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Tre opere su Nino Ferraù, di Domenico Defelice, pag

TRE INTERESSANTI OPERE SU NINO FERRAÙ

di Domenico Defelice

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DONO dell’amico Alfredo Ferraù, abbiamo letto uno dietro l’altro tre importanti e ghiotti libri sul poeta e scrittore Nino Ferraù, nato in Sicilia, ma di livello internazionale: Il Poeta e la bambina. Nino Ferraù, poeta siciliano del Novecento, un saggio/romanzo di Francesca Spadaro (Armando Siciliano Editore, 2021); Nino Ferraù. Un intellettuale. La sua anima. La sua epoca, a cura di Luciano Armeli Iapichino (una seconda edizione aggiornata, Leonida Edizioni, 2021) e Un solo rogo d’anima e di carne. Nino Ferraù: lettere d’amore a Maria (1957 – 1959), un primo volume (Armenio Editore, 2022) a cura di Luciano Armeli Iapichino e Antonio Baglio, i quali ne annunciano altri.

Merito di questo rinnovato interesse per l’intellettuale immaturamente scomparso ad appena sessantun anni il 23 dicembre 1984, è del fratello Giuseppe Ferraù, per gli amici Pippo, “che per primo – testimoniano Luciano Armeli Iapichino e Antonio Baglio ha creduto in questo progetto” (p. 5), tirando fuori dall’immenso archivio e mettendo a disposizione lettere e altro materiale, contattando professori universitari e luminari della cultura, sindaci e politici che hanno intestato a Nino Ferraù scuole, strade e spazi pubblici; Pippo, inoltre, ha trasformato casa e giardino a Galati Mamertino in un ambiente che non ha niente da invidiare al Vittoriale dedicato a D’Annunzio.

Nino Ferraù è poeta di grande levatura, ma non è di meno nella prosa; basterebbe sfogliare i numeri della rivista Selezione Poetica, da lui fondata e diretta, per rendersene conto. Egli ha scritto molto, oltre che in versi, e su tutti i temi dello scibile. “La prosa di Ferraù – afferma Armeli Iapichino – si pone (…) con la stessa dignità ontologica della sua poesia, rappresentando uno dei tanti segmenti dell’orizzonte circolare del poeta attorno alla “parola” quale soffio sonoro dell’Universo. Un soffio di dolore, di emozione, di fede e d’amore” .

Un saggio sulla bellezza, la profondità e la vastità della prosa di Nino Ferrù ce la dà questo primo volume di lettere d’amore che negli anni 1957/1959 il poeta scriveva alla allora fidanzata, poi divenuta sua moglie, Maria Marchese Ragona (1934 – 2020), diligentemente curate da Luciano Armeli Iapichino e Antonio Baglio. Le lettere, a quanto sembra, non sono tutte quelle dal Ferraù scritte alla donna durante i tre anni indicati, e neppure sono integrali; infatti, sono molti i tre puntini fra quadre […] ad indicarci che ci sono stati tagli. Ma altro saggio, anche se minimale rispetto alla massa di questo interessantissimo volume, sono quelle (una diecina) a noi inviate e da noi pubblicate integralmente in appendice al nostro saggio Nino Ferraù, edito da Il Croco/Pomezia-Notizie nel novembre

del 2016. Il suo bagaglio culturale era abissale; la fluidità del suo linguaggio ingolosisce; assoluta la chiarezza dell’esposizione. Non c’è, nella prosa di Nino Ferraù, un solo periodo ingarbugliato o oscuro, giacché non solo ciò egli abborriva, ma era il suo intimo a non permetterglielo, cristallino e puro.

Antonio Baglio, nel suo intervento, scende nei particolari dell’epistolario, evidenziandone la passione, la carica emotiva, gli slanci all’infinito - perché “sentimento (…) vissuto con assoluta pienezza” -, la sublimazione, allorché materia e spirito sono così fusi da intonare lo stesso canto e la parola si innalza a poesia, pur rimanendo aderentissima alle situazioni quotidiane e alle tante occasioni che hanno provocato e sulle quali si sviluppavano, si costruivano le intere missive. Nino scriveva alla sua Maria almeno due volte a settimana e quasi ogni lettera è come un gran fiume, segno della sorgente ricca e immensa da cui scaturivano i suoi sentimenti, la sua passione, la sua adorazione della donna, che sentiva sua stessa carne e suo stesso sangue.

Queste lettere devono essere lette col pensiero anche all’ambiente e al tempo in cui sono state scritte e ai mezzi e agli strumenti a disposizione del tempo, quando ancora, in molte famiglie, i figli davano del voi ai genitori e un bacio, una carezza, un’espressione di affetto erano considerati segni di debolezza. Nino Ferraù non è assolutamente condizionato da questi e altri lacci; dà libero sfogo ai suoi sentimenti, non li argina, non trascende mai, non è mai volgare anche quando esplicito è il sesso, e si serve del più importante “canale privilegiato di comunicazione” di allora, che era la posta, con tutto ciò che ne derivava, compresi ritardi e mancate consegne.

L’intensità dell’amore non ha in tutti la stessa misura; può essere più o meno alta a seconda il sentire dei soggetti; più si è sensibili, vibratili, più essa è forte e totalizzante. “Se non fossi poeta – confessa alla sua Maria in una lettera del 23 novembre 1959 – forse l’amore mi lascerebbe più in pace, esso sarebbe un episodio della vita, ma per me invece è la vita stessa, tutta la vita” .

C’è spiritualità e fisicità in queste lettere, entrambe esposte con linguaggio e metafore che, se raccolte a fascio, se ne caverebbe un

breviario d’amore assolutamente unico: “Le tue parole – scrive in un’altra del 26 agosto 1957 – mi danno un orgasmo indescrivibile e quando traggo una tua lettera fuori dalla busta provo quasi quello stesso che provavo cercando il tuo corpo al di là della veste e la tua anima al di là delle parole”. Tra Nino e Maria non sempre è andato tutto liscio, ci sono stati contrasti, sia prima che dopo il matrimonio; erano due spiriti liberi, non due fotocopie, ma le tensioni scaturivano più dal carattere della donna che dell’uomo.

Scrivere tante lettere, si potrebbe dire l’una a ridosso dell’altra, sullo stesso tema e non apparire mai ripetitivo, non essere mai stucchevole: già solo questo è segno di maturità, di grandezza, di risorse sterminate, di capacità ammalianti al limite dell’ipnosi.

Armeli Iapichino è anche il curatore della nuova, seconda edizione, rivista e ampliata, di Nino Ferraù Un intellettuale. La sua anima. La sua epoca, nella quale è presente anche Antonio Baglio, insieme a Cosimo Cucinotta, Salvatore Giuseppe Vicario, Giuseppe Rando, Sergio Di Giacomo e Anna Franchina. Contributi tutti fascinosi. Armeli Iapichino, oltre l’Introduzione, presenta un alato e puntuale “Incontro con Nino Ferraù sulla banchina del tempo”, che parte da quando bambino, Nino Ferraù armeggiava tra gli strumenti musicali del padre Vincenzo, calzolaio provetto e “capobanda musicale” , per giungere al triste giorno della morte, nel dicembre del 1984, e al ricordo dei tanti Premi importanti, anche di quelli non ritirati, dei riconoscimenti postumi. Cucinotta si sofferma sulla Fede – nella poesia di Nino Ferraù sempre presente e intensa -, sul linguaggio, le metafore, i simboli, la profondità di pensiero, la famiglia, l’amore, il paesaggio, il paese, la città. Baglio puntualizza il ruolo che Ferraù ha avuto e continua ad avere come intellettuale. Salvatore Giuseppe Vicario ricorda le relazioni di Ferraù con i tanti poeti e scrittori aderenti al suo Ascendentismo e gli assidui collaboratori della rivista Realismo Lirico, tra i quali Salvatore De Maria. Giuseppe Rando evidenzia come il poeta di Galati Mamertino riuscisse a sublimare anche il quotidiano. In Appendice, Sergio Di Giacomo si sofferma sull’attività divulgativa di Nino Ferraù e Anna Franchina sulle iniziative per ricordarlo, compreso il Premio Internazionale di Poesia a lui intestato; iniziative, è doveroso ribadirlo, tutte aventi come propulsore, come motore, il fratello Pippo, instancabile, infervorato, il più innamorato e convinto della sua grandezza.

Il lavoro di Francesca Spadaro, infine, è un romanzo memoriale, scaturito da ricordi e da

immagini, di cui è ricco il libro. Il poeta è Nino, naturalmente, e la bambina è lei; i ricordi, le memorie hanno inizio da quando il piccolo Nino entrò per la prima volta alle elementari, con lo scampanellare della campanella, cioè, la “diana”, il “Buon giorno, Signor Maestro”, il quale maestro, favorevole o meno al regime, inizia il suo lavoro nominando Mussolini che in quegli anni dominava… Nel racconto dialogato della Spadaro abbiamo tutta la vita di Nino Ferraù: il collegio, la crescita, la maturazione, il sorgere prepotente del bisogno della scrittura, il successo, l’amore, il matrimonio imposto, il carcere…. La narrazione è lunga e appassionante; ogni brano una scoperta che lasciamo all’attento lettore. Sarà Nino, poi, il Maestro, dalla cui voce penderanno schiere di alunni tutti di lui innamorati. Un racconto di drammi, di sofferenze, di privazioni, di affetti; una narrazione poetica, dovuta anche al linguaggio, che la Spadaro frammista al dialetto, sempre, comunque, con la sua precisa nota esplicativa.

Domenico Defelice

LUCIANO ARMELI IAPICHINO - ANTONIO BAGLIO (a cura di): UN SOLO ROGO

D’ANIMA E DI CARNE. Nino Ferraù: lettere

d’amore a Maria (1957 – 1959), Armenio Editore, 2022, pagg. 302, € 19,00; LUCIANO ARMELI IAPICHINO: NINO FERRAÙ. Un intellettuale. La sua anima, La sua epoca, Leonida Edizioni, 2021, pagg. 128, € 10,00; FRANCESCA SPADARO: IL POETA E LA BAMBINA. Nino Ferraù, poeta siciliano del Novecento. Armando Siciliano Editore, 2021, pagg. 200, € 18,00. A pag. 21, foto dall'alto della amena e panoramica abitazione di Pippo Ferraù a Salice di Messina, con le varie poesie di Nino che il buon Pippo ha immortalato su lastre e marmi, disponendole tra la vegetazione della villa.

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