsabilità decisionali” (Cacace, La nuova legge in materia di consenso informato e DAT; a proposito di volontà e di cura, di fiducia e di comunicazione, in Riv. it. med. leg,, 2018, 937).

12 Zagrebels ky, Il diritto mite, Torino, 1992, passim, e spec. 149 ss.; 212 ss.

13 Zatti, Per un diritto gentile in medicina. Una proposta di idee in forma normativa, in Nuova giur. civ. comm., 2013, II, 4 ss. (si veda anche il sito: www.undirittogentile.wordpress. com).

prima che il suo corpo 14 . La stessa l. n. 38/2010, art. 1, comma 3°, lett. b), segna d’altronde una via, quando indica come principio fondamentale la “tutela e promozione della qualità della vita” fino al suo termine. Inevitabile, per riempire di senso queste dichiarazioni, l’intreccio con le parole “dignità” e “autodeterminazione/autonomia” (che troviamo in entrambe le leggi). Ciò viene confermato quando si affronta il termine “salute”; è ormai assodato, infatti, che: “Health is a state of complete physical, mental and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity” 15 . Salute non è quindi assenza di malattia 16 ; misura della vita e della salute è, alla fine, la persona stessa: nella sua unica e irripetibile identità, con la sua biografia, la sua personalità, i suoi dubbi, le sue fragilità, le sue convinzioni. V’è poi un altro aspetto, di solito un po’ meno enfatizzato: quello del rispetto per la posizione di chi esercita l’attività sanitaria. La legge 219 (art. 1, comma 2°) richiama “la competenza, l’autonomia professionale 17 e la responsabilità del medico”; riferimento che si coordina con la successiva (art. 1, comma 6°) precisazione: “il paziente non può esigere trattamenti contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali” 18 . In questo contesto, anche il termine “responsabilità” (comma 2°) si presta a una lettura più ricca di sfumature rispetto al significato (“classico”) evidente nel comma 6° e nella l. n. 24/2017: non già la responsabilità come insieme delle conseguenze giuridiche (civili e penali) di un proprio agire errato, bensì l’appello al “senso di responsabilità”, come consapevolezza della propria posizione professionale 19 e sociale, nonché delle conseguenze che il proprio agire determina sulle vite degli altri.

3. L. 219/2017: decidere per l’oggi

Tutelare la personalità del paziente 20 significa riconoscere la sua autodeterminazione. La legge ha scelto di ricorrere alla formula “consenso informato”: “nessun trattamento sanitario

14 “La vita della persona diviene anche altro rispetto alla pura esistenza biologica e rispetto alla mera funzionalità organica (Azzalini, Il diritto alla rinuncia o al rifiuto di cure necessarie alla propria sopravvivenza nella l. 219/2017: questioni aperte e nuove prospettive di tutela della persona, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 116). Sul rapporto tra “biologia” e “biografia” nell’impianto della l. n. 219/2017: Zam peretti, Progetto di vita e percorsi di cura, in questa Rivista, 2019, 25 s.; Rapisarda, Consenso informato e autodeterminazione terapeutica, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 58. Foglia, Golden Hour del paziente: consenso biografico e dignità della vita, in Giurisprudenza penale Web, 2019, 1-bis, 124 ss. Anche il dibattito in seno alla classe medica evidenzia come “molti professionisti sanitari hanno ormai ben chiaro che la prospettiva non può essere quella del mero prolungamento della vita biologica, arrestando o rallentando la progressione della malattia, ma deve essere quella di garantire il miglior benessere possibile nella situazione data” (Palerm o-Fabris, Orizzonte e limiti della cura, in questa Rivista, 2019, 46).

15 Constitution of The World Health Organization, consultabile all’indirizzo: apps.who.int.

16 Come sottolinea Graziadei, Dal consenso alla consensualità nella relazione di cura, in questa Rivista, 2019, 38, il diritto ha effettuato una precisa scelta, adottando la prospettiva del modello biopsicosociale della malattia (contrapposto a quello meramente biomedico). ta individuare e proporre i percorsi di cura appropriati alle condizioni dei pazienti” distinta dall’“autonomia decisionale” di questi ultimi (Borsell ino, “Biotestamento”: i confini della relazione terapeutica e il mandato di cura, in Fam. e dir., 2018, 794).

18 Il che esclude qualsiasi possibilità di rappresentare il medico “come mero esecutore della volontà del paziente” (Borsell ino, op cit., 797; analogamente: Liberali, op. cit., 268; Baldini, Prime riflessioni, cit., 113) Questa legge “istituzionalizza la cultura del reciproco rispetto e della collaborazione fra cittadini-pazienti e professionisti sanitari, ciascuno con il proprio bagaglio di valori, esigenze, istanze e competenze” [Pari, Le opportunità (oltre gli ostacoli) della legge n. 219/2017, in questa Rivista, 2018, 221]. V’è anche chi manifesta qualche timore circa la possibilità che questa formula si presti a una lettura in contrasto con il rispetto dell’autodeterminazione del paziente (Gristina, Considerazioni in merito ai commi 5, 6 e 7 dell’articolo 1 della legge sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 29 s.).

19 “Responsabilità del medico significa che è sotto la sua responsabilità individuare la cura appropriata al caso seguendo le regole dell’arte […] ma sempre attento ad adattarle alla condizione specifica di ciascun malato” (Ferrando, op. cit., 68 s.).

20 Anche il ricorso al termine “paziente”, da parte del legislatore, non si è sottratto a rilievi critici (Bugetti, La disciplina del consenso informato nella legge 219/2017, in Riv. dir. civ., 2019, 107; Cavicchi, op. cit., 99).

può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata” (art. 1, comma 1°). È una formula che molti hanno ritenuto infelice 21 , per la sua imprecisione concettuale 22 e per le incrostazioni di significato che derivano dalla sua origine. Il termine nasce, infatti, sotto la “cattiva stella” della responsabilità medica e in un contesto di sapore contrattuale, ove la comunicazione medico/paziente viene letta come una sequenza di proposta (di indagine, di terapia) e accettazione/rifiuto. Un contesto nel quale i soggetti coinvolti sono (potenzialmente) in conflitto. Ed è noto il portato di questa esperienza: “consenso informato” come fonte di adempimenti burocratici, come strumento difensivo del mondo della salute dalle possibili lamentele e dalle azioni in giudizio degli “utenti/clienti”. Se ci accontentassimo di questa constatazione, la nostra legge sarebbe ben poca cosa 23 : limitandosi a sancire in via definitiva quanto da tempo elaborato in dottrina e in giurisprudenza 24 . Ma, come accennato all’inizio, le parole assumono un significato diverso quando immerse in un nuovo contesto: l’“ambiente” 25 della legge 219/2017 è

21 Palerm o-Fabris, op. cit., 2019, 46; “maldestra e ingannevole intitolazione”; formula “sciocca e deleteria” (Zatti, Cultura, cit., 31; Id., Spunti, cit., 248). Considerazioni simili in Di Rosa, La relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 33. “[L]a legge non risolve il problema dell’ambiguità che accompagna da sempre il concetto di consenso informato” (Cavicchi, op. cit., 92).

22 Busatta e Furlan, Consenso informato: nuovo paradigma normativo della medicina?, a cura di Viafora, Furlan, Tusino, Questioni di vita. Un’introduzione alla bioetica, Milano, 2019, 242, nota 2.

23 “[U]na fotografia […] della situazione esistente” (Felis, op. cit., 162).

24 Il quadro, sintetico ma completo, è tracciato da Borsell ino, op. cit., 790 ss.

25 In questo “ecosistema” o “ambiente” – non commensurabile a quello patrimoniale – con questa legge irrompe nel diritto positivo delle persone “l’idea della narrazione come cifra semantica e come linea guida nell’impostazione e soluzione di un problema” (Azzalini, Legge n. 219/2017: la relazione medico-paziente irrompe nell’ordinamento positivo tra norme di principio, ambiguità lessicali, esigenze di tutela della persona, incertezze applicative, in Resp. civ. e prev., 2018, 15).

quello della “relazione di cura e di fiducia 26 tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico”. Cambia il paradigma del rapporto paziente/medico 27 ; muta il senso del termine “consenso informato”: dal contratto alla fiducia 28 , dal punto alla linea 29 , dal consenso alla consensualità 30 , dall’atto al rapporto 31 . Il “consenso”, da imposizione burocratica, diventa il suggello di una “relazione” basata sulla fiducia 32 ; costringendo (poiché di diritti e doveri giuridicamente rilevanti si tratta) tutti i protagonisti a rivoluzionare i propri atteggiamenti 33 .

26 Sempre in tema di aspetti lessicali, ricordiamo come, a fronte di chi vede in tale formula evocato il concetto di “alleanza terapeutica” (Rodolf i, Il “consenso informato”, in Il Civilista, Speciale riforma, 2018, 9; Rapisarda, op. cit., 43; Azzalini, Legge n. 219/2017, cit., 21); e di chi in tale formula individua la chiave di mediazione tra paternalismo sanitario e assolutizzazione dell’autodeterminazione (Bilotti, op. cit., 87 ss.) vi è anche chi critica apertamente tale concetto (Rodotà, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, 2015, 277; Di Masi, La giuridificazione della relazione di cura e del fine vita. Riflessioni a margine della legge 22 dicembre 2017, n. 219, in Rivista di diritti comparati, 2018, 11, consultabile all’indirizzo: www.diritticomparati.it; Borsell ino, op. cit., 794: la l. n. 219 “prende le distanze dalla retorica della cosiddetta ‘alleanza terapeutica’”; considerazioni simili in La Russ a et al., Consenso informato e DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento): momento legislativo innovativo nella storia del biodiritto in Italia, in Resp. civ. e prev., 2018, 353).

27 Sulla complessità della relazione, v. Foglia, Consenso e cura. La solidarietà nel rapporto terapeutico, Torino, 2018, 9 ss.

28 Sul passaggio dal modello contrattualistico a quello delle scelte condivise, e sulle resistenze alla sua attuazione: Orsi, La relazione in medicina, in questa Rivista, 2019, 12 s.

29

Busnell i, Premesse, in questa Rivista, 2019, 4.

30 Graziadei, op. cit., 37 ss. Consensualità “che non è un atto, ma un modo d’essere della relazione” (Zatti, Cultura, cit., 31).

31 Foglia, Autodeterminazione terapeutica e poteri della persona nella relazione di cura, a cura di Sirena e Zoppini, I poteri privati e il diritto della regolazione, Roma, 2018, 247.

32 Non sfugge la disomogeneità del linguaggio del legislatore, superabile peraltro in via interpretativa: “da cancellare non è il consenso informato, ma la sua dominanza” (Zatti, Brevi note sull’interpretazione della legge n. 219 del 2017, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 3 ss.).

La legge parla anzitutto a chi ha il compito di formare i professionisti della salute: alle Università e alle Amministrazioni; e lo fa con ben tre dichiarazioni: “La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative” (art. 1, comma 10°) 34 ; “Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale” (art. 1, comma 9°) 35 ; “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura” (art. 1, comma 8°) 36 . Il modello non è più quello del medico che “informa” 37 e ottiene il consenso, ma quello di chi

34 Ambiti tematici “assenti o grandemente deficitari nei percorsi formativi di quasi tutti i professionisti sanitari” (Orsi, op. cit., 10); La formazione (ancora oggi assai carente, per quanto riguarda i medici) deve mirare a far sì che la preoccupazione dei curanti non sia più (o solo) la malattia, bensì la persona [Zam peretti e Giannini, La formazione del personale sanitario (commento all’art. 1, commi, 9 e 10), in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 37].

35 Profili oggetto dell’indagine di Faccioli, La dimensione “organizzativa” del consenso informato, in questa Rivista, 2018, 107 ss., il quale rileva opportunamente come tra gli obblighi informativi in capo al medico vi sia pure quello relativo all’adeguatezza (e alle eventuali carenze) della struttura in cui egli stesso opera, a tutela del diritto del paziente a scegliere il luogo di cura; Rodolf i, op. cit., 17 s., sottolinea come ciò si riverberi direttamente sulla posizione della struttura, che può essere chiamata direttamente a rispondere nel caso di violazione del diritto del paziente dovuto a carenze organizzative.

36 Formulazione assertiva, che “potrebbe stare ben esposta nei reparti ospedalieri come quella che nelle aule giudiziarie dice ‘La legge è uguale per tutti’” (Tripodina, Tentammo un giorno di trovare un modus moriendi che non fosse il suicidio né la sopravvivenza - Note a margine della legge italiana sul fine vita, in Quaderni costituzionali, 2018, 192; Zatti, Brevi note, cit., 8); indicazione che vale a rendere il consenso informato “una vera a propria obbligazione principale del personale sanitario” (Di Masi, Effetti redistributivi della Legge n. 219/2017 nel rapporto fra medico e paziente, in Giurisprudenza penale Web, 2019, 1-bis, 165).

37 Appare evidente “l’impossibilità di limitare la comunicazione ad una mera informazione (il che tradirebbe la stessa valenza etimologica della terminologia utilizzata)” (Di Rosa, op. cit., 31). Ampiamente, sul tema della comunicazione: Piz

si pone in “relazione” 38 ; una relazione che deve coinvolgere l’intera équipe sanitaria (art. 1, comma 2°) 39 . Tutto ha inizio perciò con l’ascolto 40 : perché per poter informare la persona “in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile” occorre sapere chi è la persona che si ha davanti, per poter impostare un rapporto davvero fondato sul reciproco affidamento 41 . Il medico, anzitutto, ascolta 42 . Ascolto 43 è una parola che manca nel lessico del legislatore ma che è implicita nel modello tratteggiato: la comunicazione non è, e non può essere, unidirezionale 44 . È dialogo 45 il termine senz’altro

zim enti, op. cit., 70 ss. Non è poi banale rilevare come, in un’epoca in cui l’accesso alle informazioni è reso quanto mai agevole, il compito del medico sia sempre più spesso quello di correggere e integrare informazioni (sovente scorrette) già acquisite dal paziente (Baldini, Prime riflessioni, cit., 106).

38 “Stabilire una buona relazione di cura diventa pertanto il primo atto terapeutico nel quale se il malato incontra una persona disponibile all’ascolto e ad accogliere la sofferenza, questa diventa più sopportabile” (Zagonel, Limite e pianificazione condivisa, in questa Rivista, 2019, 79, con riferimento alla pratica in oncologia).

39 Orsi, op. cit., 9: la legge “riconosce la realtà del lavoro interdisciplinare e interprofessionale quotidianamente svolto nella medicina contemporanea”.

40 Può essere questo il primo momento del consenso che si fa procedimento, in quanto fenomeno evolutivo/progressivo, come ricorda Piccinni, Modalità e forme del consenso, in questa Rivista, 2019, 67. Primo momento del passaggio dell’informazione da “trasmissione unidirezionale” a “processo a due vie” (Borsell ino, op. cit., 795).

41

Pucell a, ibidem.

42 Orsi, op. cit., 10: “il sanitario che si siede ad ascoltare il vissuto raccontato dal malato”.

43 Ascolto reciproco: Di Sapio, Muritano, Pischetola, Disposizioni anticipate di trattamento: tempo di comunicazione, tempo di cura, in Familia, 2019, 404. “pre-occupazione in ordine al rispetto del profilo identitario dell’ammalato, della sua percezione della vita, della morte, della malattia” (Cacace, op. cit., 936).

44 Comunicazione onesta, veritiera e bilaterale, ricorda Pizzim enti, op. cit., 74. Sul punto: Di Rosa, op. cit., 32.

45 Termine che – merita sottolineare – compare nell’art. 4 del Codice deontologico delle professioni infermieristiche (“Nell’agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo”), consultabile all’indirizzo: www.fnopi.it; ma che è invece assente in quello medico (ove peraltro non compare neppure la parola “ascolto”).

più appropriato a descrivere questa relazione 46 : un dialogo che consente ai protagonisti di riconoscersi e interagire, valorizzando le ovvie asimmetrie 47 . È il dialogo a consentire al professionista una “sintonizzazione fine” su quella persona che in quel momento necessita delle sue competenze tecniche (per così dire: dal prêt-à-porter al capo di sartoria) 48 . Ugualmente implicite (seppur estranee al vocabolario del legislatore 49 ) sono molte parole che ap

46 “[R]elazione comunicativa, dialogica ed empatica” (Di Masi, op. cit., 125). La legge approda a una “concezione dialogica della relazione di cura” (Ferrando, op. cit., 67). Il consenso “postula una reale interazione tra medico e paziente, basata sull’ascolto e sul dialogo” (Foglia, Autodeterminazione, cit., 247; più estesamente: Foglia, Consenso, cit., 4 ss.). Dialogo, narrazione, ascolto, coinvolgimento... (Casonato, Taking sick seriously: La pianificazione condivisa delle cure come paradigma di tutela delle persone malate, in Riv. it. med. leg., 2018, 949). Sulle “fasi” del processo di adozione del consenso, e sulla necessaria dimensione dialogica e bilaterale: Fasan, Consenso informato e rapporto di cura: una nuova centralità per il paziente alla luce della legge 22 dicembre 2017, n. 219, in Giurisprudenza penale Web, 2019, 1-bis, 88 ss.

47 “Il che non significa affatto […] un offuscamento dei rispettivi ruoli, del sanitario e del destinatario della prestazione, ma piuttosto l’affermarsi di una dinamica dialogica virtuosa da fondare sull’incontro complementare di competenza e autodeterminazione” (Azzalini, Il diritto, cit., 106; v. anche Azzalini, Legge n. 219/2017, cit., 16 ss.). Sul ruolo degli obblighi informativi nella riduzione delle asimmetrie: Cilento, Obblighi informativi e tutela della parte debole: la scelta consapevole dalla relazione di cura ai rapporti asimmetrici, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit., 35 ss.

48 La “comunicazione con il malato rappresenta un fattore determinante per l’efficacia dei processi di cura e per promuovere un rapporto di fiducia tra il paziente e il curante”; comunicazione che dovrebbe essere improntata al c.d. “standard soggettivo” (ciò che il singolo paziente in quel momento vuole e può comprendere) (Pizzim enti, op. cit., 73). Ampiamente, sulla medicina narrativa, nell’ambito della l. n. 219: Foglia, Nell’acquario. Contributo della medicina narrativa al discorso giuridico sulla relazione di cura, in questa Rivista, 2018, 373 ss.; Iagnemm a, “Il tempo della comunicazione costituisce tempo di cura”: l’approccio narrativo nella Legge n. 219 del 2017, in Giurisprudenza penale Web, 2019, 1-bis, 114 ss.

49 I principi ispiratori della legge sfuggono a rigide classificazioni, e richiedono “uno sforzo di apertura a valori e modelli relazionali meta-giuridici” [Verduci, Introduzione, a cura di Verduci, op. cit., 12]. D’altra parte “l’empatia, la cura affettuosa, l’ascolto, lo stesso rispetto, se sono oggetto di prescrizione legale, si traducono in immagini a bassa definizione” (Zatti, Cultura, cit., 2019, 30).

partengono alla cura, alla relazione e alla comunicazione: accoglienza, empatia, disponibilità 50 , carezza, sguardo, emozione, compassione, commozione, sconforto, lacrima, abbraccio... Parole implicite, ma non assenti. Poiché senza di esse il termine stesso di relazione verrebbe svuotato di senso: entrare in relazione significa essere disposti a conoscere la persona che si ha davanti, a riconoscerla come individuo con la sua personalità, le sue esigenze, le sue debolezze, la sua vulnerabilità 51 . Il medico ascolta l’interessato e chi questi intenda coinvolgere (familiare, convivente, persona di fiducia) 52 ; ascolta e si confronta e (anche questa direttiva è implicita) con gli altri membri dell’équipe: come dimenticare che gli infermieri, più dei medici a contatto con i pazienti nelle lunghe giornate di degenza, sono in grado di cogliere segnali che ad altri possono sfuggire 53 . Il medico ascolta – potrebbe essere opportuno, anche se la legge non lo menziona qui esplicitamente – il suo collega di medicina generale 54 : quello che meglio di altri conosce la persona, la sua storia, la sua

50 Duplice: del curante e della persona malata, secondo Zam peretti, op. cit., 24.

51 Si vedano, a questo proposito, le pagine di Fontanell a, Le condizioni della relazione, in questa Rivista, 2019, 17 ss., ove si descrive chiaramente la situazione del paziente che, nel momento in cui varca le porte di un reparto ospedaliero, finisce per trovarsi “a casa d’altri”.

52 La legge suggella a livello normativo la prassi di coinvolgere i parenti nei processi comunicativi e decisionali, portando a compimento un percorso già iniziato con la l. n. 76/2016, sulle unioni civili e le convivenze (Bugetti, op. cit., 113). Sul ruolo dei familiari con riguardo DAT e PCC: Mantovani, op. cit., 223.

53 Lattarulo e Pais dei Mori, Le disposizioni anticipate di trattamento ed il gesto di assistenza infermieristica: quale valenza ordinistica e giuridica?, in Giurisprudenza penale Web, 2019, 1-bis, 177 ss., spec. 193 s.

54 Carusi, La legge sulle decisioni di cura e la figura del medico: una lettura critica, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit., 13, ricorda come il “progetto Calabrò” prevedesse che fosse il medico di medicina generale a raccogliere le “dichiarazioni”: idea non peregrina, persa per effetto dello “scontro militarizzato” che ha condotto all’approvazione della l. n. 219/2017.

famiglia e le dinamiche che caratterizzano i loro rapporti 55 . L’informazione – da medico a paziente; da professionista a “laico” – sarà in tal modo efficace, poiché calibrata in base alla conoscenza della persona che il medico stesso ha acquisito. Tornerà poi nuovamente all’ascolto, al momento di raccogliere la volontà del paziente, ormai consapevole poiché informato in maniera a lui comprensibile. Ma anche qui, non si tratta di una ricezione passiva di un sì o di un no (cioè della – abusata, meccanica, fastidiosa – raccolta di una firma in calce a un modulo): di fronte a una rinuncia o a un rifiuto le cui conseguenze si annuncino gravi, il medico deve continuare il dialogo, prospettando le possibili alternative e promuovendo “ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica” (art. 1, comma 5°) 56 . Poiché il rifiuto delle terapie non è senz’altro sintomo di un’istanza suicidaria; e non è neppure opposizione alla figura o alla persona del professionista. Esso appare bensì come una richiesta di una cura diversa o di un modo diverso di essere accudito. La relazione non si interrompe, cioè, ma prosegue: nei casi più gravi, con la rimozione dei presidi medici, con l’accompagnamento, con le terapie palliative 57 . È questa la “circolarità di comunicazione e decisione” 58 , che la legge non menziona esplicitamente, eppure disegna con chiarezza. Una circolarità che richiede tempo 59 , e impone altresì di trova

55 Sulla natura plurale della relazione: Di Rosa, op. cit., 37 s.; Mantovani, op. cit., 197. Busatta, La sostenibilità costituzionale della relazione di cura, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit., 154 s. Di “rapporto pienamente relazionale”, poiché potenzialmente coinvolgente tutto il personale sanitario nonché l’entourage del paziente parla Di Masi, op cit., 127.

56 V’è spazio cioè, all’interno della relazione, per una “strategia della persuasione” (Badini, op. cit., 112).

57 D’Avack, Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento: una analisi della recente legge approvata in Senato, in Dir. fam. e pers., 2018, 182 s.

58 Zatti, “Parole tra noi così diverse”. Per una ecologia del rapporto terapeutico, in Nuova giur. civ. comm., 2017, II, 143 ss.

59 Un tempo da gestire: inteso cioè non in senso lineare ed episodico – “tutto subito e qua” – bensì come tempo opportuno, diluito (Zatti, “Parole tra noi così diverse”, ibidem; Barbisan, Legge 219: tormenti, chiarezze, insidie, in Forum.

re le risorse per una diversa organizzazione non solo dei tempi ma pure degli spazi: anche l’architettura dei reparti può incidere sulla qualità della comunicazione 60 . La decisione finale del paziente sarà il frutto di un sentiero percorso insieme: maturato nel rispetto – appunto – della personalità del paziente e dell’autonomia e della responsabilità del professionista. Tutto questo consente di riconoscere un significato diverso alla stessa “autonomia” del paziente, che prende il largo rispetto a un’accezione meramente contrattualista 61 , per farsi autonomia relazionale 62 , che tiene conto della fragilità, della debolezza della vulnerabilità della persona malata 63 : titolare ultima del potere di decidere, eppure mai sola durante questo percorso 64 .

La legge n. 219 del 2017, cit., 14: non chronos bensì kairos), “che continua in un percorso relazionale” coinvolgendo nel dialogo l’équipe (Orsi, op. cit., 13); tempo che “deve necessariamente commisurarsi alle esigenze soggettive della persona” (Busatta, Limite e pianificazione condivisa, in questa Rivista, 2019, 84). “[I]l tempo è una risorsa di cura, da valorizzare, perché è una componente della stessa relazione terapeutica e non uno strumento di misurazione delle performance assistenziali” (Forni, op. cit., 24). Sconsolanti, in questo senso, i dati sui minuti dedicati mediamente ai pazienti, riportati da Di Sapio, Muritano, Pischetola, op. cit., 409 s.

60 La qualità della comunicazione conta ben più della quantità delle informazioni fornite (Foglia, Consenso, cit., 29 ss.). L’assenza di spazi e tempi adeguati per l’instaurarsi di un autentico dialogo tra medico e paziente è sottolineata da Faccioli, op. cit., 114 s.; sull’importanza dell’architettura dei luoghi: Orsi, op. cit., 11. Sulla necessità di una riorganizzazione del lavoro: Bertoncell o, Luci ed ombre della legge n. 219/2017, in questa Rivista, 2018, 218 s.

61 Sui cui rischi: Posteraro, Il “problema” del consenso informato: dai diritti del malato alla spersonalizzazione del rapporto medico-paziente, in Medicina e Morale, 2017, 371 ss.

62 Su questi temi: Busatta e Furlan, op. cit., 242 ss. e spec. 258 ss.

63 Autonomia (interpretata non solo “in the liberal sense of permission given for treatment and/or experimentation”), dignità, integrità, vulnerabilità sono le parole d’ordine della “Barcelona Declaration on Policy Proposals to the European Commission on Basic Ethical Principles in Bioethics and Biolaw” (adottata nel novembre 1998 dai partner del BIOMED II Project), sulla quale: Kem p e Rendtorff , The Barcelona Declaration (2008)46 Synthesis Philosophica 239 ss.

4. L. 219/2017: decidere per il domani, con la consapevolezza di una situazione in atto

Per i media la l. n. 219/2017 è quella sul “testamento biologico” 65 . Questo ha oscurato una più rilevante novità, contenuta nell’art. 5 66 . Qui il lessico della salute si arricchisce davvero, con la nascita di un nuovo (per il nostro ordinamento) strumento: la “Pianificazione condivisa delle cure” 67 . Strumento accolto senza clamore; ancora poco conosciuto, eppure fondamentale. La situazione che il legislatore immagina è quella di chi è chiamato a fare i conti con una diagnosi infausta. Qui la chiave – diversamente da quanto accade con riguardo alle Disposizioni Anticipate di Trattamento – è la consapevolezza: le DAT riguardano situazioni future e ipotetiche; la Pianificazione Condivisa delle Cure segue una diagnosi attuale; consente all’interessato e alla famiglia, in continuo dialogo con i sanitari, di tracciare un percorso, adeguandolo all’evolversi della malattia; fino a prevedere il da farsi in caso di perdita di coscienza e a individuare un fiduciario, con quale il dialogo possa continuare. Torna il ruolo centrale del medico di famiglia – con le sue competenze, con la conoscenza delle persone acquisita nel corso del tempo – quale perno della relazione tra il paziente e la sua cerchia affettiva, e l’équipe (o le équipe 68 ) curante. L’impatto della PCC sulla condizione del malato e sulla qualità della sua vita – specialmente nelle ultime fasi – è evidente: il dialogo, la conoscenza, la consapevolezza circa le terapie del dolore e le cure palliative 69 consentono di instaurare un rapporto costruttivo tra paziente, famiglie e curanti; e consentono di arrivare preparati, decidendo nel rispetto della personalità e delle sensibilità di tutti i soggetti coinvolti, sollevando i familiari dai dubbi e dalle angosce per le decisioni che saranno chiamati a prendere (il terribile momento in cui i medici chiedono a chi è vicino al malato di esprimersi sul “che fare?”; e in cui i dubbi, le insicurezze, i sensi di colpa esplodono). La PCC riduce così anche la conflittualità (all’interno della famiglia, oltre che tra questa e i sanitari): conflittualità spesso innescata più dalle incomprensioni che dagli errori 70 .

reciprocità v. reciprocità senza asimmetria) [Lizzola, Vulnerabilità e dignità negli scenari di cura, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit., 239].

65 Rizzuti, Testamento e biotestamento: le disposizioni di ultima volontà tra persona e patrimonio, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit., 109 ss.

66 Secondo Busnell i, op. cit., 6: “è questa la vera norma ‘nuova’ della legge” (considerazione condivisa da molti: Busatta, op. cit., 86; Azzalini, Legge n. 219/2017, cit., 21; Benciolini, Art. 5 “Pianificazione condivisa delle cure, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 64 ss.: la norma merita “un’attenzione privilegiata”, quasi prioritaria rispetto allo stesso art. 1); la PCC “rappresenta un punto di svolta radicale nella relazione medico-paziente (Baldini, Prime riflessioni, cit., 138); la PCC è figura talmente rilevante che la l. n. 219/2017 “potrebbe essere salutata positivamente anche per il solo fatto di averla confermata e precisata” (Casonato, Taking sick seriously, cit., 948).

67 Advance Care Planning: strumento nuovo per noi, ma da tempo “al centro del dibattito medico, giuridico ed etico relativo alle questioni di fine vita” (Casonato, La pianificazione condivisa delle cure, in Il Civilista, Speciale riforma, 2018, 41).

68 Non è raro il caso di persone seguite, per patologie diverse o per terapie complesse, da più realtà sanitarie, magari geograficamente distanti fra loro; il che rende ancora più importante il ruolo del medico di famiglia: unico punto di riferimento costante per il malato e per chi gli è vicino.

69 Si vedano, in proposito, gli interventi di Viafora, La sedazione in fase terminale, parte integrante delle cure palliative. Un commento all’art. 2 della Legge 219, 22 dicembre 2017, e di Morino, L’articolo 2 nella prospettiva della medicina palliativa, entrambi in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 39 ss.; 43 ss.

70 Busatta, op. cit., 85. Questi sono solo alcuni dei vantaggi di questo strumento; in maniera più ampia: Casonato, La pianificazione, cit., 41 ss.; Casonato, Taking sick seriously, cit., 960; v. anche Baldini, Prime riflessioni, cit., 138 s.; Id., La pianificazione, cit., 136 s.; alcuni aspetti problematici del testo (il cui “senso ultimo” appare tuttavia cristallino) sono evidenziati da Veronesi, La pianificazione condivisa delle cure, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 66 ss.

5. L. 219/2017: decidere per il domani, per il timore di ciò che potrebbe accadere

Di testamento biologico o, più correttamente, di Disposizioni 71 Anticipate di Trattamento, si è parlato così tanto, e così a lungo, che non v’è qui molto da dire 72 . È uno strumento offerto alle persone con maggiore propensione a “guardare avanti” 73 . Molti dei vantaggi sono gli stessi della PCC. Per altri versi le differenze non mancano: dovute so

71 A fronte di una generale valutazione positiva della precisa scelta terminologica, caduta sul termine “disposizioni” (coerente con l’obbligo di rispetto della volontà del disponente), e non già su quello (più attenuato) di “dichiarazioni” (per tutti: Borsell ino, op. cit., 799), non manca chi ritiene – nonostante la lettera della norma – di poter degradare le “disposizioni” a “dichiarazioni” (Calvo, La nuova legge sul consenso informato e sul c.d. biotestamento, in Studium iuris, 2018, 691); e v’è anche chi (forse per una frettolosa lettura del testo) commenta la legge utilizzando senz’altro ed esclusivamente il termine “dichiarazioni” (Bertolone, op. cit., 133 ss.). Secondo D’Avack, op. cit., 195 ss. – il quale interpreta le DAT come in realtà non del tutto vincolanti – il termine “dichiarazioni” sarebbe stato più adatto al contenuto della legge. L’uso di “direttiva” sarebbe invece stato più coerente (secondo un’ulteriore tesi: Adam o, Costituzione e fine vita, Milano, 2018, 92 s.) con il “portato orientativo-vincolante” che, si ritiene, la legge attribuisce alla DAT.

72 Ai già citati commenti alla legge nella sua interezza si possono aggiungere, per la maggiore attenzione dedicata a questo istituto: Azzalini, Legge n. 219/2017, cit., 28 ss.; Infantino, Alcune considerazioni in tema di dichiarazioni anticipate di trattamento, in questa Rivista, 2018, 381 ss.; Maff eis, Prometeo incatenato: le DAT e il dominio della tecnica, in Resp. civ. e prev., 2018, 1436 ss.; Maldonato, L’interruzione di un trattamento salvavita in assenza di DAT: quali spazi per il consenso presunto?, in Giurisprudenza penale web, 2019, 1-bis, 29 ss.; Penasa, Disposizioni anticipate di trattamento, in Il Civilista, Speciale riforma, 2018, 25 ss.; Pizzetti, Prime osservazioni sull’istituto delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) previsto dall’art. 4 della legge 22 dicembre 2017, n. 219, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 54 ss.; Palazzani, Le DAT e la legge 219/2017: considerazioni bioetiche e biogiuridiche, in Riv. it. med. leg., 2018, 965.

73 Non si ricorderà mai abbastanza come la redazione delle DAT non sia un obbligo né un onere, bensì un’opportunità (Mantovani, op cit., 201); chi redige le DAT è una persona preoccupata per il proprio futuro ma altresì, di regola, consapevole della loro portata e interessata ad acquisire tutte le informazioni necessarie per la loro migliore stesura.

prattutto agli scenari, del tutto ipotetici al momento della redazione delle DAT. Proprio per l’incertezza che le caratterizza, poiché rivolte a un futuro solo ipotizzato 74 , la novità più importante appare il riferimento al “fiduciario”: colui che verrà chiamato a “decidere non ‘al posto’ dell’incapace né ‘per’ l’incapace, ma ‘con’ l’incapace” 75 . Ancora una volta, pur non essendo citata esplicitamente, è la figura del medico di medicina generale quella evocata 76 : chi redige le DAT – precisa la legge – deve farlo dopo aver “acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte”. A meno di accontentarsi della consultazione del web 77 , è probabile che sia proprio il medico di famiglia l’interlocutore più adeguato a raccogliere i dubbi e i timori dell’assistito e ad aiutarlo a tradurre le sue volontà in disposizioni tecnicamente corrette 78 , davvero rispetto

74 Da qui molte delle critiche, che si spingono a sottolineare come quello delle DAT sia, in realtà, “un consenso non informato, o informato per modo di dire” (Maff eis, op. cit., 1442).

75 Cass., 16.10.2007, n. 21748 (caso Englaro), in Foro it., 2008, I, 2609. Su questa nuova figura, e sulla necessità di comprenderne il ruolo al di là dei rigidi inquadramenti civilistici: Zatti, Brevi note, cit., 5 s.; Mantovani, op. cit., 214 ss.; Giardina, Il fiduciario, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 61 ss. Altri, pur apprezzando la figura, lamentano l’imprecisione e la lacunosità dell’intervento del legislatore, che obbliga l’interprete a una “poderosa attività ermeneutica” (alla fine della quale l’A. richiama la figura dell’“ufficio di diritto privato”, e la vicinanza a quella dell’esecutore testamentario: Arfani, Disposizioni anticipate di trattamento e ruolo del fiduciario, in Fam. e dir., 2018, 815 ss.).

76 In tal senso, Penasa, op. cit., 31. “Com’è possibile pensare di redigere tale atto se non nell’ambito di un colloquio esteso e profondo con una figura che non sia semplicemente un medico ma un ‘medico di fiducia’ idealmente ‘il tuo medico’” (Bertoncell o, op. cit., 218). Il rapporto con il medico di base o altro medico di fiducia è il “naturale” contesto nel quale ricevere le informazioni (Borsell ino, op. cit., 800).

77 È vero – come è stato rilevato (Di Sapio, Muritano, Pischetola, op. cit., 2019, 417, nota 66) – che la rete è in realtà assai ricca di informazioni scientificamente attendibili; resta la difficoltà di reperirle e organizzarle, non essendo così facile per un non specialista muoversi nel “mare magnum” di siti la cui evidenza in cima alla lista è dovuta ai misteri degli algoritmi.

78 La redazione delle DAT potrebbe avvenire in maniera poco accorta o addirittura alla cieca, imponendo così al medico chiamato ad applicarle pesanti oneri interpretativi, e riducendo pressoché a zero il loro valore vincolante (Maf-

se della personalità di chi le redige 79 . Tutto ciò a patto che il professionista abbia potuto arricchire il proprio bagaglio umano e professionale grazie alla “formazione iniziale e continua” in materia di relazione e comunicazione di cui parla l’art. 1, comma 10° 80 .

6. I silenzi della legge (e qualche parola di troppo)

Cosa manca da questo nostro lessico? Diciamo subito che manca – e non a caso – la parola eutanasia 81 . Per quanto, nella polemica, alcuni interpreti invochino questo termine nella sua accezione più ampia 82 – talvolta al fine di contestare in radice il diritto del paziente di rifiutare le cure 83 , altre volte per introdurre spazi di giudizio relativamente alle ragioni che inducono la persona a una scelta in tal senso 84 – non v’è, in questa normativa, apertura alcuna 85 , ove si accolga il significato che, a livello internazionale 86 , le si attribuisce: atto del medico direttamente indirizzato a causare la morte del soggetto 87 .

feis, op. cit., 1443 ss.). Dubbi circa la possibilità che vengano considerate “palesemente incongrue” anche le dichiarazioni fondate su falsi presupposti cognitivi, o che appaiano ispirate da superstizioni o timori idiosincratici o, ancora, siano formulate in termini tecnicamente atipici sono avanzati da Carusi, Disposizioni, cit., 297. Per altri (Eusebi, op. cit., 432) delle DAT prive dell’attestazione dell’avvenuta informazione medica (comprensive di una valutazione della condizione, anche mentale, del predisponente) sarebbero prive di rilievo giuridico per il medico chiamato ad applicarle. V’è poi chi suggerisce che, nel rispetto dello spirito della legge, sarebbe opportuna la predisposizione – da parte delle istituzioni coinvolte – di linee guida o di criteri uniformi che, senza incidere sull’autonomia dell’interessato, lo aiuterebbero a evitare il rischio di una cattiva interpretazione delle sue volontà, assicurando al contempo una certa omogeneità di trattamento sul territorio nazionale [Baldini, L. n. 219/2017 e disposizioni anticipate di trattamento (Dat), in Fam. e dir., 2018, 808]; altri ipotizzano l’istituzione di appositi organismi in seno alle ASL (La Russ a et al., op. cit., 11).

79 Stiamo parlando, ovviamente, di opportunità non già di obblighi; è evidente, infatti, come delle DAT fondate sull’acquisizione di informazioni mediche e redatte con un linguaggio anche tecnicamente corretto si pongano al riparo dai rischi (di venir disattese) legati alla loro interpretazione e alla valutazione circa la loro congruità (sul punto: Dell e Monache, La nuova disciplina sul “testamento biologico” e sul consenso ai trattamenti medici, a cura di Verduci, op. cit., 71 ss.; estesamente, Salanitro, op. cit., 138 ss.). Altra cosa sarebbe affermare la necessità, per l’interessato, di rivolgersi a un medico, con irrigidimento delle formalità ed eventuali riflessi sulla validità delle DAT; ipotesi che appare da scartare, e sulla quale merita rinviare alle considerazioni di Di Sapio, Muritano, Pischetola, op. cit., 2019, 417 ss.

80 Sul necessario collegamento tra questa disposizione e l’art. 4, comma 1°, sulla redazione delle DAT: Benciolini, Obiezione di coscienza alle DAT? Ordinamento deontologico e ordinamento statuale, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 173.

ni anticipate di trattamento, in Quaderni dir. e politica ecclesiastica, 2018, 626: manca, nella legge ogni riferimento all’eutanasia, “nemmeno nel senso di vietarla”.

82 Come ricorda Casalone, op. cit., 44 s., secondo la Chiesa cattolica per “eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un’azione o un’omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore” (punto 65 dell’Enciclica Evangelium Vitae, consultabile all’indirizzo: www.vatican.va). Lo stesso autore, peraltro, definisce (poche pagine oltre) “decisamente forzata” l’interpretazione di chi ritiene che la legge introduca l’eutanasia nel nostro ordinamento. Secondo un altro autore, invece, con questa legge “viene legittimata l’eutanasia passiva” (Calvo, op. cit., 691). La medesima, ampia, definizione è adottata da Triberti e Castell ani, op. cit., 16 ss.

83 Essendo la rinuncia alle cure – che non rappresentino un “accanimento” – una forma di eutanasia, il “testamento biologico” (che mira in sostanza a disporre della vita) non è accettabile, il che giustifica altresì le pretese circa l’obiezione di coscienza, sollevabile tanto dai medici quanto dalle strutture sanitarie cattoliche (Canonico, La posizione della Chiesa cattolica riguardo al fine vita, in Dir. e religioni, 2018, spec. 333 ss.).

84 Nel senso che il rifiuto di cure adeguate e utili, in assenza di ragioni valide, configurerebbe eutanasia omissiva, in quanto tale eticamente censurabile (Casalone, op. cit., 44 ss.).

85 Secondo la tesi di Rocchi, op. cit., 174, la legge giunge (consentendo a soggetti diversi dall’interessato di esprimere il consenso/rifiuto alle cure) a legalizzare addirittura l’eutanasia “non consensuale”.

86 Si consenta il rinvio a Gaudino, L’ultima libertà, Udine, 2013, 105 ss.

87 D’Avack, op. cit., 181: “l’eutanasia non può che essere quella ‘attiva’ […] la ‘eutanasia passiva’ costituisce una contraddizione in termini, in altre parole non esiste”. Sul punto: Foglia, Golden hour, cit., 134 ss.; Id., Consenso, cit., 132 ss.; né può valere, in questo contesto, il ricorrente argomento del “pendio scivoloso”, utilizzato da chi intravede nel diritto a rifiutare le cure una pericolosa deriva eutanasica (sul punto: Mantovani, op. cit., 198 s.).

Anche il tema del suicidio medicalmente assistito del malato terminale è estraneo agli orizzonti della l. 219/2017 88 . Com’è noto, su questi temi il legislatore ha scelto il silenzio, tenendo in vita un divieto (art. 580 c.p.) che non prevede distinzione alcuna fra l’istigazione al suicidio – magari motivata da ragioni del tutto egoistiche e reprensibili – e l’aiuto prestato a una persona in condizioni di sofferenza che decida liberamente di porre termine alla sua esistenza. Ci ha pensato la Corte Costituzionale, con la sua sentenza sul “caso Cappato” 89 ; una decisione la cui portata operativa appare ancora da valutare: basti qui l’esempio dell’attribuzione ai Comitati etici 90 (o ai Nuclei Etici per la Pratica Clinica) di competenze tutte ancora da disegnare. È poi assente – come non si è mancato di rilevare, e di lamentare – una disciplina dell’obiezione di coscienza 91 : assenza voluta 92 , per l’impossibile parallelismo tra le situazioni nelle quali il legislatore ha riconosciuto le ragioni degli obiettori – dal servizio militare (l. n. 772/1972) all’interruzione della gravidanza (l. n. 194/1978), alla sperimentazione animale (l. n. 413/1993) – e il rispetto della volontà del paziente di rinunziare alle terapie, anche se necessarie al prolungamento della vita 93 . Netta appare, poi, la distinzione tra autonomia professionale del medico (fondata su parametri oggettivi) e obiezione di coscienza (fondata sulle convinzioni morali personali): con la prima senz’altro tutelata dalla l. n. 219/2017 94 . Ciò non significa, tuttavia, che la questione possa dirsi senz’altro risolta. In effetti, nel caso di rifiuto delle terapie offerte il medico non può far altro che rispettare la decisione del paziente e agire di conseguenza: non potendo egli pretendere di essere dalla sua coscienza autorizzato a intervenire forzando la

88

Opposta l’opinione di Rocchi, op. cit., 172.

89 Corte cost., 22.11.2019, n. 242, consultabile all’indirizzo: www.cortecostituzionale.it; sulla quale v. gli interventi “a caldo” di Eusebi, Il suicidio assistito dopo Corte cost. n. 242/2019. A prima lettura, in Corti supreme e salute, 2019, 193; Nicoluss i, Lo sconfinamento della Corte costituzionale: dal caso limite della rinuncia a trattamenti salva-vita alla eccezionale non punibilità del suicidio medicalmente assistito, ivi, 202; Tripodina, La “circoscritta aera” di non punibilità dell’aiuto al suicidio, ivi, 193 ss.; Pulitanò, A prima lettura. L’aiuto al suicidio dall’ordinanza n. 207/2018 alla sentenza n. 242/2019, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 12; Venchiarutti, Considerazioni a margine della sentenza sul caso Cappato, nota di aggiornamento, 25 novembre 2019, in www. rivistaresponsabilitamedica.it.

90 Questo il passo della decisione: “Similmente a quanto già stabilito da questa Corte con le citate sentenze n. 229 e n. 96 del 2015, la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio deve restare peraltro affidata – in attesa della declinazione che potrà darne il legislatore – a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale. A queste ultime spetterà altresì verificare le relative modalità di esecuzione, le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze. La delicatezza del valore in gioco richiede, inoltre, l’intervento di un organo collegiale terzo, munito delle

91 Questione affrontata, ampiamente, da Benciolini, op. cit., 152 ss.; Cacace, op. cit., 943; Azzalini, Rispetto della persona e libertà del sanitario: riflessioni in tema di obiezione di coscienza nella relazione di cura, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit.,173 ss., e spec. 186 ss. Non manca chi si interroga (rispondendo negativamente) sulla possibile obiezione di coscienza del notaio chiamato a ricevere le DAT (Torroni Il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento: un rapporto essenziale ma difficile - Commento alla l. 22 dicembre 2017, n. 219, in Riv. not., 2018, 444 s.).

92 Scelta saggia, secondo Di Masi, op cit., 128, atteso il ruolo attivo dell’organizzazione sanitaria nonché il coinvolgimento relazionale dell’intera équipe sanitaria, del nucleo familiare e amicale (con il superamento della “dolorosa relazione duale fra medico e paziente”). Di parere opposto, invece, chi ritiene che la legge contenga uno “sbilanciamento a sfavore del medico sotto il profilo della sua coscienza” annullando “l’autonomia del sanitario sotto il profilo etico-religioso”, al punto da rendere “indispensabile ed urgente un intervento legislativo” (Casell a et al., op. cit., 158); secondo Palazzani, op. cit., 974, “sarebbe una violenza nei confronti del medico imporre un comportamento che ritiene illecito”.

93 Manca, qui, “una vita terza in gioco”; v’è “solo una persona imprigionata da un sistema di cura che rifiuta” (Zatti, Spunti, cit., 251) v. anche Busnell i, op. cit., 5. Casalone, op. cit., 51.

94 Paris, Legge sul consenso informato e le DAT: è consentita l’obiezione di coscienza del medico?, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 31 ss.; Baldini, Prime riflessioni, cit., 134 s.

volontà (e agendo materialmente sulla persona 95 ) del malato 96 . D’altra parte non può tacersi l’esistenza di un dilemma etico nel professionista chiamato a rispettare una decisione di revoca dei presidii, in precedenza accettati 97 , che richieda la sua attività nella rimozione di ciò che, in quel momento, è necessario a mantenere in vita il paziente 98 : come nel caso di una PEG che alimenti il soggetto o di una ventilazione meccanica che ne consenta la respirazione 99 . Un possibile bilanciamento tra il diritto del paziente e la coscienza del professionista sembra ad alcuni essere possibile attribuendo – in vario modo 100 – non già al singolo, bensì alle strutture

95 Un’aggressione palesemente contrastante con i diritti inviolabili tutelati dalla l. n. 219 (Azzalini, Legge n. 219/2017, cit., 31).

96 E, aggiungiamo, non potrà neppure reagire al rifiuto delle sue proposte terapeutiche con l’abbandono: è suo dovere infatti continuare nella sua opera, prospettando le conseguenze della scelta e le possibili alternative, e promuovendo “ogni azione di sostegno” (art. 1, comma 5°); così come è suo dovere “adoperarsi per alleviarne le sofferenze anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso” (art. 2, comma 1°) [sul punto: Baldini, L. n. 219/2017, cit., 813; Eusebi, op. cit., 419 s.: “il medico non potrà mai costringere un individuo dissenziente (capace di intendere e volere) a trattamenti terapeutici che pure, in quanto professionista sanitario, ritenga del tutto ragionevoli, ma, del pari, non potrà limitare il suo ruolo alla mera presa d’atto del rifiuto, burocraticamente attestato da una firma cui attribuisca effetti deresponsabilizzanti”].

97 “Deporre le armi, in caso di meccanismi invasivi, significa smontarle”: la questione potrebbe essere affrontata in sede legislativa, con le cautele necessarie ad evitare abusi (Zatti, Spunti, cit., 251).

98 Eusebi, op. cit., 421: “la situazione per cui, in assenza del consenso, è inammissibile agire sul corpo di una persona capace di intendere e di volere, non risulta in tutto speculare rispetto a quella per cui in forza della volontà, a fini interruttivi di un trattamento, si debba agire sul corpo della medesima”.

99 Sulla categoria dell’astensione, quale strumento concettuale utile a superare l’insufficienza della lettura in termini di omissione/azione delle condotte necessarie a realizzare il diritto del malato alla rinuncia o al rifiuto di trattamenti medici: Azzalini, Il diritto, cit., 111 ss.

100 Con un’interpretazione dell’art.1, comma 6° della legge (D’Avack, op. cit., 187 ss.); oppure facendo leva sulla “clausola di coscienza” (sulla quale: Benciolini, op. cit., 155 ss.), in base all’art. 22 del Codice di Deontologia Medica (“Il medico può rifiutare la propria opera professionale quando vengano richieste prestazioni in contrasto con la propria coscien

sanitarie il compito di garantire, “con proprie modalità organizzative 101 , la piena e corretta attuazione dei principi” (art. 1, comma 9°) che ispirano la legge stessa 102 ; disposizione che vale altresì a respingere qualsiasi pretesa 103 volta a invocare una generale obiezione di coscienza da parte della struttura sanitaria 104 . Mancano – ma come abbiamo visto sono implicitamente coinvolte – le tante parole che riempiono di senso il richiamo alla relazione e alla comunicazione.

za…”). Sul punto: Bugetti, op.cit., 118 s.; Eusebi, op. cit., 421 ss.; Faccioli, op. cit., 116). Alla medesima soluzione si giungerebbe riconoscendo l’esistenza dell’obbligazione nei confronti del paziente in capo alla sola struttura sanitaria e non al medico ausiliario (Salanitro, op. cit., 131 ss., ove un’ampia ricostruzione del dibattito). Nettamente contrario a una lettura combinata di art. 1, comma 6°, l. n. 219/2017 e art. 22 del codice deontologico al fine di riconoscere spazi all’obiezione di coscienza sono Cacace, op. cit., 943; Paris, op. cit., 33 ss. (il quale ritiene comunque che eventuali conflitti possano essere affrontati mediante reasonable accomodation all’interno delle strutture sanitarie; soluzione che pare condivisa da Florio, L’obiezione di coscienza: diritto garantito o irragionevole ostinazione? Riflessioni a margine del recente intervento normativo in materia di “disposizioni anticipate di trattamento”, in Giurisprudenza penale Web, 2019, 1-bis, 381 ss.).

101 Ma ben si evidenziano (Busatta, La sostenibilità, cit., 157 ss.) le difficoltà organizzative connesse a un eventuale riconoscimento, in capo ai sanitari, della possibilità di sottrarsi a quanto previsto dalla l. n. 219/2017.

102 Ovviamente, ciò determinerebbe l’insorgere di problemi organizzativi in capo alle strutture sanitarie (Canale e Del Vecchio, La (mancanza di una) clausola di coscienza nella legge italiana sul fine vita, in Giurisprudenza penale Web, 2019, 1-bis, 357).

103 Avanzata, ad esempio da Bertolone, op. cit., 137, quale conseguenza inevitabile della lettura della legge come fonte di apertura a pratiche eutanasiche.

104 In tal senso: Benciolini, op. cit., 171 ss.; Faccioli, op. cit., 116; Penasa, op. cit., 36; Pizzetti, op. cit., 59; Rodolf i, op. cit., 18. Conclusione condivisa anche da chi ritiene necessario il riconoscimento dell’obiezione di coscienza in capo al singolo professionista (Casell a et al., op. cit., 158 s.). Opportunamente, Botti, op. cit., 634 ss., mette in guardia circa le varie modalità con le quali le “organizzazioni di tendenza” potrebbero cercare di sottrarsi al rispetto della legge 219. Di parere contrario D’Avack, op. cit., 189 s., secondo il quale anche le strutture ecclesiastiche dovrebbero potersi avvalere della “opzione di coscienza”, nel rispetto del Concordato tra Chiesa e Stato.

Abbiamo visto poi come un soggetto il cui ruolo si annuncia centrale nel nostro campo – il medico di medicina generale (medico di famiglia) – venga menzionato, nella l. n. 38 e nella l. n. 219, solo con riferimento alle cure palliative; ma abbiamo visto altresì come l’interpretazione conduca, senza particolari sforzi, a individuarne l’importanza in vista del raggiungimento degli obiettivi che la normativa stessa dichiara. In tutta questa mole di parole, esplicite, implicite o volutamente omesse che fanno parte dell’attrezzatura con cui affrontiamo il rapporto fra salute e diritto ve ne sono alcune – esplicite e ricorrenti – che riaffiorano, come una mina vagante capace di sabotare e contraddire quanto fino a qui siamo andati esplorando. Si tratta della formula: “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” 105 (art. 18, l. n. 24/2017; art. 7, l. n. 219/2017; la copertura è prevista invece dalla l. n. 38/2010). Bisogna essere chiari: tutto quello che è scritto nella nuova, buona legge, rischia di restare lettera morta se non si decide di investire le risorse necessarie per realizzarne gli obiettivi 106 . Una scelta

105 Sul punto, Bergonzini, Clausola di invarianza finanziaria, in Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 75 ss.; Francesconi, Commento alla clausola di invarianza finanziaria (Art. 7) della legge 14 dicembre 2017: Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, ivi, 78; Busatta, La sostenibilità, cit., 165 ss.; nonché le considerazioni di Azzalini, Legge n. 219/2017, cit., 35.

106 Penasa, op. cit., 39; per Palerm o-Fabris, op. cit., 47, l’attuale organizzazione delle strutture è il primo, e forse più arduo, scoglio da superare per ottenere la trasposizione dei principi della legge nella comune pratica clinica. Graziadei, op. cit., 42, si sofferma sulla dimensione organizzativa, che impone alle strutture sanitarie di dotarsi di strumenti tecnologici in grado di favorire la gestione del processo che conduce alla consensualità; la dimensione organizzativa del consenso è oggetto dell’indagine di Faccioli, op cit., 112 ss. (“la struttura sanitaria deve organizzarsi, anche tramite l’emanazione di apposite indicazioni al personale sanitario, in maniera tale da assicurare che le procedure di informazione e di acquisizione del consenso del paziente si svolgano in conformità all’ordinamento giuridico e che, pertanto, vengano rispettati i requisiti che quest’ultimo impone in tema di contenuto, di forma, di tempo, di legittimazione a fornire e ricevere le informazioni”); accenti pessimistici sono presenti in Am ato, Abbandono terapeutico, ostinazione irragionevole e sedazione profonda, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 176 ss., che parla di buone intenzioni, dichiarazioni di facciata e di “mera formula”.

– quella legata ai finanziamenti volti a “dare gambe” alla legge – che appare non solo giusta, ma pure economicamente opportuna. Quelli di cui abbiamo parlato sono diritti. Se ignorati, saranno la conflittualità e le condanne risarcitorie a imporne il rispetto 107 . Ma questa sarebbe una sconfitta per tutti.

107 Esplicitamente, Di Masi, Effetti, cit., 163: la l. n. 219 “plausibilmente favorirà il risarcimento del danno non patrimoniale per lesione all’autodeterminazione nel consenso informato”. V. anche Barbara, Violazione dell’obbligo di informazione e risarcibilità del danno da mancata acquisizione del consenso informato, a cura di Foglia, La relazione di cura, cit., 51 ss.; Cilento, op. cit., 37 ss.; Foglia, Consenso, cit., 75 ss.; Ziviz, Autodeterminazione terapeutica e risarcimento del danno, in questa Rivista, 2019, 423 ss.; Ziviz, Le sabbie mobili del danno da lesione all’autodeterminazione nel trattamento sanitario, in Resp. civ. e prev., 2019, 1485 ss. In giurisprudenza, in particolare, v.: Cass., 15.4.2019, n. 10423, in Danno e resp., 2019, 791, con nota di Petruzzi, La lesione del diritto all’autodeterminazione terapeutica quale fonte autonomia di responsabilità; Cass., 22.8.2018, n. 20885, in questa Rivista, 2018, 429, con nota di Russ o, La tutela del diritto all’autodeterminazione in assenza di danno alla salute. Le condizioni poste dalla Cassazione; Cass., 15.5.2018, n. 11749, in Foro it., 2018, I, 2400, con nota di Caputi, Consenso informato, autodeterminazione e contrasti occulti ma non troppo; in Nuova giur. civ. comm., 2018, I, 1652, con nota di Pizzim enti, Consenso informato e danno da lesione del diritto all’autodeterminazione: il risarcimento è automatico?, in Resp. civ. e prev., 2018, 1872, con nota di Albanese, Il trattamento sanitario arbitrario tra danno alla salute e danno all’autodeterminazione del paziente; Cass., 23.3.2018, n. 7248, in Foro it., 2018, I, 2401, con nota di Caputi, op. cit.; in Danno e resp., 2018, 609, con nota di Muià e Brazzini, Quale forma deve avere il consenso informato? Le oscillazioni della Cassazione e la soluzione della nuova legge; in questa Rivista, 2018, 321, con nota di Cerea, Violazione dell’obbligo informativo e autonoma risarcibilità del danno all’autodeterminazione; Cass., 5.7.2017, n. 16503, in Sanità pubbl. e privata, 2017, 65, con nota di Dim asi, Mancata informazione del paziente e onere probatorio: quale ripartizione?, in Rass. dir. farmaceutico, 2017, 1007; Cons. Stato, III sez., 21.6.2017, n. 3058, in Foro it., 2017, III, 377; in Resp. civ. e prev., 2017, 1660, con nota di Berti Sum an, La responsabilità della P.A. per danno derivante da lesione del diritto all’autodeterminazione terapeutica nel caso “Englaro”; in Nuova giur. civ. comm., 2017, I, 1532, con nota di Azzalini e Molaschi, Autodeterminazione terapeutica e responsabilità della P.A. Il suggello del Consiglio di Stato sul caso Englaro; in Foro amm., 2017, 1228; in Rass. dir. farmaceutico, 2017, 1038; Salvatore, La recente legge sul consenso informato. un passo in avanti in tema di responsabilità medica per violazione degli obblighi informativi?, in Riv. it. med. leg., 2018, 993 ss.

7. Abbiamo una legge; la conosciamo a fondo. E ora?

Nei due anni trascorsi dalla sua entrata in vigore la legge 219 è stata sezionata, analizzata, smontata e rimontata per trarne ogni possibile significato e direttiva. L’interesse da parte degli studiosi – e dei molti “camici” più sensibili a questi temi – è testimoniato dalla numerosità degli interventi sulle riviste, dalle non poche monografie, dai convegni che si sono succeduti. Eppure, gli incontri pubblici ai quali capita di partecipare, e la stessa esperienza personale acquisita frequentando – da utenti – le corsie ospedaliere, rendono evidente come la conoscenza di questa legge sia ancora poco diffusa; la sua applicazione decisamente scarsa. A tacer d’altro, il “consenso informato” continua a essere poco più di un modulo, da sottoscrivere insieme al suo “cugino” relativo alla privacy: incombenza avvertita, dagli operatori, come un mezzo per difendersi da un diritto vissuto come un minaccioso intruso; dai pazienti, come un passaggio burocratico necessario per accedere alla prestazione sanitaria. E allora è tempo di attivarsi. Per rimuovere gli ostacoli 108 che impediscono la realizzazione di quanto di buono v’è in questa legge è necessario uno sforzo “operativo” da parte di tutti: di chi vive nelle Università, ed è impegnato nella formazione dei futuri medici e infermieri (e dei futuri giuristi); di chi riveste posizioni amministrative nelle istituzioni sanitarie, ed è in grado di incidere sulla formazione del personale, sulla redazione dei protocolli (pensiamo, in particolare, agli uffici legali e ai consulenti), sull’informazione verso il pubblico; delle associazioni e degli ordini professionali; degli stessi operatori (sanitari e giuridici); di chi partecipa alle attività dei Comitati etici e dei Nuclei Etici per la Pratica Clinica 109 .

108 Ben sintetizzati da Zam botto, Gli ostacoli della legge n. 219/2017, in questa Rivista, 2018, 215 s.

Un compito senz’altro impegnativo e faticoso 110 ; forse “semplicemente immane” 111 . Un compito che può essere però affrontato serenamente, ricordando che “ogni viaggio comincia dal primo passo”.

gere Università e istituzioni sanitarie, pubbliche e private; comporta uno sforzo divulgativo fra la popolazione (Ferrando, op. cit., 74); Fondamentale – anche per sciogliere ambiguità, lacune, incoerenze (che non mancano) – l’opera dell’interprete e, soprattutto, di chi – professionisti della sanità, responsabili delle amministrazioni – è chiamato a realizzare “sul campo”, nella quotidianità della prassi, i principi ispiratori della legge (Mantovani, op. cit., 192 s.). Estremamente interessante è la lettura del lavoro di Quagliariell o e Fin, Il consenso informato in ambito medico. Un’indagine antropologica e giuridica, Bologna, 2016, ove si evidenzia quale sia la situazione di partenza,

110 Piccinni, Biodiritto tra regole e principi. Uno sguardo “critico” sulla l. n. 219/2017, in dialogo con Stefano Rodotà, in Biolaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2018, spec. 137 ss.

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