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Come si comunica oggi? app, Giovani, parole, messaggi
Come si comunica oggi? Le app, i giovani, le parole, i messaggi...
di / Roberto Paladini /
Negli ultimi anni si sono notevolmente amplificate le modalità con cui i giovani comunicano tra loro. Il cellulare e la comunicazione mediata al computer (CMC) - dall’email, all’instant messaging, ai blog, ai social network - sono ormai pratiche ben integrate nella vita quotidiana, nelle relazioni interpersonali e la costruzione della propria identità (Livingstone, 2008: 394). Se fino a qualche anno fa la comunicazione si svolgeva con le parole, il proliferare dei social network determina da un lato la centralità di immagini e video, in grado di suscitare il massimo interesse tra i nativi digitali, dall’altro poter scegliere dove e come comunicare, al pubblico di ciascun network. Ciò ha prodotto un progressivo, costante mutamento dei canali social, creando veri e propri target di utenti in funzione della presenza su una piattaforma. Parlare quindi delle modalità più efficaci per comunicare con i giovani risulta complesso. Il presente approfondimento intende evidenziare - con una ricerca svolta su alcune delle principali pubblicazioni e ricerche sul tema - le principali tendenze, i canali più usati, le differenze tra fasce d’età, etc., al fine di poter conoscere e capire con maggiore chiarezza come poter intercettare e coinvolgere i giovani nelle attività di comunicazione di Avis.
Italia: 50 milioni di internauti
In Italia sono più di 50 milioni le persone che accedono a Internet ogni giorno. Per quanto riguarda le presenze attive sui social media il
2020 ha registrato oltre 2 milioni di nuovi
utenti, con un incremento quasi del 6%, portando a 41 milioni il totale complessivo.
L’analisi condotta dalla piattaforma web “We are Social” nel 2021 rileva che sono oltre 1 milione le persone che si sono connesse ad internet per la prima volta nel 2020, un incremento del 2,2% che ci fa superare la soglia dei 50 milioni. Nel nostro paese si registra ancora un trend in crescita per l’adozione di Internet e delle piattaforme social. Online consumano contenuti, soprattutto video (93%), ma sempre di più anche audio con il 61% che ascolta musica in streaming e il 25% che fruisce di podcast. E giocano, come dichiara l’81% degli Italiani.
Il 97% ha uno smartphone
Gli smartphone sono presenti fra le mani del 97% di noi e 3 persone su 4 utilizzano computer desktop o laptop. Siamo connessi per oltre 6 ore al giorno ad internet, passiamo quasi due ore sui social (il 98% di noi lo fa da dispositivi mobili). Continuano a essere rilevanti i periodi che passiamo a fruire di contenuti audio (una persona su 4 ascolta regolarmente i podcast) e gaming (oltre 4 su 5 giocano). Questo grazie alle nuove tecnologie che hanno incrementato la velocità di connessione dell‘11% per il mobile e 29% per il fisso. I comportamenti social registrano un interessante dato sul coinvolgimento. Aumentano del 4% coloro che dichiarano di aver partecipato attivamente al dialogo online: dall’81% del 2020, all’85% quest’anno.
Tra le piattaforme più utilizzate rimane forte la leadership degli ecosistemi Facebook e Google:
Roberto Paladini, veneziano, Laurea magistrale a Ca’ Foscari in Economia Aziendale con indirizzo Amministrazione e Controllo. Ph.D. - Dottorando di ricerca in Pianificazione territoriale e politiche pubbliche del territorio presso l’Univeristà Iuav di Venezia. Fondatore di Like Agency, ha svolto numerose consulenze e docenze in tema di marketing, comunicazione e organizzazione di eventi per l’università e la Fondazione Ca’ Foscari Venezia, l’Università Iuav di Venezia, Sive Formazione – Confindustria Venezia, ANCI S.A, Formaset Scarl, Cooperativa sociale Sumo, Avis Provinciale di Venezia. Per Avis regionale è responsabile dell’Osservatorio: una piattaforma a servizio del mondo Avis, integrata con il mondo universitario e della ricerca applicata, per raccogliere in modo organico dati, istanze, informazioni, domande e problematiche inerenti il dono del sangue, restituendo elaborazioni, proposte e risposte per contribuire a determinare azioni efficaci sul territorio.
YouTube, WhatsApp e Facebook superano tutti l’80% di adozione, seguiti da Instagram e Messenger. Interessanti però le crescite di TikTok (che raddoppia) e l’ingresso in “classifica” di Telegram, piattaforma di messaggistica che fa della privacy uno dei suoi USP principali.
Comunicazione - giovani - scenari
Ci sono social che ci accompagnano ogni giorno, di cui non potremmo fare a meno e che definiscono noi stessi. Altri che utilizziamo al bisogno, per poi dimenticarcene fino alla successiva urgenza. La distinzione tra i primi, social di cittadinanza e i secondi, social funzionali, è netta. È questa la prima conclusione a cui giunge la ricerca “Italiani e Social Media”.
La prima ricerca è condotta da BlogMeter, società italiana leader nella social media intelligence. Ha come campione 1500 residenti in Italia, distinti per sesso, età (da 15 a 64 anni), area geografica e iscritti ad almeno un canale social. Obiettivo: scoprire come e perché gli italiani usano i social media nella quotidianità.
I dati dicono come Facebook sia il social network più usato da ogni categoria: l’84% delle persone coinvolte dichiara di utilizzarlo più volte al giorno. Seguono YouTube, Instagram e WhatsApp. Molto più saltuario è l’utilizzo di Google Plus, Twitter e Linkedin (rispettivamente il 40%, il 35% e il 31% degli intervistati). La ricerca evidenzia una marcata cesura tra le funzioni di social come Facebook e quelle di Linkedin oppure Tripadvisor.
Per quanto riguarda le pagine di organizzazioni, associazioni e aziende, risulta molto faticoso fare promozione con i social di cittadinanza. Richiedono una presenza e attività continua, con produzione costante di contenuti, come farebbe un familiare o amico della persona a cui ci si rivolge. Questi social hanno tutti i difetti e i pregi delle relazioni umane: sono costanti, continuativi, stimolanti, ma a volte asfissianti.
La presenza sui social e il rapporto con essi dipende anzitutto da questioni anagrafiche. Tra i
18 e i 34 anni molti italiani sono “addicted”
e hanno 7 o più canali social (il 28% degli intervistati). Il 45% ne gestisce dai 4 ai 6, mentre il 27% ha tra uno e tre social network. L’ultimo gruppo è composto in maggioranza da uomini e donne tra i 45 e i 64 anni. Gli utenti tra i 15 e i 17 anni sono già oltre Facebook e dichiarano di dedicare più tempo a Instagram e YouTube, mentre dalla maggiore età la creatura primigenia di Mark Zuckerberg inizia a spopolare. Dalla ricerca emerge che gli italiani non hanno remore a disiscriversi dai social. Quello più abbandonato è Tinder: l’11% degli italiani ha dichiarato di averlo installato, ma il 35% di loro dice di essersi in seguito cancellato. Seguono nella classifica degli abbandoni Snapchat, con il 25%, Pinterest e Twitter, con il 10%.
La ricerca di BlogMeter indaga perché gli italiani utilizzano i social network. Le prime motivazioni sono la curiosità e l’interesse (il 21% degli utenti ha dato questa risposta), il 17% punta alla creazione di relazioni nuove e personali, mentre il 14% afferma di utilizzarli per svago o piacere e il 13% per condivisione e per leggere e ottenere recensioni. Le altre possibili cause, dal lavoro alla ricerca di informazioni, non superano il 6%. Il 4% degli intervistati pensa che sia inevitabile iscriversi ai social.
Se si analizza quale è il social migliore per ciascuno scopo, si vede tutto lo strapotere di Facebook: per ogni esigenza è considerato
lo strumento più utile. Lo affiancano YouTube (divertimento), TripAdvisor (recensioni) e Instagram (seguire brand o vip, condividere momenti), che si conferma in forte crescita. “Questa onnipresenza può anche essere il punto di de-
bolezza di Facebook: ci sono dentro tutti, è la replica della nostra società e potrebbe non essere interessante per chi intende mirare a una certa fascia e non rivolgersi al mucchio”, commenta Alberto Stracuzzi sulla ricerca condotta.
L’analisi inoltre evidenzia come solo dai 35 anni in su la televisione diventa rilevante nella quotidianità delle persone. Sempre assieme a Facebook, a cui complessivamente la gente dedica la maggior parte del tempo.
I media tradizionali mantengono una forte credibilità anche tra gli
utenti del web. Gli intervistati ritengono che
stampa e tv siano il miglior mezzo per in-
formarsi, mentre considerano poco affi dabili Facebook, YouTube e i Blog. “Questo smonta almeno in parte la retorica sulle fake news: gli utenti della rete sono meno creduloni di quanto si sostenga. Il problema vero è quando i media tradizionali riprendono le falsità che circolano in rete”, dice il ricercatore.
Interessante anche l’ultima parte della ricerca, in cui Blogmeter esplora il mondo delle celebrità e degli infl uencer. Cantanti, giornalisti e scrittori sono i personaggi di cui gli intervistati dichiarano di fi darsi di più, politici e modelle i più bistrattati. Ma l’attendibilità è una cosa e la popolarità un’altra.
Musicisti e personalità della tv risultano i più seguiti (il 33% del campione), giornalisti e politici scendono all’11%. La classifi ca dei personaggi con più seguito è questa: Belen, Vasco Rossi,
Gianni Morandi, Valentino Rossi e Eros Ra-
mazzotti. Il primo politico, sui generis, è Beppe Grillo all’ottavo posto.
Anche in questo caso si diventa più selettivi con il passare degli anni: i giovani seguono un numero maggiore di personaggi di categorie diverse. “Le organizzazioni devono quindi comprendere bene a quali target ci si rivolge nella scelta di un determinato infl uencer. Per concludere, direi che il segreto per il successo è la capacità di intercettare e farsi portavoce delle passioni e degli interessi del pubblico. Bisogna fare sì che chi ascolta si ritrovi nel racconto, entrare in relazione diretta, diventare un vero compagno di viaggio”, conclude Stracuzzi.
Piattaforme “giovani” più usate
Da Snow a Musical.ly, da ThisCruch al classico Instagram, ecco su quali social media e app si stanno spostando gli under 25 per “sfuggire ai vecchi”. Facebook ha un problema: in quello che è tutt’ora il suo mercato più importante, il Nord America. Gli utenti attivi quotidianamente sono calati per la prima volta nella storia del social network. L’ultimo report trimestrale della società indica che il numero è sceso da 185 a 184 milioni. Un calo contenuto, ma che è comunque un segnale preoccupante per l’azienda di Menlo Park. L’aspetto più importante, però, è la fascia demografi ca in cui è avvenuto il declino: nel 2017, l’utenza tra i 12 e i 17 anni è infatti scesa del 9,9%.
Il social network fondato da Mark Zuckerberg sembra perdere terreno tra i giovani sotto i 25 anni: fa segnare un saldo negativo di 2,8 milioni. La tendenza, secondo alcune ricerche (es: BlogMeter), è confermata anche in Italia.
L’aspetto più signifi cativo di questa diminuzione dell’utilizzo di Facebook si può ricondurre al cosiddetto context collapse. Un fenomeno segnalato per la prima volta nell’aprile 2016 dagli analisti che notarono come la condivisione di
informazione personali (merce fondamentale per Facebook, le utilizza per targettizzare la pubblicità) fosse calata del 21%. Quale ragazzo condividerebbe i propri segreti in un luogo dove c’è anche la madre? La ragione di questo declino era, appunto, il “collasso del contesto”. Tutto ciò che postiamo su Facebook - a meno che non siano divisi i contatti in gruppi separati, cosa che quasi nessuno fa - appare a persone con le quali siamo collegati per ragioni molto diverse: compagni di scuola, amici intimi, vecchie conoscenze che non vediamo da una vita, colleghi, parenti, etc. Ciò crea una sorta di blocco negli utenti: sarà il caso di postare la foto dell’ultima festa cui ho partecipato, se la vedono anche i miei genitori? Non sarà meglio evitare uno sfogo personale, visto che lo leggono i miei colleghi?
Non è difficile immaginare che questo problema colpisca principalmente i più giovani, che su Facebook sono spesso in contatto con genitori, parenti e anche insegnanti. Ecco che i minorenni scappano da un social network dove forse si sentono sotto osservazione, non liberi di agire spontaneamente e che comunque non percepiscono più come nuovo, per rifugiarsi altrove. In luoghi dove il contesto è più omogeneo perché rappresentato principalmente da loro coetanei.
La “fuga” da Facebook
Il primo approdo è Instagram, che in Italia ha raggiunto 14 milioni di iscritti (contro i 30 di Facebook) e nel mondo può contare su 800 milioni di utenti attivi, il 59% dei quali di età compresa fra i 18 e i 29 anni. Il social network dei giovanissimi per definizione, Snapchat, ha recentemente dato qualche segnale di vita - il numero di utenti attivi quotidianamente, nel 2017, è salito del 18% rispetto all’anno precedente - ma nel complesso sembra avere subito pesantemente il colpo infertogli proprio da Instagram, che ha copiato le Storie e le ha introdotte con enorme successo nella sua piattaforma.
Ad aver davvero cambiato il panorama dei giovanissimi è un social network che chi ha più di 25 anni potrebbe anche non aver mai sentito nominare: Musical.ly. È un’app recentemente acquistata dalla cinese Bytedance, consente di produrre video in playback, durata massima 15 secondi, durante i quali gli utenti ballano o cantano le hit del momento, sfruttando anche vari filtri ed effetti. I dati di Musical.ly sono impressionanti: 200 milioni di utenti nel mondo, con un’età media attorno ai 15 anni e un 70% di utenza femminile. L’Italia è uno dei paesi in cui la comunità è cresciuta più rapidamente, arrivando a contare 4 milioni di iscritti che trascorrono oltre 30 minuti al giorno sull’applicazione, creando alcuni dei 12 milioni di video prodotti ogni giorno (a livello globale), soprattutto guardando quelli dei muser più famosi, celebrità da 20 milioni di followers come le gemelle Lisa & Lena (viste dal vivo anche in Italia) o Baby Ariel. Gente che, secondo Forbes, incassa fino a 300mila dollari per un post sponsorizzato.
Ma il mondo dei social network è in costante fermento, per cui all’orizzonte sta già arrivando la nuova app fenomeno: Snow, piattaforma creata dalla società sudcoreana Naver - la stessa del servizio di messaggistica Line - che può contare su 200 milioni di utenti, concentrati principalmente nel mercato asiatico. Nato come clone di Snapchat, Snow ha recentemente aggiornato il suo prodotto per concentrarsi sui selfie, arricchiti con realtà aumentata, sticker, filtri e quant’altro; dando anche la possibilità di girare brevi video in playback (facendo quindi concorrenza a Musical.ly) e poi condividere il tutto sugli altri social. Per il momento non sono noti i numeri nei mercati occidentali - ancora periferici - ma è molto probabile che, volendo cercare il nuovo fenomeno di internet, dovremo a breve fare i conti con Snow. Non tutti i social network che stanno prendendo piede sono però così innocui. In verità, anche Musical.ly ha sollevato non pochi timori a causa delle attenzioni indesiderate che i video di ragazzine potrebbero attirare. ThisCrush è un’app che consente di inviare a tutti gli iscritti dei messaggi pubblici - che quindi compariranno in bacheca - privati o anche in forma anonima. A giudicare dal nome (crush in inglese significa cotta), l’applicazione nasce per esprimere apprezzamenti o innamoramenti adolescenziali senza doversi fare avanti, alme-
no inizialmente. In breve si è però trasformata in un covo di insulti e cyberbullismo, attirando anche l’attenzione dell’Osservatorio Nazionale sul Cybercrime guidato da Luca Pisano, che ha denunciato quanto avviene su questa applicazione su Facebook.
Come già visto prima con Ask.fm poi con Sarahah - che, come prevedibile, aveva lo scopo di fare incetta di dati personali - la possibilità di agire nascosti dall’anonimato apre le porte a comportamenti pericolosi che non vanno esagerati, né sottovalutati. D’altra parte, l’epoca dei social è iniziata per davvero da meno di dieci anni: una rivoluzione che anche gli adulti, da quanto si vede quotidianamente anche su piattaforme popolate da “vecchi” come Facebook o Twitter, devono ancora imparare a governare.
Conclusioni
Questo approfondimento, in cui si è inquadrato l’utilizzo dei social network da parte dei giovani, fa riferimento al concetto di nativo digitale (Prensky, 2001a; 2001b; Tapscott, 1998), utilizzato per descrivere i giovani della nuova generazione, che avrebbero mutato i propri comportamenti e processi di apprendimento in funzione della disponibilità di internet e del web.
La metafora è linguistica: un parlante nativo non presenta alcun accento o inflessione, e
usa la lingua con assoluta fluidità e natu-
ralezza. Così avverrebbe per chi è «nato con i media digitali» ed è quindi un nativo digitale. Al contrario, un immigrato, anche se ben inserito e con buone competenze linguistiche, manterrà nella maggior parte dei casi alcuni tratti linguistici non standard che lo identificheranno subito come tale. Analogamente, così avverrebbe per chi appartiene a generazioni precedenti: i cosiddetti «immigrati digitali». Un interessante articolo pubblicato da State of Mind il 25 febbraio 2020, rivolto proprio ai “nativi digitali” ha evidenziato che il 96% degli intervistati ha dichiarato di connettersi almeno una volta al giorno. Un dato ben superiore al 72% della ricerca condotta nel 2018 dalla SIP (SIP – Società Italiana di Pediatria, 2019). Non emergono differenze significative tra maschi e femmine nel tempo trascorso online e il 42% dichiara
di aver iniziato ad utilizzare internet prima
degli 11 anni. La maggior parte dei ragazzi (63.3%) trascorre almeno 3-4 ore al giorno in attività online e tra questi il 14.1% dichiara di essere sempre connesso.
Il momento della giornata in cui i partecipanti sono maggiormente connessi è il pomeriggio (73.1%), seguito dalla sera (61%); un quarto dei ragazzi riferisce di essere online al mattino, mentre il 15.1% rimane connesso anche durante le ore notturne. Il 19% dei ragazzi va spesso a dormire tardi la notte per giocare a un videogioco, controllare messaggi o stare sui social network e, per le stesse ragioni, un ragazzo su cinque circa (19.8%) riferisce di essersi svegliato durante la notte. Il 30.9% afferma di essere abbastanza o molto distratto da altre attività, quali fare i compiti o uscire con gli amici, perché impegnato nell’utilizzo delle applicazioni e dei social. Tre ragazzi su quattro (74.3%) interrompono una conversazione per rispondere al telefono. Il 59.6% ammette di non ascoltare
qualcuno che sta parlando perché sta chat-
tando, navigando o giocando online.
E ancora l’essere impegnato in queste attività induce il 71% delle persone ad andare a
dormire più tardi rispetto a quanto ci si era
prefissati. Alla maggior parte (69.7%) degli intervistati è capitato di avere discussioni in famiglia per il tempo trascorso online. Tali discussioni sono significativamente superiori tra i ragazzi che si connettono di più. Soltanto in un terzo (33.9%) delle famiglie dei ragazzi sono state stabilite delle regole per l’uso delle nuove tecnologie; quando presenti le regole sono
rispettate dalla maggior parte dei soggetti (69.2%).
Questi dati evidenziano la duplice e crescente complessità cui deve far fronte un’organizzazione come Avis per comunicare in modo efficace con i giovani. Innanzitutto è necessario riuscire a intercettare i ragazzi nell’ambiente web in cui sono maggiormente recettivi; in secondo luogo occorrerà parlare il loro linguaggio, fatto più di immagini e video che di parole, facendosi accettare come interlocutori e riuscendo a suscitare il loro interesse.