e-borghi travel magazine: n. 13 - aprile 2020

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Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow

Anno 2 Numero 13 Edizione gratuita

SPECIALE PROFUMI E COLORI BÒLGHERI, il borgo e le essenze BURANO E MAZZORBO, isole “pastello” Territori, lifestyle e design: Veneto

In tavola:

cromie, pupille e papille

Oltreconfine:

un arcobaleno chiamato Colombia

Leggende e curiosità

www.e-borghitravel.com



NATURALE

perché fatto solo con carne di maiale italiano, sale marino e l’aria di San Daniele.

SINCERO

perché non ha segreti, solo un ambiente intatto e magie naturali; terre alte, le Alpi, l’Adriatico e il vento.

…UNICO

perché più che un Prosciutto è una cultura.

Il segreto del San Daniele è San Daniele w w w. p r o s c i u t t o s a n d a n i e l e . i t


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I

COPR

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® e-borghi travel 13 • 2020 www.e-borghitravel.com Publisher Giusi Spina direzione@3scomunicazione.com Coordinatore editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Antonella Andretta, Alessandra Boiardi, Luca Sartori, Carola Traverso Saibante, Nicoletta Toffano Revisione Bozze Luca Sartori Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92, 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2020 e-borghi

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ditoriale

eLuciana Francesca Rebonato facebook.com/lfrancesca.rebonato

L’

Italia e il mondo intero vogliono riappropriarsi dei colori, dei profumi, delle emozioni. Per passare dalla stasi alla rinascita: lentamente, curva dopo curva - reale e metaforica -, con lo sguardo proteso al futuro. È forte e improrogabile, ora, la voglia di dipingere le sensazioni e in questo numero di e-borghi travel iniziamo a (ri)viaggiare con uno speciale dedicato ai borghi e ai territori “colorati e profumati”: un vero e proprio inno alla vita e al turismo che riparte dall’orizzonte della progettualità. Una sinfonia sensoriale che pervade l’Italia a iniziare dalla laguna di Venezia: carismatica e intensa, icona liquida e apotropaica, colorata da mille e più cromie e costellata da isole. È il caso di Burano e Mazzorbo, unite da un ponte, la seconda sovente percepita come un’appendice della prima, un deciso susseguirsi di rosso e azzurro, verde e viola, giallo e rosa sulle abitazioni con i canali che ne accolgono i riflessi mentre i ponti ritmano ideali percorsi fra calli, campielli e sestieri. E poi il borgo di Bòlgheri, prezioso scrigno toscano nell’entroterra della Costa degli Etruschi, nel quale vengono realizzate fragranze che racchiudono l’essenza della destinazione. Note di testa frizzanti e con un fondo avvolgente: sulla scia di un profumo l’emozione si mette in viaggio ed ecco che inizia la scoperta del borgo che conduce ai profumi della natura e dei paladini di Bacco - l’aroma di Bòlgheri è anche quello sprigionato dagli eccellenti vini autoctoni -, al castello e poi al raccolto centro storico racchiuso dentro le mura, a vicoli e abitazioni in pietra e a vivaci botteghe con specialità tipiche. La forza del Belpaese è – anche – quella di essere un mosaico di territori nel quale ogni tessera è baluardo di saperi e sapori locali, tradizioni e tipicità di assoluta eccellenza, tramandate da generazioni. È arrivato il momento di salvaguardarlo, questo incredibile tesoro della nostra Penisola: scegliendo l’Italia, le sue aziende e riavviando il turismo domestico. Un balsamo per l’anima e non solo. Luciana Francesca Rebonato coordinatore editoriale


Sommario Burano e Mazzorbo

Bòlgheri

Un altro Veneto

Montasio Dop


Papille, pupille e narici dilatate

Oltreconfine: Colombia

Leggende

CuriositĂ

In copertina: Burano smallredgirl/stock.adobe.com


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT


Burano e Mazzorbo, laguna pastello

Burano Petr Svoboda/Shutterstock.com


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n ponte di legno divide Burano da Mazzorbo. La prima, famosa per le sue case colorate e per i merletti è, con Murano, tra i centri più celebri e visitati delle terre di Venezia. Mazzorbo è spesso considerata un’appendice della prima, pur conservando una sua particolare identità. Situate nella parte settentrionale della laguna di Venezia, Burano e Mazzorbo sono raggiungibili in vaporetto dal capoluogo e anche da Punta Sabbioni e da Treporti. Burano è una sorta di

Burano Nick Brundle/Shutterstock.com

piccola Venezia, dal territorio quasi completamente coperto dall’abitato, costituita da quattro isole separate da tre canali interni - il rio Pontinello, il rio Zuecca e il rio Terranova - e composta dai sestieri di San Mauro, San Martino Sinistra, San Martino Destra, Giudecca e Terranova. Mazzorbo, invece, è costituita da tre isole, la principale situata a est, l’isola delle Eremite, e le due parti di quella che era l’isola di Santa Caterina, una delle quali disabitata.


Mazzorbo ChiccoDodiFC/Shutterstock.com


Mazzorbo Perekotypole/Shutterstock.com



Burano ms_pics_and_more/Shutterstock.com

Canne e colori

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urono i barbari a costringere gli abitanti della romana Altino, dove pare abbia origine la storia di Venezia, a rifugiarsi nelle isole della laguna, alle quali venne dato il nome delle sei porte della città, Murano, Ammiana, Costanziaco, Torcello e, appunto, Burano e Mazzorbo. A Burano, il cui nome deriva dalla “Porta Boreana” - posta a nord-est, nella direzione in cui soffia la Bora -, un tempo c’erano le palafitte, dalle pareti esterne costituite da canne intrecciate e intonacate con fango, con i pavimenti

in terra battuta e i letti fatti di foglie secche. Arrivarono poi le costruzioni in mattoni colorati per delimitare le proprietà, anche se si narra che fossero gli stessi pescatori a volerle colorate, al fine di riconoscere la propria abitazione al ritorno dai lunghi periodi di assenza dovuti alla pesca. Antica sede di ricchi palazzi, monasteri e chiese, Mazzorbo raggiunse il suo massimo splendore nel X secolo, per perdere poi importanza con l’ascesa di Venezia dopo il Mille, quando divenne un’isola campestre.


Mazzorbo photo.eccles/Shutterstock.com



Burano ms_pics_and_more/Shutterstock.com


Burano Alexandra Malysheva/Shutterstock.com

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Il BussolĂ EQRoy/Shutterstock.com


Canali multicolor

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na moltitudine di colori sulle facciate delle abitazioni che si affacciano sulle verdi acque dei canali rendono Burano uno dei centri più colorati d’Italia. Il rosso e l’azzurro, il verde e il viola, il giallo e il rosa si susseguono in un’alternanza cromatica unica e straordinaria. I canali che dividono le isole che compongono Burano sono un variopinto percorso intervallato da ponti che collegano i calli e i campielli dei sestieri. Ristoranti e botteghe artigianali popolano Piazza Galuppi, l’unica dell’isola, mentre via Giudecca, via San

Mauro e via San Martino Sinistro sono le strade più colorate e ricche di negozi. Da non perdere una visita al Museo del Merletto, per conoscere la storia e la tradizione del più apprezzato prodotto artigianale dell’isola, ma anche l’antica chiesa di San Martino Vescovo, autentico scrigno di tesori tra cui la famosa tela di Gianbattista Tiepolo, oltre al caratteristico campanile pendente. Tra le goloserie tipiche dell’isola c’è il Bussolà, il dolce tipico a forma di ciambella preparato con uova, farina, zucchero e burro.


Burano Artorn Thongtukit/Shutterstock.com



Mazzorbo Karasev Victor/Shutterstock.com

Mazzorbo Oleg Znamenskiy/Shutterstock.com


Mazzorbo Claudiovidri/Shutterstock.com

Orti lagunari

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uando attraversi il “Ponte Longo” e ti lasci alle spalle Burano ti pare di approdare in un’altra laguna. Al fitto abitato della terra dei merletti si contrappongono gli spazi aperti di Mazzorbo, caratterizzati dalla presenza di varie aree coltivate. Orti e vigneti si alternano alle case colorate in uno scenario di pace e tranquillità affacciato sulle verdi acque della laguna. Antica meta di svago dei ricchi veneziani, della Mazzorbo di un tempo - che contava cinque chiese parrocchiali e sei monasteri -, rimane la

chiesa di Santa Caterina, l’attuale parrocchiale, eretta tra il 1283 e il 1291 in stile gotico-romano. Tra i prodotti tipici della colorata Mazzorbo vi sono le “castraure di Mazzorbo”, il primo frutto della pianta dei carciofi, ma anche le uve coltivate nelle storiche tenute dell’arcipelago, mentre nei locali dell’isola si servono i piatti della tradizione lagunare a base di pesce e carne e ovviamente di ortaggi prodotti sull’isola tra cui, periodo permettendo, quelle preparate con le stesse “castraure”.


Burano DaLiu/Shutterstock.com



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Bòlgheri, profumo di borgo


Alessandra Boiardi

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Diego Mariottini


StevanZZ/Shutterstock.com


Diego Mariottini

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n viaggio che resta impresso si dice “rimanga negli occhi”. Ma per vivere un luogo, non lo si gode solo con la vista, lo si respira appieno, ed è quello che vi accadrà, letteralmente, a Bòlgheri, uno scrigno prezioso tutto da scoprire a pochi chilometri - nell’entroterra - dalla bella Costa degli Etruschi, un tratto di Toscana incontaminata tra sabbia e mare turchese. Bòlgheri, frazione dell’accogliente località di mare Castagneto Carducci, in provincia di Livorno, è speciale già nel modo in cui vi accoglie. Per giungervi si deve percorreretutto un viale costeggiato da cipressi secolari,

che uno in fila all’altro come solenni guardiani vi accompagnano per i cinque chilometri di strada che dividono il borgo dall’Aurelia. Si tratta del famoso Viale di San Guido, il primo luogo speciale di Bòlgheri che ha catturato anche il cuore di uno dei più grandi nostri poeti, Giosuè Carducci, che proprio ai cipressi e al viale legò i ricordi della sua infanzia nei suoi versi: “I cipressi che a Bólgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar. Quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono incontro e mi guardar”. E dall’Ottocento a oggi, il colpo d’occhio resta il medesimo.


Simona Bottone

Scoprire un piccolo, grande mondo

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na volta giunti alla fine del Viale di San Guido ha inizio il vostro viaggio sensoriale alla scoperta di Bòlgheri, un viaggio che vi porterà attraverso la lentezza al buon cibo, ai profumi dei vini e della natura. Dall’immortalità della poesia a quella di sensazioni, memorie e sentimenti tutte da vivere tra le vie del borgo il passo è breve. Le case fatte di pietra e mattoni, il centro racchiuso dentro le mura, le botteghe tipiche: tutto è sor-

prendente una volta varcata la porta dalla quale si accede al borgo e al Castello di Bòlgheri. Quest’ultimo, il castello, è il simbolo più evidente del borgo, con i suoi mattoni rossi e l’architettura da favola. La porta, invece, ne è l’unico ingresso: vi basterà oltrepassare l’arco che fieramente vi accoglie con lo stemma di armi e motivi floreali simbolo dei conti Della Gherardesca, l’antica casata nobile proprietaria del castello fin dal Duecento.


Simona Bottone



Oratorio San Guido


Diego Mariottini


Acqua di Bòlgheri, la fragranza della natura

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antica casata dei Della Gherardesca non è l’unica famiglia che lega il suo nome a Bòlgheri. Ispirata dal borgo e dalla sua natura, anche la famiglia Taffi ne è in altro modo una fiera rappresentante, fondendo i suoi valori con le suggestioni del borgo in quello che definisce ‘il gioiello nascosto’ della Toscana, la sua Acqua di Bòlgheri. I prodotti Acqua di Bòlgheri – per la cura del corpo, bagni, profumi, lozioni – scaturiscono dalla stessa energia creativa del borgo nel desiderio di suscitare le medesime sensazioni che si provano pas-

seggiando nelle sue campagne, davanti al mare non lontano, immergendosi appieno nelle sue atmosfere. Un borgo e il suo profumo, che nasce dalla natura, grazie agli estratti vegetali biologici, primo fra tutti l’olio d’oliva bio toscano, che costituiscono la base delle preparazioni di Acqua di Bòlgheri. Un omaggio al territorio e alle sue tradizioni, che fonde la passione con l’eleganza, in un tripudio che esprime in fragranze la stessa immagine poetica così magistralmente evocata dal Carducci.

Simona Bottone


Nonna Lucia, nonna di Giosuè Carducci. By Flavio Melani



Bouquet inebrianti e Doc

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’aroma di Bòlgheri è anche quello che si sprigiona quando si stappa una bottiglia degli eccellenti vini prodotti in questa zona. Sono alcuni dei migliori vini toscani, apprezzati in tutto il mondo e dai nomi altisonanti. Tra i più pregiati c’è il Bòlgheri Sassicaia, che viene prodotto esclusivamente dall’azienda Tenuta San Guido nella zona delimitata dalla Doc. Ma vi basterà fermarvi durante una passeggiata nel borgo, tra le vie del suo centro raccolto, in uno degli ottimi locali e ri-

storantini, o in un bar-enoteca, magari per aspettare con tutta calma l’imbrunire e ammirare il tramonto, per godervi un ottimo bicchiere di vino. Potreste optare – se amate i rossi – per un Bòlgheri Superiore o un Bòlgheri Rosso, oppure per un ottimo Ornellaia o magari preferire un bianco, come un Vermentino o un Bòlgheri Bianco. Non avrete che l’imbarazzo della scelta: sono oltre trenta le aziende che fanno parte del consorzio Bòlgheri Doc.


Diego Mariottini

Lenori


ermess


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ermess



TERRITORI, LIFES TYLE E DESIGN

Antonella Andretta

www.facebook.com/antonella.andretta

Un altro Veneto

Mira Megioranza Giulia


Municipio a Montebelluna

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asta dire Veneto e il pensiero va subito a Venezia, città simbolo non solo della regione ma d’Italia. In queste pagine parleremo invece di un altro Veneto, forse meno universalmente noto, ma vario e ricco di paesaggi unici, di architetture straordinarie e di possibilità di shopping

di ogni genere tra scarpe firmate, vini sontuosi e artigianato di qualità: stiamo parlando della piana del Brenta e della Marca Trevigiana, due aree limitrofe, incastonate tra le province di Padova e Treviso. Oltre a città grandi e piccole, importanti distretti industriali e del design

Tempio del Canova a Possagno, Treviso


(calzature nella zona del Brenta, scarponi da sci e calzature sportive ad Asolo e Montebelluna, elettrodomestici nel trevigiano) vi si può trovare una straordinaria combinazione di paesaggi, arte, storia e buona cucina con scenari che cambiano continuamente, passando dall’intrico

di chiuse e canali della zona del Brenta e del Bacchiglione ai rilievi delle Prealpi Trevigiane, dalle morbide colline del Prosecco ai boschi del Montello e del Cansiglio, che rendono questo angolo d’Italia un ennesimo imperdibile mosaico di bellezze tutte da scoprire.

Casa del Petrarca ad Arquà Petrarca

Uno scorcio di Asolo


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Castelli medievali e ville rinascimentali

n questa zona si alternano le tracce della rudezza medievale (basti pensare al castello e alle mura di Castelfranco Veneto) alle raffinatezze della “cultura della villa”. Tra il XVI e il XVIII secolo le famiglie patrizie della Serenissima eressero, infatti, splendide residenze lungo le rive del Naviglio del Brenta che parte da Stra per sfociare nella laguna di Venezia. Le vollero affacciate sull’acqua, come i palazzi del Canal Grande. Il Naviglio del Brenta è lungo una ventina di chilometri con oltre otto metri di dislivello caratterizzati da dieci ponti mobili e tre chiuse: un mix

di cultura, storia, arte e paesaggio rendono questo percorso fluviale uno dei più interessanti d’Europa, e si conta ancora una cinquantina di ville meritevoli di attenzione, veri tesori di architettura e scrigni d’arte. Un tempo raggiungibili solo via acqua con gondole e burchielli (barconi a remi o trainati da cavalli in alzaia) ora sono accessibili anche dalla strada, ma il modo migliore per goderne la bellezza resta quello di ammirarle da un’imbarcazione: numerose le possibilità di escursioni e crociere, sia partendo da Padova, sia da Venezia.

Castelfranco Veneto


Villa Pisani a Stra, Riviera del Brenta

Veduta di San Pietro a Stra sul Naviglio del Brenta


Mira Megioranza Giulia



Villa Pisani a Stra

Archistar d’altri tempi

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Stra spicca Villa Pisani, ora Museo Nazionale, la “Regina delle ville venete”, celebre per l’affresco di Gianbattista Tiepolo sul soffitto della maestosa Sala da Ballo. Vicino a Mira si trova invece Villa Foscari, capolavoro del grande architetto Andrea Palladio: tutt’ora priva di elettricità per volere dei proprietari, la villa è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco, insieme alle altre ville palladiane del Veneto. Ma le architetture palladiane non sono gli unici patrimoni Unesco della

zona: anche le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene (provincia di Treviso) sono state inserite di recente in questo elenco prestigioso. Si tratta di un vero e proprio paesaggio culturale dove l’opera dei viticoltori ha contribuito a creare uno scenario unico al mondo, caratterizzato da una particolare conformazione geomorfologica chiamata hogback e costituita da una serie di rilievi scoscesi intervallati da piccole valli parallele tra loro. Uno spettacolo, insomma.


Colline del Prosecco

Sala degli Affreschi nella Villa Widmann a Mira



Ruderi del Monastero Olivetani sui Colli Euganei


Rolle di Cison di Valmarino

Canale dei Buranelli, Treviso


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Prosecco sì! Ma non solo

erto è che qui si viene non solo per ammirare il panorama ma anche per degustare le famose bollicine, con al vertice Cartizze e Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore Docg Rive, un vino che è espressione della tradizione e della cultura del territorio. In tutto, la Doc che comprende anche vigneti di altre province venete (Venezia, Vicenza, Padova, Belluno) e friulane (Udine, Gorizia, Pordenone e Trieste) dispone di 6.500 ettari di vigneti e di 183 cantine che producono 80 milioni di bottiglie. Una qualità media alta, soprattutto nel rapporto qualità prezzo, dettaglio che lo rende vino ideale per ogni occasione, senza dimenticare che è anche un grande vino italiano. Ricchissima in zona è anche la produzione di

Piazza dei Signori, Treviso

artigianato di alto livello. A Crespano del Grappa (Treviso) ad esempio c’è l’antica Tipografia Melchiori: il laboratorio, dove apprendere le varie fasi della lavorazione tipografica o la rilegatura a mano, è visitabile e annesso c’è il negozio. L’arte del ferro battuto si perpetua dal 1655 presso il laboratorio di Alessandro Zanini a Pederobba (Treviso), visitabile anch’esso per osservare in funzione forge e magli e assistere a dimostrazioni della lavorazione del ferro battuto. A Treviso città (che da sola vale una visita, tra i canali, la piazza dei Signori e le chiese gotiche) si trova l’Argenteria Sandonà, oltre un secolo e mezzo di storia e quattro generazioni di maestri argentieri con uno show room tutto da ammirare.



Riviera Garibaldi, Treviso


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Castello di Valeggio sul Mincio




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Formaggio Montasio Dop Luca Sartori


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ccellenza del patrimonio gastronomico italiano e uno dei pilastri della “Dieta mediterranea”: il formaggio Montasio Dop fa parte della famiglia dei grandi formaggi alpini ed è legato alla sua zona di origine che da lì prende anche il suo nome. Si chiama, infatti, come l’omonimo altopiano situato nelle montagne friulane, tra le Alpi Carniche e Giulie, dove i monaci benedettini già dal Duecento custodivano l’arte di produrre formaggio. Oggi il Montasio Dop viene prodotto in Friuli-Venezia Giulia, in tutto il territorio delle province di Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste, ma anche nelle province venete di Treviso e Belluno e in parte di quelle di Venezia e Padova. A difenderne e tutelarne la produzione e

il commercio, proteggerne l’uso della sua denominazione e salvaguardarne la tipicità e le caratteristiche peculiari, se ne occupa il Consorzio per la tutela del Formaggio Montasio, impegnato costantemente nella sua valorizzazione promozionale e nella tutela del prodotto, vigilando e verificando le lavorazioni della sua produzione, prelevando campioni per analisi, sovrintendendo e coordinando l’attività di ricerca e di controllo a tutela del consumatore finale. E il Montasio Dop è davvero un formaggio genuino, controllato e veramente adatto a tutti, anche per chi soffre di intolleranze perché è naturalmente privo di lattosio. Per saperne di più si può visitare il sito www.montasio.com.




Il prodotto e la marcatura

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ormaggio a pasta cotta, semidura, il Montasio è salato a secco oppure in salamoia leggera con completamento a secco. Le sue caratteristiche organolettiche si evolvono con la stagionatura, quando il sapore, quando il formaggio invecchia, si trasforma. Mentre nelle forme più giovani si apprezza il sapore del latte, in quelle più stagionate si passa via via a un sapore più deciso con note aromatiche di sapidità e con la pasta che da morbida si fa più friabile. Il Montasio Dop si può gustare fresco, dai 60 ai 120 giorni di stagionatura; semi-stagionato, da 120 giorni a 10 mesi di stagionatura; stagionato, fino a 18 mesi di stagionatura, e stravecchio, con oltre 18 mesi di stagionatura. Grazie ai controlli e ai metodi di produzione il formaggio Montasio può vantare elevati standard di qualità trovando delle risposte esaustive in quelle che sono i principi delle indicazioni geografiche: territorio, materia prima e artigianalità. Caratteristiche che ne determinano la sua unicità. E solo quando il prodotto soddisfa i requisiti richiesti può veramente fregiarsi del marchio Montasio Dop. Una marcatura che viene apposta sullo scalzo della forma dal Consorzio di Tutela a 60 giorni, che ne garantisce l’identità, l’origine e il rispetto delle caratteristiche dei disciplinari.


Montasio PDM, “Prodotto della Montagna”

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n’eccellenza dell’eccellenza: il Montasio PDM “Prodotto della Montagna” è un vero patrimonio culinario che sfida l’omologazione dei sapori. E’ un formaggio fatto solo con latte crudo raccolto, lavorato e stagionato per minimo 60 giorni, la cui filiera produttiva - dall’alimentazione delle bovine, alla fase della mungitura fino alle fasi di trasformazione e stagionatura - si svolge rigorosamente in territorio montano. Un alimento naturale dal gusto unico le cui proprietà nutrizionali e organolettiche sono fortemente influenzate dall’alimentazione delle mucche che nel periodo estivo sono lasciate libere di pascolare. E proprio

l’Altopiano del Montasio rappresenta la più grande area della Regione Friuli-Venezia Giulia a essere adibita all’alpeggio, tanto che nel periodo che va da giugno a metà settembre ospita circa 250 animali, provenienti da 40 allevatori che risiedono in 25 diversi comuni friulani. Il formaggio diviene così espressione del territorio, parte della cultura del luogo. Un legame indissolubile che si esalta ogni anno in Malga Montasio con la festa della monticazione per concludere simbolicamente l’alpeggio delle vacche portate a giugno sull’altipiano del Montasio. Qui in Malga Montasio si produce il miglior formaggio di montagna d’Italia.



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Biologico ed e-commerce

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olo le aziende agricole che si sono dotate di certificazione “Bio” possono produrre il latte per fare il Montasio biologico, garanzia del massimo rispetto del territorio, degli animali e dell’uomo. Un prodotto che esclude l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi e di qualsiasi organismo geneticamente modificato. Eccellenza della gastronomia italiana, il Montasio Dop è un piace-

re per tutte le occasioni. Disponibile nelle quattro diverse stagionature è acquistabile nelle migliori botteghe gastronomiche, nei centri di grande distribuzione ma anche direttamente da casa propria attraverso il web. Questi i link dei soci del Consorzio che ne prevedono la vendita online: shop.lattebusche.com latteriabiologicafriulana.it.



Carola Traverso Saibante

Papille, pupille e narici dilatate

Sandra Valera/Shutterstock.com


Papille, pupille e narici dilatate

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i può annusare con gli occhi? I profumi si possono “vedere”? Certo che sì! E il cibo ne è segno carnale. Il paesaggio si confonde con le tinte olfattive delle specialità culinarie che proprio “lì” vengono preparate, manicaretti variopinti che sprigionano l’odore della propria terra e del proprio mare. Cinque Terre: i cinque borghi appesi a questo tratto di costa della Liguria sono un presepe di colori, quasi canditi di una cassata incollati su una roccia a picco sul mare. La cassata, Prodotto Agroalimentare Tradizionale della regione Sici-

fotogiunta/Shutterstock.com

lia, ha origini arabe: cedro verde, arancio amaro, giallo limone. Furono poi le monache del convento della Martorana a Palermo a inventare l’omonima base per questo dolce, la pasta martorana o pasta reale, farina di mandorle e zucchero tradizionalmente tinta di verde con estratti di erbe. Cosa bere per accompagnare la cassata? Uno Sciacchetrà, naturalmente! Passito dal profumo vertiginoso, con persistenti sentori di frutta candita che compongono le note uniche di questa ambra liquida a rischio d’estinzione.


Manarola

Papille, pupille e narici dilatate


3523studio/Shutterstock.com

Papille, pupille e narici dilatate


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Giallo, primogenito del sole

olori frutti della luce. Frutti figli del sole, come il giallo melone d’inverno siciliano. Si produce in particolare nel trapanese, dove è detto “Cartucciaro”: buccia liscia, forma allungata, carne bianca e molto succosa, si conserva quasi fino a Natale ed è protagonista di granite e cremolate, le loro parenti più cremose. Toscana: nelle colline argillose della Val d’Orcia, il verde in estate diventa giallo intenso: girasoli, ginestre, grano. Il pecorino che si produce nell’antico borgo di Pienza, Patrimonio dell’Umanità e di color tendente al gial-

lo paglierino, è di latte di pecora di razza sarda maturata in aromatiche barrique di rovere, che determinano il suo gusto tannico, quasi di vinaccia. Ma giallo Toscana e granoturco vuol dire anche Garfagnana e Media Valle del Serchio, dove si coltiva con metodi naturali un cereale antico, Prodotto Agroalimentare Tradizionale della regione: il Formenton Otto File, mais così chiamato perché la pianta ha una sola pannocchia con otto file di chicchi che danno una polenta buona e delicata, da abbinare al sugo di cinghiale.

Papille, pupille e narici dilatate

Pecorino di Pienza Tania Zbrodko/Shutterstock.com


Papille, pupille e narici dilatate from my point of view/Shutterstock.com

Rosso aglio e rosso olio (niente peperoncino!)

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osso è anche l’aglio di Castelliri, borgo incorporato nella verde campagna laziale della valle del fiume Liri. Una sfida alle leggi cromatiche, poiché l’aglio rosso nasce dalla mescolanza dell’aglio bianco con l’aglio rosa. Questo bulbo dalle tuniche color porpora è perfetto per farla da protagonista in bruschette e spaghetti con olio e peperoncino. E l’olio dove lo andiamo a prendere? Negli ulivi secolari

del Salento, che si stagliano come totem viventi e antichi sulla terra rossa e generosa. Il Dop Terra d’Otranto prende il nome dal borgo considerato più bello di Puglia, con la sua pietra bianco-nuvola condensata che scontorna l’azzurro dell’infinito. L’extravergine è verde o giallo-verde, sa di frutta ma anche di foglia, è mediamente piccante e amaro e offre la fragranza di questa penisola che vive tra due mari.


Papille, pupille e narici dilatate

DUSAN ZIDAR/Shutterstock.com


NBB/Shutterstock.com

Papille, pupille e narici dilatate


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Luca Santilli/Shutterstock.com

P

er finire il nostro viaggio nei colori sbarchiamo a Procida, di fronte all’ultra blu del suo mare e all’arcobaleno montato a borgo che si chiama Marina Corricella. Con le tinte cariche di aromi della sua cucina isolana: pescato azzurro delle paranze che arrivano in porto alle quattro di pomeriggio, dalle acciughe (marinate) ai calamari (ripieni, ‘mbuttunati); orti multicolor di maxi carciofi, zucchine, scarole e quelle melanzane viola-blu per preparare ‘A Parmiggiana ‘e

Mulignane’. La ruota cromatica gira creando infinite sfumature di colore. E così torniamo al giallo, quello dei limoni di Procida, prodotto Agroalimentare Tradizionale della regione Campania, un frutto oramai raro che viene coltivato in piccole quantità nei pochi limoneti sopravvissuti alla contemporaneità e nei giardini delle famiglie isolane, che mettendo le scorze in infusione producono l’imbattibile Limoncello di Procida, con cui brindare alla luce che c’inonda di colori.

Papille, pupille e narici dilatate

Blu Mediterraneo




Un arcobaleno chiamato

Colombia

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Oltreconfine: Oltreconfine:Colombia Francia

Nicoletta Toffano

facebook.com/nicoletta.toffano


San Javier oscar garces/Shutterstock.com

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na tavolozza di colori già di natura: dal verde intenso della foresta tropicale al mare caraibico azzurro cristallino per giungere alle livree multicolori della fauna del parco nazionale Serranía de Chiribiquete, il più grande al mondo. Ma la voglia di colori in Colombia non finisce qui: abiti tradizionali e artigianato tra i più sgargianti dell’America Latina, case e quartieri coloniali multicolor, chilometri di muri affrescati con la street art. La Colombia antropizzata è un concentrato di piccoli pueblos andini e di borghi rimasti intatti anche se spesso inglobati in grandi conurbazioni, come San Javier, meglio noto come la Comuna 13, un

villaggio arroccato su una collina al margine dell’agglomerato urbano di Medellin. I coloratissimi graffiti del borgo, che ricoprono i muri delle case, narrano i fatti storici qui accaduti: da uno dei luoghi più violenti del mondo, sede di narcotrafficanti, tra cui il noto Pablo Escobar, al recente riscatto avvenuto grazie al lavoro e alla volontà della sua popolazione. La Comuna 13 è oggi una grande attrazione turistica e la scala mobile che la attraversa costituisce un vero percorso museale tra i murales. Qui la sosta immancabile è al Museo de Caffè, dove assaggiare un coloratissimo cholado, la bevanda tipica fatta di frutta ghiacciata.


Oltreconfine: Colombia

Piedra de PeĂąol sduraku/Shutterstock.com


Guatape doleesi/Shutterstock.com


Oltreconfine: Colombia

La natura dipinta del pueblo Guatapé

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l pueblo Guatapé è un borgo andino a 2.000 metri sul livello del mare, a due ore e mezza da Medellín. Qui nella tradizionale borgata di Marinilla l’arte è presente in ogni edificio: la gente locale usa dipingere le proprie case a tinte brillanti, spesso con incisioni e altorilievi chiamati zocalos. I soggetti sono floreali, animali, legati alle attività commerciali o a ricordi di viaggio della famiglia che abita nella casa. La voglia di colore si riflette pure nei bus turistici e nei piatti dei (pochi) ristoranti con cuci-

Bandeja Paisa Luis Echeverri Urrea/Shutterstock.com

na locale come la Fogata dove, tra le note di musica andina, si può assaggiare la bandeja paisa un piatto a base di fagioli, riso, carne, salsiccia, pane di mais, avocado e pomodori. Ma Guatapé è famosa anche per un elemento naturale, la Piedra de Peñol, un imponente monolito che si erge sul territorio: la salita di 220 metri avviene su una ripida scala in cemento e la fatica viene ripagata da una vista eccezionale sul lago e sull’infinito verde del territorio circostante morbidamente montuoso.


Valle del Cocora Karol Kozlowski/Shutterstock.com

Pausa caffè a Salento

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el cuore delle Ande, nel dipartimento di Quindío, tra le piantagioni di caffè, si erge a 1.890 metri di altezza Salento, uno dei borghi più belli della Colombia. Un coloratissimo abitato fatto di casette in stile coloniale, molte delle quali realizzate con la tecnica della tradizionale architettura bahareque. Si tratta di un antico sistema di costruzione utilizzato dai nativi americani di Colombia e Venezuela che prevede l’utilizzo di bastoni, di canne intrecciate e di terra cruda: una vera lezione di architettura a zero impatto ambientale. La folcloristica vita del borgo

si svolge a partire dal pomeriggio lungo Calle Real: i ritmi delle musiche latine accompagnano il brulicare della vita locale e dei turisti tra i negozi di artigianato, caratteristici esercizi commerciali e i profumi delle caffetterie e dei forni dove assaggiare l’eccellente caffè accompagnato dal arequipe (una sorta di budino al caramello e caffè). Salento è inoltre il punto di partenza per il trekking alla Valle del Cocora, un paesaggio surreale disegnato dalle Palme de Cera: alte fino a 60 metri, sono le più alte del mondo, una rarità botanica presente solo in questo luogo.


Oltreconfine: Colombia

Salento Barna Tanko/Shutterstock.com


Ráquira il villaggio dei vasai

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l colore in Colombia non si ritrova solo negli abitati, permea tante attività umane come quelle artigianali tramandate di generazione in generazione. Ráquira, un pittoresco borgo andino sulla cordigliera orientale, è celebre in tutta la nazione per l’elevata qualità dei manufatti che qui vengono prodotti, soprattutto ceramiche e tessuti lavorati al telaio. Lo stesso nome Ráquira significa “villaggio dei vasai” nell’antica lingua locale Chibcha: qui la lavorazione di vasellame si ispira ancora alle tecniche e al design precolombiane

Ráquira Edaccor/Shutterstock.com

ed è una cultura talmente radicata da ritrovarla non solo nelle suppellettili, ma anche nelle facciate delle case e nell’arredo urbano. Per entrare in sintonia con il borgo, il consiglio è di visitare il tradizionale mercato contadino della domenica che rappresenta uno scorcio di vita della gente del posto: un tripudio di colori tra oggetti, cibi, frutta e verdura e dove gustare un ottimo street food a base di arrosti cotti all’aperto, accompagnati dalla birra nazionale Club Colombia, dall’inconfondibile etichetta color oro brillante.


Oltreconfine: Colombia

Rรกquira Mariano Luis Fraga/Shutterstock.com


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Plaza Santo Domingo oscar garces/Shutterstock.com


Oltreconfine: Colombia

Cartagena de Indias oscar garces/Shutterstock.com

Storie di pirati alla Ciudad Amurallada

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ulla costa caraibica, Cartagena de Indias è di fatto una città, ma la conformazione della costa ha fatto sì che, in modo totalmente estraneo alla sua crescita, sia sopravvissuto, con la propria identità, il vecchio borgo coloniale del XVI secolo, la Ciudad Amurallada. Nella storia fu un porto strategico e ricco, continuamente saccheggiato dai pirati e per questo fortificato, così autenticamente conservato da essere inserito dal 1984 nei patrimoni dell’umanità dall’Unesco: un intrigo di stradine acciottolate alternate a piazze, giardi-

ni secolari, piccoli cortili, chiese ed edifici storici caratterizzati dalle facciate policrome e dai balconi in legno intagliato. Da non perdere la visita al Museo dell’Oro, che espone luccicanti oggetti preziosi fabbricati dalla cultura Zenú prima della conquista spagnola, mentre l’appuntamento per l’ora di pranzo è nella centralissima Plaza Santo Domingo, al piccolo ristorante il Porton de San Sebastian: qui è servita la vera cucina caraibica, a base di carne e pesce alla plancha accompagnata da verdure locali dalle tinte sgargianti.



Ivan Pisoni

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Colori e aromi da

Leggenda


Colori e aromi da leggenda

La leggenda della scoperta del caffè I

nebriante, avvolgente e simbolo di vitalità è l’aroma di un buon caffè. Curioso pensare che la sua scoperta sia legata allo strano comportamento di alcune capre. Narra una leggenda che nella regione di Kaffa– Etiopia - un gregge iniziò a essere irrequieto e più vivace del solito dopo aver brucato in un particolare cespuglio ricco di bacche. Khaldi, un pastore locale, decise di assaggiare i frutti di quel cespuglio e si rese conto dell’effetto eccitante che questi

promuovevano. Incuriosito, portò quei frutti ai monaci del tempio ma l’Imam non approvò e li scagliò nel fuoco. Bruciando, i frutti emanarono un particolare aroma che richiamò l’attenzione dei monaci i quali presero le bacche abbrustolite, le pestarono e le misero in infusione nell’acqua. Scoprirono così una bevanda che li aiutava a stare svegli durante le notti di preghiera, dando origine alla bevanda che ancora oggi è tra le più apprezzate al mondo.


I

n tempi remoti, lungo le sponde del fiume Padus (quello che oggi chiamiamo Po), sorgeva un villaggio di capanne abitato da abili allevatori di tori. Il villaggio era costantemente sotto la minaccia di un feroce e malvagio drago che viveva nei boschi vicini. Invano gli abitanti del villaggio cercarono di combattere la creatura alata e alla fine decisero di ricorrere a uno stratagemma: combattere la bestia con un’altra bestia. Scelsero il più forte tra i loro tori, uno sprezzante esemplare dal manto rosso, e,

per renderlo ancora più sprezzante, decisero di fargli ingerire una forte quantità di un potente vino misto ad acqua. Il toro, ubriaco e incurante della superiorità del drago, si scagliò all’attacco. Fu una battaglia senza esclusione di colpi e, pur ferito mortalmente, il toro ebbe la meglio e il drago fu sconfitto. Gli abitanti erano così orgogliosi della vittoria che, per sdebitarsi con il prode animale - che morì durante i festeggiamenti -, assursero il toro a loro simbolo e chiamarono il loro villaggio Torino.

Colori e aromi da leggenda

La leggenda del toro ubriaco di Torino


Colori e aromi da leggenda

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La leggenda dei colori del lago di Carezza S

i narra che nelle profondità del lago di Carezza vivesse la bellissima ninfa Ondina. Ondina era schiva, ma aveva una voce così dolce e suadente tanto da ammaliare con il suo canto i viandanti che passavano per la zona. Anche lo stregone del monte Latemar fu rapito dal soave canto della ninfa e, una volta vista, anche della sua bellezza, tanto da innamorarsene perdutamente. Lo

stregone fece di tutto per aggraziarsi la bella ninfa ma senza alcun successo. Essendo schiva, ogni volta che qualcuno si avvicinava la ninfa spariva tra le acque del lago. Disperato, lo stregone decise di chiedere consiglio alla strega del Catinaccio la quale escogitò un piano. Lo stregone doveva travestirsi da venditore di pietre preziose e con quelle gemme creare un arcobaleno: il più bello mai vi-


sto, dal Catinaccio al Latemar. La ninfa, stupita da tale spettacolo, si sarebbe avvicinata alla riva per ammirarlo da vicino ed ecco che lo stregone avrebbe potuto attirarla a sé con il luccichio delle pietre preziose. Entusiasta, lo stregone creò il più bell’arcobaleno che fosse mai apparso sui monti. Ondina, come previsto, si avvicinò alla riva del lago davanti a tale inaspettato spettacolo ma il malde-

stro stregone si dimenticò di travestirsi, quindi si fece riconoscere subito. Alla vista dello stregone, la ninfa si rituffò nel lago senza mai più apparire. Straziato, il malcapitato distrusse quel meraviglioso arcobaleno, buttò le gemme nel lago e sparì a sua volta. Quelle gemme che un giorno davano i colori a quel magico arcobaleno, oggi donano dei magici colori a questo magnifico lago.

Colori e aromi da leggenda

Lago di Carezza scefy



Ivan Pisoni

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lo sapevate che...


lo sapevate che... colorati

E

se Napoleone fosse morto perché la sua stanza era verde? Esiste una tonalità di verde inventata da Carl Wilhelm Scheele nel 1775, all’epoca molto diffusa per le camere da letto e per gli abiti dei bambini, ma che conteneva arsenico di rame. C’è chi sostiene che l’umidità dell’isola di Sant’Elena abbia facilitato una reazione che ha fatto sprigionare il veleno dalla carta da parati (color “verde Scheele”) della stanza di Napoleone, portandolo alla morte.

La residenza di Napoleone a Sant’Elena

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embra esserci un legame tra la pizza Margherita e il tricolore italiano. Sembra infatti che la pizza più famosa al mondo sia stata creata dal pizzaiolo Raffaele Esposito per la regina Margherita di Savoia, la quale la preferì tra altre pizze proprio per i suoi colori. Seppur questa sia chiaramente una leggenda, ci piace pensare che sia andata realmente così, non credete?

Camo24/Shutterstock.com

I

l rosa non era il “colore femminile”. Sembra che prima degli anni Quaranta il rosa fosse più indicato per l’abbigliamento maschile e il blu per quello femminile. Furono i produttori di abbigliamento a decidere che le cose dovessero essere invertite!

kushverma04 /Shutterstock.com


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N

el 2008 una catena di hamburger ha inventato uno spray per il corpo all’aroma di carne alla griglia. Assurdo? Forse non sapevate che esistono anche profumi alla pancetta, alla pizza, alla pelliccia di gatto, al sushi, alle parti intime femminili, al sangue e... perché non spruzzarsi un po’ di Zombie? For him e For her, quell’aroma di non-morto che “ravviva” gli incontri?

U

no degli ingredienti più preziosi in profumeria è l’ambra grigia. Caratterizzata dalla sua essenza insieme salina e dolce, nonché ricca di feromoni, la sostanza viene prodotta naturalmente come secrezione biliare per difendere le mucose intestinali del capodoglio dai resti indigesti dei molluschi cefalopodi, di cui i capodogli si nutrono.

I

l profumo preferito dall’uomo è quello della colazione appena fatta. Una ricerca ha messo in risalto questo singolare fatto. E per le donne? la stessa ricerca ha evidenziato che le donne preferiscono il profumo della pelle dei bambini.

lo sapevate che... e profumati

Peter Kaminski



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