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Quadretti, di Antonia Izzi Rufo, pag

QUADRETTI

di Antonia Izzi Rufo

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Tempo d’autunno

Giornate grigie, bagnate dalla pioggia che scende ad intermittenza. Noia e solitudine, come sempre del resto. Deserta la piazza. Si vede soltanto, di tanto in tanto, qualche gatto che gironzola, forse in cerca di cibo. Guardo l'esterno dalle finestre: non vedo persona, soltanto il solito panorama che conosco a memoria. Sono le ore sedici e già comincia ad imbrunire; alle diciassette è già buio completo e vien voglia di andare a letto. La notte, comunque, sarà molto lunga, molto lunga. Conviene, perciò, aspettare almeno le ore venti per andare a dormire. E il tempo passa, lentamente, lo trasciniamo per condurlo avanti. Si resta a casa tutto il giorno e le ore, le ore non passano mai. Siamo ancora in autunno, verrà l'inverno e soffriremo il freddo che ancora non è quello forte, intenso, insopportabile. Com'è triste questo periodo! Ed è lungo, non finisce mai. Per chi è in pensione, il tempo si trascorre in casa, per i vecchi soprattutto e per i malati. Non sorridiamo, ma sospiriamo pazienti e diciamo: <<Com'è brutto l'inverno! E come tarda a passare! Sembra che voglia restare in eterno sulla terra>>. Aspettiamo (tanto, proprio tanto) che venga la primavera per godere di più luce, per accrescere la nostra speranza in giornate più calde e più chiare.

Paesi in via di estinzione?

Soltanto una trentina, circa, di anni fa, i paesi, non così vuoti come adesso, durante l'estate si trasformavano, si riempivano di gente, di persone che erano andate via e tornavano ad abitare la casetta antica che avevano lasciato, proprio con l'intenzione di tornare, un giorno, a trascorrervi le ferie. Non i vecchi, non i malati si trasferivano, ma i giovani. Questi non trovavano lavoro nel proprio ambiente, dove non c'erano fabbriche e non c'era la possibilità di guadagnare nemmeno quanto necessitava per affrontare le spese giornaliere e andavano via (all'estero o in alta Italia). Tornavano soltanto d'estate quando ottenevano le ferie. Poi, improvvisamente, non è venuto più nessuno: quale il motivo? In paese non si divertivano abbastanza: preferivano andare al mare o fare viaggi. Veniva soltanto qualcuno che, magari, non si poteva permettere di spendere soldi. Da un paio d'anni, comunque, le famiglie non tornano più, per le vacanze, ma sono giustificate: c'è in giro il covid e si cerca di stare il più possibile isolati per paura del contagio. Può darsi (lo speriamo!) che quando ci saremo liberati di questo indistruttibile virus, la gente verrà di nuovo e i paesi si ripopoleranno, torneranno ad essere vivi.

Le punizioni di qualche anno fa

Rabbrividisco se ricordo le punizioni che si davano, una volta (pochi anni fa), alle bestie e ai ragazzi. Un mio paesano, quando la mattina si svegliava, prendeva una mazza e la tirava, con tutta la sua forza, tante volte sul dorso del

suo asino. La bestia non protestava, ma dai suoi occhi scendevano tante lacrime. Due genitori, per mettere in pratica il proverbio "mazzate e panelli fanno i figli belli", legavano il proprio figlio (un ragazzo) ad un albero e gli tiravano tante vinchiate (frustate). Il maestro di una volta, per punire un ragazzo che metteva tanti errori nei compiti o disturbava i compagni, gli tirava bacchettate sulle mani. Le maestre tiravano le orecchie ai maschi (facevano uscire il sangue) e i capelli alle bambine (queste gridavano). I padri, per una semplice marachella, si levavano la cinghia di cuoio dai calzoni, facevano scendere i calzoncini ai loro figli e tiravano loro cinghiate sul sedere e sulle spalle.

Antonia Izzi Rufo

ORMAI

(in memoria di Pacifico Topa)

Ormai non posso più sperare di leggere tuoi nuovi versi.

Cercavo in ogni numero della Rivista la felice armonia e il ritmo del tuo melodioso canto.

Mi addolora la tua scomparsa e soffro per non aver potuto conoscerti di persona e mi permetto ora di darti del tu per dirti che ti sentivo amico a me affine.

Spero che ti raggiunga in Cielo questo mio saluto affettuoso e prego per te, presente ormai nel mio ricordo.

Mariagina Bonciani

REGALATEVI E REGALATE UNA SANA LETTURA

“Ho letto golosamente e con una certa emozione i ventuno racconti che compongono questo libro. Racconti di vario contenuto, tutti contrassegnati dalla grande efficacia narrativa di Domenico Defelice. Quest’uomo dai toni sommessi e quasi umbratili, così come minimalista è il titolo dell’interessante rivista ch’egli dirige (Pomezia-Notizie), è in realtà un autore di grande forza espressiva e di vivezza rappresentativa che cattura e coinvolge il lettore”

Corrado Calabrò

“Secondo me, questi racconti di Defelice si possono leggere in vari modi data la loro plurima tematica che presenta momenti autobiografici e situazioni e personaggi vari e diversi; insomma, l’essere con i suoi drammi, le sue sofferenze, il suo carattere, le sue gioie.”

Carmine Chiodo

In libreria, ma può essere acquistato anche su Internet

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